PETROLIERA ERIKA - CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

 

PETROLIERA ERIKA 

CRONACA DI UNA TRAGEDIA ANNUNCIATA

 

 

L’ERIKA è stata una petroliera monscafo battente bandiera (di comodo) maltese noleggiata dalla TOTAL e naufragata il 12 dicembre 1999 nel Golfo di Biscaglia al largo di Penmarch, in Bretagna. 


L’ERIKA fu costruita nel 1975 in Giappone dai cantieri Kasado-Docks Ltd. di Kudamatsu codice scafo n° 2841. Originariamente chiamata Shinsei Maru, era la seconda di una classe di otto navi identiche costruite tra il 1974n e il 1976. Lunga 184 metri e suddivisa in 14 tanche, l’Erika era concepita come vettore versatile di prodotti petroliferi (grezzo e raffinato). Si componeva di tredici cisterne, di due linee di manutenzione e due cisterne di decantazione (ovvero cisterne adibite alla raccolta di residui oleosi, slop-tank). Era classificabile come "pre-MARPOL", essendo dotata di scafo semplice e non disponendo di cisterne di zavorra separata. La sua portata lorda era di 37.283 tonnellate, aveva un  pescaggio di 11 m. ed era alimentata da un motore di 13.200 CV  nella parte poppiera che le permetteva una velocità di 15 nodi. Il suo equipaggio  era composto da 26 persone.

Durante la sua carriera ha modificato otto volte nome e armatore, tre volte bandiera,  tre volte Società di Classificazione, e quattro volte gestore nautico. 

Tipo

petroliera

Proprietà

Tevere Shipping Co. Ltd.

Registro navale

RINA

Porto di registrazione

Valletta, (Malta)

 

Costruttori

Kasado-Docks Ltd.

Cantiere

Kudamatsu (Giappone)

Varo

1975

Radiazione

1999

Destino finale

naufragata il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna

Caratteristiche generali

Stazza lorda

233,69 tsl

Lunghezza

184,03 mt

Larghezza

28,05 mt

Pescaggio

11,027 mt

Propulsione

Un motore Diesel Sultzer con potenza di 13.200 CV, una elica

Velocità

15,2 nodi

Capacità di carico

37.283  (tpl)

Equipaggio

26 persone

 

 

 

YouTube

IL NAUFRAGIO DELLA PETROLIERA

ERIKA

https://www.youtube.com/watch?v=Tr42-A6nG9Q

53 minuti

 

- Il filmato a colori che vi propongo offre una suspense e una drammaticità rare. Le condizioni meteo del golfo di Biscaglia erano pessime, e risultavano addirittura proibitive per una nave che non possedeva più i requisiti necessari per affrontarle in sicurezza. Questa è la mia riflessione sul tragico accaduto.

- Il filmato inizia con diapositive didattiche e animazioni che facilitano la comprensione delle cause del disastro, evidenziando flessioni eccessive dello scafo sollecitato dal moto ondoso.

- Successivamente, attraverso immagini simulate di bordo, assistiamo alla coraggiosa ispezione dell'equipaggio, che segnala al Comandante numerose spaccature nello scafo. Da quel momento, dal ponte di comando scatta la richiesta di soccorso al porto francese più vicino.

- La seconda parte è dedicata alla difficile operazione di salvataggio fattibile grazie a un elicottero, che riesce a recuperare tutto l’equipaggio. Purtroppo, i tentativi dei potenti rimorchiatori di agganciare la poppa della nave spezzata in due tronconi si rivelano vani, con la restante parte prodiera della ERIKA già affondata.

- Nella parte finale, viene mostrato l'immane disastro ecologico che ha colpito le coste di ben quattro dipartimenti francesi. Le immagini e i dati proiettati dal filmato ci lasciano senza parole.

 

- A questo punto il nostro pensiero va all’affondamento della super petroliera HAVEN avvenuto l’11 aprile 1991 nel tratto di mare davanti Arenzano (Genova). Cinque furono le vittime dell’equipaggio, e si trattò del più grave disastro ecologico nel Mediterraneo. Bruciarono circa 90 000 tonnellate di petrolio greggio delle 144 000 presenti al momento dell'incidente oltre alle circa 1000 tonnellate di combustibile. Una parte del carico, stimato in una quantità compresa tra 10.000 e 50.000 tonnellate, (soprattutto le componenti più dense del greggio) è depositato tuttora negli alti fondali tra Genova e Savona. 

 

- Tra le due tragedie, HAVEN ed ERIKA, sono passati quasi 9 anni segnati da altre tragedie simili e da numerose chiacchiere sulla SICUREZZA della navigazione e delle coste, che però non trovano finanziatori. Eppure, tutti conoscono i costi elevatissimi della “linfa” che alimenta questo nostro folle mondo!

 

Lista dei maggiori disastri petroliferi

Nel seguito, ordinata a ritroso nel tempo per data di inizio, viene presentata una lista dei disastri petroliferi con una quantità di greggio disperso maggiore di 100 tonnellate. 

 

Disastri petrolifero/petroliera

                 Luogo

                Data.

        Tonnellate                di greggio

Disastro di Noril'sk

Russia

2020

21000

Disastro petrolifero di Santa Barbara

Santa Barbara, Stati Uniti

21 maggio 2015

Disastro petrolifero di Tauranga del 2011

Tauranga, Nuova Zelanda

5 ottobre 2011 

340

Piattaforma petrolifera Gannet Alpha

a 180 km da Aberdeen, Scozia

10 agosto 2011 

200

Disastro petrolifero del fiume Yellowstone del 2011

(Compagnia "Exxon Mobile", già responsabile del disastro Exxon-Valdez)

Fiume Yellowstone, Billings, Stati Uniti

4 luglio 2011

135 (>[9]

Collisione tra MSN Chitra e MV Khalijia 3

al largo di Mumbai, India 

7 agosto 2010

> 50

Dalian (2 oleodotti)

Porto mercantile di Dalian, Cina

16 luglio 2010

1.500

Collisione tra Bunga Kelana 3 (nave cisterna) e Mt Waily (nave cargo)

al largo di Singapore, Malaysia

24 maggio 2010

2.000

Disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon

Golfo del Messico, Louisiana

20 aprile 2010

414.000–1.186.000

Naufragio nave cargo cinese Sheng Neng sulla barriera corallina

Great Keppel Island, Australia

4 aprile 2010

950 (Ne è fuoriuscita solo una parte)

Disastro petrolifero della West Cork

Costa meridionale dell'Irlanda

Febbraio 2009 

300

Disastro petrolifero del New Orleans

New Orleans, Louisiana, Stati Uniti d'America

28 luglio 2008

8.800

Disastro petrolifero di Statfjord

Mare norvegese, Norvegia

12 dicembre 2007 

4.000

Disastro petrolifero di Hebei Spirit

Mare Giallo, Corea del sud

7 dicembre 2007

Disastro petrolifero dello stretto di Kerč

Stretto di Kerč, Ucraina e Russia

11 novembre 2007 

1.000

Disastro petrolifero del 2007 della Baia di San Francisco

San Francisco

7 novembre 2007

188

Disastro petrolifero di Guimaras

Filippine

11 agosto  2006

Disastro petrolifero della centrale di Jiyeh

Libano

14 luglio 15 luglio 2006 

20.000–30.000

Raffineria di Citgo

Lago Charles

19 giugno 2006 

6.500

Prudhoe Bay

Alaska North Slope

2 marzo 2006

866

MV Selendang Ayu

Isola di Unalaska, Alaska

8 dicembre 2004

Athos 1

Fiume Delaware, USA

26 novembre 2004

860

Tasman Spirit

Karachi, Pakistan

28 luglio 2003

28.000–30.000

Bouchard No. 120

Buzzards Bay (Massachusetts)

27 aprile 2003 

320

da Wikipedia - Tre anni dopo

La M/C Prestige

Petroliera Monoscafo 

 42.820 tonn. di p.lorda  e battente bandiera delle Bahamas.  Varata nel 1975 e di proprietà della compagnia Mare Shipping, la nave naufragò il 19 novembre 2002  al largo delle coste spagnole con un carico di 77 000 tonnellate di petroio, provocando un'immensa macchia nera che colpì la vasta zona compresa tra il nord del Portogallo fino alle Landes, in Francia,  e causando un disastro ambientale alla costa galiziana, episodio che viene ricordato come il più grande disastro ambientale della Spagna.

13 novembre 2002

63.000

 

Riportiamo dal POST

Mercoledì 26 settembre 2012

 

Le condanne per il naufragio della petroliera ERIKA

 

 

La Corte di Cassazione di Parigi ha confermato che la compagnia petrolifera Total è responsabile del più grande disastro ambientale mai avvenuto sulle coste francesi.

 

La Corte di Cassazione francese ha confermato ieri tutte le condanne per il naufragio della petroliera Erika, comprese quelle che ritenevano la compagnia petrolifera Total (una delle prime quattro al mondo) responsabile del disastro ambientale avvenuto il 12 dicembre 1999 al largo della Bretagna. La Corte ha anche stabilito un’ulteriore responsabilità per la Total che la corte di appello di Parigi, nel 2010, aveva invece escluso a causa di una convenzione internazionale: la compagnia che ha noleggiato la petroliera ha anche commesso un reato di imperizia perché consapevole che la nave era vecchia – aveva 25 anni – e che i lavori di manutenzione erano stati eseguiti per ridurre al massimo i costi.

Total dovrà dunque partecipare al risarcimento sul piano civile dei danni causati e pagare una multa pari a 375 mila euro: si tratta di una decisione soprattutto simbolica, ma comunque importante. Sono state confermate anche le condanne all’armatore italiano Giuseppe Savarese (proprietario della petroliera), al gestore Antonio Pollara e alla società Rina che aveva rilasciato il certificato di navigazione. 

Complessivamente Total, Rina e gli armatori dovranno versare alle parti civili (lo Stato francese, un certo numero di istituzioni locali, regionali, comunali e alcune associazioni ambientaliste) 200 milioni e 600 mila euro di danni.

Nel dicembre del 1999, la petroliera Erika, battente bandiera maltese, si era spezzata in due al largo della Bretagna a seguito di una tempesta: trasportava circa ventimila tonnellate di petrolio che si dispersero in mare, uccisero 150 mila uccelli, contaminarono circa 400 chilometri di costa ed ebbero pesanti conseguenze per l’economia degli abitanti della costa atlantica.

Con questo processo per la prima volta nel diritto francese è stato stabilito il diritto all’indennizzo per le vittime di un disastro ambientale. Gli avvocati della compagnia petrolifera, prima di ieri, speravano di cambiare il verdetto avendo chiesto l’annullamento del procedimento per difetto di procedura. La loro richiesta si basava sul fatto che Erika, di proprietà italiana, al momento del naufragio si trovava fuori dalle acque francesi e batteva bandiera maltese. Speravano dunque di limitare l’applicabilità della giurisprudenza francese e sostenevano che in caso contrario ogni decisione sarebbe stata contro le convenzioni internazionali che prevedono invece che la responsabilità degli incidenti sia dei proprietari delle navi e non delle compagnie che le noleggiano. La loro interpretazione è stata però respinta dalla Corte.

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Una veduta aerea della petroliera Erika che affonda, 13 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale/French Navy, File)

 

 

Alcuni membri dell’equipaggio della petroliera Erika evacuano la nave a bordo di una scialuppa di salvataggio dopo il naufragio (AP Photo/Marine Nationale)

 

 

Una veduta della petroliera Erika che affonda, 12 dicembre 1999 (AP Photo/Marine Nationale)

 

Una macchia di petrolio nel luogo dove è affondata la petroliera Erika, 15 dicembre 1999 (VALERY HACHE/AFP/GettyImages

 

Una nave della marina francese dotata di pompe si avvicina a chiazza di petrolio fuoriuscita dal naufragio dell’Erika, 16 maggio 1999 (AP Photo/David Ademas,POOL)

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio, 29 dicembre 1999 (AP

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/Ouest-France, Marc Roger)

 

Una foto scattata il 4 gennaio 2000 sull’isola di Noirmoutier mostra un uccello coperto di olio a causa del naufragio della petroliera Erika (MARCEL MOCHET/AFP/GettyImages)

 

Alcuni volontari al lavoro sulla spiaggia dopo il naufragio (AP Photo/ Bob Edme)

 

 

 

       Carlo GATTI

         Rapallo, 25 Ottobre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


T/b MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA

 

LA MICHELANGELO - UNA TRISTE STORIA

 

Il 16 Settembre 1962, a causa dei numerosi cambiamenti sui progetti originali, finalmente lo scafo della Michelangelo scese in mare. Quel giorno nei cantieri navali di Sestri Ponente (Genova) fu presente al varo anche un rappresentante della Chiesa e in questa occasione Giuseppe Zuccoli, il presidente in carica della Società Italia Navigazione, la compagnia armatrice. Fu Laura Segni, la moglie del Presidente della Repubblica a dare il via al varo.

 

 

L’11 Marzo 1965 il grande liner italiano iniziò le prove in mare che superò con successo.
L’unico difetto che si presentò furono le forti vibrazioni allo scafo quando procedeva alla massima velocità. Il problema fu risolto nell’inverno successivo con la sostituzione delle eliche.

Il 21 Aprile 1965, dopo ben 5 anni dalla posa della chiglia. La Michelangelo venne consegnata. Costò complessivamente 75 miliardi di Lire di allora. L’Italia di Navigazione lo considerò un investimento conveniente.
 Come ultimo collaudo, prima del suo viaggio inaugurale, partì per una crociera nel Mediterraneo.

 

 

 

 

Il 12 Maggio 1965, l’ultimo gioiello della Marina Italiana partì con grandi festeggiamenti e con 1.495 passeggeri per il suo viaggio inaugurale da Genova a New York al comando del capitano Mario Crepaz.
Il viaggio inaugurale si svolse con un servizio perfetto. Due mesi più tardi si unì la gemella Raffaello.
La Michelangelo guadagnò molta popolarità fra i non pochi VIP che scelsero di attraversare l’Atlantico via mare.

La gente di mare si affezionò presto alla nave ed il soprannome Mic l’accompagnò nei porti e nelle traversate oceaniche.

 

 

 

Nel gennaio 1966, la Michelangelo rientrò in cantiere per eliminare le suddette vibrazioni, apportando adeguate modifiche alle eliche che non solo eliminarono le pericolose vibrazioni, ma la resero anche più veloce raggiungendo la notevole velocità di 31,59 nodi (quinta nave più veloce al mondo dopo la Queen Elizabeth, Queen Mary, United States e France)  superando anche la Raffaello che prima delle modifiche era leggermente più veloce, grazie ad un profilo leggermente diverso dello scafo. In ogni caso la velocità di crociera venne mantenuta a 26,5 nodi, per limitare i costi di esercizio.

Nonostante avesse passato con successo la revisione nell’Aprile 1966, quell’anno si rivelò il più tragico per il servizio della Michelangelo.

 

UN’ONDA ANOMALE LA RESE FAMOSA...

Il 12 Aprile 1966, mentre aveva superato di poco la mezza traversata e si trovava a due giorni e mezzo da New York, si scontrò con un’onda anomala che sfondò la parte frontale delle sovrastrutture uccidendo due passeggeri, un membro dell’equipaggio, e facendo piu’ di 50 feriti, fra cui 10 in gravi condizioni.

 

ED ECCO LE DRAMMATICHE FOTO ....

