NOTE STONATE SULL’OCEANO - 1962 Il vero giustiziere della notte

NOTE STONATE SULL’OCEANO ...

1962

Il vero giustiziere della notte

 

LE GEMELLE "VULCANIA" E "SATURNIA" A GENOVA

 

La traversata oceanica Gibilterra-New York a bordo dell’iconica SATURNIA - Gemella della  VULCANIA inizia cullandosi nella bonaccia. La luna è una enorme lanterna magica che illumina la nostra rotta.

Il mio capoguardia Vittorio, passate le consegne agli Ufficiali della notte fonda (24h-04h), decide di fare un’ispezione sui ponti alti simulando il gesto di farci un whisky nel Bar di 1a classe.

Dentro di noi prevale il senso di gratitudine verso gli dei del mare per averci donato un placido notturno in cui ogni marinaio dimentica i colpi di mare ricevuti sul muso lungo quella rotta piuttosto infida, anche nei mesi considerati i migliori dalle statistiche.

 

Attratti dalle note dell’orchestra di bordo mentre abbassa la saracinesca sul sesto giorno di navigazione, entriamo facendoci largo tra le luci soffuse del fascinoso Salone delle Feste intriso di sapore orientale, un azzardo di paradiso tra i più celebrati nel mondo internazionale dei Liners.

 

Quel sano senso di orgoglio nazionale che ci prende ogni volta che varchiamo il supremo Santuario della bellezza, dura fino a quando veniamo rapiti, a causa delle le nostre divise, da un folto gruppo di turisti americani che sventolano le insegne del Nebraska.

Alcuni di loro gesticolano con vigore invitandoci a far parte del loro gruppo che ci sembra vistosamente avvinghiato alle membra di Bacco...

Il semplice popolo di vaccari che si para davanti ai nostri occhi ondeggia, sbanda, barcolla e si regge in piedi aggrappandosi l’un l’altro per non cadere e ferirsi su quei pregiati tappeti persiani sui quali ogni notte incombe una grigia nuvola di vetri frantumati: bicchieri da Museo colmi di Burbon e ghiaccio... destinati a ferire anche gli abissi dell’oceano.

Visto l’ambiente fortemente alterato, vorrei scappare..., ma l’esperto Vittorio sa come gestire certe situazioni sentendosi per altro sempre in servizio di guardia permanente!

 

Mi piego visibilmente contrariato sulla tastiera del pianoforte a coda (in alto nella foto sopra) assumendo l’atteggiamento di sfida all’OK-CORRAL che non passa inosservato agli stralunati americani che intendono qualcos’altro: forse sperano nel secondo tempo di un notturno musicale, un fuori programma da vivere alla grande.

Urlano come i coyote delle vaste pianure del Nebraska battendo ritmicamente le mani per invitarmi a suonare al pianoforte una qualsiasi canzone che possa allungare il sogno e la magia di quella notte.

Incrocio lo sguardo di Vittorio, lo vedo teso e rifletto: “in questo strano frangente, il più alto in grado è lui, quindi rappresenta il padrone di casa: la Compagnia di Navigazione.

La decisione di sgomberare il Salone delle Feste col supporto forzuto dei pompieri e dei marò-capi stiva, potrebbe avere una coda di cattiva propaganda in quel mondo di fantasia.

Vittorio ha molta esperienza e presto trova una soluzione che mi convince:

“La compagnia del Nebraska si comporta in modo più pazzerello che pericoloso. Sono pur sempre clienti di 1° classe, diamogli un’altra chance!”

Il mio superiore s’avvicina al pianoforte, mi mette una mano sulla spalla e sbotta in un laconico:

                      “E mo’ sono c... tuoi”

Per farmi coraggio respiro profondamente e scarico sui tasti dell’incredulo pianoforte le dieci dita a ritmo infernale con la sfacciataggine di un ventenne che ha deciso d’inviare un clamoroso VAFFA al Nebraska e a tutto il mondo insensibile all’arte e alle cose belle di cui noi siamo ambasciatori, e in quel momento anche protettori.

 

A questo punto il lettore si farà un po' di domande! Prendo ancora un po’ di fiato e procedo umilmente verso una doverosa confessione:

- suono discretamente l’armonica a bocca, ma solo a orecchio.

- non so leggere uno spartito musicale

- sono privo delle più elementari nozioni del pentagramma

 

Provo quindi un senso di vergogna! Ma ormai sono in ballo e ....

Tuttavia l’effetto scenico che segue è straordinario: gli americani, inzuppati totalmente di Burbon, da vicino profumano anche di stalle del Nebraska, un effluvio che mi è rimasto a lungo nel naso.

Brutalmente i cowboys s’ammucchiano come giocatori di football americano intorno al pianoforte per toccarmi e applaudirmi. Alcuni di loro, convinti d’aver scoperto un pianista Jazz dallo stile innovativo e affascinante, mi invitano ad esibirmi a casa loro negli USA.

 

In quella imbarazzante situazione in cui mi vengo a trovare, mi soccorre il ricordo del mitico Adriano Celentano quando si scatenava con movenze da contorsionista in un celebre film "Yuppi Do" in cui recita il ruolo di pianista eccentrico e sperimentale  con sequenze oniriche e surreali, una pellicola unica nel suo genere, spesso definita folle e geniale allo stesso tempo.

Provo ad imitarlo agitandomi abbondantemente e raggiungo subito l’apice del gradimento.

Alcuni di loro, i meno impegnati in quell’assurdo baccanale, durante una fase di apnea, mi chiedono, taccuino alla mano, i nomi dei brani da me suonati non sapendo che questo è il mio campo preferito...!

Faccio uno sforzo di fantasia e sciorino un’improbabile lista di brani legata al mio territorio:

L’elenco di puttanate è lungo, ma vi concedo soltanto l’inizio...

- CONSCENTI LA NUIT...

- A SUMMER AT MOCONESI...

- WALKING IN THE "NESCI" GULF

- DANCING A NIGHT AT PENTEMA

- LA MONA (anzichè ) RAMONA

 

Con gli occhi sgranati dalla curiosità, mi giro a dritta e a babordo per godermi quell’incredibile presa per il culo... che va in onda con estrema naturalezza, complici l’estasiate “damine del Nebraska” che si trovano immerse in quell’indimenticabile concerto sull’oceano cullando il sogno della vita da deporre nello scrigno segreto di famiglia: un diario destinato ai posteri nel regno delle vacche del Nebraska.

Nel frattempo l’esibizione prosegue con lo sfinimento progressivo degli ospiti che si trasformano in vacui fantasmi che si agitano sempre meno, senza fare rumore.

Il livello di Burbon nelle loro cisterne ha raggiunto il massimo livello concesso dal loro piano di costruzione...

 

L’astuto Sommo Sacerdote che ha celebrato lo spettacolo non è ovviamente Nettuno, neppure Eolo, il folletto di quella scoppiettante offesa alla musica si chiama Zagallo, l’unico barman che non soffre il sonno, una specie di gnomo incosciente e bastardello che vive ormai nella ricchezza...avendo capito che il mondo del mare e quello di terra convivono nell’eterna collisione esistenziale:

“Vivere per lavorare O lavorare per vivere”

Ripete spesso:

Chi ti manda a navigare è l’unico soggetto che passa sempre all’incasso...!”  E spiega: “Allora quando navigo mi rifaccio... Attuo la mia vendetta vendendo acqua ghiacciata con poche gocce di Burbon fino alla resa dello sfidante che perde sempre per KO tecnico”.

E conclude il suo vanto: “Non importa chi sia il cliente, ma so che mi ama perché ritorna sempre da chi lo tiene in piedi e qualche volta lo porta sulle spalle in cuccetta.

 

Il mondo è dei furbi... gli altri brucano come umili capre erranti sugli altipiani del monte Fasce alle spalle della Superba”!

Gli accompagnatori del gruppo, ossia i capi-allevatori del Nebraska, non sono appassionati di Jazz e per tempo hanno infilato l’alveo della propria stalla pensando da sbronzi nell’unico modo che conoscono:

Negli ampi spazi di mare intorno alla nave, ci sono sempre mandrie da pascolare all’alba”!

Ne godono le “Damine del Nebraska” che si sentono finalmente incustodite... e si lasciano andare a movenze lente e aritmiche facendo saltellare le “antiche grazie” su un davanzale sgargiante color arcobaleno, ma ormai in disarmo inoltrato.

 

             Sullo sfondo le "carrette dimenticate"

A pensarci bene sono tutte al guinzaglio da almeno 20/30 anni e mi ricordano le “carrette dimenticate” che, ormeggiate di punta sulla diga Duca di Galliera del porto di Genova, si stirano avanti e indietro nella risacca forzata dalle navi in entrata e in uscita, per farsi meglio notare da possibili acquirenti.

 

In effetti, la somiglianza tra i due contesti esiste:

- le ballerine del Nebraska e le navi in disarmo sprigionano la stessa triste speranza di risorgere vergini all’improvviso da una magica conchiglia di mare come la Venere del Botticelli.

 

 

A tal proposito e senza cattiveria ci soccorre un detto genovese:

LA BELLA DI TORRIGLIA – Tutti la vogliono e nessuno la piglia!

 

Il baccano che esce sordo e fastidioso dal Salone di 1° classe  fa eco allo sbuffanti stantuffi della Sala Macchina che salgono potenti dalla vicina ciminiera del transatlantico: un muggito vaccino che ricorda le vaste pianure del Nebraska inebriate di creature a quattro zampe lente e pesanti, odori forti di fieno e  stallatico!

 

Giunti ormai alle ore piccole della notte fonda, quel poco di cervello che si è salvato dal Burbon   annacquato sapientemente da Zagallo, il barman del “mare a fuera”, dà alle “damine del Nebraska” la speranza d’irretire qualche giovane “besugo” che si è perso come loro nel buio di una notte ruffiana tra le romantiche cineserie e arazzi preziosi di una nave precipitata nel ruolo di grande puttana.

 

Nel mondo femminile di quel gruppo ormai disinibito e pronto a tutto, si scorgono lunghe e ampie gonne issate a riva con rara destrezza che invitano a prendere il largo. Ricordano le vele a pallone che guarda caso portano GENOA come nome.

 

Soltanto chi sogna vede possibili amanti nella notte in cerca d’amore!

E’ tardi, le damine indugiano ancora per poco sugli ultimi impavidi saltelli prima di cadere in una arrendevole e sconcia ammucchiata tra le braccia di Morfeo:

“Il vero giustiziere della notte”

 

Buona notte a tutti !

Fine

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, lunedì 21 luglio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL POLPO DI RAPALLO CE LO SIAMO IMMAGINATI?

 

Il Polpo di Rapallo ce lo siamo immaginati?

 

Mi venne in mente di scrivere questo articolo a Pasqua, nel ronzìo di quel traffico che ancora mi gorgoglia in testa; fuori dalla finestra, si spianavano cofani fino al tappo di Via Rosselli, e tutt’intorno si intasava. Dall’autostrada scendevano dritti fiumi di automobili, e le persiane delle seconde case, chiuse da ottobre, sbocciavano per il primo tepore di maggio, puntualissime. è la stagione dei mugugni, che arrivano a nugoli con l’afa.

Adesso è giugno, e la viabilità è di nuovo chiamata ad affrontare le sfide del turismo, e quelle dei cantieri, che si moltiplicano come funghi infiniti in tutti gli sbocchi: a me viene il dubbio che in tutti questi lavori non ci sia nulla di transitorio, ma che essi stessi siano oggetto definitivo della nostra conformazione cittadina. E mi viene proprio in mente guardando Via Rosselli, che poche settimane fa, goffamente si è tappata e stappata due volte, perché i lavori (non conformi al progetto iniziale) hanno necessitato di altri settantamila euro per venir realizzati. E quindi noi Rapallini siamo nel traffico a guardarci negli occhi, ed insultarci fra di noi, anche se pregni d’un nervosismo che proliferando collettivamente davanti a murate di turisti e transenne, diventa quasi gregario; ma contro chi? Forse alla fine vincerà la pigrizia di quei cantieri e le loro proroghe esauste; ricordo di quasi tutte le volte in cui provarono a dare una data al ritorno della fontana del Polpo alla rotonda davanti al Castello, che balzava di anno in anno, sino a farmi passare la voglia d’interessarmene. “Il polpo di Rapallo” (riportato in foto) è una statua in bronzo che risale al 1954, per la mano di Italo Primi

 

Foto TRIPADVISOR

La scultura, caricatasi della responsabilità di simbolo cittadino, è sparita ed il ricordo in cui ingombrava la rotonda pare ormai quasi un miraggio allucinato; sono passati otto anni. In tanto tempo scoprii il famoso dilemma di Schrodiger, in cui un gatto, chiuso dentro una scatola, diventa dopo poco tempo potenzialmente vivo quanto morto. Mi ricorda un po’ il polpo della rotonda; rimane da chiedersi come nel famoso dilemma fisico, questo polpo, è o non è? Esiste, non esiste o è tutta teoria? È nei magazzini comunali?

Perché poi girò anche quella voce, condita di foto e testimonianze; il polpo sin dallo scorso 2024 è nei magazzini comunali. Eppure, stando al Secolo XIX, nell’ottobre 2019 è addirittura andato a cercare il restauro in un laboratorio bolognese, dove le spese hanno raggiunto l’ammontare di trentamila euro, e la stampa aveva già perso l’ottimismo con cui il GenovaToday, a maggio 2017, riferiva di “un’estate senza il polpo”; Rapallo aspetta l’ottava estate senza polpo, e io ho impressione che non me lo vogliano far scoprire bloccando tutte le strade per arrivarci; ormai, il simbolo cittadino, è il cantiere stesso. E poi cos’è e dov’è nato questo antico culto dei cantieri? Pochi giorni fa ritrovai quella rotonda nuovamente recintata di reticolati grigi, a spezzare il passaggio delle corriere per Via Milite Ignoto, e con quella ritrovai la mia idea pasquale di scrivere questo articolo; un’ispirazione suggeritami da quegli autobus, costretti nuovamente ad ingombrare la passeggiata mare, e ad isolare la fermata principale davanti alla stazione. Adesso lì staziona un nuovo mucchio di cartelli a schermare il passaggio, dopo mesi che quella rotonda, (anch’essa Schrodigeriana) era aperta, ed anni che intermitte quei cantieri. Delle volte ha coperto il fiume, ed altre ha lasciato il suolo spalancare la bocca di cemento e acqua del San Francesco. Tutto intrattenimento d’ammirare attraverso i reticolati, quello sgorgare di fango e polvere, sotto la strada spaccata, e dove cavi e tubi rimanevano strappate al pari di erbacce. Proprio lì alle radici di Rapallo, alla base di tutto, si nasconde la profondissima coerenza d’una soprintendenza che in realtà non si è mai contraddetta e a cui quando viene posta una domanda sul polpo, risponde fedele a sé stessa nel 2017, con le medesime parole – Dopo l’estate -.

 

Leonardo D’ESTE

Rapallo, Lunedì 30 Giugno 2025

 

 

Dello stesso autore (Classe 2006)

- SALE MAGNETICO 

https://www.marenostrumrapallo.it/14166-2/

 

Rapallo, 24 Novembre 2023

 

- LE CARTOLINE DI LEO

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Rapallo, 17 Dicembre 2020

 

 

- MARY CELESTE - Un Mistero Mai Svelato

https://www.marenostrumrapallo.it/mary/

Rapallo, 9 settembre 2020

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


ALBERTO CANTINO - IL FURTO DEL PLANISFERO PORTOGHESE

ALBERTO CANTINO

IL FURTO DEL PLANISFERO PORTOGHESE

 

 

 

 

di Carlo GATTI

 

La connessione tra la scoperta di Colombo e il furto del planisfero portoghese da parte di Cantino è indiretta, ma esiste.  Colombo aprì nuove rotte marittime, accendendo la competizione tra le potenze europee per il controllo di queste rotte e delle risorse che offrivano. Questo spiega il valore strategico del planisfero portoghese, che mappava queste nuove terre.  L'Italia, sebbene non fosse un unico stato, era comunque protagonista del commercio marittimo rinascimentale, e l'azione di Cantino riflette questa volontà di competere per le risorse e il potere marittimo globali.  La sua azione non fu una semplice rapina, ma un atto di spionaggio al servizio della competizione geopolitica tra le maggiori potenze europee.

Alberto Cantino, trafugando  in Italia, diede alla Repubblica di Venezia informazioni cruciali sulle rotte commerciali verso le Indie. Questo ebbe un impatto economico enorme, permettendo a Venezia di competere con il Portogallo nel commercio di spezie, oro e tè, e un impatto politico altrettanto significativo, alterando il delicato equilibrio di potere tra le potenze europee nel XV secolo. 

Il furto rappresentò un colpo di genio, una scorciatoia per raggiungere la ricchezza e il potere, aggirando anni di esplorazione e conquista.

Il furto del planisfero Cantino non fu solo un evento di spionaggio, ma un punto di svolta nella storia delle esplorazioni geografiche e del commercio globale. Il Portogallo, detentore del monopolio sulle rotte verso le Indie, aveva accumulato immense ricchezze grazie al controllo di preziosi beni come spezie (cannella, chiodi di garofano, noce moscata, pepe), oro, e successivamente tè.  Questi prodotti erano ad alta domanda in Europa e generavano profitti enormi.

Il planisfero, con la sua rappresentazione accurata e dettagliata delle rotte, delle coste e delle scoperte portoghesi, rappresentava un tesoro di informazioni strategiche.  Il suo trafugamento da parte di Cantino a favore di Venezia, la potente Repubblica Marinara in rivalità con il Portogallo, consentì alla Serenissima di:

Ridurre la dipendenza dal Portogallo: Venezia poté sviluppare rotte commerciali alternative, riducendo il suo vincolo economico con la potenza iberica e aumentando la propria autonomia.

Aumentare i profitti: L'accesso alle informazioni sulle rotte per le Indie permise a Venezia di competere direttamente nel commercio delle spezie e di altri beni di lusso, incrementando considerevolmente i suoi profitti, già descritti in precednza.

Rafforzare la propria posizione geopolitica: 

Il furto rappresentò un colpo propagandistico e strategico di grande impatto, dimostrando la capacità di Venezia di competere con le maggiori potenze europee, anche attraverso attività clandestine.

In sintesi: il furto del planisfero Cantino fu un'azione di spionaggio di grande successo dalle conseguenze economiche e politiche di vasta portata, che ebbe un ruolo importante nello spostamento degli equilibri di potere nel Mediterraneo e nel mondo.  Fu un atto che accelerò la “globalizzazione del commercio” e la competizione tra le potenze europee per il controllo delle rotte commerciali.

 Fine

ENTRIAMO NEL DETTAGLIO:

Il Planisfero di Cantino è importante perché è la prima mappa conosciuta che rappresenta le Americhe come un territorio distinto dall'Asia e include le coste dell'Africa e dell'Asia con un grado di accuratezza senza precedenti per l'epoca, soprattutto per quanto riguarda la costa brasiliana. Inoltre, fu una delle prime mappe a rappresentare l'Indocina e le coste dell’Oceano Idiano e fu ottenuta segretamente dai portoghesi, diventando un importante strumento di conoscenza per il duca di Ferrara. 

 

Perché il Planisfero di Cantino ha avuto un impatto politico significativo?

