UNA SERATA SUL RIMORCHIATORE "STORICO" PLÖN

UNA SERATA SUL RIMORCHIATORE STORICO

PLÖN


PLÖN - Burrasca di prora



Il Rimorchiatore PLÖN ormeggiato al  Muggiano di punta, poppa a terra. La barca da pesca di Renato é affiancata al rimorchiatore.

Renato Rozzi, Comandante (Cap.l.c.) vecchia conoscenza dei tempi dell'armatore Lolli Ghetti, dopo un po’ di anni di silenzio, ha convocato un gruppo di vecchi Amici per aggiornarli sulla sua “vita di bordo” a tutto campo!

Questo omone dal carattere mite e “nostalgico” per tante cose del passato, pur parlando poco, com’é nel suo carattere, è riuscito ad emozionarci con non poche sorprese.

La prima riguarda la sua famigliola: La dolcissima moglie Zoila, di Santo Domingo e due bellissimi ragazzi, Caterina e Mario. Insieme hanno accettato di vivere stabilmente a bordo del rimorchiatore tedesco PLÖN per condividere le stesse passioni per il MARE e per il lavoro sul mare.

Renato, tra le comodità che offre oggi la società e quelle che può offrire un rimorchiatore di 76 anni ci passa un bel mare di cose… Rifaresti questa tua scelta?


Motore IVECO da 650 CV.

- La vita é quella che ti scegli!  Dagli altri… tu sai a chi mi riferisco, non mi aspetto nulla. Quindi conto soltanto sulle mie braccia di pescatore e sull’amore della mia famiglia.

Ma per rispondere alla tua domanda vengo subito al sodo con un esempio che taglia la testa al toro. Mi sono venduto un appartamento per comprare il nuovo motore che ho installato sul rimorchiatore, un IVECO di quasi 700 CV. -

L’idea é molto originale, piena di suggestioni ed esprime tutto il tuo coraggio di essere in una sola persona: armatore, comandante e dipendente-lavoratore imbarcato H24.

- Per la verità tutto si svolge entro limiti ben precisi: in estate, a richiesta, faccio qualche viaggetto  portando soci e membri di importanti Associazioni verso mete rinomate della zona portuale e del golfo di Spezia. Negli intervalli, in pratica sempre, faccio il pescatore e modestamente anche il cuoco, ovviamente cucino pesci, ma le mie migliori performance le ottengo a bordo, nel mio ambiente naturale, con il mio pescato dedicato agli Amici, come stasera. Presto capirai a cosa mi riferisco! Ti premetto che senza l’aiuto di mia moglie, della sua mente organizzatrice e naturalmente dell’essere una cuoca provetta, non vi avrei invitati. -

 

Levami una curiosità: come ha fatto tua moglie ad adattarsi a questa vita per certi versi eroica?

 

Labaro dei Fratelli della Costa

- Certamente non viviamo su un Yacht di lusso, questo lo sappiamo entrambi, ma in questo modo abbiamo meno da pulire e nessuno da stipendiare… Mia moglie é nata sugli scogli di Santo Domingo ed é più ”marinaio” di me! -

 

Non ricordavo nulla della tua manualità da operaio specializzato. Oggi mi sento veramente sorpreso davanti alle cose che sai fare. Dove hai fatto pratica?

Notturno

- Come vedi ho avuto l’autorizzazione per ormeggiarmi qui di punta al Muggiano. Siamo all’interno di uno dei maggiori Cantieri navali del nostro Paese. Tutti mi conoscono ed io conosco tutti. In caso di necessità non mi mancano gli Amici. E’ vero! Appartengo alla sezione ”coperta”, ma le mie mani hanno imparato a fare di tutto, anche il macchinista, l’elettricista, l’idraulico il carpentiere, il nostromo ecc... Acquistai il PLÖN dieci anni fa a Savona, ed era la classica ”barca da lavoro” giornaliera. Per renderla adatta ai nostri scopi, ho dovuto attuare modifiche un po’ dappertutto: sotto coperta, nella zona di poppavia per ricavarne alloggi per la mia famiglia  e, naturalmente, per le nostre esigenze di lavoro. Nulla, comunque, che modificasse la fisionomia e la personalità eccezionale del PLÖN. -

La seconda sorpresa Renato ce la serve sul piatto d’argento della storia. Già! Si tratta dell’incredibile storia del PLÖN che ora andiamo a sintetizzare.

