IL FARO DI SAN VINCENZO - Portogallo

FARO DI SAN VINCENZO

 

Latitudine: 37° 01' 30" Nord

Longitudine: 08° 59' 40" Ovest

 

Cabo de São Vicente: il Faro che guarda la “fine della terra”

 

 

Si trova sul promontorio più occidentale del continente europeo, il faro di Cabo de São Vicente è posizionato su una scogliera ripida all’estremità sud-occidentale del Portogallo, finis terrae che sfida la potenza dell’Oceano. Il faro  di Cabo de São Vicente è di medie dimensioni, alto 24 metri è poggiato su una scogliera di 75 mt. 

Risale al 1846, quando venne costruito per volere della Regina Maria II di Braganza dove un tempo c’era un convento francescano che era pure impegnato come “Servizio Postale” per i velieri di passaggio. Un capitolo di amore e solidarietà che i marinai di tutto il mondo raccontano alle nuove generazioni per non dimenticare!

 

 

Le lenti Fresnel, sono il cuore del Faro che si affaccia sullo sconfinato Oceano Atlantico.

 

 

Il meccanismo di illuminazione originario era alimentato ad olio, mentre l’attuale – che monta due lampade da 1.000 Watt e può essere visto fino a 60 chilometri di distanza (ovviamente dipende dalla visibilità, dall’assenza di nebbie e foschie, ecc.) utilizza l’elettricità. E’ considerato uno dei fari strategici per la navigazione, tra i più grandi del mondo.

Il promontorio dove sorge il faro, prima ancora di essere dedicato a San Vincenzo da Saragozza, patrono dei marinai il cui corpo martoriato, secondo la leggenda, si sarebbe arenato nei pressi del capo, era già conosciuto dall’antichità e ne parla il geografo greco Strabone che lo chiamò Ofiussa (luogo dei serpenti).

 

 

Non solo Geografia! Capo San Vincenzo rappresenta anche tanta Storia

Al largo di questo capo sono state combattute, nel corso dei secoli, numerose battaglie navali. 

 

 

 

 

I Fari del PORTOGALLO

 

 

 

ALCUNE IMMAGINI DEL

 

Cabo de São Vicente

 

 

 

 

 

RICORDI …

Navigare per anni attraverso l'oceano, dalla vastità delle Americhe alla vecchia Europa, non era solo un viaggio fisico, ma un'esperienza che scavava nel profondo dell'anima marinara di ognuno di noi.

L’attraversamento dell'Atlantico rappresentava sempre una sfida, una battaglia contro il tempo e gli elementi.

I ricordi si accavallano, ma ogni volta, l'attesa di vedere la “scopa” di luce notturna del faro di Cabo de São Vicente (Portogallo) che falciava il cielo, mi avvolgeva in un'atmosfera di profonda emozione.

Non c'erano comfort moderni o tecnologie avanzate a bordo, solo il duro lavoro dei marinai e la costante vigilanza per navigare nelle acque insidiose dell'Atlantico. Le notti erano lunghe e solitarie, con il suono cupo delle onde che battevano contro lo scafo della nave come un'eterna canzone di sfida: un Deguellio sull’oceano!

Cabo de São Vicente era l’unico segno certo di vita sulla terraferma dopo lunghi giorni di navigazione tra cielo e mare. Una vera forza nel buio nero dell'oceano che annunciava il mio abbraccio con la vecchia Europa, con la mia terra amata.

Un misto di felicità per il ritorno imminente ma anche di malinconia per il tempo perduto lontano dalla famiglia.

La vista del faro, con la sua luce intermittente tagliare l'oscurità, significava sopravvivenza, un'altra vittoria contro la natura selvaggia dell'oceano.

Eppure, non c'era tempo per festeggiare o per lasciarsi andare alla nostalgia della terra lontana. La vita di bordo richiedeva concentrazione e determinazione, con il pensiero della famiglia e del mio golfo ridossato e relegato a un secondo piano di fronte alla necessità di sopravvivere e completare la traversata.

L'avvistamento del Faro di Cabo de São Vicente non era solo un segno di avvicinamento alla terraferma, ma anche un momento di tensione e adrenalina per il traffico navale in entrata e in uscita dallo STRETTO DI GIBILTERRA.

 

 

Traffico Navale - Stretto di Gibilterra

 

 

Le correnti oceaniche e le tempeste imprevedibili rendevano ogni avvicinamento al faro un'impresa rischiosa, con l'equipaggio in allerta per affrontare le insidie sempre in agguato di rotte navali incrociate, vorticose e omnidirezionali.

 

 

Gibilterra Il moderno monumento simbolico delle Colonne dErcole al Cancello degli Ebrei.

 

 

 

 

CONTE DI SAVOIA – Passaggio dello Stretto di Gibilterra

 

Gibilterra era considerata, dagli antichi greci e romani, uno dei punti che delimitavano la terra conosciuta. Il mito vuole che sia stato il semidio Ercole a porre due Colonne ai lati dello Stretto di Gibilterra, tra i promontori di Calpe, ovvero la Spagna, e di Abila, l’Africa. Questo è il motivo per cui ancora oggi, simbolicamente, lo stretto è noto anche come Colonne d’Ercole.

 

Sul finale della traversata, le miglia nautiche scorrevano più veloci e il vecchio Continente, con le sue mitiche Colonne d’Ercole, era pronto ad accogliere la nostra nave tra le sue braccia. E così, mentre la luce del faro ci guidava verso casa, il mare continuava a suonare la sua musica, il suo Deguellio di ricordi e segreti di ogni viaggio. E io, nel cuore di quel mare infinito, mi sentivo a casa e straniero, avvolto nel dolce abbraccio della nostalgia e della speranza.

Tra poco saremmo entrati nel MARE NOSTRUM e già sentivo il profumo di casa immaginando le nostre famiglie trepidanti sulla banchina del porto di Genova dopo lunghi mesi d’attesa.

Quando infine la nave attraccava e l'equipaggio poteva mettere piede sulla terraferma, non c'era spazio per la malinconia o la contemplazione poetica. Era solo il momento di scaricare le merci, affrontare le formalità portuali e prepararsi per il prossimo viaggio, con l'oceano sempre in attesa di reclamare chiunque osasse sfidarne le profondità implacabili.

 

 

I POSTINI DEL MARE

 

https://www.marenostrumrapallo.it/post/

di Carlo GATTI e Nunzio Catena

 

 

ALCUNE NOTE TECNICHE SUL MISTERIOSO SERVIZIO DEL FARO

 

 

PORTATA GEOGRAFICA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.

 

 

 

 

PORTATA LUMINOSA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.

Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione della trasparenza atmosferica.

 

 

 

Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo “scintillio della “scopa” del faro sul riverbero dell’acqua si manifesta a notevole distanza nelle ore notturne.

Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.

Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.

Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA di Genova felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?

Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.

 

 

 

IL FARO VISTO DA …

 

Non riesco a pensare a nessun altro edificio costruito dall’uomo che sia altruistico quanto un faro. Sono stati costruiti solo per servire.

(George Bernard Shaw)

Fare il guardiano è un dovere, una responsabilità. Bisogna essere predisposti. Le difficoltà sono moltissime, i gabbiani, i topi, l’isolamento, in cui trascini anche la famiglia. Con mia moglie e le mie tre figlie abbiamo passato anni interi vedendo pochissima gente. Ma almeno io la solitudine non la sentivo. A volte mi incanto pensando a quanti miliardi di occhi mi hanno visto senza che io li vedessi.

(Ex guardiano del faro di Lampione, al largo di Lampedusa)

Molti sostengono che il faro più bello del mondo sia quello di Bell Rock, piantato su uno scoglio del Mare del Nord, a 11 miglia dalla costa. Lo scoglio si chiama Bell proprio perché nel 1300 c’era una campana a segnalare la secca, ma dopo appena un anno se la prese un pirata olandese. Ogni inverno almeno sette navi scomparivano nella zona e una tempesta ne affondò 70 tutte assieme. Fu però la perdita nel 1804 della HMS York, un vascello di terza classe da 74 cannoni, a fare decidere il Parlamento a rispolverare una vecchia, impossibile idea dell’ingegnere scozzese Robert Stevenson, nonno dello scrittore Robert Louis:

Un-faro-in-mezzo-al-mare.

 

(La Stampa 2008)

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, mercoledì 27 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 


APL - AMERICAN PRESIDENT LINE - PARTE SECONDA

 

PARTE SECONDA

 

 

AMERICAN PRESIDENT LINE

UN PEZZO DI STORIA AMERICANA

 

 

Robert Dollar

(1844-1932)

 

Il 16 maggio 1932, Robert Dollar morì all'età di 88 anni e gli successe il figlio, Robert Stanley Dollar. L'azienda iniziò un costante declino. Le vacillanti società del dollaro si trovavano ora ad affrontare costi operativi in ​​forte aumento. 

Nel dicembre 1937 la Presidente Hoover si incagliò al largo della costa orientale di Taiwan e fu liquidata come “perdita totale costruttiva”. 

Nel 1938 la società aveva un debito di 7 milioni di dollari, con interessi che aumentavano di 80.000 dollari al giorno. 

Nel giugno 1938 la President Coolidge fu sequestrata ai sensi della legge dell'Ammiragliato a San Francisco per un debito non pagato di 35.000 sterline. 

 

 

 

Bandiera della Old House della Presidente americano Lines, adottata nel 1938.

 

 

Nell'agosto 1938, la Commissione Marittima degli Stati Uniti giudicò poco solida la Dollar Shipping Company e ne assunse il controllo, nominando William Gibbs come successore di R. Stanley Dollar e Joseph R. Sheehan come nuovo presidente della compagnia. 

Il primo punto della questione era un emendamento allo statuto aziendale, ribattezzando la linea "American President Lines". 

Anche American Mail Line fu venduta al magnate del tabacco Richard J. Reynolds e riorganizzata come società indipendente. Con ciò la Dollar Steamship, una forza a lungo potente nella navigazione americana, divenne parte della storia marittima USA.

Nel 1940, il governo degli Stati Uniti aveva commissionato 16 nuove navi per l'APL, continuando la denominazione "presidente" delle navi, uno di questi esempi era la SS President Jackson, una nave mercantile di classe C-3

Nel 1941, gli Stati Uniti entrarono nella Seconda guerra mondiale e nel 1942 fu creata la War Shipping Administration, di cui APL era un agente. 

L'APL si è occupata della gestione di alcune navi dell'Amministrazione, della loro manutenzione e revisione, nonché dell'equipaggio e della gestione delle merci e dei passeggeri. Furono utilizzate le navi dell'APL, oltre alle numerose navi Liberty e Victory che furono costruite. 

Nel 1944, altre 16 navi furono costruite appositamente per l'APL, inclusa la SS President Buchanan, una nave di classe Victory. Alla fine della guerra, nel 1945, il patrimonio dell'azienda ammontava a 40 milioni di dollari.

 

 

La SS LANE VICTORY (classe Victory)

 

 La Lane Victory fu costruita a Los Angeles dalla California Shipbuilding Corporation a varata il 31 maggio 1945.

Durante il suo primo viaggio, il 27 giugno 1945, la Lane Victory trasportò rifornimenti bellici nel Pacifico. La War Shipping affidò la gestione della nave alla APL. La nave era gestita dalla marina mercantile degli Stati Uniti. La guardia armata della Marina degli Stati Uniti, che presidiava i cannoni della nave, lavorava come segnalatori e radiotelegrafisti. Fece due crociere nel Pacifico, a partire dal 10 luglio 1945, verso l’isola di Manus, e la seconda, a partire dal 30 agosto 1945, a Guam, Saipan e Hawaii. Il viaggio a Guam doveva portare cibo sull'isola. 

Lungo la strada Lane Victory incappò in un tifone e fu sballottato per 14 giorni. Il 27 febbraio 1946 terminò il suo secondo viaggio. Con la fine della seconda guerra mondiale iniziò a spedire aiuti. Nel marzo 1946 iniziò a consegnare merci in Europa nell'ambito del PIANO MARSHALL. Con la fine del piano di aiuti, l'11 maggio 1948 la Lane Victory fu dismessa a Suisun Bay, in California.

Una delle navi APL della Seconda guerra mondiale sopravvive ancora. La SS LANE VICTORY  è una nave tipo-Victory conservata come Nave Museo  nella zona di San Pedro a Los Angeles, California. Essendo una rara nave Victory sopravvissuta, è un punto di riferimento storico nazionale degli USA.

 

 

 

President SS CLEVELAND

SS President Cleveland was an American passenger ship originally ordered by the United States Maritime Commission during World War II, as one of the Admiral W. S. Benson-class Type P2-SE2-R1 transport ships, and intended to be named USS Admiral D. W. Taylor (AP-128). She became the Panamian-flag passenger ship SS Oriental President in 1973 before being scrapped in 1974. She operated on routes in the Pacific Ocean. 

 

 

President SS WILSON

 

 C'è stata un'altra PRESIDENTE WILSON - Ma fu un'altra storia....

La Presidente Wilson è stata una nave a vapore, costruita nel 1911  nel Cantiere Navale Triestino a Monfalcone per la Unione Austriaca di Navigazione  con il nome di Kaiser Franz Joseph I. Stazzava 12.567 tonn., e misurava 145,53 metri di lunghezza e 18,35 di larghezza.

Possedeva eliche doppie e sviluppava una velocità di 17 nodi. Poteva trasportare 125 passeggeri in prima classe, 550 in seconda e 1.230 in terza. Fu varata il 9 settembre 1911 ed effettuò il suo viaggio inaugurale il 25 maggio 1912 sulla rotta Trieste-Buenos Aires. 

Il 13 giugno del 1914 effettuò per la prima volta la linea Trieste-Patrasso-Palermo-Algeri-NewYork. A causa dello scoppio della Grande Guerra rimase bloccata nel porto di Trieste dal 1915 al 1918 e poi fu trasferita alla compagnia di navigazione Cosulich dove venne ribattezzata General Diaz e poi Presidente Wilson.

Nel 1930 passò al Lloyd Triestino e fu ribattezzata Gange; nel 1936 fu acquistata dalla Compagnia Adriatica e cambiò nome in Marco Polo. Nel 1944 fu affondata dai tedeschi nelle acque della Spezia. Recuperata nel 1949, fu disarmata l'anno dopo.

 

 

L'APL riavviò il suo servizio passeggeri intorno al mondo e l'anno successivo lanciò la SS PRESIDENT CLEVELAND e la SS PRESIDENT WILSON che furono pubblicizzate come “Il tuo Hotel americano all’estero”. 

 

 

ALBUM  FOTOGRAFICO

 

 

 

 

 

 

 

President Monroe - sopra e sotto

 

 

 

President Wilson

 

 

 

 

 

President Coolidge  in servizio passeggeri

 

Versione militarizzata del President Cleveland 

 

 

 

 

USS PRESIDENT POLK (AP-103)

 

 

Sopra e sotto: Le gemelle - PRESIDENT CLEVALAND – PRESIDENT WILSON

 

 

 

 

 

L’ERA DEI CONTAINERS

Negli anni '50, l'azienda si espanse nuovamente, costruendo più navi; 11 furono costruite tra il 1952 e il 1954. Queste includevano navi mercantili di classe C-4. Inoltre, è stata finalmente raggiunta una soluzione nel caso del dollaro. Invece di riprendere la società dalla famiglia Dollar, questa è stata venduta a un gruppo di investitori guidati da Ralph K. Davies per 18,3 milioni di dollari.  In questo periodo Davies acquisì anche il controllo di American Mail Line con l'obiettivo di reintegrarla nell'APL.

Nel 1958, la società iniziò a studiare la possibilità della containerizzazione e inviò gruppi di ricerca in 28 porti principali. In seguito alle loro segnalazioni, Davies ha iniziato a integrare i container nell'attività dell'azienda. 

Nel 1961, la compagnia aveva iniziato a varare navi in ​​grado di trasportare container, le prime due di queste erano la combinazione di navi portacontainer SS President Tyler e SS President Lincoln. Anche i porti hanno iniziato ad adattarsi al nuovo sistema basato sui container, sebbene molti potenziali clienti fossero ancora diffidenti. Entro la fine del decennio, la compagnia stava ancora lanciando navi combinate piuttosto che navi portacontainer completamente cellulari come già impiegate da diverse linee statunitensi, britanniche, europee e giapponesi, ma nel 1969, il 23% delle attività della compagnia si spostava tramite container. 

 

 

 

 

Un container APL da 20 piedi montato su un telaio  è parcheggiato in una banchina di carico di un magazzino negli Stati Uniti.

 

Il crescente utilizzo dei viaggi aerei fece sì che i servizi passeggeri della compagnia fossero in costante calo nel corso degli anni '60 e nel 1973, l'ultima nave di linea APL, la SS President Wilson, completò il suo ultimo viaggio intorno al mondo e fu venduta. Sempre nel 1973, l'American Mail Line fu completamente assorbita dall'APL e alle sue navi furono successivamente assegnati i tradizionali nomi "President". 

Nel 1971 l'uso dei container era nuovamente aumentato; Il 58% dell'attività dell'azienda si è spostata tramite container. Durante i primi anni '70, la compagnia convertì molte delle sue tradizionali navi portacontainer e combinate in navi portacontainer più efficienti e ordinò quattro navi portacontainer di nuova costruzione. 

Nel 1977, tuttavia, la linea si ritirò dal servizio merci mondiale per concentrarsi su rotte puramente transpacifiche. 

Nel 1978, l'azienda ha iniziato a lavorare sul concetto di Servizio Intermodale Integrato senza soluzione di continuità nel mercato statunitense: l'idea di spostare merci containerizzate tramite nave, treno e camion sotto un'unica identità aziendale. 

Nel 1979, APL iniziò il LinerTrain, un servizio ferroviario diretto su ponte terrestre che trasportava container da Los Angeles a New York utilizzando i propri vagoni ferroviari, portando alla consegna di container più affidabile dell'epoca. Allo stesso tempo, la società costruì le sue tre navi più grandi fino ad oggi: tre navi portacontainer diesel di classe C-9, la prima delle quali fu la President Lincoln. 

 

Nel 1984, la società ha avviato il servizio StackTrain, un'idea che segue l'impresa di successo LinerTrain. Ciò ha comportato l'utilizzo di vagoni ferroviari a doppia pila che potessero trasportare contenitori impilati uno sopra l'altro invece di trasportare un solo livello di contenitori. 

Ogni vagone ferroviario aveva un pozzo che conteneva il contenitore inferiore, abbassando così i due contenitori impilati per ridurre la loro altezza combinata per adattarsi agli spazi liberi della linea ferroviaria, da qui il nome comune dei vagoni a doppia pila: "vagoni a pozzo"

I contenitori a doppio impilamento nei vagoni sono stati sviluppati alla fine degli anni '70 e implementati per la prima volta nel 1981, ma APL è stata la prima compagnia di navigazione ad abbracciare e sfruttare pienamente il concetto. 

Le auto di APL furono sviluppate e prodotte da Thrall Car, mentre il servizio ferroviario di linea fu inizialmente fornito dalla Union Pacific Railroad e dalla Chicago e dalla North Western Railway, e infine da Conrail una volta ampliate le distanze dei binari. 

I container impilabili doppi hanno notevolmente migliorato l'efficienza operativa riducendo la lunghezza del treno e il numero di assi per container, risparmiando così carburante per tonnellata-miglio. Un altro vantaggio è stato creato unendo permanentemente cinque auto in un set. Ciò ha ridotto il numero di accoppiatori, riducendo di conseguenza l’azione allentata. 

Il gioco viene creato in qualsiasi treno dagli accoppiatori tra i vagoni che vengono allungati e compressi, e nei treni lunghi e pesanti questa può essere una forza piuttosto potente. Riducendo l'azione lenta, si riducono anche i danni causati alle merci trasportate nei container. 

Allo stesso tempo, la compagnia continuò a modernizzare la propria flotta, con navi sempre più grandi e veloci, tutte attrezzate per il trasporto di container. APL ha anche avviato un servizio porta a porta, noto come servizio Red Eagle . Un'altra iniziativa è stata quella di introdurre container di dimensioni più grandi: container da 45 piedi (14 m) nel 1982, container da 48 piedi (15 m) nel 1985 e container da 53 piedi (16 m) nel 1988. Sempre nel 1988, l'azienda ha sviluppato la posta – Navi PANAMAX, quelle troppo grandi per transitare nel Canale di Panama. Queste navi erano lunghe 903 piedi (275 m) e larghe 129 piedi (39 m), con la capacità di trasportare 4.300 TEU, un TEU essendo un'unità container arbitraria lunga 20 piedi (6,1 m). Tutti questi sviluppi portarono l'APL ad essere dichiarata leader del settore nel 1989, con l'assegnazione dell'"Admiral of the Ocean Sea Award" da parte dello United Seamen's Service al presidente, W. Bruce Seaton. 

 

La nave portacontainer APL Turquoise è ormeggiata a Bremerhaven, in Germania.

 

 

 

La nave portacontainer APL Savannah è vista in partenza da Fremantle, Australia

 

 

Gli anni '90 furono un periodo di continua crescita per APL. Si aggrappava ancora alla tradizione di dare alle navi il nome dei presidenti degli Stati Uniti e all’epoca disponeva di una flotta di 20 navi completamente containerizzate con una capacità complessiva di 20.000 TEU. Nel 1990, APL aveva una richiesta speciale per la Union Pacific 3985 per trainare un treno a doppia pila da 143 vagoni tra Cheyenne, Wyoming e North Platte, Nebraska. 

Nel 1991, APL ha avviato il servizio di treni da Chicago al Messico, servendo gli stabilimenti automobilistici Chrysler e fornendo servizi generali. L'azienda ha inoltre investito molto nella tecnologia informatica, utilizzandola per tenere traccia della sua flotta in continua crescita di treni, container e navi. Da allora questo è stato continuamente aggiornato. 

Nel 1993, la società continuò ad aumentare i propri ricavi e stipulò un accordo trentennale con il porto di Los Angeles per l'apertura di un nuovo terminal, per un costo di 70 milioni di dollari. L'anno successivo, ha quasi raddoppiato anche le dimensioni del suo terminal di Seattle, aumentandolo da 83 acri (340.000 m 2 ) a 160. L'azienda è diventata il primo spedizioniere ad aprire un sito web nel 1995 e ha offerto transazioni di spedizione online. Nel 1997, la società fu acquistata dalla Neptune Orient Line per 285 milioni di dollari, al costo di 33,50 dollari per azione.  Nel 1998, la nave APL CHINA incontrò una tempesta a sud delle Isole Aleutine. Le perdite del carico, con 388 container finiti in mare e molti altri danneggiati, nonché danni alla nave, hanno avviato azioni legali da 50 milioni di dollari contro APL. Questa potrebbe essere stata la più grande perdita di trasporto marittimo della storia. 

