ARCIDUCA MARKUS d'ASBURGO AL MUSEO MARINARO TOMMASINO ANDREATTA


Visita al Museo Marinaro Tommasino-Andreatta

dell'Arciduca d'Austria Markus d’Asburgo-Lorena, pronipote di Francesco Giuseppe e Elisabetta d’Austria


Comunicato Stampa


Sabato 20 c.m. alle ore 16.00, S.A. L’Arciduca d’Austria Markus d’Asburgo-Lorena, pronipote di Francesco Giuseppe e Elisabetta d’Austria e il Colonnello (Ris)  delle FF AA Austriache  Ing. Karl Skrivanek, Presidente della OMV(Österreichischer Marineverban–ÖMV- cioè  l’Associazione Marinai Austriaci che ha il compito di conservare la memoria della Marina Austroungarica) accompagnati dal Cav. Stefano Foti, Chiavarese di adozione e attualmente residente in La Spezia, nonché amico personale dei due illustri Ospiti,  visiteranno il Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari.

Da notare che i graditi e importanti ospiti, parlano bene l’Italiano e visiteranno il Museo Marinaro in “divisa sociale” della OMV.   L’Arciduca, tra i numerosissimi titoli ha anche quello di Granduca di Toscana e quindi ha voluto imparare l’italiano. Pertanto eventuali spiegazioni dei Curatori del Museo Marinaro, o eventuali  interviste non avranno problemi di sorta in fatto di idioma.

Alla figura di Elisabetta d'Austria  fu ispirata una trilogia di film austriaci diretti negli anni cinquanta da Ernst Marischka  e interpretati da Romy Schneider  nel ruolo della duchessina (impropriamente chiamata "principessa") bavarese e poi imperatrice d'Austria, divenuta celebre con il soprannome di "Sissi".

Per il Benvenuto a Chiavari e al Museo Marinaro, gli ospiti saranno ricevuti nell'ufficio dal Capitano di Vascello Giuseppe Cannatà Comandante della Scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari. Dopo i saluti di rito faranno da guida al Museo Marinaro il Comandante Ernani Andreatta e i suoi curatori Giancarlo Boaretto ed Enrico Paini.

Lo scorso anno il Cav. Stefano Foti è stato   a Vienna in rappresentanza A.N.M.I. (Associazione Nazionale Marinai d'Italia) per una toccante cerimonia relativa alla commemorazione degli Equipaggi multietnici della K.u.K. Kriegsmarine (Marina Imperiale) composti da Italiani, Dalmati, Austriaci, Tedeschi e Ungheresi.

Un epilogo commovente di tante battaglie sul mare tra l'Italia e Impero Austro Ungarico durante la Prima Guerra Mondiale. Ma ora è tempo di unirci tutti per commemorare i tanti caduti sul mare di tutte le nazionalità. Quelle guerre sono finite, e suoi Caduti indistintamente sono tutti da onorare come Eroi, anche se purtroppo, di guerre, ai giorni nostri, ne sono cominciate altre ancora peggiori dove di eroico non c'è più nulla se non il fanatismo forsennato di pochi ....

Stefano Foti, è Tenente c. della riserva, insignito della Croce di Cavaliere della Repubblica e della Croce d’oro al Merito di Marina “Marine-Kreuz” austriaca, è soprattutto un grande appassionato di Storia Marinara, con una serie di ascendenti  decorati anche al valor Militare come suo Zio Diogene  Foti. Tra gli altri suo Padre, il Comandante Cesare Foti, già presidente del Rotary Club Rapallo Tigullio negli anni 90', può considerarsi Chiavarese avendo abitato per molti anni assieme alla compianta Signora Tina a Chiavari in Corso Genova.  Molti dei preziosi cimeli legati alla vita del mare sia in pace che in guerra della famiglia Foti, fanno ora parte del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta anche nella sala dei decorati intitolata a Enrico Millo.

L'Arciduca Markus, vive a Bad Ischl, che è un comune austriaco di circa 14.000 abitanti nel distretto di Gmunden, in Alta Austria,   con la consorte  Hildegard a insieme ai loro tre figli nella residenza Kaiservilla, che viene spesso aperta al pubblico e nella quale si trova il museo che custodisce tutte le testimonianze storiche dell’impero austro-ungarico. Markus, undicesimo di tredici figli, è il nipote di Maria Valeria, la figlia prediletta dell’imperatore Francesco Giuseppe e di "Sissi", e di Francesco Salvatore, a sua volta discendente di Maria Immacolata di Borbone. Nel suo sangue c’è il legame indissolubile di due tra le più grandi dinastie di fine Ottocento, i Borbone di Napoli e gli Asburgo d’Austria.

Il Colonnello Skrivanek è Presidente della OMV  (Österreichischer Marineverband-ÖMV) cioè  l’Associazione Marinai Austriaci che ha il compito di conservare la memoria della Marina Austroungarica. Storico navale di fama, pluridecorato, è   molto attivo in tutto ciò che concerne la storia della Marina Austroungarica e dei suoi Equipaggi, di cui ancor oggi tiene alto l’Onore,  ed è noto nelle FF AA austriache per le sue attività di ingegnere inventore di sofisticati congegni, per i quali ha ricevuto riconoscimenti da molte parti del mondo. E’ coniugato con Maria Teresa, Italiana di nobili origini.

Ma un pò di storia, ogni tanto, è bene ricordarla, ....

