NOTE STONATE SULL’OCEANO - 1962 Il vero giustiziere della notte

NOTE STONATE SULL’OCEANO ...

1962

Il vero giustiziere della notte

 

LE GEMELLE "VULCANIA" E "SATURNIA" A GENOVA

 

La traversata oceanica Gibilterra-New York a bordo dell’iconica SATURNIA - Gemella della  VULCANIA inizia cullandosi nella bonaccia. La luna è una enorme lanterna magica che illumina la nostra rotta.

Il mio capoguardia Vittorio, passate le consegne agli Ufficiali della notte fonda (24h-04h), decide di fare un’ispezione sui ponti alti simulando il gesto di farci un whisky nel Bar di 1a classe.

Dentro di noi prevale il senso di gratitudine verso gli dei del mare per averci donato un placido notturno in cui ogni marinaio dimentica i colpi di mare ricevuti sul muso lungo quella rotta piuttosto infida, anche nei mesi considerati i migliori dalle statistiche.

 

Attratti dalle note dell’orchestra di bordo mentre abbassa la saracinesca sul sesto giorno di navigazione, entriamo facendoci largo tra le luci soffuse del fascinoso Salone delle Feste intriso di sapore orientale, un azzardo di paradiso tra i più celebrati nel mondo internazionale dei Liners.

 

Quel sano senso di orgoglio nazionale che ci prende ogni volta che varchiamo il supremo Santuario della bellezza, dura fino a quando veniamo rapiti, a causa delle le nostre divise, da un folto gruppo di turisti americani che sventolano le insegne del Nebraska.

Alcuni di loro gesticolano con vigore invitandoci a far parte del loro gruppo che ci sembra vistosamente avvinghiato alle membra di Bacco...

Il semplice popolo di vaccari che si para davanti ai nostri occhi ondeggia, sbanda, barcolla e si regge in piedi aggrappandosi l’un l’altro per non cadere e ferirsi su quei pregiati tappeti persiani sui quali ogni notte incombe una grigia nuvola di vetri frantumati: bicchieri da Museo colmi di Burbon e ghiaccio... destinati a ferire anche gli abissi dell’oceano.

Visto l’ambiente fortemente alterato, vorrei scappare..., ma l’esperto Vittorio sa come gestire certe situazioni sentendosi per altro sempre in servizio di guardia permanente!

 

Mi piego visibilmente contrariato sulla tastiera del pianoforte a coda (in alto nella foto sopra) assumendo l’atteggiamento di sfida all’OK-CORRAL che non passa inosservato agli stralunati americani che intendono qualcos’altro: forse sperano nel secondo tempo di un notturno musicale, un fuori programma da vivere alla grande.

Urlano come i coyote delle vaste pianure del Nebraska battendo ritmicamente le mani per invitarmi a suonare al pianoforte una qualsiasi canzone che possa allungare il sogno e la magia di quella notte.

Incrocio lo sguardo di Vittorio, lo vedo teso e rifletto: “in questo strano frangente, il più alto in grado è lui, quindi rappresenta il padrone di casa: la Compagnia di Navigazione.

La decisione di sgomberare il Salone delle Feste col supporto forzuto dei pompieri e dei marò-capi stiva, potrebbe avere una coda di cattiva propaganda in quel mondo di fantasia.

Vittorio ha molta esperienza e presto trova una soluzione che mi convince:

“La compagnia del Nebraska si comporta in modo più pazzerello che pericoloso. Sono pur sempre clienti di 1° classe, diamogli un’altra chance!”

Il mio superiore s’avvicina al pianoforte, mi mette una mano sulla spalla e sbotta in un laconico:

                      “E mo’ sono c... tuoi”

Per farmi coraggio respiro profondamente e scarico sui tasti dell’incredulo pianoforte le dieci dita a ritmo infernale con la sfacciataggine di un ventenne che ha deciso d’inviare un clamoroso VAFFA al Nebraska e a tutto il mondo insensibile all’arte e alle cose belle di cui noi siamo ambasciatori, e in quel momento anche protettori.

 

A questo punto il lettore si farà un po' di domande! Prendo ancora un po’ di fiato e procedo umilmente verso una doverosa confessione:

- suono discretamente l’armonica a bocca, ma solo a orecchio.

- non so leggere uno spartito musicale

- sono privo delle più elementari nozioni del pentagramma

 

Provo quindi un senso di vergogna! Ma ormai sono in ballo e ....

Tuttavia l’effetto scenico che segue è straordinario: gli americani, inzuppati totalmente di Burbon, da vicino profumano anche di stalle del Nebraska, un effluvio che mi è rimasto a lungo nel naso.

Brutalmente i cowboys s’ammucchiano come giocatori di football americano intorno al pianoforte per toccarmi e applaudirmi. Alcuni di loro, convinti d’aver scoperto un pianista Jazz dallo stile innovativo e affascinante, mi invitano ad esibirmi a casa loro negli USA.

 

In quella imbarazzante situazione in cui mi vengo a trovare, mi soccorre il ricordo del mitico Adriano Celentano quando si scatenava con movenze da contorsionista in un celebre film "Yuppi Do" in cui recita il ruolo di pianista eccentrico e sperimentale  con sequenze oniriche e surreali, una pellicola unica nel suo genere, spesso definita folle e geniale allo stesso tempo.

Provo ad imitarlo agitandomi abbondantemente e raggiungo subito l’apice del gradimento.

Alcuni di loro, i meno impegnati in quell’assurdo baccanale, durante una fase di apnea, mi chiedono, taccuino alla mano, i nomi dei brani da me suonati non sapendo che questo è il mio campo preferito...!

Faccio uno sforzo di fantasia e sciorino un’improbabile lista di brani legata al mio territorio:

L’elenco di puttanate è lungo, ma vi concedo soltanto l’inizio...

- CONSCENTI LA NUIT...

- A SUMMER AT MOCONESI...

- WALKING IN THE "NESCI" GULF

- DANCING A NIGHT AT PENTEMA

- LA MONA (anzichè ) RAMONA

 

Con gli occhi sgranati dalla curiosità, mi giro a dritta e a babordo per godermi quell’incredibile presa per il culo... che va in onda con estrema naturalezza, complici l’estasiate “damine del Nebraska” che si trovano immerse in quell’indimenticabile concerto sull’oceano cullando il sogno della vita da deporre nello scrigno segreto di famiglia: un diario destinato ai posteri nel regno delle vacche del Nebraska.

Nel frattempo l’esibizione prosegue con lo sfinimento progressivo degli ospiti che si trasformano in vacui fantasmi che si agitano sempre meno, senza fare rumore.

Il livello di Burbon nelle loro cisterne ha raggiunto il massimo livello concesso dal loro piano di costruzione...

 

L’astuto Sommo Sacerdote che ha celebrato lo spettacolo non è ovviamente Nettuno, neppure Eolo, il folletto di quella scoppiettante offesa alla musica si chiama Zagallo, l’unico barman che non soffre il sonno, una specie di gnomo incosciente e bastardello che vive ormai nella ricchezza...avendo capito che il mondo del mare e quello di terra convivono nell’eterna collisione esistenziale:

“Vivere per lavorare O lavorare per vivere”

Ripete spesso:

Chi ti manda a navigare è l’unico soggetto che passa sempre all’incasso...!”  E spiega: “Allora quando navigo mi rifaccio... Attuo la mia vendetta vendendo acqua ghiacciata con poche gocce di Burbon fino alla resa dello sfidante che perde sempre per KO tecnico”.

E conclude il suo vanto: “Non importa chi sia il cliente, ma so che mi ama perché ritorna sempre da chi lo tiene in piedi e qualche volta lo porta sulle spalle in cuccetta.

 

Il mondo è dei furbi... gli altri brucano come umili capre erranti sugli altipiani del monte Fasce alle spalle della Superba”!

Gli accompagnatori del gruppo, ossia i capi-allevatori del Nebraska, non sono appassionati di Jazz e per tempo hanno infilato l’alveo della propria stalla pensando da sbronzi nell’unico modo che conoscono:

Negli ampi spazi di mare intorno alla nave, ci sono sempre mandrie da pascolare all’alba”!

Ne godono le “Damine del Nebraska” che si sentono finalmente incustodite... e si lasciano andare a movenze lente e aritmiche facendo saltellare le “antiche grazie” su un davanzale sgargiante color arcobaleno, ma ormai in disarmo inoltrato.

 

             Sullo sfondo le "carrette dimenticate"

A pensarci bene sono tutte al guinzaglio da almeno 20/30 anni e mi ricordano le “carrette dimenticate” che, ormeggiate di punta sulla diga Duca di Galliera del porto di Genova, si stirano avanti e indietro nella risacca forzata dalle navi in entrata e in uscita, per farsi meglio notare da possibili acquirenti.

 

In effetti, la somiglianza tra i due contesti esiste:

- le ballerine del Nebraska e le navi in disarmo sprigionano la stessa triste speranza di risorgere vergini all’improvviso da una magica conchiglia di mare come la Venere del Botticelli.

 

 

A tal proposito e senza cattiveria ci soccorre un detto genovese:

LA BELLA DI TORRIGLIA – Tutti la vogliono e nessuno la piglia!

 

Il baccano che esce sordo e fastidioso dal Salone di 1° classe  fa eco allo sbuffanti stantuffi della Sala Macchina che salgono potenti dalla vicina ciminiera del transatlantico: un muggito vaccino che ricorda le vaste pianure del Nebraska inebriate di creature a quattro zampe lente e pesanti, odori forti di fieno e  stallatico!

 

Giunti ormai alle ore piccole della notte fonda, quel poco di cervello che si è salvato dal Burbon   annacquato sapientemente da Zagallo, il barman del “mare a fuera”, dà alle “damine del Nebraska” la speranza d’irretire qualche giovane “besugo” che si è perso come loro nel buio di una notte ruffiana tra le romantiche cineserie e arazzi preziosi di una nave precipitata nel ruolo di grande puttana.

 

Nel mondo femminile di quel gruppo ormai disinibito e pronto a tutto, si scorgono lunghe e ampie gonne issate a riva con rara destrezza che invitano a prendere il largo. Ricordano le vele a pallone che guarda caso portano GENOA come nome.

 

Soltanto chi sogna vede possibili amanti nella notte in cerca d’amore!

E’ tardi, le damine indugiano ancora per poco sugli ultimi impavidi saltelli prima di cadere in una arrendevole e sconcia ammucchiata tra le braccia di Morfeo:

“Il vero giustiziere della notte”

 

Buona notte a tutti !

Fine

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, lunedì 21 luglio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL POLPO DI RAPALLO CE LO SIAMO IMMAGINATI?

 

Il Polpo di Rapallo ce lo siamo immaginati?

 

Mi venne in mente di scrivere questo articolo a Pasqua, nel ronzìo di quel traffico che ancora mi gorgoglia in testa; fuori dalla finestra, si spianavano cofani fino al tappo di Via Rosselli, e tutt’intorno si intasava. Dall’autostrada scendevano dritti fiumi di automobili, e le persiane delle seconde case, chiuse da ottobre, sbocciavano per il primo tepore di maggio, puntualissime. è la stagione dei mugugni, che arrivano a nugoli con l’afa.

Adesso è giugno, e la viabilità è di nuovo chiamata ad affrontare le sfide del turismo, e quelle dei cantieri, che si moltiplicano come funghi infiniti in tutti gli sbocchi: a me viene il dubbio che in tutti questi lavori non ci sia nulla di transitorio, ma che essi stessi siano oggetto definitivo della nostra conformazione cittadina. E mi viene proprio in mente guardando Via Rosselli, che poche settimane fa, goffamente si è tappata e stappata due volte, perché i lavori (non conformi al progetto iniziale) hanno necessitato di altri settantamila euro per venir realizzati. E quindi noi Rapallini siamo nel traffico a guardarci negli occhi, ed insultarci fra di noi, anche se pregni d’un nervosismo che proliferando collettivamente davanti a murate di turisti e transenne, diventa quasi gregario; ma contro chi? Forse alla fine vincerà la pigrizia di quei cantieri e le loro proroghe esauste; ricordo di quasi tutte le volte in cui provarono a dare una data al ritorno della fontana del Polpo alla rotonda davanti al Castello, che balzava di anno in anno, sino a farmi passare la voglia d’interessarmene. “Il polpo di Rapallo” (riportato in foto) è una statua in bronzo che risale al 1954, per la mano di Italo Primi

 

Foto TRIPADVISOR

La scultura, caricatasi della responsabilità di simbolo cittadino, è sparita ed il ricordo in cui ingombrava la rotonda pare ormai quasi un miraggio allucinato; sono passati otto anni. In tanto tempo scoprii il famoso dilemma di Schrodiger, in cui un gatto, chiuso dentro una scatola, diventa dopo poco tempo potenzialmente vivo quanto morto. Mi ricorda un po’ il polpo della rotonda; rimane da chiedersi come nel famoso dilemma fisico, questo polpo, è o non è? Esiste, non esiste o è tutta teoria? È nei magazzini comunali?

Perché poi girò anche quella voce, condita di foto e testimonianze; il polpo sin dallo scorso 2024 è nei magazzini comunali. Eppure, stando al Secolo XIX, nell’ottobre 2019 è addirittura andato a cercare il restauro in un laboratorio bolognese, dove le spese hanno raggiunto l’ammontare di trentamila euro, e la stampa aveva già perso l’ottimismo con cui il GenovaToday, a maggio 2017, riferiva di “un’estate senza il polpo”; Rapallo aspetta l’ottava estate senza polpo, e io ho impressione che non me lo vogliano far scoprire bloccando tutte le strade per arrivarci; ormai, il simbolo cittadino, è il cantiere stesso. E poi cos’è e dov’è nato questo antico culto dei cantieri? Pochi giorni fa ritrovai quella rotonda nuovamente recintata di reticolati grigi, a spezzare il passaggio delle corriere per Via Milite Ignoto, e con quella ritrovai la mia idea pasquale di scrivere questo articolo; un’ispirazione suggeritami da quegli autobus, costretti nuovamente ad ingombrare la passeggiata mare, e ad isolare la fermata principale davanti alla stazione. Adesso lì staziona un nuovo mucchio di cartelli a schermare il passaggio, dopo mesi che quella rotonda, (anch’essa Schrodigeriana) era aperta, ed anni che intermitte quei cantieri. Delle volte ha coperto il fiume, ed altre ha lasciato il suolo spalancare la bocca di cemento e acqua del San Francesco. Tutto intrattenimento d’ammirare attraverso i reticolati, quello sgorgare di fango e polvere, sotto la strada spaccata, e dove cavi e tubi rimanevano strappate al pari di erbacce. Proprio lì alle radici di Rapallo, alla base di tutto, si nasconde la profondissima coerenza d’una soprintendenza che in realtà non si è mai contraddetta e a cui quando viene posta una domanda sul polpo, risponde fedele a sé stessa nel 2017, con le medesime parole – Dopo l’estate -.

 

Leonardo D’ESTE

Rapallo, Lunedì 30 Giugno 2025

 

 

Dello stesso autore (Classe 2006)

- SALE MAGNETICO 

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Rapallo, 24 Novembre 2023

 

- LE CARTOLINE DI LEO

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Rapallo, 17 Dicembre 2020

 

 

- MARY CELESTE - Un Mistero Mai Svelato

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Rapallo, 9 settembre 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


NOLI - GROTTA DEI FALSARI

 

NOLI - GROTTA DEI FALSARI

Escursioni nella Storia...

 Si narra che la Grotta dei Falsari, fosse la sede dei traffici di contrabbandieri che in tempi passati tenevano nascosta  la propria merce in quel "buco" nella roccia. Di qui, la nascita del nome.

 

 

La Grotta dei Falsari, nota anche come Grotta dei Briganti o Antro dei Falsari, si trova tra Noli e Varigotti, lungo la “Passeggiata Dantesca” e il “Sentiero del Pellegrino, ed è una delle più belle escursioni del Ponente Ligure. Si tratta di un percorso che sale dolcemente, con lieve dislivello che regala panorami mozzafiato sulla costa Ligure, alternando il verde della macchia mediterranea e il blu zaffiro del mare. L’origine della Grotta dei Falsari è dovuta ad una lenta e costante azione erosiva esercitata dal mare milioni d’anni fa, quando le terre oggi emerse si trovavano al di sotto del livello del mare.

 

NOLI

NOLI - L’Antro o Grotta dei Falsari o dei Briganti è una spettacolare “finestra sul mare” di Capo Noli.

La Grotta dei Falsari a Noli, oltre ad essere nota per la sua bellezza naturale, è legata ad una storia di pirateria ed altre attività illegali che erano protette dalla natura impervia e difficile da raggiungere.  Si narra quindi che fosse un luogo di incontro e deposito per i contrabbandieri che la usavano per nascondere la loro merce. La grotta, conosciuta anche come "Grotta dei Briganti", testimonia questo passato, rendendola un luogo affascinante in cui si respira aria di mistero che attraversa secoli di storia ancora da raccontare...

Qui decise di fare anche il suo “eremo” il famoso Capitano “lupo di mare” Enrico Alberto d’Albertis: una bella casa in stile coloniale a forma di cabina di nave con l’albero per l’alzabandiera, piante esotiche, voliera di uccelli rari…) ed oggi è uno dei Luoghi abbandonati in una delle posizioni più belle di tutta la Liguria…(foto sotto).

 

Genova - Castello D'Albertis

Museo delle Culture del Mondo

 

Genova

D’ALBERTIS – Marinaio gentiluomo

 https://www.museidigenova.it/it/castello-dalbertis-museo-delle-culture-del-mondo

 

 

Sentiero del Pellegrino:  Chiesa di San Lorenzo Medievale. Della primitiva struttura altomediovale sopravvivono frammenti di età bizantina murati nelle pareti. Una parte molto antica, forse di età preromana, è costituita dall'abside quadrata con monofore di mattoni ad arco ribassato. Il fronte verso il mare, con le due porte principali a sesto acuto è di epoca gotica.