Nel 1999, il franchise di stack train è stato venduto a Pacer ed è ora noto come Pacer Stacktrain. Nel nuovo millennio gli affari dell'azienda cominciarono a vacillare. Nel 2001, la società madre NOL riportò perdite per 57 milioni di dollari, seguite da una straordinaria perdita di 330 milioni di dollari nel 2002. Allo stesso tempo, le vendite di APL crollarono da 3,8 miliardi di dollari nel 2000 a 3,4 miliardi di dollari nel 2002. Il CEO ad interim Ron Widdows iniziò una campagna di riduzione dei costi e accelerazione del processo decisionale, e dal 2003 l'azienda ha ripreso a guadagnare. Nel 2005, l'azienda ha introdotto il "Real-Time Locating System" utilizzando “tag RFID”, che registravano accuratamente la posizione di ogni container all'interno del sistema, riducendo ritardi e perdite di container: il terminal Global Gateway South di APL a Los Angeles ora sposta 1,65 milioni di TEU all'anno.

Nel 2009, APL e altre attività di Neptune Orient si sono trasferite in una nuova sede a Singapore. In precedenza, APL aveva sede a Oakland-California. 

Il 10 giugno 2016, APL e NOL sono diventate filiali di CMA-CGM quando oltre il 90% delle azioni di Singapore sono state acquistate dalla linea di container.  Nello stesso anno, la controllata della CMA CGM US Lines così come le attività transpacifiche della ANL furono consolidate in APL

 

 

 

Nel gennaio 2017, la nave portacontainer APL Denver si è scontrata con la Wan Hai 301, una nave appartenente a Singapore, al largo del porto di Pasir Gudang a Johor, in Malesia. L'incidente è avvenuto perché l'APL Denver aveva incrociato il percorso del Wan Hai 301 mentre stava attraversando lo schema di separazione. L'APL Denver è stata gravemente danneggiata, con almeno 300 tonnellate di petrolio fuoriuscite nell'acqua vicino al porto di Pasir Gudang. 

Dall'ottobre 2020, APL si è concentrata esclusivamente sulle attività del governo statunitense, lasciando CMA CGM come unico marchio nel transpacifico. 

APL gestisce terminali marittimi in dieci punti strategici in tutto il mondo.

Dollar Steamship Company / Dollar Line

 

 

 

LINK

 

https://web-archive-org.translate.goog/web/20080516075940/http://www.theshipslist.com/ships/lines/dollar.htm?_x_tr_sl=en&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=sc

 

 

 

 

FINE

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 12 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


APL - AMERICAN PRESIDENT LINE - PARTE PRIMA

 

PARTE PRIMA

 

 

AMERICAN PRESIDENT LINE

 

UN PEZZO DI STORIA AMERICANA

 

 

 

"OGGI"

 

Precedentemente chiamata American President Lines Ltd., è una compagnia di spedizioni di container americana - filiale della compagnia di navigazione francese CMA-CGM. Gestisce una flotta di navi portacontainer, comprese nove navi portacontainer battenti bandiera statunitense. 

 

APL SENTOSA

GT: 151,200 - Lunghezza: 369 mt – Larghezza: 51 mt

 

Fondato: 1848; New York City USA

Sede centrale: Arlington, Virginia

Zona servita: Tutto il mondo

Persone chiave: Peter Levesque-Presidente,

Servizi: Terminale Spedizioni Container

Reddito: US$ 4,6 miliardi (anno fiscale 2016)

Numero di dipendenti: 5.000 (2017)

 

 

Un container APL da 40 piedi

 

 

 

“ IERI ”

 

UN PO’ DI STORIA …

Nel 1938, il governo degli Stati Uniti prese in gestione la Dollar Steamship Co. che era in difficoltà finanziarie e trasferì i suoi beni alla neonata:

 

AMERICAN PRESIDENT LINE

APL

 

Nel 1997, la compagnia di navigazione Neptune Orient Lines  (NOL) acquisì APL, trasferendo la sede a Singapore. Nel 2016CMA-CGM ha acquisito NOL, inclusa APL

 

PACIFIC MAIL STEAMSHIP COMPANY 

Compagnia di navi POSTALI a vapore della Pacific Mail

 

 

La SS  California, la prima nave della Pacific Mail, partì da New York quasi vuota, prima di essere riempita di “cercatori d'oro” in “Corsa all’oro della California” a partire dal 1848.

 

 

CORSA ALL’ORO

In giallo le zone aurifere

 

 

 

Tutto iniziò il 24 gennaio 1848, quando il pioniere svizzero John Sutter, arrivato in America in cerca di fortuna come tanti, lavorando alla costruzione di una fabbrica scoprì un ricco filone d'oro sulle rive del fiume Sacramento. (linea Blu verticale)

GOLDFIELDS: campi d’oro.

 

 

 

Stretto di Puget con le principali città della regione NORD della California

 

 

 

Nel 1848, dopo la fine della “guerra messicano-americana”, la costa occidentale degli Stati Uniti si estendeva ora da Puget Sound a San Diego. Quando il 29° Congresso degli Stati Uniti approvò il Mail Steamer Bill (1847), la consegna della posta fu autorizzata ad essere consegnata via nave dalla costa orientale degli USA alla costa del Pacifico attraverso l’Istmo di Panama, con due rotte di navi a vapore attive: da New York City a Chagres (Columbia), sul lato orientale dell'istmo, ed un secondo percorso da Panama City, in Colombia ad Astoria in Oregon.

Nello stesso anno, W.H.Aspinwall si assicurò un contratto governativo di 10 anni tramite Arnold Harris, con il Senato dello Stato di New York  che incorporò la Pacific Mail Steamship Company  con un capitale di $ 400.000, di cui Aspinwall fu eletto primo presidente. Questa società avrebbe dovuto spostare la posta da Panama alla costa occidentale, ricevendo un pagamento di 199.000 dollari all'anno dal governo degli Stati Uniti. 

Nel gennaio 1848, la compagnia ordinò tre piroscafi postali al Cantiere Navale di W.H.Webb: la SS California, la SS Panama e la SS Oregon

Il 5 ottobre o il 6 ottobre 1848, il primo di questi della Pacific Mail, il SS California, partì da New York City per effettuare il servizio sula linea Panama-Costa occidentale, viaggiando intorno a Capo Horn per San Francisco - guarda caso, la “corsa all’oro” in California iniziò nel gennaio di quell'anno, e il piroscafo - e le sue sorelle, Oregon e Panama - imbarcò molti “fiduciosi” minatori lungo il percorso. 

 

 

La Pacific Mail attracca a San Francisco, intorno al 1860. Vengono mostrate due navi a vapore, entrambe in servizio nella Trans-Pacifico in quel momento.

Prima di fondare la Pacific Mail, Aspinwall aveva una vasta esperienza nel settore delle spedizioni come partner di Howland & Aspinwall e gestiva alcune Navi CLIPPER, imbarcazioni molto innovative e divenute famose per le loro caratteristiche tecniche e nautiche. 

Nel 1845, mentre già possedeva il clipper Ann McKim, considerato il più veloce, l'azienda costruì il Rainbow che era ancora più veloce. 

 

Clipper Rainbow

 

Clipper Sea Witch

 

Il Rainbow era considerato il primo dei famosi clipper veloci: “veri cavalli da corsa del mare”. L'anno successivo l'azienda fece costruire il Sea Witch che stabilì un record di velocità dalla Cina a New York, tuttora valido. 

I Clipper sacrificavano la capacità di carico a favore della velocità. Il verde cinese, (primo raccolto) aveva un sapore migliore, quindi il carico sulla prima nave della stagione che arrivava a New York costava di più. Va da sé che una maggiore velocità della nave significava più viaggi in un dato periodo di tempo, compensando la ridotta capacità di carico.

 

 

L'EPOCA DEI POSTALI

 

 

La carta mostra le rotte della Pacific Mail Steam-Ship Company

 

Nel 1850 – le due Compagnie di Navigazione: Pacific Mail Steamship Company e la US Mail Steamship Company tra New York e Chargers (Los Angeles) entrarono in concorrenza. Georges Law si oppose alla Pacific Line con i piroscafi SS Antelope, SS Columbus, SS Isthmus, SS Republic nel tratto di Pacifico che va da Panama City a San Francisco. 

Nel 1850 la Pacific Mail mantenne il monopolio sul commercio Panama-Oregon, aiutata dall'acquisto di due piroscafi dalla Empire City Line. Un gran numero di potenziali cercatori d'oro che pagavano per il passaggio in California avevano fatto sì che nel 1850 il capitale della Pacific Mail fosse aumentato da $ 400.000 a oltre $ 2 milioni. Pacific Mail ordinò quattro nuove navi, progettate per soddisfare le esigenze del commercio da e per la California, e aprì magazzini navali a Panama City e Benicia in California. 

Nell'aprile 1851- la rivalità finì con un accordo stipulato tra le due compagnie: la US Mail Steamship Company acquistò i piroscafi Pacific Mail sul lato atlantico (SS Crescent City, SS Empire City, SS Philadelphia), e George Law vendette le sue navi e la nuova linea alla Pacific Mail.

 

 

 

Seguono Anni di frenetiche alleanze, cambiamenti ai vertici, acquisti di nuove navi e nuove linee da inaugurare… Ma tutto avviene sotto il controllo, non sempre dietro le quinte, del Governo Federale degli Stati Uniti.

 

Aspinwall investì nella Panama Railroad Company che avrebbe sostituito i vecchi sentieri dei carri attraverso l'istmo, riducendo il tempo di viaggio da quattro giorni a quattro ore.

Nel 1852 George Law entrò in società con Aspinwall e sviluppò il suo terminal orientale vicino al molo di Aspinwall, Columbia, poi vendette la sua quota nel 1853. Questa linea fu completata nel 1855 e il coordinamento tra le navi a vapore e questa linea significò il tempo di viaggio da San Francisco a New York è stato ridotto a 21 giorni.

Nel 1856, Aspinwall si ritirò dalla carica di presidente della Pacific Mail Company, con l'ex segretario, William H. Davidge, che assunse la presidenza. Sotto il suo controllo, il capitale della società raddoppiò, raggiungendo i 4 milioni di dollari, ma il punto di svolta principale della sua presidenza della società avvenne nel 1858, quando scadde il contratto della Pacific Mail con il governo. Allo stesso tempo scadde anche il contratto della US Mail Steamship Company. Questa compagnia forniva le navi per la rotta da New York a Panama e cessò l'attività nel 1859.

Un servizio diretto fu ritenuto necessario (e redditizio) e la compagnia acquistò tre nuove navi: SS Adriatic, SS Atlantic, SS Baltic che in precedenza erano appartenute alla Collins Line. Tuttavia, la concorrenza delle altre linee di navi a vapore dell'Atlantico fu feroce e nel giro di pochi anni la rotta sulla sponda atlantica fu interrotta. 

Durante la Guerra civile americana (1861–1865), Pacific Mail usò i suoi piroscafi per trasportare l'oro sulla costa orientale per sostenere la causa del Nord. La compagnia ricevette anche la SS Colorado, varata dallo stesso cantiere navale della SS California. Alla fine della guerra (1865), sotto la nuova presidenza, Pacific Mail acquistò la sua concorrente, la Atlantic Mail Steamship Company, che a quel punto forniva il servizio da New York all'Istmo. Ciò a sua volta significava che, finalmente, Pacific Mail era in grado di fornire un servizio completo da New York alla costa occidentale attraverso l'istmo, senza concorrenza. 

Nel 1866, il Governo Federale degli Stati Uniti assegnò il primo contratto postale di 500.000 dollari all'anno tra San Francisco e l'Estremo Oriente - vale a dire Hong Kong via Giappone e le Isole Sandwich (più tardi note come Isole Hawaii) a Pacific Mail

La SS Colorado fu ritirata dalla rotta originale New York-San Francisco per essere utilizzata sulla nuova rotta da San Francisco alla Cina e al Giappone. Il Colorado fu dotato di un albero di mezzana e di più depositi di carbone per il viaggio e, nel 1867, divenne il primo piroscafo a effettuare un servizio regolare attraverso l'Oceano Pacifico, da San Francisco a Yokohama in Giappone, e poi fino a Hong Kong. 

 

 

Pacific Mail Steam Ship - SS CHINA

Pacific Mail ordinò inoltre che quattro nuove navi operassero su questa rotta: SS China, SS Japan, SS Great Republic, SS AmericaQueste navi furono ordinate per un costo di 1 milione di dollari e il capitale della compagnia fu aumentato a 20 milioni di dollari per coprire questo costo. 

Nel 1867, l'azienda gestiva quattro linee diverse:

  • La linea atlantica, tra New York e Aspinwall, Panama. Con frequenza tre volte al mese.

  • La Pacific Line, che si collegava con la Atlantic Line, tra Panama e San Francisco, fermandosi ad Acapulco e Manzanillo. Anche questo percorso veniva effettuato tre volte al mese, ad eccezione di quest'ultimo, che veniva effettuato una volta al mese.

  • La China Line, tra San Francisco e Hong Kong, con sosta a Yokohama, una volta al mese. Questo era collegato alla Pacific Line.

  • La linea Shanghai, rotta tra Yokohama e Shanghai, via Nagasaki, una volta al mese, collegandosi con la China Line.

 

 

 La SS Mongolia, una delle navi più veloci e più grandi della Pacific Mail, è raffigurata in una pubblicità per il servizio transpacifico della compagnia.

 

Attraverso questi collegamenti, le merci potevano essere trasportate da New York a Yokohama in 42 giorni, a Shanghai in 47 giorni e a Hong Kong in 50 giorni, comprese tutte le soste. Nello stesso anno la Compagnia possedeva 25 navi, per una stazza complessiva di 61.474 tonnellate. 

Nel 1869, il completamento della Ferrovia Trans Transcontinentale fece sì che il traffico passeggeri sulla rotta di Panama diminuì progressivamente.

Nel 1872, il governo degli Stati Uniti raddoppiò il sussidio sulla posta trasportata dalla Pacific Mail, sebbene ciò richiedesse il raddoppio del servizio e l'ammodernamento della flotta. 

Nel 1873, la Pacific Mail prese in consegna la prima delle 11 navi a vapore con scafo in ferro e propulsione a elica: la Città di Pechino

Nel 1875, William Henry Aspinwall morì il 18 gennaio all'età di 68 anni, ma Pacific Mail continuò e presto iniziò il servizio verso l'Australia e la Nuova Zelanda. 

Nel 1880 la Pacific Mail modernizzò le sue navi con scafi in acciaio, sostituendo le vecchie navi in ​​ferro, e installò l’illuminazione elettrica di Thomas Edison sulla SS Columbia, rendendola la prima nave al mondo ad avere energia elettrica. 

Nel 1893, la Southern Pacific Co.  acquisì il controllo sulla Pacific Mail

 

 

Nel 1902, Pacific Mail varò la SS Korea e la SS Siberia, che furono le sue prime navi con lo scafo in acciaio, seguite dalla SS Manchuria e dalla SS Mongolia nel 1904. Queste navi erano le più grandi e veloci navi mercantili del Pacifico, le ultime due misurava più di 13.600 tonnellate di stazza lorda, più grande della compagnia all'epoca. 

Nel 1912, il Congresso vietò alle navi di proprietà delle Ferrovie di utilizzare il Canale di Panama, e così la Pacific Mail fu venduta alla WR Grace and Company, dove operò come filiale dal 1916 al 1925, quando la flotta transpacifica della compagnia fu acquistata dalla Dollar Shipping Company per $ 5.625.000 in contanti.

 

LA GRANDE SVOLTA

Compagnia di spedizioni del Dollaro

 

Nel frattempo, il capitano Robert DOLLAR acquistò la sua prima nave, segnando l'inizio del suo Impero Marittimo

Dollar nacque a Falkirk (Scozia) nel 1844, All'età di 11 anni si trasferì in Canada, dove lavorò in un deposito di legname. Successivamente, nel 1893, acquistò la propria segheria sulla costa del Pacifico. A causa degli orari di spedizione inaffidabili, trovò difficile spedire il suo legname dal Pacifico Nord Occidentale lungo la costa verso la California. Quindi, nel 1893 Dollar acquistò una goletta a vapore da 120 piedi (37 m) chiamata Newsboy

12 agosto 1900 - Con questa nave fondò la Dollar Steamship Company nota come "Dollar Line" che presto crebbe fino a disporre di una grande flotta di golette che trasportavano legname nei diversi mercati.

 

Mae Dollar 

 

Nel 1902, Robert Dollar salpò per la prima volta per l'Asia a bordo di una nave della Pacific Mail: la SS China, per esplorare potenziali mercati di legname dall'altra parte del Pacifico. Iniziò ad acquisire un certo numero di navi e iniziò la sua navigazione transpacifica con un viaggio charter a Yokohama, in Giappone e nelle Filippine segnando il suo ingresso nel trasporto marittimo internazionale. 

Durante la prima guerra mondiale, R. Dollar ordinò la costruzione di navi per un valore di 30 milioni di dollari in Cina e nel 1923 acquistò sette navi di linea "502 President Type" dallo US Shipping Board, aprendo la strada al suo servizio intorno al mondo, segnato dalla partenza del PRESIDENT HARRISON il 5 gennaio 1924. Tutte queste navi portavano il nome dei Presidenti degli Stati Uniti.

 

 

Janet Dollar

 

 

 

Un transatlantico Dollar Line "President 535", da una brochure del 1926

 

 

Questo fu seguito nel 1925 dall'acquisto di altre otto navi da crociera "535 President Type" dallo Shipping Board, che in precedenza era stato gestito da Pacific Mail. L'offerta di Dollar Shipping per le navi era molto inferiore a quella di Pacific Mail, nell'ordine di 1 milione di dollari, ma l'offerta di quest’ultima includeva azioni e contanti. Pertanto, lo Shipping Board ha dichiarato che Pacific Mail non era in grado di soddisfare i termini della gara e ha assegnato navi per un valore di 30 milioni di dollari a Dollar Shipping

Ciò naturalmente causò problemi alla Pacific Mail, che fu rilevata da Dollar Shipping nello stesso anno, sebbene Dollar avesse ordinato ai suoi figli di iniziare ad acquistare azioni della società nel 1920.

Nel 1922 la Dollar Line acquisì anche la Admiral Oriental Line e la ribattezzò l'American Mail Line, rendendo Dollar una delle compagnie di navigazione più redditizie al mondo.

Dollar Line continuò ad espandere la propria attività alla fine degli anni '20, acquistando altre cinque navi "535 President Type" nel 1926.

In quell'anno, Dollar Line trasportò oltre 45.000 passeggeri e registrò un fatturato lordo di 6 milioni di dollari. Robert Dollar incorraggiò altri a investire in Asia con il suo opuscolo:

 "Hai indagato sul mercato orientale per il tuo prodotto?"

contribuendo ad aprire l'Asia all'industria del XX secolo. Anche il Merchant Marine Act del 1928 (noto anche come Jones-White Act) aiutò Dollar Line consentendole di firmare un nuovo lucroso contratto postale e imponendole di costruire nuove navi per soddisfare la domanda.

Il 26 ottobre 1929, proprio mentre stava iniziando il Crollo di Wall Street, la Dollar Steamship Line  (ribattezzata quello stesso anno) ordinò due Transatlantici turboelettrici a vapore da 21.936 tonnellate di registro lorde (GRT), i più grandi mai costruiti per una compagnia di spedizioni statunitense.

 

 

PRESIDENTE HOOVER – PRESIDENT COOLIDGE

 

Erano navi gemelle lussuose e all'avanguardia che rivaleggiavano con i migliori hotel dell'epoca, ma a quel punto la “Grande Depressione” si stava approfondendo e le navi trasportarono solo la metà della loro capacità durante i loro viaggi inaugurali. 

 

 

La PRESIDENT HOOVER delle SS fu completata nel 1930

 

 

La PRESIDENT COOLIDGE delle SS fu completata nel 1931.

 

 

La SS President Coolidge era una nave da crociera varata il 21 Febbraio 1931. A battezzare la nave fu la signora Grazia Anna Coolidge, moglie di (John) Calvin Coolidge, 30° presidente degli Stati Uniti.

Come tradizione la signora Coolidge ha fracassato una bottiglia contro la prua della nave ma contenente acqua e non champagne perchè siamo ai tempi del proibizionismo e quindi l’alcool era vietato.

La nave fece soprattutto le rotte del Pacifico collegando gli Stati Uniti alle Filippine e al Giappone e ad altre isole tra cui Pearl Harbour.

La nave poteva trasportare un numero massimo di 1312 persone compreso l’equipaggio ed aveva un arredamento di classe, ma non lussuoso come le navi europee.

Nel gennaio del 1942 fu convertita in trasporto truppe ed armata con vari pezzi di artiglieria. Gli arredi sfarzosi sono stati tolti e varie modifiche hanno consentito di trasportare fino a 5000 soldati.

Il 26 ottobre del 1942 con a bordo complessivamente 5540 soldati si diresse all’isola “Espiritu Santo” nelle Ebridi (oggi arcipelago delle Vanuatu). Siamo veramente dall’altra parte del mondo. Isole fino a quel momento quasi sconosciute e vergini vennero travolte dalla seconda guerra mondiale.

 

 

Vanuatu è uno Stato insulare situato nell'Oceano Pacifico meridionale, composto da 83 piccole isole, di cui 65 di queste sono abitate. L'arcipelago, si trova a circa 1.750 km a est dell'Australia, 500 km a nord est della Nuova Caledonia, a ovest delle isole Fiji e a sud delle Isole Salomone.

 

 

All’isola “Espiritu Santo” la nave, dopo aver imboccato il canale d’ingresso, alle 09.30 colpì in successione due mine posizionate dagli stessi Americani. Il comandante capì subito la gravità dei danni: la nave era perduta. Riuscì tuttavia ad incagliare la prua contro la barriera corallina ordinando l’abbandono.

Da quel momento iniziò l’abbandono nave più fotografato della storia, che si svolse senza panico.

Ci sono state solamente due vittime. La prima si registrò in seguito allo scoppio delle mine, per la seconda si trattò fatalmente di un ufficiale al quale era stato ordinato di verificare che nessuno fosse rimasto a bordo, e scomparve nell’affondamento della nave.

 

Alle 10.53 il SS President Coolidge è completamente sommerso

 

 

 

 

La situazione dei soldati sbarcati sull’isola fu dura perché tutte le provviste e gli effetti personali erano rimasti a bordo. A gennaio del 1943 alcuni palombari della marina riuscirono a recuperare parte delle forniture mediche dalle stive tra cui migliaia di dosi di chinino per curare la malaria.

 

Oggi il relitto è uno dei più visitati al mondo

La profondità del relitto consente immersioni sia tecniche che ricreative. Le stive sono tuttora piene di materiale bellico e gli arredi sono abbastanza ben conservati. Immancabile la foto con attrezzatura militare e con la famosa decorazione presente nella sala fumatori. Sono stati emessi dallo stato delle Vanuatu vari francobolli dedicati al relitto.

