MUSEO NAVALE DI IMPERIA - FOTO GALLERY - Work in progress

 

MUSEO NAVALE DI IMPERIA

FOTOGALLERY 

WORK IN PROGRESS

 

IL LATO NORD DEL MUSEO

 

Un angolo della Battaglia dell'Atlantico con il ricordo dell'unica nave italiana  “SESTRIERE” presente in tre convogli.

 

 

TIMONERIA E SALA RADIO DELLA M/N SESTRIERE

 

 

 

SEZIONE PALOMBARISTICA

NAVE RECUPERI ARTIGLIO

SORIMA

UN ANGOLO DEDICATO ALLE MEDAGLIE D’ORO DI LUNGA NAVIGAZIONE

 

 

 

LA SEZIONE PALOMBARI

 

 

 

 

CAMERA DI DECOMPRESSIONE MONO USO

 

 

 

 

POMPA DI PALOMBARO E GUIDE AL LAVORO

 

 

 

CAMERA DI DECOMPRESSIONE PROFESSIONALE

 

DUE SCHERMI CON FILM ORIGINALI CHE RICORDANO IL LAVORO DELL’ARTIGLIO

 

 

PORTELLO DFI POPPA DEL SOMMERGIBILE SCIRE’ AFFONDATO NELLE ACQUE DI HAIFA

 

 

 

INIZIO DELL’AREA STORICA

 

 

LA GALLERIA D’INGRESSO COME SI PRESENTAVA ALL’INIZIO DEGLI ALLESTIMENTI

 

 

 

L’ANGOLO DEI SOMMERGIBILISTI

 

 

LA SEZIONE UNIFORMOLOGICA - I PILOTI DELLA MARINA

UNO SCORCIO DELLE VARIE UNIFORMI

 

SEZIONE MARINA MILITARE

 

 

 

GIACCA BIANCA ORDINARIA ESTIVA DELL’AMMIRAGLIO ANTONIO LEGNANI E MEDAGLIERE   

 

 

GLI OPERATORI GAMMA DELLA X-MAS CON LE ATTREZZATURE DELLA MEDAGLIA D'ORO LUIGI FERRARO

 

 

 

REPERTI  DELLA NAVE PASSEGGERI STOCKHOLM

 

 

 

TELESCRIVENTE E BUSSOLA NORMALE DI CONTROPLANCIA DELLA STOCKHOLM

 

 

 

 

MODELLO DELLA M/n GIULIO CESARE

SEZIONE TRANSATLANTICI

 

 

 

STOVIGLIERIE DI BORDO

 

 

SIMULATORI DI MANOVRA

 TELEGRAFO DI MACCHINA

(TIMONERIA M/N SESTRIERE)

 

 

 

 

SIMULATORE DIDATTICO DI NAVIGAZIONE A VELA

 

 

UNO SCORCIO DELL’AREA STORICA LATO PONENTE

 

 

 

SEZIONE CAPO HORN

UN ALBATROS DELLE BASSE LATITUDINI

 

 

 

Sezione "Yachting"

"una parte della raccolta di guidoni di Yacht Club di tutto il mondo"

 

 

VARII ASPETTI DELLA SALA DI ARCHEOLOGIA SUBACQUEA

(SALA NINO LAMBOGLIA)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEZIONE EX VOTO MARINARI

 

 

 

 

 

 SEZIONE NAVI A PROPULSIONE A PALE  

 

 

1 - Endeavour 1768 - Realizzata nel 2004 - dimensioni 76 x 31 x 53h;

 

 

2 - Savannah - 1819 - dimensioni 98 x 46 x 78h;

 

 

3 - Hope - 1864 - Realizzata nel 1995 - dimensioni 110 x 35 x 52h

 

 

 

4 - Stabia -1861 - Realizzata nel 2002 -  dimensioni  70 x 27 x 46h;

 

 

5 - Gulnara - 1832 - Realizzata nel 1977 -  dimensioni 116 x 38 x 70;

 

 

 

6 - Guiscardo - 1842 - Realizzata nel 2001 - dimensioni 83 x 29 x 5h

 

 

 

7 - Cotre - 1815 - Realizzata nel 1974 - dimensioni 106 x 56 x 90h;

 

 

 

8 - Sphinx - 1845 - Realizzata nel 1975 - dimensioni 75 x 25 x 47h;

 

 

 

9 - Mississipi - 1841 - Realizzata nel 1988 - dimensioni 120 x 41 x 74h;

 

 

 

10 - L'Orenoque - 1848 - Realizzata nel 1979 - dimensioni 106 x 31 x 57h;

 

 

 

11 - Reliant - 1907 - Realizzata nel 1997 - dimensioni 78 x 33 x 48h.

 

 

Ad Imperia l’inizio dell’estate 2022 coincide con la riapertura al pubblico del Museo Navale, completamente rinnovato all’esterno e riorganizzato all’interno e con l’inaugurazione del Planetario.

 

VARIE TEMATICHE ILLUSTRATE DURANTE ALCUNE VISITE AL PLANETARIO

 

Per quanto riguarda il Museo Navale gli interventi effettuati hanno permesso l’apertura dell’ala di Ponente, la revisione e la riqualificazione del tetto e della facciata, il completamento funzionale del percorso museale, la realizzazione del nuovo ingresso lato Banchina e la predisposizione del nuovo locale caffetteria-bookshop. Completa l’offerta turistico-museale della struttura il Planetario di Imperia ospitato nella cupola, terzo in Italia per dimensioni e il più tecnologicamente avanzato. Con la sua cupola full dome, 62 posti a sedere, permetterà di viaggiare tra le stelle e conoscere meglio lo spazio con spettacoli in 2D e 3D.

https://www.riviera24.it/2022/06/inaugurato-il-planetario-di-imperia-il-piu-tecnologico-ditalia-766656/

 

 

 

 

 SEZIONE NAVI A PROPULSIONE A PALE  

 

 

1 - Endeavour 1768 - Realizzata nel 2004 - dimensioni 76 x 31 x 53h;

 

 

2 - Savannah - 1819 - dimensioni 98 x 46 x 78h;

 

 

3 - Hope - 1864 - Realizzata nel 1995 - dimensioni 110 x 35 x 52h

 

 

 

4 - Stabia -1861 - Realizzata nel 2002 -  dimensioni  70 x 27 x 46h;

 

 

5 - Gulnara - 1832 - Realizzata nel 1977 -  dimensioni 116 x 38 x 70;

 

 

 

6 - Guiscardo - 1842 - Realizzata nel 2001 - dimensioni 83 x 29 x 5h

 

 

 

7 - Cotre - 1815 - Realizzata nel 1974 - dimensioni 106 x 56 x 90h;

 

 

 

8 - Sphinx - 1845 - Realizzata nel 1975 - dimensioni 75 x 25 x 47h;

 

 

 

9 - Mississipi - 1841 - Realizzata nel 1988 - dimensioni 120 x 41 x 74h;

 

 

 

10 - L'Orenoque - 1848 - Realizzata nel 1979 - dimensioni 106 x 31 x 57h;

 

 

 

11 - Reliant - 1907 - Realizzata nel 1997 - dimensioni 78 x 33 x 48h.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

A cura di

Carlo GATTI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


MUSEO NAVALE INTERNAZIONALE DEL PONENTE LIGURE

MUSEO NAVALE INTERNAZIONALE DEL PONENTE LIGURE

 

Monumento ai naviganti di Capo Horn alla radice del molo lungo di Porto Maurizio-Imperia

 

Inaugurato il 23 maggio 1983 in occasione del secondo e ultimo congresso mondiale dei Capitani di Capo Horn (450 membri appartenenti a 13 nazioni)

 

UN PO’ DI STORIA tormentata…

Museo Navale: una storia infinita, una nuova “incompiuta”?

 

Ottobre 1978: intuizione storica sul Museo, vedasi “proposta” nel volume “La Città dei Marinai”.

23/8/1978 : Istituzione Museo Navale- Atto della Giunta n.°1469  del Comune di Imperia.

27/8/1978: articolo di Emilio Varaldo: “Perchè la Città non ha un Museo”?

23/10/1979: nasce il Museo Navale in sede” precaria” nelle sale dell' ex Liceo Scientifico”.

12/01/1980: “Finalmente “sì“ ( conferma) della Giunta al Museo Navale”.

8/5/1980: nasce l'Associazione Amici del Museo Navale” (Not. Donato).

19/5/1981: visita del Sen. Taviani che plaude all'iniziativa e fa pervenire al Museo  tutti volumi della   “Colombiana”  del Poligrafico dello Stato.

1984/1985: Museo sulla copertina elenco Telefonico SIP.

1992: il Museo Navale presente all'Expo delle Colombiane.

1992: proposta dall' Associazione A.M. per  la nuova sede agli ex Magazzini Generali.

23/1/1992: Ass.Nattero: “Museo Navale presto trasferito nei docks portuali”.

20/12/1998: Consigliere P. Denegri : “Nuova sede tra due anni”.

9/6/1999: approvato il progetto trasloco.

11/6/1999: ottenuta concessione demaniale dell'area (ex Magazzini portuali).

25/3/2002: Il Piano Regolatore Portuale (Regione Liguria) destina il complesso di edifici a sede museale.

19/10/2002 : Assessore Baudena espone il progetto del Planetario da inserire nel Museo.

2003: Sindaco Sappa espone i progetti per il 2003 (Museo Navale e Depuratore).

19/11/2004: Sindaco Sappa espone progetto per Palasport e Museo Navale.

28/5/2005: Ass re.Gaggero presenta la  pratica “Museo” alla Conferenza dei Servizi.

19/8/2005: Sindaco Sappa dichiara “appalti e lavori di ristrutturazione palazzine entro l'anno”!

20/5/2008: pagato il restauro di “Luna Rossa” (Sovrintendenza) da conservare nel Museo Navale

luglio 2008: termine 1° lotto lavori.

settembre 2008: prime visite ai locali del futuro Museo durante le Vele d' Epoca (Mostra antiquariato). I giornali parlano arbitrariamente di inaugurazione del Museo Navale!

30/9/2009: piove dentro la nuova sede con tetto nuovo!

17/3/2010: Ass.re Gaggero e P. Strescino: “apertura ancora lontana”.

10/5/2010: Ass.re Baudena: “a settembre taglio del nastro”!

1/8/2010: Flavio Serafini: “Nuova sede già vecchia!”

3/9/2010: Protesta delle Associazioni culturali Imperiesi per i ritardi.

25/11/2010: Strescino: comunica: “un milione di euro per il Planetario”.

giugno 2012: scafo di “Luna Rossa” in completo abbandono sullo spiazzo esterno.

26/4/2012: Strescino: “Il Museo aprirà entro il 2013”.

26/4/2013: prestito cimeli del “Rex” alla Mostra di Genova.

23/11/2013: appalto vetrine di tutta l'area a cura della Sovrintendenza. Inadeguate e fuori misura. quelle dell'area di ponente. Contestazione sul loro collaudo.

13/4/2014: Com.te Serafini: “Luna Rossa”, uno scandalo per tutta la Città. Lo scafo viene ritirato da Prada a seguito della promessa inevasa del Sindaco.

18/4/2014: Ass.re Sara Serafini: ripresa dei lavori 2° lotto.

8/7/2015: Sindaco Strescino: “il Museo del futuro, apertura prevista nel 2016”.

24/4/2016: Ass.re Podestà: “Il Planetario dovrebbe essere completato entro l'anno”.

12/8/2016: inizio trasloco reperti “fai da te” con i mezzi privati della Associazione A.M.

16/9/2016: Serafini: richiesta al Sindaco Capacci per il rifacimento completo del tetto nuovo. Piove nelle sale!

3/1/2017: scadono i termini per l'appalto del Planetario.

31/1/2017: apertura ufficiale ed inaugurazione dell'area di levante. Grazie al lavoro ed ai traslochi dell'Associazione A.M. evitata all'ultimo giorno la restituzione dei fondi assegnati.

23/4/2019: Ass.re Roggero presenta il nuovo progetto della rete museale.

settembre 2019: Ass.re Roggero comunica inizio lavori area di ponente.

ottobre 2020: Ass.re Roggero comunica l'inizio dei lavori area di ponente per 600.000 euro.

15/12/2020: Ass.re Roggero comunica l'imminente inizio dei lavori (nuovo progetto). I  600.000 euro sicuramente non basteranno per l'allestimento della Sezione “Cantieristica”, “Atelier Modellista”, “Padiglione Imbarcazioni storiche” e “Sala Mostre” ,”Sala riunioni “ per il completamento del Museo al piano terra dell' area di ponente. Alla luce dei fatti il “fundraising” non è stato sufficiente, ma va ulteriormente integrato.

febbraio 2021: inizio trasferimento di reperti dal locale interno (Deposito) all'area (storica) di ponente senza il coinvolgimento della Associazione A.M. e loro collocazione disordinata senza un criterio storico scientifico, oltre all'esposizione alla polvere di diversi modellini navali.già protetti da teche.

marzo/aprile 2021: smantellamento reperti (quadrerie e modelli) e mezzi espositivi dell'area di levante ( già operativa da fine gennaio 2017 e che tanti consensi ed ammirazione avevano sollevato dal pubblico)  perchè “non in linea” con i mezzi espositivi originali, nonostante il benestare ( febbraio 2017) dei Dirigenti della Regione Liguria. Completa rimozione delle quadrerie in tutti i settori, già selezionate e disposte nel proprio contesto storico, prerogativa che può essere esercitata solo dal Comitato storico/scientifico dell'Associazione.

maggio 2021: arbitrario smantellamento Sala Idrografie/Strumenti meteo/topografici” con rilevazione di alcuni danneggiamenti alla  preziosa strumentazione. Si ricordano in proposito gli art. 5 e 20 del Codice dei Beni Culturali di pubblica fruizione ( Decr. Legisl. n.° 42 del 22/1/2004) .

Con dette operazioni di smantellamento viene vanificato il lavoro di due anni ( 2015 e 2016) da parte della Associazione A.M.

giugno 2021: nessuna chiamata per continuare gli allestimenti nell'area storica! Procedono da soli?

L'Associazione A.M. è anche interessata, seppur marginalmente non essendo suo compito specifico, alla sistemazione di bookshop, caffetteria e hall di ingresso, servizi che ritiene fondamentali per una corretta gestione economico/ finanziaria del Museo. Si auspica che almeno in questo settore non vadano disperse risorse preziose.

Luglio 2021: nessuna chiamata. Agosto è passato! Direttore dei lavori, Comune, Soprintendenza si sono sempre negati al telefono!

Dicembre 2021: Museo ancora chiuso da quasi un anno! Non dovevano finire i lavori a giugno?

 Praticamente allo stato attuale ed alla data odierna il Museo Navale non esiste più!

 Si profila un ennesimo slittamento dell'inaugurazione finale del Museo!!! Sarebbe la quarta e non l'ultima!

20 giugno 2022 : Riapertura Museo Navale ed inaugurazione del Planetario! I locali destinati a bookshop e caffetteria sono ancora vuoti.

Dicembre 2022:  Alcuni attendono ancora il trasloco dalla vecchia sede.

Gennaio 2023 il museo resta abortito e mutilato senza le più importanti sezioni legate alla storia della città: Cantieristica, Pesca, Portualistica

31 gennaio 2023: il Consiglio Comunale approva il progetto di gestione della cultura affidato a soggetti privati (partenariato)

A cura di:

Associazione Amici del Museo Navale – Associazione ex Docenti ed Allievi del Nautico IM – Collegio Capitani L.C. e D.M di Imperia – Unione Medaglie Oro L.N. - Radioamatori Imperia.

 

Hanno espresso la loro solidarietà:

Compartecipi e collaboratori in tutti questi anni con l'“Associazione Amici del Museo Navale” che ha creato una grande struttura culturale che onora Imperia, la Liguria e non solo, esprimiamo la nostra più viva preoccupazione sulla attuale situazione degli allestimenti ed auspichiamo che i creatori del Museo possano continuare ad operare proficuamente come per il passato.

In particolare esprimiamo la nostra solidarietà, fiducia ed incondizionato apprezzamento nell'operato della Associazione A.M. che si è sempre distinta per operosità, professionalità e competenza riconosciute anche a livello internazionale.

Condividiamo le preoccupazioni del Com.te Serafini che sono anche le nostre!