Il Planisfero di Cantino è stato politicamente importante perché si tratta della prima mappa a rappresentare il Nuovo Mondo come entità distinta, fornendo informazioni cruciali ai portoghesi sulle nuove terre scoperte e contribuendo a definire la loro posizione nel contesto delle “Esplorazioni Geografiche” e delle future rivendicazioni territoriali. 

 

Come si presenta oggi del Planisfero Cantino?

 

BIBLIO TOSCANA

 Planisfero di Cantino (o Mappa del mondo di Cantino o, più semplicemente, Carta del Cantino) è una mappa, composta da 6 fogli di pergamena incollati, che mostra le conoscenze geografiche dell'Impero portoghese all'inizio del XVI secolo. Si tratta del più antico planisfero portoghese sopravvissuto.

Misura 220×105 cm. Il planisfero prende il nome da Alberto Cantino, un agente del Duca di Ferrara che contrabbandò dal Portogallo all'Italia nel 1502. La mappa ritrae la costa brasiliana, scoperta nel 1500 dall'esploratore portoghese Pedro Álvares Cabral, e mostra la costa africana dell'oceano Atlantico e Indiano con grande accuratezza e dettaglio. Il planisfero di Cantino è uno dei primi esempi di mappa nella quale le località sono collocate sulla base della loro latitudine, e non riportando la rotta e la distanza stimata da altre località, come avveniva nei portolani e nelle carte del Mediterraneo del secolo precedente (sistema che rimane, nella mappa, per l'Europa e il Mar dei Caraibi). È stata definita "la mappa più importante della storia della cartografia portoghese, e anche del mondo".

Crediti immagine

Autore: Sconosciuto - Credits: Pieced together from Biblioteca Estense, Modena, Italy -Termini d'uso: Pieced together from Biblioteca Estense, Modena, Italy - Licenza: pd

 

 

Amici della Scienza

Planisfero di Cantino (1502), la prima carta geografica antica a rappresentare il Nuovo Mondo come territorio a sé stante.

Fu trafugata da tale Alberto Cantino su incarico del Duca Ercole d’Este, signore di Ferrara che venne così a conoscenza delle informazioni in mano ai portoghesi sui nuovi territori scoperti. Esplicito in questo senso il titolo che compare sulla mappa:

Carta per la navigazione nelle isole recentemente scoperte nelle parti dell’India.

Il planisfero di Cantino è oggi conservato presso la Biblioteca Estense di Modena

Creato da un cartografo sconosciuto, questa mappa infame fu contrabbandata in Italia dal Portogallo da Alberto Cantino.

L'importanza principale di questa mappa è la sua rappresentazione del mondo, diviso tra Portogallo e Spagna nel 1494, decretato dal Trattato di Tordesillas.

 

Wikipedia

PLANISFERO DI CANTINO

https://it.wikipedia.org/wiki/Planisfero_di_Cantino

Immagini

 

1502 - Anonimo, Planisfero nautico “del Cantino”, Charta del navicare per le isole novamente trovate in la parte dell'India dono Alberto Cantino al S. duca Hercole, Lisbona (Modena, Biblioteca estense, C.G.A.2)
Per gentile concessione del Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo. È vietata ogni ulteriore riproduzione con qualsiasi mezzo

© 2016 Museo Galileo - Istituto e Museo di Storia della Scienza · Piazza dei Giudici 1 · 50122 Firenze · ITALIA

 

“Planisfero di Cantino “

O “Carta di Cantino” (1502)

Biblioteca Estense Modena, Italy

https://en.wikipedia.org/wiki/Cantino_planisphere

 

The Treaty of Tordesillas line

Planisfero di Cantino: Mappa di Alberto Cantino del 1502 che rappresenta la linea di confine imposta dal Trattato di Tordesillas (1494) tra l'America portoghese e quella spagnola. Biblioteca Estense. Modena

 

The rhumb-line construction scheme and geographic lines in the Cantino planisphere. Adapted from Gaspar (2012), Plate 3

 

Major wind rose of the Cantino planisphere

 

 

 

https://www.cristoforocolombo.com/cristoforo-colombo/articoli-storici/planisfero-di-cantino-1501-1502/

 

 

Ministero della Cultura

La Carta del Cantino e la rappresentazione della Terra nei ...

 

http://bibliotecaestense.beniculturali.it/info/img/esp/i-mo-beu-1991-sc.rm.1.1-cantino.pdf

 

 

Lisbonne, octobre 1502. En pleine fièvre des découvertes, dans un port envahi par l'or, les épices et les esclaves, éclate une étrange affaire d'espionnage. Un planisphère royal a disparu. Représentant, pour la première fois, les Indes atteintes par Vasco de Gama et le Brésil touché par Cabral, il est un véritable secret d'État. Il réapparaît, début 1503, en Italie du Nord, à la cour du Duc de Ferrare, Hercule d'Este. Transféré, en 1598, dans le château ducal de Modène, la carte de Cantino y passe deux siècles et demi, avant de disparaître à nouveau, mystérieusement, lors du soulèvement pour l'unité italienne en juin 1859. Un collectionneur la retrouve neuf ans plus tard au fond... d'une charcuterie de la ville ! Histoire vraie, dans toutes ses péripéties de Lisbonne à Ferrare, Gênes et Modène... mais où les détails manquent, permettant à l'auteur de bâtir, d'aventure en aventure, le roman d'histoire de la carte de Cantino.

 

SCUOLAMEDIA DIGITALE

Le scoperte geografiche: il Planisfero di Cantino

 

Il planisfero prende il nome da Alberto Cantino, un agente del Duca di Ferrara che fu inviato in Portogallo allo scopo di entrare in possesso delle conoscenze ...

 

 

Le scoperte geografiche:

il Planisfero di Cantino

Il planisfero di Cantino è una carta geografica realizzata su sei fogli di pergamena nei primi anni del Cinquecento; probabilmente si tratta della copia di una mappa realizzata per il Re del Portogallo, in cui veniva descritto il mondo fino ad allora conosciuto.

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https://www.scuolamediadigitale.it/archivi/Storia/430000178_STO_Le%20scoperte%20geografiche_Fonti%20storiche_Il%20Planisfero%20di%20Cantino.pdf

 

 

IL TRATTATO DI TORDESILLAS

 Dall’avventura di Colombo alla nascita del colonialismo

https://www.marenostrumrapallo.it/tordesillas/#:~:text=Con%20questo%20atto%20il%20pontefice,di%20Cristo%20le%20popolazioni%20indigene

 

Carlo GATTI

 

ALBERTO CANTINO

 STORIA – Wikipedia

Alla fine del XV secolo Ercole I d'Este, duca di Ferrara, inviò Alberto Cantino a Lisbona con l'incarico formale di commerciante di cavalli ma in realtà per raccogliere riservatamente informazioni sulle scoperte geografiche portoghesi. In due lettere al Duca, datate al 17 e al 18 ottobre 1501, Cantino riferisce di aver sentito l'esploratore Gaspar Corte-Real esporre al re Manuele I i risultati del suo ultimo viaggio a Terranova.

Alcuni fra i primi studiosi della mappa hanno suggerito che essa sia stata commissionata a un cartografo ufficiale del Regno del Portogallo, che l'avrebbe realizzata copiando la mappa in possesso della Corona, il cosiddetto Padrão Real, compilato dall'Armazéns da Índia. Mancano tuttavia i riscontri storiografici per questa ipotesi, ed è stato notato che il planisfero contiene diversi errori che difficilmente sarebbero stati presenti in uno standard ufficiale.

Un'altra possibilità è che la mappa sia stata clandestinamente acquistata dopo essere stata realizzata su commissione di un nobile o di un funzionario locale.

Cantino afferma di aver pagato 12 ducati per la mappa, una cifra considerevole per l'epoca. Da un'altra lettera, è noto che inviò la mappa al Duca di Ferrara il 19 novembre 1502. Sul retro della mappa vi è un'iscrizione che dice: Carta de navigar per le Isole nouam trovate in le parte de India: dono Alberto Cantino al S. Duca Hercole.

Il possesso della mappa svelò alla Signoria di Ferrara l'esistenza di molti territori in precedenza sconosciuti; nondimeno, la mappa divenne obsoleta in pochi mesi, a causa di successive spedizioni esplorative condotte dai portoghesi.

Poco dopo il suo arrivo in Italia, le informazioni presenti sulla mappa furono ricopiate nel planisfero di Caverio, che a sua volta servì da base per la rappresentazione dell'America nella carta Universalis cosmographia di Martin Waldseemüller.

La mappa fu mantenuta nella biblioteca ducale di Ferrara per circa 90 anni, finché il papa Clemente VII la trasferì a Modena. Nel 1859 il palazzo in cui si trovava la mappa fu depredato, e il planisfero fu disperso. La cartina fu ritrovata e acquistata nel 1868 da Giuseppe Boni, direttore della Biblioteca Estense, in una salumeria di Modena. Il planisfero di Cantino è tuttora conservato alla Biblioteca Estense di Modena.

 

70 Anni dopo....

 

La Sala del Mappamondo, o Sala delle Carte Geografiche, è uno degli ambienti più affascinanti e significativi di Palazzo Farnese a Caprarola, un capolavoro dell'architettura manierista.

La sua realizzazione, avvenuta tra la fine del 1573 e il 1575, si deve al cardinale Alessandro Farnese il Giovane, nipote di Paolo III, che la volle decorata con una precisione scientifica all'avanguardia per l'epoca.

Queste carte, realizzate da Giovanni Antonio da Varese, detto il Vanosino, con l'aiuto di Giovanni de' Vecchi e Raffaellino Motta da Reggio, rappresentano le terre conosciute fino al 1574. Si possono ammirare mappe dell'Asia, dell'America, dell'Europa e dell'Africa, oltre a un planisfero. Negli angoli delle pareti, quattro matrone personificano i continenti.

#viaggiaconwallace #borghidaraccontare #palace

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 26 Giugno 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


2.to

 

LE TORRI E GLI SCAGNI

 DUE SIMBOLI DELLA GENOVA MERCANTILE

 

La Repubblica di Genova

 Nel periodo delle Repubbliche Marinare, Genova era costellata di torri, con stime che variano da 66 a 80, costruite principalmente dalle famiglie più potenti come elemento di prestigio e difesa del proprio patrimonio, inclusa l'area portuale.

Queste torri non erano necessariamente costruite dagli armatori, ma piuttosto dalle famiglie nobili genovesi, che spesso avevano interessi sia commerciali che politici. 

 

Torre Dei Morchi

 

Torre degli Embriaci

 

Torre Maruffo vista dai tetti della Cattedrale di San Lorenzo
(foto di Antonio Figari)

Gli armatori genovesi al tempo delle Repubbliche Marinare, sono stati una componente fondamentale della storia marittima di Genova, protagonisti di una lunga tradizione di attività cantieristica e di trasporto navale. Le principali famiglie armatoriali genovesi, hanno gestito flotte mercantili di grande rilievo, contribuendo allo sviluppo economico della città e del paese. 

Gli armatori genovesi, in particolare quelli che appartenevano alle principali famiglie nobili, erano soliti costruire torri proporzionate all'altezza delle loro navi più grandi.

Queste TORRI, spesso erette nelle vicinanze del porto, servivano sia come simbolo del loro potere e ricchezza, sia come punti di osservazione strategici per monitorare le proprie flotte e il traffico marittimo. 

Più alta e imponente era la torre, maggiore era la reputazione e il prestigio dell'armatore. 

Queste torri, quindi, non avevano solo una funzione pratica di controllo, ma anche un forte valore simbolico e sociale, rappresentando l'importanza degli armatori nella vita economica e politica di Genova. 

 

Vi propongo il LINK di una pregevolissima ricerca sulle Torri di Genova.

iSEGRETIdeiVICOLIdiGENOVA

http://www.isegretideivicolidigenova.com/p/le-torri-di-genova.html

 

 

DALLA TORRE ALLO SCAGNO ....

La parola genovese "scagno", che significa ufficio, scrivania o studio, è attestata fin dal XVI secolo, con il significato di "ufficio commerciale" o "scrivania". L'etimologia della parola è legata al termine tedesco "Schagen", che indica un banco o un tavolo da lavoro, e al latino medievale "scannus". 

Lo "Scagno" è una parola molto antica e indicava lo spazio in cui si svolgeva l'attività commerciale e la gestione di materiali, come un ufficio o una scrivania. "Scagno" veniva anche usato per indicare un magazzino o una stanza dove si smistavano merci, soprattutto in riferimento alle banchine storiche di Genova-Porto. 

 L’Evoluzione del termine:

Nel tempo, il termine ha assunto il significato più ampio di ufficio o studio, sia commerciale che di altro tipo, e anche quello più specifico di scrivania, dove si svolgono attività amministrative o di lavoro intellettuale.

Diffusione:

La parola "scagno" e la locuzione "cammara-scagno"  è tipica della “lingua” genovese e non si trova in altre varianti dialettali liguri con la stessa frequenza o significato. La locuzione indicava un ufficio commerciale o una scrivania. 

Importanza storica:

L'istituzione dello "scagno" si perde quindi nella notte dei tempi della storia della Repubblica di Genova, e si pensi a quanti magazzini sorgevano lungo la Ripa Maris...

In sostanza, "scagno" è un termine che evoca il mondo del commercio e della gestione dei beni, particolarmente legato alla storia portuale di Genova. 

 

 VOCABOLARIO: zeneize.net

stipetto = scagnétto, segretèr [682, FB]

scagno (ufficio/2)scàgno [FB]

scrittoio/2 (stanza per scrivere o studiare)scàgno [682]

ufficio/2 (locale, stanza)scàgno, ofìçio [682, 546]

- oggi scàgno denota l’ufficio, lo studio di qualunque attività; più anticamente era l’ufficio di avvocati, procuratori, notai e agenti marittimi.

Scagnetté. Ebanista , chi lavora di Ebano , oggi nell'uso, artefice il quale con Ebano e altri le gni preziosi, od anche con legni comuni, fa lavori più minuti e più gentili che non farebbe il falegname.

Scagno. Banco, Studio, il Banco è il luogo dove i banchieri custodiscono i denari ed esercitano la lor professione; Studio, stanza destinata allo studio, e segnatamente quella dell'Avvocato, del Procuratore e del Notaio.

F/b -

Iniziamo il nostro viaggio per farvi conoscere un po' meglio Villa Cambiaso, la sua storia e i vini che in essa vengono selezionati.

#TradizioniLiguri #valpolcevera #ValPolcevera #villacambiasowine #Tradizione #SavorTheMoment #Territorialità #VillaCambiaso

La famiglia Cattaneo Adorno è di antichissima origine genovese e, nel vecchio scagno, gli archivi conservano fin dal Medioevo contabilità e documenti che narrano della coltivazione dell’azienda agricola.

Vivo era l’interesse al vino dimostrato in quelle antiche carte aziendali ma soprattutto a quello che si produceva, con passione e cura, nel Monferrato e nell’Oltrepò Pavese.

Incuriosisce quindi trovare anche conti e filze del secolo scorso che parlavano di vaste distese di vigne, uva e vini pregiati prodotti sulle colline del Genovesato.

Tanto che l’uva Bosco, oggi alla base di molti vini liguri, dal Bianco di Coronata al Bianco delle Cinque Terre, era stata selezionata nei boschi dell’azienda ai primi dell’Ottocento da una mutazione in bianco della Barbera, più rustica e resistente della Bianchetta e del Vermentino.

- La madia di Renata Merlo

Lo scagno: solo chi è “genovese dentro” sa cosa significa questa parola:

Un brulichio di attività

Una vecchia macchina per scrivere, un bugigattolo disadorno, con mobili tarlati, una scrivania e due sedie. Era lo "scagno", uno stanzino il più delle volte a livello strada dove si facevano nel Centro Storico di Genova contratti a volte di entità milionaria, iniziati magari nella vicina Piazza Banchi conoscendosi con una stretta di mano. In uno scagno di vico Cartai ebbe la sua prima sede la Compagnia di Navigazione di Raffaele Rubattino, al numero 8 rosso.

 

 

LO SCAGNO DELL’ARMATORE

(Museo Navale di Pegli)

https://www.museidigenova.it/it/node/8035

 

 Nell’epoca della vela capitano e armatore erano sovente la stessa persona, nella quale confluivano tutte le scelte – da quelle nautiche a quelle commerciali.

Quando i guadagni erano consistenti, il capitano-armatore reinvestiva gli utili incrementando la flotta.

Lo faceva sovente insieme a dei soci, e – per ridurre i rischi – anche diversificando i settori di attività. L’armatore diventava allora un vero dirigente d’azienda.

Nell'ufficio dell'armatore - o scagno come veniva chiamato - si trovano documenti di ordini diversi: quelli commerciali, relativi al traffico delle merci, e quelli più strettamente "marittimi".

Tra i documenti commerciali, troviamo le polizze di carico, un tipo di documento che certificava che un vettore aveva preso in consegna a bordo di una nave merce di un determinato tipo, con l'incarico di condurla a una destinazione in cambio di un nolo precedentemente pattuito.

Quasi sempre, nell'Ottocento, la merce è accompagnata da una polizza assicurativa, che assicura la merce stessa dalla perdita o dal danneggiamento durante il viaggio.

Le navi, oltre ad essere assicurate per le singole merci, erano assicurate come corpo presso le Società di Mutua Assicurazione stabilite tra armatori di una stessa area: in caso di perdita del veliero, ogni membro della Società contribuiva, per la sua quota, a rifondere il danno del proprie­tario del bastimento incorso in avaria o naufra­gio.

Tra i documenti marittimi, ecco i registri con­tabili di bordo dei viaggi già compiuti: l'armatore li controllava attentamente per vedere se i capita­ni avevano proceduto a una oculata (e parsimo­niosa) gestione.

 

Lo scagno dell'armatore

 

SCAGNI E CARRETTE:
GLI IMPRENDITORI PORTUALI GENOVESI A CAVALLO FRA OTTO E NOVECENTO

https://www.acompagna.org/rivista/2020/2/p14.pdf

di Francesco Pittaluga

 

Lo “scagno”, (foto sopra) inteso come luogo di lavoro e per estensione anche come “filosofia del lavoro” ha origini antichissime. Il termine lo si trova, seppur con alcune variazioni fonetiche, non solo nella parlata ligure ma anche nel veneziano, nel provenzale, nel catalano, nel portoghese, nelle lingue del Baltico e del Mare del Nord laddove, si può dire, erano assimilabili le varie modalità commerciali che hanno sempre unito chi parlava suddette lingue.

Circa poi l’etimologia del termine, tante sono le ipotesi. Fra le più accreditate vi è quella che lo vuole derivato dal latino “scrannum” che indicava il sedile sopraelevato (una specie di “seggiolone per bambini” in scala più grande) dotato di ribalta e scrittoio sul quale stava assiso il responsabile del fondaco o del magazzino dove avveniva lo stoccaggio delle merci che lui stesso poteva così controllare e seguire nel loro smistamento.

 

A Genova l’istituzione dello scagno si perde nella notte della storia della Repubblica: basti pensare ai tanti magazzini che si stendevano lungo la “Ripa Maris”

(foto sopra).

da F/B

 

Lo "scagno" a Genova.