Francesco Giuseppe I d'Austria, (in tedesco: Franz Joseph I von Österreich Vienna, 18 agosto 1830 - Vienna 21 novembre 1916),  è stato Imperatore d'Austria 1848-1916 e Re d'Ungheria (1867-1916). Regnò sul neo riformato Impero Austro-ungarico  dal 1867 e sul Regno Lombardo Veneto, fino al 1866 apparteneva alla casa d'Asburgo-Lorena.

Dopo i moti rivoluzionari del 1848  subentrò a suo zio, ritenuto troppo debole per continuare a governare. Il padre di Francesco Giuseppe rinunciò alla successione e il diciottenne Francesco Giuseppe venne incoronato imperatore d'Austria il 2 dicembre, 1848, su richiesta della sua famiglia.

Con un regno di quasi 68 anni ha superato ogni altro sovrano della sua dinastia, le scelte di governo in politica estera ed interna che compì durante questo lasso di tempo lo imposero come il responsabile del disgregamento e della dissoluzione dell'Impero Austro-Ungarico.

Abrogò nel 1851 le concessioni costituzionali e instaurò un regime assolutistacentralista. Le sconfitte militari nella seconda guerra d'indipendenza italiana (1859) e nella guerra austro-prussiana (1866)  lo videro costretto a scendere a patti con i magiari e convertire l'Impero Austriaco  in due nonarchie costituzionali: il compromesso del 1867 ha creato  la doppia  monarchia austro-ungarico come una vera e propria unione di due stati.

Sotto il suo regno crebbe l'opposizione alla Russia sui Balcani, mentre si avvicinò all'Impero tedesco (Duplice alleanza). Il rifiuto di avviare un processo di riforme nella Cisletania  da parte di Francesco Giuseppe, nelle Terre della corona di Santo Stefano  il non riconoscimento dell'élite Magiara, e il sempre più ampio conflitto tra le diverse nazionalità avviarono verso il collasso l'impero. Le tensioni in atto nei Balcani di dichiarare guerra  alla Serbia, e di conseguenza a causa delle alleanze tra stati alla prima guerra mondiale e la forte sovrastima delle forze militari di Austria-Ungheria condussero Francesco Giuseppe nel 1914.

La morte di Francesco Giuseppe il 21 novembre, 1916 in concomitanza con la sconfitta militare della prima guerra mondiale ed i divergenti interessi nazionali dei popoli, portarono alla dissoluzione dell'Austria-Ungheria, nel 1918.

E una visita importante per il nostro Museo Marinaro e cercheremo di renderla interessante e piacevole con l'aiuto della Scuola Telecomunicazione FF AA e con i nostri collaboratori e curatori Giancarlo Boaretto e consorte Paola Ferraris, Enrico Paini e gli allievi curatori Francesco Ulivi e Francesco Materno, studenti di Ingegneria ma anche  diplomati Nautici a Camogli che da qualche tempo collaborano attivamente, nei momenti liberi, con la nostra realtà museale.  Ma soprattutto un grande grazie al Cav. Stefano Foti che porterà al Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari questi illustri ospiti.

Comandante Ernani Andreatta


A sinistra, l'Arciduca d'Austria Markus d’Asburgo-Lorena, pronipote di Francesco Giuseppe e Elisabetta d’Austria; al centro, la granduchessa Hildegarde e a destra,  il Col. Karl Skrivanek.



L’Arciduca d’Austria Markus d’Asburgo-Lorena è il secondo da sinistra. il Cav. Stefano Foti è il primo a destra. Gli altri due sono rappresentanti della ex Marina Austro Ungarica.

 

A cura di Ernani ANDREATTA Direttore e Curatore del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta di Chiavari.

 

CHIAVARI

10 Maggio 2017





LOCH KISHORN – CHEVRON NINIAN CENTRAL

LOCH KISHORN – CHEVRON  NINIAN  CENTRAL

Storia del Porto e del Bacino di Kishorn

Progetto Ninian Central

Il progetto originale del cantiere di Kishorn in Scozia era stato sviluppato come un cantiere di costruzione per le piattaforme nel 1970. Il cantiere fu gestito dalla Società Howard Doris Ltd ed operò dal 1975 al 1987.  Nel 1975 il lavoro iniziò nel lato a nord del Loch Kishorn per acquisire e sviluppare un’area sufficiente per costruire la Piattaforma di Ninian Central. Questo era molto diverso dal piano originale di costruire un dry dock di 150 metri di diametro per alloggiare la costruzione della struttura di cemento del primo anello della base di Ninian Central.

Nelle foto seguenti si vedono le fasi di costruzione del  bacino di Loch Kishorn:

Dal 1977 c’erano più di 3000 persone che lavoravano nel cantiere. Per la pianificazione di tutto il personale impegnato il cantiere fu considerato come un’isola e tutti  i materiali e le persone venivano  movimentate  per mare e per cielo. Due navi passeggeri in disarmo (Ragantira e Odysseus) furono ormeggiate nel Loch ed adibite a hotel galleggianti per ospitare tutto il personale.

Per continuare il progetto di Ninian la base galleggiante da 150.000 tonnellate fu rimorchiata fuori dal dock ed ormeggiata nel Loch Kishorn. Il bacino nel Lock Kishorn ha una profondità  utile  per costruzioni di 80 metri. Dopo il completamento le 600.000 tonnellate della piattaforma di cemento furono rimorchiate da 7 rimorchiatori nel campo petrolifero del Mare del Nord. A quel tempo questa  piattaforma era stata  il più grande oggetto mobile mai costruito dall’uomo.