 

 

 

 

 

Era la mattina del 12 Aprile 1966, la Michelangelo stava procedendo verso New York con 745 passeggeri a bordo.
Quel giorno si sviluppò una tempesta di enorme potenza, molte navi si trovarono in difficoltà, 5 marinai furono spazzati via dal ponte di coperta della nave da carico inglese Chuscal.
Erano circa le 10 del mattino quando un’onda anomala si presentò di fronte al transatlantico italiano proprio nel momento più sfavorevole per essere affrontata.
Il comandante Giuseppe Soletti, alla sua ultima traversata, devio’ verso sud dalla rotta standard, per evitare il centro della tempesta. Venne consigliato ai passeggeri di stare in cabina, per evitare di essere sbattuti tra le paratie dei corridoi. A bordo c’era anche lo scrittore tedesco Gunther Grass con la moglie e l’ammiraglio Giurati, il presidente dell’Italia Navigazione.


 

Claudio Suttora, il Primo Ufficiale, racconta: Le onde diventavano sempre più alte e violente, e proprio alla fine di un grande beccheggio ci siamo trovati davanti quellonda enorme. La Michelangelo, che fino a quel momento era stata in grado di risalire le onde, infilò dritta la prua in quellenorme, spaventoso e insuperabile muro dacqua nessuno di noi si rese conto di cosa stesse per succedere, quellonda ci si è formata davanti quasi allimprovviso per fortuna lurto non fu così forte da danneggiare anche il timone, così riuscimmo presto a rimettere la nave contro le onde.


Claudio Cosulich, all’epoca Comandante in 2a della Michelangelo, racconta: Quando arrivò londa, non ero sul ponte di comando, unonda precedente aveva scoperchiato una presa daria sul ponte di prua ed ero andato con quattro volontari a riparare il danno, per evitare che lacqua entrasse. Avevamo appena finito e stavamo scendendo una scaletta sotto il ponte cademmo tutti rovinosamente fu come incassare in pieno una cannonata da 305 mm.

L’onda scavalcò la prua alta circa 18 metri e sfondò le lamiere dalla parte frontale della nave, distanti piu’ di 70 metri dalla cima della prua, e molti oblo’ spessi quasi 2 centimetri fin sul ponte di comando, a 25 metri dalla linea di galleggiamento.
Due passeggeri, che avevano la cabina nella parte colpita dall’onda, morirono quasi subito, un membro dell’equipaggio morì poco dopo. I feriti furono piu’ di 50, 10 dei quali, gravi. Lo stesso Cosulich, che in seguito divenne l’ultimo comandante della Michelangelo, riportò una serie di fratture al braccio sinistro.
Poco dopo l’incidente il transatlantico venne raggiunto da una nave militare americana che fornì assistenza medica supplementare, mentre I medici della Michelangelo lavorarono ininterrottamente fino all’arrivo a New York.

A New York la Michelangelo si fermò 3 giorni per le riparazioni temporanee, consistenti nella copertura della parte colpita, mentre al ritorno in Italia venne adeguatamente riparata e rinforzata, sostituendo le lamiere della parte frontale, fatte in lega di alluminio, con lamiere di acciaio in modo da renderla più resistente in futuro. Lo stesso lavoro venne eseguito sulla Raffaello.

 

Per diminuire il peso delle navi e ridurre il consumo di carburante, l’alluminio era infatti utilizzato per le sovrastrutture di molte navi moderne negli anni ’60, così dopo l’incidente della Michelangelo anche altre navi come il France e lo United States ebbero la parte frontale rinforzata in acciaio.
Questo fu l’unico grave incidente della storia della Michelangelo.

 

UNA FESTA CHE I PASSEGGERI PORTAVANO NEL CUORE PER SEMPRE!

Negli anni in cui i due grandi LINERS italiani erano  impiegati nei viaggi di linea attraverso l’Atlantico, il momento del loro incrocio era l’attesa occasione di una grande festa per i passeggeri. Le navi viaggiavano infatti intorno ai 26 nodi, quindi si sarebbero incontrate  ad una velocità relativa di oltre 50 nodi. Nel momento calcolato del passaggio molto ravvicinato al traverso, mantenevano ovviamente una distanza di sicurezza, “le navi suonavano le sirene, i passeggeri sparavano fuochi artificiali, tiravano palloncini volanti e le possenti onde scuotevano le navi a vicenda.

 

LINIZIO DELLA FINE....

IN UN SOLO ANNO, ERA IL 1970, LA COMPAGNIA AEREA PAN AMERICA REGISTRO IL TRASPORTO DI UN MILIONE DI PASSEGGERI TRA LEUROPA E GLI STATI UNITI.

 

In quell’anno divenne sempre più chiaro che l’epoca romantica dei transatlantici era ormai tramontata.  il 96% dei viaggi transatlantici avvenivano ad alta quota.
La compagnia inglese Cunard ritirò dal servizio le sue due regine (QUEEN MARY E QUEEN HELIZABETH) rispettivamente nel 1967 e 1968. 
Nello stesso anno la United States Line ritirò dal servizio la sua unità principale, la “UNITED STATES”.

La gestione era diventata antieconomica. La cruda realtà era questa: quando la nave viaggiava con solo 400 passeggeri a bordo, erano stipendiati 1.450 persone di equipaggio, e quando l’Italia Navigazione cercò di negoziare con i rappresentanti sindacali la riduzione dei componenti l’equipaggio, i sindacati rifiutarono ogni soluzione chiedendo altresi’ di aumentare le loro paghe. Venne allora in aiuto il Governo italiano, che accettò di sovvenzionarne la gestione delle navi.

“Non aiutarono la situazione i numerosi scioperi, indetti successivamente dall’equipaggio per futili motivi come quello indetto (non sappiamo se della Michelangelo o Raffaello) perché non veniva loro servita acqua minerale in bottiglia, ma acqua del rubinetto.
L’Italia di Navigazione, cercò allora di compensare le perdite riducendo la velocità di crociera, ma non ne ebbe un apprezzabile ritorno economico. Un’altra iniziativa fu quella di offrire tariffe a prezzi speciali verso gli Stati Uniti, alla fine del 1972. Nonostante ciò, per molte persone queste tariffe stracciate non furono un incentivo sufficiente per intraprendere un viaggio turistico. Fu presto chiaro per quasi tutti che il mercato del trasporto-passeggeri transatlantico era ormai troppo piccolo per due navi così grandi.

La situazione peggiorò nel giro di una notte quando il prezzo del petrolio salì da 35$ a 95$ al barile.  Come ben sappiamo, i transatlantici di quell’epoca avevano bisogno di grandi quantità di carburante per cui i loro costi di esercizio diventarono enormi.

Nel 1974 e 1975 la Michelangelo venne impiegata per gran parte del tempo nelle crociere divenute nel  frattempo il business delle vacanze. Ma la MIC era considerata troppo grande per il mercato crocieristico di allora. Non solo, il problema che impediva lo sfruttamento al meglio delle gemelle Michelangelo e Raffaello come navi da crociera era la suddivisione interna in tre classi, non idonea ad un uso da crociera.

L’Italia di Navigazione tentò comunque di impiegare la Michelangelo in diversi tipi di crociere, dalle classiche ai Caraibi, ai viaggi speciali a Rio de Janeiro, a Capo Nord. Ma nessuna delle rotte provate ebbe successo, così il 26 Giugno 1975 la Michelangelo partì tristemente da New York, per il suo ultimo viaggio verso Genova.

“Nel 1975, i finanziamenti del governo ammontarono a 100 milioni di lire al giorno, 700 dollari per passeggero trasportato.
Intanto la stampa inizio’ a chiedersi perché mai i contribuenti avrebbero dovuto continuare a pagare per mantenere questi “monumenti galleggianti, rappresentanti di un’era ormai finita” e proclamarono che queste navi dovevano essere affondate anziché sovvenzionate. Il governo annunciò che non poteva più continuare a pagare 100 milioni di lire al giorno per tenere le due Gemelle in funzione e nella primavera 1975 comunicò allItalia Navigazione che le sue navi non avrebbero più ricevuto alcuna sovvenzione.

Questo provvedimento significò la fine per le due fantastiche Gemelle.


Lultimo viaggio fu ben lungi dallessere un addio brillante e solenne, la biblioteca e la lavanderia di bordo erano chiuse durante lintero viaggio, le sigarette e le bevande alcoliche finirono, i negozi erano chiusi, laria condizionata venne spenta in mezzo allAtlantico, il servizio di bordo era approssimativo e inefficiente, insomma tutto il contrario di quello che la rese famosa. Inoltre, accessori e suppellettili incustoditi andarono a ruba, prelevati dai passeggeri che non volevano rinunciare ad un ultimo souvenir. Prima ancora che i passeggeri potessero lasciare la nave, lequipaggio incominciò a smontare e impacchettare la posateria e tutta le ceramiche.” 

 

Nella foto. La Messa domenicale in navigazione. da sinistra Carlo Gatti, a seguire il Comandante in 2° Claudio Cosulich, il Commissario Governativo, il Comandante della M/n VULCANIA Giovanni Peranovich ed il Capo Commissario di bordo.

 

Chi scrive, è il giovane pilota del porto di Genova che si diede “volontario” per l’ultimo ormeggio della MICHELANGELO (come nave passeggeri) a ponte Andrea Doria. Non era il mio turno, ma spiegai ai colleghi che il comandante della MIC era stato il mio 1° Ufficiale sulla M/n Sarturnia ed in seguito anche il mio Comandante in 2a sulla M/n Vulcania e che sarei stato felice di salutarlo per rinnovargli la mia stima e vicinanza nel momento piu triste e difficile della sua carriera.

 

 

Il 12 Luglio 1975, il Comandante triestino Claudio Cosulich fu lultimo a comandare la Michelangelo come nave passeggeri. La manovra dormeggio ben riuscita venne salutata da voci che acclamavano gridando Bravo Capitano! sia da bordo, sia dalle migliaia di persone che accorsero per assistere dal molo.

Così dopo soli 10 anni di servizio, 121 traversate atlantiche e 245.839 passeggeri di linea trasportati, la più prestigiosa unità di bandiera italiana ammainò la bandiera.


 

 

 

Dopo un breve periodo trascorso a Genova sotto l’occhio interessato di tanti armatori dello shipping internazionale, la Michelangelo venne posta in disarmo nella baia di Portovenere a La Spezia, dove venne raggiunta poco tempo dopo dalla gemella Raffaello, malinconicamente vicine, presso i famosi cantieri demolitori situati proprio in quella zona, ma il momento della loro demolizione era ancora lontano, la loro attesa fu lunga ed estenuante: la maggior parte dei possibili acquirenti le giudicarono troppo grandi, tanto per cambiare... 



Successivamente, con molta sorpresa, entrò in scena uno strano personaggio: lo Shah di Persia (oggi Iran) che mostro subito d’essere interessato all’acquisto delle due “meraviglie” per impiegarle “squallidamente” come caserme galleggianti.
L’Italia di Navigazione accettò tra il profondo dispiacere di tutte le persone che l’avevano costruite, degli equipaggi che l’avevano avute come casa, oltre ai tantissimi passeggeri in cui era rimasto un bellissimo ed indelebile ricordo di tante traversate oceaniche.

Il 12 Dicembre 1976 vennero vendute per 35 miliardi di lire in totale, quando ne erano costate 150.

Così nel Luglio 1977 la Michelangelo e la Raffaello, private del loro arredamento originale, affrontarono lultimo viaggio spinte dalle loro potenti turbine, con destinazione Bandar Abbas.

In quell’anno, la MIC venne trasformata in nave caserma, ospitante 1.800 persone.  Per 15 anni la Michelangelo fu utilizzata in quel ruolo mantenendo il suo nome e 50 manutentori italiani inclusi nel suo equipaggio che si occupavano della cura della nave.

Quando pero alla fine degli anni 70 lo Shah di Persia venne cacciato dal potere, il personale italiano venne rimandato in Italia.  

 

“Nel 1978 fu proposta una ristrutturazione che permettesse il riutilizzo delle due unità come navi da crociera rivolte ad una clientela di lusso: la loro capacità ricettiva sarebbe stata ridotta a 1300 passeggeri e, pur rimanendo di proprietà iraniana, avrebbero navigato, sotto una conveniente bandiera di copertura nelle acque del Mediterraneo e dei Caraibi. Il progetto prevedeva anche un nuovo nome: Michelangelo e Raffaello sarebbero diventate Scià Reza il Grande e Ciro il Grande.

 

Alla commissione di esperti giunta appositamente dallItalia per verificare la fattibilità del progetto e per effettuare la manutenzione, apparve evidente il grave stato in cui versavano le strutture: gli scafi erano arrugginiti, la pavimentazione lignea dei ponti scoperti iniziava a deformarsi e gli ambienti interni erano ormai in balìa di armate di topi.Quelle che pochi anni prima erano state le ammiraglie della flotta italiana non avrebbero mai più navigato.

 

 

Purtroppo, da quelle parti del globo, non esisteva alcuna tradizione marinara degna della fama di queste due navi che caddero nella piu’ totale trascuratezza fino a ricoprirsi di ruggine e “quelli che un tempo erano saloni degni di una reggia, divennero immensi alberghi per topi!

Così, nel 1991, gli ufficiali iraniani decisero che la nave non fosse più utilizzabile in nessun modo e venne venduta a peso ai demolitori pakistani. Ma quello di cui c’era bisogno non erano l’acciaio, il rame o altre materie prime, ma la capacità e la volontà di dirigere queste navi verso nuovi impieghi e con un’amministrazione piu’ seria.


La Michelangelo fu rimorchiata fino Karachi, dove arrivò il 7 Giugno 1991 e venne demolita sulla spiaggia. Per diversi anni, i venditori ambulanti di Karachi vendettero i più svariati souvenir della Michelangelo: accessori per cucine, rubinetti, e persino i water…

Questa fu la fine della nave più grande, stupenda e innovativa della nostra Marina.

 

 

UNA TRISTE DEDUZIONE

 La storia delle navi passeggeri Michelangelo e Raffaello rappresenta non solo un’epoca d’oro per il trasporto marittimo, ma anche un monito sui danni di visioni errate e strategie manageriali inefficaci. Nonostante la loro magnificenza e l'innovazione ingegneristica, le decisioni politiche ed economiche che hanno accompagnato la loro costruzione e gestione si sono rivelate disastrose. L’overcapacity, la mancanza di una visione a lungo termine e l’incapacità di adattarsi a un mercato in rapida evoluzione hanno portato a costi enormi, che si sono tradotti in perdite miliardarie per l'Italia. Questi errori non solo hanno minato il potenziale delle due navi, simboli di orgoglio nazionale, ma hanno anche illustrato la necessità di una programmazione più attenta e lungimirante, capace di rispondere alle sfide di un’industria in continuo mutamento. La lezione da trarre è che il progresso tecnologico deve sempre essere accompagnato da una strategia ben definita e una comprensione approfondita del mercato globale.

 

 

IN RELAZIONE ALL'ARGOMENTO TRATTATO,  SUGGERIAMO LA LETTURA DEI SEGUENTI ARTICOLI PRESENTI SUL SITO DI

MARE NOSTRUM RAPALLO

 

- I FILETTI DEL MONTANA

https://www.marenostrumrapallo.it/lucardi/

di Carlo Lucardi

- LE NAVI DI IERI E DI OGGI

https://www.marenostrumrapallo.it/le-navi-di-ieri-e-di-oggi/

di Carlo Gatti

 

- NEW YORK - L’ALTRA SPONDA DEL NEW WORLD

https://www.marenostrumrapallo.it/new-york-laltra-sponda-del-nostro-amato-new-world/

di Carlo Gatti

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 21 ottobre 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA -

 

IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA 

LA REPLICA RECA CON SE' 

ECHI EVANGELICI DAL MARE DI GALILEA

 

«È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta». (P.Giordani)

 

Il 15 marzo 2023 - Papa Francesco ha benedetto la simbolica costruzione, ricevuta in dono dalla famiglia Aponte, armatori di Nlg – Navigazione Libera del Golfo, con la collaborazione e il supporto dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma.