Così si era soliti denominare, all'epoca del Comune e della Repubblica, il luogo dove era collocato il banco sul quale i mercanti contavano il denaro e scrivevano i rendiconti economici (lo utilizzavano anche i notai, gli avvocati e i procuratori). Col tempo lo scagno assunse il significato di ufficio, spesso piccolo e poco sfarzoso.

Ma lo scagno, nella realtà genovese, è il “ponte di comando” da cui, generazione dopo generazione, imprenditori, agenti marittimi, intermediari, grossisti hanno diretto i loro traffici in arrivo e in partenza dal porto.

Da quei piccoli locali di Sottoripa, via San Luca, via Luccoli, di tutto il centro e della zona attorno al porto, ieri come oggi, con attrezzature tecnologiche più avanzate, si spostano tonnellate di prodotti.

Lo scagno lo frequentò anche Eugenio Montale, aiutando il padre nell'azienda di famiglia: prodotti chimici, come acquaragia e colofonia nell'ufficio di piazza Pellicceria.

 

 

Nello scagno poi si ambientano le macchiette di Govi-Pastorino, genovesi astuti e tirchi (Pignasecca e Pignaverde), pronti ad acchiappare al volo ogni occasione vantaggiosa sulle tariffe delle merci.

Per il titolare lo scagno rimane comunque un luogo magico, il centro di tutto, una ragione di vita, una creatura da curare come un figlio.

 Sergio de Nicolai

  

.....L’AVVISATORE MARITTIMO DI UN TEMPO.....

Farsi identificare dai frati aveva un’importanza vitale per le famiglie dei marinai che da mesi e forse da anni aspettavano notizie dei loro cari; ma era economicamente rilevante soprattutto per l’armatore che aveva il tempo di predisporre i lavori di bordo, il cambio dell’equipaggio, i nuovi noli e le relative destinazioni. 

Il santuario di N.S. delle Grazie, posizionato a Zoagli sulla antica ss. AURELIA, aveva sicuramente il compito di vedetta, tuttora testimoniato dagli ex voto appesi ai vecchi muri in centinaia di esemplari e lasciati dai nostri avi-marinai a testimonianza della loro devozione alla Madonna. 

Avvenuto il “contatto” tra il Comandante del veliero ed il Capo Guardiano, la missione proseguiva e si esauriva soltanto dopo la avvenuta comunicazione dell’avvistamento del vascello all’armatore o alle autorità portuali preposte. L’operazione si svolgeva in poche ore, alla velocità della carrozza a cavalli.

NOSTRA SIGNORA DELLE GRAZIE – CHIAVARI

UN ANTICO TEMPIO  MARINARO

https://www.marenostrumrapallo.it/nostra-signora-delle-grazie-chiavari-tempio-dei-marinai/

di Carlo GATTI

 

Vallo a spiegare il Mare a chi non c'è nato!
Vallo a spiegare che per Noi, Gente di Mare,
il solo guardarlo è già tutto!

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 23 giugno 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


NOLI - GROTTA DEI FALSARI

 

NOLI - GROTTA DEI FALSARI

Escursioni nella Storia...

 Si narra che la Grotta dei Falsari, fosse la sede dei traffici di contrabbandieri che in tempi passati tenevano nascosta  la propria merce in quel "buco" nella roccia. Di qui, la nascita del nome.

 

 

La Grotta dei Falsari, nota anche come Grotta dei Briganti o Antro dei Falsari, si trova tra Noli e Varigotti, lungo la “Passeggiata Dantesca” e il “Sentiero del Pellegrino, ed è una delle più belle escursioni del Ponente Ligure. Si tratta di un percorso che sale dolcemente, con lieve dislivello che regala panorami mozzafiato sulla costa Ligure, alternando il verde della macchia mediterranea e il blu zaffiro del mare. L’origine della Grotta dei Falsari è dovuta ad una lenta e costante azione erosiva esercitata dal mare milioni d’anni fa, quando le terre oggi emerse si trovavano al di sotto del livello del mare.

 

NOLI

NOLI - L’Antro o Grotta dei Falsari o dei Briganti è una spettacolare “finestra sul mare” di Capo Noli.

La Grotta dei Falsari a Noli, oltre ad essere nota per la sua bellezza naturale, è legata ad una storia di pirateria ed altre attività illegali che erano protette dalla natura impervia e difficile da raggiungere.  Si narra quindi che fosse un luogo di incontro e deposito per i contrabbandieri che la usavano per nascondere la loro merce. La grotta, conosciuta anche come "Grotta dei Briganti", testimonia questo passato, rendendola un luogo affascinante in cui si respira aria di mistero che attraversa secoli di storia ancora da raccontare...

Qui decise di fare anche il suo “eremo” il famoso Capitano “lupo di mare” Enrico Alberto d’Albertis: una bella casa in stile coloniale a forma di cabina di nave con l’albero per l’alzabandiera, piante esotiche, voliera di uccelli rari…) ed oggi è uno dei Luoghi abbandonati in una delle posizioni più belle di tutta la Liguria…(foto sotto).

 

Genova - Castello D'Albertis

Museo delle Culture del Mondo

 

Genova

D’ALBERTIS – Marinaio gentiluomo

 https://www.museidigenova.it/it/castello-dalbertis-museo-delle-culture-del-mondo

 

 

Sentiero del Pellegrino:  Chiesa di San Lorenzo Medievale. Della primitiva struttura altomediovale sopravvivono frammenti di età bizantina murati nelle pareti. Una parte molto antica, forse di età preromana, è costituita dall'abside quadrata con monofore di mattoni ad arco ribassato. Il fronte verso il mare, con le due porte principali a sesto acuto è di epoca gotica.

Torre delle streghe

Eretta nel 1582 come torretta di guardia per arginare gli sconfinamenti di Varigotti nei territori di Noli, fedele a Genova. Varigotti protestò con gli spagnoli chiedendone la demolizione che non fu eseguita. In seguito la torre prese il nome di "Torre delle streghe" come scherno nei confronti delle donne di Varigotti.

 

Sentiero del Pellegrino: Varigotti - Monte di Capo Noli (Semaforo) - Grotta dei Briganti (Antro dei Falsari) - Noli

 

Il sentiero che porta alla Grotta si snoda  pure lungo una delle Vie della Fede dei Pellegrini in Liguria sul quale si trovano alcune chiese dalle quali si hanno spettacolari scorci panoramici sulla costa.

Nella filosofia greca la grotta è considerata come metafora del mondo materiale. Nel “mito della caverna”, Platone la identifica come il mondo dell'ignoranza, in cui le anime degli uomini sono imprigionate e percepiscono la luce riflessa di una realtà raggiungibile solo attraverso la mente e lo spirito.

L'origine della Grotta dei Falsari è dovuta ad una lenta e costante azione erosiva esercitata dal mare milioni d'anni fa, quando le terre oggi emerse si trovavano al di sotto del livello del mare. Il panorama è da togliere il fiato.

 

 Il mare dell'ammiraglio Nelson 

NOLI, in Liguria, è storicamente collegata all'ammiraglio inglese Horatio Nelson grazie alla battaglia di Capo Noli, combattuta nel 1795. Questa battaglia segnò la prima vittoria navale di Nelson, e un tesoro recuperato recentemente potrebbe essere collegato a una delle navi francesi sconfitte.

 

 

La fin du Ca-Ira, par Pierre Villié, directeur de fouille

 

Possiamo anche qui ricordare che La battaglia di Capo Noli fu uno scontro navale combattuto nel 1795 al largo della costa di Noli, tra le navi da guerra francesi comandate dall'ammiraglio Pierre Martin e le navi da guerra britanniche e napoletane comandate dal contrammiraglio William Hotham. La battaglia si concluse con la vittoria degli anglo-napoletani sui francesi. Le navi francesi Ça Ira e Censeur furono catturate dai britannici, la nave britannica Illustrious fu gravemente danneggiata e distrutta dopo la battaglia.

Il mare dell'ammiraglio Nelson: Capo Noli e la Grotta dei Falsari, escursione panoramica.

 

Malpasso, falesia a picco sul mare

Questo è l'orizzonte ricorrente che contraddistingue per tutta la giornata la vista lungo il Sentiero del Pellegrino, splendido itinerario che sale verso le alte pareti calcaree del Malpasso. Dopo la visita del singolare borgo saraceno di Varigotti, si guadagna quota verso Punta Crena e la Chiesa di San Lorenzo, appartenuta all’ordine benedettino.

Questo gioiellino ha un'abside con lunghe monofore dell’VIII secolo; la sacrestia e il piccolo campanile a vela risalgono invece al periodo compreso tra il XII e il XIV secolo.

 

IL MAUSOLEO CERISOLA

Ritornati sul sentiero principale, si incontra il Mausoleo Cerisola, dove il mare è il tema ricorrente di curiose decorazioni.

 

Sul sentiero del Pellegrino, poco prima di giungere a Varigotti, si costeggia un muretto colorato, con salvagenti, scritte e ritagli di giornali, in italiano e in inglese: il Mausoleo Cerisola.
Giuseppe Cerisola, detto Beppino, nacque a Varigotti nel 1914. Imbarcato  a Singapore, fu fatto prigioniero dagli Inglesi nella Seconda Guerra Mondiale e fu trasportato in Australia nei campi di lavoro. 

Terminata la guerra, rientrò a Varigotti ma, scoprendo l’amata fidanzata sposata con figli, tornò nel continente australiano dove rimase per trent’anni.

 

Cerisola o il Carnera

Amante del mare e provetto nuotatore, salvò molte persone dal mare in burrasca, tanto che gli valse il soprannome di Uomo dei Sette mari, inoltre per questa sua abilità e coraggio ricevette una medaglia d’oro a Noli nel 1976.

Fu soprannominato Carnera invece per la sua prestanza fisica.

Giunta l’epoca della pensione, ritornò a Varigotti stabilendosi dalla madre.

Di carattere cupo, ombroso, coltivò le sue passioni. Il mare, innanzitutto, nuotando fino alla fine e sempre a scrutare tra le onde alte se c’era qualche nuotatore incauto in difficoltà, e l’orto.

Una seconda breve deviazione consente di ammirare dall'alto la spiaggia della poderosa colonna calcarea del Malpasso, alta più di 250 metri, su quel mare dove un tempo si trovava il porto naturale di Varigotti, interrato dai genovesi ai tempi delle lotte con i marchesi Del Carretto.

Superata la torretta genovese del 1582 si raggiunge un altro suggestivo scorcio sul mare.

Tappe successive sono la protoromanica chiesetta di Santa Margherita, una delle più antiche della Liguria (sec. X-XI), alla quale era annesso un ospizio dove i monaci Lerinensi offrivano rifugio e conforto a pellegrini e viandanti.

 

Altro elemento architettonico di rilievo, seppure caduto in rovina, è San Lazzaro e l'annesso lazzaretto, fondato nel XII secolo dai Cavalieri di Rodi (Foto sopra). Qui venivano curati i naviganti appestati di ritorno dagli scali di Levante (dalla fine del 1600 venivano messi in quarantena nel castello Ursino). Nella tappa finale del nostro itinerario escursionistico lo spazio è concesso solo alla storia: Noli ricorda il profilo glorioso della V Repubblica Marinara.

 

 

NOLI 

REPUBBLICA MARINARA DAL 1192 AL 1797

https://www.marenostrumrapallo.it/noli/


Carlo GATTI Rapallo, 4 Dicembre 2014

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Mercoledì 11 Giugno 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


GIORNATA MONDIALE DEGLI OCEANI 2025

 

GIORNATA MONDIALE DEGLI OCEANI 2025

 

Introduzione di Carlo Gatti

 "L'8 Giugno celebriamo la Giornata Mondiale degli Oceani, un evento cruciale per ricordare l'importanza vitale degli oceani per l'umanità e il pianeta.  Gli oceani, veri e propri polmoni blu del nostro pianeta, producono il 50% dell'ossigeno che respiriamo, regolano il clima e ospitano una biodiversità straordinaria. 

Tuttavia, sono sottoposti a una crescente pressione antropica: inquinamento da plastica, surriscaldamento, acidificazione delle acque e perdita di biodiversità minacciano seriamente questo ecosistema fondamentale.  

La Giornata Mondiale degli Oceani ci ricorda l'urgenza di agire per proteggere gli oceani, non solo per la loro intrinseca bellezza, ma per la nostra stessa sopravvivenza. 

Il loro valore economico è immenso – dal turismo alla pesca, all'assorbimento di CO2 – ma è a rischio.  Dobbiamo promuovere politiche di gestione sostenibile delle risorse marine e contrastare gli impatti negativi dell'attività umana, per garantire un futuro sano per gli oceani e per le generazioni a venire."

Riteniamo che l’argomento “OCEANI” sia troppo importante per essere sottovalutato o addirittura ignorato. Questo è il motivo per cui riportiamo interamente il testo ufficiale che è stato diffuso in tutto il mondo!

 

Giornata Mondiale degli Oceani 2025: il valore del mare tra ambiente, economia e futuro. La Giornata Mondiale degli Oceani si celebra l'8 giugno.

 

LA GRANDE BELLEZZA

 

 

Promossa dalle Nazioni Unite, l’edizione di quest’anno ha come tema Wonder: Sustaining What Sustains Us (Meravigliarsi di ciò che ci sostiene, per imparare a proteggerlo). L’iniziativa vuole richiamare l’attenzione sull’importanza vitale degli oceani per il nostro pianeta: regolano il clima, producono oltre la metà dell’ossigeno che respiriamo, assorbono anidride carbonica, proteggono le coste e offrono cibo e lavoro a più di tre miliardi di persone nel mondo.

L’edizione 2025 della Giornata Mondiale degli Oceani vuole proporre un cambio di prospettiva: nessun allarme, ma un invito a riconoscere il valore reale dell’ecosistema oceano. Se gli avvertimenti non servono a invertire la rotta, la consapevolezza del ruolo che l’oceano svolge per la vita sul pianeta può essere invece il punto di partenza per un impegno più concreto. E quindi per un cambiamento reale.

Sicurezza alimentare e biodiversità sotto pressione

La tutela degli oceani è strettamente legata alla disponibilità di risorse alimentari e alla conservazione della biodiversità marina. Gli ecosistemi oceanici forniscono cibo a miliardi di persone e ospitano una parte significativa delle specie viventi del pianeta. Il loro degrado, causato da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque, mette a rischio sia la capacità degli oceani di sostenere la produzione alimentare sia l’equilibrio degli habitat naturali da cui dipende la varietà delle forme di vita marine.

Secondo il rapporto State of World Fisheries and Aquaculture 2024 della Fao, 3,2 miliardi di persone nel mondo dipendono in modo diretto dal pesce come fonte primaria di proteine animali. I prodotti ittici rappresentano il 17% delle proteine animali consumate nel mondo con punte molto più alte in alcune regioni dell’Asia e dell’Africa. Il Living Planet Report 2024pubblicato dal Wwf documenta una riduzione media del 73% delle popolazioni di vertebrati marini negli ultimi cinquant’anni. Inquinamento, sovrasfruttamento delle risorse e aumento delle temperature oceaniche sono le principali cause di un degrado che colpisce non solo gli equilibri ecologici, ma anche le catene di approvvigionamento alimentare.

Ad essere compromessa non è soltanto la varietà biologica, ma anche la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi e mantenere funzioni essenziali. Dati Fao indicano che il 35,4% degli stock ittici globali è oggi sfruttato oltre livelli sostenibili, una quota più che raddoppiata rispetto al 1974, quando era pari al 10%. Il Mediterraneo è una delle aree più critiche: qui oltre il 60% degli stock è sovrasfruttato. In assenza di misure efficaci le conseguenze saranno irreparabili non solo per l’ambiente, ma anche per l’occupazione e la sicurezza alimentare di intere fasce di popolazione.

 

Composizione della plastica negli oceani per area geografica

  • Oceano Pacifico

    46% della plastica totale

    → Principali rifiuti: bottiglie, reti da pesca

  • Oceano Atlantico

    24% della plastica totale

    → Principali rifiuti: microplastiche, sacchetti

  • Oceano Indiano

    15% della plastica totale

    → Principali rifiuti: contenitori, frammenti

  • Oceano Artico

    8% della plastica totale

    → Principali rifiuti: microplastiche

  • Oceano Antartico

→ 7% della plastica totale
→ Principali rifiuti: reti abbandonate

La Blue Economy continua a crescere

La protezione degli oceani riguarda anche la tenuta economica di settori strategici per numerosi Paesi. Secondo l’EU Blue Economy Report 2024, nel 2023 l’economia legata al mare (Blue Economy) dell’Unione Europea ha impiegato 3,6 milioni di persone, registrando una crescita del 17% rispetto al 2020. Il valore complessivo generato ha raggiunto i 623,6 miliardi di euro, con un incremento del 21% nello stesso periodo. Le attività principali comprendono pesca, acquacoltura, cantieristica navale, turismo costiero e produzione di energia rinnovabile da fonti marine.

In questo scenario è facile capire perché siano così diffusi i blue bond, strumenti obbligazionari emessi per finanziare progetti legati alla conservazione degli oceani e all’uso sostenibile delle risorse marine. Nel 2024, le emissioni di blue bond sono aumentate del 10,6% rispetto all’anno precedente, e oggi rappresentano lo 0,24% del totale delle obbligazioni sostenibili globali, secondo i dati dell’Intercontinental Exchange (Ice).

 

Innovazione e tecnologie al servizio della sostenibilità 

L’integrazione tra innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale risponde sempre più ai criteri Esg (Environmental, Social, Governance) e diventano un fattore distintivo per investitori istituzionali e soggetti pubblici. La disponibilità di dati accurati e tempestivi consente di migliorare la gestione delle risorse oceaniche e di definire politiche più efficaci in materia di conservazione. Inoltre, tecnologie meno invasive riducono l’impatto delle attività di ricerca sull’ambiente marino e contribuiscono concretamente alla tutela della biodiversità.

L’applicazione dei criteri Esg in ambito “oceanico” si traduce in un vantaggio competitivo per le imprese perché riduce i rischi ambientali e reputazionali, migliora l’accesso a capitali e finanziamenti, favorisce l’innovazione sostenibile e rafforza il posizionamento sul mercato, rispondendo alla crescente domanda di responsabilità ambientale nel settore marittimo.

 

L’impegno di Etica Sgr per la tutela degli oceani

In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2025, Etica Sgr riafferma il proprio impegno nella salvaguardia degli oceani, con particolare attenzione alla lotta contro l’inquinamento da plastica, che rappresenta una delle minacce più gravi per la salute degli ecosistemi marini. Non a caso Etica Sgr ha aderito all’iniziativa globale A Line in the Sand – The New Plastics Economy, promossa dalla Ellen MacArthur Foundation, sostenendo la transizione da un modello economico lineare a uno circolare, in cui i prodotti siano progettati per essere riutilizzati, riparati e riciclati, con l’obiettivo di ridurre la produzione di rifiuti e l’impatto sull’ambiente marino.

Etica Sgr è anche tra i firmatari della Plastic Pollution Financial Declaration, sottoscritta da 160 istituzioni finanziarie a livello internazionale. La dichiarazione chiede ai governi l’adozione di un trattato globale e vincolante sull’inquinamento da plastica e promuove misure per affrontare l’intero ciclo di vita dei materiali plastici.