Nella sequenza di foto che segue si vedono le varie fasi della costruzione della piattaforma:

Base  piattaforma  in  costruzione  dentro  al  bacino

Base  piattaforma  galleggiante  mentre  viene  rimorchiata  fuori  dal  bacino.

 

Nelle  foto  che  seguono  si vedono  le varie  fasi  durante  la  costruzione a ptf  galleggiante e ormeggiata davanti a Loch Kishorn:

Rimorchio  per cambio  ormeggio

Rimorchio per la destinazione finale

Nelle  foto  a  seguire  si vede la c.v. Pearl Marine  della  Micoperi  durante  le  fasi di  sollevamento dei moduli:

Ninian  Central

La piattaforma  di Ninian Central  ha un singolo piede di supporto in cemento  piuttosto  che molte gambe. Il  piede di supporto alla base ha un diametro di 140 metri  restringendosi  salendo  verso  l’alto.

Installazione  di  Ninian  Central

Alle 05.00 del  mattino  del  12 di agosto 1977  le  220.000  tonnellate della piattaforma  a  gravità e galleggiante erano  pronte  per  essere  posizionate.  E’  stata  rimorchiata da una flotta  di 6 rimorchiatori  oceanici  da Loch Kishorn  fino al  alla destinazione  finale  in mezzo  al  Mare del Nord (settore  inglese).  La base della piattaforma è  grande  quanto  Trafalgar  Square .  La posizione finale  della  piattaforma  alla fine è risultata  di 3 metri  migliore che nel  progetto.


Piattaforma  di  Ninian  Central  terminata  e  in  produzione

Prove  di  produzione  dei  pozzi

D.M. PINO SORIO

Carlo GATTI

Rapallo, 7 Maggio 2017

 

 


A VOI UOMINI DI MARE (Poesia)

A VOI UOMINI DI MARE

 

A voi coraggiosi

che avete disancorato

le certezze

per indagare

oltre l’orizzonte

in quell’essere

mutevole

minaccioso e accogliente

che riempie gli occhi e il cuore

di meraviglia grata

al Creatore

per un dono così travolgente.

A voi il nostro grazie

la nostra ammirazione

la nostra lieve invidia

per tutte le esperienze

che hanno arricchito

la vostra vita.

ADA BOTTINI

Rapallo, Mercoledì 10 Maggio 2017

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RAPALLO HA DIMENTICATO VITO TONGIANI?

RAPALLO HA DIMENTICATO VITO TONGIANI ?

Artista rapallese


Pittore e scultore vivente. Visse a Rapallo fino all’età di 20 anni.

Qualche tempo fa, parlando con alcuni nuotatori della mia epoca, ci chiedemmo che fine avesse fatto Vito Tongiani. Era sparito da Rapallo senza lasciare traccia. Poco dopo mi venne in mente il suo talento artistico e con grande sorpresa, ma soprattutto gioia, scoprii sul web che Vito era diventato famoso. Nemo propheta in patria???

Conobbi Vito in 4a elementare, era nato a Matteria in Slovenia nel 1940 da una famiglia di coloni italiani di Massa.


Finita la guerra la sua famiglia si trasferì a Rapallo, abitava nella casa cantoniera color rosso pompeiano (in primo piano nella foto) che esiste tuttora sulla Via Aurelia di Levante.

"La piccola fiammiferaia"
...e questo é un disegno di "quel bambino" quando aveva nove anni....Si puo' ancora dire che il sentire l'amore per l'arte non sia innato?

L’indimenticato Maestro Ruffini andava in estasi dinanzi ai disegni di boschi e paesaggi marinari che Vito faceva con incredibile facilità e magia. Si parlava di lui come un autentico talento naturale.

Ci ritrovammo nuotatori nella Chiavari Nuoto sotto il grande Marò. Vito era un ranista eccezionale: per chi sa di queste cose, faceva i 100 metri in 1 minuto e 20 secondi, quando la rana non era ancora delfinata come ai giorni nostri. Era un ragazzo di rara modestia che eccelleva in tutto ciò che faceva. La sua esuberanza sportiva, l’innata goliardia e l’amore per la creatività lo rendevano un AMICO spontaneo e speciale per tutti i ragazzi che avevano la fortuna di conoscerlo. In quegli anni nulla era virtuale, si viveva di poco e con poco, il cuore entrava senza complessi in qualsiasi rapporto umano.

Le nostre strade si divisero nel 1960: io andai per mare e lui andò a Parigi per perfezionare il suo grande talento per la pittura e la scultura.

"Andare a Parigi costituiva il massimo dell’aspirazione di quando ero un giovane di 20 anni. Il sogno si realizzò grazie ad uno zio scultore che già vi abitava, Gigi Guadagnucci". (Vito Tongiani)

Per capire meglio il percorso compiuto da Vito dobbiamo indagare e porci la seguente domanda:

Chi fu il primo maestro di Vito?


Gigi Guadagnucci, all'anagrafe Giuseppe Guadagnucci (nella foto) nacque a Massa il 18 aprile 1915, morì a Massa il 14 settembre 2013. Nel 1936 è costretto a lasciare l'Italia per motivi politici, emigra in Francia, a Grenoble dedicandosi alla scultura e allo studio della Storia dell’Arte.