 

 

Nella foto, da sinistra a destra, rivolti verso Papa Francesco, i coniugi Aprea, il direttore di NLG Maurizio Aponte e il presidente dell’Istituto diplomatico internazionale, Paolo Giordani.

 

 

Il Papa ha disposto che nei MUSEI VATICANI venga collocata la copia di una imbarcazione di duemila anni fa

 

La riproduzione perfetta della barca da pesca

L’opera è stata realizzata dagli APREA, storica famiglia di maestri d’ascia della penisola sorrentina, dopo approfonditi studi archeologici con la partecipazione di esperti della marineria antica. In particolare, gli artigiani hanno utilizzato la tecnica dei “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi). Una tecnica importata dall’area mediterranea, operante già dal secondo millennio a.C.

Benedicendo l’imbarcazione prima dell’udienza generale, il Santo Padre ha sottolineato come quella ricevuta sia ‘la barca di tutti’, una frase che attesta la coerenza di un uomo che fin dalla sua elezione ha dimostrato una particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato.

 

YouTube

https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2023/barca-di-pietro-approda-nei-musei-vaticani/video-barca-pietro.html

 

L’imbarcazione è la fedele “replica” - Made in Italy - dell’antico e originale peschereccio di Pietro venuto alla luce nel 1986 dalla melma del lago di Tiberiade in occasione di un improvviso abbassamento delle acque, e custodito nel museo Yigal Allon di Ginosar, luogo indicato dai Vangeli quale sede principale delle predicazioni di Gesù in Galilea di cui ci occuperemo tra breve.

 

 

L’imbarcazione è stata sistemata alla base della rampa elicoidale dei musei Vaticani

(come mostra la foto sopra)

 

La Barca di Pietro accoglie, con la sua forte carica spirituale, pellegrini e turisti di tutto il mondo nella Casa di tutti, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, Timoniere della Chiesa e instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse.

La Barca di Pietro simboleggia quindi la Chiesa che è guidata dai suoi successori. Gesù invita i discepoli esitanti e dubbiosi a salpare, confidando in Dio. Allo stesso modo, la Chiesa deve misurarsi con le tempeste e le difficoltà del mondo per diffondere l’annuncio del Vangelo della Grazia.

 

 

La Barca di Pietro non è più soltanto una metafora

 

 Il dono che la famiglia Aponte, gli armatori di NLG-Navigazione Libera del Golfo ha voluto fare, con la collaborazione dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma, al Santo Padre, “instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse”, come ha spiegato Paolo Giordani, presidente dell’IDI, la cui “particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato” corrisponde pienamente all’”antica legge del mare”. Non per caso il Papa, accettando il dono, l’ha definita “la barca di tutti”.

 

 

I Dettagli marinareschi spiegati da APONTE:

 

L’imbarcazione è una replica perfetta di quella conservata nel museo israeliano come doveva essere ai tempi di Gesù:

scafo: di 8,8 metri x 2,5,

albero: di 8 metri con pennone di 6,

due piccole coperte: a proravia e a poppa

velatura: vela quadra e cavi in fibra di canapa

governo: due timoni

equipaggio, in grado di trasportare fino a quindici persone.

materiale di costruzione: cedro e quercia

tecnica usata: “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi).

Una tecnica importata dall’area mediterranea, in vigore dal secondo millennio a.C. fino all’epoca bizantina esclusa, applicata non su un materiale ligneo unico, ma su materiali misti: cedro, quercia.

 

 

Nave EUROPA – graffito

 

 

Per le parti andate perdute, gli artigiani sorrentini si sono ispirati ai mosaici del piazzale delle Corporazioni di Ostia, al graffito della nave “Europa” di Pompei, al bassorilievo con veduta del Portus Augusti (collezione Torlonia).

 “Desideriamo ringraziare - ha sottolineato Maurizio Aponte, direttore di NLG - Un grazie di cuore va al Governatorato dello Stato Città del Vaticano, che ha mostrato interesse per il progetto e ci ha consentito di realizzarlo, e all’Istituto Diplomatico Internazionale, che ha collaborato nella fase di ideazione e presentazione. Tutti ci auguriamo che il modello della Barca di Pietro possa regalarci nuove emozioni” – ha concluso il direttore di NLG.

“Con questo omaggio al Sommo Pontefice dopo dieci anni di ministero – ha dichiarato P.Giordaniabbiamo voluto dare corpo ad un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La Barca di Pietro che consegniamo oggi non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione. È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta”.

In particolare, viene ricordato l’episodio della tempesta sul lago narrato da Marco (4,38). Mentre i discepoli erano nel panico perché imbarcavano sempre più acqua, Gesù – dice l’evangelista – se ne stava a poppa e, adagiato sul cuscino, dormiva. Lo svegliarono a furia di grida d’aiuto e lui, destatosi, comandò al mare»: «Taci! Calmati!» (Marco 4,39) «e le acque si placarono» (Luca 8,22-25).

“Sempre il Lago di Tiberiade - rammenta Giordani - fu testimone di un'apparizione pasquale di Gesù risuscitato. Dalla riva suggerì ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di calare la rete dalla parte destra della barca. In questa maniera pescarono una gran quantità di pesci e compresero che lo sconosciuto era il Messia. Pietro poi si tuffò per raggiungerlo e Gesù gli disse: «adesso pasci le mie pecorelle». “Questo dialogo è considerato come il momento in cui Gesù affida a Pietro la Chiesa (Giovanni 21,1-19) - commenta il presidente dell’IDI - È da questo testo che fu attinta l’immagine della chiesa come “Barca di Pietro”.

L’apostolo infatti sottolineava che: «se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il secondo timoniere».

Aggiunge Giordani: “Durante la pandemia da Covid-19, rivolgendosi al mondo costretto ad affrontare con dolore e sacrifici un momento storico così drammatico, il Papa, timoniere della Chiesa, ci aveva fatto sentire costantemente la sua vicinanza attraverso la preghiera, dandoci la certezza che ‘Dio non ci lascia in balia della tempesta’. Ebbene, con questo omaggio al Sommo Pontefice, dopo dieci anni di ministero, abbiamo voluto dare corpo a un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La ‘Barca di Pietro’ che consegniamo non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione”.

Il Papa ha risposto con un sorriso: “La barca di tutti…” e sarà meta di pellegrinaggio, di “nuovi pesci da portare sulla riva del Signore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lago Tiberiade - Mar di Galilea

 

Il RELITTO originale dell’imbarcazione di Pietro fu ritrovato nel 1986 sul fondo del lago di Tiberiade

 

 

Chi scrive, nel 2000 andò con la famiglia in Israele.

 Il nostro pellegrinaggio iniziò dal Lago di Tiberiade, dove tutto cominciò…

 

 

Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, III,7) lo descrisse così:

«Il lago di Gennesar prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, e limpide perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando non fu dimostrato da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano.

Tra i tanti YouTube che ho visionato, questo che vi propongo in visione è il migliore per chiarezza, bellezza e informazioni culturali geografiche-storiche ed Evangeliche.

Il mare di Galilea chiamato il lago di Gesù

 di

Adrea Candore

https://www.youtube.com/watch?v=tUyoB-wObME

 

Le cartine orientative

Lago di Tiberiade

 

 

 

 

 

 

 

Il kibbutz di Ginnosar sul lago di Tiberiade e la scoperta della “barca di Gesù”
del prof.Giancarlo Biguzzi

https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/barca_gesu.htm

 

Il relitto originale, ben conservato grazie al fango del fondale che ricopriva le strutture lignee dello scafo, è stato datato alla seconda metà del I sec. A.C. dall’esame del Carbonio 14. Si tratta quindi di un battello a vela lungo 8,8 metri x 2,5 metri con un albero di 8 metri, risalente con ogni probabilità proprio all’epoca della predicazione di Gesù. L’imbarcazione, particolarmente adatta per la pesca costiera, poteva ospitare quattro rematori e circa una dozzina di persone. È plausibile quindi che il relitto del Lago di Tiberiade appartenga alla medesima tipologia della barca di cui raccontano gli evangelisti Luca (5,1-11) e Marco (4,35-41).

Il prezioso reperto è in mostra al centro Ygal Allon nel museo di Ginosar in Galilea (Israele), un museo che permette ai turisti di osservare da vicino questa semplice imbarcazione datata 40 avanti Cristo grazie a un test a radiocarbonio effettuato alla fine degli anni ottanta quando fu rinvenuta coperta da fango e melma nel lago di Tiberiade.

Gli archeologi riferirono subito che si trattava della tipica imbarcazione che usavano i pescatori ai tempi di San Pietro. Naturalmente non vi erano evidenze di sorta che si trattasse dell'imbarcazione dei Vangeli anche se l'umile costruzione lignea non ne diminuiva il valore archeologico.

 

 

CURIOSITA’ TECNICHE DELL’IMBARCAZIONE ORIGINALE

 

Dal sito:    BibleWalks 500+ sites

 

L’imbarcazione è stata datata, con il carbonio 14, intorno al 40 a.C. (più o meno 80 anni), o dal 50 a.C. al 50 d.C. sulla base delle ceramiche (tra cui una pentola ed una lampada) e dei chiodi ritrovati all’interno della barca. Questo fa ipotizzare che l’imbarcazione possa quindi risalire al tempo di Gesù Cristo. In effetti, si adatta alle molte descrizioni di barche delle Sacre Scritture, come quella nel Vangelo di Luca. Lunga 27 piedi e larga 7,5 piedi, la barca era costruita con dieci diversi tipi di legno e doveva consentire la pesca vicino alla riva. La tecnica costruttiva della barca risultò conforme altre barche costruite in quella parte del Mediterraneo tra il 100 a.C. e il 200 d.C. L’imbarcazione era stata costruita principalmente con assi di cedro, unite insieme da giunti e chiodi a mortasa e tenone fissati, adatta a navigare su bassi fondali grazie ad un fondo piatto, che le consentiva di avvicinarsi molto alla riva durante le operazioni di pesca. Gli archeologi hanno scoperto che la barca era stata costruita con dodici diversi tipi di legno, il che suggerisce diverse ipotesi: una carenza di legno o una costruzione in economia, fatta con legni di scarto, oppure che la stessa aveva subito riparazioni estese e ripetute. Delle 113 assi del fasciame della barca, 105 (92%) erano di cedro e uno di pino, entrambe conifere locali. Curioso il fatto che su 60 assi di quercia, 45 (75%) erano costituite da rami non lavorati. L’utilizzo del legno di conifere per le assi e di legno di latifoglie, di solito il rovere, per le intelaiature interne, era una pratica comune ed è seguito anche oggi nella costruzione di barche. Un interessante studio sulle tipologie di legno utilizzate può essere letto su questo sito.

La barca di pescatori era dotata di un albero, e quindi poteva alzare una vela, e aveva posto per quattro rematori sfalsati. Le sue dimensioni avrebbero permesso di trasportare 13 persone … Ovviamente, non c’è modo di sapere se questa particolare barca ebbe realmente un ruolo negli eventi raccontati nella Bibbia ma le sue strutture marinaresche trovano conferma in quanto raccontato nei libri sacri.

  

 

LA TEMPESTA SUL LAGO DI TIBERIADE (MARE DI GALILEA)

 

 

“Cristo nella tempesta sul mare di Galilea”

      Rembrandt

Così si legge nel Vangelo di Matteo

 « Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.

Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
I presenti furono presi da stupore e dicevano: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?». 

 

Così si legge nel Vangelo di Marco

È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.

 

La barca nella tempesta

Il Signore è a poppa, nella parte poppiera della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.

Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).

Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).

 

La fede messa alla “prova” dal mare

L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.

Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alle spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).

 

HO CHIESTO A DIO: PERCHE' MI HAI PORTATO SULLE ACQUE AGITATE?

MI HA RISPOSTO: PERCHE' I TUOI NEMICI (i demoni) NON SANNO NUOTARE ...

 

 

Papa: "siamo tutti sulla stessa barca"

Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, ad evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).

 

Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa

 

Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a sè stessa.

Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.

Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.

La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.

 

 

PERCHE' GESU' SCEGLIE I PESCATORI

 

Lo spiega Sant’Agostino. Discorso 250

 

Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.

  1. Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice:Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.

Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre

  1. Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.

 

Almeno 4 erano pescatori di mestiere:

Simon Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo…

Non sono menzionati tutti i loro mestieri. Pietro e Andrea erano pescatori, probabilmente anche altri. Matteo era in esattore di tasse, Paolo fabbricava tende per mantenersi quando predicava ma a Gerusalemme era stato educato dal dotto fariseo Gamiliele. Sapeva parlare greco ed ebraico. Nonostante Matteo avesse molta esperienza riguardo il denaro e i numeri, furono affidate a Giuda le finanze e per questo si presume che avesse una certa istruzione. Tutti comunque si mantenevano con il loro lavoro.

Invece gli apostoli non credevano per fede, ma perché avevano incontrato e mangiato insieme a Gesù per 40 giorni dopo la sua morte.

 

 Gesù appare ai pescatori

https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/impariamo-racconti-bibbia/13/gesu-appare-ai-pescatori/

 

PIETRO Apostolo, santo

TRECCANI

https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-pietro-apostolo_(Enciclopedia-Italiana)/

 

 

https://www.culturacattolica.it/cultura/storia/storia-della-chiesa/il-primo-sbarco-dell-apostolo-pietro-in-italia

 

Tra gli scritti cosiddetti pseudo-clementini (preziosa fonte per gli studiosi dei primi secoli), composti poco dopo il 200 d.C., vi è un’opera denominata Viaggi di Pietro, che era stata adottata dai giudei ebioniti. Gli ebioniti credevano sia nell’ebraismo sia in Gesù come Messia (atteggiamento ancora oggi presente tra le migliaia di ebrei messianici d’Israele), e facevano riferimento ad un vangelo di Matteo rielaborato, ed anche all’opera Viaggi di Pietro. E’ da questo testo che fu attinta l’immagine della Chiesa come “Barca di Pietro”, perché l’apostolo ci teneva a sottolineare che, se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il “secondo timoniere”.

 

MARINAI E FEDE

https://www.marenostrumrapallo.it/cri/

Carlo GATTI

 

Rapallo, 26 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Piroscafo BARON GAUTSCH - Un naufragio che si poteva evitare

 

 BARON GAUTSCH

Un naufragio che si poteva evitare

 

Fu definito: IL RELITTO PIU' FAMOSO DELL'ADRIATICO

 

Il 28 giugno 1914 - a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede del trono di Austria e Ungheria, fu ucciso con la moglie da un serbo. Questo avvenimento fece esplodere le tensioni internazionali e l'Austria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.

Il 27 Luglio 1914 - le Autorità militari austriache, per far fronte al trasporto di truppe e merci, requisirono molte imbarcazioni tra cui il piroscafo passeggeri BARON GAUTSCH.

 

Il 9 Agosto 1914 - Il BARON GAUTSCH, dopo un breve periodo di navigazione militarizzata, ricevette l’ordine di riprendere i suoi viaggi di linea regolari in Adriatico, ma con equipaggio civile.