Torre delle streghe

Eretta nel 1582 come torretta di guardia per arginare gli sconfinamenti di Varigotti nei territori di Noli, fedele a Genova. Varigotti protestò con gli spagnoli chiedendone la demolizione che non fu eseguita. In seguito la torre prese il nome di "Torre delle streghe" come scherno nei confronti delle donne di Varigotti.

 

Sentiero del Pellegrino: Varigotti - Monte di Capo Noli (Semaforo) - Grotta dei Briganti (Antro dei Falsari) - Noli

 

Il sentiero che porta alla Grotta si snoda  pure lungo una delle Vie della Fede dei Pellegrini in Liguria sul quale si trovano alcune chiese dalle quali si hanno spettacolari scorci panoramici sulla costa.

Nella filosofia greca la grotta è considerata come metafora del mondo materiale. Nel “mito della caverna”, Platone la identifica come il mondo dell'ignoranza, in cui le anime degli uomini sono imprigionate e percepiscono la luce riflessa di una realtà raggiungibile solo attraverso la mente e lo spirito.

L'origine della Grotta dei Falsari è dovuta ad una lenta e costante azione erosiva esercitata dal mare milioni d'anni fa, quando le terre oggi emerse si trovavano al di sotto del livello del mare. Il panorama è da togliere il fiato.

 

 Il mare dell'ammiraglio Nelson 

NOLI, in Liguria, è storicamente collegata all'ammiraglio inglese Horatio Nelson grazie alla battaglia di Capo Noli, combattuta nel 1795. Questa battaglia segnò la prima vittoria navale di Nelson, e un tesoro recuperato recentemente potrebbe essere collegato a una delle navi francesi sconfitte.

 

 

La fin du Ca-Ira, par Pierre Villié, directeur de fouille

 

Possiamo anche qui ricordare che La battaglia di Capo Noli fu uno scontro navale combattuto nel 1795 al largo della costa di Noli, tra le navi da guerra francesi comandate dall'ammiraglio Pierre Martin e le navi da guerra britanniche e napoletane comandate dal contrammiraglio William Hotham. La battaglia si concluse con la vittoria degli anglo-napoletani sui francesi. Le navi francesi Ça Ira e Censeur furono catturate dai britannici, la nave britannica Illustrious fu gravemente danneggiata e distrutta dopo la battaglia.

Il mare dell'ammiraglio Nelson: Capo Noli e la Grotta dei Falsari, escursione panoramica.

 

Malpasso, falesia a picco sul mare

Questo è l'orizzonte ricorrente che contraddistingue per tutta la giornata la vista lungo il Sentiero del Pellegrino, splendido itinerario che sale verso le alte pareti calcaree del Malpasso. Dopo la visita del singolare borgo saraceno di Varigotti, si guadagna quota verso Punta Crena e la Chiesa di San Lorenzo, appartenuta all’ordine benedettino.

Questo gioiellino ha un'abside con lunghe monofore dell’VIII secolo; la sacrestia e il piccolo campanile a vela risalgono invece al periodo compreso tra il XII e il XIV secolo.

 

IL MAUSOLEO CERISOLA

Ritornati sul sentiero principale, si incontra il Mausoleo Cerisola, dove il mare è il tema ricorrente di curiose decorazioni.

 

Sul sentiero del Pellegrino, poco prima di giungere a Varigotti, si costeggia un muretto colorato, con salvagenti, scritte e ritagli di giornali, in italiano e in inglese: il Mausoleo Cerisola.
Giuseppe Cerisola, detto Beppino, nacque a Varigotti nel 1914. Imbarcato  a Singapore, fu fatto prigioniero dagli Inglesi nella Seconda Guerra Mondiale e fu trasportato in Australia nei campi di lavoro. 

Terminata la guerra, rientrò a Varigotti ma, scoprendo l’amata fidanzata sposata con figli, tornò nel continente australiano dove rimase per trent’anni.

 

Cerisola o il Carnera

Amante del mare e provetto nuotatore, salvò molte persone dal mare in burrasca, tanto che gli valse il soprannome di Uomo dei Sette mari, inoltre per questa sua abilità e coraggio ricevette una medaglia d’oro a Noli nel 1976.

Fu soprannominato Carnera invece per la sua prestanza fisica.

Giunta l’epoca della pensione, ritornò a Varigotti stabilendosi dalla madre.

Di carattere cupo, ombroso, coltivò le sue passioni. Il mare, innanzitutto, nuotando fino alla fine e sempre a scrutare tra le onde alte se c’era qualche nuotatore incauto in difficoltà, e l’orto.

Una seconda breve deviazione consente di ammirare dall'alto la spiaggia della poderosa colonna calcarea del Malpasso, alta più di 250 metri, su quel mare dove un tempo si trovava il porto naturale di Varigotti, interrato dai genovesi ai tempi delle lotte con i marchesi Del Carretto.

Superata la torretta genovese del 1582 si raggiunge un altro suggestivo scorcio sul mare.

Tappe successive sono la protoromanica chiesetta di Santa Margherita, una delle più antiche della Liguria (sec. X-XI), alla quale era annesso un ospizio dove i monaci Lerinensi offrivano rifugio e conforto a pellegrini e viandanti.

 

Altro elemento architettonico di rilievo, seppure caduto in rovina, è San Lazzaro e l'annesso lazzaretto, fondato nel XII secolo dai Cavalieri di Rodi (Foto sopra). Qui venivano curati i naviganti appestati di ritorno dagli scali di Levante (dalla fine del 1600 venivano messi in quarantena nel castello Ursino). Nella tappa finale del nostro itinerario escursionistico lo spazio è concesso solo alla storia: Noli ricorda il profilo glorioso della V Repubblica Marinara.

 

 

NOLI 

REPUBBLICA MARINARA DAL 1192 AL 1797

https://www.marenostrumrapallo.it/noli/


Carlo GATTI Rapallo, 4 Dicembre 2014

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Mercoledì 11 Giugno 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


GIORNATA MONDIALE DEGLI OCEANI 2025

 

GIORNATA MONDIALE DEGLI OCEANI 2025

 

Introduzione di Carlo Gatti

 "L'8 Giugno celebriamo la Giornata Mondiale degli Oceani, un evento cruciale per ricordare l'importanza vitale degli oceani per l'umanità e il pianeta.  Gli oceani, veri e propri polmoni blu del nostro pianeta, producono il 50% dell'ossigeno che respiriamo, regolano il clima e ospitano una biodiversità straordinaria. 

Tuttavia, sono sottoposti a una crescente pressione antropica: inquinamento da plastica, surriscaldamento, acidificazione delle acque e perdita di biodiversità minacciano seriamente questo ecosistema fondamentale.  

La Giornata Mondiale degli Oceani ci ricorda l'urgenza di agire per proteggere gli oceani, non solo per la loro intrinseca bellezza, ma per la nostra stessa sopravvivenza. 

Il loro valore economico è immenso – dal turismo alla pesca, all'assorbimento di CO2 – ma è a rischio.  Dobbiamo promuovere politiche di gestione sostenibile delle risorse marine e contrastare gli impatti negativi dell'attività umana, per garantire un futuro sano per gli oceani e per le generazioni a venire."

Riteniamo che l’argomento “OCEANI” sia troppo importante per essere sottovalutato o addirittura ignorato. Questo è il motivo per cui riportiamo interamente il testo ufficiale che è stato diffuso in tutto il mondo!

 

Giornata Mondiale degli Oceani 2025: il valore del mare tra ambiente, economia e futuro. La Giornata Mondiale degli Oceani si celebra l'8 giugno.

 

LA GRANDE BELLEZZA

 

 

Promossa dalle Nazioni Unite, l’edizione di quest’anno ha come tema Wonder: Sustaining What Sustains Us (Meravigliarsi di ciò che ci sostiene, per imparare a proteggerlo). L’iniziativa vuole richiamare l’attenzione sull’importanza vitale degli oceani per il nostro pianeta: regolano il clima, producono oltre la metà dell’ossigeno che respiriamo, assorbono anidride carbonica, proteggono le coste e offrono cibo e lavoro a più di tre miliardi di persone nel mondo.

L’edizione 2025 della Giornata Mondiale degli Oceani vuole proporre un cambio di prospettiva: nessun allarme, ma un invito a riconoscere il valore reale dell’ecosistema oceano. Se gli avvertimenti non servono a invertire la rotta, la consapevolezza del ruolo che l’oceano svolge per la vita sul pianeta può essere invece il punto di partenza per un impegno più concreto. E quindi per un cambiamento reale.

Sicurezza alimentare e biodiversità sotto pressione

La tutela degli oceani è strettamente legata alla disponibilità di risorse alimentari e alla conservazione della biodiversità marina. Gli ecosistemi oceanici forniscono cibo a miliardi di persone e ospitano una parte significativa delle specie viventi del pianeta. Il loro degrado, causato da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque, mette a rischio sia la capacità degli oceani di sostenere la produzione alimentare sia l’equilibrio degli habitat naturali da cui dipende la varietà delle forme di vita marine.

Secondo il rapporto State of World Fisheries and Aquaculture 2024 della Fao, 3,2 miliardi di persone nel mondo dipendono in modo diretto dal pesce come fonte primaria di proteine animali. I prodotti ittici rappresentano il 17% delle proteine animali consumate nel mondo con punte molto più alte in alcune regioni dell’Asia e dell’Africa. Il Living Planet Report 2024pubblicato dal Wwf documenta una riduzione media del 73% delle popolazioni di vertebrati marini negli ultimi cinquant’anni. Inquinamento, sovrasfruttamento delle risorse e aumento delle temperature oceaniche sono le principali cause di un degrado che colpisce non solo gli equilibri ecologici, ma anche le catene di approvvigionamento alimentare.

Ad essere compromessa non è soltanto la varietà biologica, ma anche la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi e mantenere funzioni essenziali. Dati Fao indicano che il 35,4% degli stock ittici globali è oggi sfruttato oltre livelli sostenibili, una quota più che raddoppiata rispetto al 1974, quando era pari al 10%. Il Mediterraneo è una delle aree più critiche: qui oltre il 60% degli stock è sovrasfruttato. In assenza di misure efficaci le conseguenze saranno irreparabili non solo per l’ambiente, ma anche per l’occupazione e la sicurezza alimentare di intere fasce di popolazione.

 

Composizione della plastica negli oceani per area geografica

  • Oceano Pacifico

    46% della plastica totale

    → Principali rifiuti: bottiglie, reti da pesca

  • Oceano Atlantico

    24% della plastica totale

    → Principali rifiuti: microplastiche, sacchetti

  • Oceano Indiano

    15% della plastica totale

    → Principali rifiuti: contenitori, frammenti

  • Oceano Artico

    8% della plastica totale

    → Principali rifiuti: microplastiche

  • Oceano Antartico

→ 7% della plastica totale
→ Principali rifiuti: reti abbandonate

La Blue Economy continua a crescere

La protezione degli oceani riguarda anche la tenuta economica di settori strategici per numerosi Paesi. Secondo l’EU Blue Economy Report 2024, nel 2023 l’economia legata al mare (Blue Economy) dell’Unione Europea ha impiegato 3,6 milioni di persone, registrando una crescita del 17% rispetto al 2020. Il valore complessivo generato ha raggiunto i 623,6 miliardi di euro, con un incremento del 21% nello stesso periodo. Le attività principali comprendono pesca, acquacoltura, cantieristica navale, turismo costiero e produzione di energia rinnovabile da fonti marine.

In questo scenario è facile capire perché siano così diffusi i blue bond, strumenti obbligazionari emessi per finanziare progetti legati alla conservazione degli oceani e all’uso sostenibile delle risorse marine. Nel 2024, le emissioni di blue bond sono aumentate del 10,6% rispetto all’anno precedente, e oggi rappresentano lo 0,24% del totale delle obbligazioni sostenibili globali, secondo i dati dell’Intercontinental Exchange (Ice).

 

Innovazione e tecnologie al servizio della sostenibilità 

L’integrazione tra innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale risponde sempre più ai criteri Esg (Environmental, Social, Governance) e diventano un fattore distintivo per investitori istituzionali e soggetti pubblici. La disponibilità di dati accurati e tempestivi consente di migliorare la gestione delle risorse oceaniche e di definire politiche più efficaci in materia di conservazione. Inoltre, tecnologie meno invasive riducono l’impatto delle attività di ricerca sull’ambiente marino e contribuiscono concretamente alla tutela della biodiversità.

L’applicazione dei criteri Esg in ambito “oceanico” si traduce in un vantaggio competitivo per le imprese perché riduce i rischi ambientali e reputazionali, migliora l’accesso a capitali e finanziamenti, favorisce l’innovazione sostenibile e rafforza il posizionamento sul mercato, rispondendo alla crescente domanda di responsabilità ambientale nel settore marittimo.

 

L’impegno di Etica Sgr per la tutela degli oceani

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2025, Etica Sgr riafferma il proprio impegno nella salvaguardia degli oceani, con particolare attenzione alla lotta contro l’inquinamento da plastica, che rappresenta una delle minacce più gravi per la salute degli ecosistemi marini. Non a caso Etica Sgr ha aderito all’iniziativa globale A Line in the Sand – The New Plastics Economy, promossa dalla Ellen MacArthur Foundation, sostenendo la transizione da un modello economico lineare a uno circolare, in cui i prodotti siano progettati per essere riutilizzati, riparati e riciclati, con l’obiettivo di ridurre la produzione di rifiuti e l’impatto sull’ambiente marino.

Etica Sgr è anche tra i firmatari della Plastic Pollution Financial Declaration, sottoscritta da 160 istituzioni finanziarie a livello internazionale. La dichiarazione chiede ai governi l’adozione di un trattato globale e vincolante sull’inquinamento da plastica e promuove misure per affrontare l’intero ciclo di vita dei materiali plastici.

Attraverso il proprio impegno in ambito Esg, Etica Sgr punta a favorire politiche pubbliche e investimenti orientati alla tutela degli oceani, sostenendo la definizione di obiettivi comuni e strumenti finanziari capaci di contribuire concretamente alla riduzione dell’inquinamento e alla protezione della biodiversità marina.

 

Inquinamento nel Mediterraneo, un “mare di plastica” - Inquinamento da plastica nel mar Mediterraneo: le causa e le soluzioni

 

L’inquinamento del mare da plastica è una delle emergenze ambientali più gravi dell’epoca moderna. Mari e oceani sono invasi dalla plastica, al punto che si sono formate delle vere e proprie isole: le cosiddette Plastic island o il Great Garbage Patch. Ne esistono cinque: due fluttuano nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano. Enormi piattaforme di inquinamento che galleggiano tra le onde in un’area più estesa di quella di Stati Uniti e India.

L’inquinamento da plastica è un problema globale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: è il Goal 14 – Vita sott’acqua. Nell’Agenda 2030 si legge che occorre “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

 

Inquinamento del mare da plastica nel Mediterraneo

 

 

Nel Mediterraneo non esistono vere e proprie isole di plastica, ma la situazione non è affatto rosea. Il nostro mare è la sesta grande zona per inquinamento da plastica al mondo. I numeri descrivono una vera emergenza: la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti nel Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Nel complesso l’Europa, secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplasticheIl Mar Mediterraneo rappresenta l’1% delle acque ma contiene il 7% delle microplastiche marine a livello mondiale.

Gli effetti negativi dell’inquinamento si vedono anche sulla fauna. La maggior parte delle specie marine ingeriscono plastiche o microplastiche. Non c’è una sola specie di tartaruga marina che nuoti nel Mediterraneo senza plastica nello stomaco. Ogni anno un milione e mezzo di animali marini sono vittime della plastica scaricata nei mari.

 

 

In Italia cattiva depurazione delle acque e troppa pesca

Nel nostro Paese la situazione è statica da anni: non si vede alcun cambiamento né dal punto di vista legislativo né degli indicatori. La denuncia arriva dal Rapporto ASviS 2018 (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile). In cima alla lista delle cause dell’inquinamento dei nostri mari c’è la cattiva depurazione delle acque e lo scarico illecito di rifiuti sulle nostre spiagge, che riguarda un abitante su quattro.

Ma il Mediterraneo è impoverito anche dalla pesca eccessiva che, sottolinea ASviS, “ha ridotto la produzione in campo alimentare, danneggiato gli ecosistemi e colpito la biodiversità”. Anche in Italia il sovra sfruttamento degli stock ittici ha raggiunto una quota dell’88% secondo i dati 2014. In altre parole, il pesce nel Mediterraneo è in diminuzione.

Nota positiva: le aree protette

In Italia, fortunatamente, non mancano le aree protette. ASviS rileva la notevole ampiezza: oltre 3 mila chilometri di cui il 75% si trova in Sardegna, Sicilia e Toscana. Diversi studi dimostrano che le aree protette sono l’unico modo per rallentare la bio-invasione, che si lega al fenomeno del cambiamento climatico e in particolare all’innalzamento della temperatura delle acque.

 

 

Etica Sgr, protagonista nella lotta all’inquinamento da plastica

Anche il sistema finanziario può fare qualcosa per ridurre l’inquinamento da plastica. In Etica Sgr abbiamo deciso di fare la nostra parte promuovendo la blue economy e il progetto “A line in the sand – The New Plastic Economy“. Un accordo globale per eliminare il problema della plastica e salvaguardare la vita negli oceani. Come? Sostenendo il passaggio dalla cosiddetta economia lineare – produco, uso e getto – all’economia circolare, dove ogni prodotto viene prodotto per essere usato, riutilizzato e riciclato, riducendo così al minimo i rifiuti.