Associazione ex Docenti ed Allievi del Nautico IM – Unione Medaglie d'Oro di L.N. - Vele Storiche Viareggio – Comitato San Maurizio - Il Museo Navigante – Club Artiglio – Cantiere della Memoria SP– APSD Stella Maris IM – “Cumpagnia de l'Urivu” IM - Associazione Amici del Santuario di Montegrazie IM – Lega Navale IM – Confraternita S.S. Trinità - Zacboats - A.D.P. S. Borgo Foce IM – Federazione Italiana Barche Storiche ( FIBAS) – C.V. Ventimiglia - Collegio Naz. Cap. L.C. e D.M. Sez. IM – Fondazione Artiglio Europa – Ass. Amici del Museo della Marineria VR– Il Mare di Carta – Ipersub IM – Euro Sub DM - HDS Italia – Museo Nazionale delle Attività Subacquee RA – Yacht Club SR – “Famiia Sanremasca” SR - Ass.Docenti di Geografia Sez. IM – Museo Marinaro Tommasino Andreatta CH – Corpo Piloti LI – Lega Maestri d'Ascia e Calafati VR – Fondazione Luigi Ferraro GE – Comitato Nazionale C. Colombo GE - Decio Lucano News – ex Soci Osservatorio Astron.co IM – Collegio Nazionale Cap.L.C. e D.M. GE – Gruppo ANMI DM – Nucleo storico Fondatori Museo Navale – Radio Amatori IM – Impresa Portuale Lodovico Maresca IM – Museo del Mare Tortona – Nastro Azzurrro GE – Guardia Costiera Ausiliaria GE – Società Marittima di M. S. IM – Imperia Yacht Service – Marittima Service Group IM – Marina Uno IM – Stella Maris LI – Circolo Filatelico IM – Museo Marinaro GBono Ferrari CA – Accademia di Marina PI – Istituzione Cavalieri di S. Stefano PISA- ANMI GE- Communitas Diani - Associazione Mare Nostrum Rapallo.

 

La tempesta imperfetta investe il Museo Navale

Chi vuol prendere visione di uno scenario devastante può affacciarsi, sempre  che ne ha facoltà, all'interno di quello che per anni è stato un Museo Navale, il primo a sorgere in città (1980) a differenza di altri che musei non sono, ma solo mostre permanenti. L'area moderna, inaugurata in pompa magna ed ufficiale il 31 gennaio 2017, di fatto   non c'è più, smantellata con una operazione arbitraria e strisciante che non ha avuto testimoni oculari esterni. Che cosa è successo? Negli ultimi mesi si è ritenuto opportuno modificare, o meglio stravolgere e snaturare, senza neanche coinvolgere o chiedere un parere alla “Associazione Amici del M.N.”, il percorso museologico; praticamente mezzi espositivi e reperti, quadrerie e modelli sono stati ammassati nel Deposito da personale, manodopera generica eufemisticamente definibile non qualificata. I risultati non sono mancati: danneggiamenti di modelli navali, lesioni di vetri nelle quadrerie, ecc. Forse una maggiore accortezza decisionale (nostro avrebbe dovuto essere l'incarico della movimentazione dei reperti dal Deposito) avrebbe evitato uno scempio che lascia esterefatti e sgomenti. Per non parlare del vedere vanificato un lavoro paziente e faticoso durato due anni del Comitato scientifico interno della “Associazione A.M” delegato ad occuparsi delle varie Sezioni nelle quali è articolato il Museo. L'operazione inqualificabile è stata portata a termine solo dopo che l'Associazione è stata privata con scusanti sibilline delle chiavi di accesso al Museo. Pare che il motivo scatenante di tale improvvida iniziativa sia stata la constatazione che alcuni dei nostri mezzi espositivi (moderni e costosi dei quali dobbiamo giustificare il futuro utilizzo) non sono “in linea” con quelli originali in dotazione a nostro giudizio insufficienti per numero alla conservazione. Eravamo aperti alla discussione con proposte migliorative ed anche disponibili a snellire le esposizioni per le quali si era operato in fretta per non far perdere i fondi assegnati, salvati solo per un giorno grazie al nostro lavoro! Ci eravamo regolati  anche in base all'esperienza acquisita alla Bocconi ed alla Università di Pisa e proceduto in collaborazione con l'Università e CNR di Genova. Non crediamo a eventuali suggerimenti di cattedratici, accademici o luminari che in questo specifico settore non esistono anche se presi in prestito o a pagamento. E' sufficiente ricordare come l'Amministrazione abbia coinvolto la Promo Spa di Lucca (38.000 euro) o lo Studio Filippini di Genova (24.000 euro) per venirci a raccontare come deve nascere un Museo! In questo scenario desolante rileviamo lo spostamento di alcune vetrine in siti non appropriati e l'eliminazione di tutte le quadrerie dalle pareti (peraltro già accortamente suddivise nei rispettivi settori tematici) dimenticando che le stesse costituiscono l'architrave e la ricchezza delle strutture mueseali, parlano al pubblico ed offrono suggestioni e messaggi. Con l'occasione si ricorda l'ispezione /controllo di due dirigenti della Regione Liguria che hanno avallato gli allestimenti e si sono complimentati (presente l'ing. Enrico), oltre ai commenti lusinghieri a fine visita riportati nel Libro Visitatori da centinaia di persone. In questo contesto colpisce l'assoluta mancanza di trasparenza, l'arbitrio consumato nei riguardi dell'Associazione A.M. che, ricordiamo, fino a quando non sarà ufficializzato un regolare passaggio notarile di proprietà, rimane legalmente responsabile delle collezioni. Appare evidente il tentativo di esautorare  l'Associazione senza la collaborazione e presenza continua della quale il Museo non potrà andare da nessuna parte. Quanti hanno creato ed operato in quarant'anni nel Museo sono stati messi alla porta! Inevitabile il contenzioso che coinvolgerà diverse  generazioni di Imperiesi e non solo, ma soprattutto le migliaia di donatori anche stranieri che saranno doverosamente presto informati sulla situazione. Anche problemi per gli allestimenti in atto, per la verità fermi da oltre sei mesi, nella zona di ponente (area storica):  i reperti sono stati trasferiti con la stessa procedura e spesso fuori contesto ; solo in una occasione  in presenza ci è stato concesso di illustrare la natura specifica del reperto ed indicarne la collocazione nella sala  e nella vetrina interessata, mentre sarebbe stato più opportuno e logico trasferire con metodo e razionalità  i reperti dai depositi e non con una precipitazione ingiustificata.  Stravolta inoltre, la collocazione dei reperti nelle Sale Idrografia/Strumentazione/Topografica” e “Viaggi ed Esplorazioni Scientifiche” proprio per la mancanza assoluta di cognizioni storiche e tecniche. Anche in questo settore appaiono rilevanti i danneggiamenti alla preziosa ed unica strumentazione. Ricordiamo che si tratta sempre di reperti soggetti a vincolo e inventariati dalla Soprintendenza. Mentre gli annosi problemi del Museo appaiono tuttora irrisolti (condizionamento, apparecchiature multimediali, illuminotecnica, telecamere esterne ed a circuito chiuso, pc, pavimentazione impresentabile, fabbrica industriale di polvere ( vedere l'esempio del nuovo mercato a Porto Maurizio), si è pensato anche di sindacare sull'importanza della biblioteca, sicuramente tra le più importanti a livello nazionale che non solo è indispensabile agli operatori museali, ma anche a ricercatori, storici, laureandi, ecc.

Mancano sempre gli allestimenti essenziali di due sale (“Portualistica“ e “Pesca”)  nell'area disponibile degli ex uffici Salso: una significativa serie di reperti che resta tuttora in Deposito. Con queste premesse si finirà per creare un museo abortito o mutilato. Il mondo, i media devono valutare quanto il mancato rapportarsi all'esperienza ed alla competenza del gruppo di esperti che ha ideato e creato l'Istituzione, possa danneggiare l'immagine della Città e come siano da evitare le decisioni di singoli a scapito di quelle collegiali e condivise su un patrimonio culturale che appartiene a tutta la collettività, alla sua storia e tradizioni.

 

ENTRIAMO NEL MUSEO

Il museo, nato nel 1980 per iniziativa del comandante Flavio Serafini, si articolava in 14 sezioni che custodiscono un prezioso patrimonio di testimonianze delle tradizioni marinare liguri e nazionali dal XVIII al XX secolo. Vi si trovano una ricca collezione di strumenti di bordo, materiali e attrezzi relativi alla tradizione cantieristica in legno e ai suoi uomini, dipinti marinari, ex-voto, uniformi. Notevole è l'aspetto modellistico, mercantile e militare, arricchito da diorami e dai modelli di Léon Perret, artista e modellista, vissuto tra XIX e XX secolo, al quale è dedicata una sala. Particolare risalto viene dato a materiali e cimeli riguardanti la navigazione velica oceanica e all'impresa più bramata dai navigatori: il doppiaggio di Capo Horn.

Tra gli strumenti esposti, sono da segnalare alcuni cimeli legati alla letteratura e al viaggio quali la bussola del veliero Narcissus su cui fu imbarcato Joseph Conrad, che ad esso dedicò il romanzo "The nigger of the Narcissus", il sestante tascabile di Giacomo Bove, oggetti personali, indumenti polari, diari, documenti di bordo, della "Tenda Rossa" dove trovarono rifugio i membri della sfortunata spedizione polare del Dirigibile "Italia". Una sezione è dedicata ai mezzi e agli strumenti della ricerca archeologica sottomarina e alla palombaristica.

La visita è arricchita da un allestimento multimediale e da un percorso di postazioni didattiche, che garantiscono un'esperienza in prima persona, con simulazioni di navigazione e quattro percorsi tematici: Il lavoro sul mare, Il viaggio per mare, La guerra sul mare, Il mare come evasione.

 

Il Museo Navale di Imperia svela i segreti della “Città dei Marinai”

Noto anche come la "Città dei Marinai", il museo presenta un'esposizione modernissima che occupa uno spazio di circa 9.000 metri quadri.

 

 Il 30 gennaio 2017 a Borgo Marina di Imperia, in via Scarincio 9, presso gli ex magazzini generali di Calata Anselmi, è stata inaugurata la nuova sede del  nuovo Museo Navale, noto anche come “La Città dei Marinai”. L’esposizione modernissima, che va a sostituire i vetusti locali destinati al museo navale, occupa 9.000 metri quadri di spazio in quello che attualmente è un “work in progress”, un museo in divenire del quale si possono intuire pregi odierni e potenzialità future.

Imbarcazioni d’epoca reali o rappresentate in accurati modelli, attrezzature navali, divise, ricostruzioni di ambienti marinari, fotografie e quadri si susseguono nelle sale nuovissime, nelle quali sono presenti anche delle installazioni multimediali interattive che permettono di simulare una navigazione al timone o una battaglia navale al periscopio di un sottomarino.

Una particolare visione è data al passato marinaro di Imperia, in una narrazione del legame complesso fra l’uomo e il mare e delle imprese eroiche vissute. Quattro i percorsi tematici: il lavoro, il viaggio, la guerra sul mare e il mare come evasione.

La visita inizia con la sala dedicata ai dolia, gli imponenti recipienti per il vino utilizzati tra il I° secolo a.C. e il II° secolo d.C., che danno mostra di sé in un ambiente a loro dedicato che rimembra il fondo marino e la scoperta, avvenuta nel 1975 nelle acque prospicienti Diano Marina, ad opera dell’archeologo Nino Lamboglia, fondatore dell’archeologia subacquea. 

Al primo piano, veramente affascinanti sono le sezioni dedicate ai palombari e al loro difficile e pericoloso lavoro e a Luigi Ferraro, medaglia d’oro al valor militare e pioniere della subacquea ricreativa italiana, con i primi corsi di immersione e la creazione della Technisub. C’è poi la plancia della motonave Sestriere con la storia dei migranti, la plancia della motonave Doria, la palestra della vela, la sala dedicata al Santuario dei Cetacei e la macchina del vento.

Particolarmente importante per gli appassionati storici è la parte dedicata alla subacquea militare e al famoso sommergibile Scirè, del quale è qui conservato il portello di poppa. Si tratta del mezzo subacqueo italiano più famoso, il terrore della marina inglese nel Mediterraneo durante la Seconda guerra mondiale.

Era il sommergibile d’appoggio degli incursori della Regia Marina, che compirono l’impresa di Alessandria violando il porto egiziano e danneggiando le corazzate britanniche Valiant e Queen Elizabeth, oltre ad una nave cisterna e ad un cacciatorpediniere. Individuato grazie alla decrittazione di Enigma, gli venne preparata un’imboscata davanti al porto, allora britannico, di Haifa, nella quale non sopravvisse alcun marinaio italiano.

All’interno del museo si trova anche un auditorium dotato di maxischermo che ospita eventi di carattere culturale ed è in seguito diventato Teatro del Mare, con un cartellone ricco di serate ed artisti differenti. Il museo navale di Imperia è aperto il martedì mattina dalle 9.30 alle 11.30 e il giovedì e sabato pomeriggio dalle 15.30 alle 19.30.

"Durante la piena stagione estiva, nei mesi di luglio ed agosto, oltre al martedì mattina il museo rimane aperto il giovedì, venerdì e sabato sera dalle 18.30 alle 22.30. Biglietti di ingresso interi 7€, ridotti 3,50€, scuole 3€ con un ingresso gratuito ogni 15 persone. Per informazioni museonavale@comune.imperia.it, tel. 0183 651363".

Paolo Ponga

 

FOTOGALLERY 

IL LATO NORD DEL MUSEO

 

Un angolo della Battaglia dell'Atlantico con il ricordo dell'unica nave italiana  “SESTRIERE” presente in tre convogli.

 

 

TIMONERIA E SALA RADIO DELLA M/N SESTRIERE

 

 

 

SEZIONE PALOMBARISTICA

NAVE RECUPERI ARTIGLIO

SORIMA

UN ANGOLO DEDICATO ALLE MEDAGLIE D’ORO DI LUNGA NAVIGAZIONE

 

 

 

LA SEZIONE PALOMBARI

 

 

 

 

CAMERA DI DECOMPRESSIONE MONO USO

 

 

 

 

POMPA DI PALOMBARO E GUIDE AL LAVORO

 

 

 

CAMERA DI DECOMPRESSIONE PROFESSIONALE

 

DUE SCHERMI CON FILM ORIGINALI CHE RICORDANO IL LAVORO DELL’ARTIGLIO

 

 

PORTELLO DFI POPPA DEL SOMMERGIBILE SCIRE’ AFFONDATO NELLE ACQUE DI HAIFA

 

 

 

INIZIO DELL’AREA STORICA

 

 

LA GALLERIA D’INGRESSO COME SI PRESENTAVA ALL’INIZIO DEGLI ALLESTIMENTI

 

 

 

L’ANGOLO DEI SOMMERGIBILISTI

 

 

LA SEZIONE UNIFORMOLOGICA - I PILOTI DELLA MARINA

UNO SCORCIO DELLE VARIE UNIFORMI

 

SEZIONE MARINA MILITARE

 

 

 

GIACCA BIANCA ORDINARIA ESTIVA DELL’AMMIRAGLIO ANTONIO LEGNANI E MEDAGLIERE   

 

 

GLI OPERATORI GAMMA DELLA X-MAS CON LE ATTREZZATURE DELLA MEDAGLIA D'ORO LUIGI FERRARO

 

 

 

REPERTI  DELLA NAVE PASSEGGERI STOCKHOLM

 

 

 

TELESCRIVENTE E BUSSOLA NORMALE DI CONTROPLANCIA DELLA STOCKHOLM

 

 

 

 

MODELLO DELLA M/n GIULIO CESARE

SEZIONE TRANSATLANTICI

 

 

 

STOVIGLIERIE DI BORDO

 

 

SIMULATORI DI MANOVRA

 TELEGRAFO DI MACCHINA

(TIMONERIA M/N SESTRIERE)

 

 

 

 

SIMULATORE DIDATTICO DI NAVIGAZIONE A VELA

 

 

UNO SCORCIO DELL’AREA STORICA LATO PONENTE

 

 

 

SEZIONE CAPO HORN

UN ALBATROS DELLE BASSE LATITUDINI

 

 

 

Sezione "Yachting"

"una parte della raccolta di guidoni di Yacht Club di tutto il mondo"

 

 

VARII ASPETTI DELLA SALA DI ARCHEOLOGIA SUBACQUEA

(SALA NINO LAMBOGLIA)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

SEZIONE EX VOTO MARINARI

 

 

 

 

 

 

SEZIONE EX VOTO MARINARI

 

 

 

 

 

 SEZIONE NAVI A PROPULSIONE A PALE  

 

 

1 - Endeavour 1768 - Realizzata nel 2004 - dimensioni 76 x 31 x 53h;

 

 

2 - Savannah - 1819 - dimensioni 98 x 46 x 78h;

 

 

3 - Hope - 1864 - Realizzata nel 1995 - dimensioni 110 x 35 x 52h

 

 

 

4 - Stabia -1861 - Realizzata nel 2002 -  dimensioni  70 x 27 x 46h;

 

 

5 - Gulnara - 1832 - Realizzata nel 1977 -  dimensioni 116 x 38 x 70;

 

 

 

6 - Guiscardo - 1842 - Realizzata nel 2001 - dimensioni 83 x 29 x 5h

 

 

 

7 - Cotre - 1815 - Realizzata nel 1974 - dimensioni 106 x 56 x 90h;

 

 

 

8 - Sphinx - 1845 - Realizzata nel 1975 - dimensioni 75 x 25 x 47h;

 

 

 

9 - Mississipi - 1841 - Realizzata nel 1988 - dimensioni 120 x 41 x 74h;

 

 

 

10 - L'Orenoque - 1848 - Realizzata nel 1979 - dimensioni 106 x 31 x 57h;

 

 

 

 

 

Ad Imperia l’inizio dell’estate 2022 coincide con la riapertura al pubblico del Museo Navale, completamente rinnovato all’esterno e riorganizzato all’interno e con l’inaugurazione del Planetario.