Attraverso il proprio impegno in ambito Esg, Etica Sgr punta a favorire politiche pubbliche e investimenti orientati alla tutela degli oceani, sostenendo la definizione di obiettivi comuni e strumenti finanziari capaci di contribuire concretamente alla riduzione dell’inquinamento e alla protezione della biodiversità marina.

 

Inquinamento nel Mediterraneo, un “mare di plastica” - Inquinamento da plastica nel mar Mediterraneo: le causa e le soluzioni

 

L’inquinamento del mare da plastica è una delle emergenze ambientali più gravi dell’epoca moderna. Mari e oceani sono invasi dalla plastica, al punto che si sono formate delle vere e proprie isole: le cosiddette Plastic island o il Great Garbage Patch. Ne esistono cinque: due fluttuano nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano. Enormi piattaforme di inquinamento che galleggiano tra le onde in un’area più estesa di quella di Stati Uniti e India.

L’inquinamento da plastica è un problema globale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: è il Goal 14 – Vita sott’acqua. Nell’Agenda 2030 si legge che occorre “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.

 

Inquinamento del mare da plastica nel Mediterraneo

 

 

Nel Mediterraneo non esistono vere e proprie isole di plastica, ma la situazione non è affatto rosea. Il nostro mare è la sesta grande zona per inquinamento da plastica al mondo. I numeri descrivono una vera emergenza: la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti nel Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Nel complesso l’Europa, secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplasticheIl Mar Mediterraneo rappresenta l’1% delle acque ma contiene il 7% delle microplastiche marine a livello mondiale.

Gli effetti negativi dell’inquinamento si vedono anche sulla fauna. La maggior parte delle specie marine ingeriscono plastiche o microplastiche. Non c’è una sola specie di tartaruga marina che nuoti nel Mediterraneo senza plastica nello stomaco. Ogni anno un milione e mezzo di animali marini sono vittime della plastica scaricata nei mari.

 

 

In Italia cattiva depurazione delle acque e troppa pesca

Nel nostro Paese la situazione è statica da anni: non si vede alcun cambiamento né dal punto di vista legislativo né degli indicatori. La denuncia arriva dal Rapporto ASviS 2018 (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile). In cima alla lista delle cause dell’inquinamento dei nostri mari c’è la cattiva depurazione delle acque e lo scarico illecito di rifiuti sulle nostre spiagge, che riguarda un abitante su quattro.

Ma il Mediterraneo è impoverito anche dalla pesca eccessiva che, sottolinea ASviS, “ha ridotto la produzione in campo alimentare, danneggiato gli ecosistemi e colpito la biodiversità”. Anche in Italia il sovra sfruttamento degli stock ittici ha raggiunto una quota dell’88% secondo i dati 2014. In altre parole, il pesce nel Mediterraneo è in diminuzione.

Nota positiva: le aree protette

In Italia, fortunatamente, non mancano le aree protette. ASviS rileva la notevole ampiezza: oltre 3 mila chilometri di cui il 75% si trova in Sardegna, Sicilia e Toscana. Diversi studi dimostrano che le aree protette sono l’unico modo per rallentare la bio-invasione, che si lega al fenomeno del cambiamento climatico e in particolare all’innalzamento della temperatura delle acque.

 

 

Etica Sgr, protagonista nella lotta all’inquinamento da plastica

Anche il sistema finanziario può fare qualcosa per ridurre l’inquinamento da plastica. In Etica Sgr abbiamo deciso di fare la nostra parte promuovendo la blue economy e il progetto “A line in the sand – The New Plastic Economy“. Un accordo globale per eliminare il problema della plastica e salvaguardare la vita negli oceani. Come? Sostenendo il passaggio dalla cosiddetta economia lineare – produco, uso e getto – all’economia circolare, dove ogni prodotto viene prodotto per essere usato, riutilizzato e riciclato, riducendo così al minimo i rifiuti.

Nello specifico le aziende che aderiscono alla campagna si impegnano a eliminare gli imballaggi in plastica problematici o non strettamente necessari attraverso l’innovazione, la riprogettazione e lo studio di nuovi modelli di consegna. Si impegnano inoltre ad applicare modelli di riutilizzo, laddove possibile, per eliminare la necessità di imballaggi monouso. Tra i firmatari dell’accordo, ricordiamo, ci sono numerose aziende multinazionali che producono il 20% di tutti gli imballaggi di plastica prodotti nel mondo.

 

Giornata mondiale degli Oceani 2024: il polmone blu della Terra

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Giornata mondiale degli Oceani 2024, gli oceani rappresentano il polmone del nostro Pianeta. Producono il 50% dell’ossigeno presente sulla Terra e hanno contribuito ad arginare, fino a ora, i cambiamenti climatici estremi, fungendo da equilibratore naturale. Negli ultimi vent’anni hanno assorbito enormi quantità di anidride carbonica, pari a circa il 25% di quella prodotta, e il 90% del calore immesso in atmosfera.

 

Che cos’è la Giornata mondiale degli Oceani?

La Giornata mondiale degli Oceani si celebra l’8 giugno ed è un evento che vuole portare all’attenzione di cittadini, enti e istituzioni l’importanza degli oceani e il ruolo fondamentale che svolgono negli equilibri della vita sulla Terra. Gli oceani sono infatti ecosistemi straordinariamente ricchi e ancora parzialmente inesplorati, soggetti tuttavia a una forte pressione antropica che rischia di metterne a repentaglio la biodiversità.

Gli oceani sono fonte di cibo, energia e lavoro per gli esseri umani. Coprono tre quarti della superficie terrestre dando ospitalità alla più grande biodiversità di specie animali e vegetali. Regolano anche la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati alle grandi distese marine: per questo occorre salvaguardarle.

 

Come nasce

L’8 giugno del 1992 il vertice sull’ambiente di Rio de Janeiro decise di istituire questa giornata come monito sui rischi legati allo sfruttamento dell’ambiente marino e come auspicio per interventi mirati sul medio e lungo periodo. Dal 2008 la Giornata è riconosciuta anche dalle Nazioni Unite. Vi partecipano oltre 140 Paesi che si impegnano a considerare l’importanza degli oceani e a studiare opportune iniziative a loro tutela.

 

Perché è importante

Il 70% della superficie terrestre è costituita da acqua. Sono migliaia le specie di animali e di piante che vivono in ambienti marini e che richiedono tutela, alla stregua delle specie terricole. Non solo, gli oceani regolano la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i fenomeni climatici sono quindi legati alle grandi distese marine, che oggi soffrono dei danni causati dall’inquinamento e dalla dispersione di plastiche e microplastiche.

 

Il tema del 2024 | Awaken New Depths (Risvegliare nuove profondità)

L’oceano sostiene l’umanità e tutta la vita sulla Terra. Anche se sappiamo poco dell’oceano rispetto alla sua immensa vastità – abbiamo esplorato solo circa il 10% delle sue profondità – conosciamo le conseguenze delle azioni antropiche sulla salute dei mari. Ogni anno l’umanità continua a prendere decisioni rischiose e miopi che aumentano il rischio di rovina per l’oceano (abbiamo visto la campagna di Etica contro l’estrazione dai fondali marini, per fare un esempio) e, di conseguenza, per noi stessi. Per dare vita ad un ampio movimento a favore dell’oceano, la Giornata vuole risvegliare nuove profondità di consapevolezza e azione.

Promossa da un Consiglio consultivo dei giovani composto da 25 leader giovanili provenienti da 21 paesi, la Giornata mondiale degli oceani 2024 unisce il mondo per celebrare il ‘Pianeta blu’ e intraprendere azioni collettive per un oceano sano e un clima stabile. Sono previste decine di migliaia di attività, celebrazioni e altri eventi. Insieme, queste azioni coinvolgeranno milioni di persone in oltre 150 paesi. 

La leadership giovanile è una caratteristica fondante di questa giornata. “Come giovani sostenitori del clima, possediamo la chiave per la sua protezione. Attraverso la nostra azione collettiva, passione e dedizione, possiamo proteggere i nostri oceani e combattere il cambiamento climatico per un futuro più sostenibile. Abbiamo il potere di potenziare e amplificare le nostre voci come giovani in tutto il mondo per influenzare e creare un impatto per la risorsa più preziosa del nostro pianeta blu: il nostro oceano! ” – ha affermato Leena Joshi(India), durante il lancio della giornata di quest’anno.

Ha aggiunto Maria Jose Rodriguez Palomeque (Messico): “i giovani, soprattutto quelli provenienti da comunità vulnerabili, sono voci essenziali nella creazione di soluzioni climatiche per proteggere l’oceano. Ignorare le loro voci significa ignorare il nostro futuro. I giovani meritano di essere riconosciuti come soggetti politici”.  

Per la Giornata Mondiale degli Oceani 2024 in Italia si svolgeranno conferenze, dibattiti, proiezioni cinematografiche, mostre fotografiche, eventi sportivi, pulizie delle spiagge e delle coste, laboratori educativi per tutte le età e molto altro ancora.

 

 

L’importanza degli oceani

Gli oceani producono metà dell’ossigeno che respiriamo e sono una fonte diretta di cibo per un miliardo di persone, oltre a rappresentare anche un’importante fonte di energia e di lavoro. Ma i vantaggi per l’uomo non si fermano qui. Il legame è così stretto che stupisce non sia mai stato messo abbastanza in rilievo: se il mare è vivo vive anche l’uomo, se il mare è in sofferenza lo siamo anche noi.

 

Il valore economico degli oceani 

Come tutte le risorse anche gli oceani hanno un “valore economico”. Secondo un report del WWF (Reviving the Ocean Economy: The case for action – 2015) gli oceani – con la pesca, il turismo, le rotte di navigazione e le attività costiere – sono un soggetto economico da 24 mila miliardi di dollari, al settimo posto tra le principali economie mondiali.

Nel 2010, il prodotto economico delle industrie marittime e oceaniche era di circa 1,5 miliardi di dollari, rappresentando il 2,5% del valore aggiunto lordo mondiale e impiegando circa 31 milioni di persone. Entro il 2030, si prevede che questo valore potrebbe raddoppiare, con un aumento significativo nei settori dell’acquacoltura marina, dell’energia eolica offshore e della cantieristica navale.

Nel 2016 gli scienziati del NOAA, ente governativo statunitense per le risorse oceaniche e atmosferiche, si sono spinti a calcolare il valore di alcune aree marine. Quella, immensa, compresa tra la costa occidentale degli Stati Uniti, le isole Hawaii e il Perù, è stimata in 17 miliardi di dollari. E gli introiti da pesca commerciale rappresentano solo una quota marginale, dovendosi conteggiare nel valore complessivo anche le altre attività e, soprattutto, il naturale assorbimento di carbonio da parte delle acque, che da solo vale circa 13 miliardi di dollari.

La “Blue Economy” offre anche opportunità di investimento sostenibile, come i Blue Bond, strumenti finanziari che raccolgono capitale per progetti marini e oceanici, mirati a migliorare la salute degli oceani e a promuovere pratiche ecologiche.

Perché gli Oceani sono a rischio

Insomma, una ricchezza enorme. Che però viene messa sempre più a rischio dallo sfruttamento intensivo e dai cambiamenti climatici. L’inquinamento, il riscaldamento dei mari e l’acidificazione delle acque, insieme alla perdita di biodiversità (crollata del 39% tra 1970 e 2010) sono i principali rischi a cui è sottoposto il grande involucro liquido che ricopre gran parte della Terra.

Plastica e inquinamento

È stato calcolato che ogni anno in tutto il mondo vengono riversati in mare dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica. Come segnala l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, nel solo mare Mediterraneo vengono gettati più di 200.000 tonnellate di plastica all’anno, cioè il contenuto di oltre 500 container. Il risultato è che a livello mondiale la plastica rappresenta l’80% dei rifiuti presenti negli oceani, dalle acque superficiali giù giù fino ai fondali marini. Tra le fonti di inquinamento non mancano gli scarichi urbani e industriali, che immettono nell’ambiente sia sostanze organiche sia materiali non degradabili come metalli pesanti e particelle radioattive. Si stima che entro il 2040 ci saranno circa 700 milioni di tonnellate di plastica negli oceani.

Surriscaldamento 

Per il settimo anno consecutivo nel 2022 il riscaldamento degli oceani ha registrato temperature in costante aumento, con il Mediterraneo a fare da capofila tra i bacini in cui il fenomeno è più evidente. Incrementi che, uniti a livelli sempre più elevati di salinità e a una maggiore separazione dell’acqua in strati, possono compromettere il naturale scambio tra la superficie e le zone più profonde, alterando così gli spostamenti delle specie ittiche.

Acidificazione delle acque

L’acidità degli oceani è un fenomeno naturale dovuto all’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica. Ma se le concentrazioni di CO2 aumentano, anche l’acidificazione subisce un incremento, con conseguente riduzione di altre sostanze minerali necessarie alla sopravvivenza degli organismi marini.

L’acidità media superficiale, rimasta stabile per milioni di anni, ha subito un’accelerazione del 26% negli ultimi 150 anni. In assenza di interventi specifici, il dato potrebbe aumentare del 150% entro il 2100.

Le principali politiche per preservare gli oceani

Una gestione sostenibile delle risorse marine richiede un radicale cambiamento di approccio, che coinvolga le politiche dei Paesi rivieraschi e le numerose industrie di settore.

Nel febbraio 2022 il vertice One Ocean, tenutosi a Brest, è stato uno degli eventi più importanti nell’ambito del decennio ONU delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile. La Commissione Europea ha fornito il suo contributo presentando tre iniziative:

  • una coalizione internazionale per proteggere la biodiversità marina nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale;

  • un progetto informatico che consenta ai ricercatori di creare simulazioni digitali degli oceani del mondo;

  • una missione di ricerca UE per migliorare le condizioni degli oceani entro il 2030.

L’approccio è stato ribadito nel corso della successiva Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani, tenutasi a Lisbona, che ha condotto nel marzo di quest’anno alla sottoscrizione del cosiddetto Trattato d’alto mare, un fondamentale accordo che prevede la creazione di aree marine protette in acque internazionali e l’obbligo di valutazione di impatto ambientale per le attività in alto mare.

 

Scopri l'impegno di Etica per la salvaguardia degli oceani 

 

Per salvaguardare i nostri oceani dall’inquinamento da plasticaabbiamo sottoscritto, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, un accordo per invitare i governi di tutto il mondo a sostenere il settore finanziario nell’adozione di misure per combattere l’inquinamento da plastica e creare un trattato storico e ambizioso che tenga conto delle sfide e dei costi associati a questo problema globale. Il Finance Statement on Plastic Pollution sollecita i governi a concordare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (ILBI – International Legally Binding Instrument), supportato da regole vincolanti e obblighi per gli Stati per gestire l’intero ciclo di vita della plastica e porre, fine all’inquinamento derivante da questo materiale.

La Blue economy è decisiva per un futuro sostenibile

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La Blue economy, l’economia che ruota intorno agli oceani, ai mari e ai fiumi, è decisiva per un Green Deal europeo all’insegna della sostenibilità. Il settore della finanza e l’economia blu a basso impatto ambientale sono indispensabili per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e per contrastare i cambiamenti climatici

È quanto emerge dall’ultimo rapporto della Commissione Europea, il quarto “Blue Economy Report” pubblicato nel mese di giugno.

 

Oceani e mari in salute sono la precondizione per la blue economy sostenibile

Preservare l’ambiente marino è indispensabile per la blue economy secondo Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal.

«L’inquinamento, la pesca eccessiva e la distruzione degli habitat, insieme agli effetti della crisi climatica, minacciano la ricca biodiversità marina da cui dipende la blue economy. Dobbiamo cambiare rotta e sviluppare un’economia sostenibile in cui la protezione dell’ambiente e le attività economiche vadano di pari passo».

 

 

Blue economy in Europa, 4,5 milioni di persone occupate e 650 miliardi di euro di fatturato

I dati pre-pandemia raccolti da Eurostat ed elaborati dalla Commissione Europea ci dicono che la blue economy impiega almeno 4,5 milioni di persone nella sola Europa. Il comparto genera ben 650 miliardi di euro di fatturato e 176 miliardi di euro di valore aggiunto lordo, con un utile lordo 68 miliardi di euro. In Italia, trainata dal turismo costiero, dà già lavoro a oltre 390.000 persone e genera circa 19,7 miliardi di euro di valore aggiunto al PIL nazionale.

I settori coinvolti nella blue economy, individuati dalla UE, riguardano la preservazione delle risorse marine viventi e non viventi, l’energia rinnovabile ricavata dal mare, le attività portuali. Ma anche tutto il comparto navale, dalla costruzione ai trasporto marittimo. Fino al turismo costiero, alla pesca e all’acquacoltura. Negli ultimi anni, all’interno dei vari settori industriali, secondo il report della Commissione UE, tutto ciò che è sviluppato all’insegna della totale sostenibilità ambientale, è in forte crescita. L’energia delle onde e delle maree, la produzione di alghe, lo sviluppo di attrezzi da pesca innovativi, il ripristino degli ecosistemi marini creeranno nuovi posti di lavoro e imprese verdi nell’economia blu.

Quali sono i settori produttivi della blue economy?

Tra i principali comparti emergenti e innovativi ci sono proprio quelli legati alla produzione di energia rinnovabile marina. Cioè l’energia ricavata in oceano. Dall’eolico offshore ai pannelli fotovoltaici galleggianti, il cosiddetto “solare flottante”. Tecnologie che permettono di raccogliere in modo pulito l’energia necessaria per gli elettrolizzatori, in grado di scindere le molecole di idrogeno e ossigeno e quindi produrre l’idrogeno verde, quello prodotto a partire da fonti esclusivamente rinnovabili. Rientrano nell’economia blu, di conseguenza, la ricerca e lo sviluppo delle infrastrutture marine legate alle comunicazioni e all’energia, come la posa dei cavi sottomarini che richiede, a sua volta, lo sviluppo della robotica. All’energia rinnovabile marina l’UE ha già dedicato una vera e propria strategia di sviluppo. Insieme a quella per l’energia rinnovabile offshore, che dovrebbe portare ad un aumento della capacità eolica offshore da 12 GW a 300 GW entro il 2050.

Altrettanto fondamentale resta la bioeconomia, legata soprattutto alle produzioni biologiche ittiche e algali, le biotecnologie. Solo il settore biologico ha ottenuto profitti lordi per 7,3 miliardi nel 2018, un aumento del 43% in più rispetto al 2009, con un fatturato che ha raggiunto i 117,4 miliardi di euro, il 26% in più rispetto al 2009. Da solo, il nuovo settore delle alghe marine si è rivelato davvero notevole. Anche se i dati socio-economici recenti sono disponibili solo per un numero limitato di Stati membri (Francia, Spagna e Portogallo), il fatturato registrato nel 2018 ammonta a 10,7 milioni di euro. Poiché il cambiamento climatico sta portando a estati più calde e secche, alcuni Paesi devono garantire l’approvvigionamento idrico e quindi hanno investito nella desalinizzazione. Attualmente ci sono 2.309 impianti di desalinizzazione operativi nell’UE che producono circa 9,2 milioni di metri cubi di acqua potabile al giorno.