Nello specifico le aziende che aderiscono alla campagna si impegnano a eliminare gli imballaggi in plastica problematici o non strettamente necessari attraverso l’innovazione, la riprogettazione e lo studio di nuovi modelli di consegna. Si impegnano inoltre ad applicare modelli di riutilizzo, laddove possibile, per eliminare la necessità di imballaggi monouso. Tra i firmatari dell’accordo, ricordiamo, ci sono numerose aziende multinazionali che producono il 20% di tutti gli imballaggi di plastica prodotti nel mondo.

 

Giornata mondiale degli Oceani 2024: il polmone blu della Terra

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Giornata mondiale degli Oceani 2024, gli oceani rappresentano il polmone del nostro Pianeta. Producono il 50% dell’ossigeno presente sulla Terra e hanno contribuito ad arginare, fino a ora, i cambiamenti climatici estremi, fungendo da equilibratore naturale. Negli ultimi vent’anni hanno assorbito enormi quantità di anidride carbonica, pari a circa il 25% di quella prodotta, e il 90% del calore immesso in atmosfera.

 

Che cos’è la Giornata mondiale degli Oceani?

La Giornata mondiale degli Oceani si celebra l’8 giugno ed è un evento che vuole portare all’attenzione di cittadini, enti e istituzioni l’importanza degli oceani e il ruolo fondamentale che svolgono negli equilibri della vita sulla Terra. Gli oceani sono infatti ecosistemi straordinariamente ricchi e ancora parzialmente inesplorati, soggetti tuttavia a una forte pressione antropica che rischia di metterne a repentaglio la biodiversità.

Gli oceani sono fonte di cibo, energia e lavoro per gli esseri umani. Coprono tre quarti della superficie terrestre dando ospitalità alla più grande biodiversità di specie animali e vegetali. Regolano anche la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati alle grandi distese marine: per questo occorre salvaguardarle.

 

Come nasce

L’8 giugno del 1992 il vertice sull’ambiente di Rio de Janeiro decise di istituire questa giornata come monito sui rischi legati allo sfruttamento dell’ambiente marino e come auspicio per interventi mirati sul medio e lungo periodo. Dal 2008 la Giornata è riconosciuta anche dalle Nazioni Unite. Vi partecipano oltre 140 Paesi che si impegnano a considerare l’importanza degli oceani e a studiare opportune iniziative a loro tutela.

 

Perché è importante

Il 70% della superficie terrestre è costituita da acqua. Sono migliaia le specie di animali e di piante che vivono in ambienti marini e che richiedono tutela, alla stregua delle specie terricole. Non solo, gli oceani regolano la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i fenomeni climatici sono quindi legati alle grandi distese marine, che oggi soffrono dei danni causati dall’inquinamento e dalla dispersione di plastiche e microplastiche.

 

Il tema del 2024 | Awaken New Depths (Risvegliare nuove profondità)

L’oceano sostiene l’umanità e tutta la vita sulla Terra. Anche se sappiamo poco dell’oceano rispetto alla sua immensa vastità – abbiamo esplorato solo circa il 10% delle sue profondità – conosciamo le conseguenze delle azioni antropiche sulla salute dei mari. Ogni anno l’umanità continua a prendere decisioni rischiose e miopi che aumentano il rischio di rovina per l’oceano (abbiamo visto la campagna di Etica contro l’estrazione dai fondali marini, per fare un esempio) e, di conseguenza, per noi stessi. Per dare vita ad un ampio movimento a favore dell’oceano, la Giornata vuole risvegliare nuove profondità di consapevolezza e azione.

Promossa da un Consiglio consultivo dei giovani composto da 25 leader giovanili provenienti da 21 paesi, la Giornata mondiale degli oceani 2024 unisce il mondo per celebrare il ‘Pianeta blu’ e intraprendere azioni collettive per un oceano sano e un clima stabile. Sono previste decine di migliaia di attività, celebrazioni e altri eventi. Insieme, queste azioni coinvolgeranno milioni di persone in oltre 150 paesi. 

La leadership giovanile è una caratteristica fondante di questa giornata. “Come giovani sostenitori del clima, possediamo la chiave per la sua protezione. Attraverso la nostra azione collettiva, passione e dedizione, possiamo proteggere i nostri oceani e combattere il cambiamento climatico per un futuro più sostenibile. Abbiamo il potere di potenziare e amplificare le nostre voci come giovani in tutto il mondo per influenzare e creare un impatto per la risorsa più preziosa del nostro pianeta blu: il nostro oceano! ” – ha affermato Leena Joshi(India), durante il lancio della giornata di quest’anno.

Ha aggiunto Maria Jose Rodriguez Palomeque (Messico): “i giovani, soprattutto quelli provenienti da comunità vulnerabili, sono voci essenziali nella creazione di soluzioni climatiche per proteggere l’oceano. Ignorare le loro voci significa ignorare il nostro futuro. I giovani meritano di essere riconosciuti come soggetti politici”.  

Per la Giornata Mondiale degli Oceani 2024 in Italia si svolgeranno conferenze, dibattiti, proiezioni cinematografiche, mostre fotografiche, eventi sportivi, pulizie delle spiagge e delle coste, laboratori educativi per tutte le età e molto altro ancora.

 

 

L’importanza degli oceani

Gli oceani producono metà dell’ossigeno che respiriamo e sono una fonte diretta di cibo per un miliardo di persone, oltre a rappresentare anche un’importante fonte di energia e di lavoro. Ma i vantaggi per l’uomo non si fermano qui. Il legame è così stretto che stupisce non sia mai stato messo abbastanza in rilievo: se il mare è vivo vive anche l’uomo, se il mare è in sofferenza lo siamo anche noi.

 

Il valore economico degli oceani 

Come tutte le risorse anche gli oceani hanno un “valore economico”. Secondo un report del WWF (Reviving the Ocean Economy: The case for action – 2015) gli oceani – con la pesca, il turismo, le rotte di navigazione e le attività costiere – sono un soggetto economico da 24 mila miliardi di dollari, al settimo posto tra le principali economie mondiali.

Nel 2010, il prodotto economico delle industrie marittime e oceaniche era di circa 1,5 miliardi di dollari, rappresentando il 2,5% del valore aggiunto lordo mondiale e impiegando circa 31 milioni di persone. Entro il 2030, si prevede che questo valore potrebbe raddoppiare, con un aumento significativo nei settori dell’acquacoltura marina, dell’energia eolica offshore e della cantieristica navale.

Nel 2016 gli scienziati del NOAA, ente governativo statunitense per le risorse oceaniche e atmosferiche, si sono spinti a calcolare il valore di alcune aree marine. Quella, immensa, compresa tra la costa occidentale degli Stati Uniti, le isole Hawaii e il Perù, è stimata in 17 miliardi di dollari. E gli introiti da pesca commerciale rappresentano solo una quota marginale, dovendosi conteggiare nel valore complessivo anche le altre attività e, soprattutto, il naturale assorbimento di carbonio da parte delle acque, che da solo vale circa 13 miliardi di dollari.

La “Blue Economy” offre anche opportunità di investimento sostenibile, come i Blue Bond, strumenti finanziari che raccolgono capitale per progetti marini e oceanici, mirati a migliorare la salute degli oceani e a promuovere pratiche ecologiche.

Perché gli Oceani sono a rischio

Insomma, una ricchezza enorme. Che però viene messa sempre più a rischio dallo sfruttamento intensivo e dai cambiamenti climatici. L’inquinamento, il riscaldamento dei mari e l’acidificazione delle acque, insieme alla perdita di biodiversità (crollata del 39% tra 1970 e 2010) sono i principali rischi a cui è sottoposto il grande involucro liquido che ricopre gran parte della Terra.

Plastica e inquinamento

È stato calcolato che ogni anno in tutto il mondo vengono riversati in mare dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica. Come segnala l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, nel solo mare Mediterraneo vengono gettati più di 200.000 tonnellate di plastica all’anno, cioè il contenuto di oltre 500 container. Il risultato è che a livello mondiale la plastica rappresenta l’80% dei rifiuti presenti negli oceani, dalle acque superficiali giù giù fino ai fondali marini. Tra le fonti di inquinamento non mancano gli scarichi urbani e industriali, che immettono nell’ambiente sia sostanze organiche sia materiali non degradabili come metalli pesanti e particelle radioattive. Si stima che entro il 2040 ci saranno circa 700 milioni di tonnellate di plastica negli oceani.

Surriscaldamento 

Per il settimo anno consecutivo nel 2022 il riscaldamento degli oceani ha registrato temperature in costante aumento, con il Mediterraneo a fare da capofila tra i bacini in cui il fenomeno è più evidente. Incrementi che, uniti a livelli sempre più elevati di salinità e a una maggiore separazione dell’acqua in strati, possono compromettere il naturale scambio tra la superficie e le zone più profonde, alterando così gli spostamenti delle specie ittiche.

Acidificazione delle acque

L’acidità degli oceani è un fenomeno naturale dovuto all’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica. Ma se le concentrazioni di CO2 aumentano, anche l’acidificazione subisce un incremento, con conseguente riduzione di altre sostanze minerali necessarie alla sopravvivenza degli organismi marini.

L’acidità media superficiale, rimasta stabile per milioni di anni, ha subito un’accelerazione del 26% negli ultimi 150 anni. In assenza di interventi specifici, il dato potrebbe aumentare del 150% entro il 2100.

Le principali politiche per preservare gli oceani

Una gestione sostenibile delle risorse marine richiede un radicale cambiamento di approccio, che coinvolga le politiche dei Paesi rivieraschi e le numerose industrie di settore.

Nel febbraio 2022 il vertice One Ocean, tenutosi a Brest, è stato uno degli eventi più importanti nell’ambito del decennio ONU delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile. La Commissione Europea ha fornito il suo contributo presentando tre iniziative:

  • una coalizione internazionale per proteggere la biodiversità marina nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale;

  • un progetto informatico che consenta ai ricercatori di creare simulazioni digitali degli oceani del mondo;

  • una missione di ricerca UE per migliorare le condizioni degli oceani entro il 2030.

L’approccio è stato ribadito nel corso della successiva Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani, tenutasi a Lisbona, che ha condotto nel marzo di quest’anno alla sottoscrizione del cosiddetto Trattato d’alto mare, un fondamentale accordo che prevede la creazione di aree marine protette in acque internazionali e l’obbligo di valutazione di impatto ambientale per le attività in alto mare.

 

Scopri l'impegno di Etica per la salvaguardia degli oceani 

 

Per salvaguardare i nostri oceani dall’inquinamento da plasticaabbiamo sottoscritto, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, un accordo per invitare i governi di tutto il mondo a sostenere il settore finanziario nell’adozione di misure per combattere l’inquinamento da plastica e creare un trattato storico e ambizioso che tenga conto delle sfide e dei costi associati a questo problema globale. Il Finance Statement on Plastic Pollution sollecita i governi a concordare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (ILBI – International Legally Binding Instrument), supportato da regole vincolanti e obblighi per gli Stati per gestire l’intero ciclo di vita della plastica e porre, fine all’inquinamento derivante da questo materiale.

La Blue economy è decisiva per un futuro sostenibile

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La Blue economy, l’economia che ruota intorno agli oceani, ai mari e ai fiumi, è decisiva per un Green Deal europeo all’insegna della sostenibilità. Il settore della finanza e l’economia blu a basso impatto ambientale sono indispensabili per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e per contrastare i cambiamenti climatici

È quanto emerge dall’ultimo rapporto della Commissione Europea, il quarto “Blue Economy Report” pubblicato nel mese di giugno.

 

Oceani e mari in salute sono la precondizione per la blue economy sostenibile

Preservare l’ambiente marino è indispensabile per la blue economy secondo Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal.

«L’inquinamento, la pesca eccessiva e la distruzione degli habitat, insieme agli effetti della crisi climatica, minacciano la ricca biodiversità marina da cui dipende la blue economy. Dobbiamo cambiare rotta e sviluppare un’economia sostenibile in cui la protezione dell’ambiente e le attività economiche vadano di pari passo».

 

 

Blue economy in Europa, 4,5 milioni di persone occupate e 650 miliardi di euro di fatturato

I dati pre-pandemia raccolti da Eurostat ed elaborati dalla Commissione Europea ci dicono che la blue economy impiega almeno 4,5 milioni di persone nella sola Europa. Il comparto genera ben 650 miliardi di euro di fatturato e 176 miliardi di euro di valore aggiunto lordo, con un utile lordo 68 miliardi di euro. In Italia, trainata dal turismo costiero, dà già lavoro a oltre 390.000 persone e genera circa 19,7 miliardi di euro di valore aggiunto al PIL nazionale.

I settori coinvolti nella blue economy, individuati dalla UE, riguardano la preservazione delle risorse marine viventi e non viventi, l’energia rinnovabile ricavata dal mare, le attività portuali. Ma anche tutto il comparto navale, dalla costruzione ai trasporto marittimo. Fino al turismo costiero, alla pesca e all’acquacoltura. Negli ultimi anni, all’interno dei vari settori industriali, secondo il report della Commissione UE, tutto ciò che è sviluppato all’insegna della totale sostenibilità ambientale, è in forte crescita. L’energia delle onde e delle maree, la produzione di alghe, lo sviluppo di attrezzi da pesca innovativi, il ripristino degli ecosistemi marini creeranno nuovi posti di lavoro e imprese verdi nell’economia blu.

Quali sono i settori produttivi della blue economy?

Tra i principali comparti emergenti e innovativi ci sono proprio quelli legati alla produzione di energia rinnovabile marina. Cioè l’energia ricavata in oceano. Dall’eolico offshore ai pannelli fotovoltaici galleggianti, il cosiddetto “solare flottante”. Tecnologie che permettono di raccogliere in modo pulito l’energia necessaria per gli elettrolizzatori, in grado di scindere le molecole di idrogeno e ossigeno e quindi produrre l’idrogeno verde, quello prodotto a partire da fonti esclusivamente rinnovabili. Rientrano nell’economia blu, di conseguenza, la ricerca e lo sviluppo delle infrastrutture marine legate alle comunicazioni e all’energia, come la posa dei cavi sottomarini che richiede, a sua volta, lo sviluppo della robotica. All’energia rinnovabile marina l’UE ha già dedicato una vera e propria strategia di sviluppo. Insieme a quella per l’energia rinnovabile offshore, che dovrebbe portare ad un aumento della capacità eolica offshore da 12 GW a 300 GW entro il 2050.

Altrettanto fondamentale resta la bioeconomia, legata soprattutto alle produzioni biologiche ittiche e algali, le biotecnologie. Solo il settore biologico ha ottenuto profitti lordi per 7,3 miliardi nel 2018, un aumento del 43% in più rispetto al 2009, con un fatturato che ha raggiunto i 117,4 miliardi di euro, il 26% in più rispetto al 2009. Da solo, il nuovo settore delle alghe marine si è rivelato davvero notevole. Anche se i dati socio-economici recenti sono disponibili solo per un numero limitato di Stati membri (Francia, Spagna e Portogallo), il fatturato registrato nel 2018 ammonta a 10,7 milioni di euro. Poiché il cambiamento climatico sta portando a estati più calde e secche, alcuni Paesi devono garantire l’approvvigionamento idrico e quindi hanno investito nella desalinizzazione. Attualmente ci sono 2.309 impianti di desalinizzazione operativi nell’UE che producono circa 9,2 milioni di metri cubi di acqua potabile al giorno.

 

L’energia degli oceani e la formazione indispensabili per la transizione ecologica

Ma non bastano solo le soluzioni tecnologiche. Per guidare il processo al cambiamento occorre investire in formazione. La blue economy richiede nuove competenze. A oggi già il 17-32% delle aziende sta registrando carenze di competenze e di personale tecnico adeguatamente formato, specie nell’ambito dell’energia rinnovabile offshore. Fattore che richiede l’intervento degli Stati membri e di investimenti sia in ricerca ma anche nella formazione dei futuri giovani lavoratori. O per riqualificare coloro che sono ancora impiegati nel comparto fossile.

 

Il valore del capitale naturale: i servizi ecosistemici

Per la Blue Economy è fondamentale quantificare i costi e l’impatto dell’inquinamento, che rischia di esaurire il capitale naturale blu, così come di calcolare i benefici economici, ambientali e di benessere derivanti dalla loro conservazione. Sono le aree naturali che presentano vantaggi per la qualità della vita dei cittadini, che assicurano, attraverso la cura dei residenti, la salvaguardia della natura nonché la tutela della terra, della costa, del mare e la conservazione del paesaggio. L’insieme di queste esternalità positive per l’ambiente, corrisponde ai cosiddetti “servizi ecosistemici“.

 

Il valore dei servizi ecosistemici in Europa è stimato pari a migliaia di miliardi di euro l’anno.

Un patrimonio inestimabile che va protetto e curato ma che, per esempio, con l’innalzamento del livello dei mari e l’erosione delle coste, comporta una perdita stimata di almeno 15 miliardi di euro ogni anno. Gli esperti della Commissione UE hanno calcolato che la perdita dell’1-1,3% di terra e acque interne sommerse porterebbe al declino del 4,3-5,4% del valore dei loro servizi ecosistemici. Dai 360 a 341-344 miliardi di euro all’anno.

Attualmente, però alcuni settori importanti non sono ancora a impatto zero. Vero è che le emissioni di CO2 provenienti dalle flotte pescherecce dell’UE sono diminuite del 18% dal 2009 e il 2018. E l’impatto del pesce e dei prodotti del mare in relazione al cambiamento climatico, rispetto alle altre fonti proteiche nella dieta dei cittadini europei, ha un impatto inferiore rispetto alla carne. Ma ciò non è ancora sufficiente.