 

VARIE TEMATICHE ILLUSTRATE DURANTE ALCUNE VISITE AL PLANETARIO

 

Per quanto riguarda il Museo Navale gli interventi effettuati hanno permesso l’apertura dell’ala di Ponente, la revisione e la riqualificazione del tetto e della facciata, il completamento funzionale del percorso museale, la realizzazione del nuovo ingresso lato Banchina e la predisposizione del nuovo locale caffetteria-bookshop. Completa l’offerta turistico-museale della struttura il Planetario di Imperia ospitato nella cupola, terzo in Italia per dimensioni e il più tecnologicamente avanzato. Con la sua cupola full dome, 62 posti a sedere, permetterà di viaggiare tra le stelle e conoscere meglio lo spazio con spettacoli in 2D e 3D.

https://www.riviera24.it/2022/06/inaugurato-il-planetario-di-imperia-il-piu-tecnologico-ditalia-766656/

 

 INAUGURAZIONE DEL PLANETARIO DI IMPERIA

PADRINO IL PRIMO ASTRONAUTA ITALIANO 

FRANCO MALERBA 

 

 

 

L’ATTUALE ORARIO DI APERTURA DEL MUSEO NAVALE E QUELLO DEL PLANETARIO (SU PRENOTAZIONE) E’ IL SEGUENTE:

SABATO E DOMENICA DALLE 17.30 ALLE 21.30

 

I LIBRI DI FLAVIO SERAFINI

La lista non è completa

 

 

Il Comandante Flavio Serafini presenta il suo ultimo libro  

'Il mio Nautico'

 

Mi complimento con il mio caro amico Comandante Flavio Serafini per l'IMMENSO lavoro svolto in questi anni con indiscusse capacità manageriali, profondissima passione storica e ammirabile cultura marinara. Lo RINGRAZIO  per il materiale che gentilmente ha voluto inviarmi e che qui ho riportato, purtroppo, in modo incompleto e superficiale. Spero in tal modo di  stimolare la curiosità di tanti appassionati del MONDO MARINARO affinchè mettano in agenda LA VISITA GUIDATA  in questo MUSEO in cui si respira anche una fresca aria di modernità.

MUSEO NAVALE E PLANETARIO DI IMPERIA

Indirizzo:

VIA SCARINCIO N.7 18100 IMPERIA

TELEFONO:

0183 651363 – 0183 701554

A cura di Carlo GATTI

Rapallo, 14 Marzo 2023

 

 

 

 

 

 


NAVIGARE TRA I GHIACCI - TESTIMONIANZE DI VITA VISSUTA …

NAVIGARE TRA I GHIACCI

TESTIMONIANZE DI VITA VISSUTA …

 

Comandante S.L.C Mario Terenzio PALOMBO

Ho visto e letto con interesse il tuo inserimento "navigare tra i ghiacci". 
Mi è tornata in mente la mia esperienza effettuata, la prima con la Home Line e grado da Primo Uff.le nel lontano 1974, la seconda da comandante nel 1999. 

Ti allego la foto del Costa Allegra nel Magdalene Fjord. Nel 1974, a causa dei numerosi e piccoli iceberg (growlers) non si poteva entrare facilmente all'interno del Fiordo. Nell'estate del 1999, la Costa mi affidò il comando della Costa Allegra per verificare se le crociere della Norvegia, Svalbard e banchisa polare potevano essere fattibili con navi di un tonnellaggio superiore. 
Dopo una sosta negli scali di Longyrearbyen e Ny-Alesund la tappa successiva era a Magdalene Fjord. 
A Ny-Alesund avevamo imbarcato due guardie forestali nel caso si potessero sbarcare i passeggeri. 
Infatti, come vedi dalla foto che ti allego, rispetto al 1974, le cime dei monti non erano molto innevate, i growlers erano veramente pochi e si potevano evitare. Ero riuscito a navigare sino alla radice del fiordo, rimanere sulle macchine, sbarcare i passeggeri utilizzando una piattaforma galleggiante che avevamo costruito a bordo e sistemata a terra.  I passeggeri sbarcavano dal nostro Tender, facevano alcune foto, subito dopo rientravano a bordo, ben contenti di aver messo piede nel punto più alto della terra. Lat. 79° 34' N long. 10° 54' E. Le due guardie forestali osservavano la zona in caso della possibile vicinanza di orsi polari. La crociera fu un successo!

Comandante S.L.C. Ernani ANDREATTA

In riferimento all’impresa del Laura Bassi in Antartico, ho anch’io qualche ricordo dei ghiacci nei mari del Nord ma in “Artico"!

 

 

Rotte approssimative della GULF STREAM

 

Immagini satellitari del Golfo di Botnia

Libero dai ghiacci (sopra)- Quasi ricoperto (sotto)

 

 

 

Ho fatto parecchi viaggi in inverno al Comando della petroliera TEXACO OHIO nel Golfo di Botnia per andare a scaricare Low Sulphur  Fuel. Andavamo sino a LULEÅ nella parte NORD della Svezia e sono stati viaggi straordinariamente interessanti. Il mare del Golfo di Botnia anni fa almeno, in inverno era sempre molto ghiacciato perché non viene toccato dalla corrente (CALDA)  del Golfo (o GULSTREAM) che dopo aver attraversato l’Atlantico lambisce poi le coste della Norvegia e parte della Svezia, nonchè Danimarca e non fa ghiacciare il mare nonostante le basse temperature. Dopo le isole Åland cominciavamo a trovare il ghiaccio che diventava sempre più spesso. Ma avevamo un rompighiaccio che sempre a proravia della nostra nave frantumava la spessa coltre di ghiaccio e ci tracciava come una autostrada in modo che potessimo navigare sino a LULEÅ. A Luleå davamo solo un cavo a prora e uno a poppa senza nemmeno gli SPRING per tenere la nave in posizione all’ormeggio. Il ghiaccio, appena in posizione in banchina, ci attanagliava subito e nessuno poteva muoverci se non quando alla partenza, dopo avere scaricato il LOW SULPHUR FUEL, il rompighiaccio andando su e giù frantumava il ghiaccio che ci imprigionava sino poi a tracciare di nuovo la strada affinché potessimo seguirlo e uscire dal Golfo di Botnia. Il problema era quando qualche grosso peschereccio che si infilava nella nostra “AUTOSTRADA” tracciata dal rompighiaccio e dovevamo fare acrobazie per scartarlo e non affondarlo. A volte mi passavano di poppa a pochi centimetri, non metri …. Sia all’andata che al ritorno a seconda del galleggiamento la nostra carena aveva il colore “argento” perché durante la traversata di andata e ritorno da Lulea i pezzi di ghiaccio rotti picchiavano nella nostra carena e a seconda del galleggiamento la “lucidavano" nel vero senso della parola. Il freddo e il ghiaccio in coperta erano terribili e naturalmente il nostro prezioso carico di LOW SULPHUR FUEL andava sempre riscaldato attraverso le apposite serpentine di vapore che erano sul fondo delle cisterne. Non era una navigazione molto normale ma in mezzo ai ghiacci si ha l’impressione di navigare in un altro modo "quasi fatato" … e vi garantisco che era bellissimo!

Saluti a tutti Ernani Andreatta 

Comandante Carlo GATTI

Quando la "guardia"  in navigazione si faceva sulle alette...

In copertina: la “SATURNIA”  in tenuta polare durante una delle traversate dell’inverno Nord Atlantico - 1963

 

 

 

D.M. PINO SORIO

 

Aurora Boreale

Rian

 

 

 

 

The crew of U.S. Coast Guard Cutter Healy and the Geotraces science team have their portrait taken at the North Pole Sept. 7, 2015. Healy reached the pole on Sept. 5, becoming the first U.S. surface vessel to do so unaccompanied. Healy is underway in support of Geotraces, an international scientific endeavor to study the geochemistry of the world’s oceans. (U.S. Coast Guard photo by Petty Officer 2nd Class Cory J. Mendenhall)

 

 

 

 

 

 

 

 

 Australian I.B. AURORA AUSTRALIS

 

Towing trough the Cheasepeake Bay-Ice

 

 

 

 

 

Arthur-M-Anderson-rescue 2

 

 

Kaleen- MacAllister

 

 

USGC Icebreaker

 

 

 

Icebreakers meeting

 

 

Sisu

 

 

 

 

COME NASCE UN ROMPIGHIACCIO

Le foto sotto si riferiscono ai tre rimorchiatori rompighiaccio costruiti in Romania e dei quali il D.M. di Rapallo PINO SORIO ha seguito tutta la loro costruzione, dal taglio della prima lamiera alle prove nel Mar Nero - le prove di rottura dei ghiacci nel Mar Caspio - la loro consegna all’armatore russo.

 

Sopra e sotto - NEW AKER ICEBREAKER

 

 

 

H740-Mangystau

 

 

Rompighiaccio MANGYSTAU-2 - Prove antincendio nel Mar Nero

 

 

 

 

NAVIGARE TRA I GHIACCI - 1

https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci/

di Michele GAZZALE

 

NAVIGARE TRA I GHIACCI -2

https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-2/

di Maurizio BRESCIA

 

 

NAVIGARE TRA I GHIACCI – 3

ROMPIGHIACCIO ATOMICO AL POLO NORD

https://www.marenostrumrapallo.it/ghiacci-3/

di Pino SORIO  (contiene il curriculum vitae dell'autore)

 

 

NAVIGARE TRA I GHIACCI - 4

STAZIONE PILOTI GÄVLE- BÖNAN - GOLFO DI BOTNIA

https://www.marenostrumrapallo.it/gaevle/

di Carlo GATTI

 

 

In crociera sulla nave rompighiaccio

https://www.nauticareport.it/dettnews/report/in_crociera_sulla_nave_rompighiaccio-6-8060/

 

 

ICEBERG - Un pericolo sotto controllo?

https://www.marenostrumrapallo.it/ice/

Per chi vuole saperne di più …. Riportiamo dal WEB:

LA BANCHISA

 

 

Immagine satellitare della Scandinavia in inverno. Visibili il golfo di Botnia e il Mar Bianco coperti dalla banchisa.

La banchisa, detta anche ghiaccio marino, banchiglia, è una massa di ghiaccio galleggiante, dallo spessore raramente superiore ai 3m, che si forma nelle regioni polari a causa delle basse temperature che provocano il congelamento delle acque marine superficiali.

La banchisa si forma quindi per il congelamento dell'acqua dell’oceano che, essendo salata, ghiaccia a circa -1.8 °C: il ghiaccio che ne scaturisce è comunque insapore, costituito da acqua non salata, in quanto durante il processo di congelamento i Sali minerali restano in soluzioni, lasciando che a congelare sia semplicemente l'acqua pura.

Le banchise più grandi si trovano nel Mar Glaciale Artico intorno all’Artide e nel Mar Glaciale Antartico attorno all’Antartide, dove sono permanenti, crescendo d’inverno e riducendosi d’estate. Nel Baltico, nella Baia di Hudson e in altre zone costiere dell’emisfero settentrionale, invece, la banchisa compare d’inverno e svanisce in primavera-estate.

Dalla banchisa non derivano gli iceberg: questi ultimi, infatti, hanno origine dalle piattaforme di ghiaccio galleggianti che, dalla costa, si protendono nel mare. Gli iceberg, alti anche molte decine di metri, derivano pertanto dalla neve compatta dei ghiacciai e quindi dall’acqua dolce continentale e non dal ghiaccio di origine marina della banchisa, alta per contro solo pochi metri.

A causa delle enormi quantità di acqua e della loro superficie, il comportamento delle due grandi banchise artica e antartica ha notevole importanza sulla circolazione termoalina e più in generale sui cambiamenti climatici, sia come indicatori di processo sia innescando processi di retroazioni.

Il ghiaccio a frittelle è la banchisa che è stata compressa dall'azione esercitata dalle onde su una sorta di nevischio dall'apparenza oleoso («frazil ice»), a sua volta generato a partire dai piccoli cristalli lenticolari. Le placche di questo giovane ghiaccio di un solo anno di vita raggiungono 1,5m-2m di spessore

Anche se essa si forma su qualunque mare in cui la temperatura scenda sotto i -1,8 °C, quando si parla di banchisa quasi sempre si fa riferimento alle due grandi banchise polari: quella situata nell’Artico e quella situata intorno all’Antartico.

  • La Banchisa Artica raggiunge a marzo i 15 milioni di km² mentre a settembre scende a 6,5 milioni di km². Da qualche anno perde un po’ della sua estensione ad ogni ciclo, fatto che viene attribuito al riscaldamento globale e che potrebbe portare nel tempo alla sua scomparsa nel periodo estivo.

  • La Banchisa Antartica si riduce fortemente nell’estate australe, riformandosi in inverno e raggiungendo una estensione pari a quella del continente antartico: in settembre raggiunge i 18,8 milioni di km² mentre in marzo scende a soli 2,6 milioni di km².

 

Tipi di banchisa

Ci sono due tipi di banchisa:

  • quella detta ghiaccio fisso (da non confondere con le piattaforme di ghiaccio galleggianti) ovvero la banchisa attaccata alla costa, agganciata ad essa oppure impigliata nei fondali bassi della piattaforma continentale. A differenza della banchisa alla deriva, essa non si muove sotto la spinta delle correnti marine e dei venti.

  • quella alla deriva, che galleggia liberamente e consiste di lastroni di ghiaccio che fluttuano sulla superficie dell’acqua in balia delle correnti marine e dei venti dando vita spesso a canali navigabili: quando è unita insieme a formare grandi masse viene chiamata pack. Essa può muoversi liberamente o venire bloccata dalla banchisa attaccata alla costa.

 

Formazione

Il motivo principale della formazione della banchisa è il congelamento della sua superficie, essendo le precipitazioni nevose molto scarse nelle regioni polari, permanentemente interessate dalle alte pressioni del vortice polare. L’acqua si congela in superficie e non sul fondo del mare, dove non raggiunge mai temperature sufficientemente basse, stante il suo elevato calore specifico e, di conseguenza, la sua scarsa propensione a variare la temperatura. Essa comincia a solidificare a -1,8 °C e non a 0 °C come avviene per l’acqua pura a causa della sua salinità che ne diminuisce il punto di fusione. Si formano dapprima piccoli cristalli lenticolari di acqua pura (il sale rimane in soluzione), i quali vanno via via unendosi, formando un aggregato di ghiaccio.

 

Navigazione

La banchisa ovviamente costituisce un ostacolo alla navigazione marittima, possibile solo nel caso di pack cioè banchisa spezzata attraverso i canali navigabili formatisi e con scafi sufficientemente robusti o attraverso le cosiddette navi rompighiaccio che a seconda della loro potenza propulsiva e opportuni scafi sono in grado di spezzare la banchisa fino a qualche metro di spessore. Non è infrequente che qualche nave in navigazione (es. navi di ricerca scientifica e a volte gli stessi rompighiaccio) nei mari polari rimanga intrappolata tra i ghiacci alla deriva o in formazione.

Fusione della banchisa

Inoltre il ghiaccio bianco della banchisa, sebbene sottile, è molto riflettente, contribuendo significativamente all’albedo del nostro pianeta, ossia alla quantità di radiazione solare che viene rispedita nello spazio per riflessione, rappresentando uno dei parametri climatici più importanti. Di conseguenza, la diminuzione stagionale o durante le fasi interglaciali dell’albedo ai poli, per effetto dello scioglimento della banchisa, comporta una minor riflessione dei raggi solari con effetto di feedback positivo e quindi un ulteriore riscaldamento. All'opposto durante la formazione invernale e le ere glaciali, all'aumento dei ghiacci corrisponde un aumento dell’albedo che aumenta la riflessione facendo diminuire la temperatura con effetto di feedback positivo e conseguente ulteriore aumento dei ghiacci.

Una funzione importante delle banchise, assieme alle calotte polari, è quella di fungere da regolatori termici degli oceani e del clima terrestre sul medio e breve periodo in quanto l'eventuale fusione del ghiaccio assorbe una quantità di calore pari al cosiddetto calore latente di fusione e viceversa nella sua formazione, agendo dunque da feedback negativo.

Lo scioglimento dei ghiacci delle banchise polari, diversamente da quanto si crede, non porterebbe invece ad alcun aumento del livello dei mari e oceani, in quanto si tratta di ghiaccio galleggiante su una superficie liquida e che ha un maggior volume della rispettiva acqua liquida in esso contenuta, facendo innalzare il livello dell'acqua per spinta di galleggiamento,  mentre il suo eventuale scioglimento porterebbe invece ad una diminuzione del volume complessivo in assenza di tale spinta, come accade per un cubetto di ghiaccio in un bicchiere riempito con liquido. Diverso invece è il caso delle Calotte glaciali (Antartide e Groenlandia)) e dei ghiacciai che invece poggiano sulla crosta terrestre.