 

L’energia degli oceani e la formazione indispensabili per la transizione ecologica

Ma non bastano solo le soluzioni tecnologiche. Per guidare il processo al cambiamento occorre investire in formazione. La blue economy richiede nuove competenze. A oggi già il 17-32% delle aziende sta registrando carenze di competenze e di personale tecnico adeguatamente formato, specie nell’ambito dell’energia rinnovabile offshore. Fattore che richiede l’intervento degli Stati membri e di investimenti sia in ricerca ma anche nella formazione dei futuri giovani lavoratori. O per riqualificare coloro che sono ancora impiegati nel comparto fossile.

 

Il valore del capitale naturale: i servizi ecosistemici

Per la Blue Economy è fondamentale quantificare i costi e l’impatto dell’inquinamento, che rischia di esaurire il capitale naturale blu, così come di calcolare i benefici economici, ambientali e di benessere derivanti dalla loro conservazione. Sono le aree naturali che presentano vantaggi per la qualità della vita dei cittadini, che assicurano, attraverso la cura dei residenti, la salvaguardia della natura nonché la tutela della terra, della costa, del mare e la conservazione del paesaggio. L’insieme di queste esternalità positive per l’ambiente, corrisponde ai cosiddetti “servizi ecosistemici“.

 

Il valore dei servizi ecosistemici in Europa è stimato pari a migliaia di miliardi di euro l’anno.

Un patrimonio inestimabile che va protetto e curato ma che, per esempio, con l’innalzamento del livello dei mari e l’erosione delle coste, comporta una perdita stimata di almeno 15 miliardi di euro ogni anno. Gli esperti della Commissione UE hanno calcolato che la perdita dell’1-1,3% di terra e acque interne sommerse porterebbe al declino del 4,3-5,4% del valore dei loro servizi ecosistemici. Dai 360 a 341-344 miliardi di euro all’anno.

Attualmente, però alcuni settori importanti non sono ancora a impatto zero. Vero è che le emissioni di CO2 provenienti dalle flotte pescherecce dell’UE sono diminuite del 18% dal 2009 e il 2018. E l’impatto del pesce e dei prodotti del mare in relazione al cambiamento climatico, rispetto alle altre fonti proteiche nella dieta dei cittadini europei, ha un impatto inferiore rispetto alla carne. Ma ciò non è ancora sufficiente.

 

Per la UE, l’economia blu è indispensabile per raggiungere gli obiettivi del Green Deal

La Commissione Europea, anche alla luce delle conclusioni del “Blue Economy Report”, ha condiviso un approccio ancora più radicale, aggiornando la road map pubblicata nel 2012 e ribadendo come lo sviluppo di “un’economia blu sostenibile è essenziale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e garantire una ripresa verde e inclusiva dalla pandemia”.

Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica, le linee di indirizzo della Commissione Europea indicano, oltre che sviluppare l’energia rinnovabile offshore, la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Il mix di energia oceanica sostenibile che includa l’energia eolica, termica, quella prodotta dalle onde e dalle maree, potrebbe generare un quarto dell’elettricità dell’UE nel 2050. I porti, sottolineano gli esperti della UE, sono cruciali per la connettività e l’economia delle regioni e dei paesi europei e potrebbero essere utilizzati come hub energetici: porti più verdi, completamente slegati dall’economia fossile.

 

Investire in natura: investire in economia sostenibile

Non ci può essere una vera blue economy senza un’economia circolare e una riduzione dell’inquinamento, ribadiscono gli esperti. Servono, quindi, standard rinnovati per la progettazione degli attrezzi da pesca, per il riciclaggio delle navi, per lo smantellamento delle piattaforme offshore. Azioni concrete per ridurre l’inquinamento da plastica e microplastica. Occorre “investire sulla natura”: preservare almeno il 30% della superficie marina dell’UE invertirà la perdita di biodiversità, aumenterà gli stock ittici, contribuirà alla mitigazione del clima e alla resilienza, e genererà significativi benefici finanziari e sociali.

L’innalzamento del livello del mare e degli oceani, il surriscaldamento particolarmente aspro per il continente europeo, pongono la sfida dell’adattamento climatico per tutte le aree costiere. Attività di tutela che passano attraverso la protezione dei litorali dal rischio di erosione e inondazioni attraverso infrastrutture verdi, indispensabili per tutelare turismo e l’economia costiera. Con l’adozione delle linee guida strategiche dell’UE per l’acquacoltura sostenibile, la Commissione si è anche impegnata a far crescere linee di produzione alimentari a minor impatto sull’ambiente. La tutela del mare passa, ricordano gli esperti europei, anche attraverso la gestione degli spazi marittimi, conseguenza dei piani nazionali di ciascun Stato membro. Un rapporto sull’attuazione della direttiva UE sulla pianificazione dello spazio marittimo sarà pubblicato nel 2022, rende noto la Commissione.

Con un valore economico annuale stimato in 2,5 trilioni di dollari, equivalente alla settima economia più grande del mondo, l’economia blu sta attraendo sempre più investitori, assicuratori, banche e politici come nuova fonte di prosperità.

Gli oceani, i mari, l’ambiente e gli uomini non si possono permettere altre perdite di capitale naturale che corrisponderebbero ad ingenti perdite anche economiche. Anche per questo il ruolo della comunità finanziaria è ancora più importante, oggi, ricorda ancora la Commissione Europea, individuando linee guida per la finanza blu, nel guidare gli investimenti davvero sostenibili.

 

Blue deal europeo, come l’Europa combatte la povertà idrica

L’acqua, risorsa indispensabile per la vita e per l’economia, rappresenta una delle sfide sul fronte della sostenibilità e della transizione green che maggiormente dovrebbe attrarre l’attenzione degli investitori. Per questo motivo, da tempo, si parla della realizzazione di un Blue Deal che, alla stregua del Green Deal e in stretta correlazione con esso, dovrebbe regolamentare e pianificare a livello europeo tutte le iniziative per la salvaguardia dell’oro blu.

 

I punti chiave del progetto Blue Deal fra etica ed economia

Alla fine del 2023 il CESE, Comitato economico e sociale europeo, ha redatto 15 principi guida e 21 azioni che sono contenute nella Dichiarazione per un Blue Deal europeo. L’attenzione è rivolta in particolare alle perdite d’acqua nelle reti e agli sprechi in agricoltura, industria e famiglie. L’obiettivo dichiarato è quello di anticipare i bisogni, di preservare e gestire adeguatamente le risorse idriche comuni nel breve, medio e lungo termine.

Il CESE invita le istituzioni europee e gli Stati membri a riconoscere l’acqua come una priorità strategica nel periodo di programmazione 2028-2034. Il documento, però, oltre a mettere nero su bianco la necessità della realizzazione di una vera e propria politica europea dell’acqua, pone l’accento sullo stretto legame fra risorse idriche e diritti sociali dimostrando una particolare attenzione per gli aspetti di sostenibilità sociale nel combattere la povertà idrica. 

Inoltre, nella consapevolezza del valore economico di questa risorsa, il Blue Deal riconosce l’importanza che questo progetto sia accompagnato da un “piano di finanziamento altrettanto ambizioso”, attraverso un Blue Transition Fund che finanzi infrastrutture idriche resilienti e sostenibili, la ricerca e l’adozione di tecnologie innovative e iniziative che puntino a ridurre le disuguaglianze nell’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari. È forte la necessità di trovare un “mirabile equilibrio”, esattamente come nel Green Deal, fra sostenibilità ambientale e interessi economici, “in quanto le diverse industrie hanno esigenze e opportunità diverse in materia di acqua”.

 

Questi i principi guida del “Patto Blu” dell’UE:

  • Tutte le politiche dell’UE devono essere allineate con la nuova politica idrica europea, basandosi su dati idrici aggiornati, accurati e accessibili.

  • La protezione e il ripristino degli ecosistemi, delle zone umide e della biodiversità devono essere parte essenziale del Patto Blu.

  • L’UE deve adottare un approccio basato sull’acqua come diritto umano e combattere la povertà idrica, riconoscendo il diritto a un ambiente sano come diritto umano fondamentale.

  • servizi di acqua, igiene e sanificazionedevono essere sostenibili, equi, di alta qualità e accessibili a tutti, con priorità ai bisogni fondamentali in caso di crisi idrica.

  • Tutti gli utenti devono essere incentivati ad adottare soluzioni sostenibiliper l’uso e il consumo dell’acqua.

  • L’UE deve sostenere lo sviluppo di tecnologie per l’efficienza idrica, il riciclo e la riduzione dell’inquinamento.

  • Le perdite d’acquadovute a perdite nelle reti e sprechi devono essere significativamente ridotte.

  • L’agricoltura, essendo sia causa che vittima della scarsità d’acqua, deve avere accesso a risorse idriche di qualità e una gestione sostenibile per una produzione alimentare adeguata nell’UE

  • Dato il legame tra energia, acqua e materie prime critiche, l’acqua deve essere considerata un elemento fondamentale della strategia industrialedell’UE.

  1. È necessario un approccio settoriale poiché le diverse industrie hanno esigenze idriche specifiche. Il principio di non danneggiamento (no-harm principle)  deve essere combinato con il diritto delle attività economiche di consumare acqua.

  2. Deve essere garantita la disponibilità di lavoratori qualificatie specializzati, preservando la competitività delle aziende europee.

  3. Una politica idrica ambiziosa richiede un piano di finanziamentoaltrettanto ambizioso. Prezzi, costi e tasse dell’acqua devono essere equi e trasparenti, basati sul principio del recupero totale dei costi.

  4. L’UE deve intensificare gli sforzi in diplomazia blu e integrare l’acqua nella politica esterae nelle relazioni esterne, compresi vicinato, commercio e sviluppo. Uno degli obiettivi principali della diplomazia blu dovrebbe essere migliorare il quadro dei trattati ONU sulle questioni idriche e implementare rapidamente gli accordi internazionali.

  5. È essenziale sviluppare politiche internazionali per promuovere l’uso parsimonioso ed efficiente dell’acqua in tutti i settori, ridurre l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali e ripristinare le acque inquinate.

  6. Il Patto Blu dell’UE richiede una governance adeguatadelle risorse idriche dolci, comprese le acque sotterranee. Il CESE chiede un approccio di bacino idrografico che coinvolga tutti gli stakeholder rilevanti.

 

Il mare, una risorsa strategica per la transizione verde

Mentre si parla di come tutelare la risorsa “acqua dolce”, l’Europa sembra aver ben chiara l’importanza economica del suo mare. Il dato emerge dall’ultima edizione del Blue Economy Reportla ricerca che l’UE dedica alle attività economiche basate o collegate all’oceano, ai mari e alle coste. L’economia del mare in Europa impiega 3,6 milioni di persone (+17% rispetto al 2020), garantisce un fatturato di 624 miliardi di euro l’anno (+21% rispetto al 2020) e rappresenta 171 miliardi di euro di Val, ovvero di Valore aggiunto lordo (+35% rispetto al 2020)

Il report ha messo in evidenza che l’Europa si conferma una meta turistica marina per definizione tanto che proprio questa voce risulta la più importante e pesa per il 29% sul totale del valore aggiunto occupando il 54% dell’intera forza lavoro della blue economy. Al secondo posto si conferma il trasporto marittimo che in termini di fatturato genera quasi un quarto dell’intero valore del comparto. Spicca negli ultimi anni il settore delle energie rinnovabili marine con un trend di crescita costante e profitti lordi stimati nell’ordine dei 2,4 miliardi di euro.

Infine, ottime performance anche nel settore delle risorse biologiche marine (pesca, acquacoltura, lavorazione e distribuzione dei prodotti ittici), che ha registrato un incremento del 24% rispetto al 2020.

 

 

La blue economy alla ricerca di resilienza

La nuova edizione del rapporto illustra anche i potenziali impatti dei cambiamenti climaticisull’economia blu lungo le coste dell’UE. In particolare, emerge che se i livelli attuali di protezione costiera non verranno aumentati, i danni economici annuali derivanti dalle inondazioni costiere potrebbero essere compresi tra 137 e 814 miliardi di euro entro il 2100. Lo studio, inoltre, mette in evidenza il contributo che l’economia marina è in grado di offrire concretamente alla strategia di transizione energetica grazie ai passi avanti compiuti nello sviluppo dell’energia derivante dalle onde, dalle maree e dall’energia eolica offshore.

Notizie meno positive per la flotta peschereccia dell’UE poiché il rapporto mostra come, nonostante una diminuzione del 25% del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 registrata tra il 2009 e il 2021, l’efficienza del carburante sia peggiorata negli ultimi anni a causa dell’aumento dei prezzi dei combustibili. Su questo fronte, però, si segnala il “varo” a fine 2023 del Regolamento marittimo FuelEU, parte integrante del pacchetto “Fit for 55” che punta a ridurre le emissioni di gas serra nell’Unione del 55% rispetto al 1990 entro il 2030.

Italia, il contributo allo sviluppo della blue economy

All’interno dell’Unione Europea, cinque Stati membri rappresentano il 70% del valore aggiunto lordo dell’intera economia blu della regione: Germania, Francia, Spagna, Italia e Paesi Bassi in questo ordine. In termini di occupazione, questi Paesi rappresentano un contributo combinato del 67% del totale dei posti di lavoro dell’economia blu dell’Unione.

 

Scopri l'impegno di Etica per la salvaguardia dei mari - Etica Sgr, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, ha sottoscritto un accordo globale per la creazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica.

 

 

A cura di 

Carlo GATTI

 

Rapallo, Mercoledì 4 Giugno 2025

 

 


LA FIABA DELLO SCOGLIO “ASSEU” RIVA-TRIGOSO

LA FIABA DELLO SCOGLIO

“ASSEU”

RIVA-TRIGOSO

Opera dello scrittore sestrese Mario Antonietti è la suggestiva fiaba che affonda le sue radici nella leggenda e che narra le vicende di due giovani innamorati, Riva e Trigoso. La storia è ambientata ai tempi in cui Riva era un piccolo borgo di pescatori oggetto spesso delle incursioni dei pirati saraceni.

 

Riva Trigoso è uno splendido borgo ligure della Riviera di Levante, posto nel Golfo del Tigullio tra Sestri Levante (Punta Manara) e Moneglia (Punta Baffe), a pochi chilometri dalle Cinque Terre.

 

"Asseu" - In genovese, "Assiolo" (un piccolo gufo che nidifica sopra lo scoglio) conosciuto anche come: "u chiù" (per il suo caratteristico canto).

 

Uno scorcio di nostalgica bellezza che si apre sulla spiaggia di Renà e merita una visita al tramonto… ed un piccolo pensiero agli sfortunati amanti travolti dalla stessa violenta tempesta umana che sembra essere eterna non solo nelle leggende nostrane, ma anche nella sua drammaticità quotidiana ...

 

La storia narra che dal sangue della fanciulla nacque un'onda che rovesciò la nave dei pirati saraceni causandone la distruzione: nel punto in cui morì la povera Riva invece emerse dal mare un grande scoglio a forma di campana, l'attuale scoglio dell'Asseu, come memento dell'amore dei due giovani. L'ASSEU è un testimone della storia di Riva Trigoso e della sua antica connessione con il mare.

 

La spiaggia di Renà

Lo scoglio un tempo era collegato alla terraferma....

 

LA LEGGENDA DELLO SCOGLIO DI ASSEU narra di Trigoso, che amava Riva dalla bionda chioma. I due decisero di sposarsi ma, il giorno delle nozze, durante i festeggiamenti, il paese fu invaso dai pirati Saraceni, che saccheggiarono il villaggio e rapirono le donne più giovani e belle. Nel tentativo di salvare la sua sposa, Trigoso si scagliò coraggiosamente contro i pirati e, nello scontro, mentre Riva veniva caricata a forza sulla nave degli infedeli, perse i sensi. Quando Trigoso riaprì gli occhi i legni saraceni stavano ormai prendendo il largo e, realizzato quanto era successo, corse sulla rena dove iniziò a urlare disperato a gran voce il nome di Riva ma, non appena i pirati lo udirono, lo colpirono con una sventagliata di frecce che lo trafissero in pieno petto e lo fecero cadere a terra morente. Riva assistette alla scena dalla nave e quando vide il suo sposo morire si gettò contro il comandante che la uccise con ripetute pugnalate al ventre; i pirati ne gettarono subito il corpo in mare che si tinse di rosso. Ma nella notte stessa degli Angeli discesero dal cielo e collocarono, nel punto in cui Riva era morta, un grande scoglio a forma di campana (appunto lo scoglio dell’Asseu), per ricordare ai posteri la giovane fanciulla e il suo coraggio. Contemporaneamente, nel punto dove cadde Trigoso, proprio di fronte, i ciottoli intonarono un canto d’amore.

 

LA CROCE PER I MORTI DEL MARE 

solennemente inaugurata a

Riva Trigoso

17 Luglio 1955

 

La Croce era stata posizionata sullo scoglio dell'Asseu, da un gruppo di volontari, tra cui: Dentone Giulio, Pensa Domenico, Emilio Gazzano e dei muratori fra essi "Bergamo".

 

 

Elevati discorsi dell’on. Lucifredi e del Prefetto Vicari – L’adesione del Ministro Taviani – Migliaia di persone alla suggestiva cerimonia.

Il 17 luglio 1955, a Riva Trigoso, in Liguria, si svolse una toccante e imponente cerimonia per l'inaugurazione di una croce fosforescente dedicata ai caduti del mare.  L'evento, semplice nella sua essenza ma ricco di significato religioso e patriottico, vide la partecipazione di migliaia di persone, richiamate dalla commemorazione. 

La croce, posizionata sul caratteristico scoglio dell'Asseu, divenne immediatamente un luogo di preghiera e ricordo.La cerimonia fu onorata dalla presenza di numerose personalità di spicco: l'on. Roberto Lucifredi, il Prefetto di Genova dott. Angelo Vicari, rappresentanti del comando marittimo di Genova, ufficiali della Marina Militare, autorità locali, rappresentanti di associazioni combattentistiche e d'arma (ANCR, ANMI),  dei Boy Scout, e numerose altre autorità civili e religiose.  Anche il Ministro della Difesa, on. Paolo Emilio Taviani, il comandante in capo del Dipartimento dell'Alto Tirreno, e il sindaco di Genova, on. Pertusio, inviarono la loro adesione, sottolineando l'importanza nazionale dell'iniziativa. 

La partecipazione delle unità navali "Verbena" e "Faggio" aggiunse un tocco di solennità, partecipando alla cerimonia dal mare. Lo scoglio dell'Asseu era interamente decorato per l’occasione Mons. Ernesto Noceti, prelato domestico, in rappresentanza del Vescovo della Spezia, Mons. Giuseppe Stella, impartì la benedizione solenne mentre un picchetto armato della Marina Militare rendeva gli onori.

L'on. Lucifredi e il Prefetto scoprirono la croce, accolti da un fragoroso applauso della folla assiepata sulle scogliere, sulla spiaggia e sulle numerose imbarcazioni convenute.  Il rituale proseguì con il lancio in mare di una corona d'alloro da parte di due marinai.

Edoardo Bo, a nome del Comitato promotore rivano, sottolineò l'ispirazione cristiana dell'iniziativa, un atto di riconoscenza per coloro che sacrificarono la vita per la Patria. L'on. Lucifredi, nel suo intervento, mise in luce la forte religiosità del popolo italiano, interpretata come un segno di resistenza contro il materialismo e l'ateismo. 