Renato, prima di addentrarci nei meandri del PLÖN, ti vorrei subito porre una domanda: nell’Ambiente degli Arditi Incursori del Varignano, di cui mio figlio John ha fatto parte, circola la voce che il PLÖN sia stato costruito con l’acciaio della Bismarck. Riporto quanto scritto su un sito:

 

"Alle tredici, sempre di domenica, siamo a bordo del rimorchiatore “PLÖN”, costruito nel 1939 con l’acciaio della corazzata Bismarck; lì troviamo un altro caro amico Renato Rozzi, insieme ad alcuni giovani ragazzi…..ecc…."

- Mi è stato riferito di questa possibile origine del PLÖN. So che sono state fatte ricerche presso l’Archivio Storico della Germania del Nord. Ma non ho nulla in mano per certificarne o meno la verità.-

 

Dal momento che l’affondamento della Bismarck è successivo al varo del PLÖN, penso piuttosto che l’accostamento storico delle due unità sia nato dal fatto che la prima era ritenuta “inaffondabile” dalla propaganda, mentre per la seconda è il tempo che continua a testimoniare la sua “inaffondabilità”.

Possiamo vedere la documentazione del PLÖN?

 

- La ricostruzione storica, da quando il rimorchiatore PLÖN fu varato, è scritta in queste due pagine che un amico tedesco mi ha inviate dalla Germania, sono scritte in tedesco e per fortuna anche in inglese.-


Stemma della città di Elmshorn

PLÖNFu costruito nel Cantiere S.W. Kremer nella città di Elmshorn (Schleswig-Holstein/Germania del Nord) come RIMORCHIATORE MILITARE denominato BODDEN.

 

Caratteristiche dell’unità al momento dell’entrata in servizio il 18.7.1940 presso la Marinehafenbauamt-Rügen:

 

Stazza lorda:…….101 tonn.

Lunghezza f.t.:…..22,02 mt

Larghezza:……………5,18 mt

Motore:…………….260 CV. (6 cilindri-4 tempi)

Velocità:…………….10 nodi

Equipaggio…………. 8 membri

 

Nel Volume 6° di GRÖNER:  (Die deutschen Kriegsschiffe 1815-1945)

a  pag.100, viene riportata una annotazione del periodo bellico in cui risulta che il PLÖN fu attivo sotto diversi Comandi operativi.

 

Nel 1941 fu trasferito presso la Hafenbaudirektion di Gotenhafen. (Polonia occupata - oggi città e porto polacco di Gdynia), dove rimase in servizio, per periodi alterni, fino alla resa della Germania agli Stati Uniti. In seguito l’unità rimase sotto la direzione del Porto di Brema fino al termine del conflitto.

 

31.1.1946 .....in charter presso la WSD di Kiel

16.8.1946..... in charter presso la Società Rimorchiatori URAG

23.2.1948 .....viene acquistato dalla DDG Hansa-Bremen

18.5.1948..... rinominato BOMBAY

20.10.1954... passa alla Guardia Costiera Tedesca (Bundesgrenzschutz) come pattugliatore di frontiera.

Maggio 1955.. Viene rinominato PLÖN

1.7.1956....... Passa alla Marina Militare Tedesca

19.8.1970..... L’unità viene radiata

8.7.1972...... PLÖN é venduto all’Olanda e rinominato PIRANHA

1975.............Viene venduto ad una Società di Savona.

1996............ Viene acquistato dal sig. Renato Rozzi di La Spezia.

 

 

 

 

Nota storica

Quanto segue è stato ripreso da un saggio che l’autore di questo articolo ha scritto sul sito di Mare Nostrum Rapallo il 2.8.2012, dopo aver effettuato un viaggio di studio nel Mar Baltico, e s’intitola:

Da BORNHOLM a PEENEMÜNDEMare Nostrum in giro per il BALTICO. (Sezione- Storia Navale).

Peenemünde dista soltanto 35 miglia nautiche da Rügen, circa due ore di traghetto da Bornholm e circa quattro ore da Gdynia, cioè l’intera zona che fu battuta dal PLÖN nel periodo bellico.