 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH ormeggiato al Molo San Carlo di Trieste

 

 

Il "Baron Gautsch" era una delle navi passeggeri più moderne del Lloyd Austriaco, con il suo scafo in acciaio.

  • Varata nel 1908 nel cantiere Gourlay Brothers & Company di Dundee in Scozia

  • lunghezza 84,55 m.

  • larghezza 11,6 m.

  • altezza 7,5 m.

  • stazza lorda  2069 tonnellate

  • stazza netta (861)

  • quattro caldaie a tre forni per ognuna

  • equipaggio 64 membri

  • trecento passeggeri

Era dedicato al barone Paolo de Gautsch de Frankerrthurm, presidente del governo e del CONSIGLIO IMPERIALE del Parlamento di Vienna alla fine del XIX secolo.

 

 

IL DRAMMA

Come accennato sopra, terminata la sua breve attività come nave militarizzata austriaca, il piroscafo Baron Gautsch sbarcò il comandante della Marina Militare Austriaca e lo sostituì con il comandante triestino Paolo Winter della Marina Mercantile per riprendere la sua abituale attività come nave passeggeri di linea scalando i porti: Trieste, Pola, Lussinpiccolo/Lussingrande, Zara, Spalato, Lesina, Gravosa, Castelnuovo e Cattaro.

 

Una bella immagine satellitare delle riparatissime Bocche di Cattaro

 

Le Bocche di Cattaro, sono costituite da ampi valloni fra loro collegati che si inseriscono profondamente nell'entroterra come fiordi. Prendono il nome dalla città di Cattaro.

Caratterizzate da profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, le bocche di Cattaro costituiscono uno dei migliori porti naturali del Mar Mediterraneo. Grazie a questa caratteristica, unitamente alla facile difendibilità, furono un importante punto strategico illirico, greco e quindi romano e bizantino. Per tre secoli la Repubblica di Venezia e poi l’Impero austro-ungarico hanno costituito una munitissima quanto inespugnata base navale militare.

 

 

Cattaro era il capoluogo dell’Albania Veneta considerata dal punto di vista strategico un punto importantissimo per il controllo dell'Adriatico e per contrastare l'espansione ottomana. 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH lasciò le Bocche di Cattaro (Montenegro) il pomeriggio del 12 Agosto 1914 ed era atteso a Trieste dopo circa 23 ore di navigazione.

Il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.

“Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva verso la zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme, ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto”.

 

 

 

Rovigno

 

Giunto a 9 miglia al largo di Rovigno (Istria) il comandante Paolo Winter, evidentemente ignaro dell’insidiosa presenza di campi minati austriaci sulla sua rotta, andò inesorabilmente incontro al peggiore naufragio che possa accadere: colare a picco in brevissimo tempo senza avere la minima possibilità di organizzare una, seppur improvvisata, operazione di salvataggio d’emergenza.

Tutto questo successe: Alle 15.45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini”.

I passeggeri imbarcati erano stimati intorno ai 310-350, i superstiti furono 190, i morti circa 130, ma furono rinvenuti non più di 30 corpi. I sopravvissuti furono condotti a Pola e ricoverati; il primo gruppo di naufraghi giunse in porto a Trieste la sera del 14 agosto a bordo del piroscafo “Adriana” della Società Istria-Trieste.

Col senno di poi, qualcuno avrà certamente ipotizzato che sarebbe stato più prudente affiancare i due Comandanti (militare e civile) per alcuni viaggi di addestramento e conoscenza degli ordigni posizionati in quelle acque dalla stessa Marina Austriaca.

 

Dal sito Atlante Guerra riportiamo:

L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare sé stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.

Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera. 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

Piroscafo 

BARON GAUTSCH

 

 

 

 

 

 

Il relitto del "Baron Gautsch", che fu scoperto all’inizio degli anni ’50, è giustamente considerato il più bello di tutto l’Adriatico. Si trova ad Ovest dell’arcipelago di Brioni in Croazia, a circa 6 miglia a Sud-Ovest del faro di San Giovanni in Pelago.

Lo scafo della nave è ancora in buono stato di conservazione e giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di circa 40 metri.

Sulla fiancata di sinistra del relitto c’è una grande falla circolare di circa due metri di diametro, che si trova proprio sulla linea di galleggiamento della nave, ed è il punto in cui avvenne l'urto con la mina.

Dei grandi saloni adornati in legno oggi è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perché possono crollare da un momento all’altro.

Sulla prua della nave si vedono bene il grosso argano salpa ancore a vapore e le due grandi ancore che si trovano ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.

Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, ormai non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe, che si trova a circa 28 metri di profondità.

 

 

Per gli appassionati di questa materia, si segnala il sito:

 

CROAZIA – RELITTO “BARON GAUTSCH”

http://www.marpola.it/logbook/20.%20Baron%20Gautsch.htm

 

 

Carlo GATTI

Rapallo 5 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


SANTUARIO DELLA MADONNA DI MONTE GRISA - TRIESTE

 

SANTUARIO DELLA  MADONNA DI MONTE GRISA 

TRIESTE

 

 

Nel mese di maggio, il profumo dei fiori si mescola con la brezza marina, avvolgendo Trieste e i cuori dei suoi abitanti in un'atmosfera di devozione e gratitudine. È il periodo in cui il Santuario della Madonna di Monte Grisa risplende con particolare fervore, richiamando pellegrini da ogni angolo del mondo. Ma per me, uomo di mare e figlio della Liguria, questa devozione va oltre la semplice pratica religiosa. È un legame profondo, intessuto con i ricordi dell'oceano e delle esperienze vissute tra le onde.

 

 

 

 

Come marinaio, ho imparato a confidare nel conforto di Maria in ogni pericolo, a cercare il suo sostegno quando il mare si fa burrascoso e le stelle sono il mio unico faro. Ogni viaggio, ogni nodo marinaro, è un atto di devozione, un ex voto sussurrato al vento. E così, quando mi trovo di fronte al Santuario di Monte Grisa, non vedo soltanto pietra e argento, ma il riflesso della mia fede e delle mie speranze, nel rollio ed il beccheggio nelle onde dell’Adriatico.

In questo articolo, desidero condividere con voi questo legame profondo, raccontare di Trieste, città marinara tanto cara al mio cuore, e del Santuario della Grisa che è diventato per me il rifugio sicuro nelle tempeste della vita.

 

 

 

 

Il Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina è un Santuario Mariano cattolico a nord della città di Trieste. Sorge all'altitudine di 330 metri sul monte Grisa, da cui si gode di una vista spettacolare della città e del golfo. Fu progettato dall'ingegnere Antonio Guacci su schizzo del vescovo di Trieste e Capodistria Antonio Santin: la struttura triangolare evoca la lettera M, iniziale della Vergine Maria.  Il Santuario è caratterizzato da un'imponente struttura in cemento armato, con la presenza di due chiese sovrapposte.

 

 

Tempio Nazionale a Maria Madre e Regina di Monte Grisa, con la sua mole domina la splendida città di Trieste ed il suo golfo

Il santuario fu consacrato il 22 maggio 1966

 

 

UN PO’ DI STORIA

 

Il santuario mariano di Monte Grisa, che domina il golfo di Trieste, è inconfondibile con la sua forma a M e la caratteristica struttura portante in cemento armato a triangoli che ne hanno fatto una delle più fotografate tra le chiese moderniste.

Nel 1945 l'arcivescovo di Trieste Antonio Santin fece un voto alla Madonna per la salvezza di Trieste, minacciata di distruzione dagli eventi bellici. Finita la guerra.

nel 1948 monsignor Strazzacappa propose di realizzare, con l'intervento di tutte le diocesi d'Italia, un tempio di interesse nazionale dedicato alla Madonna.

Nel 1959, papa Giovanni XXIII decise che il Tempio sarebbe stato dedicato a Maria Madre e Regina come simbolo di pace e unità tra tutti i popoli, in particolare tra entrambi i lati del confine, che dal luogo del santuario dista meno di 10 chilometri.

Da aprile a settembre di quell'anno ebbe luogo il cosiddetto "pellegrinaggio delle meraviglie": la statua della Madonna di Fatima attraversò varie città italiane e raggiunse Trieste, accolta dall'arcivescovo, il 17 settembre 1959. Due giorni dopo fu posta la prima pietra del grande tempio.

Era desiderio di tutti avere per il nuovo tempio una statua della Madonna di Fatima: a ciò provvide il vescovo di Leiria João Pereira Venâncio, il quale incaricò lo stesso scultore che aveva eseguito la statua per la capelinha di scolpirne una uguale per Trieste.

Il 22 maggio 1966 il tempio fu consacrato e iniziarono i pellegrinaggi dall'Italia e dall'estero.

Dal 2011 il Tempio può vantare la presenza di un coro che canta in stile gregoriano in seno alle cerimonie religiose: il Coro Incanto Gregoriano.  Il repertorio, oltre ai normali canti della Messa, esegue oggi delle magnifiche salmodie e litanie che il repertorio Gregoriano presenta e che, puntualmente, favoriscono la spiritualità, la devozione e la dimensione del Sacro.

 

Logo del Santuario Mariano

 

 

 

GLI ESTERNI DEL SANTUARIO

 

La facciata esterna dell’edificio mostra 3 grandi dimensioni architettoniche: la piramide ad indicare la trascendenza, la composizione dei triangoli ad indicarne la pluralità e la sua monolitica struttura ad indicarne l’unità.

Nella composizione di questi 3 grandi simboli, il Tempio anche dall’esterno, annunzia un messaggio sempre attuale: “l’unità nella pluralità si raggiunge quando si guarda in alto, dove si scorge maggiormente ciò che unisce anziché ciò che divide”.

 

 

 

 

 

 

Nel LINK sotto viene spiegata l’interessante Architettura dell’edificio con le sue SIMBOLOGIE E SPIRITUALITA’.

 

http://www.montegrisa.org/architettura-simbologia-e-spiritualita

 

Antonio Guacci

 

L’ing.  Antonio Guacci, docente dell’università di Trieste presso la facoltà di ingegneria civile, accolse l’invito del committente mons.  Antonio Santin, Vescovo di Trieste-Capodistria ad edificare un Tempio Mariano che raccogliesse la memoria di quattro eventi nazionali:

 

Il voto fatto dal presule per la salvezza di Trieste (30 apr. 1945)

Il ricordo dei soldati caduti e dispersi (1945)

Il dramma dell’Esodo Giuliano-Dalmata (1943-1956)

La consacrazione al Cuore Immacolato di Maria (13 sett. 1959)

 

Antonio Guacci elaborò un originale progetto, un “Memoriale”, su un ciglione carsico a 330 metri sul livello del mare, visibile da tutti i paesi che si affacciano sul golfo. Il triangolo nel linguaggio simbolico biblico, rappresenta la trascendenza di Dio.

Nel Nuovo Testamento, richiama la prima verità della fede, la Trinità: un solo Dio in 3 persone uguali e distinte, Padre, Figlio e Spirito Santo.

Il volume dell’edificio è di c.a. mc 40.000, con un’altezza di circa ml. 40, con la superficie dell’aula inferiore di mq 1.600 e di quella superiore di mq 1.500; dimensioni ragguardevoli per un edificio di culto, tanto da renderlo assieme alla sua ubicazione il più maestoso di Trieste.

Le pareti a vetro della chiesa superiore conferiscono all’aula trasparenza e luminosità che la rendono in continuità con il cielo, il mare e la vegetazione circostante.

Tra le tante simbologie rappresentate in questo Santuario, a noi interessa segnalarvi anche un aspetto molto particolare che rispecchia il forte legame della Trieste marinara con il culto Mariano:

La chiesa superiore assomiglia alla “coperta” di una nave, dove l’altare maggiore, indica il “ponte di comando”: il “nocchiero” Cristo unendola a Se con il suo spirito, la sospinge verso la gloria del Padre.L’altare della Madonna, invece, in fronte all’altare dell’Eucarestia ne suggerisce la “rotta” della nave: “fate quello che Egli vi dirà” (Gv.2,5).

 

 

INTERNI DEL SANTUARIO

LA CHIESA SUPERIORE

 

 

GALLERIA D’IMMAGINI

 

 

 

 

 

LA CHIESA INFERIORE

http://www.montegrisa.org/chiesa-inferiore

 

 

La chiesa inferiore, invece, con gli intrecci dei fasci luminosi, con le sue “lame” di luce e le penombre donano all’interno un’aurea di mistero che invita alla riflessione ed al silenzio.

 

 

 

 

 

 

 

DATI E DATE

 

Stato

 Italia

Regione

Friuli-Venezia Giulia

Località

Trieste

Coordinate

45°41′35.2″N13°44′57.18″E

Coordinate45°41′35.2″N 13°44′57.18″E (Mappa)

Religione

cattolica di rito romano

Titolare

Nostra Signora di Fátima

Ordine

Istituto Servi del Cuore Immacolato di Maria

Diocesi

Trieste

Consacrazione

1966

Architetto

Ing. Antonio Guacci

Stile architettonico

brutalismo

Inizio costruzione

1963

Completamento

1966

Sito web

Sito ufficiale del Santuario

 

 

Per chi ama Trieste segnalo i seguenti Link:

Trieste, breve esposizione della sua storia

https://www.trieste.com/citta/storia.html

 

 

La Risiera di San Sabba, il lager di Trieste

https://www.storicang.it/a/risiera-di-san-sabba-il-lager-di-trieste_15529

Il colle di San Giusto è il centro storico di Trieste

https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giusto_(Trieste)

 

La grande festa del mare a Trieste: storie e curiosità sulla Barcolana

https://www.triesteprima.it/social/barcolana-storia.html

 

Triestini Celebri

https://www.trieste.com/citta/celebri.html

 

 

A cura di:

Carlo GATTI

 

Rapallo, 8 Maggio 2024

 

 


GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE

 

GENOVA - QUANDO TUTTO GIRAVA INTORNO AL PALAZZO DEL PRINCIPE

 

LA FREGATA ARGO DI ANDREA DORIA

 

 

                                                                                                                                                              Foto: A Mae Zena

 

                                                                                                                                                                                             Foto: Tripadvisor

 

Navigando nella bonaccia del Porto Antico, lo sguardo attento potrebbe scorgere un'imbarcazione che evoca l'antica grandezza dei mari: la fregata "Argo" di Andrea Doria, ancorata con antica fierezza. Questo vascello è stato ricostruito con maestria, rispettando i disegni originali del Cinquecento. Le vele si ergono alte, con i vessilli verdi, segno distintivo della casata, e quelli bianchi con l'aquila araldica dei Doria. Un tendale di velluto cremisi, prezioso al tatto, completa l'immagine.

In quei tempi lontani, l'"Argo" serviva a trasportare nobili e notabili che giungevano via mare al Palazzo del Principe, regale dimora che svettava sulle onde, permettendo all'ammiraglio di dominare con lo sguardo il golfo di Genova. Oggi la situazione è ben diversa: lo scenario è dominato dalla “sopraelevata” e dalle moderne navi da crociera ormeggiate a Ponte dei Mille, come mostra la foto sotto.

 

 

                                                                                                                                                                             Foto: di Anna Armenise

 

                                                                                                                                                                                           Foto: A Mae Zena

 

Davanti al giardino meridionale, dove una statua di Nettuno rendeva omaggio al potere marittimo (pensatelo senza il porto moderno, ma in armonia diretta col mare), le galee delle aquile dei Doria attraccavano quando l'ammiraglio, sia Andrea che Giovanni Andrea, doveva imbarcarsi sulla sua Ammiraglia o sbarcarne per tornare a casa.