Allo scoppio della Seconda guerra mondiale aderisce alla Resistenza Francese e terminato il conflitto rientra per alcuni anni in Italia.

Nel 1953 si trasferisce a Parigi dove frequenta gli ultimi scultori di Montparnasse, tra questi Alberto Giacometti e Ossip Zadkine, César e Francois Stahly. Sul finire degli anni cinquanta espone le sue prime opere. Nel 1964 viene scoperto dal critico d'arte Pierre Courthion, in quegli anni realizza sculture monumentali in Francia a Cannes, Strasburgo, Tours, Marsiglia, Grenoble e, nel resto del mondo, a Tokyo per l'Hotel Hilton e per il sultano del Brunei.

A Parigi espone nella prestigiosa galleria di Claude Bernard e successivamente nella Casa di Dante (1952),  Galerie Regards a Parigi (1977), all'Istituto Culturale Francese a Roma (1978), Galleria Ferrari a Brescia (1979), Musée Bordelle a Parigi (1979), Convento della Nunziata a Pontremoli (1982), Sede Bayer Italia a Milano (1985), Galleria Arte Borgogna a Milano (1987), Galerie du Manoir a La Chaux de Fonds (1987), Andreas Galleries Washington D.C. (1987), Horti Leonini, San Quirico d’Orcia (1992) Malcesine a Verona (2001), Plazzo dei Diamanti Ferrara (2004) e alla IX Quadriennale di Roma.

Nel 1983 il ministro Jack Lang gli conferisce una delle più importanti onorificenze della Repubblica francese, nominandolo Chevalier de l’Ordre des Arts et des Lettres.

Le sue opere sono in numerose collezioni internazionali, tra queste al Musée d’Art Moderne de la Ville de Paris, Hirshorn museum in Washington DC, Musée d'Art moderne et contemporain, Museo Bloch, Collezione privata a Rio de Janeiro, Museo del Marmo a Carrara, Rochester Institute of Technology.

 

VITO TONGIANI nacque a Matteria (Fiume) nel 1940. Città che fu soggetta alla Zona d’operazioni del Litorale Adriatico (OZAK), tra il settembre 1943 e il maggio 1945. Fin dal giugno 1945, trovandosi a sud-est della Linea Morgan, entrò nella zona ad amministrazione jugoslava e, a seguito del Trattato di Parigi nel 1947, rientrò definitivamente a far parte della Jugoslavia:  dal 1991 fa parte della Slovenia.

Vito Tongiani fu definito: l'artista sempre in giro per il mondo: ha vissuto a Rapallo, a Parigi, Torino, Massa, Marrakesh. Ha lavorato ed esposto, in Italia e all’estero: disegni, acquarelli, pastelli, dipinti a olio, statue di marmo e di bronzo.

Vito Tongiani - Autoritratto

Da anni ormai si è stabilito sulle colline di Camaiore, luogo splendido, che gli consente di portare a termine sculture monumentali che gli sono state commissionate, a dipingere e, come dicono gli amici, «a disintossicarsi» dalla routine della quotidianità.

Vito Tongiani a sinistra con lo scultore Lorenzo Rappelli

Le sue Esposizioni Artististiche, come le riportiamo qui di seguito, ci raccontano in modo cronologico della sua frenetica attività, le sue opere che raccogliamo in un album fotografico, ci raccontano invece della sua arte, del suo talento …..

1972 Galleria Davico, Torino
1973 “Fiorino” di Firenze
1974 1° premio “Sperticano” a Bologna
1975 Galleria Forni, Bologna
1976 Galleria 32, Milano
1976 e 1978 Galleria il Gabbiano, Roma
1976 “Nouvelle subjectivitè” al Festival d’Automne di Parigi
1979 Palais des Beaux Arts, Bruxelles
1979 Galleria Documenta, Torino
1979 Galleria Fred Lanzenberg, Bruxelles
1981 Galleria Santa Croce, Firenze
1981 Biennale di Scultura di Carrara
1982 Biennale di Venezia
1985 Galleria Karl Finker, Parigi
1985 Galleria Il Tempietto, Brindisi
1986-1987, Nimes, fontana in bronzo e marmo in collaborazione con Martial Raysse
1988 Galleria Documenta, Torino
1989-1994 Cinque sculture in bronzo per lo stadio “Roland Garros” di Parigi
1993 “Artisiti Italiani per l’Europa” al Museo di Metz
1993 “De Chirico e le conseguenze postmetafisiche” per Artcurial, Parigi
Nel 1993 è stato invitato a partecipare alla mostra “Artisiti Italiani per l’Europa”, realizzata dal Museo di Metz, e sempre nello stesso anno ha inoltre partecipato all’esposizione “De Chirico e le conseguenze postmetafisiche” organizzata a Parigi da Artcurial.1994 Galleria P.Brullè, Parigi
1994 Ha realizzato per la città di Lucca il Monumento di Giacomo Puccini
1995 Biennale di Venezia
1996 “La Forza dell’immagine” il realismo in Europa, Berlino
1996 “La pittura italiana dal 1960 al 1980”, Museo d’Arte Moderna di Osaka
1998 “Pittura come passione”, Palazzo dei Priori Volterra
1998 “Il tempo del Marmo e quello del Bronzo” Museo del Marmo di Carrara
1998 Willy Brandt Haus, Berlino
1998 Oraziana Palazzo Orsini Licenza Roma
1998 Neuchatel Hotel de Ville
1999 Ha partecipato alla Quadriennale di Roma
2003 Villa Bottini, Lucca
2004 Viene inaugurata a Gazoldo degli Ippoliti (MN) il ritratto bronzeo di Steno Marcegaglia.
Nel 2004 viene inaugurata la fontana monumentale “Il trionfo di Afrodite” nel centro storico di Massa e a Roma il Senato della Repubblica inaugura a Palazzo Madama i sei dipinti ad olio acquistati all’artista.
Nel settembre 2004 il presidente della Repubblica Ciampi ha inaugurato il monumento posizionato sulla Linea Gotica a Montignoso (MS).