“Gli alleati, come si seppe in seguito, erano completamente allo scuro di ciò che accadeva nella vicina Peenemünde, (isola di Usedom nel Land del Maclemburgo-Pomerania anteriore che dista solo 115 km in linea d’aria da Bornholm), dove una sezione speciale di scienziati del Terzo Reich, guidata da Wernher von Braun, costruiva e sperimentava lanci di armi micidiali note con le sigle: V-1  e  V-2, ma anche aerei a reazione che superavano in velocità gli Hurricane e gli Spitfire inglesi di oltre 200 K/h e almeno altri 20 tipi di armi tra cui minisommergibili, giganteschi cannoni, fucili che sparavano dietro agli angoli delle case. Anche la bomba teleguidata PC-1.4400X (Fritz) che colpì la corazzata italiana Roma era stata progettata e testata a Peenemünde.


 

Regione del Mecklenburg-Pomerania. L’isola di Rügen a sinistra in alto, Peenemünde al centro.


Un esemplare di V-1 sulla rampa di lancio a Peenemünde


Un esemplare di V-2 sulla rampa di lancio a Peenemünde

Nei paraggi di questo sito segreto, si parla della vicina isola di Rügen dove si sarebbero sperimentati gli effetti della prima bomba atomica ‘sporca’ (sulla pelle di chi, non é ancora dato di sapere?) come sostiene lo storico berlinese Rainer Karlsch nel suo saggio Hitlers Bombe pubblicato nel marzo 2005.

Le informazioni destinate agli Alleati erano molto precise e dettagliate essendo ravvicinati gli avvistamenti di ordigni volanti che si proiettavano sempre più spesso sui cieli di Bornholm. A volte lo erano anche troppo: secondo alcune testimonianze, pare infatti che alcuni razzi fallirono la traiettoria e caddero sull’isola danese (più vicina alla Svezia che alla Danimarca). Sulla stessa Bornholm, i tedeschi costruirono speciali sistemi di antenne collegate alle sperimentazioni di Peenemünde che furono puntualmente sabotate da uomini della Resistenza locale. L’occupazione nazista durò ben cinque anni, una vera angoscia per questa minoranza di danesi staccata dalla madrepatria.

Il momento peggiore si verificò, tuttavia, negli ultimi giorni di guerra, quando l’Armata Rossa,  temendo che i tedeschi ritardassero la resa per consegnarsi ‘soltanto’ agli americani, attaccò l’isola dal cielo. Il 7 maggio 1945 L’aviazione di Stalin sganciò sull’isola un numero esagerato di bombe che danneggiarono gravemente le città, in particolare Rønne e Nexø. Nel capoluogo, furono completamente distrutte 250 case su 3400, 23 incendiate e 3000 più o meno danneggiate. A Nexø fu distrutto quasi tutto il centro cittadino ed il porto dove erano ammassate le difese militari tedesche. I morti si contarono a centinaia.

Ancora oggi, gli isolani di una certa età ricordano con grande rabbia la vigilia della liberazione da parte dei sovietici e provano a raccontarne l’orrore a tutti coloro che s’intrattengono sull’argomento.

Bornholm fu liberata dai Russi ma non fece mai parte dei Paesi che varcarono  la ‘cortina di ferro’ amministrata  dalla Unione Sovietica.

Renato, sembra addirittura incredibile che il tuo rimorchiatore PLÖN sia sopravvissuto ai massicci bombardamenti anglo-americani piovuti dal cielo proprio nell’area di massimo interesse per l’evoluzione strategica (missilistica ed atomica) che si stava sviluppando in quel momento.

 

- Ogni nave, come ogni persona, ha il proprio destino. Non conosco le ragioni ultraterrene che determinano questi meccanismi. Nessuno le conosce! Tuttavia ognuno di noi può farsene una ragione. Personalmente ritengo che il mio PLÖN, possa degnamente rappresentare, come essere vivente e ancora navigante, a 76 anni dal suo varo, la memoria di quei 55.000.000 che morirono per un ideale nella Seconda guerra mondiale. Il PLÖN é un Mausoleo Navigante che merita di essere conosciuto e rispettato come un anziano guerriero che da tempo ha abbassato le armi nel nome della pace e della convivenza pacifica.-

 

Renato, ti ringrazio insieme alla tua famiglia per l’accoglienza, per l’umanità del tuo pensiero e per averci fatto vivere un pezzo di storia del tuo PLÖN che non conoscevo.

 

Concludo questa piacevole conversazione presentando il menù con il quale Renato e Zoila ci hanno deliziato.