 

Per la UE, l’economia blu è indispensabile per raggiungere gli obiettivi del Green Deal

La Commissione Europea, anche alla luce delle conclusioni del “Blue Economy Report”, ha condiviso un approccio ancora più radicale, aggiornando la road map pubblicata nel 2012 e ribadendo come lo sviluppo di “un’economia blu sostenibile è essenziale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e garantire una ripresa verde e inclusiva dalla pandemia”.

Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica, le linee di indirizzo della Commissione Europea indicano, oltre che sviluppare l’energia rinnovabile offshore, la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Il mix di energia oceanica sostenibile che includa l’energia eolica, termica, quella prodotta dalle onde e dalle maree, potrebbe generare un quarto dell’elettricità dell’UE nel 2050. I porti, sottolineano gli esperti della UE, sono cruciali per la connettività e l’economia delle regioni e dei paesi europei e potrebbero essere utilizzati come hub energetici: porti più verdi, completamente slegati dall’economia fossile.

 

Investire in natura: investire in economia sostenibile

Non ci può essere una vera blue economy senza un’economia circolare e una riduzione dell’inquinamento, ribadiscono gli esperti. Servono, quindi, standard rinnovati per la progettazione degli attrezzi da pesca, per il riciclaggio delle navi, per lo smantellamento delle piattaforme offshore. Azioni concrete per ridurre l’inquinamento da plastica e microplastica. Occorre “investire sulla natura”: preservare almeno il 30% della superficie marina dell’UE invertirà la perdita di biodiversità, aumenterà gli stock ittici, contribuirà alla mitigazione del clima e alla resilienza, e genererà significativi benefici finanziari e sociali.

L’innalzamento del livello del mare e degli oceani, il surriscaldamento particolarmente aspro per il continente europeo, pongono la sfida dell’adattamento climatico per tutte le aree costiere. Attività di tutela che passano attraverso la protezione dei litorali dal rischio di erosione e inondazioni attraverso infrastrutture verdi, indispensabili per tutelare turismo e l’economia costiera. Con l’adozione delle linee guida strategiche dell’UE per l’acquacoltura sostenibile, la Commissione si è anche impegnata a far crescere linee di produzione alimentari a minor impatto sull’ambiente. La tutela del mare passa, ricordano gli esperti europei, anche attraverso la gestione degli spazi marittimi, conseguenza dei piani nazionali di ciascun Stato membro. Un rapporto sull’attuazione della direttiva UE sulla pianificazione dello spazio marittimo sarà pubblicato nel 2022, rende noto la Commissione.

Con un valore economico annuale stimato in 2,5 trilioni di dollari, equivalente alla settima economia più grande del mondo, l’economia blu sta attraendo sempre più investitori, assicuratori, banche e politici come nuova fonte di prosperità.

Gli oceani, i mari, l’ambiente e gli uomini non si possono permettere altre perdite di capitale naturale che corrisponderebbero ad ingenti perdite anche economiche. Anche per questo il ruolo della comunità finanziaria è ancora più importante, oggi, ricorda ancora la Commissione Europea, individuando linee guida per la finanza blu, nel guidare gli investimenti davvero sostenibili.

 

Blue deal europeo, come l’Europa combatte la povertà idrica

L’acqua, risorsa indispensabile per la vita e per l’economia, rappresenta una delle sfide sul fronte della sostenibilità e della transizione green che maggiormente dovrebbe attrarre l’attenzione degli investitori. Per questo motivo, da tempo, si parla della realizzazione di un Blue Deal che, alla stregua del Green Deal e in stretta correlazione con esso, dovrebbe regolamentare e pianificare a livello europeo tutte le iniziative per la salvaguardia dell’oro blu.

 

I punti chiave del progetto Blue Deal fra etica ed economia

Alla fine del 2023 il CESE, Comitato economico e sociale europeo, ha redatto 15 principi guida e 21 azioni che sono contenute nella Dichiarazione per un Blue Deal europeo. L’attenzione è rivolta in particolare alle perdite d’acqua nelle reti e agli sprechi in agricoltura, industria e famiglie. L’obiettivo dichiarato è quello di anticipare i bisogni, di preservare e gestire adeguatamente le risorse idriche comuni nel breve, medio e lungo termine.

Il CESE invita le istituzioni europee e gli Stati membri a riconoscere l’acqua come una priorità strategica nel periodo di programmazione 2028-2034. Il documento, però, oltre a mettere nero su bianco la necessità della realizzazione di una vera e propria politica europea dell’acqua, pone l’accento sullo stretto legame fra risorse idriche e diritti sociali dimostrando una particolare attenzione per gli aspetti di sostenibilità sociale nel combattere la povertà idrica. 

Inoltre, nella consapevolezza del valore economico di questa risorsa, il Blue Deal riconosce l’importanza che questo progetto sia accompagnato da un “piano di finanziamento altrettanto ambizioso”, attraverso un Blue Transition Fund che finanzi infrastrutture idriche resilienti e sostenibili, la ricerca e l’adozione di tecnologie innovative e iniziative che puntino a ridurre le disuguaglianze nell’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari. È forte la necessità di trovare un “mirabile equilibrio”, esattamente come nel Green Deal, fra sostenibilità ambientale e interessi economici, “in quanto le diverse industrie hanno esigenze e opportunità diverse in materia di acqua”.

 

Questi i principi guida del “Patto Blu” dell’UE:

  • Tutte le politiche dell’UE devono essere allineate con la nuova politica idrica europea, basandosi su dati idrici aggiornati, accurati e accessibili.

  • La protezione e il ripristino degli ecosistemi, delle zone umide e della biodiversità devono essere parte essenziale del Patto Blu.

  • L’UE deve adottare un approccio basato sull’acqua come diritto umano e combattere la povertà idrica, riconoscendo il diritto a un ambiente sano come diritto umano fondamentale.

  • servizi di acqua, igiene e sanificazionedevono essere sostenibili, equi, di alta qualità e accessibili a tutti, con priorità ai bisogni fondamentali in caso di crisi idrica.

  • Tutti gli utenti devono essere incentivati ad adottare soluzioni sostenibiliper l’uso e il consumo dell’acqua.

  • L’UE deve sostenere lo sviluppo di tecnologie per l’efficienza idrica, il riciclo e la riduzione dell’inquinamento.

  • Le perdite d’acquadovute a perdite nelle reti e sprechi devono essere significativamente ridotte.

  • L’agricoltura, essendo sia causa che vittima della scarsità d’acqua, deve avere accesso a risorse idriche di qualità e una gestione sostenibile per una produzione alimentare adeguata nell’UE

  • Dato il legame tra energia, acqua e materie prime critiche, l’acqua deve essere considerata un elemento fondamentale della strategia industrialedell’UE.

  1. È necessario un approccio settoriale poiché le diverse industrie hanno esigenze idriche specifiche. Il principio di non danneggiamento (no-harm principle)  deve essere combinato con il diritto delle attività economiche di consumare acqua.

  2. Deve essere garantita la disponibilità di lavoratori qualificatie specializzati, preservando la competitività delle aziende europee.

  3. Una politica idrica ambiziosa richiede un piano di finanziamentoaltrettanto ambizioso. Prezzi, costi e tasse dell’acqua devono essere equi e trasparenti, basati sul principio del recupero totale dei costi.

  4. L’UE deve intensificare gli sforzi in diplomazia blu e integrare l’acqua nella politica esterae nelle relazioni esterne, compresi vicinato, commercio e sviluppo. Uno degli obiettivi principali della diplomazia blu dovrebbe essere migliorare il quadro dei trattati ONU sulle questioni idriche e implementare rapidamente gli accordi internazionali.

  5. È essenziale sviluppare politiche internazionali per promuovere l’uso parsimonioso ed efficiente dell’acqua in tutti i settori, ridurre l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali e ripristinare le acque inquinate.

  6. Il Patto Blu dell’UE richiede una governance adeguatadelle risorse idriche dolci, comprese le acque sotterranee. Il CESE chiede un approccio di bacino idrografico che coinvolga tutti gli stakeholder rilevanti.

 

Il mare, una risorsa strategica per la transizione verde

Mentre si parla di come tutelare la risorsa “acqua dolce”, l’Europa sembra aver ben chiara l’importanza economica del suo mare. Il dato emerge dall’ultima edizione del Blue Economy Reportla ricerca che l’UE dedica alle attività economiche basate o collegate all’oceano, ai mari e alle coste. L’economia del mare in Europa impiega 3,6 milioni di persone (+17% rispetto al 2020), garantisce un fatturato di 624 miliardi di euro l’anno (+21% rispetto al 2020) e rappresenta 171 miliardi di euro di Val, ovvero di Valore aggiunto lordo (+35% rispetto al 2020)

Il report ha messo in evidenza che l’Europa si conferma una meta turistica marina per definizione tanto che proprio questa voce risulta la più importante e pesa per il 29% sul totale del valore aggiunto occupando il 54% dell’intera forza lavoro della blue economy. Al secondo posto si conferma il trasporto marittimo che in termini di fatturato genera quasi un quarto dell’intero valore del comparto. Spicca negli ultimi anni il settore delle energie rinnovabili marine con un trend di crescita costante e profitti lordi stimati nell’ordine dei 2,4 miliardi di euro.

Infine, ottime performance anche nel settore delle risorse biologiche marine (pesca, acquacoltura, lavorazione e distribuzione dei prodotti ittici), che ha registrato un incremento del 24% rispetto al 2020.

 

 

La blue economy alla ricerca di resilienza

La nuova edizione del rapporto illustra anche i potenziali impatti dei cambiamenti climaticisull’economia blu lungo le coste dell’UE. In particolare, emerge che se i livelli attuali di protezione costiera non verranno aumentati, i danni economici annuali derivanti dalle inondazioni costiere potrebbero essere compresi tra 137 e 814 miliardi di euro entro il 2100. Lo studio, inoltre, mette in evidenza il contributo che l’economia marina è in grado di offrire concretamente alla strategia di transizione energetica grazie ai passi avanti compiuti nello sviluppo dell’energia derivante dalle onde, dalle maree e dall’energia eolica offshore.

Notizie meno positive per la flotta peschereccia dell’UE poiché il rapporto mostra come, nonostante una diminuzione del 25% del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 registrata tra il 2009 e il 2021, l’efficienza del carburante sia peggiorata negli ultimi anni a causa dell’aumento dei prezzi dei combustibili. Su questo fronte, però, si segnala il “varo” a fine 2023 del Regolamento marittimo FuelEU, parte integrante del pacchetto “Fit for 55” che punta a ridurre le emissioni di gas serra nell’Unione del 55% rispetto al 1990 entro il 2030.

Italia, il contributo allo sviluppo della blue economy

All’interno dell’Unione Europea, cinque Stati membri rappresentano il 70% del valore aggiunto lordo dell’intera economia blu della regione: Germania, Francia, Spagna, Italia e Paesi Bassi in questo ordine. In termini di occupazione, questi Paesi rappresentano un contributo combinato del 67% del totale dei posti di lavoro dell’economia blu dell’Unione.

 

Scopri l'impegno di Etica per la salvaguardia dei mari - Etica Sgr, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, ha sottoscritto un accordo globale per la creazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica.

 

 

A cura di 

Carlo GATTI

 

Rapallo, Mercoledì 4 Giugno 2025

 

 


LA FIABA DELLO SCOGLIO “ASSEU” RIVA-TRIGOSO

LA FIABA DELLO SCOGLIO

“ASSEU”

RIVA-TRIGOSO

Opera dello scrittore sestrese Mario Antonietti è la suggestiva fiaba che affonda le sue radici nella leggenda e che narra le vicende di due giovani innamorati, Riva e Trigoso. La storia è ambientata ai tempi in cui Riva era un piccolo borgo di pescatori oggetto spesso delle incursioni dei pirati saraceni.

 

Riva Trigoso è uno splendido borgo ligure della Riviera di Levante, posto nel Golfo del Tigullio tra Sestri Levante (Punta Manara) e Moneglia (Punta Baffe), a pochi chilometri dalle Cinque Terre.

 

"Asseu" - In genovese, "Assiolo" (un piccolo gufo che nidifica sopra lo scoglio) conosciuto anche come: "u chiù" (per il suo caratteristico canto).

 

Uno scorcio di nostalgica bellezza che si apre sulla spiaggia di Renà e merita una visita al tramonto… ed un piccolo pensiero agli sfortunati amanti travolti dalla stessa violenta tempesta umana che sembra essere eterna non solo nelle leggende nostrane, ma anche nella sua drammaticità quotidiana ...

 

La storia narra che dal sangue della fanciulla nacque un'onda che rovesciò la nave dei pirati saraceni causandone la distruzione: nel punto in cui morì la povera Riva invece emerse dal mare un grande scoglio a forma di campana, l'attuale scoglio dell'Asseu, come memento dell'amore dei due giovani. L'ASSEU è un testimone della storia di Riva Trigoso e della sua antica connessione con il mare.

 

La spiaggia di Renà

Lo scoglio un tempo era collegato alla terraferma....

 

LA LEGGENDA DELLO SCOGLIO DI ASSEU narra di Trigoso, che amava Riva dalla bionda chioma. I due decisero di sposarsi ma, il giorno delle nozze, durante i festeggiamenti, il paese fu invaso dai pirati Saraceni, che saccheggiarono il villaggio e rapirono le donne più giovani e belle. Nel tentativo di salvare la sua sposa, Trigoso si scagliò coraggiosamente contro i pirati e, nello scontro, mentre Riva veniva caricata a forza sulla nave degli infedeli, perse i sensi. Quando Trigoso riaprì gli occhi i legni saraceni stavano ormai prendendo il largo e, realizzato quanto era successo, corse sulla rena dove iniziò a urlare disperato a gran voce il nome di Riva ma, non appena i pirati lo udirono, lo colpirono con una sventagliata di frecce che lo trafissero in pieno petto e lo fecero cadere a terra morente. Riva assistette alla scena dalla nave e quando vide il suo sposo morire si gettò contro il comandante che la uccise con ripetute pugnalate al ventre; i pirati ne gettarono subito il corpo in mare che si tinse di rosso. Ma nella notte stessa degli Angeli discesero dal cielo e collocarono, nel punto in cui Riva era morta, un grande scoglio a forma di campana (appunto lo scoglio dell’Asseu), per ricordare ai posteri la giovane fanciulla e il suo coraggio. Contemporaneamente, nel punto dove cadde Trigoso, proprio di fronte, i ciottoli intonarono un canto d’amore.

 

LA CROCE PER I MORTI DEL MARE 

solennemente inaugurata a

Riva Trigoso

17 Luglio 1955

 

La Croce era stata posizionata sullo scoglio dell'Asseu, da un gruppo di volontari, tra cui: Dentone Giulio, Pensa Domenico, Emilio Gazzano e dei muratori fra essi "Bergamo".

 

 

Elevati discorsi dell’on. Lucifredi e del Prefetto Vicari – L’adesione del Ministro Taviani – Migliaia di persone alla suggestiva cerimonia.

Il 17 luglio 1955, a Riva Trigoso, in Liguria, si svolse una toccante e imponente cerimonia per l'inaugurazione di una croce fosforescente dedicata ai caduti del mare.  L'evento, semplice nella sua essenza ma ricco di significato religioso e patriottico, vide la partecipazione di migliaia di persone, richiamate dalla commemorazione. 

La croce, posizionata sul caratteristico scoglio dell'Asseu, divenne immediatamente un luogo di preghiera e ricordo.La cerimonia fu onorata dalla presenza di numerose personalità di spicco: l'on. Roberto Lucifredi, il Prefetto di Genova dott. Angelo Vicari, rappresentanti del comando marittimo di Genova, ufficiali della Marina Militare, autorità locali, rappresentanti di associazioni combattentistiche e d'arma (ANCR, ANMI),  dei Boy Scout, e numerose altre autorità civili e religiose.  Anche il Ministro della Difesa, on. Paolo Emilio Taviani, il comandante in capo del Dipartimento dell'Alto Tirreno, e il sindaco di Genova, on. Pertusio, inviarono la loro adesione, sottolineando l'importanza nazionale dell'iniziativa. 

La partecipazione delle unità navali "Verbena" e "Faggio" aggiunse un tocco di solennità, partecipando alla cerimonia dal mare. Lo scoglio dell'Asseu era interamente decorato per l’occasione Mons. Ernesto Noceti, prelato domestico, in rappresentanza del Vescovo della Spezia, Mons. Giuseppe Stella, impartì la benedizione solenne mentre un picchetto armato della Marina Militare rendeva gli onori.

L'on. Lucifredi e il Prefetto scoprirono la croce, accolti da un fragoroso applauso della folla assiepata sulle scogliere, sulla spiaggia e sulle numerose imbarcazioni convenute.  Il rituale proseguì con il lancio in mare di una corona d'alloro da parte di due marinai.

Edoardo Bo, a nome del Comitato promotore rivano, sottolineò l'ispirazione cristiana dell'iniziativa, un atto di riconoscenza per coloro che sacrificarono la vita per la Patria. L'on. Lucifredi, nel suo intervento, mise in luce la forte religiosità del popolo italiano, interpretata come un segno di resistenza contro il materialismo e l'ateismo. 

Egli enfatizzò il significato simbolico della croce, eretta proprio a Riva Trigoso, luogo di costruzione di grandi navi, strumenti di progresso e di relazione tra i popoli, ma che a volte diventano teatro di tragedie.  Questo contrasto, secondo l'oratore, rafforza la fede, offrendo conforto nella sofferenza e speranza di una vita eterna.

Il Prefetto, nel suo discorso conclusivo, espresse profonda riconoscenza ai caduti, auspicando un futuro di pace, serenità e lavoro, affidando ai cittadini il compito di salvaguardare questi valori attraverso la collaborazione, la concordia e la fierezza nazionale.  La cerimonia si concluse con uno spettacolo pirotecnico e il tradizionale fischio delle unità navali, un ultimo saluto commosso in ricordo dei caduti e dell'impegno della Patria nel non dimenticarli.  La folla salutò le autorità mentre queste lasciavano lo scoglio, lasciando un'atmosfera di commozione e rispetto.