 

 

FINE PARTE PRIMA

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 10 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LA NAVE VICHINGA DI OSEBERG

 

LA NAVE VICHINGA  DI OSEBERG

 

La nave di Oseberg è una nave vichinga ben conservata scoperta in un grande tumulo presso una fattoria di Oseberg, vicino a Tønsberg nella contea di Vestfold, in Norvegia

 

 

La Nave di Oseberg fu sepolta come parte di un importante e  meticoloso rito funebre. Essa era il sepolcro di due donne di alto rango, presumibilmente una regina e una sacerdotessa, parti dei cui scheletri furono rinvenute al di fuori della tomba, in quello che doveva essere un cunicolo scavato da “predatori di tombe” nel lontano medoevo. Le spoglie erano in origine deposte su letti decorati, completi anche di biancheria, della quale sono stati ritrovati resti considerevoli, che vennero sepolte con numerosi oggetti preziosi e rituali.

 

 

 

Tønsberg è situata presso il fiordo di Oslo; la capitale della Norvegia si colloca all'interno dell'antico territorio del piccolo ma influente regno norvegese del Vestfjord.

 

La Nave di Oseberg è la nave vichinga meglio conservata tra quelle ritrovate. Ha uno scafo slanciato, la prua e la poppa sono finemente decorate. Realizzata con maestria utilizzando il legno di quercia, la nave è stata costruita con un'abilità artigianale impressionante, dimostrando la perizia nautica dei costruttori navali vichinghi così come il sorprendente  livello artistico dei suoi Maestri della Nave.

 

 

RICORDI PERSONALI

Nelle profonde acque della storia navale vichinga, emerge un simbolo di magnificenza e mistero: la Nave Vichinga di Oseberg. Quest'imbarcazione, dedicata a una regina, non solo incarna la potenza delle conquiste navali vichinghe, ma risplende anche della bellezza e della regalità proprie della sua dinastia. 

 

 

Fin da giovane, la sua forma idrodinamica mi ha richiamato alla mente l'eleganza stilizzata di un cigno e  quando ho avuto l'opportunità di avvicinarmi a questa meraviglia nel Museo di Tønsberg, in Norvegia, la mia impressione è diventata una certezza: la leggerezza e la maestosità di questo uccello hanno ispirato il genio che ha modellato questa nave.

Il cigno, simbolo di fierezza e sicurezza, non teme né il mare aperto né la tempesta, portando conforto e protezione al suo equipaggio. È un'icona di forza e grazia che sembra adatta a solcare i mari anche nelle condizioni più avverse, tanto da alimentare la mia cerrtezza che gli audaci marinai vichinghi potrebbero aver solcato gli oceani fino alle terre d'America secoli prima di Colombo. Le prove dei loro insediamenti nel Vinland (Terranova), rinvenute insieme alla loro oggettistica, offrono testimonianza tangibile di tali avventure.

L'immagine di uno stormo di cigni selvatici che solcano i cieli, avvistata nel 1967 mentre volava a 8,230 mt d’altezza sopra le isole Ebridi, evoca un senso di meraviglia e fascino, confermando il legame ancestrale tra il cigno e la navigazione. In araldica, il cigno simboleggia non solo la vecchiaia gloriosa e rispettata, ma anche la felice navigazione e il buon auspicio.

Questo uccello, con la sua eleganza, la sua fermezza e la sua silenziosa maestà, riveste un ruolo di primaria importanza nella cultura celtica, dove è protagonista di numerosi racconti mitologici. Associato all'acqua, all'aria e alla terra, il cigno incarna soprattutto il fuoco del sole, dal quale trae il suo potere e il suo simbolismo.

Emblema di luce interiore e spiritualità, il cigno rappresenta il viaggio dell'anima verso la sua sorgente, guidando e accompagnando la barca solare nei regni celesti. Nel medioevo, il cigno divenne l'insegna della cavalleria mistica, incarnando l'ideale di purezza, coraggio e potenza, come evidenziato nella figura del Cavaliere del Cigno, Lohengrin, celebre nella saga germanica del Graal.

Così, mentre navighiamo tra le onde del tempo e della storia, la Nave Vichinga di Oseberg si erge come un monumento alla grandezza e alla saggezza degli antichi marinai, guidata dalla nobiltà e dalla grazia eterna del cigno.

 

 

La Nave di Oseberg: Un Tesoro dell'Antica Norvegia

 

 

La nave sepolcro di Oseberg vista da un’altra angolatura

 

La nave è stata scoperta da un contadino che stava scavando una collina per cercare torba da usare come fertilizzante. Questa straordinaria scoperta ha catturato l'immaginazione del mondo e ha fornito preziose informazioni sulla vita e sulle pratiche funerarie dei vichinghi.

La Nave di Oseberg è una delle più straordinarie scoperte archeologiche della Norvegia, tanto per la sua magnificenza quanto per il suo significato storico. Risalente al IX secolo, questa nave funeraria è stata trovata nella regione di Oseberg, nei pressi della città di Tønsberg, nel 1904  diventando un'icona della cultura vichinga e una testimonianza delle abilità artigianali e soprattutto marinare dei popoli nordici.

La sepoltura comprendeva la grande nave di Oseberg (mt. 22 lunghezza e 5 mt. di larghezza), all'interno della quale era stata posta la suddetta camera sepolcrale costruita con tronchi.

Si è azzardata l’ipotesi che le due donne, una di circa 60, l’altra di circa 30 anni, potessero essere la regina Åsa della dinastia Yngling, moglie di Gudrød il Cacciatore, madre di Halfdan il Nero e nonna di Harald, il primo re di Norvegia, oppure che le due salme fossero state sacerdotesse

La Nave di Oseberg è molto più di un semplice relitto. Essa rappresenta un simbolo della ricchezza, del potere e della spiritualità dei vichinghi. La sua scoperta ha aperto una finestra sul mondo antico dei popoli nordici, offrendo agli studiosi un'opportunità unica di comprendere la cultura e le tradizioni di questa affascinante civiltà marinara del Nord Europa che ebbe il coraggio di sfidare per primi l'ignoto Atlantico.

La Nave di Oseberg rimane un'icona della storia norvegese sia come importante testimonianza dell'abilità costruttiva navale sia per lo spirito religioso dei vichinghi. Il suo fascino continua a ispirare e sedurre coloro che si avventurano nel mondo dell'archeologia e della storia antica. Con le sue decorazioni incise e il suo mistero avvolto nel passato, la Nave di Oseberg rimane una delle più grandi meraviglie del patrimonio culturale mondiale.

 

 

Veduta esterna del Museo delle navi vichinghe di Oslo

 

 

Il Museo delle navi vichinghe (in norvegese: Vikingskipshuset, letteralmente Casa delle navi vichinghe) si trova a Bygdøy, nei pressi di Oslo, in Norvegia. Esso fa parte del Museo di storia culturale dell’Università di Oslo e deve la sua fama alle 3 grandi navi che ospita al suo interno, risalenti all’epoca vichinga: la Oseberg, la Gokstad e la Tune. Inoltre sono conservati nel museo numerosi manufatti provenienti dal Cimitero di Borre e da altri siti archeologici vichinghi. 

Nel 1913 il professore svedese Gabriel Gustafson propose la costruzione di un edificio dedicato alla conservazione dei ritrovamenti di epoca vichinga venuti alla luce alla fine del XIX ed all'inizio del XX secolo.  La sala dedicata alla nave di Oseberg venne costruita grazie a finanziamenti del governo norvegese e la nave vi venne trasportata nel 1926.

Le ali dell'edificio dedicate alle altre navi vennero ultimate nel 1932, ma il completamento del Museo venne ritardato a causa dello scoppio della Seconda guerra mondiale; l'ultima sezione (quella dedicata agli altri ritrovamenti di epoca vichinga) venne quindi portata a termine solamente nel 1957. 

 

 

LE ALTRE NAVI DEL MUSEO

 

Un’immagine della Nave di Gokstad

 

 

Un’immagine della Nave di Tune

 

Le navi OsebergGokstad e Tune sono i tre unici drakkar ritrovati in buono stato di conservazione in Norvegia e questo si deve al fatto che essi furono utilizzati come tombe ed interrati, ed al loro interno furono trovati numerosi monili ed oggetti d'oro.

La nave Oseberg, lunga 21,50 metri e larga 5,00, fu ritrovata a nord di Tønsberg nel 1904, essa risale al IX secolo e fu utilizzata per il funerale della regina Åsa;

la nave Gokstad, lunga 23,30 metri e larga 5,24, inizialmente destinata a solcare il mare in quanto dotata di strutture per i remi e la velatura, venne comunque utilizzata per la sepoltura;

la nave Tune, lunga 22,00 metri e larga 4,50, fu scoperta nel 1867 nei pressi di Fredrikstad ed è la meno conservata delle tre.

 

 

LA NAVE DI OSEBERG

PARTICOLARI

 

 

Una tipica nave vichinga era la drakkar, imbarcazione militare molto usata da questo popolo. Fra le tante drakkar, trovate al di sotto di un tumulo, nella Norvegia meridionale, la nave di Oseberg è la meglio conservata.

 

 

 

La Nave di Oseberg esposta al museo di Oslo

 

La Nave di Oseberg  è sicuramente  la meglio conservate tra quelle rinvenute  dagli archeologi; se la andate a visitare, vi sembrerà come fosse appena costruita e pronta a prendere il mare oceaqno. La nave dovrebbe risalire all'834 dopo Cristo; attualmente è conservata, insieme ad un'altra decina dell'epoca, nel museo delle navi vichinghe di Oslo. Questa nave è uno dei più importanti reperti mai giunti dall'epoca vichinga, ed è anche un grande capolavoro artistico, oltre che tecnico. È costruita quasi interamente in legno di quercia, è lunga circa 21 metri e larga 5, con un albero alto all'incirca 10 metri. Doveva avere una vela di circa 90 metri quadrati, che le consentiva di poter raggiungere i 10 nodi di velocità. Nell'imbarcazione sono presenti 15 coppie di buchi per i remi, un largo timone ed un'ancora in ferro. La prua e la poppa sono decorate con complesse incisioni nel caratteristico stile zoomorfico, chiamato stile di Oseberg.

 

 

GLI ARTISTI INTAGLIATORI DELLA NAVE DI OSEBERG

 

 

Da uno studio della Enciclopedia TRECCANI

I primi studiosi di questo settore specifico hanno pensato alla prima metà del sec. 9°; in particolare la sepoltura andrebbe collocata intorno all'850 (Shetelig, 1920), mentre la data della nave e dei suoi bellissimi intagli - eseguiti da un anonimo maestro ribattezzato il Maestro della Nave - sarebbe anteriore di ca. cinquant'anni, intorno all'800. Un altro scultore, stilisticamente vicino, individuato in una delle teste zoomorfe, è stato definito l'Accademico, sulla base del rigoroso equilibrio dei suoi ornamenti. Un terzo intagliatore, convenzionalmente definito come Maestro Barocco a causa dell'esuberante plasticità del suo lavoro, scolpì un'altra testa in una data che si è supposto un poco più tarda, vicina a quella della sepoltura. Secondo gli storici dell'arte, i lavori di questi tre artisti rappresentano quella che si potrebbe chiamare evoluzione stilistica, un graduale cambiamento nella forma e nel concetto dell'ornamentazione scolpita. Recentemente (1996), alle travi di quercia della camera sepolcrale di O. è stato applicato il metodo di datazione assoluta su base dendrocronologica. I risultati non appaiono in contrasto sostanziale con quelli ottenuti dalle analisi stilistiche: gli alberi dai quali furono ricavate le travi vennero abbattuti nell'834, molto probabilmente nei mesi autunnali; quindi la nave non doveva avere più di quindici o venti anni quando venne sistemata all'interno della sepoltura.

In questa ipotesi, il divario tra il Maestro della Nave, l'Accademico e il Maestro Barocco si ridurrebbe virtualmente a nulla (i tre intagliatori potrebbero essere stati contemporanei) e si aprirebbe così la questione relativa al pluralismo stilistico coltivato nella corte regale del Vestfold.

 

 

Nave di Oseberg – Particolare, decorazioni di poppa

 

Una delle caratteristiche più straordinarie della Nave di Oseberg sono le sue decorazioni incise. Le fiancate della nave sono adornate con intricati motivi ornamentali, che includono animali, figure mitologiche e scene di vita quotidiana. Queste decorazioni, eseguite con un dettaglio sorprendente, testimoniano il talento del "Maestro della nave", l'artista responsabile di queste straordinarie opere d'arte. Le incisioni non solo conferiscono alla nave una bellezza senza tempo, ma forniscono anche importanti informazioni sulla mitologia, la religione e la vita sociale dei vichinghi.

 

Le Incisioni della Nave viste da vicino

 

 

La bellezza artistica dello scafo non termina nelle decorazioni: infatti è spettacolare la sua prua, formata da una spirale in legno, che conferisce un senso di leggerezza e movimento alla struttura della nave.

Gli stessi interni sono perfettamente conservati, dando un'idea di come dovesse essere la vita a bordo di una nave del genere.

 

 

Nave di Oseberg – Particolare, decorazione interna

 

 

Testa zoomorfa – Museo delle Navi Vichinghe, Oslo

 

Affascinante è la decorazione con testa di drago che decorava la prua di questi vascelli, che terrorizzarono le coste del nord Europa al loro apparire.

Il sito di Oseberg è uno dei pochissimi in cui sono stati rinvenuti esempi dell'arte tessile vichinga.

 

Il simbolo di valknut

 

 

La particolare attenzione rivolta alla personalità sepolta, è rivelata infine anche dal simbolo rinvenuto, il “valknut” con il quale, non solo si voleva proteggere l’anima del morto, ma anche indicare i valorosi guerrieri di battaglie memorabili, destinati ad essere accolti nel paradiso vichingo, il mitico “Valalla”.

La tomba risale al periodo in cui veniva usato il cosiddetto simbolo valknut, consistente in tre triangoli interlacciati, che appare in diversi oggetti di carattere germanico-pagano, ed è uno dei pochi siti di quest'epoca giunti fino a noi.

Il “valknut” indicava la particolare attenzione rivolta alla personalità sepolta ed esprimeva la protezione per l’anima del morto, che poteva essere anche un valoroso guerriero di battaglie memorabili, destinati ad essere accolti nel paradiso vichingo, il mitico “Valalla”.

 

 

Arazzo di Bayeux

 

E’ un’immagine che ritroviamo con tutta la sua potenza visionaria nel famoso Arazzo di Bayeux, un tessuto realizzato nella seconda metà dell’XI secolo, in Normandia o in Inghilterra, per raccontare con le immagini gli avvenimenti della conquista Normanna dell’Inghilterra del 1066, presentando anche una sorta di antefatto della situazione prima della stessa invasione.

 

 

REPERTI MUSEALI IMPORTANTI

 

 

Carro a quattro ruote – Museo delle Navi Vichinghe, Oslo

 

 

Calzatura vichinga – Museo delle Navi Vichinghe, Oslo

 

 

 

Baule vichingo – Museo delle Navi Vichinghe, Oslo

 

 

 

Slitta vichinga – Museo delle Navi Vichinghe, Oslo

 

E’ certo che il corredo rinvenuto è notevole, nonostante la tomba fu sicuramente saccheggiata nell’antichità, depredata dei metalli preziosi, assieme alla nave sono stati trovati i resti di 14 cavalli, un bue, 3 cani, 4 slitte e l’unico carro a 4 ruote vichingo, finemente intarsiato, giunto fino a noi.

 

Chi sia stato il destinatario di tante attenzioni nel momento del suo trapasso non è dato sapere per certo, è ovvio che però fu un personaggio degno di grandissima stima e onore che meritava di attraversare le scure onde del mare dei morti su un vascello bellissimo, degno di un principe, creato da esperti artigiani che riuscirono a far confluire la qualità strutturale, obbligata dalle leggi della fisica, in una forma ispirata, che poi la sapiente Arte degli Intagliatori ha rifinito fino ad innalzarla da strumento di trasporto, ad oggetto degno di ammirazione per il semplice fatto di esistere.

 

 

 

Il lettore si chiederà:

Chi è stato sepolto nella nave Oseberg?

Gli studiosi ritengono che la defunta fosse una nobile, sepolta con la sua domestica. Una delle ipotesi più accreditate afferma che si tratti della regina Åsa, nonna del primo sovrano di Norvegia, Harald I Bellachioma (ca. 850-933); secondo un'altra ipotesi, quella che noi abbiamo scelto, la donna sarebbe identificabile con una sacerdotessa.

Come si chiama la nave dei Vichinghi?

drakkar

Il dreki (dal norreno dreki, dal Proto-Germanico *drakô (“drago”), plurale drekar), conosciuto più comunemente con il nome drakkar a causa di un errore di trascrizione francese, è un'imbarcazione usata principalmente dai vichinghi e dai sassoni per scopi militari durante il Medioevo, e per compiere viaggi esplorativi ...

Come facevano i Vichinghi a navigare?

Le più grandi navi dell'epoca potevano viaggiare a 5-6 nodi con i remi e fino a 10 nodi con la vela. Il timone, nelle navi vichinghe, era costituito da un remo, come normale nei tempi antichi.

Che fine hanno fatto i vichinghi?

I viaggi dei vichinghi divennero sempre meno frequenti dopo l'introduzione del cristianesimo in Scandinavia, tra la fine del X e gli inizi dell'XI secolo. L'epoca vichinga viene convenzionalmente considerata conclusa dalla battaglia di Stamford Bridge, avvenuta nel 1066.

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 5 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LE PORTAEREI AMERICANE DELLA CLASSE NIMITZ

 

LE PORTAEREI AMERICANE DELLA CLASSE NIMITZ

 

 

OTTO UNITA’ SU DIECI SONO DEDICATE A PRESIDENTI DEGLI

STATI UNITI D’AMERICA

 

La classe Nimitz rappresenta la massima evoluzione delle portaerei a decollo orizzontale. La grandissima autonomia, il potente armamento e l'enorme capacità offensiva dei suoi caccia e dei suoi bombardieri ne fanno una macchina da distruzione poderosa. L'unica critica che si può fare sta nel rischio di concentrare una così grande e costosa capacità bellica su un'unica nave. Le campagne belliche in cui le navi della classe Nimitz hanno partecipato (dalla Guerra del Golfo ai recenti bombardamenti sull'Afganistan) dimostrano che sono difficilmente attaccabili (finora nessuno, neanche i kamikaze, ha mai tentato di affondarle!). Rappresentano il più grande deterrente psicologico e fisico (missili nucleari esclusi) ai nemici degli U.S.A. 

La classe Nimitz comprende tutte le dieci portaerei a propulsione nucleare in servizio con la US Navy. Prende il nome dell'ammiraglio Chester NIMITZ, comandante delle forze statunitensi e alleate del Pacifico durante la Seconda guerra mondiale.

 

 

LE UNITA APPARTENTI ALLA CLASSE NIMITZ

 

Qualche nota aggiuntiva:

Ogni portaerei di questa classe ha oltre 5.000 uomini di equipaggio, suddivisi tra equipaggio della nave (circa 3.200), e aviatori ed avieri dello stormo aereo imbarcato (2.480), composto ad organico completo di oltre ottanta velivoli.

Tutte le Portaerei della classe NIMITZ sono state costruite presso i Cantieri Navali della:

Northrop Grumman Corporation di Newport News, Virginia

 

 

USS NIMITZ (CVN-68)

 

 

 

 

USS DWIGHT D.EISENHOWER  (CVN-69)

 

 

 

 

USS CARL VINSON (CVN-70)

 

 

 

 

USS THEODORE ROOSVELT (CVN-71)

 

 

      . Impostata: 31 ottobre 1981 

 

 

USS ABRAHAM LINCOLN (CVN-72)

 

 

 

 

USS GEORGE WASHINGTON (CVN-73)

 

 

 

 

USS JOHN C.STENNIS (CVN-74)

In onore del Senatore John C. STENNIS del Mississippi

 

 

 

 

 

USS HARRY S. TRUMAN (CVN-75)

 

 

La portaerei, dal motto “The Buck Stops Here“ che si riferisce a una scritta che Truman teneva sulla scrivania della Sala Ovale quando era presidente, tratta da una frase idiomatica americana che in questo caso significa:

«È il Presidente che prende le decisioni, e se ne assume la piena responsabilità»

 

 

 

 

 

USS RONALD REAGAN (CVN-76)

 

 

  • Impostata: 12 febbraio 1998

  • Varata: 4 marzo 2001

  • Nazionalità:United States Navy

  • Entrata in servizio: 12 luglio 2003

  • Stato: In servizio attivo, con base a Yokosuka, Giappone

 

 

 

USS GEORGE H.W.BUSH  (CVN-77)

 

 

  • Impostata: 6 settembre 2003

  • Varata: 9 ottobre 2006

  • Nazionalità: United States Navy

  • Entrata in servizio: 10 gennaio 2009

  • Stato: In servizio attivo, con base a Norfolk, Virginia

 

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

PORTAEREI USA CLASSE NIMITZ

- TECHNICAL SPECIFICATIONS -

 

Nave (ship)

USS NIMITZ  (CVN68)

Tipo (type)

CVN (portaerei di attacco nucleare)

Cantiere di realizzazione (builder)

Newport News Shipbuilding, Virginia

Impostazione (awarded)

31.03.1967

Varo (keel laid)

13.05.1972

Entrata in servizio (commisioned)

03.05.1975

Stato del Servizio / service state

attivo, con base  a San Diego, California

Operazioni

Operazione Eagle Claw, Golfo della Sirte, Guerra del Golfo, Operazione Southern Watch, Guerra in Iraq

Vittorie

2 aerei libici nel 1981

Lunghezza (ponte di volo) (lenght)

333.00 metri

Larghezza (ponte di volo) (flight deck widht)

76.80 metri

Linea di galleggiamento

317.00 metri

Larghezza (widht)

40.8 metri

Immersione (bearn)

11.70 metri

Dislocamento (dispalcement)

73.973 tonnellate

Dislocamento a pieno carico

104.000 tonnellate

Apparato motore (motors)

2 reattori nucleari 4 turbine

Potenza (power)

280.000 cavalli

Velocità (speed)

30 nodi (56 Km/h)

Combustibile (fuel)

30 tonnellate

Autonomia

1.000.000 di miglia (20 anni senza rifornimento)

Durata del reattore nucleare

20 anni

Armamento:

SAM

CIWS

3 LM8 "Sea Sparrow" 

4x6-20/76 "Phalanx" Mk 16

Radars

Ricerca aerea:

Ricerca di superficie:

Ricerca in navigazione:

Controllo di fuoco:

Ratyheon SPS 49 (V) 5 2-D

Norden SPS 64 (V)

Ratyheon SPS 64 (V)

3 Mk 91 FCS

Hughes Mk 23 TAS (Target Acquisition System)

SYS-2 (V) 3 weapons control system

Cavi di arresto aerei

3

Catapulte (catapults)

4

Elevatori (elevators)

4

Aerei (planes)

20 F-14 B/D Tomcats

20 F/A-18C Hornets

4 EA-6B Prowlers

4 E-2C Hawkeyes

6 S-3-A/B Vikings

2 ES-3A Shadows

Elicotteri

8 SH-3G/H Sea King o SH-60F Seahawk

Protezione verticale

-

Protezione orizzontale

-

Equipaggio (effectives)

5.680 (569 ufficiali, 3.200 di bordo con 203 ufficiali + 2480 del servizio aereo con 366 ufficiali)

Dalla USS Theodore Roosevelt, le portaerei erano costruite con una costruzione modulare. Ciò significa che è possibile saldare intere sezioni insieme a impianti idraulici ed elettrici già installati, migliorando l'efficienza. Usando gru a portale , i moduli sono stati sollevati nel bacino di carenaggio e saldati. Nel caso delle sezioni di prua, queste possono pesare oltre 1.500.000 sterline (680 t). Questo metodo è stato originariamente sviluppato da Ingalls Shipbuilding e aumenta il tasso di lavoro perché gran parte dell'allestimento non deve essere eseguita entro i confini dello scafo già finito.  Il costo totale di costruzione per ciascuna nave era di circa $ 4,5 miliardi.