 

 

                                                                                                                                                              Foto: il Caffaro

LA CAPITANA

 

Ma non solo l'Argo sventola le sue vele nel Porto Antico. L'ammiraglio, infatti, aveva sempre ancorate in Darsena dodici galee pronte per la guerra, che poi divennero venti, con la Capitana, la galea più prestigiosa del suo tempo, al loro comando.

La storia racconta di un tempo in cui l'ammiraglio e l'Imperatore Carlo V concordarono l'impresa in Africa, e per tale avventura, fu necessario allestire una nuova flotta e una degna capitana. Così, sotto gli occhi dell'Imperatore, fu varata la Quadrireme, una galera maestosa, tanto sontuosa da far invidia agli antichi imperatori.

Le bandiere sventolavano, gli stemmi brillavano, e le parole latine adornavano le vele, mentre l'ammiraglio, ritratto come Nettuno, dominava con fierezza il mare.

 

 

                                                                                                                                                                                                            Foto A Mae Zena

Nel 1538, a Genova, l'arrivo dell'Imperatore Carlo V e del Papa Paolo III fu celebrato con una grandiosa parata navale, una dimostrazione di potenza che preparava il terreno per una crociata contro gli Ottomani, preludio alla vittoria di Lepanto nel 1571.

 

Così, tra storia e leggenda, le navi del Principe solcarono i mari, portando con sé il destino di imperi e regni, tra le onde del Mediterraneo.

 

 

 

IL PALAZZO DEL PRINCIPE

VISTA FRONTALE

 

                                                                                                                                                                                                                Foto: Tritaly.com

 

“Il Signor Principe facea fare una quadrireme, legno non usitato, per vedere se riuscita bene, per servirsene riuscendo molto utilmernte” raccontano i cronisti del tempo e ancora “L’Imperatore è sbarcato in la quadrireme, la quale è la più bella galera che si possa immaginare, e a popa li è preparata una cameretta ove dormirà esso et lo Infante Don Luis di Portugal”.

“La quadrireme è tale che a gran fatica non si potrebbe meglio pingersi et immaginarsi”… un altro storico… “Questo legno era con sì raro artificio et con tanta et si nuova magnificenza fabbricata, et ornato così riccamente, che pareggiava in questo genere le spese superbissime delli antichi imperatori”.

“Il Principe Andrea Doria ha fatto una galera per la cesarea Maiestà; quale dicono essere longa quindice palme et larga quatro più delle altr. Dove che nelle altre usano tre rafforzati (tre fila di rematori) per banco in questa ne usano quatro: E de qui preso il nome Quadrireme. In prora vanno tre gagliardi, che così dicono stendardi, con Bandere de damasco cremesin; longhe palmi ventitrè l’una, posti tutti in oro. In quello de mezo una stella tutta d’oro col campo pieno de razi et freze atorno, con littere che dicono, “Vias tuas Domine dimostra mihi (Signore mostrami le tue vie”.

Nelle altre dui la impressa de sua Maestà; con facelle de foco, con parole che dicono Ignis ante ipsum precedet (il fuoco lo precede).

Ne la bandiera della Gabbia qual pendeva fino al mare un Angelo molto grande con littere intorno che dicono Misit deus angelus suum ut custodiat te in omnibus viis tuis (Dio pose un suo angelo a custode delle tue vie).

Ne la bandiera de la Antena (pennone) uno Scuto, una celata (elmo), una spada con parole intorno Apprehende arma et scutum et exurge in adiutorium mihi (Afferra lo scudo e le armi e corri in mio aiuto).

Tre stendardi, dui de largheza de sette pezze, l’altro de otto longo palme vinticinque; l’altro trenta.

 

 

                                                                                                                                                        Foto: Galata Museo del Mare

La poppa della ricostruzione di una galea genovese presso il Museo Galata”

 

 

 

                                                                                                                                                        Foto: A Mae Zena

“La prua della galea”

 

Nel grande il Crucifixo con freze (frecce) d’oro senza parole. Neli altri dui le armi de sua Maestà et staranno innanzi la popa dreto le qual anderà una bandiera de damasco biancho longa vintisei palmi; in mezo una pietra de littere Arcum conteret et confriget ; arma et scuta ombure tigni (l’arco si consuma e si spezza; brucia le armi e gli scudi col fuoco), et per lo campo chiave calici et croce de sancto Andrea. Dale bande duoi altre bandiere con littere intagliate Et plus ultra con l’impressa stemma di sua Maiestà.

Poi si ferno vintiquatro bandiere de damascho con campo gialo messo in oro con le arme de sua Maiestà: con le frezi rosse ne li cantoni de argento con le impresse de la sua Maiestà.

La Camera viene tutta intaliata de lavori bellissimi de legname messi in azuro et or, et de più altri paramenti di tela d’oro e d’argento.

Le pope viene medesimamente intagliata de uno Cendale de Veluto cremisino fodrato de brocato riccio sopra riccio; et un altro di scarlato pe ogni dì.

La Ciurma vestita di seta con camise lavorate di seta. L’arteglieria che è portata da ogni parte serà molto grossa e minuta.; gli huomini che ce andaranno si pensa che saranno ben vestiti et ben armati con questa et quatordece altre galere andava in Barzellona ove se intende che serà sua Maiestà. Et sono opinioni che voglia venir in Italia un’altra volta: pur il più crede che no, et che il Principe piglierà li sette mila spagnoli che sono in ordine per questa impresa:  et l’armata de Spagna et de Portugallo et verrà in Sardegna. El signor Marchese con le altre galere et nave che son qui, imbarcarà li quatro milia italiani et sette milia Todeschi che sono in Lombardia, et andràno a napoli e de lì in Sicilia per pigliare cinque milia spagnoli che sono lì: et le galere passeranno in Sardegna”.

 

 

                                            Foto Musei di Genova - Comune di Genova

 

“L’Ammiraglio ritratto da Sebastiano del Piombo”

 

 

 

                                                                                                                                                                                                                                   Foto: Genova Today

Il quadro di Andrea Doria con il gatto Dragut

 

 

La tela, attribuita al pittore fiammingo William Key, ritrae il vecchio Andrea Doria, con il viso smunto e rugoso, una lunga barba bianca e, intorno al collo, il Toson d’Oro che gli ha donato Carlo v. 

Il principe guarda lo spettatore con due occhi straniti, nonostante il carisma che emana la sua persona. Il gatto, robusto e nel pieno delle sue forze, invece fissa il suo padrone. C’è una tensione palpabile, un forte contrasto tra i due. Doria ormai è stanco e alla fine della sua vita, mentre il gatto Dragut appare maestoso nel suo portamento e dà una sensazione di sazietà e appagamento. Sic transit gloria mundi.

 

Da GENOVATODAY

Nell'immaginario popolare, ai gatti sono concessi un po' tutti i nomi, specie quelli stravaganti. E non manca chi ha deciso di chiamare il suo felino come un temibile pirata, nonché suo acerrimo nemico: è il caso del celebre ammiraglio genovese Andrea Doria, vissuto tra il '400 e il '500.

La storia è riportata alla luce dalla tela "Ritratto di Andrea Doria con il gatto" di William Key, conservata nelle sale di Palazzo del Principe. Nel quadro si vede il nobile con il suo grosso gatto Dragut. Ma chi era Dragut, e perché venne chiamato così?

L'ammiraglio, nel 1540, diresse alcune operazioni navali volte a frenare le continue incursioni dei corsari ottomani. Sotto il suo comando, suo nipote Giannettino in particolare riuscì finalmente a catturare Dragut, luogotenente di Khayr al-Din Barbarossa, il temibile "Barbarossa" comandante della flotta ottomana. Dragut venne consegnato all'ammiraglio Andrea Doria che - vista la pericolosità dell'individuo ma anche il prestigio della cattura - lo fece incatenare ai remi della sua nave per quattro anni. Dopo 48 terribili mesi in queste condizioni, ritenutolo ormai innocuo, lo fece vendere come schiavo. Insomma, la carriera di Dragut sembrava ormai finita, invece Barbarossa si ricordò di lui e, secondo alcune fonti, pagò un ricco riscatto per riportare ai suoi servizi il suo luogotenente. Questo la dice lunga di come Dragut fosse stimato.

Sulla base di questi racconti, si dice che Andrea Doria nutrisse un certo rispetto (e forse anche dell'affetto) nei confronti di un nemico così temibile e valoroso, che non si era arreso nemmeno dopo 4 anni di prigionia. Insomma, una di quelle persone che, se non fosse appartenuta a un fronte opposto, probabilmente Doria avrebbe voluto al suo fianco. E dunque, in suo onore, chiamò Dragut il proprio gatto.

 

 

Dragut immortalato al Palazzo Ducale

 

                                                                                                                                                                                                                                           Foto: Wikipedia

 

Nelle nicchie sopra il cornicione della settecentesca facciata del Palazzo Ducale, disegnata dall’architetto Cantoni, sono presenti otto singolari sculture. Si tratta di otto statue realizzate (1777) dall’artista Giacomo Maria da Bissone che immortalano, incatenati e sottomessi alla Repubblica, otto grandi nemici di Genova. Da sinistra a destra sono lì posti ad eterna ed imperitura gloria della Superba.

 

 

                                                                                                                                                    Foto: A Mae Zena

Il pirata DRAGUT occupa la terza nicchia

 

 

 

 

Mare Nostrum Rapallo

RAPALLO: “mamma… li turchi” !

https://www.marenostrumrapallo.it/li-turchi/

 

 

RINGRAZIA

Per l’indispensabile contributo …

 

 

 

UNA VISITA CONSIGLIATA, REALE O VIRTUALE, PER CONOSCERE UN PEZZO IMPORTANTE DELLA STORIA E DELL’ARTE DELLA GENOVA RINASCIMENTALE

DORIA PAMPHILJ

 

 

Villa del Principe - Palazzo di Andrea Doria - Genova

 

 

https://www.doriapamphilj.it/genova/la-visita/

 

 

 

 

 

Mare Nostrum Rapallo segnala il libro:

2015 - DRAGUT – AMMIRAGLIO E CORSARO OTTOMANO – Emilio CARTA

 

 

RINGRAZIAMENTI:

Per le immagini pubblicate a scopo divulgativo: Palazzo del Principe Genova

  • VISITGENOA 

  • A MAE ZENA

  • TRIPADVISOR

  • ARTE E MUSEI

  • COMUNE DI GENOVA

  • GUIDA DI GENOVA

  • GENOVA TODAY

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 6 Maggio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


NAVI SENZA EQUIPAGGIO

NAVI SENZA EQUIPAGGIO

 

La prima guerra mondiale (1914-18) segnò la fine della plurisecolare navigazione commerciale a vela.

Con le invenzioni dello scienziato italiano Guglielmo Marconi (1874-1937) il mondo intero entrò nella MODERNITA'. 

A tutt’oggi (2024), gli strumenti di uso comune sono i figli e nipoti della sua rivoluzione tecnologica, anche la nascita della prima nave mercantile senza equipaggio di cui oggi ci occupiamo.

 

ESPERIMENTO DI  GUGLIELMO MARCONI DA BORDO DELL' "ELETTRA" - ACCENSIONE DELLA FACCIATA DEL PALAZZO DEL MUNICIPIO DI SIDNEY (AUSTRALIA)

 

Guglielmo Marconi ripreso all'interno della cabina-radio della nave-laboratorio Elettra nell'atto di eseguire l'esperimento

 

 

La nave-laboratorio Elettra ormeggiata  al Molo Duca degli Abruzzi nel porto di Genova

 

26 marzo 1930

Sono le 11.30 quando Guglielmo Marconi dal suo yacht-casa-laboratorio ormeggiato a Genova accende le luci del Municipio di Sidney attraverso un segnale radio. Il semplice gesto di premere un bottone diventa un’onda elettromagnetica capace di viaggiare alla velocità della luce per ventimila chilometri, incontrare un commutatore e compiere la magia.

 

Quel giorno nasceva il COMANDO DA REMOTO

 

OGGI LA STORIA MARITTIMA STA VIVENDO UNA SVOLTA EPOCALE

 

Il 4 settembre 2021, la rivista FOCUS pubblicò un articolo intitolato:  

 L’azienda norvegese: YARA MARINE TECHNOLOGIES lavora per la messa a punto della prima nave porta container “autonoma” (senza equipaggio), completamente elettrica, a emissioni zero. Si chiama:

 

“ YARA BIRKELAND

 

Quell’annuncio shock fece molto scalpore nello shipping internazionale e noi “gente di mare” lo ricordiamo per l’inquietudine e l’incredulità che tuttora ci rende incapaci di fare una sintesi razionale tra i vantaggi e gli svantaggi di una così radicale innovazione.

Oggi affrontiamo l’argomento soprattutto per prendere atto che IL FUTURO DELLA MARINERIA E’ GIA’ QUI, giunto nottetempo in sordina sull’imboccatura dei nostri porti come un atto di pirateria del 1500, e non ci rimane che confessare la nostra insufficiente preparazione nel reagire e commentare un tema rivoluzionario di grande portata storica che cambierà, nel bene e nel male, molte delle nostre certezze.

 

Quando i sogni diventano realtà!

 

Nel 2017 la Compagnia norvegese mostrò al mondo il progetto in miniatura

 

 

Oggi, 2O24 -  La YARA MARINE TECHNOLOGIES leader di questo Progetto avanzato, si dichiara PRONTA ed ha come obiettivo il trasporto delle merci via mare.

La Yara Birkeland è già operativa come “nave autonoma” ed opera tra le sponde di un fiordo: attracca e ormeggia regolarmente nel porto di Horten  (sponda occidentale del fiordo di Oslo-Norvegia.

 

La freccia rossa a sinistra indica il porto di Horten-Oslofjorden

 

 

La sua breve storia è iniziata nel 2021 compiendo il suo primo viaggio autonomo tra Herøya e Brevik (due città norvegesi), ma in futuro collegherà altri porti commerciali col suo carico di fertilizzanti, destinati in futuro ai mercati asiatici.

 

MASSIMO CONTROLLO 

Senza equipaggio, la sua navigazione è affidata a tre centri di controllo a terra. Nella prima fase del progetto, la movimentazione del carico è affidata ai portuali, ma secondo Jon Sletten, direttore dello stabilimento Yara di Porsgrunn, l'obiettivo è di rendere totalmente autonome tutte le tradizionali ed ormai “superate” operazioni commerciali.

La Yara Birkeland, lunga 80 metri e larga 15, potrà viaggiare a una velocità di 13 nodi (circa 24 chilometri l'ora) e sarà in grado di trasportare 60 container a pieno carico.

 

 

 

La nave “Yara Birkeland” in navigazione nella rada di un fiordo norvegese. Il ponte di comando è ancora al suo posto, ma nella foto successiva appare senza ponte di Comando, che risulta sbarcato insieme al suo equipaggio…

 

 

Le funzioni di automazione, compresi l'autocrossing e l'autodocking, saranno implementate nel 2027, mentre dal 2028 anche i traghetti locali saranno operativi al 100% in navigazione autonoma tramite controllo da remoto e senza equipaggio.

14 mar 2024

 

IL QUADRO GENERALE

 

Come abbiamo già annunciato, l'innovazione nel settore marittimo ha raggiunto nuove vette con l'avvento delle navi autonome, come la "Yara Birkeland", che promettono emissioni zero e maggiore efficienza operativa. Tuttavia, dietro questa svolta epocale si celano sfide importanti.

 

Vantaggi - Riduzione dell'errore umano

La “tecnologia autonoma” può ridurre significativamente il rischio di incidenti dovuti a errori umani migliorando così la sicurezza in navigazione e nelle operazioni portuali.