Nel 2005 viene inaugurato dal sindaco Albertini, a Milano, il monumento a Indro Montanelli che si trova all’interno dei giardini di Via Palestro a Milano e contemporaneamente si teneva la mostra di dipinti al Palazzo dell’Arengario.
2005--“Ilmale”-Stupinigi –

2008 “Viva l’Italia” Perugia

A maggio 2013 viene inaugurata a Gazoldo degli Ippoliti (MN) il ritratto bronzeo di Steno Marcegaglia

Riportiamo alcuni stralci di articoli di famose testate giornalistiche.

Erano in tanti ieri ai giardini Montanelli ad inaugurare il monumento. C'era il sindaco Gabriele Albertini e il suo vice Riccardo De Corato con l'assessore alla Cultura Stefano Zecchi. C'erano i parenti, la nipote Letizia Moizzi, la compagna Marisa Rivolta. C'erano i vecchi e i nuovi amici. Il presidente della Fondazione Montanelli di Fucecchio, Alberto Malvolti, Mario Cervi, Paolo Occhipinti, Alain Elkann, Almerina Buzzati, Natalia Aspesi, Giorgio Forattini, Paolo Pillitteri, l'ex sindaco di Bologna, Giorgo Guazzaloca. Folto lo schieramento del «Corriere della Sera», rappresentato dal condirettore Paolo Ermini.

Tutti a rendere omaggio al più grande dei giornalisti. Legato a quei giardini da un invisibile filo del destino. Qui faceva la sue lunghe passeggiate prima di rientrare in redazione. Qui, a pochi metri dalla statua, fu gambizzato dai brigatisti. Da queste parti si era rifugiato nel giorno dello strappo dal «suo» Giornale, in attesa di fondare La Voce. Il sindaco Albertini ricorda una sua frase scolpita nella pietra. «Devo a Fucecchio quello che sono, devo a Milano quello che sono diventato». Lo invoca come «il patrono laico della nostra città».

Salvo uscire dalla retorica e dalle celebrazioni, mai amate da Montanelli, con una battuta: «Questa mattina Montanelli mi ha chiamato per dirmi "Gabriele hai fatto una bischerata". Ma so che mi perdonerà». Gli amici si sono emozionati nel vedere la scultura di Tongiani. Qualcuno è rimasto sorpreso dall'oro — nitrato di ferro — che la ricopre. «Ci tornerò da sola — ha detto Marisa Rivolta — per me è stata una grande emozione». «È un monumento che restituisce appieno la sua immagine» commenta Elkann. «Avrei preferito vederlo in piedi con il bastone in mano — conclude Giorgio Forattini —. Quando i brigatisti gli spararono Montanelli si aggrappò a queste inferriate che circondano i giardini per morire in piedi».