Oltre all'aeromobile trasportato a bordo, le navi trasportano equipaggiamento difensivo per l'uso contro i missili e gli aerei nemici. Sono costituiti da tre o quattro lanciamissili NATO RIM-7 Sea Sparrow progettati per la difesa da aerei e missili anti-nave, nonché da tre o quattro cannoni di difesa missilistica Phalanx CIWS da 20 mm .

Le altre contromisure utilizzate dalle navi sono quattro Sippican SRBOC ( pula fuoribordo a sbalzo super rapido ) lanciatori decoy a sei canne MK36, che dispiegano Flare a infrarossi (contromisura) e pula per interrompere i sensori dei missili in arrivo; un sistema di difesa dei siluri SSTDS; e un sistema di contromisure per siluri Nixie AN / SLQ-25 . I vettori utilizzano anche i sistemi di jamming e di inganno radar AN / SLQ-32 (V) per rilevare e interrompere i segnali radar ostili in aggiunta alle capacità di guerra elettronica di alcuni dei velivoli a bordo. 

La presenza di armi nucleari a bordo delle portaerei americane dalla fine della Guerra Fredda non è stata né confermata né smentita dal governo degli Stati Uniti. Di conseguenza, la presenza di una portaerei statunitense in un porto straniero ha provocato di tanto in tanto la protesta della popolazione locale, ad esempio quando Nimitz ha fatto scalo a Chennai , in India , nel 2007. A quel tempo, il comandante del gruppo Strike contrammiraglio John Terence Blake ha dichiarato che: "La politica degli Stati Uniti è che non usiamo sistematicamente armi nucleari a bordo della Nimitz ". 

Per rifornire le loro centrali nucleari, i vettori si sottopongono a un rifornimento e una revisione (RCOH) una volta nella loro vita di servizio. Questa è anche la revisione più sostanziale che le navi subiscono mentre sono in servizio e comporta il trasporto degli equipaggiamenti delle navi fino agli standard delle navi più recenti. La nave viene posta in un bacino di carenaggio e vengono effettuate le necessarie operazioni di manutenzione, compresa la verniciatura dello scafo sotto la linea di galleggiamento e la sostituzione di componenti elettrici e meccanici come le valvole. A causa dei lunghi periodi di tempo tra le costruzioni delle navi, l'armamento e i disegni delle navi più recenti sono più moderni di quelli delle navi più vecchie. In RCOH, le navi più vecchie sono riadattate agli standard delle nuove navi, che possono includere importanti aggiornamenti al ponte di volo, catapulte di aereie sistemi di combattimento, nonché altri aggiornamenti come sistemi radar migliorati , sebbene i dettagli precisi possano variare significativamente tra le navi. I miglioramenti richiedono normalmente circa quattro anni per essere completati. The RCOH per USS Theodore Roosevelt ha richiesto quattro anni per essere completato (2009-2013) e costare circa US $ 2,6 miliardi.  La disponibilità incrementale pianificata è una procedura simile, sebbene sia meno sostanziale e non implichi il rifornimento di carburante delle centrali nucleari.

 

 

 

I PRESIDENTI DEGLI STATI UNITI

le foto e le date

Link

https://millercenter-org.translate.goog/president?_x_tr_sl=en&_x_tr_tl=it&_x_tr_hl=it&_x_tr_pto=sc

 

 

 COS'E' IL SOGNO AMERICANO….?

L'America è troppo grande per piccoli sogni.


[America is too great for small dreams].

Ronald Reagan

 

 

“Se volessi, le truppe russe potrebbero essere in due giorni non solo a Kiev, ma anche a Riga, Vilnius, Tallinn e Varsavia o Bucarest.”

Vladimir Putin

 

Per fortuna V.P. non ha detto dove arriverebbe in tre giorni! Così possiamo continuare a "dormire" tranquilli ...

 

 

RIFERIMENTI: 

https://digilander.libero.it/shinano/USA/Nimitclass/classenimiz.htm

https://it.wikipedia.org/wiki/Classe_Nimitz

https://digilander.libero.it/shinano/USA/Nimit2class/cn2ctecniche.htm

https://www.analisidifesa.it/2015/03/dove-sono-le-portaerei/

https://m.media-amazon.com/images/I/21QZOQzj63L.jpg

https://www.fondazionecasillo.it/news/926-classe-nimitz.html

 

 

 

A cura di

Carlo GATTI

Rapallo, Martedì 20 Febbraio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL PETROLIO EUROPEO - EKOFISK - LA PIATTAFORMA DRAUGEN

 

IL PETROLIO EUROPEO

EKOFISK

LA PIATTAFORMA DRAUGEN

 

Posizione delle principali piattaforme petrolifere europee

 

 

La carta sotto, mostra il Mar di Norvegia la cui zona di appartenenza si chiama

EKOFISK

 

Le linee tratteggiate delimitano le aree di sfruttamento dei pozzi petroliferi e di gas per ogni Stato nel Mare del Nord compresa l’Inghilterra (Brexit - Il 31 gennaio 2020)

 

 

 

Ekofisk è uno dei maggiori giacimenti di petrolio della Norvegia. Si trova all'estremità meridionale delle acque territoriali norvegesi e stimolò la ricerca petrolifera nel Mare del Nord, che risulterà essere il maggior bacino petrolifero interamente scoperto in epoca recente, ovvero dopo il 1945. Entrato in servizio nel 1973, il complesso è formato da 23 piattaforme estrattive sulla quale lavorano giornalmente circa 1200 persone con turni lavorativi di due settimane. Si calcola che il giacimento contenga 3,3 miliardi di barili di petrolio  e 180 miliardi di metri cubi di gas naturale, di cui circa due terzi sono già stati estratti. La vita del giacimento è stata prolungata con successo attraverso iniezioni di acqua nella falda petrolifera.

Ekofisk produce oggi circa 50.000 barili di petrolio al giorno. Le stime iniziali che prevedevano la possibilità di sfruttarne il solo 17% sono state progressivamente corrette fino all'attuale 50%. Gli impianti sono stati ammodernati recentemente dalla società che ha in gestione il giacimento, la ConocoPhilllips, e si stima che resteranno in attività fino al 2050.

 

La freccia rossa (foto sotto) indica la Posizione della Piattaforma DRAUGEN al largo della città di TRONDHEIM. In quella zona di mare interessata sia al petrolio che al gas, (campo petrolifero) il fondale raggiunge i 250 metri d’altezza.

 

Per chi desidera approfondire l’argomento segnalo due LINK importanti:

https://draugen.industriminne.no/en/2018/05/14/the-draugen-platform-a-unique-concept/

 

https://draugen.industriminne.no/en/2018/05/14/completing-and-installing-the-platform/

 

 

DRAUGEN

LA PIATTAFORMA NORVEGESE DI PROPORZIONI GIGANTESCHE

 

 

A sinistra la piattaforma DRAUGEN poggiata sul fondale

A destra la Piattaforma ancorata sul fondale che scarica il prodotto sulla petroliera di turno.

 

 

 

La piattaforma DRAUGEN a rimorchio

 

Illustrazioni dal A/S NORSKE PETROLEUM MUSEO

 

 

 

LA PIATTAFORMA DRAUGEN

Posizione

Coordinates:  

64°21′11.42″N-7°46′57.38″E

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

 

 

 

 

 

 

 

Scoperta le riserve del campo di Draugen. Il campo è stato scoperto nel 1984 dal primo pozzo perforato nel blocco. Il pozzo di scoperta era un pozzo wildcat designato 6407/9-1. Al 31 dicembre 2009, le riserve recuperabili di petrolio a Draugen ammontavano a 145 milioni di metri cubi standard. Le riserve residue ammontavano a 19,7 milioni di metri cubi.

Il campo di Draugen è stato inizialmente sviluppato con cinque pozzi subacquei collegati a una piattaforma centrale.

Attualmente, il campo ha sei pozzi di piattaforma e otto pozzi subacquei. Di questi, 12 sono pozzi di produzione. "Il campo petrolifero di Draugen è gestito da Norske Shell, che possiede anche una quota del 26,20% nel campo." Lo sviluppo del campo ha incluso finora la perforazione di nove pozzi di esplorazione e 25 pozzi di sviluppo. Il primo pozzo di esplorazione, 6407/9-1, era un pozzo wildcat perforato nel 1984. Altri quattro pozzi di valutazione sono stati perforati l'anno successivo. Il sesto pozzo di valutazione è stato perforato nel 1986. Inizialmente è stato sospeso, ma è stato riattivato in seguito. Gli ultimi tre pozzi di valutazione sono stati perforati nel 1993, nel 1999 e nel 2003 rispettivamente. Altris ha fornito software di visualizzazione e gestione documenti a Shell durante lo sviluppo del campo. Il serbatoio di Garn a ovest di Draugen è stato sviluppato con due pozzi subacquei. Ha iniziato la produzione alla fine del 2001. Il serbatoio di Rogn è stato sviluppato con due pozzi subacquei nel 2002 e la produzione dal serbatoio è iniziata nel novembre dello stesso anno. Un ulteriore pozzo subacqueo è stato perforato in ciascuno di questi serbatoi nel 2007. I nuovi pozzi a Garn e Rogn sono stati denominati rispettivamente D3 ed E3. La produzione dai due pozzi subacquei è iniziata nel 2008.

 

Sistema subacqueo

Il sistema subacqueo a Draugen, installato da FMC Technologies, comprende due pozzi di iniezione d'acqua, due pozzi di produzione di petrolio e un pozzo satellite di iniezione di gas. Il sistema richiedeva nove alberi subacquei verticali da 5.000 psi. I pozzi subacquei erano collegati alla piattaforma comune di Draugen. Acergy ha installato il sistema di condotte flessibili e umbilicali a Draugen nel 2008. Le navi Normand Mermaid e Acergy Eagle sono state utilizzate per le installazioni marine. Acergy ha installato un gas lift di 2,3 km e linee di produzione di 2,4 km come parte del contratto. La NKT Flexibles fornirà due linee di iniezione d'acqua per installazioni subacquee presso il campo. Saranno fornite due linee flessibili, una per la reiniezione di acqua prodotta e un'altra per quella dell’acqua di mare. L’installazione sarà intrapresa verso la metà del 2011.

Il campo petrolifero di Draugen è gestito da Norske Shell, che possiede anche una quota del 26,20% nel campo. La quota rimanente è detenuta da Petoro (47,88%), BP Norge (18,36%) e Chevron (7,56%). Il campo si trova nel blocco 6407/9 nell'area di Haltenbanken, a circa 140 km da Kristiansund, in Norvegia. Il campo è in concessione di produzione PL093.

 

 

UN PO’ DI STORIA

 

La storia di Draugen

La storia di Draugen è la storia di una rivoluzione operata da una piccola comunità norvegese che ha “visto lungo” nel voler superare, ad ogni costo, le correnti contrarie al progresso che erano, e sono tuttora, legate alla tradizione del commercio navale e della pesca. Non deve essere stato facile cambiare mentalità ad una città, una regione uno Stato su temi come: i rischi nell’affrontare imponenti Investimenti finanziari su impianti petroliferi innovativi che avrebbero potuto creare incidenti, inquinamenti, danni di ogni tipo al settore della pesca, nonché al turismo e all’ambiente in generale.

1970

GIUGNO – Kristiansund (città della Norvegia centrale) vince la lotta per essere coinvolta nelle operazioni offshore... Inizia il futuro petrolifero.

SETTEMBRE - Kristiansund diventa la città del petrolio. Gli sforzi per trasformare in una base petrolifera sono guidati da una piccola cerchia di residenti lungimiranti...

1973

GENNAIO -  A Kristiansund viene fondata la Atlant-Oil  "La febbre del petrolio" si diffonde in Norvegia

1979

Apertura della NCS settentrionale 25/05/1979 Il Mar Glaciale Artico norvegese (NCS) sopra il 62° parallelo - il limite settentrionale del Mare del Nord - viene aperto per la perforazione. Questo obiettivo viene raggiunto dopo dispute politiche aspre.

MAGGIO - Apertura della NCS settentrionale Il Mar Glaciale Artico norvegese (NCS) sopra il 62° parallelo - il limite settentrionale del Mare del Nord...

 

 

1980

La costruzione dell'eliporto “Kvernberget” gioca un ruolo importante nella trasformazione di Kristiansund (vedi carta sopra) in un centro petrolifero. La Norske Shell decide di localizzare in quel porto l'ufficio operativo per la piattaforma Draugen  nel 1987.

GIUGNO - L'eliporto a Kvernberget con le attività petrolifere e del gas rappresentano l'industria più importante a Kristiansund.

1982

MARZO - Gestione politica del settore petrolifero norvegese con l'attività sul Mar Glaciale Artico norvegese (NCS) diventa molto importante nei primi anni '80...

1984

Assegnazione della licenza di produzione 01/03/1984. Tre società ottengono la licenza nel marzo 1984 per esplorare e produrre petrolio nel blocco 6407/9, dove successivamente fu scoperto il campo di Draugen.

Sono Statoil, con il 50%,

BP Norway Limited UA con il 20% 

A/S Norske Shell con il 30%.

Shell fu designata operatore.

FEBBRAIO - La torre inclinata di Stavanger Norwegian Contractors sviluppa una comunità molto attiva di tecnologia del cemento in Norvegia.

MARZO - Le Tre società sopra citate sono operative.

1987

GENNAIO-SETTEMBRE - La piattaforma unica di Draugen Shell dichiara il campo di Draugen commerciale nel maggio 1987.

1988

SETTEMBRE - Smettere di temere una triste immagine delle condizioni a Kristiansund è dipinta dal sindaco Øyvind Jensen...

1989

Venerdì 17 novembre 1989 - A/S Norske Shell apre il suo ufficio industriale a Kristiansund. Draugen é destinato ad essere il primo campo petrolifero norvegese messo in produzione al di fuori del Mare del Nord. Si tratta di un evento storico non solo per la città ospitante ma anche per l'intera regione.

1990

FEBBRAIO - Assemblaggio dei ponti e problemi contrattuali.

AGOSTO - Prima pietra e disegno premiato. Il ministro del petrolio Eivind Reiten ha parole di elogio per il comportamento esemplare di Norske Shell.

1991

GENNAIO - Il nome Draugen - Viene indetto un concorso all'interno del sistema Shell per trovare un nome per il suo campo Halten Bank...

AGOSTO - Il naufragio del Sleipner e Draugen La struttura di base a gravità in cemento (GBS) per la piattaforma Sleipner A affonda...

1993

Apertura ufficiale 01/12/1993 - Lo sviluppo di Draugen e Heidrun crea ottimismo e slancio in una regione che è stata in ritardo negli ultimi decenni, osserva il re Harald nel suo discorso, auspicando che la città e i suoi dintorni affrontino le nuove sfide con speranza, entusiasmo e volontà di impegnarsi.

MAGGIO - Completamento e installazione L'accoppiamento della struttura di supporto in cemento e dei ponti della struttura di Draugen e la loro installazione...

OTTOBRE - Inizio della produzione. Il primo petrolio prodotto dal Mare del Nord norvegese iniziò a fluire alle 00.40 del 19 ottobre 1993

1994

NOVEMBRE - Premio alla medaglia per il design di Draugen L'ingegnere consulente Olav Olsen riceve nel 1994 il molto apprezzato Gustave Magne...

1995

GIUGNO - Primo guasto alla condotta di iniezione Una condotta che collega la piattaforma Draugen al pozzo di iniezione d'acqua nel sud...

GIUGNO - Grande aumento di capacità. La produzione di Draugen aumenta notevolmente il 29 giugno 1995.

NOVEMBRE - Posizionamento dell'albero di Natale A5 La perforazione del pozzo A5 è stata completata e l'albero di Natale.

1996

GENNAIO -  Vittoria dell'arbitrato per Kværner. Si combatte una grande battaglia sulla fattura per la costruzione dei ponti della piattaforma Draugen presso Kværn...

1999

MAGGIO -  Quasi un disastro potenziale. Un errore per una valvola aperta causa il passaggio di 1,2 milioni di litri di gas sotto...

2000

Celebrazione del Millennio Nell'ultima serata del secondo millennio, è stata organizzata una spettacolare rappresentazione a Draugen che...

GENNAIO - Secondo guasto alla condotta di iniezione Una seconda condotta flessibile da 10 pollici si ruppe il 13 gennaio 2000.

FEBBRAIO -  La raffineria di Shell a Sola. Fu grande la gioia quando A/S Norske Shell raffinò per la prima volta il suo petrolio greggio in Norvegia nel 1967, con...

FEBBRAIO A4 – il miglior pozzo offshore al mondo. I risultati dei test del pozzo di produzione A4 sulla piattaforma Draugen per la capacità di produzione erano attesi...

2001

FEBBRAIO - Shock di freddo - La Norvegia è colpita da un'ondata di freddo estremo nell'inverno del 2001, con temperature fino a -45°...

AGOSTO -  Impulso elettorale - La gru principale sulla piattaforma Draugen viene azionata con grande entusiasmo e un grande sorriso da...

2002

MARZO - Quasi una collisione - Diverse condizioni critiche si verificano durante un'esercitazione della Nato nel marzo 2002. Una coinvolse due...

DICEMBRE - Atterraggio d'emergenza durante la perforazione del pozzo. Le procedure di risposta d'emergenza di Draugen sono messe alla prova il venerdì 13 dicembre 2002...

2003

GENNAIO - Benefici dalla tecnologia subacquea - La perforazione di nuovi pozzi sul fondale marino e il loro collegamento alla piattaforma Draugen sono pianificati...

MAGGIO -  Terzo maggior incidente di fuoriuscita di petrolio Una chiazza di petrolio di circa un miglio nautico di circonferenza viene osservata alla fine della serata del...

GIUGNO - Caduta della porta dell'elicottero - Un elicottero sta volando dall'aeroporto di Kvernberget a Draugen quando si stacca la porta del passeggero...

2004

DICEMBRE - Natale a Draugen è sempre un luogo in cui l'umorismo gioca un ruolo nel contesto lavorativo...

2005

GENNAIO - Chiusura della produzione Tempeste con venti ben al di sopra della forza di un uragano colpiscono la Banca di Halten nel gennaio 2005.

MARZO -  Perdita da Draugen - Il campo viene nuovamente chiuso dopo che è stata trovata una perdita minore in un condotto di condensa sulla piattaforma...

MARZO -  Colpito da un fulmine l'elicottero - Non succede spesso. Ma un elicottero in viaggio da Åsgard B a Kristiansund con 18 persone...

2006

OTTOBRE - Problemi alla scialuppa impongono la chiusura - Le scialuppe a caduta libera su Draugen creano problemi quando si scopre che le loro sovrastrutture...

2008

GENNAIO -  Scarico dalla tubazione di carico - Si verifica una rottura nella tubazione di carico durante lo scarico del petrolio da Draugen alla Navion Scandia...

APRILE -  La barca MOB si capovolge Nessuno rimase ferito quando quattro persone finirono in mare dopo che una barca MOB...

 

2010

FEBBRAIO - Il gelo ha fermato l’impianto

DECEMBRE -  Incidente nel pozzo di Draugen - Un incidente indesiderato si è verificato a Draugen durante un'operazione di wireline il 4 dicembre 2010...

2012

MARZO -  Il cambio dell'orologio può essere un problema Molte persone non riescono a gestire il passaggio dall'ora legale all'ora solare. Lo stesso vale...

2013

GENNAIO -  Raggiunto un traguardo di carico - L'onore di sollevare la millesima carico di greggio da Draugen è toccato alla nave cisterna G...

APRILE - Rottura del braccio della gru - Una parte di una gru sul lato sud della piattaforma di Draugen si è rotta durante le prove, a seguito di un...

LUGLIO -  Domanda di scarico - La quantità di olio lubrificante altamente inquinante rilasciato dalla piattaforma di Draugen ha causato...

2017

DICEMBRE - Macchina del denaro - La piattaforma di Draugen ha prodotto petrolio e gas con un valore complessivo di circa 25 miliardi di corone norvegesi...

 

 

 

CONCLUSIONE

Il Mondo in continua Evoluzione

 

Questa ricerca ha avuto luogo per farci riflettere su quanto i Paesi del Mediterraneo, Italia compresa, che vivono sopra un mare di petrolio, avrebbero potuto “costruire” per ottenere quella indipendenza energetica tanto agognata … Norvegia docet!

E qui mi fermo per non invadere il campo della politica che non rientra negli obiettivi primari della nostra Associazione!

 

 

Da un articolo di Luca Pagni La Repubblica

17 NOVEMBRE 2022 ALLE 11:48

 

Norvegia, la più grande centrale galleggiante del mondo è al servizio di una piattaforma petrolifera

 

Potrebbe sembrare un paradosso: un campo eolico in mezzo al mare al servizio di un giacimento petrolifero. In buona sostanza, energia rinnovabile che viene utilizzata per produrre idrocarburi. Succede nel Mare del Nord, a 140 chilometri dalla costa della Norvegia non lontano dalla città di Bergen. Nel fine settimana, è entrata in servizio la centrale eolica di Hywind Tampen, definita come il più grande impianto galleggiante del mondo costruito fino a questo momento.

Si definisce "galleggiante", perché viene "ancorata" e non "fissata" con grandi piloni sul fondo del mare. Gli impianti, che sviluppano un totale di 88 megawatt, producono energia verde, ma servono per alimentare il vicino campo petrolifero di Gullfaks. In questo modo copriranno il 35% dei consumi energetici della piattaforma petrolifera gestita dal colosso di stato Equinor, e faranno risparmiare oltre 200 milioni di tonnellate di CO2 all'anno.

La vicenda, che segna un nuovo record nel settore dell'eolico "flottante", è una perfetta metafora di quanto sta accadendo nel Mare del Nord, tornato al centro della politica energetica europea. Il governo di Oslo è diventato il gestore del più grande fondo sovrano del mondo grazie, alle estrazioni di gas e petrolio a partire dagli anni Settanta, con un patrimonio di oltre 1.100 miliardi di euro.

Soldi che sono serviti a costruire uno dei paesi più ricchi del mondo, come reddito pro capite, nonché uno stato sociale all'avanguardia. Ma con l'avvio delle politiche legate alla transizione energetica, anche la Norvegia, negli anni scorsi ha avviato un percorso per elettrificare l'economia, aumentando la dotazione di impianti rinnovabile cominciando a chiudere i pozzi off shore.