Inoltre, le navi autonome possono essere programmate per ottimizzare le rotte e ridurre i tempi di transito, portando a una maggiore efficienza nel trasporto marittimo.

Grazie alla propulsione elettrica e alla mancanza di emissioni dirette, le navi autonome contribuiscono alla lotta contro il cambiamento climatico e all'inquinamento atmosferico.

 

Sfide da affrontare - Adattamento infrastrutturale

I porti devono essere adeguati per poter gestire le esigenze delle navi autonome che potrebbero richiedere infrastrutture specializzate per la ricarica e la manutenzione programmata periodica ed anche eccezionale.

L'introduzione delle navi autonome potrebbe portare ad una riduzione della domanda di lavoro per i marittimi tradizionali, sollevando preoccupazioni riguardo alla sicurezza del lavoro e alla perdita di competenze.

Anche se le navi autonome promettono di ridurre l'errore umano, è necessario garantire che i sistemi di controllo e le procedure di emergenza siano robusti per prevenire incidenti inaspettati.

 È fondamentale affrontare le questioni legate alla sicurezza e all'occupazione in modo proattivo, investendo nella formazione professionale e nell'adattamento delle infrastrutture portuali. Inoltre, è importante riconoscere che l'innovazione tecnologica è inevitabile e può portare a benefici significativi se gestita con saggezza e lungimiranza.

 

Conclusione:

Il futuro della navigazione marittima è in rapida evoluzione, guidato dall'innovazione tecnologica e dalla ricerca di soluzioni sostenibili. Mentre le navi autonome sollevano domande e sfide, è essenziale affrontare queste sfide con determinazione e apertura mentale, lavorando verso un futuro in cui la navigazione sia più sicura, efficiente ed ecologica per le generazioni a venire.

 

Riflessioni personali:

Il comando da remoto ha acquisito oltre un secolo di esperienza in tutti i campi civili e militari, ma ritengo che sarà piuttosto difficile sostituire l'esperienza marinara maturata in almeno tre millenni da milioni di marinai.

Come affrontare la gestione di queste navi sempre più lunghe, in spazi ristretti, con carichi pericolosi? Occorrerà dedicare molta “esercitazione” da parte dei Sistemi di Controllo a terra in “remote”! Non ho alcun dubbio sul fatto che i gestori di queste operazioni navali siano scelti tra i più bravi professionisti del mare!

Personalmente non sono in grado di fare previsioni realistiche perché mi sento tuttora ancorato a quell’esperienza storico-marinara che non può essere facilmente sostituita dalla tecnologia tout court. Anche con l'avvento delle navi autonome e dei sistemi di controllo remoto, ci sono situazioni in cui l'istinto e l'esperienza umana giocano un ruolo insostituibile, soprattutto in condizioni complesse in cui i Comandanti di navi devono decidere come e quando scappare da un pericoloso ciclone, oppure come affrontare falle, vie d’acqua, riparazioni d’urgenza in emergenza (situazioni-limite).

Tuttavia, so quanto la Norvegia, che vanta antichissimi primati di marineria, sia in grado di ottimizzare e risolvere qualsiasi situazione, siano esse di routine sia emergenziali. Altre numerose nazioni altamente “marinare” tra cui l’Italia, daranno un contributo significativo alla soluzione di queste tematiche di ultima generazione.

 

 

Tentiamo una sintesi:

 

Conoscenza locale: I marinai con esperienza hanno una comprensione approfondita delle condizioni locali, come correnti, marea e condizioni atmosferiche specifiche della regione in cui operano. Questa conoscenza è cruciale per navigare in modo sicuro e efficiente,

Capacità decisionale: Gli equipaggi con esperienza sono in grado di prendere decisioni rapide e informate in situazioni di emergenza o inaspettate, basandosi sulla loro conoscenza pratica e sul loro istinto.

Abilità di gestione del rischio: I marinai esperti sono addestrati a gestire situazioni ad alto rischio, come il trasporto di carichi pericolosi, minimizzando il rischio di incidenti e danni.

 

Il nostro auspicio - Integrazione con la tecnologia

 

L'introduzione di navi autonome e tecnologie avanzate nel settore marittimo è inevitabile, ma è importante riconoscere il valore insostituibile dell'esperienza marinara accumulata nel corso dei secoli. Affrontare sfide complesse come la gestione di navi molto lunghe in spazi ristretti richiederà molto tempo ed una combinazione di buon senso, esperienza pratica e tecnologia avanzata. L'obiettivo dovrebbe essere quello di integrare in modo efficace queste risorse per garantire la sicurezza e l'efficienza delle operazioni marittime anche in futuro.

È fondamentale investire nella formazione e nell'addestramento degli equipaggi per comprendere e utilizzare efficacemente la tecnologia a loro disposizione. La sinergia tra l'esperienza umana e la tecnologia può massimizzare l'efficacia e la sicurezza delle operazioni marittime.

Il nostro auspicio impone, tuttavia, una domanda cruciale:

I sistemi di assistenza avanzati possono fornire dati e suggerimenti utili, ma la decisione finale dovrebbe ancora essere presa dall'equipaggio con esperienza?

A breve avremo l’ardua sentenza!

 

 

VI PROPONIAMO ALCUNI LINK DI GRANDE INTERESSE:

 

Ammiraglio Giardino: “La nave autonoma arriverà presto e sarà sicura”

https://www.youtube.com/watch?v=Q6KbTryCGVs

 

Navi senza equipaggio, nel porto di Livorno si sperimentano le manovre digitali.

In corso il progetto 5G Mass, targato Cnit-Guardia costiera. Dall’AI il sogno di abbattere fino al 90% degli errori umani.

https://www.ilsole24ore.com/art/navi-senza-equipaggio-porto-livorno-si-sperimentano-manovre-digitali-AFA5PX9C?refresh_ce=1

 

“Le navi senza equipaggio? Un futuro molto vicino”

https://www.lastampa.it/economia/2017/12/15/news/le-navi-senza-equipaggio-un-futuro-molto-vicino-1.34083569/

 

Navi senza equipaggio: dal 2028 si punta ad avere un codice di regolamentazione internazionale

https://www.shippingitaly.it/2022/05/06/navi-senza-equipaggio-dal-2028-si-punta-ad-avere-un-codice-di-regolamentazione-internazionale/

 

Le navi a guida autonoma prendono il largo: prospettive e rischi da mitigare

https://www.agendadigitale.eu/sicurezza/le-navi-a-guida-autonoma-prendono-il-largo-prospettive-e-rischi-da-mitigare/

 

 

 

 

 Carlo GATTI

 

Rapallo, 1 Maggio 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


1833 – IL PIROSCAFO A PALE FRANCESCO I FU LA PRIMA NAVE DA CROCIERA DELLA STORIA NAVALE

 

1833 – IL PIROSCAFO A PALE FRANCESCO I FU LA PRIMA NAVE DA CROCIERA DELLA STORIA NAVALE

 

 

La storia della prima nave da crociera nel mondo, il Francesco I,  è un capitolo affascinante e spesso trascurato nella storia marittima. Questa nave non solo ha segnato un primato nell'ambito delle crociere, ma ha anche rappresentato un punto di svolta nel settore turistico passeggeri e ha contribuito all'ascesa della marineria napoletana nel panorama mondiale.

 

 

L’ANTEFATTO STORICO

 

 Regnavano i Borbone - La Dinastia dei Primati

 

L'introduzione della navigazione a vapore nel Regno delle Due Sicilie, attribuisce il merito al re Ferdinando I di Borbone e all'aristocrazia napoletana, che hanno sostenuto le proposte del capitano marittimo francese Pietro Andriel il quale, ispirato da Roberto Fulton e il suo battello fluviale Vermont, ottenne il monopolio della navigazione a vapore nel regno nel 1817.

Una compagnia, fondata con il supporto finanziario dell'aristocrazia e del mondo economico di Napoli, commissionò la costruzione della prima nave a vapore, chiamata Ferdinando I. Questa nave, costruita nel 1818, venne dotata di un innovativo apparato di propulsione e svolse un ruolo pionieristico nella storia della navigazione a vapore.

Il viaggio inaugurale della nave, diretto a Genova e Marsiglia, suscitò un grande interesse dimostrando l'efficacia della tecnologia a vapore. Nonostante alcuni problemi tecnici durante il viaggio, la nave ottenne successo e ha attirò l'attenzione dei commercianti e degli armatori locali.

Giornalisti presenti durante il viaggio inaugurale descrissero la nave in dettaglio, evidenziando le sue caratteristiche e le sue prestazioni positive. Il successo della Ferdinando I portò ad ulteriori viaggi e alla sua accoglienza positiva nei porti di Genova e Marsiglia.

In questa prima fase di viaggi sperimentali verso i maggiori scali del Nord, la nave dei “primati” evidenziò il ruolo chiave giocato dal re e dall'aristocrazia napoletana.

 

 

L’INIZIO DI UNA BELLA AVVENTURA

 

 

La Francesco I fu una nave da crociera innovativa e di lusso, costruita per offrire comfort e servizi di prima classe ai suoi passeggeri. Era considerata all'avanguardia per il suo tempo, dotata di strutture e servizi che la rendevano unica nel suo genere.

La nave era stata progettata per offrire un'esperienza di viaggio eccezionale, con cabine lussuose, spazi pubblici eleganti e una vasta gamma di servizi a bordo. Nella seconda fase, le sue rotte erano attentamente pianificate per includere destinazioni esotiche e affascinanti, consentendo ai passeggeri di esplorare nuove culture e paesaggi senza rinunciare al comfort e al lusso.

La crociera inaugurale del Francesco I verso i porti della Grecia e Turchia fu un successo straordinario. Non solo offrì agli aristocratici del tempo un lusso e un comfort senza precedenti, ma anche un'esperienza culturale unica. Questa crociera rappresentava l'incontro tra le élite aristocratiche di diverse nazioni, sottolineando l'importanza della navigazione non solo come mezzo di trasporto, ma anche come mezzo di scambio culturale e sociale. Sulla FRANCESCO I si imbarcarono infatti: nobili, autorità, principi reali provenienti da tutta Europa e in poco più di tre mesi la nave scalò molte città storiche: Taormina, Catania, Siracusa, Malta, Corfù, Patrasso, Delfo, Zante, Atene, Smirne, e Costantinopoli, allietando i passeggeri con escursioni e visite guidate, balli, tavolini da gioco sul ponte e feste a bordo.

 

 

 

Il Regno dei Borbone in Italia è noto principalmente come il Regno delle Due Sicilie che comprendeva il sud della penisola italiana e l'isola di Sicilia. Questo regno è stato governato dalla dinastia dei Borbone dal 1734 fino all'Unità d'Italia nel 1861. Quindi, il periodo di dominio borbonico in Italia durò circa 127 anni.

Il Francesco I fu una delle tantissime iniziative dei Borbone di Napoli, una famiglia che ha lasciato un'impronta indelebile sulla storia non solo della regione ma anche dell'Italia nel suo complesso. Nel periodo in cui il questa nave divenuta “famosa” operava, la Marina napoletana era in cima alle classifiche in tanti settori economici e industriali legati al mondo marittimo beneficiando dell'importante posizione geografica della città di Napoli e della sua lunga tradizione marittima.

Il vapore Francesco I e la prosperità associata al periodo dei Borbone di Napoli sono ricordati con nostalgia da molti, ma c'è anche un lato controverso nella loro storia. Alcuni ritengono che l'Unità d'Italia abbia danneggiato il sud, incluso Napoli, mentre la regione stava vivendo un periodo di prosperità.

L'Unità d'Italia, avvenuta nel 1861, portò con sé una serie di cambiamenti politici, sociali ed economici che influenzarono diverse regioni in modo diverso.

Mentre alcune aree del Nord dell'Italia prosperarono grazie all'industrializzazione e allo sviluppo, il sud, compresa Napoli, ebbe difficoltà ad adeguarsi a questi cambiamenti. L'abolizione del Regno delle Due Sicilie e l'integrazione nel Regno d'Italia portarono con sé sfide economiche e sociali per il Sud, inclusi problemi legati alla gestione delle risorse e alla redistribuzione della ricchezza.

 

 

Francesco I delle Due Sicilie (1777-1830)

 

Francesco I di Borbone fu re del Regno delle Due Sicilie dal 1825 fino alla morte. Dal 1812 al 1814 fu reggente del Regno di Sicilia e dal 1815 fino al 1820 fu luogotenente del re nell'isola.

 

 

Ferdinando II delle Due Sicilie (1810-1859)

 

Ferdinando II di Borbone è stato re del Regno delle Due Sicilie dal 1830 fino alla sua morte. Successe al padre Francesco I in giovane età e fu autore di un radicale processo di risanamento delle finanze del Regno.

Lo slancio innovativo che portò il Regno delle Due Sicilie all'ammirazione del mondo fu il risultato di diversi fattori combinati:

Il Regno delle Due Sicilie occupava una posizione strategica nel Mediterraneo, con importanti porti marittimi come Napoli, Palermo e Messina che favorivano il commercio e lo sviluppo marittimo, consentendo al regno di diventare un importante centro di scambi commerciali e culturali.

I sovrani borbonici del Regno delle Due Sicilie, in particolare Ferdinando II e suo figlio Francesco II, promossero politiche di modernizzazione e sviluppo. Investirono in infrastrutture, come strade, ferrovie e porti, per favorire il commercio e lo sviluppo economico. Inoltre, promossero l'istruzione e la cultura attirando artisti, scrittori e musicisti da tutta Europa. Questo contribuì alla reputazione del regno come luogo di raffinatezza e cultura contribuendo a creare un ambiente favorevole all'innovazione e al progresso.

Il Regno delle Due Sicilie conobbe una certa crescita economica durante il XIX secolo, influenzata dalla rivoluzione industriale in corso in Europa. Sebbene il regno non fosse al passo con le potenze industrializzate del Nord Europa, conobbe comunque un certo sviluppo industriale, specialmente nel settore tessile e siderurgico

Sarete sorpresi nel leggere (nel LINK sotto) l’elenco molto corposo dei PRIMATI del Regno Di Napoli e delle Due Sicilie:

https://realcasadiborbone.it/alcuni-primati-del-regno-di-napoli-e-delle-due-sicilie/

 

 

Purtroppo le immagini della nave Francesco I sono soltanto “rappresentazioni pittoriche”, semplicemente perché la fotografia più antica nacque nel 1826 in Francia e cominciò a diffondersi rapidamente dopo il 1840. Il piroscafo fu costruito nei cantieri navali di Castellamare di Stabia nel 1831.

 

L'esempio del Francesco I non tardò a suscitare l'interesse di altri Paesi marittimi, che cominciarono a investire nel settore delle crociere passeggeri. Questo settore aumentò notevolmente nel corso dei decenni e diventò un pilastro dell'industria turistica mondiale, con milioni di persone che partecipano a crociere ogni anno.

 

Per concludere, mentre il piroscafo Francesco I rimane un simbolo significativo del Regno Borbonico delle due Sicilie e dei suoi successi marittimi, è importante mantenere una prospettiva storica equilibrata. L'obiettivo della nostra Associazione Marinara è quello di promuovere la conoscenza e l'apprezzamento della storia marittima senza prendere posizioni politiche.

A tal fine, desidero condividere alcune riflessioni del rinomato storico Alessandro Barbero, il cui approccio analitico e documentato fornisce una prospettiva ricca di dati storici e statistiche scientifiche.