 

“Lo scoglio dell’Asseu”

Quando Trigoso riaprì gli occhi i legni saraceni stavano prendendo il largo e, realizzato quanto era successo, corse sulla rena dove iniziò a urlare a gran voce il nome di Riva ma, non appena i pirati lo udirono, venne colpito da una sventagliata di frecce che lo trafissero in pieno petto e lo fecero cadere a terra agonizzante.

“Cadesti a terra senza un lamento e ti accorgesti in un solo momento che la tua vita finiva quel giorno e che non ci sarebbe stato ritorno”

Proprio come nella “Guerra di Piero”, la celebre ballata di Fabrizio de AndréRiva assistette alla scena dalla nave e quando vide il suo sposo morire si gettò contro il comandante che la uccise con ripetute pugnalate al ventre; i pirati ne gettarono il corpo in mare.

L’acqua si tinse del rosso del sangue e dal mare sorse un’enorme onda che colpì la nave dalla quale fece cadere diversi forzieri e bauli contenenti una gran quantità d’oro e di preziosi. I pirati non riuscirono però ad individuare il punto esatto dove era affondato il tesoro e, dopo giorni di ricerche, decisero di desistere e di salpare. La notte stessa degli Angeli discesero dal cielo e collocarono, nel punto in cui Riva era morta, un grande scoglio a forma di campana (l’attuale scoglio dell’Asseu), per ricordare ai posteri la giovane fanciulla e il suo coraggio. Contemporaneamente, nel punto dove cadde Trigoso, i ciottoli intonarono un canto d’amore.

Passarono gli anni, i pirati non tornarono più e mentre il borgo iniziava ad ingrandirsi, i ciottoli continuavano inconsolabili a cantare la loro canzone d’amore, la baia dove i pirati persero il loro tesoro (forse al largo dell’attuale spiaggia di Renà) venne, per questo, chiamata la Baia dell’Oro e i pescatori decisero di intitolare il loro paese alla memoria dei due giovani e della loro romantica storia d’amore.

 

“Ancora lo scoglio Asseu (dell’assiolo)”.

 

Cosa insegna la fiaba?

L'amore come forza trainante:

La fiaba sottolinea come l'amore possa essere una forza trainante, spingendo le persone a compiere azioni coraggiose e a superare le difficoltà.

Le fiabe insegnano la vita, come affrontarla, preparano a comprendere la presenza conflittuale del bene e del male nelle azioni umane o nelle stesse persone che s'incontrano, così come aiutano a rendersi conto dei problemi quotidiani, insegnando ai bambini ad affrontarli.

È nel DNA delle fiabe avere una lezione morale forte: la lotta tra il bene e il male, l'amore e la separazione, il perdersi ed il ritrovarsi, l'amicizia e l'invidia, la generosità e la gelosia. Nelle fiabe sono presenti tutti i sentimenti umani, rappresentati ognuno da un personaggio.

Il ricordo del passato:

La fiaba, tramandata di generazione in generazione, è un simbolo del passato e della storia del territorio.

Le Fiabe Mostrano ai Bambini Come Gestire i Problemi.
Anche da adulti Impariamo dai personaggi delle storie. Essi ci aiutano perché si collegano alla nostra vita, ai sogni, alle ansie, e mentre ci confrontiamo consideriamo cosa avremmo fatto nei loro panni. "Le fiabe aiutano i bambini imparano a navigare la vita".

 

RIVA TRIGOSO "LA BAIA D'ORO" 

di Mario Antonietti - Illustrazioni di Piero Pascolo

 https://www.trigoso.it/Baia_d'oro.htm

  Sfuggito dalle man di Barbarossa 
  Tra Manara e le Baffe c'è un tesoro 
  Nessuno sa dov'è, per questo passa 
  Quella di Riva par: LA BAIA D'ORO.

«LA BAIA D'ORO» 
Canzone

Coro: Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or..

Solo: Ti accoglie sorridente 
         la nostra cittadina 
         Riva Trigoso è bella veramente
         tra sabbia e tra scogliere 
         nel limpido suo mare 
         ti fa dimenticare il mondo inter

Ritornello:

Ritorna in questa spiaggia in questo mar 
ritorna in questa Riva a villeggiar 
ritorna nella nicchia dell'amor 
dove si sente i ciottoli cantar 
vedrai bianchi gabbiani in ciel volar 
Trigoso risplendente sotto il sol 
le barche ti potranno dondolar 
sotto la luna nella Baia d'or.

Strofa:

Di notte v'è silenzio
silenzio veramente
e dorme sogni d'oro il villeggiante
si sente solamente
il mormorio del mare
cullano le lampare i pescator.

Ritornello e finalino:

Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or...

 

 

Sestri: piazzetta dedicata al poeta

Mario Antonietti

di Marco Massa

23 Giugno 2017

 

Dal Comune di Sestri Levante riceviamo e pubblichiamo:

Domani Sestri Levante rende omaggio a Mario Antonietti: la Commissione Toponomastica della città, dietro suggerimento dell’Amministrazione Comunale, con il supporto e l’incentivo di molti cittadini che ricordano con grande affetto Antonietti, ha deliberato di intitolare a nome del grande poeta sestrese la piazzetta che si trova tra piazza Matteotti e via Pilade Queirolo, conosciuta come la “piazzetta del platano”.

Mario Antonietti, nato a Sestri Levante nel 1918 e qui deceduto nel 2005, è stato definito un perseverante ricercatore della vera arte, un educatore del bel canto, un poeta semplice e melodioso, autentico cantore del proprio paese.

Visse per molti anni in Toscana, prima a Firenze, dove insegnò canto lirico e poi a Levane (Ar). Si dedicò all’educazione e all’impostazione artistica della voce e del virtuosismo pubblicando anche un trattato orientativo dal titolo “Bel Canto”. Alcuni suoi allievi, tra cui la celebre soprano Tiziana Fabbricini, calcarono i palcoscenici più prestigiosi, compresa La Scala di Milano.

Pubblicò inoltre molte raccolte di poesie edite dall’Università Popolare di Sestri Levante, presenti anche in varie antologie, e fu autore di diverse canzoni, musica e parole, con numerose odi a figure tipiche del suo tempo ma fu anche autore dell’inno “Sestri Levante sei come un fiore”, Riva Trigoso sotto le stelle nella baia d’oro e “Il mio paese”.

Nel corso degli anni ricevette molteplici e prestigiosi riconoscimenti: la medaglia d’oro con diploma quale “Poeta della baia d’oro”, il premio “Castrum Sigestri” con cui fu proclamato sestrese dell’anno, l’insegana d’oro di “Cavaliere della Repubblica” e il titolo di “Cantore di Sestri Levante”.

Il 2 giugno 1986 l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, gli conferì l’onorificenza di Commendatore.

L’intitolazione è fissata per domani, sabato 24 giugno alle 18, alla presenza della Sindaca Valentina Ghio e del coro “Ragazzi dei Frati” che offrirà un intrattenimento musicale.

 

 

Riva Trigoso è uno splendido borgo ligure della Riviera di Levante, posto nel Golfo del Tigullio tra Sestri Levante (Punta Manara) e Moneglia (Punta Baffe), a pochi chilometri dalle Cinque Terre.

Raccolta intorno allo sbocco naturale a mare della Val Petronio, Riva Trigoso è tagliata in due dalla foce del Petronio. La parte verso Moneglia si dice anche “Riva Levante” mentre “Riva Ponente” è il borgo antico, caratterizzato da suggestive casette dai tradizionali colori liguri (giallo, ocra, rosa, …), un’autentica tavolozza di colori “pastello” adagiata tra il blu del mare, l’azzurro del cielo e il verde delle macchia mediterranea che circonda il golfo.

Raccontare la storia di questo piccolo e romantico borgo non è la missione del nostro sito Internet, ne' sarebbe possibile e lecito senza annoiare il visitatore. Vogliamo solo mostrare i tratti caratteristici di questo posto e della sua gente, rude ma cortese, forgiata nelle avversità del mare ma ingentilita dalla generosità di una terra che restituisce il frutto della grande fatica che pretende.

Non è “impresa da poco”, tante sarebbero le cose da raccontare e da mostrare. Speriamo di riuscirci almeno in parte, e di migliorare col tempo. Riva è sempre qui che ci aspetta, dolce e paziente, come chi attende il ritorno della gente che va per mare.

 

STORIA LOCALE

(Appunti) Nota di Marco Bo

 TRIGOSO

Abitanti 600

https://www.trigoso.it/Trigoso_note_storia.htm

 

LA SIRENA DI SANTA CRUZ

(California)

L’origine

http://www.rivatrigoso.com/sirena/homepage.asp

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Domenica 1 Giugno 2025

 

 

 

 


PERCEBES E PERCEBEIROS - UN'AVVENTURA TRA MARE E GASTRONOMIA

 

PERCEBES E PERCEBEIROS

UN'AVVENTURA TRA MARE E GASTRONOMIA

 

Le coste del Mediterraneo sono famose per i "denti di cane", o balani: crostacei immobili che ricoprono scogli, banchine e scafi, tanto da rallentare le navi in navigazione.

I cosiddetti “denti di cane”, quelle strutture che somigliano a piccole piramidi o vulcani visibili su scogli, barche, boe e qualsiasi altra cosa sia immersa in acqua di mare, sono appunto BALANI.

Ma pochi conoscono un loro "parente" famoso in ambito gastronomico, soprattutto lungo le coste atlantiche: i percebes (Pollicipes pollicipes).

Questi crostacei sorprendono per la raccolta pericolosissima, che richiede abilità da rocciatori esperti: i “percebeiros”. 

Le tre frecce rosse indicano tre famose località della GALIZIA spagnola: La Coruña – Santiago de Compostela – Cabo de Finisterre

Immaginate la Galizia: onde impetuose, rocce a strapiombo.  Qui, i valorosi percebeiros si calano con funi, sfidando mare e vento, per raccogliere questi preziosi crostacei.

I percebes, cirripedi dalle forme bizzarre, ricordano dita di animali preistorici: un corpo cilindrico, un carapace grigio scuro e una chela avorio, simile ad un artiglio.

 

Si attaccano saldamente alle rocce, filtrando il plancton con sottili membrane. La densità delle colonie influenza le dimensioni: in colonie fitte, la competizione per il cibo li allunga, rendendo il corpo affusolato; in colonie rade, sono più tozzi. La lunghezza varia dai 2 agli 8 cm, la chela da 1,5 a 3 cm.

Nonostante l'aspetto, questi crostacei offrono carni delicate e gustose, apprezzate in tutto il mondo.  La pesca difficile e la grande richiesta li rendono molto costosi (fino a 180€ al kg in Italia!). Bolliti per 40-45 secondi, si gustano con limone o salse delicate, spezzandoli con le mani.  I più coraggiosi li preferiscono crudi, per apprezzare appieno il sapore intenso di mare, simile a quello dei molluschi freschi, con una consistenza che ricorda i gamberetti.

 

Le domande più frequenti: 

 

Perché la pesca dei percebes è una esclusiva di poche regioni atlantiche?

Se i mari italiani possono contare su tante varietà di cozze e altri molluschi, i percebes sono esclusiva delle coste dell’Oceano Atlantico nord occidentale. In particolare, la loro terra d’elezione è la Galizia: è in questa regione della Spagna che trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi. Quello di cui necessitano sono scogliere alte e impervie, battute da onde alte. Stare troppo sotto il livello del mare li renderebbe infatti facili prede di orate e tordi, ma d’altro canto fuori dall’acqua c’è un altro cacciatore a insidiarli, il gabbiano. Il fatto di proliferare soprattutto sulle parti rocciose emerse dove si infrangono le onde ne rende difficile la pesca.

 

Quanto costa 1 kg. di percebes

In Italia, il prezzo dei percebes può toccare anche i 180 euro al kg. Chiaramente il costo aumenta con l'aumentare della domanda. In alcuni mercati di Spagna e Portogallo, presso pescatori autonomi, i percebes possono essere acquistati anche a 30 euro al kg.

 

Dove si può trovare il percebes in Italia?

Molto raro e difficile trovarlo in Italia, ma allo stesso tempo piuttosto apprezzato dagli amatori dei prodotti dal sapore intenso, marino, iodato. 

I percebes si trovano soprattutto nella regione spagnola della Galizia dove vengono pescati a mano dal perceberos: un pescatore coraggioso e particolare che impiega tecniche da rocciatore indossando per l’occasione la muta da subacqueo. La sua bravura eccelle nella sfida contro le onde dell’oceano quasi sempre impetuose, fredde e taglienti!

Nonostante l’aspetto non sia dei più invitanti, questi frutti di mare racchiudono carni delicate e gustose tanto da renderli una prelibatezza molto ricercata. Le altre zone dov’è possibile reperire il percebes sono il Portogallo ed il Marocco, anche se ultimamente si possono trovare “sotto vuoto” presso sperduti supermercati europei.

Vista la difficoltà della pesca e la numerosa richiesta del mercato, il costo di questi crostacei è variabile e molto alto. (intorno ai 100 euro al kg).

Consumati prevalentemente lessati (40-45 secondi il tempo di cottura) vengono serviti con una fetta di limone o qualche salsina molto delicata. Basta ora spezzarli con le mani e gustare il contenuto presente all’interno. I veri puristi li mangiano crudi!

“Il gusto di questi crostacei ricorda il mare”!

Questa è la prima impressione che viene in mente a chi assaggia questi piccoli prodotti. Il sapore è quello dei molluschi freschi, mentre la consistenza è quella di un gamberetto. Per aprirli si deve strappare l’artiglio con le mani e mangiare la polpa all’interno.

Vengono cucinati in acqua bollente per qualche minuto, esattamente come la pasta ma senza aggiungere sale perché il loro sapore di mare è già molto carico.

Percebes, vera rarità “strappata” al mare

 

L'ARRELHADA: UNO STRUMENTO ANTICO PER UN LAVORO PERICOLOSO

 

L'arrelhada, un bastone con spatola, è l'unico strumento utilizzato per staccare i percebes dalle rocce.

 

Uno dei luoghi migliori per pescarli è nel sud del Portogallo, sulla Costa Vicentina (Faro di Sao Vicente), dove, grazie al mare molto agitato, la concentrazione di fitoplancton maggiore dona ai crostacei un gusto particolare, molto apprezzato.

 

YouTube

La dura jornada de los percebeiros gallegos | NATIONAL GEOGRAPHIC ESPAÑA

 

 

Conclusione

Il percebes non è solo un alimento prelibato, ma un simbolo di coraggio, di sfida contro la natura, di tradizione antica.  Rappresenta il legame indissolubile tra l'uomo e il mare, una relazione di rispetto e di ardua conquista.  Il suo gusto intenso e la sua storia affascinante lo rendono un'esperienza unica da scoprire e raccontare.

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 27 Maggio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Santuario del Sacro Cuore - Chiesa Millenaria - Ruta di Camogli - Genova

Santuario del Sacro Cuore

Chiesa Millenaria

Ruta di Camogli - Genova

 

La chiesa Millenaria in una fotografia di inizio Novecento

 

L'edificio, situato nella località di Ruta, è un antico edificio di culto risalente al XIII secolo e fino al 1627 fu l'unica chiesa del paese. La costruzione presenta uno stile architettonico in Arte Romanica, con navata centrale absidata e con pietre a vista, e l'attuale conservazione degli edifici è dovuto agli interventi di restauro effettuati nel 1905 e 1950.

Nel 1905 venne costruita la sacrestia a cui seguì la demolizione di una casetta sul fianco sinistro, probabilmente ospizio per pellegrini, e venne sostituito il pavimento originale distruggendo le lastre tombali descritte anche nella relazione della visita apostolica del 1749.

 

 

 

Ruta si trova sul lato occidentale del promontorio di Portofino, fra boschi di pini e di castagni, a circa 300 metri sul livello del mare. La si raggiunge da Camogli o da una deviazione percorrendo la strada principale che da Rapallo conduce a Genova.

E’ punto di partenza per le escursioni a piedi sul promontorio di Portofino in direzione Portofino vetta o San Rocco. Nella frazione si può ammirare la Chiesa parrocchiale di San Michele, eretta nel XVII secolo, ma soprattutto, deviando verso San Martino di Noceto, la Chiesa Millenaria, dedicata al Sacro Cuore di Gesù.

Edificio ottimamente conservato, è uno dei più begli esempi di architettura romanica del Levante ligure.
Dalle origini antichissime, nel secolo XII ebbe funzione di pieve su un territorio che comprendeva anche Rapallo e tutto il versante di Recco. La sua decadenza iniziò già nel ‘400, nel ‘600 venne abbandonata e nel 1800 venne adibita nientemeno che a fienile. Dopo i restauri di inizio Novecento, la chiesa si presenta in pietra a vista e con un bel soffitto ligneo a capriate.

 

 

Alle falde del monte Esoli si trova un piccolo poggio da quale si ammira un incantevole panorama che da Punta Chiappa, si estende a ponente lungo la Riviera di ponente con la sua striscia di paesi che colorano l’arco ligure fino ad attaccarsi a Genova. Qui dalla Millenaria dedicata al Sacro Cuore di Gesù, sembra di toccare i tetti della stupenda Camogli che è placidamente adagiata al centro di un “vero” Golfo del Paradiso terrestre.

Dal lato montano scollina l’ampio anfiteatro che è disegnato dal M. Caravaggio (615 mt.s.l.m.), monte Ampola (573 mt.s.l.m) e dal Monte Bello (713 mt s.l.m.), a mezza costa il paese di San Martino, mentre il crinale scende dolcemente sul Tigullio che da qui appare come uno stretto fiordo scandinavo.