 

Se cliccate sulla frase sottolineata “uno dei paesi più ricchi del mondo” potrete leggere e capire quanto l’EUROPA sia ormai LEGATA alla ricchezza di petrolio e di gas della Norvegia, anche e soprattutto in funzione della guerra di Putin….

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 8 Gennaio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LE NAVI DI IERI E DI OGGI

LE NAVI DI IERI E DI OGGI

 

Avendo dedicato la mia vita al mondo del MARE, possiedo una collezione di oltre 30.000 fotografie di navi che testimoniano la trasformazione avvenuta nel settore marittimo. Desidero pertanto rendere visivamente noto la differenza tra le navi di linea di un tempo, che giustamente si potevano chiamare "navi", e quelle in circolazione oggi, che ci sorprendono per la loro somiglianza a città galleggianti dove è persino difficile distinguere la prora dalla poppa…

Le navi passeggeri italiane, celebri per il loro Italian Style, hanno lasciato un'impronta indelebile nella nostra tradizione cantieristica. Queste imbarcazioni, sia mercantili che militari, erano per noi fonte di orgoglio, grazie alla loro linea architettonica originale e raffinata, senza eguali nel mondo.

Con l'avvento del nuovo millennio, il settore marittimo è stato rivoluzionato, per non dire stravolto, raddoppiando le dimensioni delle navi ed apportando notevoli miglioramenti tecno-strumentali mirati per ottenere una maggiore sicurezza della navigazione e delle manovre. Questo progresso, se così vogliamo interpretarlo, ha pure consentito di imbarcare un numero elevato di passeggeri a costi più accessibili, rappresentando una conquista sociale che ha permesso a molti di conoscere il mondo croceristico.

Questo settore offre, infatti, un'ampia gamma di servizi e intrattenimenti, trasformando il viaggio in un'esperienza multisensoriale. Ciò ha permesso a persone provenienti dall'entroterra italiano di scoprire il mare, le navi, i marinai e porti famosi. Le strutture a bordo, progettate da artisti internazionali, portano sull'acqua e in giro per il mondo l'arte moderna in tutte le sue forme, dai film al teatro, ai balletti e agli spettacoli di comici coinvolgenti.

Tuttavia, sorge in me la domanda se questo gigantismo navale, pur essendo in qualche modo attraente e funzionale, abbia conservato veramente lo spirito della tradizione marinara. Esteticamente, sembrano distanti dalla grazia delle navi del passato, e forse sono state progettate solo per soddisfare le esigenze economiche degli armatori che sono perfettamente in linea con le aspettative di un pubblico cambiato nei gusti e diventato persino più esigente in materia ludico-sportiva.

Il mio modesto parere è che, nonostante tutte le comodità e le meraviglie offerte a bordo, queste imbarcazioni non trasmettano l'antica atmosfera di bordo, il desiderio di scoprire il mare con la sua arte, il suo profumo e il suo selvaggio moto ondoso che una volta catturavano il cuore dei passeggeri, donando loro ricordi indelebili per tutta la vita.

 

Esiste la speranza di un ritorno al passato?

Si mormora sulle calate del porto di Genova che le prospettive future per il settore marittimo passeggeri siano “intriganti” e potrebbero evolversi in diverse direzioni. C'è una crescente consapevolezza e desiderio di esperienze autentiche, che potrebbe orientare molti passeggeri a preferire navi più piccole ma rispettose della tradizione e caratterizzate da un'autentica atmosfera navale.

Un pubblico più maturo e consapevole potrebbe sviluppare un apprezzamento per viaggi più personalizzati, con un focus sulle usanze marinare e la vita a bordo. Le navi di dimensioni più contenute potrebbero offrire un'esperienza più affascinante, consentendo ai passeggeri di interagire da vicino con gli equipaggi e di immergersi nell’antica cultura marinaresca.

Le esperienze a bordo di queste imbarcazioni potrebbero includere visite guidate nei quartieri degli equipaggi, workshop interattivi sulla navigazione, e la possibilità di partecipare visivamente alle attività quotidiane della nave anche durante le operazioni di carico e scarico nei porti sia di giorno che di notte consentendo alle persone di terra di acquisire competenze e conoscenze significative sulla vita dei veri marittimi operativi.

Il desiderio di autenticità potrebbe anche influenzare le destinazioni delle crociere, incoraggiando itinerari meno convenzionali che offrano esperienze culturali e storiche più ricche. 

In definitiva, c'è speranza che una parte di futuri passeggeri preferisca orientarsi verso un rapporto più marinaresco con il mondo del MARE, contribuendo a mantenere vive le tradizioni e a preservare la connessione tra le generazioni future e il patrimonio marittimo.

 

 

LE NAVI DI IERI

 

CONTE DI SAVOIA

 

REX

 

ANDREA DORIA

sopra e sotto

 

 

 

MICHELANGELO

sopra e sotto

 

Ormeggio a New York

 

LEONARDO DA VINCI  - Canale di Panama

 

EUGENIO C.

 

EUGENIO C. - FEDERICO C.

 

GALILEO GALILEI – Sidney

 

 

 

 

LE NAVI DI OGGI

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Concludo questa ricerca con la segnalazione di un  prezioso saggio che ci "guida" verso la comprensione della bellezza di una nave

Primi Anni '30 del Novecento

 

VICTORIA

Lloyd Triestino

Una delle navi più belle mai costruite al mondo

 

https://www.italianliners.com/victoria

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, NATALE 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Wadi al-Jarf - Egitto - IL PORTO PIU’ ANTICO DEL MONDO

 

 

WADI AL-JARF

IL PORTO PIU’ ANTICO DEL MONDO

Il Porto Perduto dell'Antico Egitto e le Sue Connessioni con le Grandi Piramidi di Giza

 

 Le mie personali impressioni sulla scoperta di WADI AL-JARF

 

Nel cuore dell'Antico Egitto, tra le sabbie del deserto e le maestose piramidi di Giza, si cela un segreto millenario che getta nuova luce sulla grandezza dell'ingegneria e della logistica dell'epoca. Wadi al-Jarf, il più antico porto del mondo, emerge dalla storia come il fulcro di un'impresa navale senza precedenti, una scoperta che riscrive le pagine dell'archeologia marittima.

 Risalente alla dinastia di Cheope, Wadi al-Jarf sorge come un testimone silenzioso dei gloriosi giorni dell'Antico Egitto. Invece di rivolgersi ai fiumi, come comunemente accadeva per i trasporti marittimi, gli antichi egizi compresero l'importanza di un porto situato strategicamente lungo il Mar Rosso. Questa scoperta rivela la saggezza e la lungimiranza di una civiltà che aveva padroneggiato non solo la costruzione delle maestose piramidi, ma anche il trasporto dei materiali essenziali attraverso il mare.

Wadi al-Jarf non era semplicemente un punto di partenza o di arrivo, ma un complesso sistema portuale che serviva da hub per la spedizione dei materiali necessari per la costruzione delle piramidi di Giza. Le navi cariche di blocchi di pietra, strumenti e risorse alimentari solcavano le acque del Mar Rosso, approdando a Wadi al-Jarf per poi essere trasportate lungo un sofisticato sistema di canali fino al Nilo e successivamente alle costruzioni.

La scoperta di Wadi al-Jarf offre una finestra senza precedenti sulla complessità delle operazioni navali e logistiche dell'Antico Egitto. L'archeologia navale, spesso trascurata, assume un ruolo centrale nel comprendere il vero ingegno di questa civiltà millenaria. Le evidenze di strutture portuali avanzate, magazzini e documenti di registrazione trovati sul sito, contribuiscono a dipingere un quadro più dettagliato di come gli egizi abbiano orchestrato uno sforzo colossale per erigere le piramidi.

 Wadi al-Jarf si erge come un monumento sommerso nel tempo, portando alla luce una storia dimenticata della navigazione antica. Questa scoperta non solo aggiunge un capitolo significativo all'archeologia navale, ma offre una visione profonda di come una civiltà abbia trasformato la sua saggezza marittima in monumenti eterni. In un contesto più ampio, Wadi al-Jarf rivendica il suo posto come il più antico porto del mondo, un'icona di progresso e visione nell'epoca dei faraoni.

 

Cartina orientativa

EGITTO

 

 

Wadi al-Jarf è l'attuale nome di un'area lungo la costa del Golfo di Suez, nel Mar Rosso in Egitto, circa 120 km a sud di Suez dove sorgeva quello che è considerato il porto più antico del mondo, risalente alla IV dinastia egizia (2620-2500 a.C.) cioè a circa 4500 anni fa.

 

 

Wadi al-Jarf (freccia rossa) si trova 24 km a sud dello sbocco del Wadi Araba, un arido vallone che con una lunghezza di circa 160 km collega la Valle del Nilo a nord di Beni Souef e l'oasi di Fayyum con la costa del Mar rosso in prossimità della cittadina di Zafarana (freccia rossa). Il sito archeologico è posto ai piedi del monte Galâlâ in prossimità del Wadi Deir che conduce al monastero di San Paolo eremita*. Consta di due parti, la prima nell'entroterra a circa 5 km dall'attuale costa del Mar Rosso dove si trovano le grotte, la seconda il porto vero e proprio sulla riva del mare. Lungo la linea che congiunge i due siti si trova un antico edificio che costituisce parte integrante del sito.

* Il monastero di San Paolo eremita (V secolo) è uno dei principali monasteri copto ortodossi dell'Egitto; è localizzato nel deserto orientale, non distante dal Mar Rosso. Si trova a circa 36 km a sud-ovest di Zafarana e a circa 155 km a sud-est del Cairo. Il monastero è conosciuto anche con il nome di monastero delle Tigri.

 

 

LA CIVILTA’ EGIZIA

 

 

Notare la breve distanza tra il porto di WADI EL JARF e le Piramidi di GIZA

 

 

 

Ciò che mostra la foto sono gli scavi della città che ospitava le maestranze che costruirono la piramide di Cheope, la più alta a destra

 

 

 

Le piramidi di Giza: da sinistra, in secondo piano, Micerino, Chefren, e Cheope; in primo piano tre piramidi "delle regine" del complesso di Micerino

 

 

 

 

KHUFU = ………..CHEOPE

KHAFRE= ……….CHEFREN

MENKAURE=..…MICERINO

 

DINASTIE D’EGITTOOrientamento Storico

 

La storia dell’Egitto faraonico si suddivide in grandi periodi di stabilità corrispondenti alle 30 dinastie che si avvicendarono nel governo del paese dal 3100 a.C. al 332 a.C. 

Periodo protodinastico

Comprende le prime due dinastie e va dal 3100 al 2650 a.C. La I dinastia comincia con l'unificazione dell'Alto e del Basso Egitto a mano del re Menes.

Antico Regno

L'Antico Regno, che va dal 2635 al 2155 a.C. ed è noto anche come "periodo delle piramidi", inizia con la III dinastia e termina con la VI dinastia.

Tra la III e la IV dinastia l'Antico Regno raggiunse il suo apice: in assenza di guerre, tutti lavoravano per assecondare i desideri di corte del Faraone.

Risalgono, infatti, a questo periodo, le necropoli di Menfi e Saqqara e, successivamente, le tre grandi piramidi di Giza (Cheope, Chefren e Micerino). Furono costruite anche la piramide di Saqqara su mandato del re Unis.

Durante la VI dinastia il potere dei faraoni si indebolì e anche l'unità del paese iniziò a dare segni di cedimento. Per oltre cento anni, fino alla X dinastia, si susseguirono numerosi faraoni incapaci di riportare l'Egitto alle condizioni di splendore degli inizi. Durante la IX e la X dinastia, la capitale del paese fu Eracleopoli.

 

Medio Regno

Il Medio Regno, che va dal 2061 al 1785 a.C., comprende l'XI e la XII dinastia e corrisponde ad una ripresa dello stato unitario dopo la fase di frammentazione del potere seguita al crollo dell'Antico Regno. Segna l'inizio di questa tappa lo spostamento della capitale a Tebe.

Durante quest'epoca, l'Egitto ampliò le sue frontiere conquistando parte della Nubia. Successivamente, però, non fu in grado di far fronte alle incursioni degli Hyksos e fu costretto a cedere a questi ultimi il potere. Gli Hyksos, giunti dall'Asia, governarono il paese tra la XIII e la XVII dinastia e stabilirono ad Avaris il loro centro politico del loro governo.

 

Nuovo Regno

Compreso tra il 1551 y 1080 a.C., il Nuovo Regno è segnato dall'avvento della XVIII dinastia che ripristinò l'unità dello stato: il faraone Ahmose I espulse gli Hyksos e ristabilì la capitale a Tebe.

I faraoni più importanti di questo periodo furono Thutmose III, Amenhotep III e Ramses II.

Durante il regno di Ramses II, l'Egitto conquistò la Nubia e furono eretti i templi di Abu Simbel. Il faraone visse quasi 100 anni ed ebbe oltre 180 figli: alla sua morte si successero vari principi ereditieri che finirono per indebolire il paese, che perse la grandiosità di cui aveva goduto un tempo.

 

Dinastie posteriori

Dalla XXI alla XXX dinastia, in un periodo compreso tra il 1080 e il 332 a.C., il paese visse una lunga fase di allentamento dei legami interni dello stato e di frantumazione del potere. Durante questa epoca, la capitale dell'Egitto fu spostata prima a Tanis e successivamente a Bubasti.

Nel 525 a.C. l'Egitto fu invaso dai Persiani, dominazione che si concluse con l'occupazione del paese da parte di Alessandro Magno (332 a.C.) che segna l'inizio del cosiddetto periodo greco romano.

 

 

LA SCOPERTA DEL PORTO

 

Il sito Wadi al-Jarf fu riscoperto da una squadra francese, diretta dall'archeologo François Bissey nel 1953 che denominò il sito Rod el-Khawaga, ma che ben presto lo abbandonò a causa della Crisi di Suez nel 1956.  La pubblicazione, nel 2008, di parte degli archivi di Bissey fu il punto di partenza per una nuova campagna di scavi iniziati nel 2011 e completati nel 2012 da un team misto franco egiziano diretto da Pierre Tallet della Sorbona di Parigi e da El Sayed Mahfouz dell'University di Assiut.

Nell’aprile del 2013 Pierre Tallet e Grégory Marouard (Oriental Institute, University of Chicago) annunciarono la scoperta del porto antico e dei papiri di al-Jarf

 

 

 

 

 

Esposti per la prima volta i papiri di Cheope

Pubblicato il luglio 14, 2016 da mattiamancini

 

 

 

Recto del papiro della consegna del pane dove sono evidenziati i nomi da cui provenivano le merci (ph. Tiziana Giuliani)

 

 

 

 

Per la prima volta dalla loro scoperta – effettuata nel 2013 a Wadi el-Jarf, costa occidentale del Golfo di Suez, dalla missione franco-egiziana diretta da Pierre Tallet (Sorbona) e Sayed Mahfouz (Università di Assiut) – saranno esposti al pubblico i frammenti di papiro risalenti al 26° anno di regno di Cheope. Con circa 4600 anni, sono i più antichi papiri iscritti mai individuati.

 

I papiri

Dieci dei papiri rinvenuti sono molto ben conservati. La maggior parte di questi documenti è databile all'anno 27 del regno di Cheope e descrive come l'amministrazione centrale inviasse cibo e forniture ai naviganti egiziani. Un documento assume importanza particolare, è il Diario di Merer un dignitario coinvolto nella costruzione della grande piramide di Cheope. 

L’importanza dei reperti non si limita, quindi, solo alla datazione, ma dipende anche dai testi riportati. Si tratta, infatti, di documenti amministrativi che registrano le presenze mensili dei lavoratori del porto, impiegati, ad esempio, nel trasporto di blocchi di calcare verso Giza per la costruzione della Grande Piramide.

L’esposizione è allestita presso il Museo Egizio del Cairo insieme alla mostra temporanea delle repliche dei più celebri pezzi della collezione.

 

Wadi al-Jarf

IL PORTO DI CHEOPE

ARCHEOLOGIA PORTUALE, un po’ di storia

 

 

La foto mostra ciò che resta della diga costruita dal re di Cheope 4.600 anni fa

 

Qui a Wadi el-Jarf venivano scaricati i blocchi di pietra che erano utilizzati per la costruzione della Grande Piramide di Giza.

Il complesso portuale disponeva di un molo di pietra, a forma di L, che si estendeva in mare per una lunghezza di circa 300 m che tuttora affiora con la bassa marea. Il porto era sovrastato da una torre che costituiva un punto di riferimento visivo per chi doveva approdare nel porto lungo una costa sabbiosa e modificabile dal vento. 

Chi ha navigato (senza le moderne tecnologie strumentali) costeggiando zone desertiche senza approdi, né fari e fanali, con l’unica presenza di qualche oasi circondata da palmeti, ha sempre riscontrato, come il sottoscritto, non poche difficoltà nel conoscere la propria posizione.

 

 

 

La foto mostra ciò che rimane della struttura portuale e di un deposito di ancore utilizzate nel Mar Rosso per l’ormeggio delle navi nei pressi di Wadi el Jarf (Mar Rosso).

 

Grazie all'esplorazione subacquea gli archeologi sono stati in grado di recuperare 21 ancore di pietra che confermano che la struttura muraria altro non era che il molo di un porto. Per la prima volta ancore faraoniche sono state rinvenute nel loro contesto originale e sono di gran lunga le più antiche rinvenute. Molto probabilmente queste ancore erano usate come ormeggio permanente per le navi che attraccavano in porto.

Accanto alle ancore sono state rinvenute grandi anfore, di fabbricazione locale, simili a quelle rinvenute nelle gallerie, il che conferma l'uso coevo del porto e dei magazzini in cui venivano stivate ogni tipo di merce.

La datazione della ceramica delle anfore conferma che il porto risale alla IV dinastia attorno al 2600 a.C. Altre 99 ancore sono state rinvenute nei resti di edifici apparentemente destinati a magazzino.

 

 

 

Veduta degli accessi alle gallerie utilizzate per lo stoccaggio-merci di Wadi el-Jarf

(Honor Frost Foundation)

 

 

Il sito archeologico fu scoperto per la prima volta, nel 1832, dall’inglese John Gardner Wilkinson, viaggiatore e pioniere dell’Archeologia, il quale individuò anche le gallerie (foto sopra) e ritenne che fossero tombe. Oggi, gli archeologi marini della French Institute of Archaeology in Cairo e della Sorbonne University hanno scoperto il monumentale porto sommerso, un complesso portuale che fu costruito da Cheope.

 

 

Entriamo nelle gallerie per approfondire alcuni dettagli che abbiamo anticipato

 Lungo una fascia costiera lunga 5 Km sono state rinvenute 30 gallerie, accuratamente scavate nell'arenaria delle prime colline del deserto orientale, che presumibilmente fungevano da deposito di materiali e derrate per le spedizioni navali che usavano il vicino porto. Ogni galleria poteva essere chiusa con pesanti lastre di arenaria, in maniera simile alle chiusure delle camere sepolcrali delle piramidi e delle tombe del Regno antico.

All'interno delle gallerie sono stati rinvenuti numerosi materiali e manufatti: pezzi di legno, incastri, funi, pezzi di vela, resti organici. Alcuni elementi di legno sono stati identificati come parti di grandi navi ed elementi legati alla navigazione come remi, timoni, scatole di legno, attrezzi da lavoro in legno e pietra. Nelle gallerie sono state rinvenute grandi anfore, fabbricate localmente, in due fornaci dei dintorni, spesso marcate con segni geroglifici in rosso che identificano il nome della nave o degli equipaggi coinvolti nelle spedizioni.

Sono stati ritrovati anche numerosi frammenti di papiri databili alla quarta dinastia che di tale periodo danno uno spaccato di vita. Questi papiri sono i più antichi mai rinvenuti in Egitto.

Le gallerie hanno una lunghezza compresa tra 16 e 34 m ed hanno un'altezza di circa 2,50 m ed una larghezza tra 2,50 e 3 m. La galleria G3 contiene resti di una pittura murale che rappresenta un ufficiale con il bastone di comando in mano. Iscrizioni geroglifiche ne danno il nome ed il rango di scriba di Fayyum. Il riferimento a Fayyum conferma la tesi che gli egiziani usassero il Wadi Araba per collegare con carovane di trasporto sia Fayyum che la valle del Nilo al Mar Rosso.

Davanti all'ingresso delle gallerie c'è una terrazza pavimentata che consente un più facile accesso e probabilmente evita che l'acqua penetri nelle gallerie stesse. Tallet e colleghi ritengono che questo porto possa essere riconducibile al regno del faraone CHEOPE (2589–2566 a.C.) il cui nome è inciso su alcuni blocchi di pietra rinvenuti nel sito.

Soltanto oggi si può affermare con certezza che la realizzazione del più antico porto finora conosciuto: Wadi al-Jarf, sul Mar Rosso, situato ad un centinaio di chilometri da Suez, si possa attribuire ai faraoni della IV dinastia.

 

Il sito archeologico ha restituito infatti papiri, manufatti e ceramiche dell’epoca, confermando che l’attracco di navi era in uso già nel 2600 a.C.

Molti dei papiri risalgono nello specifico al regno del faraone Cheope.

 

 

IMPORTANTI RITROVAMENTI

 

I lavori ripresero nel 2011.

Fu Pierre Tallet della Sorbona di Parigi, che diresse quella missione assieme a El Sayed Mahfouz dell’Università di Assiut, a presentare i risultati un paio d’anni dopo, confermando l’esistenza dell’antico porto egizio.

Tallet pone l’attenzione sulla notevole estensione del Wadi el-Jarf che  ci porta a pensare che non è stato utilizzato solo come punto di partenza per il Sinai, ma certamente anche per lunghe distanze, forse per raggiungere la misteriosa terra di Punt nella parte meridionale del Mar Rosso […] la storia del Mar Rosso in epoca faraonica non è ancora stata completamente scritta, e che l’attuale esplorazione dei siti già noti, e la possibile scoperta di altri nella zona, sono ancora suscettibili di avere profonde ripercussioni sulla nostra conoscenza in questo settore […]”.

Fra l’altro Tallet aveva scoperto qualche anno prima un’altra piccola area portuale a Ayn Sukhna, circa ottanta chilometri da Wadi al-Jarf, che poteva risalire ai faraoni della V dinastia. Tallet afferma che il sito di Ayn Sukhna “[…] era ampiamente occupato per più di un millennio durante il periodo faraonico, dal Vecchio al Nuovo Regno. Le più recenti scoperte indicano chiaramente l’esistenza di un porto, simile a quello di Mersa/Wadi Gawasis più a sud, che sembra essere stato utilizzato principalmente per attraversare la parte meridionale della penisola del Sinai sul lato opposto del golfo […]”.

 

WADI EL JARF

Il Piano del porto (foto sotto) evidenzia la diga artificiale costruita disegnando una  L a protezione degli impianti portuali.