Pur tuttavia lo scioglimento o meno delle banchise polari rappresenta un fenomeno che può essere correlato con la temperatura globale di oceani e atmosfera sia nel breve periodo (stagionale) sia nel lungo periodo (trend climatico) rappresentando un indicatore di possibili eventi meteorologici e mutamenti climatici.

CATEGORIE DI ROMPIGHIACCIO

  1. e agg. inv. [sec. XIX; impt. di rompere ghiaccio]. Ciascuna delle unità speciali, dette anche navi rompighiaccio, destinate a operare aprendosi un varco fra i ghiacci. Le navi rompighiaccio sono state concepite allo scopo di favorire la navigazione nei mari glaciali, aprendo rotte lungo le coste settentrionali dall'Alaska all'Europa alla Siberia, e in quei mari (o quei laghi) che durante l'inverno gelano (per esempio il Baltico).

Tecnica: criteri costruttivi

Il primo rompighiaccio, l'Ermak, venne ideato dal russo S. O. Makarov nel 1898 secondo criteri costruttivi e operativi ancor oggi adottati: lo scafo presenta strutture particolarmente robuste lungo la linea di galleggiamento (per resistere alle spinte laterali di compressione dei ghiacci) e a prora, zona di impatto con i ghiacci; ha basso rapporto lunghezza-larghezza (fra 4 e 4,6 in media), il che dà alla nave forme tondeggianti, le più idonee per formare un canale fra i ghiacci; l'inclinazione della ruota di prora è studiata per la specifica funzione che svolge il rompighiaccio e ha, quindi, un piè di ruota molto robusto e a ripida inclinazione in modo da facilitare il disimpegno dai ghiacci. I moderni rompighiaccio sono attrezzati con casse di zavorra laterali le quali permettono alla nave, facendo circolare acqua da un lato all'altro, di oscillare e quindi di liberarsi dalla morsa dei ghiacci. I rompighiaccio debbono avere una notevole autonomia e un complesso di attrezzature e servizi di bordo idonei alle particolari condizioni di lavoro e di navigazione: in particolare sono dotati di apparati motore Diesel-elettrici, che hanno grande elasticità di funzionamento e bassi consumi; di un'alta coffa provvista di un duplicato degli strumenti di governo della nave e, sulle navi più grandi, di uno o più elicotteri; di lanciabombe o di cannoni per abbattere eventuali ostacoli rappresentati da ammassi di ghiaccio; di specializzati servizi di soccorso e pronta assistenza e di perfezionati apparati per la navigazione e il rilevamento dei ghiacci anche in condizioni di visibilità nulla. L'alta coffa e gli elicotteri sono essenziali sia per individuare ostacoli sia per indirizzare la nave lungo la rotta ottimale: i rompighiaccio, infatti, debbono aprirsi un varco il più rettilineo possibile ed entro il minore spessore di ghiaccio; le navi più piccole lavorano per urto, fendendo il ghiaccio con la prora a mo' di cuneo; quelle maggiori agiscono, se necessario, spaccando i lastroni col proprio peso, cioè sormontandoli di prora. Se il ghiaccio ha spessori superiori ai 2,5 m si deve operare con entrambi i metodi eseguendo una successione di manovre a “lisca di pesce”, se del caso indebolendo la massa con lancio di cariche esplosive. Essenziale, per il compito che devono svolgere i rompighiaccio, è un elevato rapporto tra la stazza e la potenza motrice: alla nave, infatti, è richiesta la possibilità di manovra in acque ristrette, un'elevata accelerazione per ottenere il massimo abbrivio in poco spazio, una potenza di trazione all'indietro pari a quella in avanti. Le prestazioni di un rompighiaccio hanno portato alla realizzazione di eliche appositamente studiate per le manovre di attacco ai ghiacci: esse hanno diametro moderato, con elevato rapporto del passo col diametro; sono di norma a tre pale ampie, corte e robuste, fatte in acciaio speciale a elevata resistenza; sono sempre del tipo a passo variabile. Le eliche sono sistemate in un'ampia luce diametrale rispetto alla carena per evitarne il bloccaggio a causa del ghiaccio; vengono poste di solito due a poppa e una a prora, oppure tre a poppa, con quella centrale di potenza doppia rispetto alle altre due; l'elica di prora offre il vantaggio di facilitare la rottura dei ghiacci per effetto della depressione causata sotto di essi in seguito al moto di aspirazione dell'acqua; di contro è più soggetta a danni proprio per la sua posizione in avanti.

Classificazione: categorie e prestazioni

I rompighiaccio sono distinti in tre categorie: per acque interne, per zone costiere e spessori di ghiaccio non superiori a 1,5 m, per mari glaciali e spessori di ghiaccio oltre i 2,5 m; i primi hanno stazza massima fino a 4000 t e potenze fino a 10.000 CV; i secondi stazza fino a 8000 t e potenze anche superiori ai 14.000 CV; i terzi hanno stazza superiore alle 10.000 t e potenze superiori ai 20.000 CV; viene anche impiegata la propulsione nucleare, sia con impianti turboelettrici (rompighiaccio della classe Lenin, stazza 16.000 t, potenza 56.000 CV), sia con impianti turboriduttori, come nei più recenti rompighiaccio delle classi Arktika e Sibir; questi ultimi hanno rispettivamente lunghezze di 152 e 165 m, larghezze di 23 e 28 m, immersione di 8 e 9,2 m; le stazze sono rispettivamente di 25.000 e 28.000 t mentre la potenza viene fornita da coppie di reattori nucleari con turboreattori ciascuno di 36.000 e 40.000 CV rispettivamente; questi rompighiaccio nucleari hanno un'autonomia operativa di oltre tre anni e capacità di aprire un canale largo 30-40 m nei ghiacci con spessore fino a 4 m, navigando alla velocità di 4-6 nodi. L'incremento del traffico lungo rotte commerciali in mari ghiacciati per parte dell'anno e lo sfruttamento di risorse minerarie, specialmente petrolio, nell'area del Mar Glaciale Artico, ha portato alla realizzazione di navi passeggeri e da carico (alla rinfusa e petroliere) abilitate alle funzioni di rompighiaccio; tali navi presentano prora e carena analoghe a quelle dei rompighiaccio, mentre il loro apparato motore, di norma costituito da turbine a gas, fornisce potenze doppie rispetto a navi di uguale stazza; esse operano la rottura del ghiaccio mediante il loro peso, cioè sormontandolo. Il primo traghetto entrato in servizio, il finlandese Finnjet, ha una stazza di 23.000 t e una potenza motrice di 75.000 CV, che gli consente di procedere in mare libero da ghiacci alla velocità di crociera di oltre 30 nodi e in mare ghiacciato con spessore fino a 1 m a oltre 6 nodi. Varie sono le navi cisterna oggi in servizio sulle rotte polari, alcune delle quali con stazza superiore alle 100.000 t: esse hanno apparati motori di oltre 200.000 CV e sono in grado di transitare quasi tutto l'anno tra i ghiacci, che frantumano grazie al loro rilevante peso. Oltre ad alcune navi portarinfuse, come l'Arctic canadese da 35.000 t di stazza e potenza installata di 105.000 CV, vi sono anche navi da guerra in grado di operare quali rompighiaccio, come gli incrociatori nucleari lanciamissili russi della classe Kiev.

I appartenenti alla classe Arktika (progetto 10520 secondo la classificazione russa) costituiscono la spina dorsale della flotta rompighiaccio russa. Si tratta delle più grandi unità del loro tipo esistenti oggi al mondo. Queste navi presentano alcune differenze tra loro, essendo state varate in un periodo di circa 30 anni. In generale, comunque, le unità più moderne sono più grandi e veloci, e richiedono un equipaggio meno numeroso.

I rompighiaccio classe Arktika hanno il doppio scafo. Lo scafo esterno ha uno spessore di 48 mm nelle parti in cui deve rompere il ghiaccio, ed uno spessore minimo sempre rispettato di 25 mm. Inoltre, tra lo scafo esterno e quello interno c’è una zavorra d’acqua, che può essere spostata per aiutare la nave durante le operazioni di rottura. Queste operazioni sono inoltre facilitate da un sofisticato sistema di aria compressa, in grado di liberare nove getti d’acqua a 24 m³/s sotto la superficie. Alcuni esemplari hanno inoltre sullo scafo un rivestimento polimerato per ridurre l’attrito. La grande potenza, nonché le dimensioni di queste unità, permettono loro di rompere il ghiaccio in maniera continuativa navigando sia in avanti, sia all’indietro. La potenza dell’impianto propulsivo è tale che i rompighiaccio della classe Arktika, durante la navigazione, utilizzano un solo reattore. L’altro è tenuto di riserva.

Tuttavia, la grande potenza dei reattori è anche un limite all’operatività di queste navi. Infatti, per mantenere i reattori alla giusta temperatura, sono costrette a navigare in acque fredde: per questa ragione, non possono superare i tropici per dirigersi nell’emisfero meridionale.

Alcune navi sono in grado di imbarcare uno o due elicotteri. Estremamente completo è l’apparato di comunicazione imbarcato, che consente la ricezione di email, e permette di comunicare con il mondo grazie al satellite. Inoltre, a bordo sono presenti anche telefono e fax.

Vi sono alcune unità di questa classe, poi, che sono particolarmente attrezzate per il turismo artico (in particolare le ultime). La dotazione “turistica” prevede piscina, sauna, cinema, palestra, infermeria e libreria. Inoltre, nel ristorante di bordo, c’è un bar ed attrezzature per concerti dal vivo. Infine, sullo Yamal c’è anche un campo da pallavolo.

Il servizio

Tutte le unità sono state costruite nei cantieri navali di San Pietroburgo. Ne sono state varate sei, di due versioni (progetto 10520 e progetto 10521). Tra le varie unità ci sono diverse differenze, visto il lungo arco di tempo (circa 30 anni) che ha separato il varo della prima e dell’ultima unità della classe. In generale, si può dire che le unità più moderne sono le più grandi e veloci, richiedono meno equipaggio e sono più attrezzate per il turismo artico.

Oggi, le due unità più vecchie non sono operative. Questo sia a causa di problemi legati all’età (hanno circa 30 anni), sia per problemi economici. Infatti, visto l’attuale volume di traffico nell’Artico, non è conveniente tenere operative ben sei navi di questo tipo. Di conseguenza, sono prevedibili tagli nell’organico e, vista l’età degli esemplari più anziani, è probabile che saranno questi i primi ad essere posti in disarmo.

L’ultimo esemplare entrato in servizio, il 50 Let Pobedy

  • NS Arktika: entrato in servizio nel 1975, è stata la prima nave di superficie al mondo a raggiungere il Polo Nord (17 agosto 1977). Attualmente non è operativo, ed è ormeggiato ad Atomflot per riparazioni. Tra le altre cose, i reattori nucleari e le turbine devono essere completamente revisionate perché non soddisfano gli standard di sicurezza stabiliti per i reattori nucleari più recenti dei rompighiaccio. I reattori della Arktika hanno oltre 150.000 ore di servizio, ed occorre valutare se vi sono margini per altre 25.000 o più ore.

  • NS Sibr: entrato in servizio nel 1977, attualmente è fermo ad Atomflot. Tuttavia, i motivi stavolta non sono tecnici, ma economici: se non ci sarà un significativo aumento del trasporto nell’Artico, sarà posto in disarmo.

  • NS Rossiya: entrato in servizio nel 1985, è stato il primo rompighiaccio atomico sovietico a portare a bordo cittadini non appartenenti a Paesi comunisti (40 tedeschi occidentali nel 1990). Revisionato nel 2004, è in grado di trasportare due elicotteri.

  • NS Sovetskiy Soyuz: entrato in servizio nel 1990, nel 1998 rimase intrappolato per tre giorni nei ghiacci. Prese parte alla spedizione del 2004 nel cuore dell’Artico per misurare gli effetti dei cambiamenti climatici. Un operatore turistico lo ha in listino per crociere al Polo Nord.

  • NS Yamal: entrato in servizio nel 1993, è molto usato per spedizioni turistiche e scientifiche. Ha 50 cabine per i passeggeri, ed imbarca un elicottero. L’equipaggio è di 150 uomini. È stata la dodicesima nave di superficie ad aver raggiunto il Polo Nord.

  • NS 50 Let Pobedy: si tratta dell’ultima unità della classe costruita (Progetto 10521). La sua costruzione è iniziata nel 1989. Il nome iniziale era NS Ural, ma in seguito è stato rinominato NS 50 Let Pobedy (letteralmente: 50º Anniversario della Vittoria). L’intenzione era farlo entrare in servizio nel 1995, in occasione, appunto, del 50º anniversario della vittoria nella Seconda guerra mondiale. Lo scafo è stato varato nel 1993, ma l’allestimento fu sospeso poco tempo dopo per motivi economici. La costruzione è ripresa nel 2003, e la nave è stata completata all’inizio del 2007. Le prove in mare si sono svolte dal primo febbraio nel Golfo di Finlandia. Il viaggio inaugurale, verso Murmansk, si è svolto nel mese di marzo. Durante il viaggio è emersa la grande manovrabilità della nave, nonché la sua alta velocità (21,4 nodi). La nave è arrivata l'11 aprile 2007. La nuova nave è molto diversa rispetto alle precedenti. Infatti, è stato aggiunto un modulo ambientale per il trattamento dei rifiuti che ha allungato lo scafo di 9 metri, aggiunti ai 159 che già c’erano: ora, è la più grande dei rompighiaccio classe Arktika, e quindi, la più grande del mondo. L’equipaggio è di soli 138 uomini, e può imbarcare due elicotteri Ka-32. Inoltre, è dotata di tutti i comfort per le crociere nell’Artico.

A cura di Carlo GATTI

Rapallo, 9 Marzo 2023


HOMERIC - Storia di una nave

HOMERIC

Storia di una Nave

Comandante S.L.c Mario Terenzio PALOMBO

Recentemente, mi sono un po’ amareggiato per la notizia che la nave da crociera MARELLA DREAM (conosciuta in passato come HOMERIC Westerdam - Costa Europa - Thomson Dream ed infine con il nome MARELLA DREAM  è stata venduta per essere demolita in Turchia, dopo essere stata alla fonda per più di un anno e mezzo nella baia di Eleusi (10 miglia a Nord Ovest di Atene).

La nave sta compiendo il suo ultimo viaggio, a rimorchio, diretta ad ALIAGA (Turchia), dove sarà spiaggiata e smantellata.

Fu costruita nel 1986 presso i celebri Cantieri Navali: Meyer Werft di Papenburg (Germania) e consegnata alla Compagnia Home Lines con il nome:

 

HOMERIC

Aveva le seguenti caratteristiche:

Stazza L. = 54.763 tonnellate

Lunghezza (dopo l'allungamento)= 243,2 metri

Larghezza = 32 metri

Passeggeri =1773

Velocità max =23 nodi - Velocità di crociera = 20 nodi

Potenza motore = 23.800 KW  (32.359 Hp) - Dotata di eliche a passo variabile.

Il motivo per cui mi ero così affezionato a questa nave è perché mi aveva dato grandi soddisfazioni nel poter esprimere, durante
la costruzione, le mie idee in materia di innovazioni.

Il 20 dicembre 1985 partii per Papenburg. Venni assegnato, con mio grande piacere, all'allestimento della M/n HOMERIC.

Come prima nave da crociera costruita dal MEYER WERFT, L'HOMERIC segnò il grande arrivo nel mondo delle costruzioni navali
all'avanguardia.

La nave fu costruita all'aperto, i bacini coperti di Papenburg furono costruiti solo più tardi. L'HOMERIC fu anche la prima e ultima nave delle sue dimensioni ad essere varata lateralmente. Ricordo che c'era un'atmosfera allegra intorno al cantiere quando lo scafo della nave scivolò nell'acqua del fiume EMS, scatenando un’onda gigantesca. Fu impressionante vederla sbandare e poi scivolare in acqua davanti a migliaia di spettatori.

I Tedeschi, essendo la loro prima costruzione di nave passeggeri, volevano che L'HOMERIC fosse una nave perfetta. Ingegneri e Tecnici del cantiere, spesso si rivolgevano a me per alcuni dettagli. Ne approfittai per far dotare la nave di un binario che potesse scorrere da prora a poppa lungo il punto più alto delle sovrastrutture, in modo da potere raggiungere, con il carrello, tutti i punti per la pitturazione da prora a poppa, compreso frontale di prora.

Mi concessero anche un impianto Splinker lungo le passeggiate esterne in modo da poter raffreddare le lamiere dei saloni, in caso di incendio, e rendere i punti di riunione e di imbarco passeggeri, in caso di emergenza, più raggiungibili.

Inoltre feci dotare i Tenders per il servizio sbarco/imbarco passeggeri in rada, di doppio gancio, per poterli virare a bordo anche in caso di risacca. Si doveva dotare anche il paranco di un gancio con un penzolo lungo almeno due metri per poter effettuare l'aggancio in sicurezza. Una volta che i Tenders venivano sospesi dall'acqua con un secondo penzolo fissato alla Gru, si faceva la manovra di cambio gancio.