Secondo Barbero, non possiamo ignorare gli errori commessi dai Borbone durante il loro regno. Attraverso un'analisi basata su dati numerici e fonti documentate, Barbero offre una visione critica che contribuisce a comprendere appieno il contesto storico in cui operava il Regno delle due Sicilie. Questa chiarezza è fondamentale per una discussione obiettiva e informativa sulla storia marittima e politica del periodo.

Mentre le opinioni possono divergere sul ruolo e sull'importanza dei Borbone, l'inclusione delle analisi di studiosi come Alessandro Barbero ci permette di approfondire la nostra comprensione della storia senza essere influenzati da pregiudizi politici.

In definitiva, ciò che emerge è un quadro complesso e sfaccettato che invita alla riflessione critica e all'apprezzamento delle molteplici sfaccettature della storia marittima del Regno delle due Sicilie e del suo impatto duraturo sulla cultura e sull'eredità marittima italiana e non solo.

 

Alessandro barbero prende le distanze dal Neo-borbonismo…

https://www.youtube.com/watch?v=T6esgHd0R5w

 

 

 

Fonti:

I siti consultati


ExPartibus

https://www.expartibus.it/francesco-i-la-prima-nave-da-crociera/

Napoli in progress

https://napoliinprogress.wixsite.com/napoliinprogress/single-post/2017/03/15/la-francesco-i-la-prima-nave-da-crociera-al-mondo-nel-1831

 

https://realcasadiborbone.it/un-po-di-storia-piroscafo-francesco-i-primato-borbonico/

Voce di Napoli

https://www.vocedinapoli.it/2017/08/29/la-francesco-fu-la-nave-crociera-europa/

ALTA TERRA DI LAVORO

https://www.altaterradilavoro.com/la-francesco-i-la-prima-nave-da-crociera-al-mondo/?doing_wp_cron=1711094191.9904980659484863281250

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 15 Aprile 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


IL FARO DI SAN VINCENZO - Portogallo

FARO DI SAN VINCENZO

 

Latitudine: 37° 01' 30" Nord

Longitudine: 08° 59' 40" Ovest

 

Cabo de São Vicente: il Faro che guarda la “fine della terra”

 

 

Si trova sul promontorio più occidentale del continente europeo, il faro di Cabo de São Vicente è posizionato su una scogliera ripida all’estremità sud-occidentale del Portogallo, finis terrae che sfida la potenza dell’Oceano. Il faro  di Cabo de São Vicente è di medie dimensioni, alto 24 metri è poggiato su una scogliera di 75 mt. 

Risale al 1846, quando venne costruito per volere della Regina Maria II di Braganza dove un tempo c’era un convento francescano che era pure impegnato come “Servizio Postale” per i velieri di passaggio. Un capitolo di amore e solidarietà che i marinai di tutto il mondo raccontano alle nuove generazioni per non dimenticare!

 

 

Le lenti Fresnel, sono il cuore del Faro che si affaccia sullo sconfinato Oceano Atlantico.

 

 

Il meccanismo di illuminazione originario era alimentato ad olio, mentre l’attuale – che monta due lampade da 1.000 Watt e può essere visto fino a 60 chilometri di distanza (ovviamente dipende dalla visibilità, dall’assenza di nebbie e foschie, ecc.) utilizza l’elettricità. E’ considerato uno dei fari strategici per la navigazione, tra i più grandi del mondo.

Il promontorio dove sorge il faro, prima ancora di essere dedicato a San Vincenzo da Saragozza, patrono dei marinai il cui corpo martoriato, secondo la leggenda, si sarebbe arenato nei pressi del capo, era già conosciuto dall’antichità e ne parla il geografo greco Strabone che lo chiamò Ofiussa (luogo dei serpenti).

 

 

Non solo Geografia! Capo San Vincenzo rappresenta anche tanta Storia

Al largo di questo capo sono state combattute, nel corso dei secoli, numerose battaglie navali. 

 

 

 

 

I Fari del PORTOGALLO

 

 

 

ALCUNE IMMAGINI DEL

 

Cabo de São Vicente

 

 

 

 

 

RICORDI …

Navigare per anni attraverso l'oceano, dalla vastità delle Americhe alla vecchia Europa, non era solo un viaggio fisico, ma un'esperienza che scavava nel profondo dell'anima marinara di ognuno di noi.

L’attraversamento dell'Atlantico rappresentava sempre una sfida, una battaglia contro il tempo e gli elementi.

I ricordi si accavallano, ma ogni volta, l'attesa di vedere la “scopa” di luce notturna del faro di Cabo de São Vicente (Portogallo) che falciava il cielo, mi avvolgeva in un'atmosfera di profonda emozione.

Non c'erano comfort moderni o tecnologie avanzate a bordo, solo il duro lavoro dei marinai e la costante vigilanza per navigare nelle acque insidiose dell'Atlantico. Le notti erano lunghe e solitarie, con il suono cupo delle onde che battevano contro lo scafo della nave come un'eterna canzone di sfida: un Deguellio sull’oceano!

Cabo de São Vicente era l’unico segno certo di vita sulla terraferma dopo lunghi giorni di navigazione tra cielo e mare. Una vera forza nel buio nero dell'oceano che annunciava il mio abbraccio con la vecchia Europa, con la mia terra amata.

Un misto di felicità per il ritorno imminente ma anche di malinconia per il tempo perduto lontano dalla famiglia.

La vista del faro, con la sua luce intermittente tagliare l'oscurità, significava sopravvivenza, un'altra vittoria contro la natura selvaggia dell'oceano.

Eppure, non c'era tempo per festeggiare o per lasciarsi andare alla nostalgia della terra lontana. La vita di bordo richiedeva concentrazione e determinazione, con il pensiero della famiglia e del mio golfo ridossato e relegato a un secondo piano di fronte alla necessità di sopravvivere e completare la traversata.

L'avvistamento del Faro di Cabo de São Vicente non era solo un segno di avvicinamento alla terraferma, ma anche un momento di tensione e adrenalina per il traffico navale in entrata e in uscita dallo STRETTO DI GIBILTERRA.

 

 

Traffico Navale - Stretto di Gibilterra

 

 

Le correnti oceaniche e le tempeste imprevedibili rendevano ogni avvicinamento al faro un'impresa rischiosa, con l'equipaggio in allerta per affrontare le insidie sempre in agguato di rotte navali incrociate, vorticose e omnidirezionali.

 

 

Gibilterra Il moderno monumento simbolico delle Colonne dErcole al Cancello degli Ebrei.

 

 

 

 

CONTE DI SAVOIA – Passaggio dello Stretto di Gibilterra

 

Gibilterra era considerata, dagli antichi greci e romani, uno dei punti che delimitavano la terra conosciuta. Il mito vuole che sia stato il semidio Ercole a porre due Colonne ai lati dello Stretto di Gibilterra, tra i promontori di Calpe, ovvero la Spagna, e di Abila, l’Africa. Questo è il motivo per cui ancora oggi, simbolicamente, lo stretto è noto anche come Colonne d’Ercole.

 

Sul finale della traversata, le miglia nautiche scorrevano più veloci e il vecchio Continente, con le sue mitiche Colonne d’Ercole, era pronto ad accogliere la nostra nave tra le sue braccia. E così, mentre la luce del faro ci guidava verso casa, il mare continuava a suonare la sua musica, il suo Deguellio di ricordi e segreti di ogni viaggio. E io, nel cuore di quel mare infinito, mi sentivo a casa e straniero, avvolto nel dolce abbraccio della nostalgia e della speranza.

Tra poco saremmo entrati nel MARE NOSTRUM e già sentivo il profumo di casa immaginando le nostre famiglie trepidanti sulla banchina del porto di Genova dopo lunghi mesi d’attesa.

Quando infine la nave attraccava e l'equipaggio poteva mettere piede sulla terraferma, non c'era spazio per la malinconia o la contemplazione poetica. Era solo il momento di scaricare le merci, affrontare le formalità portuali e prepararsi per il prossimo viaggio, con l'oceano sempre in attesa di reclamare chiunque osasse sfidarne le profondità implacabili.

 

 

I POSTINI DEL MARE

 

https://www.marenostrumrapallo.it/post/

di Carlo GATTI e Nunzio Catena

 

 

ALCUNE NOTE TECNICHE SUL MISTERIOSO SERVIZIO DEL FARO

 

 

PORTATA GEOGRAFICA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.

 

 

 

 

PORTATA LUMINOSA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.

Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione della trasparenza atmosferica.

 

 

 

Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo “scintillio della “scopa” del faro sul riverbero dell’acqua si manifesta a notevole distanza nelle ore notturne.

Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.

Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.

Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA di Genova felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?

Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.

 

 

 

IL FARO VISTO DA …

 

Non riesco a pensare a nessun altro edificio costruito dall’uomo che sia altruistico quanto un faro. Sono stati costruiti solo per servire.

(George Bernard Shaw)

Fare il guardiano è un dovere, una responsabilità. Bisogna essere predisposti. Le difficoltà sono moltissime, i gabbiani, i topi, l’isolamento, in cui trascini anche la famiglia. Con mia moglie e le mie tre figlie abbiamo passato anni interi vedendo pochissima gente. Ma almeno io la solitudine non la sentivo. A volte mi incanto pensando a quanti miliardi di occhi mi hanno visto senza che io li vedessi.

(Ex guardiano del faro di Lampione, al largo di Lampedusa)

Molti sostengono che il faro più bello del mondo sia quello di Bell Rock, piantato su uno scoglio del Mare del Nord, a 11 miglia dalla costa. Lo scoglio si chiama Bell proprio perché nel 1300 c’era una campana a segnalare la secca, ma dopo appena un anno se la prese un pirata olandese. Ogni inverno almeno sette navi scomparivano nella zona e una tempesta ne affondò 70 tutte assieme. Fu però la perdita nel 1804 della HMS York, un vascello di terza classe da 74 cannoni, a fare decidere il Parlamento a rispolverare una vecchia, impossibile idea dell’ingegnere scozzese Robert Stevenson, nonno dello scrittore Robert Louis:

Un-faro-in-mezzo-al-mare.

 

(La Stampa 2008)

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, mercoledì 27 Marzo 2024

 

 

 

 

 

 

 

 


OROMARE - TUTTI I SERVIZI DELLA SOCIETA' OROMARE DI GENOVA - PARTE SECONDA

 

OROMARE

 

PARTE SECONDA

 

 

TUTTI I SERVIZI DELLA SOCIETA’ OROMARE DI GENOVA

 

 

Molo Giano - Genova

Sede Ufficio Operativo

 

Direttore Generale

Michele ORONTI

 

Il porto di Genova si estende per circa 20 chilometri, offrendo infrastrutture per accogliere una vasta gamma di navi, dalle navi passeggeri alle petroliere, dai container alle imbarcazioni turistiche.

Mentre le grandi navi attraggono l'attenzione dei visitatori con la loro imponenza, c'è un mondo di attività meno conosciute che avvengono sottobordo. Tra queste, troviamo le barche da lavoro, silenziosamente impegnate nelle loro mansioni di supporto vitale per il funzionamento del porto.

Da chiatte a rimorchio a pontoni specializzati, queste imbarcazioni svolgono una miriade di compiti fondamentali. Sono le ancelle premurose delle navi, pronte a intervenire per riparazioni, trasbordi di carichi speciali, pulizia e manutenzione della carena. Spesso trascurate dall'occhio del visitatore, queste barche da lavoro svolgono un ruolo cruciale nell'ecosistema portuale.

In questo articolo, ci addentreremo nel mondo affascinante e poco noto dei servizi tecnici ed ecologici offerti dalle barche da lavoro nel porto di Genova. Esploreremo come l'industria marittima sia in continua evoluzione per soddisfare le esigenze del commercio moderno e affrontare le crescenti preoccupazioni ambientali. Dall'implementazione di pratiche sostenibili alla gestione delle attività offshore, scopriremo come il porto di Genova si adatti ai cambiamenti del tempo.

Questo viaggio ci permetterà di apprezzare non solo la vasta gamma di attività supportate dal porto, ma anche il ruolo cruciale degli imprenditori locali nell'innovazione e nel miglioramento di questo vitale snodo commerciale.

 Dopo anni di lavoro nel porto di Genova, ho avuto il privilegio di scoprire la funzione strategica di un Armatore silenzioso, che con la sua Società si è affermato come uno dei pilastri centrali che sostengono le operazioni navali presso la "Superba".

Questa rivelazione ha accentuato ancora una volta la straordinaria capacità degli imprenditori liguri di affrontare sfide e intraprendere iniziative nell'ambito marittimo, soddisfacendo ogni esigenza delle navi che fanno scalo presso questo porto iconico.

Benvenuti a questa intervista dedicata al mondo dell'imprenditoria marittima, dove esploreremo il ruolo fondamentale di un nostro concittadino di Rapallo nel cuore del porto di Genova. Scopriremo come il tessuto industriale della regione sia intimamente intrecciato con le attività portuali che alimentano uno dei più grandi porti del Mediterraneo.

Senza ulteriori indugi, vi invito a esplorare insieme il mondo affascinante e vitale dell'imprenditoria marittima attraverso gli occhi e le esperienze del nostro interlocutore: Presidente Michele ORONTI al quale poniamo soltanto alcune parole-chiave.

    

Qual è il Profilo Aziendale della sua attività nel Porto di Genova?

Sin dalla sua fondazione Oromare ha concentrato esperienza e professionalità in un settore specifico, garantendo un valido supporto logistico ai cantieri navali ed ai terminal portuali, grazie al trasporto merci, attrezzature e materiali; collaborando con enti di primaria importanza, sia pubblici che privati; la tipologia e la consistenza dei servizi effettuati hanno portato la Società ad essere considerata un valido referente in termini di consulenza, di trasporto e di noleggio nel settore di specializzazione. 

In ambito portuale la Oromare opera principalmente in tutto il territorio di Genova, per conto di Organismi Nazionali e Società di Gestione, realizzando servizi che vanno dai trasporti di carichi eccezionali agli imbarchi/sbarchi per sollevamento di carichi sino a 200 tonnellate, dal noleggio di distanziatori e scalandroni al trasporto di acqua dolce, dal ritiro e smaltimento acque nere/grigie al ritiro e smaltimento di rifiuti, dai disinquinamenti e bonifiche di specchi acquei ai lavori di marineria.

Servizi considerevoli sono stati realizzati sia in ambito nazionale che internazionale per grandi gruppi come Saipem S.p.A., Impresa Pietro Cidonio S.p.A., Grandi Lavori Fincosit S.p.A., Fincantieri S.p.A., Navalmare S.r.l., Fagioli S.p.A., Officine San Giorgio del Porto  S.p.A., T. Mariotti S.p.A., Società Italiana per Condotte d’Acqua S.p.A., Terminal Sech S.p.A., Marina Militare Italiana e diversi Broker marittimi.

 

 

Quale è La Mission quotidiana?

Ogni giorno siamo impegnati nella nostra MISSION che è quella di fornire ai nostri clienti i migliori servizi di trasporto, rimorchio e sollevamento in termini di flessibilità, puntualità, costo e affidabilità, con la precisione e la qualità che ci contraddistinguono.

Passione, coraggio e rispetto sono i valori distintivi dell'azienda.

La cura in ogni dettaglio e l'attenzione nel seguire ogni esigenza del cliente sono per noi azioni imprescindibili per qualsiasi tipo di servizio offerto e tutti i nostri sforzi sono tesi a raggiungere questo risultato.

Crediamo quindi necessario esprimere la vision, la mission e i valori aziendali, così da far capire ai membri che compongono l'azienda, ai collaboratori e ai clienti dove vogliamo arrivare e i nostri futuri obiettivi.