I BRONZI DI PARIGI

MASSA Una telefonata di Jean Lovera, architetto specializzato nel tennis, mi aveva dato la sorprendente notizia che cinque statue di grandi tennisti erano state commissionate dalla Federazione francese al vincitore di un concorso. Le quattro squadre dei Moschettieri, gli eroi che vinsero sei consecutive Coppe Davis dal 1927 al ' 32 avrebbero trovato posto in una piazzetta, ricavata tra i due campi centrali del Roland Garros. La quinta, la divina Suzanne Lenglen, sarebbe stata issata sopra la porta d' ingresso dello stadio a lei intitolata. Mi ero sopreso, e congratulato in cuor mio, che un presidente come Philippe Chatrier avesse trovato il coraggio, e i denari, per rinnovare un mito nato con i Giochi Olimpici nella Grecia antica. Me n'ero poi dimenticato, sinchè, ancora dalla Francia, un altro amico mi aveva comunicato che il vincitore del concorso era italiano, si chiamava Vito Tongiani. Come non lo conoscevo? Ma se era conosciutissimo, a Parigi! Sono andato allora da un amico gallerista, che mi ha squadernato una serie di cataloghi sorprendenti. Acquarelli che sembrano usciti dalla bisaccia di un viaggiatore settecentesco. Una modella che mi faceva pensare all' Eva di Masaccio, un'altra modella illuminata dallo stesso lampo della Tempesta. E poi due straordinarie sculture. Una immacolata donna di un vivissimo marmo intenta a specchiarsi, indifferente nell' offrire all' occhio dell' autore e del guardone due gambe memorabili: una sorta di monumentalità sensuale da far pensare a Donatello. E un coccodrillo di bronzo, vivo nell' accuratezza di dettagli maniacali, un lavoro accanatissimo di realtà riassemblata, qualcosa che avevo già visto: ma dove? E' a Nimes, sorrideva l'amico gallerista, e solo allora avrei collegato la foto al bronzo situato in una piazza, con le lacrime che escono ogni quattro minuti da occhi semichiusi e crudeli. Capivo in quella di non aver identificato il coccodrillo di Tongiani e quello di Nimes per uno scarto cronologico, per non aver mai immaginato che qualcuno, di questi tempi, potesse pensare a qualcosa di assolutamente rinascimentale. Mi venivano in mente le statue equestri del Gattamelata, del Colleoni. E mi veniva anche una gran paura circa i possibili esiti di un'impresa complessa, come quella di far rivivere i Moschettieri. Nei giardini di Wimbledon Esiste una sola scultura contemporanea di un grande tennista, Fred Perry, nei giardini di Wimbledon. E sarebbe francamente meglio che non ci fosse. Così telefonai a Vito Tongiani, e un bel vocione cordiale mi disse di affrettarmi, Jean Borotra era già stato fuso, mentre René Lacoste si apprestava ad esserlo. Lo scultore mi avrebbe atteso al casello dell'autostrada, all' uscita di Massa. Non fu difficile riconoscerlo, e non solo per la maglia rossoblu da rugby, preannunziata al telefono. Sotto il fittissimo barbone nero si nascondeva un viso incredibilmente attento, due occhi capaci di un'insolita attenzione, in questi bassi tempi di superficialità. Veniva sera, spruzzi di luce sfuggivano a una mareggiata di nubi grigie. Quando vuol vedere Borotra? domanda Tongiani e non si sorprende nel sentirmi rispondere subito. L' hangar dove ci fermiamo confina con una vigna. Tutt' intorno si leva un presidio di orribili manufatti cemeteriali. Il disagio per quei putti e madonne svanisce nell'istante in cui scorgo il corpo bronzeo del grande campione, rovesciato su una barella di legno, abbandonato tra cuscini di paglia. Aiutato da suo fratello, lo scultore gli passa intorno alla vita una cintura di cotone fissata ad un cavo, preme un pulsante e Borotra si alza, raddrizza, rimane a mezz' aria, gli occhi rivolti ad una palla invisibile, come abbacinati dal sole. Rimango a guardare, con attenzione divisa. Non sono certo un esperto d'arte, ma ho conosciuto il grande tennista, addirittura l'ho incontrato su un campo, ormai ultraquarantenne. Il Basque Bondissant è giusto raffigurato in volo, lo slancio verso l'alto parte dalla punta della scarpetta sinistra per spingersi fino all' ovale di una racchetta vuota, priva di corde, l'unico dettaglio dell'opera che non segua un minuzioso riscontro con la realtà. Guardo ancora, e mi accorgo che mi sbaglio, che la fedeltà al modello, una stupenda foto di uno smash è magistralmente alterata. L'intera statua non misura infatti meno di due metri. Gli scarpini sono più piccoli del vero per alleggerire la pesantezza di quei due quintali di bronzo. Il braccio destro, gonfio di muscoli, addirittura ipertrofico è più credibile che se fosse autentico. Su queste sapientissime varianti si accumula una infinita successione di dettagli minimi che seguo ammirato, fino a certe piegoline della flanella di un pantalone, una quasi invisibile cucitura dietro al collo della camicia, le zigrinature delle scarpette da erba, addirittura il numero, l'8 inglese. Indugio con la mano a carezzare lo splendente bronzo dorato, poi mi fermo, come se avessi commesso sacrilegio. Tongiani ride. Toccalo pure, va toccato afferma. Mi viene in mente che molte statue di divinità, o altri simboli religiosi, sono lievemente consunti, spesso lucidati dalle mani dei fedeli. Accadrà anche alla statua di Borotra, a quelle degli altri Moschettieri e dei Suzanne Lenglen? Potrà accadere, me lo auguro sorride Vito. Per questo ho voluto che le statue fossero a portata di mano, a misura d' uomo. Insieme a suo fratello Silvio, mi mostra la pianta del luogo di culto, la piazzetta tra i due stadi. Intorno a noi sono già imballati nella taglia i grigi marmi semicircolari, che faranno corona ai Quattro Moschettieri: Henri Cochet sarà pronto nel 1990, Totò Brugnon sarà terminato nel ' 91. Tongiani mi racconta le molte difficoltà incontrate dal giorno in cui i suoi bozzetti riuscirono a superare quelli di altri, e di un ultimo testa a testa con un artista francese. Continua dicendo che fin dall’inizio del lavoro aveva preso la risoluzione di non incontrare personalmente i vecchissimi Borotra e Lacoste. Un percorso difficile. Avrei dovuto compiere un difficilissimo percorso all'indietro, avrei rischiato la biografia, invece di una verità poetica. Non si deve pensare, tuttavia, ad una semplice interpretazione di quel che fu il grande Borotra. In un armadietto dello studio di Tongiani sono appesi infatti il mitico basco blu, i lunghi calzoni di flanella, la camicia, è accuratamente riposta la racchetta del campione. E, fianco ai cartoni di prova, al modellino in gesso, e ad uno in bronzo, sono appuntate decine di fotografie originali del Basque Bondissant. Mentre mi parla, Vito indugia a passare una mano sul dorso della statua, la carezza e insieme ripulisce di qualche macchiolina di polvere di marmo. D'un tratto manda un grido, quasi un ruggito. Guarda, guarda ripete a me e al fratello. Qui manca, non l'hanno fatto, quei banditi, aveva ragione Caravaggio! Come qualcuno sa, Caravaggio uccise con una coltellata Ranuccio Tommasoni, per una lite seguita ad un match di Gioco di Rachetta, al Muro Torto di Roma. Ma cos'hanno dunque fatto di male, i banditi della fonderia, per sollevare tanto furore? Sotto la cintura di Borotra le dita sensibilissime dello scultore hanno trovato un appiattimento dove doveva esserci una piegolina. Senti, senti! Seguita a ripetere, e mi fa toccare, incredulo che io non riesca a indignarmi come lui. Lo rifaranno, oh se lo rifaranno! Ripete. Nonostante il giorno seguente sia domenica, Vito riuscirà a far aprire la fonderia, a farsi promettere che quella minima imperfezione sarà eliminata. Totalmente rabbonito dal proprietario Giovanni Tesconi vedi caso, un tennista, Vito indugia a mostrare i pezzi di Lacoste, già ricoperti di cera. Per quanto posso vedere, il famoso Crocodile, fissato nel suo infallibile rovescio, lo sguardo di orientale impassibilità sotto l'ala del berretto, è non meno sublime di Borotra. Resterà anche lui nei secoli, Reneé Lacoste, finchè esisterà il tennis. O forse anche oltre.