Il tutto fu approvato dal registro di classificazione ABS. Anche le piattaforme per l'attracco dei Tenders, le avevo fatte costruire con parabordi longitudinali in modo che i Tenders, in caso di risacca, potessero rimanere ormeggiati senza danni.

Altro impianto "spettacolare" era un sistema di lavavetri con gli ugelli da prora a poppa e frontale di prora. Fu una nave, che quando iniziammo le crociere nei Caraibi, veniva osservata con ammirazione dalle altre navi della concorrenza.

WESTERDAM

Purtroppo, dopo soli due anni di servizio, con la Home Lines, la nave fu venduta alla Holland A.L. e ribattezzata con il nome di WESTERDAM. A novembre del 1988, con mio grande dispiacere, ricevetti l'ordine di dirigermi presso il cantiere di Newport News (Norfolk.VA.) dove consegnai la nave al Comandante e Armatori Tedeschi.

In quanto a me, avevo, in precedenza, accettato l'offerta della COSTA CROCIERE.  Il 25 novembre 1988 partivo da Genova, per il Sud America, imbarcando sull'EUGENIO COSTA

In seguito, tra l'ottobre 1989 e il marzo 1990, la WESTERDAM ritornò presso il cantiere di Papenburg dove venne sottoposta a lavori di allungamento che videro l'aggiunta di un troncone di circa 40 metri, passando da una lunghezza di 204 metri a 243,2 metri e la capacità passeggeri a 1.773.

Nel 2002 subì un totale rinnovamento e venne ceduta a Costa Crociere e ribattezzata

COSTA EUROPA.

 

THOMPSON DREAM

Il 29 Giugno 2009, COSTA EUROPA è stata rivenduta e nell'aprile del 2010 passò alla Grand Cruise Investments che la noleggerà poi alla Thomson Holidays per 10 anni cambiando il nome in THOMPSON DREAM. Durante la pandemia di Covid-19, per i cui effetti il settore crocieristico ne ha duramente risentito, nel 2017 la nave divenne MARELLA DREAM.

Dopo una lunga sosta nel di Porto Nuovo (Gazenica) di Zara, dove era ormeggiata dall'11 luglio, Marella Cruises ne decise il ritiro con un comunicato del 1° Ottobre 2020, salpando il 19 ottobre per ancorarsi nella rada della Baia degli Eleusi, circa a 10 miglia a NW di Atene. Il 27 dello stesso mese decisero di demolirla ad ALIAGA, in Turchia, assieme a Marella Celebration e ad altre navi, destinate alla stessa fine.

 

Rapallo, 1 Luglio 2022


IL COVID-19 FA STRAGE DI NAVI DA CROCIERA

IL COVID-19 FA STRAGE DI NAVI DA CROCIERA

RIPARTE UNA DEMOLIZIONE SELVAGGIA

PARTE PRIMA

Il Comandante Mario Terenzio Palombo, con questa mail che vi allego, mi ha dato lo spunto per entrare, con i nostri mezzi limitati, in un tema spinoso: - DEMOLIZIONI NAVALI - che oggi è salito alla ribalta mondiale come conseguenza del COVID-19.

Carissimi….
Vi allego la foto del cantiere demolizione di Aliaga dove si vede la Costa Victoria – è appena iniziata la demolizione della prora.
E' in compagnia di altre navi che anche loro hanno subito il COVID. 
Che tristezza! 
Mario

Il Comandante M.T. Palombo fu il primo Comandante della COSTA VICTORIA dopo averne curato l’allestimento!

Quest’anno alcune navi sono già arrivate ad ALIAGA in Turchia, dove le norme per la demolizione sembrano essere meno “vincolanti” dal punto di vista ambientale, rispetto ai cantieri navali italiani o francesi, e di questi tempi, purtroppo, le Compagnie di Navigazione tagliano i costi ovunque sia possibile.

Ecco alcuni nomi, ma altre ne seguiranno:

Costa Victoria, Carnival Fantasy, Inspiration, Fascination, Imagination, tutta la flotta di Pullmantur (fallita), Marella Celebration.

Di solito la vita media di una nave da crociera può raggiungere la quarantina, ma in questo periodo di incertezze, fallimenti e cancellazioni, molte compagnie hanno deciso di demolirle anzitempo.

La dismissione della Victoria, varata nel 1996, dalla flotta Costa è solo una delle tante, da cui, tuttavia, si desume che quella Unità avrebbe potuto navigare ancora per oltre 20 anni.

Sollecitato dalla foto che Mario mi ha inviato, mi sono addentrato nei commenti dello SHIPPING che sono tutti concordi nell’accusare il Covid d’aver colpito a morte il settore delle navi da crociera che è, come noto, la forza trainante dell’Industria Marittima Italiana avendo il settore in questione un indotto che coinvolge e dà lavoro a migliaia di fabbriche che sono il perno della nostra economia.

Tuttavia c’è da dire che l’Italia, con i suoi modernissimi Cantieri Navali, si colloca al vertice delle eccellenze nella costruzione di navi passeggeri al mondo, per cui oggi gli occhi degli investitori del pianeta sono puntati sui nostri Cantieri e vi sono ottimi segnali che questa RIPRESA sia già in atto.

Pensando alla ROMA, di cui ho inserito di recente la storia sul Sito di Mare Nostrum Rapallo, mi vien da pensare al patrimonio “artistico” che oggi si trova su queste navi demolite o da demolire.

E mi chiedo: 

- dove sarà trasbordato tutto quel ben di Dio? 

- finirà alle aste di chi sa quale paese?

- Chissà quali e quanti mercati si saranno aperti per tutta la merce preziosa che sbarcherà da quei bordi? Quadri, tappezzerie, tappeti, stoviglieria preziosa e vasellame? 

- O forse gli Armatori recuperano tutto il possibile prima di vendere lo scafo nudo ai demolitori?

Insomma è un bel business che si porta via un gran pezzo di cuore di tanti marittimi e passeggeri che le hanno navigate. Anche se quel sentimento NON SI PUO' VENDERE!

THE MEDI TELEGRAPH ci dà una parziale ma significativa risposta:

Arredi e materiali della Costa Victoria donati in beneficenza

https://www.themeditelegraph.com/it/shipping/shipyard-and-offshore/2020/11/28/news/arredi-e-materiali-della-costa-victoria-donati-in-beneficenza-1.39594023

A diverse domande sul tema ha risposto anche il nostro socio Comandante Bruno MALATESTA, con un suo articolo del 2014 in cui aveva già affrontato con largo anticipo questo tema che oggi occorre rileggere per identificare quei punti che oggi, nel campo delle Demolizioni navali, riemergono per non essere stati ancora risolti. Eccovi il LINK:

RICICLARE LE NAVI. BUSINESS DI DOMANI?

https://www.marenostrumrapallo.it/riciclare/   di Bruno Malatesta

 

I principali Cantieri Navali di demolizione al mondo:

Alang-India - Sosiya è una spiaggia-Cantiere per demolizione, la più grande del mondo, in Gujarat. Le navi fanno l’ultimo viaggio spiaggiandosi su quei litorali, cambiando nome e proprietari.

Nell’ultimo anno sono quattordici le navi passeggeri che si sono arenate “appositamente” nel litorale indiano dei cantieri appena citati, facendo registrare il record rispetto al periodo pre-Covid in cui si demolivano appena due navi/anno.

Dai dati ufficiali le navi passeggeri hanno rappresentato quasi il 10% delle circa 150 navi inviate ai cantieri di demolizione in India negli ultimi dodici mesi.  In totale, tutte le navi passeggeri hanno rappresentato oltre due milioni di tonnellate di dislocamento leggero.

Una curiosità che leggiamo e vi riportiamo: “E’ vero che le navi da crociera contengono meno acciaio rispetto alle navi mercantili e alle petroliere che arrivano ad Alang; ma in compenso costa meno la loro demolizione, soprattutto se si tratta di navi in situazioni di fallimento, fornite di pezzi di ricambio di valore, di arredi ed altro commerciabili sul mercato del riuso. Fra le navi spiaggiate troviamo la Karnika: nave da crociera costruita nel 1990 da Fincantieri, da 69.845 tonnellate di stazza lorda, progettata dall’architetto Renzo Piano con un design che si dice sia stato ispirato da un delfino e armata dalla P&O Cruises, con il nome di Crown Princess. Passata poi a vari brand e ceduta nel 2019 all’operatore indiano Jalesh Cruises ribattezzata Karnika.

Altre unità realizzate in Italia potrebbero inoltre, secondo Maritime Executive, concludere la loro esistenza nei prossimi mesi, probabilmente proprio ad Alang. Tra queste viene citata innanzitutto la ex Costa neo-Romantica (costruita da Fincantieri a Marghera e in passato in forza a Costa Crociere). Rilevata da Louis Group per Celestyal Cruises, la nave è stata rivenduta questa estate (senza rientrare in servizio) e secondo la testata ha lasciato la Grecia diretta in Cina per essere poi avviata a demolizione. Lo stesso potrebbe accadere a diverse unità dell’operatore di traghetti greco Seajet pure costruite da Fincantieri in Italia, tra cui “tre navi datate” in passato parte della flotta di Holland America Line, che dovrebbero essere le ex Veendam, Maasdam e Ryndam.

 

DETTAGLIO MOLTO IMPORTANTE:

L’Europa vieta agli armatori che hanno iscritte le proprie navi nei registri della UE la demolizione sulle spiagge dell’Asia meridionale, il fenomeno è ancora vasto ed è pagato a caro prezzo sia sul versante umano che quello ambientale. In Europa le navi devono essere demolite in strutture sostenibili e i cantieri preposti, devono infine essere registrati in un Registro Speciale.  In questo registro, molto probabilmente, oltre ai cantieri dell’UE, saranno iscritti anche i cantieri della Cina, Turchia, Nord America, con l’esclusione dell’Asia meridionale.

FONTE: NAUTICA  - Abele-Carruezzo

COSA SUCCEDE A GENOVA?

Garrè (Sgdp): “Aumentata la richiesta di demolizioni navali ma è difficile competere con la Turchia” 

Genova – “La pandemia di Covid-19 ha creato un’accelerazione e ha fatto aumentare la richiesta di demolizioni navali. Soprattutto nel settore crociere”. A spiegarlo è stato Ferdinando Garrè, vertice di Genova Industrie Navali e di San Giorgio del Porto*, il cantiere che si appresta ad avviare nei bacini di carenaggio di Genova lo smaltimento.

 

 

*San Giorgio del Porto s.p.a. (ufficialmente Officine Meccaniche Navali e Fonderie San Giorgio del Porto, in sigla: SGdP) è un'azienda di Genova fondata nel 1928 attiva nel settore delle costruzioni, riparazioni e demolizioni navali, parte del gruppo di imprese Genova Industrie Navali s.r.l. (GIN).

L’azienda occupa circa 140 persone tra architetti navali, ingegneri meccanici e manovalanza specializzata e, assieme a Chantier Naval de Marseill (CNdM), opera 3 degli 8 bacini di carenaggio della GIN tra cui il Bacino n. 10 (465 m x 85 m), il più grande del Mediterraneo, così come oltre 2 km di metri lineari di banchine per accosti operativi. Nell'aprile 2016, assieme alla Fratelli Neri, ha costituito Piombino Industrie Marittime

 

 “Le navi saranno smaltite in tre mesi di tempo” ha fatto sapere Garrè, dopo essere rimaste (due di queste) abbandonate in banchina per oltre dieci anni. Oggi festeggiamo un nuovo lavoro di ship recycling dopo il primo intervento portato a termine sul relitto della Costa Concordia. È stato un importante lavoro di gruppo portato a termine da tutto il sistema Genova. Spero che questa operazione di ship recycling secondo le ultime norme europee sia la prima di molte”.

San Giorgio del Porto è uno dei pochissimi stabilimenti nel Mediterraneo che figurano nell’elenco dei siti classificati dall’Europa fra quelli rispondenti agli standard imposti proprio dal regolamento sul ship recycling.

Nel Mediterraneo gli altri sono in Turchia e la concorrenza per il competitor italiano è impari: “In Italia, per essere competitivi, dobbiamo chiedere dei contributi economici mentre i cantieri turchi pagano gli armatori per avere navi da demolire. Perché? Uno dei motivi è sicuramente il costo della manodopera, ma non è l’unico” - risponde prudentemente Garrè, che non vuole fare polemica ma aggiunge: “C’è una legge europea sul ship recycling che poi ogni Paese recepisce a modo suo. Posso dire che nel nostro Paese certamente la gestione e lo smaltimento dei rifiuti è più complicata e costosa che altrove”.

Il porto di Genova, ma anche quello di Piombino, hanno chiesto infatti di essere iscritti nell’elenco dei cantieri di demolizione riconosciuti dall’Europa.

 

FONTE:    

  Il quotidiano online del trasporto marittimo - Nicola Capuzzo

 

Per chi volesse approfondire l’ARGOMENTO segnalo i seguenti LINK:

 

https://www.cruiselifestyle.it/2020-anno-nero-per-le-crociere-anno-doro-per-le-demolizioni-navali/

https://www.triesteallnews.it/2020/10/navi-bianche-boom-di-demolizioni-in-turchia-non-mancano-i-colossi-italiani/

https://www.shipmag.it/aliaga-il-cantiere-dove-le-navi-vengono-demolite-senza-cambiare-nome-la-curiosita/

https://www.themeditelegraph.com/it/shipping/cruise-and-ferries/2020/07/15/news/demolizioni-cinque-navi-da-crociera-verso-la-turchia-1.39085814

Lo smantellamento navale: un problema globale

https://www.legambiente.it/sites/default/files/docs/shipbreaking_worldwide.pdf

 

SRM-Osservatorio COVID-19 sui trasporti Marittimi e la Logistica

https://www.arti.puglia.it/wp-content/uploads/Osservatorio-Maritime-Covid19.pdf

 

ALBUM FOTOGRAFICO

LO SREGOLATO MERCATO DELLE DEMOLIZIONI

In Asia i grandi mercantili vengono smontati con standard ambientali e di sicurezza bassissimi: l'Unione Europea vorrebbe intervenire, ma è difficile …

 

 

Chittagong, Bangladesh, 2008 (ANSA-UIG/Shahidul-Alam). Notare l’impiego di manodopera giovanile priva di abbigliamento di sicurezza.

 

Un cantiere a Chittagong, Bangladesh (ANSA-DPA/Christian Hager)

 

Un cantiere a Chittagong, Bangladesh, luglio 2008 (Spencer Platt/Getty Images)

Il giro d’affari è considerevole, per il cantiere che riceve le navi ma anche per gli armatori che ce le spediscono: riescono infatti a ottenere più profitto rispetto a una demolizione in un cantiere navalmeccanico occidentale, grazie al mercato nero dei pezzi di ricambio e delle materie prime come acciaio e rame.

Operai in un cantiere di demolizione navale a Cilincing, Giacarta, Indonesia, 2010 (Ulet Ifansasti/Getty Images)

L’attività di demolizione per spiaggiamento inquina relativamente poco il mare, considerando che i mercantili arrivano come carcasse di acciaio senza più gli allestimenti interni. Quello che viene inquinato è invece il suolo e il territorio circostante. Essendo a cielo aperto, senza impianti di depurazione, il bioma costiero si trasfigura. La demolizione rilascia sostanze tossiche come cadmio, piombo, amianto e mercurio. L’attività di fusione e smantellamento dei pezzi più piccoli rilascia nell’aria sostanze che danneggiano l’ozono.

 

Chittagong, Bangladesh, luglio 2008 (Spencer Platt/Getty Images)

 

Due operai in un cantiere di demolizione navale a Dacca, Bangladesh, 2020 (Nayem Shaan/ZUMA/ansa)

 

PARTE SECONDA

 

I CANTIERI NAVALI DI DEMOLIZIONE DEL SECOLO SCORSO

VADO LIGURE E SPEZIA

Alcuni ricordi personali

 

VADO LIGURE

Più conosciuto degli stessi cantieri genovesi, e fonte di lavoro per quattro generazioni di famiglie vadesi, il cantiere di Portovado è raccontato in un libro con dovizia di particolari nautici dai protagonisti di quella storia: Edoardo e Giuseppe Riccardi nel libro «La demolizione navale a Vado Ligure», tra tanti rimpianti e tanta nostalgia per quel piccolo mondo scomparso.

Qui, nel secolo scorso, sino al 1989, VADO ha visto demolire corazzate, incrociatori e cacciatorpediniere della Marina Militare Italiana, della Marina francese e dell'Armada argentina, oltre ad una infinità di navi da carico, alcune famose come la Sestriere, Pisani, Napoli e Premuda, e poi Democratie, Jiustice, Veritè, per non dimenticare la gloriosa Olterra che, insieme ad altre centinaia di navi, una volta “spiaggiate” venivano ridotte a pezzi. 

Chi scrive portò in demolizione a Vado Ligure la più importante “carretta” del dopoguerra: LA SESTRIERE. Vi propongo alcuni LINK per ricordare:

L'ULTIMO VIAGGIO DELLA CELEBRE M/N SESTRIERE

https://www.marenostrumrapallo.it/sestriere/    Carlo GATTI

LA SECONDA SPEDIZIONE DEI MILLE      Carlo GATTI

https://www.marenostrumrapallo.it/spedizione/

La protagonista di quell’importantissima spedizione fu proprio lei, la M/n SESTRIERE.