-       Frittelle di muscoli

-       Insalata di polpi e patate

-       Insalata di acciughe, peperoni, sedano e pomodori

-       Gamberoni alla piastra

-       Linguine con sugo di muscoli

-       Muscoli

-       Vino bianco locale

-       Caffé

-       Liquore di Santo Domingo MAMA UANA (miscela di Rum,  vino rosso, miele)

Ringrazio il Comandante Renato Rozzi e la sua famiglia per l’ospitalità a noi riservata a bordo del “mausoleo navigante” e per le sue sorprendenti scelte esistenziali che ci avvicinano, ancor più, a quello spirito marinaro che ormai alberga soltanto in pochi rari esemplari…

Ringrazio caldamente gli amici della Tavola Fratelli della Costa: il suo Luogotenente Rolando Spezia, Luciano Brighenti membro nazionale Commissione degli esperti, Marcello Bedogni dal 2007 al 2013 Gran Commodoro della Fratellanza, il caro amico Renzo Bagnasco che insieme ad altri Fratelli mi hanno “rimorchiato” sul “leggendario PLÖN”.

 

ALBUM FOTOGRAFICO



Sala Nautica

Ruota del timone


Salpancore





Renato, l’armatore-comandante tuttofare é in piedi a destra


Crest del PLÖN


 

Carlo GATTI

Rapallo, 17 settembre 2013

 

 


M/N BOCCADASSE, nacque dall'unione di due Liberty Ships

La M/N BOCCADASSE

Nacque dall'unione di due relitti di Liberty Ships

In una nostra precedente pubblicazione, definimmo i Liberty USA:

“Le navi che vinsero la guerra e poi la pace”


“L’operazione Liberty” prese il via il 27 Settembre 1941 con l’entrata in linea dell’ormai celebre “PATRICK HENRY”, e si concluse con la consegna dell’ultimo esemplare, il “RODA SEAM” del tipo “collier” (carboniero) il 13 Ottobre 1945 da parte del Cantiere “Delta” di New Orleans-Louisiana. Tra queste due date ne scesero in mare ben 2710.

Queste carrette dei mari furono costruite per compiere una traversata oceanica durante la Seconda guerra mondiale, tra gli agguati dei sottomarini dell’Asse, che agivano negli Oceani adottando  la ben nota tattica  “a branco di lupi”. In seguito a queste azioni belliche, affondarono circa  200 Liberty.

Subito dopo la fine del conflitto “i brutti anatroccoli”, come li definì F. D. Roosvelt,  ripresero a navigare e i più longevi lo fecero dignitosamente per circa trent’anni, partecipando alla ricostruzione della flotta mercantile  di quasi tutti i paesi belligeranti.

Nel 1945 si concluse una tragica guerra che fu combattuta in cielo, in terra ed in mare, lasciando ovunque distruzione, miseria e rovina.

Soltanto poche cifre sono sufficienti per mettere a fuoco un quadro spaventoso:

-  nel 1939 la flotta mercantile italiana contava 3.3 milioni di tonnellate di stazza lorda per un totale di oltre 1200 navi.

- nel 1945 le navi superstiti erano ridotte ad un numero molto esiguo che non raggiungeva in totale le 200.000 tsl. Inoltre le strutture ed infrastrutture portuali erano distrutte ed inagibili, i fondali da sgomberare da centinaia di relitti e da bonificare per la presenza di migliaia di proiettili e bombe inesplose.

A questo punto cruciale della storia martoriata del nostro paese, era necessario reagire con fermezza alla pericolosa situazione di stallo, ed era oltremodo impellente chiamare a raccolta tutte le forze vive e disponibili sul territorio, per passare ad un rapido piano  di ricostruzione.

In quel periodo in cui c’era solo da rimboccarsi le maniche, anche il cervello degli uomini più attivi esplodeva d’idee: non c’era nulla da buttare, ma tanto da recuperare, specialmente dai relitti che nel Mediterraneo erano presenti a migliaia, a tutte le profondità.

Da questa idea nacque la storia che ora andiamo a raccontarvi.

Siamo alla fine del 1946. La Liberty “Natahaniel Bacon” è in piena burrasca. Per chi non conosce le “Spiagge Romane”, ventose e senza ridossi, è portato a sottovalutare le difficoltà che le navi incontrano da sempre in questa zona di mare. In questo caso si tratta di una nave carica di scatolame, con scarsa potenza di macchina e quindi con poche possibilità di allontanarsi verso zone più calme. Le onde le imprimono forti movimenti di rollio e beccheggio, sollevano schiuma e limitano la visibilità. La zona non è stata ancora bonificata dalle mine più o meno vaganti ed il comandante è cosciente o forse incosciente di scarrocciare proprio verso una zona “rossa” pericolosamente infestata da questi terribili ordigni. Non ha scampo!  Poco dopo si ode una deflagrazione immane: della Liberty galleggia solo la poppa che si allontana alla deriva.