 

Sulla costa si trova un ultimo insieme di strutture portuali. Con la bassa marea, si può vedere un pontile a forma di L, che è per lo più sommerso, ma la cui estremità del ramo est-ovest si adagia sulla riva.

 

Questo antico molo si prolunga sotto il livello dell’acqua in direzione ovest-est per una lunghezza di circa 160 metri. Si inclina successivamente, seguendo un tracciato meno regolare, verso sud-est per altri 120 metri circa. Nella sua parte emersa, si può osservare un assemblaggio piuttosto regolare di grandi blocchi e ciottoli, che assicurava la protezione di una vasta area di ormeggio artificiale estesa per più di 2,5 ettari. 

 

 

Traduzione:

A Wadi el-Jarf - Le stesse squadre hanno costruito un grande molo a forma di L – la specializzazione di tali squadre nel trasporto marittimo rende probabile, nel contesto generale della foce del Delta (Ro-Wr/Ro-Maat), che stiano costruendo un porto in collegamento con il Mar Mediterraneo.

 

 

SITI DI RIFERIMENTO DELLA RICERCA:

https://laciviltaegizia.org/2021/12/18/il-sito-di-wadi-el-jarf-e-il-papiro-di-merer/

https://nilescribes.org/2017/10/07/scribal-spotlight-egypts-great-pyramid/

https://www.thehopinion.com/life/culture/pyramids-of-giza/

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 7 Dicembre 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


LA NOTTE DI TARANTO ( l'11 - 12 novembre 1940)

 

LA NOTTE DI TARANTO

 

Con l'espressione NOTTE DI TARANTO si fa riferimento all'attacco aereo inglese avvenuto durante la Seconda Guerra Mondiale, nella notte tra l'11 e il 12 novembre 1940, ai danni della flotta navale della Regia Marina Italiana, dislocata nel porto di Taranto.

 

 

“Dopo una neutralità di nove mesi, l'Italia entra in guerra il 10 giugno 1940, contro la Francia e la Gran Bretagna. La rapida uscita dal conflitto della Francia, trasforma lo scontro in una contrapposta difesa del traffico nelle direttrici Nord-Sud (per l'Italia) e Est-Ovest per la Gran Bretagna, forte delle basi di Alessandria d'Egitto e Malta (Mediterranean Fleet) e Gibilterra (Force H).

 

 

La flotta italiana dispone di due corazzate rimodernate (Conte di Cavour e Giulio Cesare) - al momento dell'entrata in guerra, le corazzate Littorio, Vittorio Veneto, Caio Duilio e Andrea Doria sono ancora in fase di addestramento - 7 incrociatori pesanti, 12 incrociatori leggeri, un centinaio tra cacciatorpediniere e torpediniere e più di 100 sommergibili.


Gli scontri navali di Punta Stilo (9 luglio 1940) e Capo Spada (19 luglio 1940), si risolvono con lievi perdite per le navi italiane e sconfitte tattiche non influenti. L'attacco italiano alla Grecia (28 ottobre 1940), in quella che é nota come "guerra parallela" (fra Germania e Italia) aggiunge un nuovo impegno alla Marina che deve assicurare i rifornimenti al Fronte greco-albanese


Nella notte del
12 ottobre 1940 gli incrociatori inglesi Ajax, Orion, York e Sidney affondano le torpediniere italiane Airone, Ariel e Artigliere. Al termine di questo scontro i britannici soccorrono i naufraghi italiani nonostante l'avvicinarsi del resto della flotta italiana.

Per questo comportamento l'ammiraglio inglese Cunningham fu ripreso dal suo governo, dal momento che, proprio in quei giorni, Londra veniva bombardata dalla Luftwaffe tedesca. Cunningham, tuttavia, rispose che gli equipaggi italiani si erano battuti valorosamente nonostante la disparità di forze e, per questo, meritavano assistenza”.

La notte dell'11 novembre 1940, 6 corazzate italiane si trovano nella rada di Taranto e gli inglesi conducono un'incursione con due attacchi degli aerosiluranti Swordfish decollati dalla portaerei ILLUSTRIOUS.

Le corazzate Conte di Cavour, Caio Duilio e Littorio vengono colpite dai siluri e solo due dei venti Swordfish sono abbattuti. Il Cavour non rientra più in linea. Littorio e Duilio sono riparati dopo qualche mese di lavori.

 

Morirono 58 marinai italiani, circa 600 rimasero feriti e sei navi da guerra furono danneggiate, metà delle navi da guerra italiane furono messa fuori combattimento.

 

Dopo 83 anni da quella azione bellica che servì di lezione anche a Pearl Harbour, si rimane allibiti dal "fattore sorpresa e dalla precisione" con cui sono arrivati a segno i siluri inglesi nel tragico ATTACCO AEREO NOTTURNO DI TARANTO.

I fatti dimostrarono per la prima volta che i velivoli imbarcati sulle portaerei non solo erano preziosi come «occhio» della Marina, ma anche perché erano in grado di infliggere gravi danni a una flotta alla fonda in un porto. Gli aerei inglesi FAIREY-SWORDFISH erano antiquati biplani prossimi alla demolizione, tuttavia, il responsabile dell’operazione sapeva che erano i più adatti a compiere quella specifica missione!

 

CONTESTO STORICO CHE PRECEDE IL DISASTRO DI TARANTO

 

Nell’autunno del 1940, le truppe italiane avevano già subito notevoli insuccessi contro i francesi; questi fatti spinsero Mussolini a tentare di recuperare terreno nei Balcani, più precisamente ritenne che era giunta l’ora della Grecia.

Il 28 ottobre 1940 l'Italia dichiara guerra alla Grecia. La campagna italiana di Grecia si aprì con un'offensiva del Regio Esercito Italiano a partire dalle sue basi in Albania (controllata dagli italiani fin dall’aprile 1939) verso la regione dell’Epiro in Grecia, mossa decisa da Mussolini al fine di riequilibrare lo stato dell'alleanza con la Germania nazista e di riaffermare il ruolo autonomo dell’Italia fascista nel conflitto mondiale in corso.

Temendo, allora, un intervento militare più corposo da parte dei britannici – che avevano cominciato a fornire aiuti alla Grecia già dai primi di novembre, tutta la flotta italiana era stata concentrata a Taranto, proprio per contrastare tale manovra.

 

 

 

LA BASE NAVALE DI TARANTO

PREGI E DIFETTI

 

 

La BASE era molto bene attrezzata per le riparazioni navali di tutti i tipi, ma non era stata studiata per proteggere le navi in rada da eventuali bombardamenti aerei o dal lancio di siluri. Le armi contraerei erano poche e poco potenti, la rilevazione per l’intercettazione degli aerei nemici in avvicinamento era affidata a vecchi strumenti risalenti alla Prima guerra mondiale, le reti anti-siluro erano circa un terzo di quelle che sarebbero servite ed erano state distese a molta distanza dalle navi: cosa che avrebbe permesso di salpare rapidamente (senza doverle rimuovere) ma che ne comprometteva l’efficacia.

 

 

 

MAR GRANDE E MAR PICCOLO INDICATI DALLE FRECCE ROSSE

 

 

 

IL PROGETTO STRATEGICO INGLESE

L’idea degli inglesi – colpire la marina italiana e fermare gli obiettivi colonialistici di Mussolini – risale già al 1935, durante la guerra d’Etiopia: la Royal Navy aveva studiato un piano di attacco aereo notturno nella base navale di Taranto che non venne attuato in quegli anni ma che venne ripreso nel 1940. Per avere informazioni e immagini aggiornate giornalmente sulla situazione del porto di Taranto, l’aeronautica militare del Regno Unito trasferì a Malta una squadra di ricognitori. Furono inviate come rinforzo diverse navi da battaglia sia verso Malta sia verso il canale di Otranto, per intercettare le navi italiane che in quei giorni si muovevano tra Grecia e Albania. L’attacco venne deciso per il 21 ottobre (anniversario della vittoria di Nelson a Trafalgar) ma un incendio a bordo della portaerei inglese Illustrious causò un rinvio.

 

 

 

 

 

LE CORAZZATE ITALIANE AFFONDATE A TARANTO NELLA NOTTE TRA L’11 NOVEMBRE ED IL 12 NOVEMBRE 1940

 

Due immagini della Conte di Cavour poggiata sul fondo dopo l’attacco

 

 

 

I danni subiti dalla Regia Marina durante la notte di Taranto furono molto gravi, anche se non tanto quanto si potrebbe pensare.

Corazzata CONTE DI CAVOUR: la nave si trovava all’ancora nel Mar Grande.   Venne colpita da un solo siluro nell’opera viva poco distante dal deposito di munizioni prodiero.   A causa dell’anzianità del progetto, la nave imbarcò molta acqua e per evitarne l’affondamento in acque profonde fu portata in acque basse dove si adagiò sul fondale con l’acqua che sommergeva il ponte di coperta.   I lavori iniziarono immediatamente e verso la fine del 1941, nuovamente in grado di navigare, venne trasferita a Trieste per completare le riparazioni de eseguire lavori di ammodernamento.   Non fece in tempo a rientrare in servizio prima dell’armistizio, e fu la nave realmente perduta durante quella notte.   Il 10 settembre i tedeschi presero la CAVOUR, ma non completarono i lavori; infine la corazzata fu colpita da bombe americane il 15 febbraio 1945 ed affondò capovolgendosi.  Recuperata nel 1946, venne infine radiata il 27 febbraio 1947.

 

 

Collezione BAGNASCO

ANDREA DORIA (classe DUILIO) TARANTO 10.1941

 

 

 

 

Corazzata CAIO DUILIO venne colpita anche lei da un solo siluro nei pressi del deposito munizioni prodiero, e alle 05.45 fu portata ad incagliare in acque basse per evitarne l’affondamento.   Venne riportata a galla nel gennaio 1941 per entrare poi in bacino, partecipando attivamente, con la sua antiaerea, alla difesa della base.  Il 3 febbraio entrò in bacino a Genova e già il 3 maggio rientrò in servizio a Taranto.

 

 

 

LA CORAZZATA LITTORIO  INCAGLIATA A TARANTO

 

 

 

 

 

 

Corazzata LITTORIO fu la nave che subì i danni maggiori, colpita da ben tre siluri, due a dritta ed uno a sinistra nei pressi del timone. Ma grazie anche alla bontà del progetto, non fu mai in pericolo di affondare, tuttavia, per non correre rischi, fu ugualmente portata ad arenarsi.  Già l’1marzo 1941 i lavori di riparazione erano terminati e la nave era rientrata in servizio.

Altri danni: Vennero colpiti durante l’attacco il cacciatorpediniere LIBECCIO e l’incrociatore pesante TRENTO, che non subirono danni in quanto le due bombe che incassarono non esplosero, inoltre vennero distrutti da bombe due idrovolanti all’idroscalo.   Per finire questo attacco colpì anche la popolazione civile, con la morte di alcune persone nella zona dell’ospedale.  Si contarono anche 32 vittime sulla LITTORIO, 17 sulla CAVOUR e 3 sulla DUILIO

Infine non va dimenticato che tra gli aerei attaccanti due furono abbattuti, di cui uno dalle armi della Cavour.

 

 

 

LE FOTO DELLE NOSTRE CORAZZATE

 

L'Italia si impegnò molto, spendendo molte risorse preziose, per la costruzione della squadra da battaglia, fiore all'occhiello delle Forze Navali Italiane.   Il rimodernamento, che fu più, alla maniera inglese, una ricostruzione, delle quattro vecchie corazzate classe Doria, se da un lato fu un'operazione opinabile, va comunque riconosciuto che garantì all'Italia quattro unità di valore bellico, seppur ridotto, comunque non certo trascurabile, ben superiore alle LORRAINE francesi, e di poco inferiore alle vecchie navi e lente navi da battaglia britanniche.   Con l'ingresso in squadra delle potenti e moderne LITTORIO, il paese acquisì uno dei migliori strumenti bellici navali dell'epoca, certo, alla loro entrata in servizio, le navi da guerra più potenti del mondo.   Si trattava di navi robuste, che dettero più volte prova della loro solidità durante la guerra.   L'affondamento della ROMA nel 1943 non deve sollevare dubbi sulla bontà del progetto, che venne stilato in un'epoca in cui l'offesa aerea era considerata ancora limitata e certo non si poteva prevedere l'invenzione di uno strumento tanto efficace come la bomba razzo tedesca.

 

 

Navi da battaglia

CONTE DI CAVOUR - GIULIO CESARE

 

 

 

 

 

 

Navi da battaglia

CORAZZATE CLASSE DORIA

CAIO DUILIO – ANDREA DORIA

 

 

La corazzata CAIO DUILIO con la mimetizzazione adottata a partire dalla primavera 1942 con schemi a due colori grigio

 

 


Le corazzate 
DUILIO – ANDREA DORIA

 

CARATTERISTICHE

Unità

     Caio Duilio   10 maggio 1915  

     Andrea Doria   13 giugno 1916

Dislocamento a vuoto

     23.887 tonn

Dislocamento standard

     25.924 tonn (Doria)

     26.434 tonn (Duilio)

Dislocamento massimo

     28.882 tonn (Doria)

     29.391 tonn (Duilio)

Dimensioni l x l x p

     186.9 m x 28 m x 10.35 m

Apparato motore

     8 caldaie Yarrow, 2 turbine Belluzzo, 85.000 hp, 2 eliche

Velocità massima

     27 nodi

Carburante

     2.250 tonn

Autonomia

     4.250 miglia nautiche @ 12 nodi

Armamento

   

AN

     10 x 320/44

AN

     12 x 135/45

AN / AA

     10 x 90/50 

AA

     12 x 37/54 

AA

     16 x 20/65 

Corazzatura massima

     

verticale

     250 mm

orizzontale

     100 mm

torrette

     280 mm

barbette

     305 mm

torrione

     260 mm

Aerei

     No

Equipaggio

     1.495 tra ufficiali, sottufficiali e comuni

 

 

 

Vittorio Veneto, Littorio, Roma, Impero

 

 

 

La Corazzata Vittorio Veneto dislocava in effetti oltre 45.752 tonn a pieno carico cioè in pieno assetto di guerra. L’unità era armata con 9 cannoni da 381/50 mm, 12 da 152/55, 12 da 90/50, 4 da 120/40 per il tiro illuminante, e da un numero variabile di armi sotto i 37 mm; a poppa una catapulta consentiva l’utilizzazione di 3 aerei. La protezione verticale era assicurata al galleggiamento da 350 mm di acciaio; quella orizzontale, a centro nave era di 207 mm; il torrione era protetto da 260 mm di acciaio; la massima protezione era di 380 mm sulla parte frontale delle torri dei grossi calibri. 8 caldaie tipo Yarrow e 4 gruppi di turbine Belluzzo fornivano la potenza disponibile, 130.000 HP, a 4 eliche tripale; la velocità massima era di 30 nodi. L’autonomia variava da 4580 miglia a 16 nodi a 1770 miglia a 30 nodi. L’equipaggio era di circa 1800 uomini. Venne smantellata negli anni '50

 

 

CORAZZATA LITTORIO

 

 

 

 

La Vittorio Veneto in navigazione nei primi mesi di guerra

 

Corazzate classe Littorio :

Vittorio Veneto

Littorio 

Roma

Impero 

 

CARATTERISTICHE

Unità

     Vittorio Veneto   28 aprile 1940

     Littorio   6 maggio 1940

     Roma   14 giugno 1942

     Impero   non completata

Dislocamento a vuoto

     41.167 tonn (Vittorio Veneto)

     41.377 tonn (Littorio)

     41.650 tonn (Roma)

Dislocamento standard

     43.624 tonn (Vittorio Veneto)

     43.835 tonn (Littorio)

     44.050 tonn (Roma)

Dislocamento massimo

     45.752 tonn (Vittorio Veneto)

     45.963 tonn (Littorio)

     46.215 tonn (Roma)

Dimensioni l x l x p

     237.8 m (Roma : 240.7 m) x 32.9 m x 10.5 m

Apparato motore

     8 caldaie Yarrow, 4 turbine Belluzzo, 140.000 hp, 4 eliche

Velocità massima

     30 nodi

Carburante

     4.000 tonn

Autonomia

     4.580 miglia nautiche @ 16 nodi, 3.920 @ 20 nodi

Armamento

       

AN

       9 x 381/50

AN

     12 x 152/55

AN / AA

     12 x 90/50 

AA

     20 x 37/54 

AA

     28 x 20/65 

AA

     varie da 13.2/76 

Corazzatura massima

    

verticale

     350 + 36 + 24 mm

orizzontale

     207 mm

torrette

     350 mm

barbette

     350 mm

torrione

     280 mm

Aerei

     3, con una catapulta a poppa

Equipaggio

     120 ufficiali, 1.800 sottufficiali e comuni

Le corazzate della Classe Littorio rappresentarono la massima espressione dell'ingegneria navale italiana nell'era delle grandi navi da battaglia.

La classe si sarebbe dovuta comporre di quattro unità, tuttavia una di esse, la Impero, non venne mai completata, mentre la Roma entrò in linea troppo tardi per poter partecipare attivamente al secondo conflitto mondiale.

In seguito alla stipula del Trattato di Washington, le principali navi da battaglia dovevano avere un tonnellaggio massimo pari a 35.000 tonnellate, ed armamenti di calibro non superiore ai 406 mm, e le quattro Littorio, concepite in ossequi a tali accordi, avrebbero dovuto rispettare quei dettami.
In realtà queste navi superarono abbondantemente quei limiti, soprattutto per quanti riguarda il tonnellaggio, che avrebbe imposto livelli di corazzatura ritenuti insufficienti.

La progettazione delle nuove grandi unità della Regia Marina, disegnate dal generale del genio Umberto Pugliese, ebbe inizio nel 1934, e prevedeva caratteristiche decisamente interessanti.   Venne ricercata fin da subito una elevata velocità, come d'uso all'epoca per le realizzazioni della cantieristica nazionale, ed un armamento superiore alla media, con un totale di nove cannoni da 381 mm.

La prima unità, la Vittorio Veneto, venne completata il 28 aprile 1940, la Littorio il successivo 6 maggio, mentre la Roma entrò in linea solo nel 1942. 

  
La Impero, invece, non venne terminata prima dell'armistizio del 1943.

E' interessante notare come nell'idea dei promotori tali unità dovessero costituire il nerbo della futura cosiddetta "flotta d'evasione" oceanica, ma in pratica, nonostante le caratteristiche belliche fossero di prim'ordine, si trattò di unità essenzialmente mediterranee, e questo principalmente a causa della scarsa autonomia.
 La dotazione di carburante era infatti pari a 4.000 tonnellate, il che significa un'autonomia di 3.000 km alla massima velocità di 30 nodi (c.a. 56 km/h), sufficienti per attraversare tutto il Mediterraneo, ma non per un'uscita nell'Oceano Atlantico.
Le unità tedesche come la Bismarck, dedicate ad un utilizzo oceanico principalmente pensate per la guerra di corsa, avevano una dotazione di 7.700 tonnellate.

 

Armamento

L'armamento principale era costituito di 9 cannoni da 381 mm lunghi 50 calibri (381/50) Modello 1934 disposti in tre torri trinate, due a prora ed una a poppa.
Erano le armi dalla più lunga gittata mai raggiunta da una nave da guerra, oltre 42.800 metri, e questo nonostante nella installazione a bordo avessero una elevazione di soli 35 gradi.   Nemmeno i cannoni americani da 406 mm delle Iowa e quelli titanici giapponesi da 460 mm delle Yamato avevano tale gittata.

I grossi calibri di queste unità sparavano proiettili del peso di 885 kg, a titolo di confronto i proiettili inglesi di ugual calibro pesavano 871 kg, mentre quelli tedeschi a bordo della Bismarck pesavano 800 kg.

Prestazioni elevatissime, che manifestavano però come ovvio il rovescio della medaglia.   Il peso del proietto e l'elevatissima velocità iniziale dello stesso (850 mps, contro i 749 inglesi) facevano sì che l'anima delle canne dei cannoni avesse una durata inferiore alla media, in particolare le canne andavano ritubate circa ogni 140 tiri, contro i 335 inglesi ed i circa 180 tedeschi.

Inoltre era piuttosto bassa la celerità di tiro, con circa 1.3 tiri al minuto, solo i francesi delle Richelieu erano più lenti, con 1.2 al minuto, contro i 2.3 tedeschi.
I cannoni erano installati in torri trinate, ovvero dotate ognuna di tre armi, del peso di 1570 tonnellate l'una, con un grado di elevazione che andava da -5° a +35°, e con una velocità di elevazione di 6 gradi al secondo.

L'armamento secondario era costituito principalmente da 12 cannoni da 152/55 mm Modello 1936, che costituiva l'armamento principale degli ultimi incrociatori leggeri, classe Garibaldi.

Anche queste armi avevano una gittata elevata, lanciavano infatti il proiettile da 50 kg a 25.700 metri di distanza, alla massima elevazione di 45 gradi.   Il rateo massimo di fuoco era pari a 5 colpi al minuto.

Erano anch'esse installate in quattro torri trinate, del peso di 134 tonnellate l'una, con una buona protezione, che arrivava a ben 100 mm di corazzatura.

Ottime armi erano i cannoni antiaerei da 90/50 Modello 1939, dalle qualità eccezionali, superiori persino a quelle del mitico Flak tedesco da 88 mm, ed infatti non solo vennero utilizzate come arma antiaerea su navi ed in installazioni fisse a terra, ma vennero pure installate a bordo di camion e, soprattutto, dei semoventi da 90/53.

Si trattava di armi di realizzazione molto recente e concezione decisamente moderna, forse troppo. 

  
Erano installate in affusti singoli corazzati, con un sistema di stabilizzazione molto sofisticato.
Avevano una cadenza di tiro di 12 colpi al minuto e lanciavano un proiettile antiaereo del peso di 10 kg a 10.800 metri di altezza.   In funzione antinave invece il proiettile pesava 18 kg e veniva sparato a 13.000 metri di distanza.
La precisione del fuoco di queste armi era eccellente.La torretta singola in cui erano installati pesava 19 tonnellate.

Le mitragliere contraeree di piccolo calibro, da 37/54 mm e da 20/65 mm, erano ottime armi sviluppate autonomamente dall'Italia, installate inizialmente in numero totale di 36.
Quella da 37 mm in particolare aveva una cadenza di tiro di 120 colpi al minuto, e sparava un proiettile del peso di 1,63 kg alla quota di 5.000 metri.
In tutto erano presenti 20 mitragliere da 37 mm in 10 impianti binati e 28 da 20 mm in 14 impianti binati.

Vennero poi installate numerose altre mitragliere da 13,2 mm il cui numero andò via via aumentando durante il conflitto e non è stimabile in maniera univoca.

Completavano l'armamento di queste unità, prive di impianti lanciasiluri, 3 aerei, solitamente idrovolanti Ro.43, imbarcati a poppa, e lanciati in volo tramite una catapulta a vapore.
Verso la fine del conflitto vennero imbarcati anche aerei da caccia Re.2000, i quali però non essendo idrovolanti dovevano necessariamente tornare alle basi di terra una volta esaurito il carburante.