 

OLTERRA - UN CAMOGLINO NELLA TANA DEL LUPO     Carlo GATTI

https://www.marenostrumrapallo.it/de-negri/

VADO LIGURE - La foto mostra la fine di due gloriosi rimorchiatori d’altomare: in primo piano il mio M/R TORREGRANDE che copre parzialmente il  M/R GENUA. Come ricordo di questo “mastino” dei mari, il mio equipaggio volle regalarmi due OBLO’ che conservo come reliquie…

Tutto finì nel 1990

 

LA SPEZIA – Cantiere delle Grazie

 

Il relitto, ripreso quando era ormai semi-affondato nella baia di Pertusola, ha una storia particolare che ho raccontato anni fa, ed oggi la ripropongo nel LINK:

USS WILLIAMSBURG UNA NAVE, UNA STORIA

https://www.marenostrumrapallo.it/uss-williamsburg-una-nave-una-storia/

Carlo GATTI

 

Il 19 gennaio 2016 le autorità di Spezia autorizzarono (finalmente) le operazioni di smantellamento e rimozione dello yacht Williamsburg, la nave di 74 metri costruita negli USA nel 1930, ex residenza galleggiante dei presidenti Truman e Eisenhower.

La Williamsburg era arrivata a Genova nel 1993, ma il progetto di trasformarla in un’imbarcazione di lusso non andò mai a buon fine.

ALFREDO CARLETTI - UN ESEMPIO DI INDOTTO INTELLIGENTE DI RECUPERO, COMMERCIO E VENDITA DELLA OGGETTISTICA NAVALE

L’azienda fondata da Alfredo CARLETTI, di cui fui un affezionato cliente, nasce negli anni 60 alla Spezia, periodo nel quale la città aveva un ruolo di primo piano, a livello europeo, nel campo delle demolizioni navali.

Usualmente, quando una nave veniva avviata alla demolizione, tutte le componenti in legno del rivestimento interno dei locali ed anche mobilio ed altri oggetti particolari quali timoni, chiesuole delle bussole, tavoli da carteggio ecc., essendo un intralcio alle operazioni di taglio con fiamma delle lamiere, venivano smantellati senza troppi riguardi ed infine distrutti e/o bruciati per recuperare le parti in bronzo ed ottone della ferramenta, che venivano poi venduti quali rottami alle fonderie.

Fu proprio Alfredo che ebbe la brillante intuizione di acquistare dai demolitori sia il legname destinato a tale ingloriosa fine, sia i mobili e gli altri arredi di bordo, tutti peraltro appartenenti a pregiate essenze quali mogano, teak, iroko ecc., dando avvio ad un commercio che presto si impose come nuovo stile d’arredo.

Sulla scia di Alfredo, presto affiancato dal fratello Emilio, molti altri commercianti locali iniziarono tale attività ed il Viale San Bartolomeo della Spezia, situato alle spalle dei Cantieri, divenne rapidamente famoso per le numerose vetrine che ospitavano fianco a fianco gli austeri mobili in stile marina ed i lucenti ottoni dei fanali e delle chiesuole, in una colorata cornice di bandiere del Codice Internazionale dei Segnali.

I fratelli Carletti ben presto presero ad occuparsi direttamente dello smontaggio e dello sbarco dalle navi di quei preziosi arredi, prendendo direttamente l’appalto nei cantieri, evitandone l’indiscriminato smantellamento e salvando così parecchi pezzi unici nel loro genere.

A queste avventurose "spedizioni" tra i saloni e corridoi di famosi transatlantici e altrettanto affascinanti navi da carico partecipò anche Fausto, il figlio di Alfredo, allora ragazzino e attuale titolare dell’azienda dal 1973 insieme alla moglie Daniela.

Fausto Carletti è ormai considerato un esperto di antiquariato navale e partecipa a convegni e incontri in tutta Europa, organizzando anche mostre a tema. Parte attive dell’Azienda fin dai primi anni di attività è stata la progettazione e la costruzione di arredamenti su misura in stile marina, nati dalla voglia di ricreare e portare nelle case atmosfere dal fascino intramontabile, ispirate dagli arredi degli antichi velieri e dei gloriosi transatlantici. 
L’arredamento di molte ville sul mare in Liguria, ma anche in Sardegna e Corsica, portano la firma di questi lungimiranti imprenditori.

Ancora oggi, nei magazzini del “CORSARO” è possibile trovare mobili originali provenienti da vecchie “glorie del mare”, nonché una moltitudine di oggetti e strumenti quali fanali, lampade, appliques, plafoniere, timonerie, ruote di timone e chiesuole, bussole e sestanti, ottanti e cronometri, ancore e vecchi bozzelli. La provenienza di questi piccoli tesori disegna un lungo elenco di nomi storici di navi che a Spezia hanno trovato l’ultimo approdo.

Tra le numerose navi a cui la famiglia ha partecipato all’operazione-demolizione si possono ricordare: l'Oceania, varata nel 1950 e demolito nel 1977, la Giulio Cesare, varata nel 1949 e demolito nel 1973, la Conte Biancamano, varata nel 1925 e demolito nel 1960, la Conte Grande, varato nel 1927 e demolito il 7 settembre del 1962. Ma anche la Liberté, la corazzata Richelieu, la Giuseppe Verdi, l'Andrea Costa, la Saturnia, la Caribia (ex Vulcania), lo Jaza (il panfilo dell'imperatore d'Austria Francesco Giuseppe), il transatlantico Kenia e molte altre glorie delle compagnie di navigazione di tutto il mondo.

 

LA STORIA DELLA NAVE PASSEGGERI FAIRSEA  di  Carlo GATTI

https://www.marenostrumrapallo.it/fairsea/

 

La FAIRSEA fu demolita nei Cantieri navali LOTTI di Spezia

 

CONCLUSIONE

A questo punto qualche lettore si porrà la domanda:

Perché finì quell’epico periodo delle demolizioni navali in Italia per poi riapparire oggi in altri siti anche molto lontani dal mondo dello shipping più avanzato?

 

Avendo vissuto la parte centrale di quell’epopea, posso esprimere soltanto qualche opinione personale, premettendo che ben altri qualificati storici potrebbero averne una visione ben più ampia.

  • Tra il 1960 e la fine del secolo, tutte le navi che avevano partecipato alla Seconda guerra mondiale, sapendo che tante di loro furono “tirate sul fondo” per la necessità di rimettere in moto il settore mondiale dei Trasporti marittimi: merci e passeggeri, erano ormai molto ANZIANE e per loro non esisteva altra prospettiva che la demolizione. Tra queste vi erano centinaia di LIBERTY, T/2, CARRETTE di ogni tipo e navi passeggeri sopravvissute alle battaglie dei convogli. Nel frattempo decollarono le nuove costruzioni navali, moderne e sempre più sofisticate che diedero inizio ad un lento ma inesorabile gigantismo navale.

  • La storia dei Container per il trasporto intermodale nacque il 26 aprile 1956. Da quel momento storico s’impose la necessità di ampliare i porti, le banchine, i piazzali fino al limite possibile dovendo installare gru gigantesche tipo-Paceco e quindi ridisegnare le infrastrutture che si potevano realizzare eliminando cantieri, officine, magazzini obsoleti e rubando spazi anche al mare. Tutti i porti cambiarono la loro tradizionale fisionomia per l’impellente necessità di rimanere competitivi sui mercati.

Questa fu, probabilmente, la causa principale che contribuì alla "sparizione" dei Cantieri navali della demolizione.

  • Un’altra causa o concausa esplose come una bomba quando nel 1977, l'Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro di Lione (IARC) classificò l'amianto come cancerogeno certo per l'uomo. Le navi da demolire avevano tutte o quasi tutte l’amianto nella Sala Macchina. A questo punto l’operazione di demolizione di una nave era diventata problematica per un crescente numero di problemi che rendevano la sua gestione altamente “pericolosa” e poco remunerativa.

  • Di questa problematica situazione venutasi a creare nei Paesi industrializzati dell’Occidente, se ne avvalsero le nazioni del Terzo Mondo.

  • Oggigiorno i problemi sono ancora più grandi. Smantellare una nave ha un impatto ambientale non indifferente, ecco perché i costi sono alti e la gente preferisce darla in nero nei mercati orientali. Pensate all'amianto, al carburante, all'olio dei circuiti, ai materiali non assimilabili ai rifiuti solidi urbani. Se si pensa poi, al costo del lavoro nel nostro paese, allora i calcoli sono presto fatti.

 

1973 - Il giovane Comandante Carlo GATTI al comando del M/r ARIEL con a rimorchio il famoso transatlantico GIULIO CESARE nel suo ultimo viaggio verso la demolizione presso il Cantiere LOTTI di SPEZIA.

 

LA STORIA DELLA NAVE PASSEGGERI FAIRSEA    di  Carlo GATTI

https://www.marenostrumrapallo.it/fairsea/

La FAIRSEA fu demolita nei Cantieri navali LOTTI di Spezia

 

Carlo GATTI

Rapallo, 26 Maggio 2022

 


LANTERNA

LANTERNA

Faro di Genova dal 1128

Genova, Italia
Lat. 44° 25' N Long. 8° 56' Est
Altezza 77 metri, Portata 26 miglia, costruzione 1543

Come “Simbolo di Genova” ha sette secoli di storia alle spalle. Nel 1316, grazie alle donazioni delle congregazioni: i Conservatori del mare, i consoli del mare divenne ufficialmente un faro...

Descrizione luce: Due lampi bianchi, periodo 20 secondi

PREMESSA

Quella dei Fari è una storia affascinante che si perde nella notte dei tempi e va di pari passo con la storia della navigazione.

Per la gente di mare di queste parti che approda a Genova dopo un viaggio più o meno lungo, LA LANTERNA dà il suo primo saluto dal cielo con quella luce proiettata sulle nuvole notturne che i marittimi vedono un po’ in alto di prora, e che li fa vociare sommessamente con una certa emozione: “si vede la scopa della Lanterna!”.

A questo punto molti di voi si chiederanno:

Ma cos’è la scopa di un FARO?

Quando un faro è molto potente, il suo fascio luminoso rotante non segue la curvatura terrestre per cui, dopo un certo percorso rettilineo, viene proiettato in alto così che, una nave che si trovi ancora sotto l’orizzonte, non vede la luce del faro direttamente, ma solo la sua scopa che disegna in cielo le sue “caratteristiche” fatte di lampi ed eclissi.

Scendiamo brevemente nel “tecnico” …

PORTATA GEOGRAFICA

è la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.

 

PORTATA LUMINOSA

è la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.

Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione
della trasparenza atmosferica.

Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo "scintillio della "scopa" del faro sul riverbero dell'acqua si manifesta a notevole distanza.

Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.

Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.

Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?

Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.

 

Ecco che la LANTERNA, con i suoi antichi simboli, rappresenta il calore della mamma accogliente per i marinai di tutte le razze, religioni e provenienze che si sentono guidati dal suo sguardo luminoso e protettivo mentre si avvicinano e poi, con nostalgia e tristezza quando, allontanandosi, tramontano lentamente sotto l’orizzonte.

Prima del 6 ottobre 2017, Genova non aveva mai dedicato una mostra alla Lanterna, al suo faro medievale che, sin dalle prime rappresentazioni pittoriche della città ne era, comunque, diventato il simbolo più amato dai genovesi i quali, com’è noto, sono estremamente gelosi dei propri sentimenti e non amano parlare dei propri “gioielli” in pubblico! Una storia che conosciamo da sempre!

La sua struttura eccezionale - fino al 1902 è stato il faro più alto del mondo - con la posizione di guardia sul colle di San Benigno, la vedono, fin dai suoi albori, come uno dei simboli più amati della SUPERBA.

Solo da pochi anni è visitabile (con alcuni limiti), proprio come certe Icone di cui si deve rispettare innanzitutto la sacralità.

Così ci viene ufficialmente descritta sui dotti manuali:

Eppure la Lanterna, monumento unico anche nel panorama dei porti del mediterraneo, è sempre riaffiorata prepotente quale elemento distintivo, vera e propria Mirabilia Urbis, tanto nelle carte nautiche quanto nei documenti ufficiali, sui frontespizi dei libri e nelle immagini pubbliche, a suggello dell’efficienza e della stabilità del porto, elemento cardine dell’iconografia della città intera. E che il simbolo di Genova fosse un faro, ovvero una svettante torre antica con precisa funzione pratica e intimamente legata alla navigazione, monumento che rimanda alle imprese che resero la Repubblica ricca, temuta e rispettata, rientra nello spirito più autentico della città.

Guardate attentamente le tre fotografie a seguire e vi accorgerete che:

I nostri AVI medievali avevano visto giusto

LA LANTERNA si trova ancora oggi nel CUORE del suo porto, dove navi, marinai e merci entrano in contatto tra loro per scambiare ricchezza e cultura, relazioni e pagine di storia.

La Storia della LANTERNA

Leggiamo qua e là….

Nel 1128 venne edificata la prima torre. Secondo alcune fonti non ufficiali, era alta poco meno dell’esistente e con una struttura architettonica simile all’attuale, ma con tre tronchi merlati sovrapposti. Alla sua sommità venivano accesi, allo scopo di segnalare le navi in avvicinamento, fasci di steli secchi di erica (“brugo”) o di ginestra (“brusca”).

Nel secolo XI, le prime cronache e gli atti ufficiali del nascente Comune genovese forniscono dati sicuri sulla torre di segnalazione, ma non la sua data esatta di costruzione. 

Nel 1318, durante la guerra tra Guelfi e Ghibellini la torre subì rilevanti danni alle fondamenta ad opera della fazione ghibellina.

Nel 1321 vennero effettuati lavori di consolidamento e venne scavato un fossato allo scopo di renderla meglio difendibile.

Nel 1326 venne installata la prima LANTERNA; la lucerna era alimentata ad olio di oliva ed in merito l’annalista Giorgio Stella scriveva:

 “In quest’anno fu fatta una grande lanterna sulla Torre di Capo Faro affinché con le lampade in essa accese, nelle notti oscure, i naviganti conoscessero l’adito alla nostra città”.

Nel 1340, per meglio identificare la lanterna con la città, venne dipinto alla sommità della torre inferiore: lo stemma del comune di Genova, opera del pittore Evangelista di Milano.

Al 1371 risale la rappresentazione più antica di questa prima Lanterna che appare in un disegno a penna sopra una copertina pergamenacea di un manuale dei “Salvatori del Porto”, Autorità marittima del tempo conservata all’Archivio di Stato di Genova e restaurata nel 2017 grazie al contributo del Lions Club di Sampierdarena per il progetto Insieme per la Lanterna e Adotta un Documento.

 

La Lanterna di Genova che vediamo oggi

Ci affidiamo ancora alla storiografia ufficiale

Al 1543 risale l’attuale costruzione che, con i suoi 77 metri di altezza, è il faro più alto del Mediterraneo, secondo in Europa. In quell’anno vennero anche sostituite le antiche merlature e fu posta in opera alla sua sommità una nuova LANTERNA costruita con doghe di legno di rovere e ricoperta con fogli di rame e di piombo fermati con ben seicento chiodi di rame.

Fu in quella occasione che la TORRE assunse il suo aspetto definitivo che ancora oggi vediamo.

Nel 1565 si ritornò a lavorare sulla cupola per renderla stagna.

Nel 1681 si ricostruì la cupola con legno di castagno selvatico calafatando il tutto con pesce e stoppa e ricoprendola con fogli di piombo stagnati ai bordi sovrapposti.

Nel 1684 durante i bombardamenti di Genova ordinato dall’Ammiraglio francese Jean-Baptiste Colbert de Seignelay, per ordine di re Luigi XIV, un colpo centrò la cupola distruggendone l’intera vetrata, che venne provvisoriamente ricostruita.

Nel 1692, la vetrata venne modifica aggiungendovi un nuovo ordine di vetri. Nel Portolano manoscritto del XVI secolo di autore anonimo si legge: “a miglia 14 da Peggi (Genova Pegli) città con buonissimo porto e alla parte di ponente, vi è una lanterna altissima e dà segni alli vascelli che vengono a piè di detta lanterna”.

Nel 1771, a seguito dei ripetuti danni causati dai fulmini e dagli avvenimenti bellici la torre venne incatenata a mezzo di chiavarde e di tiranti che ancora oggi sono visibili all’interno.

Nel 1778, fu dotata di impianto parafulmine che fu realizzato dal fisico P.G.Sanxais.

Nel 1791 vennero effettuati alla base della prima torre, lavori di consolidamento per renderla più stabile.

Nel 1840, in tempi più recenti, la potenza del faro aumentò notevolmente, sia per l’introduzione di più moderni sistemi ottici, sia per il sistema rotante con lenti di Fresnel, sia per l’introduzione di nuovi combustibili:

Nel 1898 si passò all’impianto del gas acetilene.