“Chiusa nell'edera, battuta dai venti, ferita dai vandali, usata quale stallaggio dalle truppe della Rivoluzione Francese che spadroneggiavano a Ruta e in località Campo, la bella chiesina si sentì veramente ferita a morte. E ferita rimase per lunghi anni, quasi boccheggiante”.

Così la descrisse Nietzsche quando si beava in quel panorama circolare di rara bellezza.

 

Papa Gregorio IX attesta con atto del 13 maggio 1239 che il piccolo Santuario fosse affidato a canonici. Purtroppo, sebbene sia stato nominato da Dante Alighieri e da Francesco Petrarca nei loro scritti, ogni volta il passante la trova chiusa e non gli resta che recitare una prece sperando che da lassù sia più vicina al cielo.

 

FOTO GALLERY

 

 

Silenzio e magia nella Chiesa Millenaria

Anticamente dedicata a San Michele Arcangelo, la chiesetta del Sacro Cuore di Gesù a Ruta è generalmente conosciuta con il toponimo di “Chiesa Millenaria” e, localmente, come “Chiesa Vecchia”. La Chiesa è romanica e risale, molto probabilmente, a prima dell’anno 1000, anche se le prime notizie certe risalgono al XII secolo. Si trova sulla strada che da Ruta porta a San Martino di Noceto. La tradizione la ritiene di origine anteriori all’anno Mille, per questo viene denominata Chiesa Millenaria. Nelle sue adiacenze, durante il Medioevo, si ergeva un ospedale intitolato a San Bartolomeo: l’intero complesso costituiva un luogo di sosta, di ristoro e di soccorso per i viandanti che si recavano a Roma in pellegrinaggio.

 

Nel 1950 venne ricostruita la “discussa” cuspide della torre campanaria a cura della Soprintendenza ai Monumenti. I lavori si resero necessari a causa dell'abbandono dell'edificio dopo l'incendio appiccato dalle truppe francesi di Napoleone Bonaparte, sul finire del XVIII secolo, al comando del generale Andrea Massena. 

 

Venne restaurata agli inizi del secolo scorso, mantenendo i suoi muri perimetrali, il soffitto di legno a vista, l’abside in conci di pietra del luogo e lo svettante campanile in pietra.

 

Una riflessione malinconica:

È un vero peccato che questo gioiello architettonico, con la sua storia millenaria e la sua posizione panoramica mozzafiato, resti chiuso al pubblico per la maggior parte dell'anno.  Si apre solo per eventi speciali, privando così la comunità e i visitatori di un'esperienza unica e di un pezzo importante del patrimonio storico-religioso di Ruta.  Speriamo che in futuro la Chiesetta del Sacro Cuore di Gesù possa essere resa più accessibile, diventando nuovamente meta di pellegrinaggi e permettendo a chiunque di ammirare.

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, Mercoledì 7 Maggio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LEPTIS MAGNA - Patrimonio dell'Umanità - UNESCO

 

LEPTIS MAGNA

Provincia Romana di Prima grandezza

 

Definita “porta principale per l'Africa” - il suo porto SITUATO al centro del Mediteranneo, è stato unO DEI polI strAtegiCI PER GLI SCAMBI commerciali DELL’IMPERO ROMANO.

Nel 1982 il sito archeologico della città è stato riconosciuto 

PATRIMONIO DELL'UMANITA' UNESCO

 

 

E’ una delle attrazioni turistiche più visitate della Libia sia per l’importanza degli scavi romani al di fuori dell’Italia sia per l’ottima conservazione delle rovine antiche che danno tuttora un’idea chiara di come doveva essere una città romana nella sua completezza.

 

 

 

UN PO’ DI STORIA...

 Leptis Magna (in fenicio Lepqī o Lpqī e poi Lebdah o Lebda), nota anche come Lepcis, è stata un'antica città fenicia poi cartaginese ed infine romana della Tripolitania, sita nei pressi di Homs, in Libia.

La città sarebbe stata fondata, secondo fonti latine (tra cui la Naturalis Historia di Plinio il Vecchio e Punica di Silio Italico da coloni fenici provenienti da Tiro agli inizi del I millennio a.C. e secondo quanto riportato da Gaio Sallustio Crispo i coloni avrebbero avuto rapporti amichevoli con le locali tribù libiche.

Il sito, cresciuto intorno al suo celebre porto, ricomparve nel IV a.C.  col nome di Neapolis ad opera dei cartaginesi per proteggere la loro supremazia sulla fascia costiera nordafricana. La città godeva di una discreta autonomia godendo del diritto di epigamia con gli abitanti di Cartagine.  (Nell'antica Grecia si chiamava così il privilegio concesso da una città a uno straniero di contrarre matrimonio fra abitanti di città alleate).

Nel III secolo a.C., forse dopo la Seconda guerra punica, la città e la regione circostante passarono al Regno di Numidia, sebbene il dominio numida rimase più formale che effettivo. Nel 111 a.C., durante la guerra giugurtina, la città inviò dei legati al Senato romano chiedendo l'amicizia e l'alleanza di Roma, a cui fornì aiuto contro Giugurta, e ottenne nel 107 a.C. lo stanziamento di quattro coorti dal console Quinto Cecilio Metello Numidico. Alla fine della guerra tuttavia la città rimase nel regno numidico, ottenendo lo status di civitas federata  e conservando la sua autonomia, fino a quando non fu ricompresa nella provincia romana d’Africa dopo la guerra civile tra Cesariani e Pompeiani (questi ultimi alleati col re numida Giuba I). La città comunque entrò a far parte dei domini romani libera et immunis, guadagnando il diritto di battere moneta.

 

L'11 Aprile del 146 d.C. SETTIMIO SEVERO  nasceva a Leptis Magna (Libia).

 

Giunto al potere dopo la guerra civile del 193-197 d.C., come fondatore alla dinastia severiana, ripristinò alla sua morte il principio dinastico di successione facendo subentrare i figli, Caracalla e Geta.

Molte le riforme dello Stato e le opere intraprese a livello urbanistico nell'Urbe; la sua corte fu un cenacolo di dotti, ma ingenti furono le confische avviate che servirono ad accrescere le proprie finanze.

Duro e risoluto con la sorte di Cristiani ed Ebrei che mandò a morire in gran numero, fu iniziatore di un nuovo culto che si incentrava sulla figura dell'imperatore.

E' considerato infatti l'iniziatore della nozione di "dominato" in cui l'imperatore non è più un privato gestore dell'impero per conto del Senato, quanto piuttosto l'unico e vero "dominus", traendo forza dall'investitura militare delle legioni.

Fino al IV secolo la città fu nel suo periodo di maggior splendore, arrivando ad avere una popolazione di circa 80.000 abitanti.

 

Sotto il dominio romano, LEPTIS crebbe e si espanse già a partire da Augusto attraverso la costruzione di numerosi edifici.

Sotto Traiano ricevette il titolo di colonia, mutando il suo nome in Colonia Ulpia Traiana Leptis. Nello stesso periodo, tra I e II secolo, si decise di ribattezzare la città in Leptis Magna, per distinguerla dall'omonima città in Bizacena (divenuta Leptis Parva).

 IL PORTO 

da EMILIO ROSAMILIA riportiamo:

Nessuno studio di Leptis è completo senza studiare il suo porto, che racconta la storia intera economica ed architettonica dell'Africa romani. I mercanti fenici che navigavano il Mediterraneo sin dal primo millennio a.C. scoprirono per primi la protezione naturale del porto di Leptis. Essi riconobbero subito le possibilità di contatti commerciali con la popolazione locale. Le tribù primitive mandavano dalle oasi del deserto del Fezzan caravane con merci costose e affascinanti verso l’altopiano e poi verso la zona costiera di Gefara dove si trovavano i posti commerciali. Era lì che loro potevano scambiare le loro merci con i commercianti fenici.

 

Vista generale del vecchio Forum: resti di una basilica
(a sinistra) e tre piccoli templi (a destra).

 

L’improvviso declino

Il berbero Septimius Severus (193-211 d.C), che più tardi diventó il primo imperatore romano proveniente dall’Africa, la città si arricchì non solo di un nuovo, grande foro ma fu anche costruito lo straordinario porto arricchito di monumenti architettonici spettacolari. Settimio Severo tentó anche di porre rimedio ai frequenti allagamenti dovuti alle piene dell’Uadi Libda.

Purtroppo questo tentativo, sia pure bene intenzionato, si riveló nocivo. Poichè adesso che le acque dell’Uadi non ponevano più resistenza all’acqua del mare, la sabbia portata dalle onde non veniva più riportata in mare dalle acque dell’Uadi. Il porto si interró quasi immediatamente e impedì alle navi di poter entrare. Fino ad oggi è possibile vedere i resti conservati magnificamente del molo orientale con i suoi magazzini praticamente mai usati.

 

Resti del faro

Questo sbaglio causó il declino di Leptis Magna perchè la città non era più in grado di importare o esportare merci. La popolazione lasció la città che diventó un paesino fantasma alla balia del vento sempre presente del Sahara e delle razzie di vari conquistatori.

Leptis Magna fu riscoperta dagli italiani nel 1915 ed è grazie a loro che i resti del porto e della città sono adesso tra i siti romani meglio conservati al di fuori dell’Italia.

Sul sito archeologico si vedono ancora i resti del porto romano. Il faro, la torre di controllo, i magazzini e i grossi anelli di pietra lungo la banchina ai quali attraccavano le navi quando dovevano caricare o scaricare le merci, sono tuttora testimoni silenziosi pronti a raccontarci quello che è successo a Leptis negli ultimi 2000 anni.

Tradotto da Simona Bombarda

ROMAN PORTS

 

I pontili orientali

 

La frangionde orientale con gli anelli di pietra per ormeggiare le navi

 

Busto di Settimio Severo conservato presso il Museo del Louvre di Parigi. 

 

I CELEBRI MONUMENTI ROMANI DI LEPTIS MAGNA

 

- uno stupendo teatro di impianto augusteo;
- un mercato del I secolo a.c., modificato sotto Tiberio, ma che risale all’VIII sec. a.c.:
- le Terme adrianee;
- l'Arco di Severo, l'arco del 37 in onore di Tiberio, un altro arco quadrifronte di Traiano;
- il Nuovo Foro;
- un ippodromo;

- un anfiteatro;
- un circo;
- una basilica;
- tre templi;
- un’esedra monumentale;
- la curia;
- il calcidico (forse mercato per particolari merci);
- i modiglioni di ormeggio alle banchine del porto;
- resti di un tempietto dorico;
- resti del tempio di Giove Dolicheno;
- resti del faro;
- resti di case e ville;
- l’anfiteatro;
- ruderi di mausolei;
- le terme extraurbane;
- due fortezze sulle colline, per la difesa del limes tripolitanus.

 

 

Anfiteatro

 

l’Africa aveva assunto grande importanza economica e politica, e ancor più ne avrà nel III. Settimio Severo decise di assumersi personalmente, una volta imperatore, il compito di monumentalizzare la città: molti edifici in pietra locale vennero rifatti o rivestiti in marmo e verso est venne aggiunto, sempre in marmo, un intero nuovo quartiere monumentale. Venne anche realizzato un nuovo porto, allo sbocco del Wadi Lebdah, ma purtroppo fu quasi subito interrato dai detriti, senza, peraltro, che ciò frenasse le attività commerciali della città. Accanto alle terme di Adriano vi era una piazza con fontana monumentale. Questa piazza era collegata al porto da una via colonnata (N.26) di circa 400 m, simile a quelle di Palmira, Gerasa, Antiochia o altre città: una via rettilinea e lastricata, fiancheggiata sui due lati da portici sui quali si aprivano le botteghe. Queste vie erano il vero cuore delle città ed erano illuminate anche di notte. A fianco c’era il nuovo foro (N.14 sulla pianta generale e immagine in basso), una grande piazza circondata da portici e con un tempio su alto podio del culto imperiale. Sul lato nord-est del foro, poi, c’era un’altra basilica (N. 13) con due absidi sui lati brevi, a imitazione di quella di Traiano a Roma, ma non visibili dall’esterno, in quanto chiuse da muri, e che quindi dovevano produrre un effetto di sorpresa in chi entrava. Per questi tre monumenti furono usati marmi colorati, fatti venire da lontano senza badare a spese: il granito rosa di Assuan, dall’Alto Egitto, e il marmo cipollino, un marmo screziato verdino, proveniente dall’isola greca dell’Eubea. Per le decorazioni furono chiamati artisti greci e dell’Asia minore, mentre gli architetti dovevano essere siriani. Nei portici della via colonnata e del foro, poi, fu adottata una soluzione innovativa, destinata ad avere grande seguito: sopra le colonne, al posto di un architrave diritto, furono posti degli archi, un po’ come vediamo nei chiostri dei conventi medievali.

Foro dei Severi

 

L'arco di Settimio Severo è uno dei monumenti più celebri di Leptis. Fu eretto nel 203 d.C., in occasione di una visita dell'imperatore Settimio Severo alla sua città natale, per rendere onore a lui e alla sua famiglia. Il nucleo della struttura fu costruito in pietra calcarea e poi rivestito in marmo. L'opera che oggi tutti possono vedere è in realtà una semi-fedele ricostruzione dell'antico monumento, al pieno recupero del quale gli archeologi stanno tuttora lavorando.

L'arco è costituito da quattro pilastri che sorreggono una copertura a cupola. Ciascuna delle quattro facciate esterne dei pilastri era affiancata da due colonne corinzie, tra le quali erano scolpite decorazioni in rilievo rappresentanti le virtù e le imprese dei Severi. Nel punto di intersezione tra la cupola e i pilastri sono scolpite delle aquile con le ali piegate, uno dei simboli della Roma Imperiale. Sopra le colonne si trovano due pannelli scolpiti che riproducono nei dettagli processioni trionfali, riti sacrificali e lo stesso Settimio Severo che tiene per mano il figlio Caracalla. Sulla facciata interna delle colonne sono riportate scene di campagne militari, cerimonie religiose e l'immagine della famiglia dell'imperatore.

 

 Terme Adriano

Lo sviluppo della città, insieme all'arrivo dell’acqua e alla diffusione dell'impiego del marmo portarono l'imperatore Adriano, agli inizi del II secolo d.C., a commissionare l'impianto termale che porta il suo nome. Il complesso fu inaugurato nel 137 d.C., ma alcuni archeologi sostengono che l'effettiva apertura sia avvenuta dieci anni prima. Conformemente alla tradizione romana, esso si sviluppa su un asse nord-sud con ambienti disposti simmetricamente. 

Le terme sono accessibili dalla palestra, dalla quale si passa nella natatio, ampio ambiente con il pavimento rivestito da marmi e mosaici in cui si trova una piscina all'aperto circondata da colonne su tre lati. Oltre la natatio, si apre il frigidarium con le vasche di acqua fredda. La stanza misura 30 m per 15 m, è pavimentata in marmo; otto massicce colonne con fusti di marmo cipollino alte quasi 9 m sorreggono un soffitto a volta, un tempo ornato con mosaici di colore blu e turchese, di cui oggi però non rimane più nulla. Ad entrambe le estremità della sala si trova una vasca, mentre, lungo le pareti sono presenti nicchie che ospitavano 40 statue, alcune delle quali sono oggi conservate nei musei di Leptis e di Tripoli.

Immediatamente a sud del frigidarium si trova il tepidarium, il locale adibito al bagno tiepido, in origine formato da una piscina centrale fiancheggiata su due lati da colonne - le altre due vasche furono aggiunte successivamente. Tutto intorno si aprono le stanze del calidarium, per il bagno caldo, orientate verso sud. Un tempo, probabilmente, avevano grandi finestre in vetro sul lato meridionale. A questo locale furono aggiunte cinque laconica (bagni di vapore) durante il regno di Commodo. All'esterno, sul lato meridionale, erano collocate le fornaci usate per riscaldare l'acqua. Sui lati orientale e occidentale degli edifici corrono le cryptae, i deambulatori. Alcuni ambienti più piccoli erano i cosiddetti apodyteria, gli spogliatoi. Le forica, le latrine, meglio conservate sono quelle che si trovano sul lato nord-orientale del complesso.

 

Tempio delle Ninfe

 

A est della palestra e delle terme di Adriano vi è una piazza aperta dominata dal nymphaeum, o tempio delle Ninfe. Si tratta di una monumentale con la facciata riccamente articolata da colonne con fusti di granito rosso e marmo cipollino e con nicchie, ora vuote, che un tempo ospitavano delle statue di marmo. Risale all'epoca del regno di Settimio Severo.

 

Via colonnata

Per mettere in comunicazione il porto con la parte meridionale di Leptis venne costruita una grandiosa via colonnata, lunga 400 m e larga 44. Essa collegava il porto alle terme e terminava in una piazza ottagonale decorata con un ninfeo.Ciascun lato di questa imponente via era dotato di 125 colonne di marmo verde con venature bianche, sulle quali poggiavano delle arcate.

Poiché collegava le terme e il nuovo foro dei Severi con il lungomare, era una delle strade più importanti della città.

 

 

 

Testa di Gorgone

Il progetto di trasformazione della città attuato da Settimio Severo prevedeva anche la revisione della struttura del centro cittadino, che fu da lui trasferito dal vecchio foro ad uno nuovo, battezzato con il nome della dinastia imperiale.

La piazza pavimentata in marmo, misura 100 m per 60 ed era circondata da portici ad arcate. Sulla facciata, tra un arco e l'altro erano medaglioni, di cui si conservano 70 esemplari. Nella maggior parte dei casi sono rappresentazioni simboliche della dea romana della Vittoria. Oltre ad esse vi sono alcune splendide immagini di Medusa. Gli archi erano di pietra calcarea, mentre le teste erano scolpite in marmo. Davanti alle colonne dei portici erano basamenti per statue, che conservano le iscrizioni dedicatorie.