 

Corazzatura

Come disse l'ammiraglio tedesco von Scheer, una corazzata deve poter fare bene tre cose: galleggiare, galleggiare e galleggiare.

E sulle Littorio questo aspetto venne ricercato con molta cura e con soluzioni innovative.

La corazzatura verticale arrivava ad uno spessore massimo di ben 350 mm (contro i 320 della Bismarck), quella orizzontale arrivava a 207 mm, mentre le torri di grosso calibro erano protette frontalmente da 350 mm  di acciaio.   Il torrione di comando aveva le corazze dello spessore di 280 mm, stranamente meno di quanto avveniva nelle altre marine.

Ben protette risultarono anche le torri da 152 mm, che con uno spessore massimo di 100 mm erano progettate per resistere ad armi di pari calibro.

Decisamente interessante era la protezione subacquea, denominata "cilindri assorbitori modello Pugliese" dall'ingegnere navale che la ideò. 

 
Si trattava di due lunghi cilindri deformabili, posti lungo la murata, posti all'interno di una paratia piena, con il compito di assorbire la forza dell'onda d'urto provocata dall'esplosione di un siluro o di una mina.

   
Questo sistema, oltre che provocare l'esplosione contro il cilindro e non contro la paratia, dava la possibilità di disperdere la forza dell'esplosione lungo l'interno del cilindro.
L'efficacia di tale sistema rimane comunque piuttosto controversa e non é confermata, né peraltro smentita, dalle vicende belliche.

 

 

 

L’ORGANIZZAZIONE AERONAVALE INGLESE

 

 

La portaerei Illustrious ebbe una vita gloriosa come le altre portaerei della sua classe ma è indubbio che è entrata prepotentemente nella storia per l'attacco di Taranto, il primo nel suo genere e senza dubbio il maggior ispiratore del successivo attacco giapponese a Pearl Harbor.

 

DINAMICA DELL’ATTACCO

Protetti dall'oscurità, l'11 novembre 1940 dodici biplani Fairey Swordfish decollarono dal ponte della portaerei britannica Illustrious e si diressero attraverso il Mediterraneo verso il territorio italiano, circa 315 chilometri a nord - ovest.

Guidati dal capitano di corvetta Kenneth Williamson, i 12 aerei (6 armati con siluri, 4 con bombe e 2 con bengala illuminanti) si separarono prima dell'obiettivo per cercare di confondere la contraerea.

A meno di un'ora di distanza giunse la seconda ondata con altri 9 aerei della portaerei Illustrious. Affrontando un incessante fuoco di sbarramento, gli Swordfish attaccarono la rada e colpirono 3 corazzate, 1 incrociatore e 2 cacciatorpediniere.

Gli assalitori persero solo 2 velivoli. Il giorno seguente a questo micidiale attacco i resti della flotta italiana si diressero a nord rifugiandosi a Napoli e lasciando le rotte mediterranee, in un momento critico della guerra, nelle mani della Royal Navy. 

 

 

LA PORTAEREI ILLUSTRIUS

 

 

L'HMS Illustrious (R87) fu una portaerei della Royal Navy, capoclasse della classe omonima ed a cui appartengono la Victorious, Formidable e la Indomitable. alla costruzione: 16 cannoni antiaerei da 114 mm in affusti binati.

 

Caratteristiche tecniche

Entrata in in servizio

25 maggio 1940

                      

Destino finale

Smantellata a Faslane dal 3 novembre 1956

 

Caratteristiche generali

Dislocamento

a pieno carico: 19.121

 

Lunghezza

227 m

 

Larghezza

29 m

Pescaggio

a pieno carico: 8,5 m

Propulsione

6 caldaie Admiralty a 3 corpi cilindrici; 3 turbine meccaniche Parsons con tre eliche; 110.000 CV

Velocità

30,5 nodi (56 km/h)

Autonomia

11.000 mn a 14 nodi (20.000 km a 26 km/h)

Equipaggio

1.200 uomini

ARMAMENTO

Armamento

alla costruzione:

·       16 cannoni antiaerei da 114 mm in affusti binati

·       48 cannoni antiaerei da 40 mm "Pom-Pom" in 6 affusti ottupli

Post 1945:

·       16 cannoni antiaerei da 114 mm in affusti binati

·       40 cannoni antiaerei da 40 mm Vickers-Armstrong QF 2 lb in 5 affusti ottupli

·       3 cannoni antiaerei da 40 mm Bofors in affusti singoli

·       38 mitragliere antiaeree da 20 mm Oerlikon in 19 affusti binati

Mezzi aerei

1940: 36 Fulmar e Swordfish
1945: 54 Corsair e Avenger

 

 

 

Come ormai abitudine per gli inglesi, l'attacco alla piazzaforte di Taranto si inserì in una operazione di maggior respiro, simile a quelle che organizzarono per tutto il resto del conflitto, che consisteva nel far passare dei convogli attraverso il Mediterraneo.   Le forze inglesi erano divise come segue: 

 

 

La corazzata Warspite

 

 

Forza A :

                Corazzate: Warspite, Malaya, Valiant

                Portaerei: Illustrious

                Incrociatori: Gloucester, York

                Cacciatorpediniere: 13

Tale forza aveva lo scopo di proteggere il convoglio MW3 fino a Malta e, sulla strada del ritorno, attaccare Taranto.

 

Convoglio MW3 :

                5 piroscafi carichi di munizioni e materiali diretti da Alessandria a Malta.

Forza B :

                Incrociatori: Ajax, Sydney, diretti a Suda carichi di materiali.

Forza C :

                Incrociatore Orion, carico di materiale per la RAF, diretto al Pireo e poi a Suda.

Forza D :

                Corazzata Ramillies

                Incrociatori antiaerei: Coventry, Calcutta

                Cacciatorpediniere: 13

Avrebbe scortato il convoglio MW3 fino a Malta, poi avrebbe proseguito con il ME fino ad Alessandria.

Forza F :    

                Corazzata: Barham

                Incrociatori: Berwick, Glasgow

                Cacciatorpediniere: 3

Queste navi dovevano andare a rafforzare la Mediterranean Fleet di Alessandria.

Forza H :

                Portaerei: Ark Royal

                Incrociatore: Sheffield         

                Cacciatorpediniere: 5

Avrebbe scortato la forza F fino a Malta

Erano presenti in mare anche altri due convogli: 

AN6 :      

                3 piroscafi carichi di benzina e gasolio diretti in Grecia

AS5 :      

                alcuni piroscafi vuoti diretti dalla Grecia all'Egitto.

 

 

 

GLI AEREI IMBARCATI

 FAIREY SWORDFISH

Un’arma antiquata ma ancora vincente

 

 

ARMAMENTO

L'armamento era una mitragliatrice Vickers MK 2 da 7,7 mm con seicento colpi sul lato destro del muso ed una Vickers K o Lewis da 7,7 mm posteriore brandeggiabile con sei tamburi da cento colpi. Su alcuni aerei non era installata la mitragliatrice anteriore. La mitragliatrice posteriore, quando non era utilizzata, poteva essere ritirata in un apposito incavo nella fusoliera. Lo Swordfish aveva vari punti di attacco e poteva trasportare:

  • al di sotto della fusoliera:

    • un siluro Mk XII da 457 mm e 760 kg;

    • una mina Mk I da 680 kg;

    • una bomba da 227 kg;

    • due bombe da 114 kg;

    • un serbatoio di carburante da 273 litri;

  • al di sotto ogni semiala inferiore:

    • una bomba da 227 kg;

    • tre bombe da 114 kg;

    • quattro bombe da 45 kg;

    • tre bombe di profonditàMk III da 112 kg.

Inoltre erano presenti attacchi più esterni, che potevano essere caricati con quattro bengala illuminanti, dotati di paracadute. Il siluro Mk XII aveva una testata da 176 kg ed una gittata di 3 200 m a 27 nodi (50 km/h) e 1 372 m a 40 nodi (74,2 km/

 

VERSIONI

  • Swordfish Mk I

Prima versione di serie. Alcuni vennero convertiti dalla Fleet Air Arm in biposto per l'addestramento dei piloti. Vennero prodotti 692 aerei di questa versione dalla Fairey e poi trecento dalla Blackburn.

  • Swordfish Mk II

Seconda versione di serie entrata in servizio nel 1943 con motore Pegasus XXX da 750 hp (560 kW) ed armata con razzi sotto l'ala inferiore, dotata di apposito rivestimento protettivo metallico.

Sotto ogni semiala inferiore al posto delle bombe poteva portare quattro razzi esplosivi RP-3 da 76,2mm e 27 kg o quattro razzi perforanti da 76,2mm e 11,3 kg; entrambi i tipi erano lunghi 1,2m ed usavano cordite come propellente solido. I razzi potevano essere lanciati a coppie, uno da ogni semiala, o tutti assieme; preferibilmente venivano lanciati a 550m dal bersaglio alla quota di 18m.

Generalmente gli aerei di questa versione avevano lo scarico allungato con silenziatore.[3]

Vennero prodotti 1.080 aerei di questa versione dalla Blackburn nel 1943.

  • Swordfish Mk III

Terza versione di serie con motore Pegasus XXX ed un nuovo RADAR antinave ASV (Anti surface Vessel) Mk XI sotto alla fusoliera anteriore entrata in servizio nel 1943.

Il nuovo radar con mare calmo permetteva di localizzare un sommergibile in emersione a circa venti chilometri ed uno snorkel ad otto da una quota di 610m, con un'accuratezza angolare di 2º, ma impediva l'installazione di armamento ventrale.

Vennero prodotti 320 aerei di questa versione dalla Blackburn, compreso l'ultimo Swordfish prodotto, l'NS204 completato il diciotto agosto 1944.

  • Swordfish Mk IV

59 Swordfish Mk II convertiti in addestratori armati solo con la mitragliatrice posteriore e dotati di abitacolo chiuso, usati dalla RCAF per l'addestramento al tiro dei mitraglieri di coda a Yarmouth in Nuova Scozia.

Sorprendentemente, la modifica non venne estesa agli Swordfish operativi, per cui gli equipaggi continuarono a volare per tutta la guerra in aerei con abitacolo aperto, anche nelle durissime condizioni ambientali invernali dell'Atlantico del nord.

Alcuni Mk IV vennero poi convertiti in traino bersagli.

 

 

 

 

Un siluro pronto per essere sganciato nella NOTTE DI TARANTO

 

 

 

Alcuni Swordfish in volo sopra la portaerei britannica HMS ARK Royal nel 1939

 

 

 

AEREI FULMAR – PORTAEREI ILLUSTRIOUS

Aereo da caccia imbarcato

 

 

 

Fairey Fulmar Mk.I

 

FAIREY FULMAR Mk II N4052

Descrizione: Tipo aereo da caccia imbarcato.

Equipaggio: 2

Progettista: Marcel Lobelle 

Costruttore: Fairey 

Data primo volo: 13 gennaio 1937 

Data entrata in servizio: 10 maggio 1940  

Data ritiro dal servizio: 1945 

Esemplari: 600 (250 Mk. I e 350 Mk. II)

Dimensioni e pesi: Lunghezza12,29 m 

Apertura alare: 14,02 m - Diametro fusoliera 1,02 m – Altezza 3,54 m

Superficie alare: 31,77 m2   

Peso a vuoto: 3 960 Kg. Peso max al decollo 4.860

Propulsione: Motore Rolls-Royce-Merlin MK.VIII  

Potenza: 1.035 Cv 

Prestazioni: Velocità max 415.km/h a 2.700.m-725.km/h

Autonomia: 1.340 km   

Raggio di azione: 400 km

Tangenza: 4900 mt

Armamento: Mitragliatrici 8 Vickers K 7,7 mm o 4 Brownig M2 12,7 mm alari 

 

 

 

 

QUELLA STESSA NOTTE SI SVOLSE ANCHE LA BATTAGLIA

DEL CANALE DI OTRANTO

 

 

La stessa notte del 12 novembre 1940, subito dopo la conclusione dell’attacco aereo nella base di Taranto, le navi da guerra britanniche intercettarono un convoglio italiano diretto a Valona, formato da quattro piroscafi scortati da una torpediniera e da un incrociatore.

La sera dell'11 novembre, intorno alle 18, alcuni incrociatori e cacciatorpediniere inglesi si distaccarono dalla flotta principale che stava dirigendosi verso il golfo di Taranto per l'operazione Judgement e si diressero verso il Canale d'Otranto per intercettare il traffico verso l'Albania

 

 

 

 

Incrociatore leggero HMS AJAX (classe Leander

 

 

 

 

Incrociatore Leggero HMS ORION (classe Leander)

 

 

 

 

Incrociatore leggero HMS SYDNEY (classe Leander)

 

 

 

I MERCANTILI AFFONDFATI

 

 

Il piroscafo Antonio LOCATELLI e l’orologio incrostato di salsedine di Manlio Bartolini, fermo all’ora italiana in cui si gettò in mare (collezione Minissi)

 

 

 

 

M/n CATALANI (Tirrenia)

 

 

 

Piroscafo PREMUDA

 

 

 

Piroscafo CAPO VADO

 

 

Lo squadrone inglese era costituito dagli incrociatori leggeri Orion, Ajax, Sydney con la scorta dei cacciatorpediniere della classe Tribal: Nubian e Mohawk.

Il convoglio italiano era costituito dai piroscafi Antonio Locatelli, Premuda, Capo Vado e Catalani, scortati dalla vecchia torpediniera Fabrizi, al comando del tenente di vascello Giovanni Barbini, e dall'incrociatore ausiliario RAMB III al comando del capitano di fregata Francesco De Angelis.

I piroscafi furono affondati, la torpediniera fu gravemente danneggiata, l’incrociatore riuscì a raggiungere il porto di Brindisi. Il giorno successivo furono recuperati 140 superstiti: morirono 36 persone.

La conseguenza principale della cosiddetta “Notte di Taranto” fu che la flotta italiana rimasta venne spostata a Napoli e Messina. L’operazione britannica dimostrò inoltre le carenze e la debolezza della marina italiana: gli inglesi avevano navigato indisturbati per una intera settimana nel Mediterraneo, avevano rifornito la Grecia e Malta con numerosi convogli e avevano portato a termine con successo un attacco che compromise seriamente la metà dell’intera flotta italiana.

 

 

 

BREVI CONSIDERAZIONI SUL TRAGICO CAPITOLO

NOTTE DI TARANTO

Contesto storico: Il bombardamento di Taranto avvenne durante la Seconda Guerra Mondiale, tra l'11 e il 12 novembre 1940. Questo evento fu un'importante battaglia navale che coinvolse la Marina italiana e la Royal Navy britannica nel Mar Mediterraneo. Taranto era una base navale italiana strategica, e l'attacco inglese fu un tentativo di indebolire la flotta italiana e aumentare la superiorità navale britannica nella regione.

Progetto strategico inglese: Il progetto strategico inglese coinvolto nell'attacco di Taranto fu noto come "Operazione Judgment". L'obiettivo principale era distruggere o danneggiare gravemente la flotta italiana per limitare la sua minaccia nel Mediterraneo e facilitare le operazioni navali britanniche nella regione.

 

Difetti della base italiana: Taranto aveva diversi difetti che contribuirono al successo dell'attacco britannico. La principale vulnerabilità era la mancanza di un sistema di difesa antiaerea adeguato. Inoltre, le navi italiane erano ancorate in modo relativamente concentrato, facilitando il targeting da parte degli aerei britannici.

 

Fattore sorpresa: Il fattore sorpresa fu cruciale nell'operazione. Gli aerei britannici riuscirono a penetrare nelle difese italiane senza essere rilevati o intercettati, garantendo un attacco efficace contro le navi ancorate a Taranto.

 

Fallimento dei Servizi segreti italiani: Il successo dell'operazione britannica è stato attribuito anche a un fallimento dei servizi segreti italiani nel prevedere e contrastare l'attacco imminente. Gli inglesi furono in grado di mantenere il loro piano segreto, sfruttando la mancanza di informazioni precise da parte degli italiani.

 

Fallimento strategico di Mussolini: Mussolini è stato criticato per il fallimento nel riconoscere e affrontare adeguatamente le nuove tecnologie e tattiche navali. La mancata costruzione tempestiva di una portaerei italiana e l'adozione di nuove tecnologie, come il radar, furono viste come carenze strategiche che influenzarono negativamente la capacità della flotta italiana di difendersi efficacemente.

 

 

 

BIBLIOGRAFIA

Arrigo Petacco: La battaglie navali nel Mediterraneo nella Seconda Guerra Mondiale. A.Mondadori Editore, Milano 1996

Schofield B.B.: La notte di Taranto. Mursia Editore

Nino B. Lo Martire: La notte di Taranto (11 novembre 1940)

La Seconda Guerra Mondiale Enciclopedia 6 volumi – Curcio Editore

Vincenzo Grienti: Una ferita passata alla storia, “la notte di Taranto”- Ufficio Storico della Marina Militare 

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 21 Novembre 2023

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


PALOS DE LA FRONTERA - LA CULLA DELLA SCOPERTA DELL'AMERICA

 

PALOS DE LA FRONTERA

LA CULLA DELLA SCOPERTA DELL’AMERICA

Da questo sito CRISTOFORO COLOMBO partì alla scoperta dell’America

 

 

Ritratto postumo di Cristoforo Colombo di Sebastiano del Piombo, 1519

Olio su tela, MOMA, New York

 

 

 

Una replica fedele della SANTA MARIA

 

 

 

IL PRIMO VIAGGIO

 

 

Il più importante iniziò a Palos de la Frontera, le successive spedizioni formate da numerose imbarcazioni partirono da Cadice e da altri porti atlantici più grandi, organizzati e con fondali adeguati.

 

 

MEISTERDRUCKE

 

Partenza di Cristoforo Colombo (1451-1506) da Palos

(Departure of Christopher Columbus (1451-1506) from Palos )

 

 

 Il navigatore genovese Cristoforo Colombo, a bordo della SANTA MARIA, salpa da Palos de la Frontera diretto verso ovest – nell’Oceano Atlantico sperando di raggiungere l’Asia. Arriverà invece in America. Questa prima spedizione era composta da una nave battezzata Gallega (chiamata poi Santa Maria), lunga 30 metri e comandata dallo stesso Cristoforo Colombo, e da due piccole caravelle, la Pinta e la Niña, lunghe 15 metri ciascuna, comandate rispettivamente da Martín Alonzo Pinzón e da suo fratello Vicente Yáñez Pinzón.

 

L’Ammiraglia della prima spedizione era la “caracca/nao” Santa Maria, precisamente a tre alberi con vele quadrate; era di proprietà di Juan de la Cosa e fu costruita a Santander.

 

 

Nel seguente LINK di NAUTICA REPORT vengono riportate i dati tecnici delle tre imbarcazioni.

https://www.nauticareport.it/dettnews/report/le_caravelle_di_colombo-6-5894/

 

Un brevissimo ripasso…

La flotta si mosse da Palos il 3 agosto del 1492 con circa 90 uomini di equipaggio.

Ma a soli tre giorni dalla partenza un danno all’albero della Pinta richiese una sosta alle isole Canarie.

 

 

Mappa del primo viaggio di Colombo

 

Le navi ripresero il mare solo il 6 settembre. La navigazione rimase verso occidente fino al 7 ottobre quando, su consiglio di Martín Pinzón (Comandante della PINTA), decise di dirigersi verso sud-ovest. Intanto tra l’equipaggio cresceva il malcontento e la sfiducia nei confronti di un viaggio e di un progetto che, con il passare dei giorni, sembrava sempre più fallimentare.

Solo all’alba del 12 ottobre 1492, mentre si stavano già perdendo ogni speranza, la terra fu avvistata. Quella stessa mattina la spedizione sbarcò a Guanahaní, un’isola delle Bahamas. Il primo approccio fu con un gruppo di indigeni sbalorditi: Colombo prese facilmente possesso dell’isola che chiamò San Salvador (oggi: Isola Bahamas) e, nelle settimane successive, le tre navi arrivarono all’attuale Cuba, che Colombo chiamò Juana, e a Hispaniola (Repubblica Dominicana e Haiti). Colombo pensava di trovarsi nei mari dell’Asia. A dicembre la Santa María naufragò al largo di Hispaniola. Con i resti del relitto fu costruito un fortino, chiamato La Navidad, che fu affidato a 40 uomini che rimasero sull’isola, mentre la Niña e la Pinta iniziarono il viaggio di ritorno. Era il gennaio del 1493 e sarebbero arrivati in Spagna due mesi dopo, a marzo. Ovviamente l’accoglienza fu entusiastica e a Colombo furono confermati i riconoscimenti garantiti dal suo contratto.

 

 

Partenza di Cristoforo Colombo da Palos

 

 

I tre velieri del viaggio in una stampa di Gustav Adolf Closs del 1892

 

 

Palos de la Frontera

Vicinissima al Portogallo PALOS è nota anche come “l’itinerario di Colombo”, infatti Colombo salpò da Palos de la Frontera  e ogni 3 agosto qui è grande festa! Per noi italiani è Cristoforo Colombo -  per gli spagnoli invece è Cristobal ColònDi vocazione marinara, la cittadina fu la culla della scoperta dell’America.  Il porto di Palos de la Frontera ha perso il ruolo di protagonista che rivestiva 500 anni fa, dato che attualmente si trova nell’entroterra per via del terremoto di Lisbona del 1755, che provocò importanti cambi nella costa, e per la costruzione in epoca più recente di dighe a protezione del porto di Huelva. In questa località si respira ovunque la storia della scoperta dell’America, qui è dove l’equipaggio di Colombo ricevette l’ultima Comunione prima di salpare.

 

 

 

 

 

PALOS (Andalusia-SPAGNA) – Provincia di Huelva

Abitanti: 8.500

 

 

Il monastero della Ràbida (in spagnolo Monasterio de Santa María de La Ràbida) Convento francescano spagnolo.

L’epico viaggio di Cristoforo Colombo con le tre “caravelle” inizia da Palos de la Frontera situato nella provincia Huelva della comunità autonoma dell’Andalusia, più precisamente nel monastero francescano di Santa Maria della Ràbida. Qui infatti sembra che il navigatore genovese sia venuto per incontrare il monaco Giovanni, confessore della regina Isabella, grazie ai buoni uffici del quale, la monarca si convinse a finanziare la spedizione.

Nel monastero della Ràbida venne celebrata anche la messa la notte prima della partenza con le tre caravelle.

 

 

 

Monastero della Rabida: Chiostro

Rabida: stanza di Crostoforo Colombo

 

 

Tanti sono gli aneddoti su di lui, uno per tutti il famoso “uovo di Colombo”. Infatti, proprio nella sala delle Udienze di questo monastero, Colombo convinse la regina Isabella che il mondo doveva essere tondo posizionando un uovo sul tavolo, che ovviamente è rotolato su un lato.