Nel 1905 al petrolio pressurizzato.

Nel 1936 all’elettrificazione.

Da allora la Lanterna superò senza gravi conseguenze i bombardamenti della Seconda guerra mondiale, nonché innumerevoli momenti di intemperie naturali.

CURIOSITA’

Tutti sono d’accordo sull’anno 1128 quale data dell’erezione di una TORRE sul Capo di Faro, in passato detto anche CODEFA’.

Tutto invece s’ignora del costruttore della LANTERNA il quale, secondo una leggenda, ad opera ultimata sarebbe stato gettato nel vuoto dal suo culmine, per impedire che realizzasse altrove qualcosa di simile, oppure – ed è questa la versione più maligna – per evitare di corrispondergli il compenso pattuito. A parte la mancanza del minimo fondamento storico, v’è da considerare che ciò è narrato, negli stessi termini, per molte altre eminenti costruzioni d’Italia.

Vi segnalo il LINK di un articolo interessante. Si tratta dell’intervista fatta al Guardiano del FARO Angelo De Caro.

IL SECOLO XIX - Quella piccola lampadina, cuore della Lanterna di Genova. Firmato Licia Casali

https://www.ilsecoloxix.it/genova/2014/09/12/news/quella-piccola-lampadina-cuore-della-lanterna-di-genova-1.32072595

Angelo De Caro - Il guardiano del faro.

 

L'accensione non è l'unica tradizione a essere stata modificata dall'avvento della tecnologia. De Caro ama mostrare ai pochi che si spingono sino alla sommità, una piccola lampadina, consapevole della reazione di stupore che susciterà: «Sembra impossibile viste le dimensioni ridotte – racconta divertito – ma è quella che dà luce alla Lanterna, amplificata dai cristalli dell'enorme ottica. Sono appena mille watt, 220 volt».

Ed è proprio questa lampadina che quando cala il sole, azionata dalla fotocellula, dà vita al simbolo di Genova: un giro completo del faro dura 40 secondi con una pausa di venti: «Le sue caratteristiche sono: due lampi e 20 secondi – spiega De Caro – Pensi che illumina sino a 27 miglia marine, le navi la scorgono a quasi 50 chilometri». 

Le sale dei Fari e dei Fanali

Ubicato ai piedi del FARO, esiste ed è visitabile il Museo della Lanterna. Nelle Sale “dei fucilieri”  e in quelle “dei cannoni”, si trova un’interessante collezione di strumentazioni: qui il visitatore può comprendere il funzionamento di questi importanti riferimenti per la navigazione e non solo (la Lanterna infatti funziona anche da aerofaro per il vicino Aeroporto Cristoforo Colombo).

Gli oggetti esposti illustrano la storia dell’ingegno dell’uomo nel raffinare la tecnica di segnalamento marittimo, con video illustrativi sul loro funzionamento e testimonianze.

È possibile osservare da vicino l’affascinante funzionamento di un Sistema Orologeria Peso Motore con lenti di Fresnel, posizionate su ottiche rotanti tarate con estrema precisione, affinché i lampi di luce ed eclissi potessero mantenere la caratterista identificativa dei fari sulle carte nautiche.

Il sistema meccanico, una volta caricato manualmente, garantiva la rotazione dell’ottica per circa sette ore: la moderna tecnologia utilizza oggi invece un motore elettrico.

Ancora, è possibile studiare l’evoluzione della tecnologia dei Lampeggiatori: dal Lampeggiatore AD, a propano GG166, a propano RG 7273BBT, per proseguire con lo Scambiatore a quattro lampade ISEA, evoluzione degli strumenti precedenti nato con la luce elettrica, poi lo Scambiatore a quattro lampade Pintsch Bamag e a sei lampade Automatico Power, fino ad arrivare allo Scambiatore a sei lampade Automatico Power e allo Scambiatore 6 AGA IE/AD che, grazie alla sua efficienza ibrida, unita alla possibilità di utilizzare le lampade da 1000 watt e 120 volt, è stato utilizzato anche nelle ottiche rotanti dei fari.

INFORMAZIONI UTILI

MISURE ANTI COVID19

Gli accessi alla struttura sono contingentati, invitiamo pertanto all’acquisto del biglietto online secondo i posti disponibili nelle differenti fasce orarie.
Invitiamo i gentili visitatori a rispettare le disposizioni di contrasto al COVID19, al fine di evitare possibili contagi | Indossate la mascherina | Non toccate occhi, bocca e naso | Utilizzate i dispenser con igienizzante prima di entrare nelle sale espositive | Gli utenti che al momento dell’ingresso avranno una temperatura superiore ai 37,5° non potranno essere ammessi all’interno della struttura. Ricordiamo che qualora non vogliate sottoporvi allo screening per la temperatura non potrà essere consentito l’accesso | La durata della visita all’Open Air Museum nel parco, Museo e Torre (prima terrazza panoramica) prevista è di circa 30 minuti | Vi ringraziamo per la collaborazione.

Su indicazioni del recente Decreto per il contrasto e il contenimento del diffondersi del virus COVID 19 è possibile accedere al complesso monumentale (anche negli spazi esterni dell’Open Air Museum) solo ai possessori di SUPER GREEN PASS (o esentati con certificato medico), da esibire al personale del ticket office sito in passeggiata, per tutti gli utenti con età a partire dai 12 anni.

 

Indirizzo: Rampa della Lanterna, 16126 Genova GE

Orari: Chiuso ⋅ Apre ven. alle ore 10

Telefono: 010 893 8088

Altezza: 76 m

Visitabile: 

Funzione: Faro

Data di apertura: 1128

Provincia: Città Metropolitana di Genova

Automatizzazione: 1936

Elenco fari: nazionale: 1569; ALL: E1206; NGA: 7568

 

Anno 1126

 

 

 

 

Carlo GATTI 

Rapallo, 2 Febbraio 2022


APPUNTI DI VIAGGIO - DEL DIRETTORE DI MACCHINA PINO SORIO

APPUNTI  DI  VIAGGIO  DI  PINO

  • Primo impatto con ptf petrolifera e primo volo in elicottero: febbraio/marzo 1973:Golfo Persico Dubai- spegnimento incendio pozzo ptf jackup PENROD 5 della Conoco. Lavoro Red Adair-Hallyburton con trivellazione pozzo inclinato da altra ptf fino ad incontrare quello in fiamme.

  • Ritorno a Genova in aereo tutto al buio x risparmio energetico in seguito a guerra arabi e israeliani

  • Installate dentro una delle gambe della ptf 2 pompe Worthington tipo deepwell con colonna e asse da 90 metri di altezza per riempire le tanche da dove  aspiravano le moto pompe  della Halliburton collegate in serie  per portare la pressione di mandata a 600 bar che  sarebbe servita per tagliare il flusso di petrolio nel pozzo incendiato.

  • Vedere foto seguenti:

 

Pompe  Deep  Well  Worthington

 

Pompe Deep Well

 

Pompe  Halliburton

 

In  lontananza piattaforma Penrod dopo spegnimento incendio

 

Foto  barche nel  canale  di  DUBAI

 

  • Procedura x spegnimento incendio pozzo: da un’altra ptf gemella distante circa un miglio si è trivellato in senso obliquo fino ad arrivare con la trivella a circa un paio di metri da quello che bruciava. L’ultimo diaframma è stato rotto pompando acqua a 600 bar e tagliando il flusso di petrolio. Appena spento l’incendio la ditta Schlumberger ha iniziato a pompare fanghi e cemento a presa rapida che ha così tappato il pozzo. La stessa procedura è stata usata a distanza di 40 anni per spegnere l’incendio della Deep Water Horizon nel Golfo del Messico

  • Entrato in Micoperi a dicembre del 1975: primo imbarco su M26 nel mare del Nord e poi trasferito su M27 (Pearl Marine) per modifica e allestimento da petroliera (ex Germinal) nei cantieri Viktor Lenac di Rjeka (modifica scafo) e poi a New Orleans (cantieri Avondale) per montaggio gru Clyde da 2000 tons e di tutti i macchinari di cantiere: verricelli Skagit per ormeggio nave con 8 ancore, motocompressori aria, impianto sommozzatori, gru cingolata Manitowoc, rivestimento coperta con doppio tavolato. Vedere foto:

    Avondale 1

    Fasi montaggio braccio Gru Clyde da 2000 T

Avondale 2

 

Avondale 3

 

Avondale 4

 

Avondale 5

 

Avondale 6

 

Avondale 7

 

Avondale 8

Panoramica  Cantiere Avondale

 

Avondale 9

PM27 in navigazione sul Mississipì per trasferimento dal cantiere Avondale ad un altro cantiere prima del ponte di New Orleans per montaggio A-Frame della Gru Clyde

 

Pearl Marine completata con “A-Frame” installato

 

PINO SORIO

Rapallo, 20 Gennaio 2022


NEW YORK - L'altra sponda del nostro Amato NEW WORLD

NEW YORK

L’ALTRA SPONDA DEL  NEW WORLD

QUANDO UN NOSTRO LONTANO PARENTE ERA SEMPRE LI’

AD ASPETTARCI AL PIER 84

IN NANOVRA OCCORRONO NERVI D’ACCIAIO…

 

Il Porto di New York, come possiamo veder nelle immagini che oggi proponiamo, presenta oggettive difficoltà nell’attracco delle navi in banchina, specialmente in inverno quando alla solita corrente di marea del fiume Hudson, si aggiunge la neve che presto si trasforma in ghiaccio e tiene le navi scostate dalla banchina come si nota nella foto sopra. Le abbondanti nevicate che possono raggiungere i due metri d’altezza, lo rendono a volte molto pericoloso, specialmente quando è accompagnato da forti venti artici. Per quanto possa sembrare strano, il passaggio di cicloni tropicali nei pressi della grande metropoli è un evento tutt’altro che raro.

In questa seconda immagine mostriamo invece il VOLTO UMANO della New York festosa e accogliente in tutti i sensi mentre festeggia il “maiden voyage” della MICHELANGELO addobbata per le grandi occasioni col gran pavese, sirene spiegate… e scortata sul fiume da decine e decine di rimorchiatori “urlanti” che sparano acqua in tutte le direzioni.

 

Omaggio alla favolosa UNITED STATES

 

 

ANDRE DORIA nel suo viaggio inaugurale

 

 

UNITED STATES

Andando ancora più indietro nel tempo

 

LINERS DI LUSSO, 1964 LUGLIO

 

Qui vediamo una vista estiva di Luxury Liner Row a New York City nel luglio del 1964.

Ormeggiato da sinistra a destra nella foto: L'INDIPENDENCE delle American Export Line e LEONARDO DA VINCI della Soc. ITALIA al Molo 84; la potente UNITED STATES al Molo del 86; e l'OLYMPIA della Linea Greca al molo successivo

La Cunard's QUEEN ELIZABETH viene ripresa mentre ha già la prua verso casa, diretto a Cherbourg e Southampton.

 

MICHELANGELO-RAFFAELLO-QUEEN ELIZABETH

Dall'alto in basso: EMPRESS OF SCOTLAND; FRANCONIA; MAURETANIA; the QUEEN MARY; CARONIA; ILE DE FRANCE; AMERICA; ANDREA DORIA; CONSTITUTION.

CHIUDIAMO LA RASSEGNA CON

L’ARRIVO DEL REX A NEW YORK CON IL SUO TROFEO PIU’ AMBITO

BLUE RIBAND (NASTRO AZZURRO)

11-16 Agosto 1933

La velocità massima consentita per la navigazione sull'HUDSON è di 10 nodi, anche se un vero limite non esiste e la Sicurezza del traffico è lasciata al buon senso del Pilota ed ovviamente del Comandante. Tuttavia, si deve tener conto che in certe situazioni meteo, così come in determinati periodi dell'anno, sul fiume Hudson si può verificare una forte corrente da Nord verso Sud che può rendere molto difficoltosa qualsiasi manovra.

 

UNA FOTO CHE MERITA QUALCHE COMMENTO

 

2 Febbraio 1964 - New York - Una bella immagine aerea della nostra Cristoforo Colombo (in primo piano) e la inglese Queen Elizabeth (più in alto) che attraccano in banchina senza l'assistenza dei rimorchiatori.... erano in sciopero in quel momento ( Foto: Getty images ).

N.B. - Il vento teso da sinistra spinge al traverso la Q.E. che sembra in grande difficoltà, essendo estremamente sottoventata, e praticamente ormai affiancata sulla testata (non operativa) di uno dei celebri Piers.

- La C. Colombo sembra aver impostato la curva (l’accostata) in modo più corretto e la manovra si presenta più realizzabile perché ha la poppa più al vento: poppa al vento meno vento”. Ho provato ad ingrandire l’immagine, ma non pare che la Colombo abbia dato fondo l’ancora di dritta, per cui si suppone che andrà a strisciare sullo spigolo del pontile in costruzione o in rifacimento, sebbene abbia la macchina di dritta “indietro” e quella di sinistra “avanti” nel tentativo di portare la poppa al vento.

Il vento teso è visibile dai fumi delle ciminiere delle imbarcazioni presenti in zona ed anche sulla superficie del fiume.

Ciò che non si può stimare è la corrente presente sull’Hudson… I Piloti del porto sicuramente hanno consigliato ai Comandanti la scelta del momento più favorevole per l’attracco: la “stanca di marea”.

Le rispettive manovre non paiono essere andate a buon fine… nel senso che, come minimo, avranno riportato bugne e danni ai rispettivi scafi.

Ultima annotazione: Le navi di quel tempo non avevano le eliche trasversali di prora e di poppa (Bow Trust e Stern Trust) che oggi sostituiscono in gran parte i Rimorchiatori.

Le navi passeggeri, specialmente, erano tutte turbonavi che, come sanno gli addetti ai lavori, erano/sono molto meno potenti in manovra e molto lente nelle inversioni di marcia.

Le turbonavi avevano molti altri vantaggi tra cui la potenza che potevano esprimere, quindi consumavano più carburante di una motonave, ma all’epoca i prezzi del petrolio erano molto convenienti.

Infine:

I “rischi” che si prendevano i Comandanti in quelle occasioni dipendevano dalle rispettive “pressioni armatoriali” tendenti ad evitare le denunce/cause dei passeggeri che altrimenti sarebbero sbarcati con ritardi che avrebbero danneggiato i loro affari privati.

Purtroppo questo “commento” lo pubblicherò sul nostro sito solo per qualche giorno, e solo a scopo didattico, perché la foto “eccezionale” su cui si basa, ha il copyright della gettyimages.

 

Carlo GATTI

Rapallo, Mercoledì 12 Gennaio 2022

COMMENTO:  Posso dire, con orgoglio, che ho vissuto quei momenti della manovra per l'attracco ai Pier di New York, con il grado di Primo Ufficiale, Com.te 2nda e Comandante. Ricordo che, prima dell'avvicinamento al pontile, saliva a bordo il Pilota (Dock Master) che sostituiva il River Pilot. Il Dock Master è un Pilota Comandante di Rimorchiatori che viene promosso dopo anni di anzianità. Per la manovra si doveva aspettare il  momento della stanca della marea sia essa Ebb (uscente) o Flood (entrante). Mezz'ora prima le navi, specialmente al sabato, dovevano presentarsi in fila, con Pilota bordo e pronte per entrare. Se si entrava al momento della stanca si riusciva ad infilarsi direttamente allineati con il Pier, in caso contrario, la manovra più difficile e mozzafiato  era quella di poggiarsi su un apposito parabordo (cammello) al Pier e si sfruttava il filo della corrente uscente o entrante a seconda della posizione del  Pier, che spingeva la nave verso la banchina con l'ausilio del  rimorchiatore a poppa.

Ai miei tempi, dal 1972 al 1987, le principali navi in esercizio erano:

Oceanic- Atlantic - Rotterdam - Statendam- Quen Elisabeth 2 - Britanis - Amerikanis- Doric-Homeric

Nel 1987 la Home Lines è stata venduta e io sono stato subito contattato dalla COSTA CROCIERE per il Comando

          Comandante Superiore di  Lungo Corso

           Mario Terenzio PALOMBO


CORDERIA CASTELLAMMARE DI STABIA

 

CORDERIA CASTELLAMMARE DI STABIA

Castellammare di Stabia

Stabilimento Militare Produzione Cordami- Castellammare di Stabia

L'edificio della corderia è spesso parte integrante dei Cantieri Navali e Arsenali Marittimi.

Attività stabilimento

Lo Stabilimento Produzione Cordami di Castellammare di Stabia opera dal 1796 è quindi la Corderia Italiana più antica e di grande tradizione storica e marinaresca.

Prodotti e servizi

Lo Stabilimento fornisce tutti i tipi di cordami, nonché attrezzature navali: reti di tutti i tipi (parabossoli, ponte di volo), biscagline, tappetini, paglietti. Le attrezzature navali, realizzate a mano nel reparto lavorazioni artigianali, costituiscono un'eccezione in Italia.

Lo stabilimento è inoltre attivo nel settore dei collaudi sia delle materie prime (filati) che dei prodotti finiti (cavi).