Egli enfatizzò il significato simbolico della croce, eretta proprio a Riva Trigoso, luogo di costruzione di grandi navi, strumenti di progresso e di relazione tra i popoli, ma che a volte diventano teatro di tragedie.  Questo contrasto, secondo l'oratore, rafforza la fede, offrendo conforto nella sofferenza e speranza di una vita eterna.

Il Prefetto, nel suo discorso conclusivo, espresse profonda riconoscenza ai caduti, auspicando un futuro di pace, serenità e lavoro, affidando ai cittadini il compito di salvaguardare questi valori attraverso la collaborazione, la concordia e la fierezza nazionale.  La cerimonia si concluse con uno spettacolo pirotecnico e il tradizionale fischio delle unità navali, un ultimo saluto commosso in ricordo dei caduti e dell'impegno della Patria nel non dimenticarli.  La folla salutò le autorità mentre queste lasciavano lo scoglio, lasciando un'atmosfera di commozione e rispetto.

 

“Lo scoglio dell’Asseu”

Quando Trigoso riaprì gli occhi i legni saraceni stavano prendendo il largo e, realizzato quanto era successo, corse sulla rena dove iniziò a urlare a gran voce il nome di Riva ma, non appena i pirati lo udirono, venne colpito da una sventagliata di frecce che lo trafissero in pieno petto e lo fecero cadere a terra agonizzante.

“Cadesti a terra senza un lamento e ti accorgesti in un solo momento che la tua vita finiva quel giorno e che non ci sarebbe stato ritorno”

Proprio come nella “Guerra di Piero”, la celebre ballata di Fabrizio de AndréRiva assistette alla scena dalla nave e quando vide il suo sposo morire si gettò contro il comandante che la uccise con ripetute pugnalate al ventre; i pirati ne gettarono il corpo in mare.

L’acqua si tinse del rosso del sangue e dal mare sorse un’enorme onda che colpì la nave dalla quale fece cadere diversi forzieri e bauli contenenti una gran quantità d’oro e di preziosi. I pirati non riuscirono però ad individuare il punto esatto dove era affondato il tesoro e, dopo giorni di ricerche, decisero di desistere e di salpare. La notte stessa degli Angeli discesero dal cielo e collocarono, nel punto in cui Riva era morta, un grande scoglio a forma di campana (l’attuale scoglio dell’Asseu), per ricordare ai posteri la giovane fanciulla e il suo coraggio. Contemporaneamente, nel punto dove cadde Trigoso, i ciottoli intonarono un canto d’amore.

Passarono gli anni, i pirati non tornarono più e mentre il borgo iniziava ad ingrandirsi, i ciottoli continuavano inconsolabili a cantare la loro canzone d’amore, la baia dove i pirati persero il loro tesoro (forse al largo dell’attuale spiaggia di Renà) venne, per questo, chiamata la Baia dell’Oro e i pescatori decisero di intitolare il loro paese alla memoria dei due giovani e della loro romantica storia d’amore.

 

“Ancora lo scoglio Asseu (dell’assiolo)”.

 

Cosa insegna la fiaba?

L'amore come forza trainante:

La fiaba sottolinea come l'amore possa essere una forza trainante, spingendo le persone a compiere azioni coraggiose e a superare le difficoltà.

Le fiabe insegnano la vita, come affrontarla, preparano a comprendere la presenza conflittuale del bene e del male nelle azioni umane o nelle stesse persone che s'incontrano, così come aiutano a rendersi conto dei problemi quotidiani, insegnando ai bambini ad affrontarli.

È nel DNA delle fiabe avere una lezione morale forte: la lotta tra il bene e il male, l'amore e la separazione, il perdersi ed il ritrovarsi, l'amicizia e l'invidia, la generosità e la gelosia. Nelle fiabe sono presenti tutti i sentimenti umani, rappresentati ognuno da un personaggio.

Il ricordo del passato:

La fiaba, tramandata di generazione in generazione, è un simbolo del passato e della storia del territorio.

Le Fiabe Mostrano ai Bambini Come Gestire i Problemi.
Anche da adulti Impariamo dai personaggi delle storie. Essi ci aiutano perché si collegano alla nostra vita, ai sogni, alle ansie, e mentre ci confrontiamo consideriamo cosa avremmo fatto nei loro panni. "Le fiabe aiutano i bambini imparano a navigare la vita".

 

RIVA TRIGOSO "LA BAIA D'ORO" 

di Mario Antonietti - Illustrazioni di Piero Pascolo

 https://www.trigoso.it/Baia_d'oro.htm

  Sfuggito dalle man di Barbarossa 
  Tra Manara e le Baffe c'è un tesoro 
  Nessuno sa dov'è, per questo passa 
  Quella di Riva par: LA BAIA D'ORO.

«LA BAIA D'ORO» 
Canzone

Coro: Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or..

Solo: Ti accoglie sorridente 
         la nostra cittadina 
         Riva Trigoso è bella veramente
         tra sabbia e tra scogliere 
         nel limpido suo mare 
         ti fa dimenticare il mondo inter

Ritornello:

Ritorna in questa spiaggia in questo mar 
ritorna in questa Riva a villeggiar 
ritorna nella nicchia dell'amor 
dove si sente i ciottoli cantar 
vedrai bianchi gabbiani in ciel volar 
Trigoso risplendente sotto il sol 
le barche ti potranno dondolar 
sotto la luna nella Baia d'or.

Strofa:

Di notte v'è silenzio
silenzio veramente
e dorme sogni d'oro il villeggiante
si sente solamente
il mormorio del mare
cullano le lampare i pescator.

Ritornello e finalino:

Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or... Baia d'or...

 

 

Sestri: piazzetta dedicata al poeta

Mario Antonietti

di Marco Massa

23 Giugno 2017

 

Dal Comune di Sestri Levante riceviamo e pubblichiamo:

Domani Sestri Levante rende omaggio a Mario Antonietti: la Commissione Toponomastica della città, dietro suggerimento dell’Amministrazione Comunale, con il supporto e l’incentivo di molti cittadini che ricordano con grande affetto Antonietti, ha deliberato di intitolare a nome del grande poeta sestrese la piazzetta che si trova tra piazza Matteotti e via Pilade Queirolo, conosciuta come la “piazzetta del platano”.

Mario Antonietti, nato a Sestri Levante nel 1918 e qui deceduto nel 2005, è stato definito un perseverante ricercatore della vera arte, un educatore del bel canto, un poeta semplice e melodioso, autentico cantore del proprio paese.

Visse per molti anni in Toscana, prima a Firenze, dove insegnò canto lirico e poi a Levane (Ar). Si dedicò all’educazione e all’impostazione artistica della voce e del virtuosismo pubblicando anche un trattato orientativo dal titolo “Bel Canto”. Alcuni suoi allievi, tra cui la celebre soprano Tiziana Fabbricini, calcarono i palcoscenici più prestigiosi, compresa La Scala di Milano.

Pubblicò inoltre molte raccolte di poesie edite dall’Università Popolare di Sestri Levante, presenti anche in varie antologie, e fu autore di diverse canzoni, musica e parole, con numerose odi a figure tipiche del suo tempo ma fu anche autore dell’inno “Sestri Levante sei come un fiore”, Riva Trigoso sotto le stelle nella baia d’oro e “Il mio paese”.

Nel corso degli anni ricevette molteplici e prestigiosi riconoscimenti: la medaglia d’oro con diploma quale “Poeta della baia d’oro”, il premio “Castrum Sigestri” con cui fu proclamato sestrese dell’anno, l’insegana d’oro di “Cavaliere della Repubblica” e il titolo di “Cantore di Sestri Levante”.

Il 2 giugno 1986 l’allora Presidente della Repubblica Francesco Cossiga, gli conferì l’onorificenza di Commendatore.

L’intitolazione è fissata per domani, sabato 24 giugno alle 18, alla presenza della Sindaca Valentina Ghio e del coro “Ragazzi dei Frati” che offrirà un intrattenimento musicale.

 

 

Riva Trigoso è uno splendido borgo ligure della Riviera di Levante, posto nel Golfo del Tigullio tra Sestri Levante (Punta Manara) e Moneglia (Punta Baffe), a pochi chilometri dalle Cinque Terre.

Raccolta intorno allo sbocco naturale a mare della Val Petronio, Riva Trigoso è tagliata in due dalla foce del Petronio. La parte verso Moneglia si dice anche “Riva Levante” mentre “Riva Ponente” è il borgo antico, caratterizzato da suggestive casette dai tradizionali colori liguri (giallo, ocra, rosa, …), un’autentica tavolozza di colori “pastello” adagiata tra il blu del mare, l’azzurro del cielo e il verde delle macchia mediterranea che circonda il golfo.

Raccontare la storia di questo piccolo e romantico borgo non è la missione del nostro sito Internet, ne' sarebbe possibile e lecito senza annoiare il visitatore. Vogliamo solo mostrare i tratti caratteristici di questo posto e della sua gente, rude ma cortese, forgiata nelle avversità del mare ma ingentilita dalla generosità di una terra che restituisce il frutto della grande fatica che pretende.

Non è “impresa da poco”, tante sarebbero le cose da raccontare e da mostrare. Speriamo di riuscirci almeno in parte, e di migliorare col tempo. Riva è sempre qui che ci aspetta, dolce e paziente, come chi attende il ritorno della gente che va per mare.

 

STORIA LOCALE

(Appunti) Nota di Marco Bo

 TRIGOSO

Abitanti 600

https://www.trigoso.it/Trigoso_note_storia.htm

 

LA SIRENA DI SANTA CRUZ

(California)

L’origine

http://www.rivatrigoso.com/sirena/homepage.asp

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Domenica 1 Giugno 2025

 

 

 

 


PERCEBES E PERCEBEIROS - UN'AVVENTURA TRA MARE E GASTRONOMIA

 

PERCEBES E PERCEBEIROS

UN'AVVENTURA TRA MARE E GASTRONOMIA

 

Le coste del Mediterraneo sono famose per i "denti di cane", o balani: crostacei immobili che ricoprono scogli, banchine e scafi, tanto da rallentare le navi in navigazione.

I cosiddetti “denti di cane”, quelle strutture che somigliano a piccole piramidi o vulcani visibili su scogli, barche, boe e qualsiasi altra cosa sia immersa in acqua di mare, sono appunto BALANI.

Ma pochi conoscono un loro "parente" famoso in ambito gastronomico, soprattutto lungo le coste atlantiche: i percebes (Pollicipes pollicipes).

Questi crostacei sorprendono per la raccolta pericolosissima, che richiede abilità da rocciatori esperti: i “percebeiros”. 

Le tre frecce rosse indicano tre famose località della GALIZIA spagnola: La Coruña – Santiago de Compostela – Cabo de Finisterre

Immaginate la Galizia: onde impetuose, rocce a strapiombo.  Qui, i valorosi percebeiros si calano con funi, sfidando mare e vento, per raccogliere questi preziosi crostacei.

I percebes, cirripedi dalle forme bizzarre, ricordano dita di animali preistorici: un corpo cilindrico, un carapace grigio scuro e una chela avorio, simile ad un artiglio.

 

Si attaccano saldamente alle rocce, filtrando il plancton con sottili membrane. La densità delle colonie influenza le dimensioni: in colonie fitte, la competizione per il cibo li allunga, rendendo il corpo affusolato; in colonie rade, sono più tozzi. La lunghezza varia dai 2 agli 8 cm, la chela da 1,5 a 3 cm.

Nonostante l'aspetto, questi crostacei offrono carni delicate e gustose, apprezzate in tutto il mondo.  La pesca difficile e la grande richiesta li rendono molto costosi (fino a 180€ al kg in Italia!). Bolliti per 40-45 secondi, si gustano con limone o salse delicate, spezzandoli con le mani.  I più coraggiosi li preferiscono crudi, per apprezzare appieno il sapore intenso di mare, simile a quello dei molluschi freschi, con una consistenza che ricorda i gamberetti.

 

Le domande più frequenti: 

 

Perché la pesca dei percebes è una esclusiva di poche regioni atlantiche?

Se i mari italiani possono contare su tante varietà di cozze e altri molluschi, i percebes sono esclusiva delle coste dell’Oceano Atlantico nord occidentale. In particolare, la loro terra d’elezione è la Galizia: è in questa regione della Spagna che trovano le condizioni ideali per vivere e riprodursi. Quello di cui necessitano sono scogliere alte e impervie, battute da onde alte. Stare troppo sotto il livello del mare li renderebbe infatti facili prede di orate e tordi, ma d’altro canto fuori dall’acqua c’è un altro cacciatore a insidiarli, il gabbiano. Il fatto di proliferare soprattutto sulle parti rocciose emerse dove si infrangono le onde ne rende difficile la pesca.

 

Quanto costa 1 kg. di percebes

In Italia, il prezzo dei percebes può toccare anche i 180 euro al kg. Chiaramente il costo aumenta con l'aumentare della domanda. In alcuni mercati di Spagna e Portogallo, presso pescatori autonomi, i percebes possono essere acquistati anche a 30 euro al kg.

 

Dove si può trovare il percebes in Italia?

Molto raro e difficile trovarlo in Italia, ma allo stesso tempo piuttosto apprezzato dagli amatori dei prodotti dal sapore intenso, marino, iodato. 

I percebes si trovano soprattutto nella regione spagnola della Galizia dove vengono pescati a mano dal perceberos: un pescatore coraggioso e particolare che impiega tecniche da rocciatore indossando per l’occasione la muta da subacqueo. La sua bravura eccelle nella sfida contro le onde dell’oceano quasi sempre impetuose, fredde e taglienti!

Nonostante l’aspetto non sia dei più invitanti, questi frutti di mare racchiudono carni delicate e gustose tanto da renderli una prelibatezza molto ricercata. Le altre zone dov’è possibile reperire il percebes sono il Portogallo ed il Marocco, anche se ultimamente si possono trovare “sotto vuoto” presso sperduti supermercati europei.

Vista la difficoltà della pesca e la numerosa richiesta del mercato, il costo di questi crostacei è variabile e molto alto. (intorno ai 100 euro al kg).

Consumati prevalentemente lessati (40-45 secondi il tempo di cottura) vengono serviti con una fetta di limone o qualche salsina molto delicata. Basta ora spezzarli con le mani e gustare il contenuto presente all’interno. I veri puristi li mangiano crudi!

“Il gusto di questi crostacei ricorda il mare”!

Questa è la prima impressione che viene in mente a chi assaggia questi piccoli prodotti. Il sapore è quello dei molluschi freschi, mentre la consistenza è quella di un gamberetto. Per aprirli si deve strappare l’artiglio con le mani e mangiare la polpa all’interno.

Vengono cucinati in acqua bollente per qualche minuto, esattamente come la pasta ma senza aggiungere sale perché il loro sapore di mare è già molto carico.

Percebes, vera rarità “strappata” al mare

 

L'ARRELHADA: UNO STRUMENTO ANTICO PER UN LAVORO PERICOLOSO

 

L'arrelhada, un bastone con spatola, è l'unico strumento utilizzato per staccare i percebes dalle rocce.

 

Uno dei luoghi migliori per pescarli è nel sud del Portogallo, sulla Costa Vicentina (Faro di Sao Vicente), dove, grazie al mare molto agitato, la concentrazione di fitoplancton maggiore dona ai crostacei un gusto particolare, molto apprezzato.

 

YouTube

La dura jornada de los percebeiros gallegos | NATIONAL GEOGRAPHIC ESPAÑA

 

 

Conclusione

Il percebes non è solo un alimento prelibato, ma un simbolo di coraggio, di sfida contro la natura, di tradizione antica.  Rappresenta il legame indissolubile tra l'uomo e il mare, una relazione di rispetto e di ardua conquista.  Il suo gusto intenso e la sua storia affascinante lo rendono un'esperienza unica da scoprire e raccontare.

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 27 Maggio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LA NAVE PUNICA DI MARSALA

LA NAVE PUNICA DI MARSALA

 L'eccezionalità del ritrovamento della Nave Punica deriva proprio dalla sua antichissima storia. Il relitto risale al III secolo avanti Cristo, siamo in piena battaglia delle Egadi. Si tratta di un reperto unico per gli oltre 2.300 anni passati in fondo al mare. I punici erano MAESTRI nella tecnica costruttiva di imbarcazioni sia militari che commerciali.

 

La stella rossa a destra, indica il punto del ritrovamento del relitto della nave punica nei pressi di Punta Scario (Isola Grande).

La Nave, scoperta dalla archeologa inglese Honor Frost nel tratto di mare al largo dell’Isola Grande, presso l’imboccatura nord dello Stagnone di Marsala, rappresenta un’importante testimonianza della Prima Guerra punica, combattuta dai Romani contro i Cartaginesi per la conquista della Sicilia, quando probabilmente fu affondata durante l’assedio di Lilibeo o nella battaglia delle Egadi che pose fine al conflitto (241 a.C.).

 

La X rossa (al centro della carta) indica il probabile luogo della BATTAGLIA

 

LE ISOLE DELLO STAGNONE

Le isole dello Stagnone prendono il nome dalla laguna più vasta della Sicilia che è caratterizzata da acque basse (1–2 m e spesso non più di 50 cm) ed è compresa tra le quattro isole:

   . I. Grande o Isola Lunga, la più grande dell’arcipelago. Anticamente era composta da 5 isolette (Frati Janni, Altavilla, Burrone, Sorci e San Todaro) unite da canali.

  • La Scuola o Isola Schola, la più piccola

  • Santa Maria, stretta e allungata

  • Isola di San Pantaleo (l'antica Mozia) è la più importante delle isole dello Stagnone dal punto di vista paesaggistico e archeologico. Antica Colonia Fenicia, ha forma circolare.

      . L’isolotto di Mozia fu baluardo punico sin dal XII sec. a.C.

Fu il primo emporium di questo popolo di mercanti che veniva dall’Asia.

Splendidi i ruderi di Mozia che oggi si possono osservare nel piccolissimo isolotto al quale si giunge con un battello che parte dalla limitrofa Marsala. Una volta giunti si respira aria del passato.
Si passeggia nell’isolotto, porto fenicio di grandissima importanza nell’antichità, sommersi dai ritrovamenti archeologici.

Lo Stagnone nell'antichità, in particolare in epoca fenicia, era un luogo strategicamente importante per la presenza di Mozia, influente e sicuro centro commerciale fenicio per gli scambi tra Oriente e Occidente. Il periodo di splendore dello Stagnone si concluse con la conquista romana e rimase nel silenzio fino alle soglie dell'età moderna. Infatti, con un notevole salto di secoli, lo Stagnone tornò ad avere una funzione importante ai tempi della dominazione spagnola, nel XV secolo, quando lungo il suo litorale furono costruite le saline e quando si incrementò l'attività della pesca. Le saline sono ancora oggi una delle peculiarità della Riserva dello Stagnone e possono essere visitate. Così come gli imponenti mulini a vento che venivano e vengono utilizzati per il pompaggio dell'acqua e la macinazione del sale. Tra le caratteristiche che rendono unica la Riserva cè comunque anche la presenza di numerose specie di pesci (orate, spigole, triglie, anguille, saraghi, seppie, polpi, crostacei e via dicendo). Le calde acque della Laguna e la scarsa profondità dei suoi fondali rendono, infatti, lo Stagnone un habitat ideale per la deposizione delle uova e per il ripopolamento ittico, peraltro tutelato dal regolamento della Riserva che prevede il divieto di caccia e di pesca subacquea e con le reti. Anche la pesca sportiva (attraverso lenze e nasse), pur essendo consentita, è opportunamente regolamentata. Ma lo Stagnone è anche un piccolo paradiso per gli appassionati di ornitologia. In determinati periodi dell’anno diverse specie di uccelli migratori, cavalieri d’Italia, anatre selvatiche, aironi e fenicotteri bianchi o rosa, qui nidificano o sostano durante le loro migrazioni. La Riserva dello Stagnone accoglie, inoltre, una rigogliosa vegetazione tipica degli acquitrini salmastri mediterranei: la Palma nana, i giunchi e le salicornie.