La statua realizzata dall'artista VITO TONGIANI é stata scoperta dal sindaco Gabriele Albertini nel parco pubblico di via Palestro Milano.

Ieri avrebbe compiuto 97 anni. Ieri, Milano gli ha voluto dedicare una statua nei suoi giardini di via Palestro. Indro Montanelli é diventato un monumento dorato per mano dello scultore Vito Tiongiani. Accoccolato su una pila di giornali, il cappotto con il bavero rialzato, la lettera 24 sulle gambe da fenicottero, l'indice puntato sulla macchina da scrivere. La storica foto di Indro Montanelli al lavoro nei corridoi del "Corriere della sera" si é trasformata  in un bronzo. Con una sola differenza: il cappello é stato posto di lato per permettere di intercettare lo sguardo del giornalista: guarda ciò che sta scrivendo ma guarda anche al suo unico "padrone" riconosciuto in vita, il lettore.


Erano in tanti ieri ai giardini Montanelli ad inaugurare il monumento. C'era il sindaco Gabriele Albertini e il suo vice Riccardo De Corato con l'assessore alla Cultura Stefano Zecchi. C'erano i parenti, la nipote Letizia Moizzi, la compagna Marisa Rivolta. C'erano i vecchi e i nuovi amici. Il presidente della Fondazione Montanelli di Fucecchio, Alberto Malvolti, Mario Cervi, Paolo Occhipinti, Alain Elkann, Almerina Buzzati, Natalia Aspesi, Giorgio Forattini, Paolo Pillitteri, l'ex sindaco di Bologna, Giorgo Guazzaloca. Folto lo schieramento del «Corriere della Sera», rappresentato dal condirettore Paolo Ermini.

Tutti a rendere omaggio al più grande dei giornalisti. Legato a quei giardini da un invisibile filo del destino. Qui faceva le sue lunghe passeggiate prima di rientrare in redazione. Qui, a pochi metri dalla statua, fu gambizzato dai brigatisti. Da queste parti si era rifugiato nel giorno dello strappo dal «suo» Giornale, in attesa di fondare La Voce. Il sindaco Albertini ricorda una sua frase scolpita nella pietra. «Devo a Fucecchio quello che sono, devo a Milano quello che sono diventato». Lo invoca come «il patrono laico della nostra città».

Salvo uscire dalla retorica e dalle celebrazioni, mai amate da Montanelli, con una battuta: «Questa mattina Montanelli mi ha chiamato per dirmi "Gabriele hai fatto una bischerata". Ma so che mi perdonerà». Gli amici si sono emozionati nel vedere la scultura di Tongiani. Qualcuno è rimasto sorpreso dall'oro — nitrato di ferro — che la ricopre. «Ci tornerò da sola — ha detto Marisa Rivolta — per me è stata una grande emozione». «È un monumento che restituisce appieno la sua immagine» commenta Elkann. «Avrei preferito vederlo in piedi con il bastone in mano — conclude Giorgio Forattini — Quando i brigatisti gli spararono Montanelli si aggrappò a queste inferriate che circondano i giardini per morire in piedi».

IL TIRRENO - LIVORNO

Vito Tongiani, lo scultore amato dagli Agnelli «Ma non chiamatemi artista dei vip». Le sue opere alla Vinaccia