Visita alla Corderia di Castellamare di Stabia

Anni ’60 Corderia










Cavi: si eseguono tutte le tipologie di cavi (trecciati e commessi) da pochi millimetri di diametro (spaghi) fio a 120 mm di diametro (cavi di ormeggio) sia in fibra naturale (canapa, sisal, manilla, yuta) che sintetica (polipropilene, poliammide, polipropilene/poliestere, poliestere, polysteel).

Collaudi: tra i servizi esterni il collaudo cavi, la consulenza tecnica sulle funzionalità di utilizzo ed è, unico in Italia, riconosciuto come collaudo alternativo dal R.I.N.A.

Lo Stabilimento dispone di un laboratorio attrezzato per collaudo dei filati e dei cavi e di un dinamometro per prove distruttive cavi fino a 70 t.

Impianti di produzione

· macchine Vicking SIMA per produzione cavi trecciati con diametro di 40-120 mm;

· Hertzog per produzione cavi trecciati fino al diametro di 40 mm;

· Beta 70 e Beta 18 per cavi commessi fino al diametro di 70 mm;

· impianti per sagole e trecce;

· torcitrici, macchine per dare torsione ai filati.

In ITALIA

UN PO’ DI STORIA


Castellammare di Stabia si estende ad anfiteatro al centro del golfo di Napoli. La città unisce caratteristiche industriali, bellezze naturali in una zona fertilissima, ricca di acque minerali e dal clima temperato che favoriscono notevoli flussi turistici.

Castellammare di Stabia era già abitata già nell’VIII secolo a.C. sull’odierna collina di Varano. I Sanniti, seguiti poi dagli Etruschi, dai Greci e dai Romani, la dominarono a lungo, ma sotto i Romani la città raggiunse il suo massimo splendore: prima come città fortificata, poi come luogo di villeggiatura per i ricchi patrizi romani, che “abbellirono” la collina di ville con al proprio interno complessi termali, piscine, palestre e piccoli templi.


I dipinti superstiti ancora oggi risultano essere tra i più interessanti dell’arte romana.

Con l’eruzione del Vesuvio del 79 d.C. la città scomparve, insieme a Pompei ed Ercolano, sotto una fitta coltre di cenere, lapilli e pomici.

Alcuni sopravvissuti all’immane tragedia costuirono un villaggio lungo la costa, che entrò a far parte del Ducato di Sorrento: furono proprio i sorrentini a costruire il castello sulla collina di Quisisana attorno all’anno 1000. Infatti, documenti del 1086 riportano per la prima volta il nome del villaggio detto “Castrum ad Mare”.


Reggia di Quisisana vista dall'alto

Durante il Medioevo, Castellammare passa sotto gli Svevi, poi agli Aragonesi che costruiscono il porto e completano la Reggia di Quisisana e successivamente la danno in feudo ad Ottavio Farnese, il quale apportò notevoli modifiche alla struttura urbanistica costruendo anche il suo palazzo oggi sede del municipio.

Nel 1731 la città passa sotto il controllo dei Borbone che la rendono una delle città più floride del Regno di Napoli e poi del Regno delle Due Sicilie.

Nel 1749, inizia la campagna archeologica che riporta alla luce solo alcuni affreschi delle ville romane dell’antica città di Stabiae.

Nel 1783 furono aperti i primi Cantieri Navali italiani, e poi ancora l’industria per la fabbricazione di corde/cavi, la cosiddetta Corderia.

Nel 1836 vengono inaugurate Le Antiche Terme di Castellammare, centro benessere e polo culturale ospitante mostre, concerti, manifestazioni varie.

Il ‘900 si apre con le due guerre mondiali, ma fu la Seconda a lasciare indelebili tracce sul territorio ed anche nella memoria: i tedeschi tentarono di distruggere i Cantieri navali, i quali vennero strenuamente difesi dagli stabiesi. In seguito, per questo motivo, la città è stata insignita della Medaglia d’Oro al Valore.

Negli Anni ’50, Libero D’Orsi, preside della scuola media-Stabiae, intraprese la prima sistematica campagna di scavi archeologici dell’antica città romana di Stabiae, dopo quelle dei Borboni. Grazie al suo interesse e al suo impegno vennero riportate alla luce due ville romane, Villa Arianna e Villa San Marco. Negli stessi anni fu costruito il complesso delle Nuove Terme di Stabia, all’epoca definite le più moderne d’Europa.

La fine del XX secolo coincide con la costruzione di nuovi complessi alberghieri e di infrastrutture all’avanguardia come il porto turistico di Marina di Stabia, uno dei più grandi d’Europa. Queste nuove strutture hanno fatto sì che nel 2006 Castellammare di Stabia sia stata la terza città campana per presenze turistiche negli alberghi solo dietro a Napoli e Sorrento.

PER NON DIMENTICARE ….

Castellammare di Stabia, settembre 1943 Sono almeno 31 i morti e 16 i feriti della rappresaglia compiuta dai nazisti a Castellammare nel settembre 1943: 31 persone uccise tra l'11 e il 28 settembre, giorno in cui finalmente l'esercito tedesco abbandona la città in ritirata verso nord: 19 erano inermi civili stabiesi, 7 provenivano da altri comuni, 5 furono i militari che tentarono di difendere obiettivi strategici durante la ritirata tedesca.
Ad appena due giorni dalla proclamazione dell'armistizio, Castellammare si trova ad essere tra le prime città italiane a conoscere la ferocia della rappresaglia nazista, sulla base delle disposizioni che il 10 settembre i vertici nazionalsocialisti diedero a tutte le truppe presenti in Italia. Le mire dei tedeschi furono puntate subito su uno dei simboli della città, su quel cuore produttivo e civile che da sempre è stato il cantiere navale. Un insediamento industriale le cui maestranze, nonostante il regime fascista, nonostante le persecuzioni verso gli antifascisti, mantennero in gran parte sempre un atteggiamento - per quanto possibile - di non appiattimento sulle scelte operate dal regime: ancora fresca era la memoria della tempestosa visita del Duce ai cantieri del 16 settembre 1924, accolto freddamente dagli operai ad appena un mese dal delitto Matteotti, e ancora scottavano gli arresti e le perquisizioni di operai e antifascisti nel 1936, a seguito del rinvenimento di volantini che inneggiavano ai fatti di Piazza Spartaco di 15 anni prima.

 

A difendere il cantiere navale si trovarono marinai e ufficiali della Marina Militare, i quali da subito scelsero di difendere gli interessi nazionali e si opposero all'ex alleato tedesco. Gli uomini della "Goering" sono pronti a mettere in pratica la rappresaglia antitaliana, ad appena 72 ore dalle dichiarazioni di Badoglio: obiettivo è distruggere il cantiere navale e affondare tutte le unità navali lì ospitate. A presidiare il "Giulio Germanico" e lo stabilimento ci sono il capitano di corvetta Domenico Baffigo, il colonnello Olivieri, il capitano Ripamonti della Corderia Militare, il tenente Molino. Saranno uccisi dai nazisti nel loro eroico tentativo di difendere il cantiere e salvarlo così dalla furia vendicatrice.
Allo stesso modo morirà un altro militare, impegnato nella difesa dei Cantieri metallurgici altro storico baluardo industriale stabiese: il carabiniere Alberto Di Maio fu ucciso dai nazisti l'11 settembre. Vicenda, quest'ultima, quasi completamente rimossa e che testimonia invece come nei giorni della fuga del re e dello sgretolamento dell'esercito, ci furono uomini semplici in mille angoli d'Italia certamente più decisi, convinti e coerenti sulla scelta da compiere di fronte all'evolversi della situazione bellica e politica interna e internazionale.


Ci sono episodi, gesti, azioni, atti di piccoli e grandi eroismi, ribellioni, o semplicemente gesti compiuti per fame. Ma spesso c'è chi morì semplicemente perché si trovava in un posto nel momento sbagliato, trasformando una casualità in una grande tragedia. Le truppe tedesche erano presenti in città: un loro stazionamento era in corso De Gasperi, alle spalle delle palazzine che guardano verso il mare e che oggi vengono indicate come "il palazzo dei tedeschi". Con l'8 settembre la situazione precipitò. Le truppe germaniche rivolsero la loro attenzione contro la popolazione italiana e contro i soldati "traditori".
Una delle più tristi pagine della storia cittadina si aprì in quel settembre di 60 anni fa, una pagina talmente triste che è come se fosse stata cancellata deliberatamente, rimossa dalla memoria collettiva. Eppure, in quelle tragiche giornate, i quei venti giorni, Castellammare soffrì e resistette, visse momenti di eroismo e atroci violenze, che ora la Medaglia d'Oro al Merito civile riconosce e addita alle giovani generazioni come monito perché non si ripetano mai più l'odio e la guerra (testo a cura di Giuseppe D'Angelo e Antonio Ferrara).

LE VITTIME DELLE STRAGI NAZISTE A CASTELLAMMARE SETTEMBRE 1943.

Civili Aprea Gaetano, anni 31 Arpaia Carmela, anni 48 Autiero Luciano Circiello Agostino, anni 18 Contaldo Santolo, anni 43 Curcio Vincenzo, anni 34 D'Amora Gerardo De Maria Oscar, anni 18 De Simone Vincenzo, anni 24 Di Somma Luigi, anni 35 Foresta Anna, anni 22 Franchino Francesco, anni 22 Franco Giovanni B., anni 53Giannullo Antonio lerace Anna, anni 21 lovine Giuseppe, anni 55 Longobardi Pietro, anni 25 Lupacchini Raffaele, anni 29 Manzella Michele, anni 46 Palatucci Umberto, anni 8 persona non identificata A persona non identificata B Renzo Giuseppe, anni 59 Santaniello Luigi, anni 21 Satumino Agostino Spinetti Dario, anni 38.

Militari Baffigo Domenico, capitano di corvetta Di Maio Alberto, carabiniere, anni 25 Molino Ugolino, tenente Olivieri Giuseppe, colonnello Ripamonti Mario, capitano

 

2021

Fincantieri, accordo per la Corderia militare di Castellammare con l'Agenzia industrie difesa.

Rilanciata la collaborazione tra le due storiche fabbriche confinanti: lo stabilimento di cordami e il cantiere navale.

Il Cantiere Navale di Castellammare di Stabia, fondato nel 1783, è la più antica industria italiana, nonché il più antico e longevo Cantiere Navale d’Italia: ancora oggi costituisce un tassello importante nell'economia stabiese. Sempre all'avanguardia nell'utilizzo delle nuove tecnologie sviluppatesi nel corso degli anni, il cantiere ha visto la nascita di numerose navi di diversa tipologia tra cui navi da guerra e da trasporto merci o passeggeri: insieme a quelli di Ancona e Palermo, è attualmente riservato alla costruzione di navi da trasporto. Tra le navi più importanti varate nel cantiere stabiese troviamo prima su tutte l’Amerigo Vespucci, nave scuola della Marina Militare, le 3 Caio Duilio, la Vittorio Veneto, fino ai più recenti traghetti Cruise Roma e Cruise Barcelona, i più grandi del Mediterraneo.



Va ricordato anche il completamento del batiscafo TRIESTE di Auguste Piccard.




Lo Stabilimento militare Produzione cordami di Castellamare di Stabia, fondata da re Ferdinando IV di Napoli nel 1796, è la corderia italiana di più lunga tradizione ancora in attività.

 

In FRANCIA


La grande Corderie Royale a Rochefort voluta nel 1666 da Jean Baptiste Colbert e progettata da François Blondel, venendo terminata nel 1669, è ora un vasto complesso museale nel cuore dell'Arsenale Marittimo.

Nel REGNO UNITO

La Victorian Ropery (Corderia Vittoriana) presso il Cantiere Navale di Chattam è rimasta l'unica delle quattro della Royal Navy ad essere ancora in attività.

Carlo GATTI

Rapallo, Giovedì 7 Ottobre 2021


IL PRIMATO DELLA MOTONAVE ROMAGNA

IL PRIMATO DELLA MOTONAVE ROMAGNA


La M/n ROMAGNA (nella foto) fu la prima nave italiana su cui fu installato il motore Diesel. Contemporanea dell'olandese Vulcanus, precedette la più famosa MS Selandia. Fu costruita nel 1911 dai Cantieri Navali Riuniti di Ancona per la Società Romagnola di Navigazione di Ravenna.


1911: viene varata la MS SELANDIA (nella foto), è la più grande nave transoceanica equipaggiata di motore diesel fino ad allora, il suo viaggio inaugurale nel 1912 ha risonanza mondiale.

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L’apparato motore della M/n ROMAGNA era composto di due motori Diesel a due tempi reversibili da otto cilindri a 35 atm della Fratelli Sulzer, Winterthur, Svizzera. Effettuava il servizio tra Ravenna, Trieste e Fiume ma pochi mesi dal suo varo, il 23 novembre 1911 naufragò vicino alla Isole Brioni per uno spostamento del carico durante una tempesta morirono sessanta persone, si salvano solo otto marinai e due passeggeri.

Parentesi storica:

MOTORE DIESEL NAVALE

· 1903: prima applicazione su un'imbarcazione, il battello francese "Petit Pierre", operante nel canale Marna-Reno

· 1904: il francese Aigrette è il primo sottomarino ad utilizzare un motore Diesel per la navigazione di superficie ed elettrico in immersione

· 1909: l'ingegnere tedesco di origine libanese Prosper L’Orange, in forza alla Benz & Cie, brevetta la precamera di combustione (DPR 230517 del 14 marzo 1909)

· 1910: un motore ausiliario Diesel viene installato sul veliero FRAM utilizzato per la Sopedizione Amundsen in Antartide

· 1910: vengono varate il cargo italiano MN Romagna con motore Sulzer, affondato nel 1911, e la nave cisterna olandese "Vulcanus" con motore Werkspoor, rimasta in servizio fino al 1932

Il motore Diesel è stato usato inizialmente per i mezzi d'opera, esteso poi ai mezzi industriali e infine, nel terzo millennio con la sua continua evoluzione, sta sempre più dominando il mercato dell'automobile

M/N ROMAGNA

CARATTERISTICHE

Motonave mercantile italiana varata nel 1911, è affondata nello stesso anno il 24 novembre, a causa dello spostamento del carico durante una tempesta.

Tipo: motonave - Anno costruzione: 1911 - Cantiere: Cantieri Navali Riuniti – Ancona

Dimensioni: 57.63 x 8.03 x 3.06 m. - Stazza: 677 t. - Motore: diesel Fratelli Sultzer – Wenterthur – Svizzera - Armatore: Società Romagnola di Navigazione di Ravenna

Porto di armamento: Ancona - Data affondamento: 24 novembre 1911

Causa affondamento: Spostamento del carico causa tempesta


Note storiche: 60 vittime, si salvano solo 2 passeggeri su 49 e 8 membri dell’equipaggio su 20 (se ne sono infischiati dei passeggeri e se la sono filata). Causa la forte libecciata il carico di riso in balle si sposta sfondando dei divisori. La nave si inclina fino a che il mare entra dal camino.

I passeggeri muoiono come topi, si salva solo uno con il figlio di 5 anni che si butta a mare con un salvagente e poi viene raccolto da una lancia con i marinai che se la erano filata…
Il relitto è ricoperto da reti.

BREVE STORIA DELLA:

MEDITERRANEA DI NAVIGAZIONE S.P.A.


M/N ROMAGNA

La Compagnia è stata fondata nel 1908 con la creazione di un collegamento marittimo tra Ravenna / Cherso / Fiume / Trieste, impiegando sia navi passeggeri che navi cargo (la "Ravenna", la "Candiano" e la "Romagna"). La "Romagna" è stata la prima nave in Europa – e forse nel mondo – a passare dal motore a vapore al motore a propulsione diesel, impiegando un motore costruito dalla società svizzera Sulzer. La Compagnia aveva inoltre alcune navi per il trasporto di legname dalla Yugoslavia all’Italia.

Durante il periodo fascista, la compagnia di navigazione fu nazionalizzata. La direzione dell’attività, tuttavia, rimase nelle mani della nostra compagnia fino allo scoppio della Seconda Guerra Mondiale, quando tutte le attività di navigazione cessarono.

Nel 1960, uscita dal controllo statale, la Compagnia è stata rifondata e ha costruito una piccola petroliera, che fu denominata "RAVENNA" a ricordo del vecchio piroscafo.

Dal 1963, il lento e costante sviluppo nel settore petrolifero ha portato alla fondazione di una compagnia di navigazione dotata di una moderna flotta di 10 navi per il trasporto di prodotti petroliferi, chimici e gas. Le navi, tra le 3000 e 35.000 DWT sono gestite dagli uffici commerciali e operativi di Ravenna. La continuità e la lealtà dell'azienda hanno portato alla sua crescita progressiva e di successo.

N.B. – Il 20 Aprile 2021, nell’articolo: I RELITTI DEL PORTO DI CAGLIARI, ci siamo occupati di un’altra cisterna armata denominata ROMAGNA di 1.416 tons. Che affondò il 2 Agosto 1943 dopo aver urtato una mina.

Carlo GATTI

Rapallo, Agosto 2021