 

LO STAGNONE VISTO DAL SATELLITE

 

 

IL RITROVAMENTO

Il recupero della nave è avvenuto tra gli anni 1971 e 1974. Terminati gli scavi, i legni della nave vennero conservati in acqua dolce e successivamente montati e conservati in questo “baglio”, adibito per l'occasione a museo.

 

Il “Baglio Anselmi”, è un antico stabilimento marsalese costruito intorno al 1880 e destinato alla produzione del Marsala e della distillazione dell’alcool puro; dal 1986 è attualmente adibito a MUSEO all’interno del quale è ospitato il relitto della nave cartaginese ritrovata nel 1969 nello Stagnone di Marsala.

 

 "Il relitto della Nave Punica" a Marsala 

di Giovanni Teresi

“Il relitto della nave punica custodito nel Museo Archeologico: Baglio Anselmi di Marsala, rappresenta ad oggi un vero e proprio gioiello della collezione.

 Ritrovata nel 1969 durante i lavori di scavo di una draga, vennero scoperti dei vasi antichi e altri reperti nella zona di Punta Scario, al largo dell’Isola Grande, presso l’imboccatura nord della laguna dello Stagnone. Nel 1971 lo spostamento di un banco di sabbia fece emergere la poppa della nave a pochi metri sotto il livello del mare, nei pressi del canale artificiale punico (“fretum intraboream”) che oggi è andato perduto.

 Lo scavo fu affidato alla famosa archeologa Honor Frost dalla British School at Rome, in collaborazione con la Soprintendenza alle Antichità della Sicilia Occidentale.

 Con il suo arrivo a Marsala, nell’estate del 1970, iniziarono i lavori con una équipe di volontari per eseguire ricognizioni subacquee e archeologiche sulla costa a nord della città.

La Nave Punica si trova a Marsala grazie a Honor Frost, una delle più famose archeologhe subacquee mai esistite.

La Frost, deceduta nel 2010, fu l’artefice del recupero della Nave Punica. L’operazione durò tre anni e fu un periodo eccezionale per la raccolta di reperti di vario tipo e testimonianze storiche della Prima guerra punica, antecedente quindi al 241 a.C.

Dell’antico reperto si è conservata la parte poppiera e la fiancata di sinistra, per circa 10 metri di lunghezza e 3 di larghezza.

L’archeologa  Rossella Giglio ipotizza che: «[…]

“ipoteticamente la lunghezza era di m. 35, la larghezza di 4,80, la stazza di tonnellate 120, con un possibile equipaggio di 68 vogatori, 34 per lato, che azionavano i 17 remi di ogni fiancata.».

La nave punica era costruita secondo la tecnica detta «a guscio portante», basata sulla realizzazione prima del fasciame e poi della struttura interna. La parte esterna era rivestita da lamiere di piombo, fissate con chiodi di bronzo, mentre un tessuto impermeabilizzante stava in mezzo tra il fasciame ed il rivestimento metallico. La parte interna, invece, era costituita da madieri e ordinate, rispettivamente costruite in quercia e acero le prime, e in pino e acero le seconde, mentre il fasciame era realizzato in pino silvestre e marittimo. I segni geometrici che si trovano sulla nave costituivano le linee-guida per la costruzione della stessa e costituiscono, già da soli, una testimonianza di grande importanza. Aveva un’àncora, la chiglia e un rostro”.

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

LO STAGNONE

 

Il Relitto nel BAGLIO "ANSELMI"

 

 

Segue l’interessante elenco degli oggetti trovati a bordo del relitto:

 

Al momento della scoperta furono trovati, tra i resti dello scafo, anche altri oggetti che facevano comunque parte dell'imbarcazione o che appartenevano ai membri dell'equipaggio:

  • sassi usati per zavorrare l’imbarcazione che, con molta probabilità, provenivano dalle coste laziali 

  • ossa di animali tagliate a pezzi

  • noccioli d’oliva e gusci di noce (forse la nave affondò in un periodo autunnale o invernale, data l'assenza di resti di frutta fresca)

  • foglie di cannabis sativa (forse utilizzata per alleviare le fatiche dei marinai)

  • scopa in sparto (fibra vegetale utilizzata ancora oggi per fare i panieri)

  • corde “piombate”, ossia intrecciate e rinforzate grazie a uno strumento in legno terminante a punta e che ancora oggi viene utilizzato (la caviglia)

  • boccali, piatti, ciotole, un mortaio, tappi di sughero

  • un pugnale 

Questi ed altri reperti sono stati analizzati con il carbonio 14 e concordano nel datare la nave alla metà del III secolo a.C. 

Il relitto di Marsala è una inequivocabile testimonianza del metodo di prefabbricazione delle navi fenicie e puniche, già noto dalle fonti storiche (Polibio). I corsi di fasciame e le parti strutturali venivano costruite in serie e contrassegnate con segni o lettere dell’alfabeto fenicio, per essere poi assemblate velocemente e consentire il varo di un’intera flotta in pochi giorni.

 

I trattamenti per la conservazione

 A Marsala in un primo momento vennero esposti solo i pezzi di legno disassemblati, mentre la nave intera fu assemblata solo dopo che alcuni tecnici locali, i fratelli Bonanno, costruttori di barche e navi, riuscirono a ricostruire l'imbarcazione sotto la guida di Austin P. Farrar, un ingegnere navale della missione di scavo inglese, grazie alle lettere e ai segni presenti sul materiale recuperato.

Naturalmente va detto che non furono rinvenuti tutti i pezzi originari. Fu trovata solamente una parte di questi, ovvero la poppa e la fiancata di babordo, mentre altri pezzi sono stati montati su supporti appositi, visibili ad occhio nudo a causa del differente colore del legname. Dopo il rinvenimento, i legni vennero dapprima messi in vasche d'acqua dolce e, successivamente la nave venne reimmersa in una vasca con cera sintetica (polietelene glycol – PEG 4000 ad alta percentuale) dissolta in acqua a diverse concentrazioni e temperature.

La nave punica venne poi esposta nel museo nel 1978, ma per 21 anni rimase sotto un telone in quanto le condizioni architettoniche del museo non erano idonee per la sua corretta esposizione; infatti la si poteva ammirare soltanto tramite alcune finestrelle di plastica trasparente poste lungo le fiancate della copertura.

Nel maggio del 1999, ultimati i lavori che permisero la creazione di un clima adatto ad una conservazione ottimale, attraverso l'installazione di impianti di climatizzazione  per mantenere umidità e temperatura  costanti, venne tolto il telone e la nave fu esposta al pubblico.

 

Nave da guerra o nave oneraria?

Sono numerose le questioni ancora aperte sulla nave punica di Marsala. Prima di tutto ci si chiede ancora se fosse una nave da guerra  o una nave oneraria  (da carico) anche se addirittura c'è chi mette in dubbio che fosse effettivamente una nave punica.

 

Particolare della chiglia

 

Caratteristica importante di questo tipo d'imbarcazione era il rostro, elemento tipico delle navi puniche da guerra, una punta di bronzo o lignea posta sulla prua sotto il livello del mare, che serviva a speronare e ad aprire una falla nello scafo delle navi nemiche e che dopo lo scontro si staccava dalla chiglia facendo affondare la nave speronata. Anche se della nave di Marsala si conserva solo una parte della poppa, gli studiosi suppongono che a prua ci potesse essere un rostro, proprio come quello che si è trovato nel 2004 a Trapani in quanto intorno ai legni ricurvi del lato di prua sono state rinvenute tracce di tessuto imbevuto di resina e un frammento di lamina di piombo.

Ciò fa pensare che probabilmente questa nave fosse una nave da guerra, teoria sostenuta dall’archeologa  Honor Frost, dalla Giglio e da molti altri studiosi.

A favore di questa tesi, ci sarebbe anche la questione della datazione, che il test del carbonio 14 fissa alla metà del III secolo a.C. Sulla scorta di questi dati la Giglio sostiene che la nave con tutta probabilità affondò il 10 marzo del 241 a.C., nel corso della battaglia navale combattuta nel mare delle Egadi che concluse la Prima guerra punica.” 

L'archeologa Honor Frost e il prof. Maurizio Vento, docente di latino nei licei e autore di un testo sull'argomento, sostengono che si tratta di una nave da carico, in quanto le misure e la forma coincidono con quelle delle classiche navi puniche onerarie. Egli inoltre sottolinea che l'identificazione fatta dalla Frost fosse più legata al fatto che all'epoca del rinvenimento, il ritrovamento di una nave punica da guerra costituiva un vero e proprio sogno per gli archeologi.

 

Ecco la spiegazione circa la doppia versione: militare o da carico....

Come scrive infatti la Frost alla vigilia del rinvenimento: «[…] Ancora una volta non si può dire niente fin quando uno scavo sarà stato realizzato, eccetto che la scoperta di una nave da guerra antica è da un secolo il vecchio sogno degli archeologi navali. Nessun relitto di questo genere è stato mai scoperto […]».

Sono affermazioni che svelano, secondo Maurizio Vento che, «prima ancora che fossero visitati scientificamente i reperti» esisteva il proposito «di voler materializzare quel sogno, non tenendo conto di molti fattori che, pur messi in luce da tempo, vengono generalmente trascurati».

I dubbi di Vento vengono alimentati ulteriormente anche dal fatto che in questa nave si sia trovato:

 « il vasellame (ciotole, macine per granaglia, poche anfore per l'acqua potabile, per il vino e per la salsa di pesci), i rifiuti degli alimenti (come resti ossei di animali da cacciagione o come resti vegetali quali noccioli di frutta secca, di olive in salamoia), numerosi oggetti (come legna da ardere, tappi di anfore, cordami, canapa per spaghi e stoppa, pece, punteruoli per funi, attrezzi da pesca) che fanno tutti parte del normale corredo delle navi onerarie e sono presenti pure a bordo della nave punica di Marsala»e, invece, non si sono trovati«i moltissimi remi (che permettevano le rapide mosse strategiche per colpire il fianco della nave nemica), le catene dei numerosi rematori e i banconi dove sedevano» – ma soprattutto – «il rostro bronzeo tricuspidato, le varie armi (scudi, corazze, spade, pugnali ecc.), e poi materiali di ricambio, argani, carrucole, arnesi vari, e tutto ciò che è facile immaginare fosse il consueto corredo di una nave bellica».

Un'altra considerazione importante viene fatta da Piero Bartoloni citato da Maurizio Vento, e cioè che «le navi onerarie di Cartagine  erano lunghe tra i 20 e i 30 metri, con una larghezza compresa tra i 5 e i 7 metri, e avevano un pescaggio di circa un metro e mezzo, analogo all'altezza dell'opera morta» - e ancora - «tra la carena ed il pagliolo era situata la zavorra, costituita da pietrame in schegge ed eventualmente sostituita con sabbia se il carico era costituito da anfore; per attutire gli urti delle pietre contro i corsi, veniva disposta una coltre di fogliame. Lo stesso carico costituiva parte necessaria della zavorra, come è dimostrato indirettamente da una delle navi puniche di Punta Scario, all'interno della quale è stata rinvenuta una certa quantità di pietrame che, a quanto risulta dalle analisi effettuate, proveniva probabilmente dalla costa settentrionale del Lazio».

E conclude dicendo che «questo rinvenimento […], secondo il nostro avviso, dimostra che la nave in questione era giunta carica nel porto etrusco e che, una volta scaricati i prodotti importati e non essendovi nulla da caricare per il viaggio di ritorno, la sua zavorra era stata sostituita con del pietrame locale.

Maurizio Vento conclude la sua tesi sostenendo che «la nave oneraria […] sarebbe dunque naufragata per un errore del nocchiere, dovuto o ad imperizia o più probabilmente a cause naturali (come, ad esempio, una tempesta), al momento di virare nei pressi del Borrone, lungo l'unica rotta praticabile che consentisse di approdare in quella che un tempo era stata la Cartagine siciliana».

Il ritrovamento dell'imbarcazione ha permesso di conoscere il sistema di costruzione navale dei Cartaginesi, che aveva suscitato ammirazione nell'antichità per la velocità costruttiva della prefabbricazione in cantiere.

Ogni asse della nave punica reca inciso, infatti, un simbolo dell'alfabeto fenicio-punico utile ai carpentieri per il rapido assemblaggio dello scafo, proprio come per una moderna scatola di montaggio.

 

Le ricerche continuano....

Il Parco archeologico di Lilibeo-Marsala e la Honor Frost Foundation, in collaborazione con il Centre Camille Jullian dell’Università di Aix Marseille-CNRS, promuovono ciclicamente la realizzazione di convegni internazionali sulla Nave Punica. Così avvenne esattamente 50 anni dopo l’avvio della missione archeologica guidata da Honor Frost.

 

CONCLUSIONE

La storia della nave punica, del suo ritrovamento, è una storia di archeologia, di ricerca nel passato più antico di questa terra. E’ la storia, però, anche della tenacia di archeologi che da tutto il mondo si sono concentrati su Marsala e sul mare della battaglia delle Egadi. 

 

 

 

A cura di

CARLO GATTI

 

Rapallo, Venerdì 16 Maggio 2025

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


USS MONITOR – CSS VIRGINIA. Le Prime Corazzate della Storia

 

USS MONITOR – CSS VIRGINIA

Le Prime Corazzate della Storia Navale

 

Le Carte di LIMES

 La battaglia tra i Monitor e Virginia, seppur breve e dalla tecnologia rudimentale, segnò una svolta epocale nella storia della guerra navale.  Da quel conflitto a distanza ravvicinata tra due prototipi di corazzate, durante la Guerra di Secessione americana, nacque una nuova era di potenza marittima.

L'idea geniale di una torre corazzata mobile, seppur con i limiti evidenti delle prime unità, innescò una corsa agli armamenti che portò, in pochi decenni, alla costruzione di imponenti corazzate, protagoniste delle principali battaglie navali del XX secolo.

Questa evoluzione tecnologica, culminata con le mastodontiche navi da battaglia della Seconda Guerra Mondiale, fu infine soppiantata dalla rivoluzione missilistica, decretando la fine di un'era.

 

L'USS Monitor fu un monitore dell'Union Navy (Nordista). È famosa per la sua partecipazione alla prima battaglia tra due navi corazzate, la battaglia di Hampton Roads del 9 marzo 1862 durante la Guerra di secessione americana nella quale combatté contro la nave corazzata CSS Virginia della Confederate States Navy (Sudista). Per questo motivo le due unità hanno un posto speciale nella storia degli Stati Uniti.

 Fino alla metà del XIX secolo quasi tutte le navi da guerra erano state costruite principalmente in legno, invece negli anni immediatamente precedenti la Battaglia di Hampton Roads il progetto delle navi da guerra e - di conseguenza - lo svolgimento degli scontri navali cambiò notevolmente a causa dell'introduzione della corazza.

 Lo svedese John ERIKSON  fu il progettista della MONITOR, anche i suoi cannoni portano il nome di un altro costruttore svedese: Dahlgren.

Solo tre mesi dopo la Battaglia di Hampton Roads il progetto venne offerto alla Svezia e nel 1865 il primo monitor svedese venne costruito al molo di Motala a NorrKöping e battezzato John Ericsson in onore dell'ingegnere. Venne seguito da altri 14 monitor. Uno di questi, il Sölve, è ancora conservato nel museo marittimo di Göteborg. 

 

Il Monitor era una nave piccola, anche per l’epoca. Aveva una lunghezza di 54 metri ed era molto bassa di bordo, meno di un metro.

L'opera viva è la parte immersa in acqua, mentre l'opera morta è la parte asciutta che comprende la zona superiore dello scafo e le strutture di coperta e sovraccoperta.

Il fasciame di legno era coperto da 10 a 20 centimetri di corazzatura d’acciaio. A bordo aveva 49 tra marinai e ufficiali.

La torretta centrale rivestita di acciaio ospitava i due cannoni.

 

Cannone Dahlgren

 

Vista della torretta del Monitor che mostra il danno subito

 

Le navi militari costruite fino a quel momento avevano i cannoni in una posizione fissa nello scafo e dovevano accostare, cioè posizionare la nave nella direzione dell’obiettivo da colpire. Il MONITOR invece disponeva di una torre mobile a centro nave che ruotava e puntava direttamente il suo cannone verso il bersaglio. Mentre il primo cannone sparava l’altro veniva caricato. Pertanto il fuoco era continuo, diretto e preciso.

 

Il monitore” aveva dei limiti operativi: era una speciale “nave corazzata” adatta ad azioni nei fiumi o sotto costa, ma assolutamente inadatta per velocità e qualità nautiche come unità di squadra in mare aperto.

USS Monitor

Descrizione generale

Tipo

monitore

Ordine

4 ottobre 1861

Cantiere

Continental Iron Works, Greenpoint, New York

Impostazione

1861

Varo

30 gennaio 1862

Entrata in servizio

25 febbraio 1862

Destino finale

affondato il 31 dicembre 1862

Caratteristiche generali

Dislocamento

987

Lunghezza

52 m

Larghezza

12,6 m

Propulsione

macchina alternativa a doppio pistone, 1 elica

 

Velocità

nodi (15 km/h)

Equipaggio

59 tra ufficiali e marinai

Armamento

Artiglieria

cannoni a canna liscia Dahlgren da 11 pollici (280 mm)

Corazzatura

verticale 114-51 mm, orizzontale 25 mm, torre 228-203 mm

USS Monitor in action with CSS Virginia, 9 March 1862

La CSS VIRGINIA, fu un ariete corazzato della Confederate States Navy, fu protagonista assieme alla USS MONITOR della Battaglia di Hampton Roads, primo scontro tra navi corazzata della storia.

Tipo

Ariete corazzato

Cantiere

Gosport Navy Yard - Norfolk

Impostazione

1861

Completamento

1862

Entrata in servizio

1862

Destino finale

11 maggio 1862, autoaffondata dal suo equipaggio

Caratteristiche generali

Stazza lorda

circa 3200 tons (i dati differiscono, 800 tons è improbabile) tsl

Lunghezza

275 piedi (84 m) m

Larghezza

38 piedi 6 pollici (11,73 m) m

Pescaggio

22' pari a circa 6,7 m

Velocità

nodi (16,67 km/h)

Equipaggio

320 Ufficiali e comuni

Armamento

Artiglieria

· 2 cannoni rigati da 7" (178 mm)

· 2 cannoni rigati da 6" (152 mm)

· 6 cannoni Dahlgren a canna liscia da 9" (229 mm)

· 2 obici da 12 libbre (5 kg)

Altro

rostro prodiero

Corazzatura

24 pollici (610 mm) in legno ricoperto da 2 pollici (51 mm) in ferro

 

 

UN PO' DI STORIA ...