Sul lato sud-occidentale del foro sorgeva il tempio dedicato alla dinastia dei Severi, del quale rimangono soltanto la scalinata, il podio e un magazzino sotterraneo. Ad esso appartenevano pure alcun  fusti di colonna in granito rosa che si trovano sparse per il foro.

 

 

Basilica

La basilica dei Severi è una struttura lunga 92 m e larga 40 che sorge sul lato nord-orientale del Foro. Presenta l'ingresso sui lati lunghi verso la piazza del Foro e absidi su entrambi lati corti. Lo spazio interno era articolato in tre navate, divise da colonne con fusti in granito rosa.

La sua costruzione fu avviata da Settimio Severo e completata da suo figlio Caracalla nel 216 d.C.

Le absidi sono decorate da più ordini architettonici con pilastri scolpiti al primo ordine e ospitavano i templi di Liber Pater (per i Romani Bacco e per i Greci Dioniso) e di Ercole-Eracle: sul lato dedicato ad Ercole i pilastri scolpiti hanno raffigurazioni delle mitiche dodici fatiche del semidio).

Nel VI secolo Giustiniano trasformò la basilica in una chiesa cristiana, facendo sistemare l'altare nell'abside sud-orientale. Dall'alto delle scale vicine all'angolo nord-occidentale si godono vedute della città.

 

 

La Porta Bizantina

Sul tratto della "Via trionfale" che passa per l'angolo meridionale del mercato si erge l'arco di Tiberio (I secolo d.C.)  Poco più avanti si trova l'arco di Traiano, fatto costruire nel 110 d.C., eretto probabilmente per commemorare l'acquisizione, da parte di Leptis, dello status di colonia romana. Entrambi gli archi sono in pietra calcarea. 

A nord-ovest della Basilica inizia una strada che conduce alla Via Trionfale, il cardo maggiore, e alla Porta Bizantina. Da notare quelli che sembrano fori di proiettile, che in realtà sono i buchi lasciati dagli “arcaici chiodi” martellati nel muro per appendere lastre di marmo.

 

 

FORO VECCHIO

Il foro più antico di Leptis Magna (detto "Foro vecchio") era al centro della vecchia città punica. Su di esso gravitava l'antico culto cittadino di Šadrafa-Liber Pater (IPT 31). Un ampio saggio di scavo realizzato lungo il lato orientale della piazza ha messo in luce una complessa sequenza di strutture fenicio-puniche. La piazza fu realizzata o comunque ebbe un nuovo assetto monumentale sotto l’imperatore Augusto, a cura del proconsole Cn. Calpurnio Pisone nel 4-6 d.C. (IRT 520) e fu completamente lastricata nel 53-54 d.C. (IRT 338-IPT 26 e IRT 615). Presentava dei portici colonnati su tre lati.

Entrando nel foro dalla Porta bizantina, si vedono le rovine di tre templi su alto podio. A sinistra il tempio d'età augustea tradizionalmente attribuito a Liber Pater, ma per il quale è stata avanzata l'attribuzione al culto di Giove, di cui resta solo il podio e pochi resti della cella. Al centro il tempio di Roma e di Augusto, costruito tra il 14 e il 19 d.C. (IPT 22) in pietra calcarea. Il tempio presentava un'alta tribuna anteriore decorata da rostri, probabilmente utilizzata come palco dagli oratori che tenevano discorsi sulla piazza. I colonnati dei due templi maggiori furono rifatti in marmo nel II secolo d.C., ma una semicolonna originale del tempio di Roma e Augusto è rimasta sempre in piedi. A destra si hanno i resti del cosiddetto tempio di Ercole, il più rovinato dei tre: le pareti del podio e il colonnato sono opera di restauro.

Sul lato opposto della piazza alcuni fusti di colonna in granito grigio, fortemente erosi, ricordano la presenza dell'antica basilica civile, eretta una prima volta nel I secolo d.C. e ricostruita nel IV secolo dopo un incendio.

Nei pressi della basilica era collocata la curia, sede del senato cittadino, risalente al II secolo d.C. A sinistra dell'ingresso alla piazza è un edificio di età traianea, in seguito trasformato in una chiesa bizantina, della quale si distinguono l’abside, le navate laterali e il nartece. Al centro del foro si notano un piccolo battistero con vasca a pianta a croce e un'esedra.

Il porto fu trasformato sotto Settimio Severo, che vi eresse un faro di cui restano solo le fondamenta. Il faro era alto più di 35 m e secondo le fonti antiche era simile al più rinomato faro di Alessandria. 

Delle installazioni portuali si conservano il molo orientale, i magazzini, le rovine di una torre di osservazione e una parte delle banchine utilizzate per il carico delle merci.

Nei pressi del porto si conservano i resti del tempio dedicato a Giove Dolicheno, con la sua scalinata.

GIOVE DOLICHENO

 

 

CHALCIDICUM

Il chalcidicum si trova nell'isolato immediatamente a ovest dell'arco di Traiano.  Costruito nel I secolo d.C., durante il regno di Agusto, ha un portico colonnato collegato alla via Trionfale per mezzo di una serie di gradini.

 

MERCATO

Al suo interno sorgeva un tempietto in onore di Augusto e di Venere  e si conservano fusti in marmo cipollino  e capitelli corinzi del II secolo  d.C. Presso l'angolo orientale si può notare un basamento a forma di elefante. 

Il mercato conserva nello spazio centrale due padiglioni ottagonali ricostruiti: quello settentrionale era forse adibito alla compravendita dei tessuti e conserva una tavola di pietra (in copia: l'originale è custodito nel museo del sito), risalente al III d.C.  d.C., sulla quale sono incise le principali unità di misura: il braccio romano o punico (51,5 centimetri), il piede romano o alessandrino (29,5 centimetri) e il braccio greco o tolemaico (52,5 centimetri). Intorno allo spazio centrale corre un portico colonnato.

 

MERCATO (Macellum)

Mercato e veduta di una delle tholoi ottagonali.

 

Interno della tholos del mercato.

 

Tabula mensoria (ritrovata all'interno del mercato).

Il complesso venne edificato nel 9 a.C. e poi ricostruito durante il regno di Settimio Severo: alcune colonne con capitello di marmo risalgono a questa seconda epoca. Nel quadriportico fu ritrovato, nel 1930, un busto di Afrodite. 

 

TEATRO

 VEDUTE

Il teatro di Leptis, capace di ospitare 15.000 spettatori, è il secondo dell'Africa per dimensioni (dopo quello di Sabratha). Risale ai primi anni del I d.C., come mostrano le iscrizioni celebrative apposte da ricchi cittadini di Leptis. Fu costruito sul sito di una precedente necropoli punica utilizzata tra il V e il III secolo a.C. 

Il palcoscenico fu ricostruito in marmo e conserva il frontescena come facciata monumentale, articolata in tre nicchioni semicircolari e decorata da un triplice ordine di colonne. Questa struttura risale all'epoca di Antonino Pio (138-161 d.C.). Vi si trovavano anche numerose sculture che raffiguravano divinità, imperatori e cittadini illustri. Due di esse sono tuttora nella loro posizione originaria: la statua di Bacco ornata da viti e foglie, e quella di [Eracle], con la testa ricoperta da una pelle di leone.

La cavea era stata tagliata nella roccia all'epoca della costruzione del teatro; nel 90 d.C. i gradini riservati ai seggi dei notabili della città furono ricavati subito sopra l’orchestra separati da quelli del pubblico pagante da una massiccia balaustra di pietra. In cima alla cavea si trovavano alcuni tempietti e un porticato con fusti di colonna in marmo cipollino

 

Terme dei Cacciatori

Le terme dei Cacciatori sono costituite da una serie di ambienti con volte a botte scavati nell’arenaria. Il complesso venne realizzato nel II secolo d.C. e fu utilizzato per quasi tre secoli. Conservano mosaici e affreschi, uno dei quali, situato nel frigidarium e nel quale sono raffigurate scene di caccia ambientate nell’Anfiteatro, ha dato il nome al complesso. Uno degli affreschi risale ad un'epoca precedente alle terme e vi è stato riutilizzato al momento della loro costruzione. Sono inoltre presenti pannelli marmorei scolpiti.

 

File:Circus Leptis Magna Libya.JPG

Anfiteatro

L'anfiteatro di Leptis Magna, capace di contenere 16 000 spettatori, venne scavato nel fianco di una collina nel I secolo d.C. Al di sopra dei gradini superiori della cavea correva probabilmente un portico colonnato.

 

 

Circo (ippodromo)

Il Circo era realizzato lungo la costa orientale della città e le gradinate del lato nord-orientale erano accessibili dalla pista, mentre quelle del lato opposto si potevano raggiungere anche dall'anfiteatro, attraverso dei passaggi secondari. Edificato nel 162, durante il regno di Marco Aurelio, poteva ospitare 25.000 spettatori ed era ampio 450 m per 100. Sono parzialmente conservati gli spalti e rimangono scarsi resti della spina centrale e dei carceres di partenza.

 

Colonne 

Resti dell'edificio scenico del teatro.

 

Veduta delle rovine

 

 

Piccola Porta occidentale

 

Arco quadrifronte dei Severi

 

Colonna parzialmente scavata.

 

Veduta interna di uno dei parodoi d'ingresso al teatro.

 

Sopra e sotto - Una delle strade fondamentali dell'impianto urbano, compresa fra l'arco dei Severi e l'arco di Traiano.

 

Basilica severiana, pertinente all'omonimo foro.

 

Scala all'interno del foro severiano

 

Basilica severiana, fusti in marmo inquadranti le absidi con decorazione scultorea di tipo a girali popolati.

 

 

Dettaglio pertinente alla basilica severiana

 

Diana di Versailles è una famosa statua della dea Diana conservata nel Museo del Louvre Parigi.

 

La statua è stata rinvenuta in Italia: il sito del Louvre suggerisce la città di Nemi, dove anticamente esisteva un santuario; altre fonti ritengono sia stato rinvenuto a Tivoli, nei pressi di Villa Adriana; Statue dello stesso soggetto sono state ritrovate nelle aree archeologiche di Leptis Magna (l'attuale Libia) e di Antalya (l'attuale Turchia). Nel 1556 fu donato da Papa Paolo IV a Enrico II di Francia, con una sottile ma ineludibile allusione alla sua maîtresse-en-titre, Diana di Poitiers.

 

 

ALCUNE INFORMAZIONI SULLA CITTA' 

 

NOME ORIGINALE

LPQS

NOME FENICIO; POI LEPCIS E POI LEPTIS 

SIGNIFICATO

-

NOME COMUNE ATTUALE 

LEPTIS MAGNA 

-

CONTINENTE

AFRICA

-

STATO ATTUALE 

LIBIA 

-

REGIONE/STATO/DISTRETTO ATTUALE 

DISTR. DI AL BURGUB 

-

CULTURA

FENICIA-PUNICA E ROMANA 

NASCE COME "EMPORIUM" DI CARTAGINE 

POPOLAZIONE STIMATA (ANTICHITA') 

100.000

-

-

VII SEC. A.C. 

-

DATA DELL'ABBANDONO O DISTRUZIONE 

SUPERFICIE

-

DATA DELLA SCOPERTA/RISCOPERTA 

DATA DELLA FONDAZIONE 

-

SCOPRITORE

-

-

SCAVI ARCHEOLOGICI 

PRIMI DEL 1700 

-

ARCHEOLOGO /I 

CLODE DE MARIE 

CONSOLE FRANCESE A TRIPOLI 

SITO ARCHEOLOGICO 

LEPTIS MAGNA 

MUNICIPIO DI AL BURGUB A 3 KM DALL'AEROPORTO DI TRIPOLI 

UNESCO - PATRIMONIO DELL'UMANITA' 

1982

-

PRINCIPALI MONUMENTI DA VISITARE 

ARCO DI SETTIMIO SEVERO, TERME DI ADRIANO, TEMPIO DELLE NINFE, VIA COLONNATA, FORO DEI SEVERI, BASILICA, PORTA BIZANTINA, ARCHI MONUMENTALI, CHALCIDIUM, TEATRO, MERCATO, ANFITEATRO ECC. 

 

FONTI

 - LEPTIS MAGNA, PORTA PRINCIPALE PER L'AFRICA

https://www.romanports.org/it/articoli/ports-in-vista/178-leptis-magna-il-porto-d-accesso-all-africa.html

archeologiavocidalpassato

Gea 2021-Ica: “Archeologia e inclusione”. Contributo 15: “Storie dalla sabbia – La Libia di Antonino Di Vita (Università di Macerata)”

- ICA – Istituto Centrale per l’Archeologia

https://archeologiavocidalpassato.com/tag/leptis-magna/

- Cartine Leptis:

GRANDI CITTA’ DEL PASSATO

http://www.luckyjor.org/sitocity/leptis/pagleptis.html

RENOVATIO IMPERII.  

Leptis Magna, la città dell’imperatore

LEPTIS MAGNA (Libia)

https://www.romanoimpero.com/2015/01/leptis-magna-libia.html

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 6 Maggio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


RICORDI PASQUALI ...

 

RICORDI PASQUALI ...

 

                                                                           Foto di Marco FIGARI

Quest'anno, mentre ci prepariamo a celebrare la Pasqua, il mio pensiero vola indietro nel tempo, a un'epoca in cui la semplicità e le ristrettezze del dopoguerra plasmavano le nostre tavole e i nostri cuori.  Ricordo la frenetica attività dei miei genitori, giorni e giorni prima della Pasqua, intenti a preparare con cura gli ingredienti per il nostro pranzo di festa. 

L'acquisto di uova di cioccolato era un lusso impensabile, ma la ricchezza della nostra tradizione culinaria compensava ampiamente la sua assenza.

Fave, salame e pecorino: un antipasto rustico e saporito, preludio a un banchetto di sapori genuini.  Le panissette e i gattafin, fritti dorati e fragranti, deliziosamente croccanti.  La torta pasqualina, con la sua farcitura di erbette profumate e la sua pasta sottile e friabile. E poi, i ravioli e i pansotti, simboli di una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, seguiti dall'agnello in fricassea, il cui profumo inebriava la casa. 

E per finire, la sacripantina e i canestrelli pasquali con l'uovo, dolcetti che portavano con sé il gusto della festa.

Più che un semplice pranzo, era una celebrazione della vita, dell'amore famigliare, della fede.  Un'epoca in cui le gioie erano semplici, condivise nell'intimità del focolare domestico, radicate in una profonda spiritualità che ci guidava dalla sofferenza della Passione alla gioia della Risurrezione.  Quest'anno, mentre gustiamo i sapori della nostra tradizione, portiamo nel cuore la memoria dei nostri genitori, e la dolce nostalgia di quei tempi, in cui la semplicità e la fede erano i nostri doni più preziosi. 

 

BUONA PASQUA

 

PASQUA DI RISURREZIONE

 

Nella teologia dei cristiani, la Risurrezione di Gesù è

"il mistero fondamentale della fede"

Galleria degli Arazzi, Città del Vaticano

La risurrezione di Gesù è l'evento culminante della narrazione dei Vangeli e degli altri testi del Nuovo Testamento: secondo questi testi, il terzo giorno dalla sua morte in croce, GESU’ risorse, ad alcune discepole e quindi anche ad altri apostoli e discepoli in forma corporea. Per il CRISTIANESIMO l'evento è il principio e fondamento della FEDE, ricordato annualmente  nella Pasqua, la più importante festività cristiana”.

 

I NAVIGANTI E LA FEDE

 LINEA DI FEDE

 

Sul mortaio (che è vincolato alla barca) è tracciata la linea di fede, una linea che indica sempre l'asse longitudinale della nave che corre esattamente da poppa a prora).

 La linea di fede, rappresenta quindi la direzione della prora ed indica sulla bussola i gradi della rotta che sta seguendo.

 

Nave AMERIGO VESPUCCI

Interno plancia prodiera

 

 

Giornale di chiesuola, Registro sul quale, nella marina militare, l’ufficiale in comando di guardia o il comandante, quando assume direttamente la direzione della nave, annotano tutti gli elementi relativi alla navigazione.

 

LA CHIESUOLA DELLA BUSSOLA

 

 

Bussola per Lancia di Salvataggio

Custodia e colonna, di metallo diamagnetico, che protegge e sostiene la bussola magnetica navale; viene munita di dispositivi atti a compensare l’influenza dello scafo metallico sull’ago magnetico, a illuminare la bussola, a prendere rilevamenti (➔ bussola).

 

Bussola per Lancia di Salvataggio

 

 

 

Perché la bussola si chiama così?

Deve il suo nome alla scatola in legno di bosso che originariamente conteneva tale strumento. Negli antichi velieri la bussola si custodiva nella chiesuola, alloggio posto a prua della ruota del timone.

 

Cosa simboleggia la bussola?

La bussola è associata al concetto di guida e protezione, simile a un faro nella notte che indica il cammino da seguire quando ci si sente smarriti.

 

Qual è la frase d'uso di bussola?

Perdere la bussola, per la gente di mare, è fonte di pericolo; all’impossibilità di conoscere la propria posizione sono legati altri detti come “perdere la tramontana”, cioè il Nord, o “perdere l’orientamento”.

 

Cosa significa la bussola nei tatuaggi?

 

Tatuaggio bussola: significato con esempi e foto

Questa combinazione di simboli per il tatuaggio della bussola sta a significare il viaggio in una nuova direzione (fisica, mentale o spirituale) oppure indicare un nuovo capitolo della propria vita in cui si vuole viaggiare nella giusta direzione.