Colombo venne a Palos a preparare il suo famoso viaggio e i francescani del convento della Rabida lo misero in contatto con Martin Alonso, leader indiscusso della marineria. A lui Colombo affidò l’incarico di reclutare gli equipaggi delle tre caravelle e Martín Alonso arruolò i migliori marinai da lui conosciuti, quasi tutti suoi parenti o amici della giurisdizione di Palos. A lui Colombo affidò il comando della Pinta e a suo fratello Vicente Y. Pinzon quello della Niña

I marinai e gli armatori più capaci e coraggiosi emigrarono e Palos progressivamente si spopolò e si trovò senza navi, riducendo la sua popolazione alla metà del Settecento a soli 125 abitanti che si dedicavano ad una modesta attività agropastorale di sussistenza col rischio di estinzione del paese capoluogo.

 

 

MOLO DELLE CARAVELLE

 

 

Da Palos partirono poi diversi navigatori spagnoli diretti alla conquista di nuove terre cui presero parte molti marinai di Palos. Finita l’epoca di questi viaggi e aumentando la stazza delle navi che abbisognavano di fondali più alti di quelli offerti dal porto di Palos che, fra l’altro, andava progressivamente insabbiandosi, infatti Palos non fu più in grado di competere con i grandi porti dell’Atlantico cui facevano capo le navi transatlantiche: Cadice, Lisbona, Porto e La Coruña, mentre a Siviglia si accentrarono i commerci col Nuovo Mondo.

 

 

 

  foto-wikipedia

 

Così appaiono oggi al turista le tre CARAVELLE, (perfettamente ricostruite, galleggianti e pronte per essere visitate), che parteciparono al primo viaggio di Cristoforo COLOMBO. Le tre “REPLICHE” sono ormeggiate presso El Muelle de las Carabelas (Palos de la Frontera).

Le riproduzioni delle caravelle NIÑA, PINTA e la caracca SANTA MARIA furono costruite nel 1992 per celebrare il quinto centenario della SCOPERTA DELL’AMERICA. 

Quell’anno fu interamente dedicato a manifestazioni celebrative di ogni tipo, tra le quali furono proprio le tre imbarcazioni ad essere le più visitate da un pubblico numerosissimo di appassionati del mare, della sua storia e della marineria in generale.

La Spagna realizzò una riproduzione delle navi su cui Cristoforo Colombo, il Pinzón de Palos de la Frontera e il resto della spedizione, marinai della zona come il Niño de Moguer, fecero il viaggio alla scoperta dell’America.

Le tre “carabelas” facevano parte dell’Esposizione Universale di Siviglia, sebbene facessero parte anche di numerose mostre in tutta Europa e in America.

Poco dopo il governo andaluso acquistò le imbarcazioni, nell’ambito del progetto ANDALUCIA ’92. Successivamente ebbe inizio la costruzione del Muelle de las Carabelas nel Paraje de la Rábida appartenente al comune di Palos de la Frontera, inaugurato nel 1994 e gestito dalla Diputación de Huelva.

Da allora, il Muelle de las Carabelas è stato aperto al pubblico, registrando un notevole aumento di visitatori anno dopo anno, tanto che nel 2007 è stato raggiunto il record di visite, con una cifra vicina ai 200.000 visitatori con una media di 550 persone giornaliere. È il terzo luogo più visitato dell’Andalusia.

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Muelle de las Carabelas nel Paraje de la Rábida

 

 

 

La caracca Santa Maria (nelle foto sotto) era l’ammiraglia della spedizione. Il nome con la quale la nave è universalmente nota potrebbe derivare proprio dalla cittadina andalusa, tra l’altro una delle patrie dello sherry. Ha avuto, va aggiunto subito, una fine tanto prematura quanto tragica: nella notte di Natale del 1492, una notte calmissima, mentre tutto l’equipaggio dormiva e in plancia era rimasto solo un giovane mozzo, si incaglia nella barriera corallina di Haiti: il suo relitto è stato ritrovato solo nel 1968. 

 

Fonte: Le foto a seguire sono di:

 VIAGGISEMPRE.IT - Fanpage-SiVIaggia -

 

 

 

 

 

 

 

Le caravelle NIÑA e PINTA

 

 

 

 

LA VITA DI BORDO SOTTOCOPERTA

 

Le tre caravelle  vennero rifornite nel porto di Palos di tutto ciò che era necessario per affrontare la lunga navigazione. Nella prima tappa del viaggio, le Canarie, il vettovagliamento fu completato. Vengono espressamente menzionati farina, vino e bizcocho, oltre all’acqua ed alla legna. In una sua lettera ai signori di Castiglia l’ammiraglio menziona espressamente il pane dei marinai, la galletta o biscotto. Ordinò tra l’altro che nel corso della navigazione la cambusa doveva rimanere chiusa. Il giornale di bordo evidenzia certe ossessioni legate al pane e al modo di prepararlo e cuocerlo. Dopo aver toccato la prima isola ed averla battezzata San Salvador, Colombo incontrò presso la costa alcuni indigeni che a bordo di un’imbarcazione remarono verso la “Santa Maria”, e immediatamente paragonò i loro remi alle pale con le quali si inforna il pane. Non mancò di ricordare dei piccoli pani, non più grossi del pugno di una mano prodotti da quegli stessi indigeni, fatti non si sa con cosa e come cotti. Sul caso troviamo una testimonianza di Bartolomeo de Las Casas che il 15 ottobre 1492 indirizzò un rapporto a “Don Fernando ed alla sua consorte Isabella, per grazia di Dio Re e Regina di Castiglia, Aragona, Sicilia e Canarie”. Eseguendo un ordine dell’Ammiraglio, al primo di quegli indigeni salito a bordo della caravella i marinai donarono “pane e melassa”.

Predrag Matvejevic’

 

 

 

Fonte:

 

 

 

 

 

 

La Casa Museo Martin Alonso Pinzon, (foto sotto) il capitano della Pinta, si trova proprio nel paese di Palos

 

 

 

 

 

 

UN PO’ DI STORIA e riepilogo dell'Impresa:

 

Cristoforo Colombo:

Breve biografia del grande navigatore e del suo primo viaggio

Cristoforo Colombo è stato un navigatore ed esploratore italiano della Repubblica di Genova, attivo in Portogallo e in Spagna come capitano mercantile, tra i più importanti protagonisti delle grandi scoperte geografiche europee a cavallo tra il XV e il XVI secolo. 

Nascita: 1451, Genova 

Morte: 20 maggio 1506, Valladolid, Spagna 

Figli: Diego Colombo, Fernando Colombo 

Fratelli e sorelle: Bartolomeo Colombo, Giovanni Pellegrino Colombo, Giacomo Colombo, Bianchinetta Colombo. 

Coniuge: Filipa Moniz Perestrello (s. 1479–1484)

Luogo di sepoltura: Cattedrale di Siviglia-Spagna, Faro a Colòn, Santo Domingo Este, Repubblica Dominicana. 

 

Nato nel 1451 da una famiglia di gestori di un’azienda tessile prima e di un’osteria poi, Colombo, marinaio sin da giovane, basandosi sulle carte geografiche del fratello (residente in Spagna), sui racconti dei marinai e sui reperti trovati al largo delle coste delle isole del “Mare Oceano” (l’Atlantico): imbarcazioni di legno semiaffondate, resti di cadaveri e altri segnali di presenza umana, cominciò già dagli anni 70 del 400′ a convincersi che al di là delle Azzorre dovesse esserci una terra e che questa non potesse essere altro che l’Asia. A Lisbona Colombo cominciò a documentarsi e a leggere testi geografici come l’Historia rerum ubique gestarum di papa Pio II stampata nel 1477, lImago mundi di Pierre d’Ailly (1480) e Il Milione di Marco Polo.

Colombo incontrò il re Giovanni II di Portogallo nel 1483 chiedendogli di finanziare la sua spedizione, ma il re rifiutò. Così, Colombo tentò in seguito, nel 1486, di convincere i reali di Spagna, Isabella di Castiglia e Ferdinando di Aragona. Inizialmente i reali rifiutarono, e accettarono solo anni dopo.

La somma necessaria per l’armamento della flotta, pari a 2.000.000 di maravedí, sarebbe stata versata metà dalla corte e metà da Colombo, finanziato da un istituto di credito genovese, il Banco di San Giorgio e dal mercante fiorentino Giannotto Berardi.

Si trattava, in realtà, di una somma modesta anche per quei tempi: si calcola, infatti, che quella che si sarebbe rivelata come una delle più importanti spedizioni della storia umana, fu finanziata con una spesa complessiva variabile fra gli attuali 20.000 e 60.000 €. Dopo la firma Colombo lasciò la città il 12 maggio, quando era già deciso il luogo di partenza, Palos. Furono così allestiti tre velieri (di norma definiti caravelle), di cui due – la Santa Maria e la Pinta – dotati di alberi a vele quadre e uno – la Niña – dotata di vela latina (quindi tecnicamente non Navi (Nao) dal punto di vista velico, perché non dotate di tre alberi a vele quadre)

La partenza avvenne alle sei del mattino del 3 agosto 1492 da Palos de la Frontera, con rotta verso le Isole Canarie per sfruttare i venti. Il 6 agosto si ruppe il timone della Pinta e si credette a un’opera di sabotaggio, quindi furono costretti a uno scalo di circa un mese a La Gomera per le necessarie riparazioni. Le tre navi ripresero il largo il 6 settembre spinte dagli alisei, dei quali Colombo conosceva l’esistenza. A partire dal giorno 17 si osservò con stupore il fenomeno assolutamente sconosciuto della declinazione magnetica: la bussola indicava il polo magnetico distaccandosi sempre più dal nord geografico, col rischio di allontanare le navi dalla loro rotta.

La mattina del 12 ottobre le caravelle riuscirono a trovare un varco nella barriera corallina e gli equipaggi riuscirono a sbarcare su un’isola chiamata, nella lingua locale, Guanahani, che Colombo battezzò con il nome di: Isola di San Salvador; l’identità moderna di questa isola corrisponde, presumibilmente, con quella di un’isola delle Bahamas.

 

I QUATTRO VIAGGI DI CRISTOFORO COLOMBO

 

 

 

Primo Viaggio: part. Palos 3.8.1492–Arr.Lisbona 4.1493 (Scoperta San Salvador-Bahamas)

Secondo Viaggio: part. Cadice 25.9.1493–Arr.Cadice 11.6.1495-(17 navi) (Scoperta Dominica)

Terzo Viaggio: part. Sanlucar de Barrameda 30.5.1498– (6 unità) - Arr.23.8. arrestato e rinviato in Castiglia dove sarà liberato il 17 dicembre.

Quarto Viaggio: part. Siviglia 3.4.1502–Ritorno a Sanlucar 7 nov.1502 - (Esplorata costa panamense ma perde per naufragio le sue 4 navi. Raggiunge San Domingo (Isola Espagñola) e da qui il 12 9.1504 fa vela per Sanlucar dove arriva il 7 novembre.

 

GENOVA

Castello d’Albertis

 

 

 Castello d’Albertis – Museo delle Culture del Mondo – Loggia,

“statua del Colombo giovinetto”

di Giulio Monteverde.

 

 

Il capitano D'Albertis ed il piccolo Cristoforo ...

 

 

Servizi Educativi Musei Civici di Genova - "Sulle tracce di Colombo" è una delle molte attività proposte alle scuole a Castello D'Albertis Museo delle Culture del Mondo - Genova da parte di Solidarietà e Lavoro in accordo con i Servizi Educativi dei Musei Civici di Genova.

Alla ricerca degli elementi che il Capitano D’Albertis ha voluto nella sua dimora per parlarci della figura di Cristoforo Colombo, ripercorrendo la rotta di Colombo e ricostruendo un astrolabio nautico...

Per informazioni

castellodalbertis@solidarietaelavoro.it

telefono 010 5578280/283

 

 

 

 

Il ritratto di Cristoforo Colombo, di Ridolfo figlio di Domenico Bigordi detto il Ghirlandaio (1483 - 1561), è l’immagine che con il tempo si è affermata come il “volto” del Navigatore. Il dipinto fu reperito a metà dell’800 sul mercato antiquario di Firenze dall’artista genovese Giambattista Cevasco, che ipotizzò si trattasse del ritratto del navigatore per le analogie con ritrattistica colombiana e per le lettere VS in alto a sinistra, verosimilmente parte di una originale didascalia presente in buona parte dei ritratti colombiani del Cinquecento: “COLVMBVS NOVI ORBIS REPERTOR”.

 

 

 

LE CARAVELLE A GENOVA

 

Le caravelle sono realizzate con decorazioni floreali all’interno delle stesse aiuole. La scalinata si affaccia davanti al grande arco di trionfo, l’arco della Vittoria, dedicato ai caduti della prima guerra mondiale che campeggia al centro dell’antistante piazza della Vittoria.

 

 

Piazza della Vittoria

ARCO DELLA VITTORIA

 

 

 

La scalinata delle Caravelle

Genova, Piazza della Vittoria

 (scalinata del Milite ignoto)

 

 

Casa di Colombo e Porta Soprana

 

 

 

Nel 1969 nell'atrio della Stazione Ferroviaria di Genova Brignole venne collocata una riproduzione della caracca SANTA MARIA (che oggi si trova al Museo del Mare) quando ancora si poteva lasciare esposta al pubblico - senza bacheca - un mementum storico così significativo per noi liguri e non solo. Oggi non sarebbe più possibile e tutti sappiamo perchè ...!

 

 

 

Genova Turismo

https://genovaturismo.it/casa-cristoforo-colombo-genova/

 

A poca distanza da Porta Soprana, appena al di fuori delle antiche mura medievali, si trova la cosiddetta Casa di Colombo. Si tratta probabilmente di una ricostruzione, risalente al XVIII secolo, dell’edificio originale, medievale, in cui visse in gioventù lo scopritore delle Americhe. Probabilmente la casa andò distrutta durante il bombardamento della flotta francese di re Luigi XIV che colpì Genova nel 1684. L’edificio si sviluppa su due piani: il piano terra era adibito a bottega del padre, Domenico Colombo, che si occupava di tessitura della lana e di commercio. Al piano superiore si trovava l’abitazione della famiglia. Secondo le fonti scritte, il navigatore ha abitato qui in un arco di tempo compreso – indicativamente – fra il 1455 e il 1470.

Oltre ai danni causati dal bombardamento francese del 1684, l’edificio fu coinvolto nell’intenso sviluppo edilizio che interessò la zona di Ponticello, in cui era ubicato. Il quartiere prendeva nome dalla piccola strada denominata Vico Dritto Ponticello, non più esistente, situata poco al di fuori dell’antica Porta Soprana, sul Piano di Sant’Andrea, dove sorge la casa. Secondo lo storico genovese Marcello Staglieno, al quale è attribuita l’individuazione di quella che è stata la casa di Colombo a Genova, la costruzione al tempo del navigatore aveva due o forse tre piani e venne restaurata sulla base dei resti originali. Secondo i documenti d’archivio rinvenuti dagli storici genovesi, Domenico Colombo, padre del grande navigatore, si trasferì insieme alla famiglia in vico Dritto Ponticello nel 1455. Cristoforo compiva quattro anni.

Il piano terreno della casa era adibito a bottega e, sulla sinistra, rispetto al prospetto principale, si trova tuttora la porta d’ingresso. Un solaio a travatura in legno lo divide dal piano superiore, rispecchiando probabilmente l’assetto originario.
Nel 1887 la casa fu acquistata dal Comune di Genova, come prova tangibile che dimostrasse l’origine genovese del navigatore. Quindi l’edificio fu inserito nel programma dei restauri di Porta Soprana, il che ne permise la sopravvivenza alle trasformazioni del centro avvenute tra la fine dell’Ottocento e gli Anni Trenta del secolo scorso. Sulla facciata principale dell’abitazione è esposta una lapide in cui si legge: “Nessuna casa è più degna di considerazione di questa in cui Cristoforo Colombo trascorse, tra le mura paterne, la prima gioventù”.

 

Omaggio al genovese

PAOLO EMILIO TAVIANI

 

Al termine di questo viaggio, per coloro che non lo avessero conosciuto, ricordo che  Paolo Emilio Taviani (Genova, 6 novembre 1912 – Roma, 18 giugno 2001) – Ex deputato della Repubblica Italiana, Professore universitario, pubblicò studi di economia  e importanti opere su Cristoforo Colombo. Come giornalista collaborò con numerose testate quotidiane e periodiche. Intorno agli Anni ’80 riprese gli studi colombiani, passione giovanile coltivata con molti viaggi e numerosi scritti, largamente tradotti.

 

Segnalo:

IL (CRISTOFORO COLOMBO,) DI PAOLO EMILIO TAVIANI (*)

bsgi.it

https://bsgi.it › bsgi › article › download

 

Storico delle imprese di Cristoforo Colombo

La passione di Taviani per la figura e le imprese di Cristoforo Colombo risale all’infanzia e si espresse già in alcune pubblicazioni del 1932. Ma è a partire dalla seconda metà degli anni Settanta che gli studi colombiani assorbono gran parte delle sue attività. Taviani lascia circa duecento scritti dedicati a Cristoforo Colombo (con traduzioni in inglese, francese, spagnolo, tedesco, portoghese, ungherese, turco, vietnamita ecc.).

Due sono le opere maggiori: 

Cristoforo Colombo. La genesi della grande scoperta

I viaggi di Colombo. La grande scoperta.

Le realizza seguendo un metodo che, prima di lui (e solo per una parte della biografia colombiana), era stato adottato da S.E. Morison, ossia quello di ripercorrere le tappe di tutti i viaggi di Colombo, sia nel Mediterraneo che nell’Atlantico, sulla scia degli scritti del grande Ammiraglio, dei suoi compagni e del figlio Fernando. 

Apprezzati anche in ambito scientifico-accademico. Presiedette la commissione scientifica per l’edizione nazionale della Nuova raccolta colombiana (a cura del Ministero per i Beni culturali e ambientali, I-XXIII, 31 tomi, 1988-2010) e guidò le celebrazioni colombiane del 1992.

 

 

 

Taviani con Renzo Piano e Giovanni Spadolini all’apertura delle celebrazioni colombiane, Porto di Genova, 15 maggio 1992.

 

Taviani mette a confronto le diverse tesi interpretative, segnala le più attendibili, ne indica di nuove e lascia il campo aperto a più ipotesi quando non è possibile superare ogni ragionevole dubbio. Importante è per Taviani il dialogo con gli studiosi italiani e stranieri, con i quali riesce a costruire un quasi unanime consenso intorno ad alcuni punti fermi della storiografia.

Dalla seconda metà degli anni Ottanta Taviani è presidente della Commissione scientifica per l’edizione nazionale della ‘Nuova Raccolta Colombiana’ (22 volumi, curati dai maggiori studiosi italiani e stranieri) e s’impegna per l’organizzazione delle celebrazioni colombiane del 1992, che gli attireranno anche qualche critica per il grande risalto dato alla sua città natale. Del 1996 è la sua opera definitiva sull’argomento, che raccoglie e aggiorna tutte le precedenti: Cristoforo Colombo.

 

ALCUNI LIBRI DI PAOLO EMILIO TAVIANI:

 

 

 

 

 

Una curiosità:

Galata Museo del Mare-Genova

 

 

Questa è la firma con cui Colombo termina le sue lettere. Sembrerebbe che egli abbia voluto attribuire un preciso significato simbolico e profetico alla sua firma: Xpo FERENS - in grecolatino Cristoforo - significa "colui che porta a Dio". Le lettere X, M, Y rappresentano le iniziali delle tre religioni monoteiste (Cristiani, Musulmani ed Ebrei), mentre le lettere S disposte a triangolo come il triangolo rappresentato dalla A, indicano la Trinità.

 

 

 

 

 

RAPALLO

 

 

Classico monumento che raffigura il Grande Navigatore genovese Cristoforo Colombo in piedi, col braccio destro teso ad indicare l’orizzonte e orientato verso Ovest. Si trova ad una estremità del lungomare di Rapallo e fu donato alla cittadina da rapallesi emigrati in America. Al giovedì è circondato dalle bancarelle del mercato settimanale.

 

CONCLUSIONE con mugugno… (di anonimo genovese…)

 

 

CRISTOFORO COLOMBO, UN GENOVESE DA RICORDARE

 

Cristoforo Colombo, il concittadino più famoso che Genova può vantare, spesso viene ricordato quasi per obbligo istituzionale, perché esiste il Columbus Day, (anche se qualche sciagurato in America ha cominciato a contestare l’evento decapitando teste alle statue dedicate al buon Cristoforo) e perché comunque sono 529 anni dalla scoperta dell’America.

La mattina del 12 ottobre 1492, la fortuna decise che Colombo sarebbe arrivato su di un’isola, oggi isola di San Salvador, e aprisse di fatto un nuovo mondo.

L’idea era completamente diversa, Cristoforo Colombo cercava l’Asia pensando a una terra più piccola rispetto a quella reale e fu una vera fortuna per lui andare a sbattere su quel grande Continente che oggi è l’America Latina, visto che fino a due giorni prima rischiava l’ammutinamento dei suoi, esasperati da tanta navigazione senza vedere un lembo di terra. Convito di arrivare in Asia sbagliò i suoi calcoli e fu così che un grosso errore cambiò il mondo.

Da quel giorno si è aperta una porta, un mondo nuovo che ha cambiato la storia del pianeta, sia dal punto di vista geo politico che da quello alimentare, basti pensare all’ananas, ai pomodori, al mais, al peperoncino, alla patata, al cacao, al tacchino, ai fagioli e a tanti altri frutti provenienti da quella immensa terra, divenuta poi terra di conquista.

Non vogliamo entrare nello specifico, ci sarebbe da scrivere per mesi, ma l’idea che spesso storicamente, Cristoforo Colombo venga ricordato quasi in sordina e per obbligo istituzionale, un pochino dovrebbe far riflettere, sarà stato un avventuriero, un navigatore senza scrupoli, come scrivono i suoi detrattori, ma comunque è grazie a lui che oggi esiste il mondo che conosciamo, è stato lui il primo ad aprire la strada definitiva a quello che sarebbe stato il Continente che oggi conosciamo e secondo noi, andrebbe valorizzato meglio, sia come Genovese, che come cittadino uomo di mondo.

 

 

Alcuni riferimenti dello stesso autore:

 

 

IL TRATTATO DI TORDESILLAS

Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/tordesillas/

 

CENNI SULLA COCCA, CARAVELLA E CARACCA

CIVADA E CONTROCIVADA

https://www.marenostrumrapallo.it/crisco/

 

IL RELITTO DELLA SANTA MARIA

VERO O FALSO?

 Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/santamaria/

 

MARINAI E FEDE

Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/cri/

 

 

Bibliografia

 

Cristoforo Colombo - di Paolo Emilio Taviani:

 

Scienza nautica iberica (1400-1600) https://it.wikipedia.org/wiki/Scienza_nautica_iberica_(1400-1600)

 

L’EREDITA’ DEI COLOMBOIstituto Idrografico della Marina – Giorgio Bazzurro

La Mia Gente – IL SECOLO XIXstampato 18.2.1983 – Il Capitano coraggioso – pag.81

 

Guida ai velieri di tutto il mondo dal 1200 a oggi Attilio Cucari – A.Mondadori Edit. 1976

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 7 Novembre 2022