 

 

NORDISTI E SUDISTI

UNITED STATES OF AMERICA

DEPARTMENT OF THE NAVY

 

L'Union Navy corrispose all’United States Navy (MARINA NORDISTA) durante la Guerra di Secessione Americana quando combatté contro le forze messe in campo dalla Confederate States Navy (MARINA SUDISTA).

 

 CONFEDERATE STATES OF AMERICA

NAVY DEPARTMENT

 

La Marina Confederata (Confederate States Navy - CSN) era la Marina Militare delle Confederate States Armed Forces (MARINA SUDISTA) degli Stati Confederati d’America, che nel corso della Guerra di Secessione Americana, combatté contro la Union Navy.

 La Guerra di Secessione Americana, detta anche guerra civile americana, venne combattuta dal 12 aprile 1861 al 26 maggio 1865 fra gli Stati Uniti d’America e gli Stati Confederati d’America (CSA), entità politica sorta dalla riunione confederale di Stati Secessionisti dall’Unione. Questo conflitto venne combattuto dagli schieramenti anche attraverso le forze navali.

 Durante la Guerra Civile Americana, la Marina Militare dell’Unione – l’Union Navy - molto più forte, bloccava gli Stati Confederati d’America i quali non disponevano che di poche navi mercantili armate in guerra.

Per liberarsi dal blocco, i Confederati dettero incarico al capitano Brookle di costruire una speciale nave corazzata. Questi impiegò lo scafo di una fregata nordista a vapore, la USS Merrimack, che era stata danneggiata in parte da un incendio e catturata allo scoppio delle ostilità. La rasò ad un metro di sopra dell'acqua e vi costruì sopra una grande casamatta, terminante a prora e a poppa con due facce inclinate dalle quali sporgevano due cannoni rigati da 19 cm. Aprì sui fianchi otto portelli per altrettanti obici Dahlgren da 24 cm e la coprì con lunghe piastre formate da rotaie, dello spessore dai 40 ai 68 cm. A prora e a poppa vi erano due vasti compartimenti che potevano essere allagati e così la nave si sommergeva fino al livello della casamatta. La nave così ristrutturata venne ribattezzata CSS VIRGINIA

Nello stesso periodo entrava in servizio presso la marina federale una nave del tutto speciale che prese il nome di USS MONITOR. Questo bastimento era stato costruito in tre mesi: dislocava 1200 tonnellate, era lungo 40 metri e largo 11. Aveva l'opera morta elevata meno di un metro sul galleggiamento. I fianchi e la coperta erano corazzati con piastre di 18 cm di spessore. Portava al centro una sola torre, progettata dall'inventore americano Theodore Timby, alta 3 metri, del diametro di 6 metri e mezzo, girevole per 360 gradi e armata con due cannoni Dahlagren, da 38 cm. Aveva una macchina a vapore che gli imprimeva la velocità di 9 miglia orarie.

L'8 marzo 1862, mentre una divisione federale era ancorata nella rada di Hampton Roads, venne assalita dal VIRGINIA, questa nave semi-sommersa che non faceva più di tre miglia all'ora. Attaccò con lo sperone uno sloop-of-war, il Cumberland, che colò a picco adagiandosi sul basso fondale; subito dopo distrusse la fregata Congress sparando palle arroventate. Le altre navi, per salvarsi, dovettero buttarsi in secca. Il VIRGINIA, da solo, era riuscito così a distruggere una divisione di quattro bastimenti. Ritornò l'indomani nella stessa rada per distruggere le altre navi, ma non aveva ancora incominciato il combattimento, che si vide giungere addosso il MONITOR, inviato nel frattempo dai Federali e si impegnò un duello che durò più di quattro ore. Alla fine il Monitor riuscì a colpire il Virginia alla linea di galleggiamento, aprendogli una grossa falla. Nello stesso tempo il Virginia feriva gravemente il comandante Worden del Monitor, ma, essendo l'acqua penetrata nello scafo e le macchine quasi inservibili, il Virginia dovette allontanarsi.

Ebbe così termine uno dei combattimenti più caratteristici della guerra di secessione americana e che segna definitivamente la fine delle navi da guerra in legno.

 

TUTTO INIZIO’ CON IL BLOCCO NAVALE ....

 

Il Blocco dell’Unione (NORDISTA) fu una strategia militare volta ad impedire il commercio internazionale degli Stati Confederati d’America (SUDISTI).

il Blocco fu messo in atto dagli squadroni marini dell’Union Navy (nordisti) tra il 1861 e il 1865, serrò completamente l'intera linea costiera degli Stati Uniti meridionali (Confederati).

Il blocco commerciale venne proclamato dal presidente degli Stati Uniti d’America ABRAHAM LINCOLN nell'aprile del 1861 e richiese il monitoraggio attivo di 3.500 miglia (5.600 km) di costa dall’Oceano Atlantico al Golfo del Messico, compresi i 12 scali portuali principali del profondo Sud ed in particolar modo New Orleans e Mobile (Alabama).

I cosiddetti “corridori del blocco”, abbastanza veloci da riuscire a sfuggire i controlli federali, riusciranno a trasportare solamente una minima parte delle scorte necessarie al Sud belligerante; gestiti in larga parte da cittadini dell’Impero Britannico fecero uso di porti neutrali quali l’Avana, Nassau e Bermuda. 

Vennero commissionate circa 500 navi tra le più grandi e quelle di minore stazza, le quali perverranno alla distruzione o alla cattura di oltre 1.500 "violatori del blocco" nel corso dell'intera durata del conflitto.

 

 

"Affamare la Confederazione": National Park Service.  Nell'aprile del 1861 il presidente Lincoln ordinò un blocco navale dei porti meridionali per fermare il flusso di importazioni ed esportazioni da e verso gli Stati Confederati d’America.

I corridori del blocco, che trasportavano cotone (fibra) e altri prodotti, sfidarono l’embargo, con risultati più o meno soddisfacenti. Charleston (Caroline del Sud), il principale porto di sbarramento sudista, fu sin dall'inizio un obiettivo importante per far ottenere la vittoria finale all’Unione.

Alcuni investitori dell’Impero britannico allestirono allora navi piccole e veloci, che partendo da Cuba e dalle Bahamas, cercavano di violare il blocco, portando nei porti del Sud armi, rifornimenti militari e generi di lusso, appetiti dall'alta società confederata.

I cosiddetti corridori del blocco o "violatori del blocco" tornavano poi indietro, non prima di aver acquistato tabacco e cotone da rivendere nel Regno Unito di Gran Bretagna e Irlanda. I profitti erano ovviamente alti e i rischi relativi: gli equipaggi erano di nazionalità britannica e, in caso di cattura, venivano rilasciati. I carichi catturati andavano all’’asta ed il ricavato veniva equamente distribuito ai marinai unionisti.

La guerra navale vide diverse innovazioni tecnologiche, come le prime corazzate e i primi sommergibili in servizio effettivo.

 

 

La confederata CSS Virginia (nella foto sopra), nel suo viaggio di prova ad Hampton Roads, affondò la nave unionista USS Cumberland ed incendiò la USS Congress. Il secondo giorno si scontrò con la corazzata unionista USS Monitor, episodio che vide la vittoria strategica dell’Unione.

 

Per gli appassionati di Storia Americana riporto:

 

Battaglie ed avvenimenti navali

Nome dello scontro

Data iniziale

Data conclusiva

Note

Blocco dell'Unione

19 aprile 1861

1865

Parte del Piano Anaconda

Battaglia di Fort Sumter

12 aprile 1861

13 aprile 1861

Primi colpi sparati della guerra navale, prima battaglia della guerra

Battaglia di of Gloucester Point

7 maggio 1861

7 maggio 1861

Prima battaglia navale della guerra

Battaglia di Sewell's Point

18 maggio 1861

19 maggio 1861

Battaglia di Aquia Creek

29 maggio 1861

1º giugno 1861

Primo utilizzo della mina navale da parte delle forze confederate in combattimento

Battaglia di Pig Point

5 giugno 1861

5 giugno 1861

Battaglia di Mathias Point

27 giugno 1861

27 giugno 1861

Naufragio della Petrel

28 luglio 1861

28 luglio 1861

Una delle ultime battaglie navali della storia che coinvolgono una nave corsara

Battaglia di Cockle Creek

5 ottobre 1861

5 ottobre 1861

Battaglia di the Head of Passes

12 ottobre 1861

12 ottobre 1861

Primo utilizzo dello sperone ferrato in guerra

Battaglia di Port Royal

7 novembre 1861

7 novembre 1861

Prima grande battaglia navale della guerra

Incidente del Trent

8 novembre 1861

8 novembre 1861

Cattura dei Confederati Mason e Slidell da bordo della nave britannica HMS Trent da parte della USS San Jacinto.

Battaglia di Cockpit Point

3 gennaio 1862

3 gennaio 1862

Battaglia di Lucas Bend

11 gennaio 1862

11 gennaio 1862

Prima battaglia che coinvolge le corazzate dell'Unione durante la guerra

Battaglia di Fort Henry

6 febbraio 1862

6 febbraio 1862

Battaglia di Elizabeth City

10 febbraio 1862

10 febbraio 1862

Battaglia di Hampton Roads

8 marzo 1862

9 marzo 1862

Prima battaglia navale tra due navi da guerra corazzate

Battaglia di Fort Jackson e St. Philip

16 aprile 1862

28 aprile 1862

Terminata con la conquista di New Orleans da parte dell'Unione a seguito della Battaglia di New Orleans (25 aprile - 1º maggio 1862)

La flotta unionista al comando dell'Ammiraglio David G. Farragut prende la più grande città confederata (e il suo porto principale) cominciando la risalita del Mississippi.

Battaglia dell'Isola numero 10

28 febbraio 1862

8 aprile 1862

Prima sconfitta confederata sul fiume Mississippi

Battaglia navale di Fort Pillow

10 maggio 1862

10 maggio 1862

Primo affondamento di corazzate unioniste da parte della flotta confederata fluviale

Battaglia di Drewry's Bluff

15 maggio 1862

15 maggio 1862

Battaglia di Memphis

6 giugno 1862

6 giugno 1862

La flotta confederata di difesa fluviale viene annientata dalle navi da guerra e dalle cannoniere corazzate unioniste

Battaglia di Saint Charles

17 giugno 1862

17 giugno 1862

Battaglia di Tampa

30 giugno 1862

1º luglio 1862

Scontro navale alle porte di Vicksburg (Mississippi)

15 luglio 1862

15 luglio 1862

La corazzata confederata Arkansas infligge seri danni alla flotta unionista.

Battaglia di Corpus Christi

12 agosto 1862

18 agosto 1862

Battaglia di Baton Rouge

5 agosto 1862

5 agosto 1862

La corazzata Arkansas rimane incagliata e i confederati sono costretti ad affondarla.

Battaglia di Galveston Harbor

4 ottobre 1862

4 ottobre 1862

Spedizione congiunta contro Franklin (Crumpler's Bluff)

3 ottobre 1862

3 ottobre 1862

Battaglia di Fort Hindman

9 gennaio 1863

11 gennaio 1863

Ha portato alla più grande resa delle truppe confederate a Ovest del fiume Mississippi prima della fine della guerra

Azione al largo del faro di Galveston

11 gennaio 1863

11 gennaio 1863

Battaglia di Fort McAllister

3 marzo 1863

3 marzo 1863

Spedizione di Yazoo Pass (battaglia di Fort Pemberton)

11 marzo 1863

11 marzo 1863

Prima battaglia di Charleston Harbor

7 aprile 1863

7 aprile 1863

Attacco navale a Charleston (Carolina del Sud) da parte di corazzate dell'Unione.

Battaglia di Wassaw Sound

17 giugno 1863

17 giugno 1863

Battaglia di Portland Harbor

27 giugno 1863

27 giugno 1863

Prima battaglia di Fort Wagner

10 luglio 1863

11 luglio 1863

Seconda battaglia di Fort Wagner

18 luglio 1863

18 luglio 1863

Seconda battaglia di Charleston Harbor

17 agosto 1863

8 settembre 1863

Seconda battaglia di Sabine Pass

8 settembre 1863

8 settembre 1863

La maggiore vittoria confederata unilaterale della guerra

Seconda battaglia di Fort Sumter

9 settembre 1863

9 settembre 1863

Attacco all'USS New Ironsides

5 ottobre 1863

5 ottobre 1863

La CSS David diventa la prima torpediniera ad effettuare un attacco di successo su una nave da guerra nemica in combattimento

Battaglia di Fort Brooke

16 ottobre 1863

18 ottobre 1863

Naufragio della USS Housatonic

17 febbraio 1864

17 febbraio 1864

Il CSS H. L. Hunley diventa il primo sottomarino ad affondare una nave da guerra nemica in combattimento

Battaglia di Fort Pillow

12 aprile 1864

12 aprile 1864

Battaglia di Plymouth

17 aprile 1864

20 aprile 1864

Battaglia di Albemarle Sound

5 maggio 1864

5 maggio 1864

Battaglia di Cherbourg

19 giugno 1864

19 giugno 1864

Ha portato all'affondamento del raider confederato CSS Alabama da parte della USS Kearsarge al largo di Cherbourg, nel Secondo Impero francese.

Battaglia della baia di Mobile

2 agosto 1864

23 agosto 1864

La più ampia vittoria navale unionista dell'intera guerra

Incidente di Bahia

7 ottobre 1864

7 ottobre 1864

Ha portato alla cattura del raider confederato CSS Florida, incidente internazionale con l'Impero del Brasile

Conquista di Plymouth

29 ottobre 1864

31 ottobre 1864

Spedizione di Rainbow Bluff (incidente di Jamesville)

9 dicembre 1864

9 dicembre 1864

Seconda battaglia di Fort Fisher

13 gennaio 1865

15 gennaio 1865

Il più vasto assalto anfibio della guerra

Battaglia di Trent's Reach

23 gennaio 1865

25 gennaio 1865

La più grande battaglia navale conclusiva della guerra

 

La prima battaglia tra navi corazzate ebbe luogo il 9 marzo 1862, quando alla Monitor fu assegnato il compito di proteggere la flotta in legno dell'Unione dalla nave corazzata Virginia e dalle altre navi da guerra confederate.

 

CRONACA DELLO SCONTRO E FINE DI UNA EPOCA

Le due navi si affrontarono nella battaglia di Hampton Roads. Il giorno prima la Virginia era uscita dal porto ed era riuscita ad affondare da sola due navi del Nord, senza riportare danni rilevanti. Quando le due navi si incontrarono nessuna delle due fu in grado di danneggiare seriamente l’altra.

I colpi di cannoni rimbalzavano contra la corazzatura senza penetrarla, nonostante le due navi si fossero trovate più volte a pochi metri di distanza. Le due navi si spararono decine di colpi per ore.

Alla fine dello scontro, il rumore delle cannonate che facevano vibrare gli scafi d’acciaio aveva incominciato a far sanguinare le orecchie dei marinai. Scesa la sera le due navi si ritirarono. Lo scontro era finito in un pareggio, ma i Confederati non erano riusciti a interrompere il blocco del nord.

 Entrambe le navi affondarono in maniera poco gloriosa qualche mese dopo. La Virginia venne affondata due mesi dopo dal suo stesso equipaggio per evitare che venisse catturata quando il porto venne abbandonato dall’esercito del sud.

Il Monitor affondò il 31 dicembre di quell’anno a causa di una tempesta, mentre veniva rimorchiata verso un nuovo obbiettivo. Buona parte dell’equipaggio riuscì a mettersi in salvo. A bordo restarono soltanto 16 uomini, di cui due nella torretta dove vennero ritrovati nel 2002.

 Il Virginia attaccò lo squadrone del blocco navale dell'Unione ad Hampton Roads, Virginia, l'8 marzo 1862, distruggendo il USS Cumberland e il Congress e forzando il Minnesota  a riva prima di ritirarsi. Quella notte il Monitor, al comando del tenente John L. Worden, arrivò a rimorchio. Quando il Virginia tornò il giorno dopo, il 9 marzo 1862, per dare il colpo di grazia al Minnesota ed al resto della flotta della federazione venne intercettato dal Monitor.

Le due navi corazzate combatterono per circa quattro ore, senza che nessuna delle due riuscisse a danneggiare seriamente l'altra.

Tatticamente la battaglia fu un pareggio, nessuna delle due inflisse un danno significativo all'altra. Comunque fu una vittoria strategica per il Monitor.

La missione del Virginia era di rompere il blocco navale dell'Unione, questa missione fallì. La missione del Monitor era di difendere la flotta dell'Unione, cosa che gli riuscì. Le due navi non si combatterono mai più a vicenda.

 

 

 

LE CAUSE DEL NAUFRAGIO

 

Incisione del Monitor mentre affonda

Siccome il progetto del Monitor era adatto al combattimento sul fiume, la sua bassa linea di galleggiamento e la sua torretta pesante lo mettevano a rischio in acque agitate.

Questa caratteristica portò probabilmente al naufragio del Monitor originale, che affondò durante una tempesta. Sommerso da onde alte mentre era al traino del Rhode Island, affondò il 31 dicembre 1862 nell’Oceano Atlantico al largo di Capo Hatteras nella Carolina del Nord.

Sedici dei sessantadue membri dell'equipaggio persero la vita, due dei quali vennero individuati nel 2002; una volta recuperati i resti, si tentò di identificarli, arrivando alla possibile identità di William Bryan, un emigrato scozzese arruolatosi con il Nord e Robert Williams. A questi fu dato l'ultimo saluto l'8 marzo 2013 nel cimitero di Arlington.

 

 

La riscoperta

 

Nel 1973 il relitto della Monitor venne localizzato sul fondo dell'oceano Atlantico a circa 26 miglia a sudest di capo Hatteras. Il sito del relitto venne designato come primo santuario marino degli Stati Uniti.

Il santuario del Monitor è attualmente uno dei tredici santuari marini creati per proteggere una risorsa culturale, piuttosto che una risorsa naturale.

Il sito è ora sotto la supervisione della amministrazione oceanica e atmosferica nazionale (NOAA). Molti artefatti del Monitor, inclusa la sua torretta, elica, ancora, motore ed alcuni effetti personali dell'equipaggio, sono stati recuperati e sono In mostra al Mariner’s Museum di Newport News in Virginia.

Nel 1986 il Monitor venne designato "Sito storico nazionale".

 

Bibliografia

Military Heritage contiene un articolo sul USS Merrimack (CSS Virginia), sul USS Monitor, e sulla Battaglia di Hampton Roads (Keith Milton, Military Heritage, dicembre 2001, Volume 3, No. 3, pp. 38 to 45 and p. 97).

 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Illustrazione della Battaglia di New Orleans (1862) 

 

 

La CSS Albemarie contro la USS Sassacus nella Battaglia di Albemarie Sound

 

Dipinto di Louis Prang che ritrae la Battaglia della Baia di Mobile 

 

La CSS ARKANSAS muove attraverso la flotta dell'Unione davanti a Vicksburg, 15 luglio 1862

 

La corazzata CSS VIRGINIA, ex USS Merrimac

 

Illustrazione della battaglia di Menphis

 

Illustrazione della Battaglia di Drewry’s Bluff. 

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 13 Maggio 2025