 

Gli antichi termini tecnici navali che sopravvivono a bordo delle navi:

 

- Linea di fede

- Chiesuola della bussola 

- Crocetta degli alberi

- S.O.S (save our soul, salvate le nostre anime)

Fateci caso:

 - Ci sono chiese che hanno la volta a carena di nave rovesciata

- Ci sono fari che somigliano a Santuari Mariani

 

 

 

Bussola sulla Bibbia

 

MARINAI E FEDE

https://www.marenostrumrapallo.it/cri/

di Carlo GATTI

Alla scuola del Vangelo

A conclusione di queste considerazioni del legame della FEDE legata al mare e ai marinai, si vorrebbe che l’ago che orienta la bussola fosse lo stesso Cristo che con la sua testimonianza si è rivelato come la via, la verità e la vita.

La bussola offre la direzione: intende illuminare il percorso di chi si è smarrito per trovare la rotta/la strada. La vita umana è un itinerario verso la meta che è il Dio vivente:

«Ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in Te», canta sant’Agostino nelle prime righe delle sue Confessioni (1,1.5).

 

Musei di Genova

 Guarigione del cieco nato

del pittore genovese Orazio De Ferrari

 

 

La figura di sinistra è la terza più illuminata ed è stata identificata dai critici non in uno dei farisei, ma in Pietro, l’uomo di mare per eccellenza! Egli, dunque, è innanzitutto un discepolo che impara da Gesù quello che egli stesso è chiamato a realizzare per perpetuare l’opera redentrice. Nella scena è presente proprio l’allegoria della Chiesa che è madre che e genera alla fede i figli di Dio attraverso il Battesimo.

Orazio De Ferrari nacque a Voltri nel 1606 da genitori di umili estrazione. Fu un pittore italiano tra i maggiori esponenti del barocco genovese. Fu allievo del pittore voltrese Giovanni Andrea Ansaldo, fra i principali esponenti del manierismo genovese.

Ci piace rileggere il racconto del cieco nato di Gv 9 alla luce di un’opera pittorica di Orazio de Ferrari, Guarigione del cieco nato, olio su tela della prima metà del XVII secolo, Genova, Palazzo Bianco (è quella che troviamo in copertina).

L’opera appartiene ad uno dei maggiori esponenti del manierismo genovese, e riporta visivamente il momento centrale dell’opera di Gesù:

«“Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo.

Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va' a lavarti nella piscina di Siloe”, che significa "Inviato".

Quegli andò̀, si lavò e tornò che ci vedeva» (Gv 9, 5-7).

Al centro della rappresentazione, infatti, campeggia la figura di Gesù che spalma il fango sull’occhio destro del cieco. Gesù indossa una tunica rossa e un mantello blu, colori che rimandano alla sua duplice natura umana e divina; il cieco invece è raffigurato con un corpo visibilmente molto vigoroso e muscoloso, non da mendicante.

 

Si può pertanto affermare che il cieco si presenta come un iniziato alla vita nuova della FEDE, che raggiungerà la pienezza dopo che egli avrà aperto gli occhi del suo cuore, per riconoscere colui che lo ha guarito come il Figlio di Dio.

 

GENOVA E LA FEDE

 

 

Quella di Santa Fede, nell'antico Sestiere di Prè, appena fuori dalle mura di porta di Vacca, è una delle zone più interessanti della città di Genova a livello archeologico. Santa Fede fu una martire gallica originaria di Agen, conosciutissima e venerata in epoca medievale anche fuori dalla nostra penisola. Una giovinetta di dodici anni resa martire durante la persecuzione di Diocleziano e Adone prima posta sopra una graticola arroventata e poi decapitata. Ancora oggi le basi di questa chiesa ci riservano ad ogni scavo nuove sorprese. Un pavimento a vetri all'interno consente di rendersi conto della preziosità in termini di antichità del complesso, periodicamente posto a manutenzione a causa dello scorrere sotto a via Fontane del Rio Carbonara. Sotto quello che resta della chiesa si trova un insediamento paleocristiano dello stesso periodo della necropoli rinvenuta nella vicinissima Santa Sabina la cui abside è attualmente inglobata nella sede di una banca. Negli scavi sono state rinvenute ossa, ceramiche di epoca tardo - romana. La chiesa, a suo tempo restaurata in epoca rinascimentale aveva la sua abside originariamente rivolta verso levante, così come avvenne in San Giovanni di Prè. Di queste mutazioni dal medioevo ad oggi è difficile spiegare le ragioni.

 

CONCLUSIONE:

Vorremmo che l’ago che orienta la bussola fosse lo stesso CRISTO che con la sua testimonianza e pedagogia si è rivelato come la via, la verità e la vita.

La bussola offre la direzione: intende illuminare il percorso di chi si è smarrito per trovare la rotta/la strada. La vita umana è un itinerario verso la meta che è il Dio vivente: «Ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in Te».

Canta sant’Agostino nelle prime righe delle sue Confessioni (1,1.5).

 Sant'Agostino, con questa sua celebre frase esprime perfettamente questa tensione interiore. 

L'analogia con la bussola, che guida il navigante, sottolinea l'importanza di una guida spirituale che ci aiuta a orientarci nel labirinto della vita per giungere alla meta finale, che è proprio Dio. 

I pericoli che corre il navigante sono molteplici e penso che la Fede del marinaio abbia molto a che fare con i pericoli del Mare. Anche nella modernità di oggi, ogni anno affondano circa 360 navi. Questa realtà secondo me ha molto a che fare con la Fede, con la preghiera e con l'eterna incertezza di partire e ritornare a casa...

La Fede del marinaio, storicamente, è stata strettamente legata ai pericoli del mare. 

I naufragi e le tempeste hanno sempre avuto un profondo impatto sulla spiritualità dei marinai, che spesso affidavano la loro vita alla protezione divina. 

La consapevolezza del rischio di perdere la vita, l'incertezza del viaggio e della possibilità di non tornare a casa sono tutti elementi che hanno alimentato la preghiera e la fede. 

Gli ex voto, testimonianze concrete di questo legame, sono un modo per ricordare la dipendenza dal divino e la gratitudine per la protezione ricevuta.  La cifra di 360 navi che affondano ogni anno, anche nell'era moderna, sottolinea la perenne sfida che il mare rappresenta, evidenziando ulteriormente il ruolo della fede nella vita di chi si affida alle acque. 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Mercoledì 16 Aprile 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL SEGRETO DI PORTOFINO: Maestranze del Tigullio e l'Invincibile Armada

 

IL SEGRETO DI PORTOFINO

MAESTRANZE DEL TIGULLIO E L'INVINCIBILE ARMADA

 

Filippo II di Spagna

Ritratto di Anthonis Mor

 

l'Invincibile Armada attorniata da navi inglesi nell'agosto del 1588

Dipinto di anonimo inglese

 

La storia dell'Invincibile Armada è ricca di intrighi e colpi di scena, e un capitolo meno noto ma affascinante riguarda il contributo segreto delle maestranze liguri, in particolare quelle di Portofino.  Mentre la grande flotta spagnola si preparava a conquistare l'Inghilterra, artigiani e cantieri navali della Repubblica di Genova giocavano un ruolo fondamentale, a volte persino in segreto, fornendo navi e armamenti.

L'archeologo genovese Gianni Ridella ha portato alla luce prove inconfutabili di questa collaborazione.  Le sue ricerche, incentrate sull'artiglieria navale, hanno rivelato la presenza di cannoni prodotti da Dorino II Gioardi, un artigiano genovese con fonderia nel Porto Antico, su diverse navi dell'Armada

 

Questi cannoni, identificabili dalla lettera "D" incisa sul focone, sono stati ritrovati sui relitti della Juliana (affondata al largo dell'Irlanda), della Rata Santa Maria Encoronada e della Trinitad de Scala.

La scoperta più sorprendente riguarda la San Giorgio e Sant'Elmo, costruita a Portofino e affondata da Sir Francis Drake nel 1587

Costruita nel segreto della sua posizione geografica, raggiungibile solo via mare, Portofino offriva il riparo ideale per la costruzione di navi destinate a una potenza straniera come la Spagna. I cannoni della San Giorgio e Sant'Elmo, anch'essi marchiati con la "D" di Gioardi, confermano il coinvolgimento di Portofino nella fornitura di equipaggiamento navale all'Armada.

Questa operazione segreta evidenzia l'abilità e la discrezione delle maestranze liguri, capaci di operare in un contesto di relazioni internazionali complesse e spesso tese.

Il contributo genovese all'Armada non si limita alle forniture di Portofino. La Rata Santa Maria Encoronada e la Trinitad de Scala, entrambe di origine genovese, dimostrano la partecipazione più ampia di cantieri navali liguri alla costruzione della flotta spagnola. La loro partecipazione, unitamente alle forniture di artiglieria, sottolinea una stretta collaborazione tra Genova e la Spagna, nonostante le tensioni politiche dell'epoca.

Il contesto storico:

La Repubblica di Genova, potenza marittima di primo piano, intratteneva rapporti complessi con la Spagna nel contesto delle guerre di religione.  La Spagna, impegnata nella lotta contro i protestanti, necessitava di una flotta potente. Genova, pur mantenendo una certa autonomia, beneficiava degli scambi commerciali con la Spagna e aveva interesse a mantenere buoni rapporti con una potenza così importante. Questa collaborazione, documentata dalle navi e dagli armamenti genovesi nell'Invincibile Armada, dimostra la complessità delle alleanze e delle dinamiche economiche e politiche del XVI secolo. 

Portofino, per la sua posizione strategica e la sua discrezione, rappresenta un tassello significativo in questo intricato quadro storico.

 

Conclusione:

 INVINCIBILE ARMADA: 130 navi con circa 30.000 uomini e più di 2000 pezzi di artiglieria allestita da Filippo II di Spagna per rendere possibile lo sbarco in Inghilterra del corpo di spedizione riunito nelle Fiandre da A. Farnese.

 

 

 

 

IL FALLIMENTO

 L'Armada spagnola non era stata realmente battuta sul mare, pur avendo subito danni pesanti e perdite dolorose, aveva però perso la speranza di sconfiggere gli inglesi, manovrava ormai a fatica e avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo per raggiungere le coste dei Paesi Bassi. Decise quindi di desistere dall'impresa e cercò faticosamente di riorganizzarsi.

Ormai il tentativo di imbarcare le truppe con la conseguente invasione era fallito, così i galeoni spagnoli cercarono di ritornare in patria ma a causa dei venti contrari decisero di puntare verso nord, navigando tra gli arcipelaghi delle Orcadi e delle Shetland per poi dirigersi a sud veleggiando ad ovest dell’Irlanda. 

Gli inglesi, che in un primo momento avevano inseguito il nemico, lo lasciarono poi andare tranquillamente, sebbene consapevoli che sarebbe tornato.
Il 10 agosto la flotta inglese si avvicinò per tentare un attacco alle navi spagnole rimaste attardate, ma Medina Sidonia riuscì a ricompattare le sue squadre e si preparò a dar nuovamente battaglia, cui gli inglesi tuttavia preferirono sottrarsi e quindi, dopo un fiacco scambio di cannonate, le due flotte si separarono definitivamente.

Tuttavia un'incredibile serie di tre violentissime tempeste si abbatté sugli spagnoli. La prima li sorprese il 12 agosto, al largo delle Isole Orcadi e presso le Isole Shetland; la seconda il 12 settembre al largo delle coste irlandesi; seguita dopo pochi giorni da una terza al largo delle coste del Connacht (sempre in Irlanda).

Delle 138 navi e dei circa 24.000 uomini salpati da Lisbona, 45 imbarcazioni e 10.000 uomini andarono perduti. La grande impresa di Filippo II sfumò, e lo stesso re cattolico pensò che DIO proteggesse i protestanti e punisse coloro che credevano in Lei.

 

La sconfitta dell'Invincibile Armada, 8 agosto 1588  di Philippe-Jacques de Loutherburg,  dipinto nel 1796. 

Il cosiddetto Ritratto dell'Armada (The Armada Portrait) è un dipinto allegato di artista ignoto, realizzato nel tardo XVI secolo ed eseguito con la tecnica dell’olio su tela. Vi è rappresentata Elisabetta I d’Inghilterra: l'opera celebra la vittoria della Marina Inglese sull’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna avvenuta nel 1588. In passato è stato attribuito da diversi critici a George Gower. Si trova conservato presso la Woburn Abbey. 

 

Grazie a questo importantissimo successo, l'Inghilterra della regina anti-spagnola Elisabetta I  affermò il proprio dominio sui mari del Nord e inflisse una battuta d'arresto al tentativo spagnolo di egemonia sullo scacchiere europeo. La Spagna continuò però la sua guerra navale, riuscendo anche a ottenere alcuni importanti successi (come quelli nelle campagne delle Isole Azzorre del 1583); altre flotte spagnole operarono ugualmente nella Manica nei decenni seguenti.

L'Invincibile Armada, benché sconfitta, rappresenta un momento cruciale nella storia marittima europea. Le ricerche di Ridella mettono in luce il ruolo spesso trascurato delle maestranze liguri, e in particolare quelle di Portofino. Le loro capacità tecniche e la loro discrezione sono state fondamentali per il progetto spagnolo. Questo ci offre l'opportunità di riscoprire e celebrare la perizia dei nostri antenati, la loro capacità di lavorare per importanti potenze, e l'importanza strategica di Portofino anche in un contesto storico di portata mondiale.

 

Analisi Geopolitica

La Repubblica di Genova, nel XVI secolo, si trovava in una posizione delicata tra le grandi potenze europee.  Mentre manteneva una formale indipendenza,  cercava di bilanciare i rapporti con Francia e Spagna, evitando di alienarsi nessuna delle due.  La collaborazione con la Spagna per l'Armada va vista in questo contesto: un modo per guadagnare favori e vantaggi commerciali senza compromettere eccessivamente le relazioni con la Francia (che in quel momento aveva altre priorità).  Genova, abile nel gioco diplomatico e commerciale, si inserì nel conflitto tra Spagna e Inghilterra in modo pragmatico, sfruttando le proprie competenze navali per un profitto economico.

 

Cantieri Navali di Portofino

 

Sebbene la documentazione sia scarsa, possiamo ipotizzare che i cantieri di Portofino, più piccoli di quelli genovesi ma ben equipaggiati, si focalizzassero su navi di dimensioni medie, adatte al trasporto di armi e rifornimenti. La loro posizione nascosta offriva un vantaggio strategico in termini di segretezza,  rendendoli ideali per costruire navi per potenze straniere che volevano evitare di essere facilmente rintracciate.

 

Non era un mistero per nessuno che già nel 1287 maestri d’ascia del Tigullio avessero costruito delle Galee per i Savoia sul lago di Ginevra.

 

MAESTRI D'ASCIA RAPALLINI SUL LAGO DI GINEVRA

https://www.marenostrumrapallo.it/leman/

di Carlo GATTI

 

Dorino II Gioardi

La storia di Dorino II Gioardi, oltre al dettaglio della lettera "D" sui cannoni, ci tramanda le cause della sua bancarotta.  Possiamo ipotizzare che, fornendo cannoni a basso costo alla Repubblica, si sia indebitato gravemente, finendo in prigione.  Questo fatto aggiunge un tocco umano alla narrazione, evidenziando le difficoltà economiche degli artigiani dell'epoca e il rischio connesso alla gestione di un'attività complessa come una fonderia di cannoni. 

 

Aspetti Commerciali

La collaborazione tra Genova e la Spagna sulla costruzione dell'Armada aveva una forte componente commerciale. La Repubblica di Genova si sarebbe garantita il pagamento per la costruzione delle navi e dei cannoni, acquisendo un vantaggio economico importante, da cui l'ipotesi che fossero coinvolti mercati diversi, creando una rete commerciale globale che vedeva come punto nodale le maestranze liguri.

 

 

FONTI

Fabio Pozzo - LA STAMPA  

09 Maggio 2017 

- Il segreto genovese dell’Invincibile Armada

Gianni Ridella, archeologo, ha scoperto che nella flotta di Filippo II c’erano due navi della Repubblica di Genova. E che una terza, varata a Portofino e affondata da Francis Drake, aveva qualcosa da nascondere.

 

Raffaele Gargiulo

- FRANCIS DRAKE – IL CORSARO DELLA REGINA

https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/marivista/Documents/2011/04_aprile/Supplemento.pdf

 

- I CANNONI DI LAVAGNA

 Renato Gianni Ridella

https://www.academia.edu/22114794/I_CANNONI_DI_LAVAGNA

 Il relitto della San Giorgio, veliero mercantile genovese costruito a Portofino e affondato a Cadice dal corsaro Francis Drake nel 1587

 Presentazione dell’articolo pubblicato nella rivista Archeologia Postmedievale
Introduzione del Direttore dell’Archivio di Stato di Genova Annalisa Rossi
Presentazione del fondatore e Direttore della Rivista, Marco Milanese, Direttore Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione, Università di Sassari.

Discussione tra il pubblico e gli autori dell’articolo.

I lavori per la costruzione del nuovo terminal container nel Porto di Cadice hanno portato alla scoperta di tre relitti. La ricerca documentale condotta su quello di essi denominato Delta II, congiuntamente alle informazioni tratte dai pezzi d’artiglieria rinvenuti e alle diverse merci del carico conservate, hanno permesso l’identificazione dei resti come quelli del veliero mercantile genovese San Giorgio e Sant’Elmo, affondato da Francis Drake durante la sua incursione contro il porto di Cadice nella primavera del 1587.

Si è anche capito che la nave stava allora trasportando armamenti per la flotta spagnola che, su ordine di Filippo II, si stava allora allestendo a Lisbona per attaccare l’Inghilterra.

 

...E LA STORIA CONTINUA FINO AI GIORNI NOSTRI ...

PORTOFINO

https://portofino.it/italy/i-carpentieri-i-costruttori-di-portofino/

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 1 Aprile 2025