CARRARA. E' opera sua, di Vito Tongiani, il grande bassorilievo che sovrasta la camera da letto di Umberto Agnelli: un «ciclopico» lavoro in gesso che rappresenta i due emisferi terrestri, australe e boreale, e le costellazioni. La nipote dell'avvocato più famoso d'Italia, Valentina Nasi, ha voluto nella sua bellissima casa di Milano, progettata dall'architetto Tony Cordero, un camino in bronzo di oltre tre metri, dove viene raffigurato un gioco fra le Nereidi e i Tritoni. Infine, una nobildonna lucchese, ha scelto questo artista di origine massese, il 61enne Vito Tongiani, per un lavoro originale e bellissimo: il bagno della sua villa, un'enorme stanza di cinque metri per sette, è stato completamente affrescato a tempera con i ricordi di un viaggio in India. Un opera durata oltre nove mesi. Queste sono soltanto alcune delle creazioni di uno degli artisti più famosi del panorama italiano che si è conquistato un posto d'onore nel cuore e nei gusti dei personaggi più in vista dell'alta società. Ma Tongiani (che fino al 27 agosto espone cinque suoi dipinti nell'entoeca «La vinaccia», nel cuore di Carrara davanti a palazzo Caselli) non accetta la definzione di artista amato dai vip. «NLn la condivido per nulla, preferisco parlare del mio lavoro e dell'autenticità di uno dei luoghi in cui da qualche anno a questa passo sei mesi l'anno: il Marocco - dichiara Tongiani - Mi piace la voglia di vivere di questo paese, e i colori, il calore che vi si respira. E' un mondo più vicino alla poesia». Tongiani, che è nipote dello scultore Gigi Guadagnucci (per il quale ultimamente ha dipinto un bellissimo ritratto) è conosciuto ed apprezzato oltre che nelle vesti di pittore anche in quelle di scultore. Sono suoi i cinque ritratti in bronzo davanti allo stadio del tennis di Parigi, il Roland Garros. Nella piazza centrale della città di Nimes, nel Sud della Francia, troneggia la sua fontana in bronzo con il coccodrillo incatentato, simbolo del paese.

Alessandra Vivoli 23 agosto 2002 sez.

Da questa modesta RAMPA DI LANCIO che è MARE NOSTRUM - RAPALLO, spero possano giungere a VITO tanti ricordi di Rapallo e dei tanti AMICI che non lo hanno dimenticato!

OPERE DI VITO TONGIANI

 

SELEZIONE

Il Trionfo di Afrodite - Fiontana nella Piazza del Mercato - Massa

Pescherecci in porto

Ilaria che legge

Seguono le foto della Statua di Indro Montanelli - Milano

 

 

"Malgrado tutto il futuro sarà nostro"

Volto di ragazza

I BRONZI DI PARIGI

Scultura - Tennista Lacoste, uno dei quattro mousquetaires

Roland Garros - Parigi

Tennista Brugnon - altro mousquetaire - Roland Garros

Parigi


Tennista Cochet - Roland Garros - Parigi

Tennista Borotra - Roland Garros - Parigi

Ritorno dal fiume

Due dipinti

Monumento a Giacomo Puccini - Lucca

In Blu

"E' tornata la Primavera"

Le due ragazze

Pentesilea morente - Senato della Repubblica

ROMA


La Conversazione

Maria Scassa con Pepe

... gironzolando tra le opere nel suo studio Studio...

 

CARLO GATTI

Martedì 9 Maggio 2017

 


RICORDO DI CLAUDIO MOLFINO

RICORDO DI CLAUDIO MOLFINO

Socio fondatore di Mare Nostrum è mancato prematuramente il 4 maggio 2017 all’età di 58 anni.

“Persona tanto buona e brava quanto modesta” – Così definirei Claudio, che non voleva apparire, ma lavorava tanto e bene dietro le quinte. Egli era molto ironico e come tutte le persone intelligenti era anche allegro e sempre di buon umore.

Claudio amava definirsi un appassionato d’arte, ma i suoi scritti sul mensile IL MARE rivelarono ben presto una vasta cultura da vero esperto e critico d’arte; grande era l’amore che esprimeva con la divulgazione delle opere pittoriche e scultoree delle nostre chiese e persino nelle pievi più nascoste della nostra regione.

Nel tempo Claudio ha trasferito il suo talento artistico anche nel settore grafico e nella creazione di opere legate al settore della pubblicità e degli Eventi Culturali, quali Mostre, Rassegne Musicali e Teatrali, Convegni.  Egli era membro del FAI e di lui si ricordano le eccezionali mostre allestite e curate non solo nell’Abbazia di San Fruttuoso di Camogli con i suoi affezionatissimi compagni di lavoro: Sandro Bonati, Cristina König e Luciana Sudano della Omnia Service.

Claudio, oltre che essere uno dei soci fondatori, è anche il creatore del logo dell’Associazione “Mare Nostrum”; sua è la firma delle innumerevoli Mostre che l’Associazione ha tenuto nel Castello cinquecentesco di Rapallo da almeno 20 anni a questa parte. Eccellente fotografo professionista, Claudio cercò in ogni occasione di celebrare le nozze tra l’arte e il mare, tra gli uomini di mare e le navi.

Claudio, anche quando non poteva esporre la sua solita mostra per lavori in corso o per inagibilità del suo locale, amava talmente la mostra di Mare Nostrum che la viveva in nostra compagnia dalla apertura sino alla chiusura del cancello, seduto accanto a noi e rinunciando ai suoi numerosi impegni quotidiani. Egli era attratto dalle avventure e vicissitudini degli uomini di mare, da noi raccontate in innumerevoli conferenze, esperienze che lui voleva rivivere attraverso i nostri volti e le nostre parole.

Nel suo animo, Claudio aveva molte “incrostazioni di salino” e si sentiva intimamente un uomo di mare, uno di noi.

Cicerone diceva che “la vita dei morti sta nella memoria dei vivi”. Ebbene, caro Claudio, Tu ci hai lasciato increduli ad affrontare un enorme vuoto, ma abbiamo la certezza che rimarrai sempre nella nostra mente e nei nostri cuori!

Carlo GATTI

Mare Nostrum-Rapallo

5 Maggio 2017

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