La seconda storia prende inizio nell’aprile del 1948. Complice è sempre la burrasca.

la Liberty “Bert Willians”, va ad incagliarsi al largo del faro di Al Shrat nel Mar Rosso. Viene deciso il rimorchio a Genova, ma dopo un lungo, pericoloso e travagliato viaggio, quando finalmente si trova in Mediterraneo, s’incaglia nuovamente nelle vicinanze di Marsa Matruk (Egitto). Il mare finisce per un terzo l’opera di demolizione, a galla rimane solo la prua, rimorchiata in un primo momento verso il porto di Taranto e poi definitivamente verso il Porto di Genova.

Si sa: “quando il gioco si fa duro, in duri entrano in gioco”.


E furono senza dubbio dei duri gli uomini che pensarono di realizzare, con quei due tronconi galleggianti, un TERZO LIBERTY. La nave che risultò allungata di 10 metri, fu chiamata BOCCADASSE, da una famosa frazione balneare affacciata come un balcone sul mare di Genova.

Giunti a questo punto, ho scelto il servizio più completo che ho trovato su questa operazione. Si tratta di un breve estratto dell’ articolo:

La tecnica che Genova ha dimenticato /La STORIA

di Alberto Quarati – 08 Marzo 2016.

Tratto dalla Rivista SHIPYARD & OFFSHORE

Le vecchie dinastie vennero affiancate da nuove società di navigazione, alcune destinate a dominare il mercato, altre semplici meteore. Della Industriale Marittima - che ordinò la “Boccadasse”, prima e penultima nave costruita con la prua e la poppa di altre due - rimane solo una citazione presso l’archivio storico della Banca commerciale italiana.



Il creatore della “Boccadasse”, nel 1950, fu Angelo Cassanello, direttore delle Officine meccaniche navali Campanella, allora nel pieno dell’attività. Pietro Campanella, figlio del fondatore Tito, è stato presidente degli industriali genovesi nel primo dopoguerra, e lo stesso Cassanello sarebbe stato tra i fondatori dell’associazione dei riparatori navali. Gli stabilimenti di Savona e Genova (uno per costruire le navi, l’altro per ripararle) erano ancora lontani dalla crisi degli anni Ottanta, dai passaggi di proprietà, dalle divisioni. Il lavoro delle maestranze genovesi dirette da Cassanello produsse quella che gli americani battezzarono “super-Liberty”, una nave di 136 metri in luogo dei 127 standard, e circa 7000 tonnellate di portata lorda.

La novità stava anche nel modo con cui l’operazione venne condotta, cioè tramite elettrosaldatura, e la società che ha fornito questa tecnologia - la svedese Esab - è l’unica realtà ancora esistente tra i protagonisti di questa storia. Per diverso tempo la “Boccadasse” ha navigato per i mari di tutto il mondo, fino al suo smantellamento del 1962, alla Spezia”.

Concludiamo con alcune osservazioni:

Da quell’operazione siderurgica di grande impatto ingegneristico, sono passati 66 anni densi di grandi evoluzioni nel settore navale. Tuttavia, lo straordinario esperimento della BOCCADASSE, è degno di essere ricordato perché fu il primo, nell’era moderna, di una lunga serie di “allungamenti” eseguiti su navi passeggeri, petroliere e container per renderle più “economicamente competitive”.

All’epoca della BOCCADASSE, l’obiettivo era quello di creare navi che fossero in grado di far circolare merci, unica vera “linfa vitale”  per la ripresa dell’economia del mondo, oggigiorno gli allungamenti, frutto di quella antica esperienza genovese, sono sempre di moda, ma l’obiettivo appare rovesciato nel suo significato: occorre favorire la massima circolazione di merce con poche navi.

Questo fenomeno si chiama:  GIGANTISMO NAVALE ed impensierisce il mondo moderno per le sue cruciali controindicazioni.

Sul sito di Mare Nostrum Rapallo abbiamo affrontato questo problema con molti servizi mirati che trovate in NAVI E MARINAI - Sezione Mondo Marittimo.

Carlo GATTI

Rapallo, 27 Settembre 2016