Costantemente ci rapportiamo con tutti i nostri collaboratori affinché comprendano e condividano la visione ed il desiderio che abbiamo nell’eliminare ogni genere di problema per i Clienti.

 

Quali sono i principali sistemi di gestione integrata adottati da Oromare S.p.A. e quali standard internazionali seguono?

 

Come Politica Aziendale, Oromare da anni mantiene un sistema di gestione integrata Qualità/Ambiente/Sicurezza secondo le norme UNI EN ISO 9001, UNI EN ISO 14001, UNI ISO 45001.

I requisiti del sistema ci permettono di mantenere il passo dell’evoluzione del mercato e, nello stesso tempo, ci consentono di operare efficacemente nel rispetto dell’ambiente e alla sicurezza sul lavoro.

Il crescente coinvolgimento degli operatori e il costante impegno dell’Organizzazione sui temi ambientali e di sicurezza, nonché un netto miglioramento organizzativo sono stati i principali risultati diretti conseguiti attraverso il mantenimento del Sistema di Gestione Integrato SQA.

A tale proposito vogliamo sottolineare l’impegno che dedichiamo e lo sforzo finanziario che affrontiamo tutti gli anni per mantenere armati ed in ottime condizioni tutti i nostri mezzi. Ogni prescrizione, modifica tecnica e sostituzione di elementi relativi le strutture della flotta, richiesta dall'Ente di Classifica (R.I.N.A.), viene osservata scrupolosamente.

Apportiamo sempre migliorie strutturali, peraltro non prescritte dall'Ente di Classifica, al fine di ottimizzare l'utilizzo delle imbarcazioni sul piano della "qualità operativa". Le pitture utilizzate sono di nuova tipologia atte a garantire la salvaguardia dell’ambiente marino. Ogni fase della riclassifica e dell'armamento dei vari mezzi viene effettuata nel massimo rispetto sotto l’aspetto “Sicurezza ed Ambiente”.

Il miglioramento ambientale continuo viene perseguito stabilendo impegni per ridurre gli impatti che le attività svolte possono avere sul territorio, al fine di prevenire l’inquinamento e ridurre il consumo di risorse anche in conformità della legislazione vigente.

Per quanto riguarda la salute e sicurezza sul lavoro siamo impegnati nella prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali è attuata sia con il rispetto di tutta la legislazione applicabile, sia dei requisiti a cui l’Organizzazione stessa ha voluto aderire implementando il proprio sistema di gestione, tra cui vi è, nell’ottica del miglioramento continuo, un costante impegno nel coinvolgimento degli operatori ai quali vengono conferiti gli incarichi più congeniali e per i quali sono stati definiti programmi di formazione ed addestramento mirati.

Pertanto, i nostri obiettivi primari sono la piena adesione a tutti i requisiti e lo sforzo di operare garantendo la conformità alle norme di riferimento esercitando un adeguato controllo ed applicando tutte le misure di prevenzione e protezione in tema di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro.

Data la totale assenza di malattie professionali e la bassissima presenza di infortuni degli ultimi anni, intendiamo migliorare le nostre prestazioni in materia di sicurezza e salute sul lavoro diminuendo o eliminando tutti quegli eventi collegati all’attività lavorativa che potrebbero provocare infortuni o malattie professionali, riesaminando puntualmente e periodicamente gli obiettivi e i traguardi.

Abbiamo stabilito criteri e metodi per valutare tutti i rischi con l’obiettivo di monitorarli costantemente aggiornando, di continuo, la valutazione dei rischi.

I nostri servizi, prima di essere predisposti, vengono valutati ed analizzati nel loro insieme al fine di prevedere tutti i possibili aspetti (tecnico, operativo, di sicurezza per gli operatori, di rispetto per l’ambiente, economico…).

Raggiunto il risultato si procede, in accordo col SPP, con l’istruzione e l’assegnazione degli incarichi ai vari operatori i quali sono guidati da esperti Comandanti e Direttori di Macchina.

Gli sforzi della Dirigenza, congiunti a quelli dei collaboratori, operanti in maniera sinergica e con affiatamento, sono ripagati dall’apprezzamento, da parte delle Autorità e della Clientela.

Per ottenere i risultati sopradescritti realizziamo programmi di addestramento del personale volti alla sicurezza, alla tutela ambientale ed al rispetto della conformità dei requisiti di qualità.

 

Qual è lo scopo del Codice Etico all'interno di Oromare S.p.A.?

 

Il Codice Etico e Modello OGC contiene l’indicazione dei principi etici rilevanti per Oromare S.p.A., anche ai fini della prevenzione dei reati ex D.Lgs. 231/01, e costituisce un elemento essenziale di controllo preventivo.

In termini generali il Codice Etico è il documento ufficiale della nostra Società che contiene l’insieme dei diritti, dei doveri e delle responsabilità ai quali si ritiene debbano uniformarsi i comportamenti dei dipendenti, collaboratori, clienti e fornitori, pubblica amministrazione ed in generale di tutti coloro che entrano in contatto con la nostra realtà aziendale.
Il mio invito è quello di osservare i principi di seguito elencati, per contribuire ad accrescere il valore e la reputazione della nostra Società.

 

La ringrazio per la sua chiarezza e disponibilità!

 

 

Il nostro viaggio nel microcosmo portuale dell’antica Repubblica Marinara prosegue con il racconto dettagliato dello stesso Presidente Michele ORONTI.

 

 

  

SERVIZI OFFSHORE

 

Rimorchi d’Altura

Chiatte pontate

Rimorchi in tandem

 

 

La compagnia armatoriale genovese Oromare ha confermato a SHIPPING ITALY di avere ceduto il Sean Cristopher, (nella foto) datato rimorchiatore d’altura della sua flotta – è stato realizzato nei cantieri Campanella di Savona nel 1976 – che assumerà la bandiera del Togo e passerà nelle mani di un operatore attivo nell’offshore africano.

“Abbiamo siglato un Moa con l’acquirente, l’operazione si concluderà nel giro dei prossimi 60-90 giorni. Dopodiché, il Sean Cristopher, che non era armato, verrà rimorchiato in un cantiere navale in Francia dove verrà sottoposto a lavori per il rinnovo della classe” spiega Michele Oronti, alla guida della società nelle vesti di amministratore delegato. Trattandosi di un mezzo di una certa età, l’operazione ha un valore “risicato”, spiega Oronti, ovvero di “circa 55mila euro”. La sua cessione trova quindi ragione soprattutto nella volontà di ringiovanimento della flotta di Oromare, che si sposa anche con le esigenze dello stesso porto di Genova.

“La Port Authority ci ha chiesto di liberare nei prossimi mesi la sede in cui attualmente sono ormeggiati i nostri mezzi, a Calata Santa Limbania, per potere dare avvio ai lavori che interesseranno l’Hennebique e Ponte dei Mille” continua Oronti. “Il nuovo sito non è stato ancora individuato ma, dato che lo specchio acqueo a nostra disposizione potrebbe essere inferiore, abbiamo condiviso l’impostazione di mantenere in flotta i mezzi realmente operativi. L’ideale per noi sarebbe di poter disporre, in quel caso, di più spazio a terra in modo da condurvi alcune attività che oggi svolgiamo sui mezzi in mare”. Con quest’ottica, la compagnia sta valutando anche alcune demolizioni, in particolare di alcune delle sue chiatte più datate, che “in quel caso faremo fare a Genova, a San Giorgio del Porto (entrato peraltro recentemente nella compagine azionaria, ndr)”.

Sul fronte opposto, ovvero quello di eventuali ingressi in flotta, Oromare come già anticipato sta procedendo nell’iter per il riacquisto del Sea Dream da Ocean (di cui dispone ora sulla base di un noleggio a scafo nudo con la società triestina in scadenza a fine 2022 con opzione d’acquisto), per il quale sta vagliando alcune possibilità di finanziamento da parte di istituti bancari, mentre, conclude Oronti, pur continuando a osservare il mercato, valuterà successivamente ulteriori acquisizioni.

 

 

 

 

RIMORCHI D’ALTURA

 

Con il trascorrere degli anni, ampliando e rafforzando le nostre attività, ci siamo specializzati nei rimorchi d'altura in tutta l'area del Mediterraneo e non solo.

Grazie ai nostri rimorchiatori, i quali hanno diverse caratteristiche tra loro, siamo in grado di soddisfare tutte le diverse tipologie di servizio richiesto.

 

M/R  SEA DREAM

 

 

 

Caratteristiche tecniche

  • BHP: 4.640 - 3460 BKW - 900 RPM

  •  Tiro al gancio: 63,6 Tons

  • Velocità: 12,4 Nodi massima - 9 nodi economica

  • G.R.T.: 354 - N.R.T:. 106 - Dislocamento: 322 Tons - 96 Tons - 499 Tons

  • Dimensioni:

- lunghezza: 35,26 m.

- Larghezza: 10,00 m.

  • Pescaggio massimo: 4,63 m.

  • Spazio in coperta: 13 x 6,3 m. = 81,90 sqm

  • Capacità massima di carico: 85 Tons - 3 Tons/mq

  • Classificazione: RINA: C#Hull*MACH Tug; Navigazione illimitata

  • IMO: 9560259

  • Armatore: Oromare S.p.a. - Genova - Italia

  • Costruttore: Cantieri Damen

  • Anno di costruzione: 2011

  • Motore principale: 2 Caterpillar C280-6/CS

  • Propulsione: 2 Fixed pitch propellers in a propeller nozzle

  • Bow Thruster: 215 kW

  • Equipaggiamento:  Cavi m 850 + m 450 + (m 750 spare)

- 1 x 850 m towing cable Ø 48 mm/12 layers

- 1 x 450 m towing cable Ø 48 mm/12 layers

- 1 x 750 m spare cable Ø 48 mm/12 layers

- 1 70 tons Towing Hook

  • Cam Fork A fork combined with 2 towing pins - WK-Hydraulics

  • Stern Roller: 35 Tons – Breadth: 3 m.

  • Gru idraulica: 2,2 tons at 8,60 m. - 1,25 tons at 12,60 m.

  • Alloggi:  8 singole cabine

  • Fabbricatore acqua: 4 MT/day

  • Capacità delle tanke: F.O. 163 MT (lt 193.000) - FW 15 MT

  • Miglia a velocità economica: 6.000

  • Brake Holding capacity: 1 x150 Tons + 1 x 100 Tons

  • Ancore: Chain - 2 x 360 Kg. - 2 x 8 lengths per ancora (175 m ognuna)

  • Battello di emergenza: Si

 

 

 

GIANEMILIO C.

 Sean Cristopher in banchina

 

 

 

Caratteristiche tecniche 

  • BHP: 3060HP - 2251 KW

  • Tiro al gancio: 48 Tonnellate

  • G.R.T.: 248 Tonnellate

  • N.R.T.: 74 Tonnellate

  • Dimensioni:

- Lunghezza: 32 m.

- Larghezza: 8,50 m.

- Pescaggio: 4,80 m.

  • Spazio in coperta: 10,80 x 5,40 = 58 sqm

  • Velocità: 13 Nodi

  • Bandiera: Italiana

  • Armatore: Oromare S.p.a. - Genova - Italia

  • Costruttore: Coop Metallurgica Ing. G. Tommasi -Ancona - Italia

  • Anno di costruzione: 1983

  • Classificazione RINA: *100 A 1-1NAV. I.L. RE - N.° 62929

  • IMO N.°: 8209913

  • Nominativo Internazionale: I Z E H

  • Porto di registrazione: Genova - Italia - Int. Reg. N°48

  • Motorizzazione: Nohab Polar Type P 312 BHP 3060

  • Generatori ausiliari: 3 Auxiliaries Engines

  • Propulsione: 1 Controllable Pitch Propeller in Kort Nozzle

  • Bow Thruster: 2 Bow Thrusters

  • Sblocco gancio: Pneumatic Remote Controlled fm AFT and FWD of Wheel House

  • Capacità cisterna: F.O. 140 MT FW 60 MT

  • Equipaggiamento: 2 Drums Waterfall Winch ( NORWINCH)

- 1 x 572 m towing cable Ø 46 mm

- 1 x 300 m towing cable Ø 46 mm

- 1 50 tons SEEBEK Towing Hook

- 1 Stern Roller

- Il rimorchiatore è autorizzato a navigare in area A1 + A2

  • Alloggi Equipaggio: N. 8 cabine singole

 

 

 

 

SEAN CHRISTOPHER

 

 

 

 

Caratteristiche Tecniche

  • BHP: 2500 HP - 1865 kW

  • Tiro al gancio: 35 T.

  • G.R.T.: 197,55 T.

  • N.R.T.: 26,07 T.

  • Dimensioni:

- Lunghezza: 31,11 m.

- Larghezza: 8,83 m.

- Pescaggio massimo: 4,40 m.

  • Velocità: 13 Nodi

  • Armatore: OROMARE S.p.a. - Genova - Italia

  • Costruttore: Cantieri Navali Campanella s.p.a. - Savona - Italia

  • Anno di costruzione: 1976

  • Classificazione RINA: *100 A 1-1NAV. I.L. RE. SALV.- N.° 54679

  • IMO N.°: 7427568

  • Call Sign: IRDK

  • Motore principale: 1 Nohab Polar Type F 212 - BHP 2500

  • Ausiliari: 3 Auxiliaries Engines

  • Propulsione: 1 Controllable Pitch Propeller in Kort Nozzle

  • Bow Thruster: 1 Bow Thrusters

  • Sblocco al gancio: Pneumatic Remote Controlled fm AFT and FWD of Wheel House

  • Capacità cisterna: F.O. 150 MT FW 45 MT

  • Equipaggiamento : 1 35 tons SEEBEK Towing Hook

  • Apparecchiature:

- 1 Radar / 3 GPS / 3 GMDSS / 1 EPIRB

- 1 Inmarsat - System C / 1 Navatex / 1 Echosound /1 WHF

- 1 Radar Trasponder /1 Autopolot

- il rimorchiatore è autorizzato a navigare in Area A1 + A2

  • Alloggi: 13 cabine singole

 

 

RIMORCHI IN TANDEM

 

 

 

 

SERVIZI PORTUALI

 

CHIATTE PONTATE

CASTORE

 

 

   CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Galleggiante - Non dotato di auto-propulsione.

  • Dimensioni:

                  - Lunghezza: 30 m.

                  - Larghezza: 10 m.

                  - Profondità:  3 m.

  • Classificazione Ri.N.A: 100 A 1

  • N° iscrizione Ri.N.A: 55151

  • Abilitazione: Trasporto carichi solidi in coperta e liquidi in tanks.

  • Navigazione: Internazionale

  • Certificato di classe: No. 9904793

  • Caratteristiche principali: m. 30 x 10 x 3 - TSL 242,56

  • Portata: Ton. 400 - (2T/m2) in coperta o Ton. 500 liquidi in tanks

  • Spazio libero x caricazione: m. 30 x 8,6 = mq. 258

  • Bandiera: Italiana

  • Cantiere di costruzione: Cantiere Navale Euromare - Sarzana

  • Data di costruzione: 1975

  • Impianto di pompaggio liquidi e zavorra

 

 

ORION II

 

 

 

Caratteristiche tecniche:

  • Galleggiante - Non dotato di auto-propulsione.

  • Classificazione RINA Pontoon; Special Navigation

  • N° iscrizione RINA 97672

  • Abilitazione: Trasporto carichi solidi e/o attrezzature sul ponte

  • Navigazione: Internazionale entro 20 miglia dalla costa

  • Caratteristiche principali: m 49,56 x 19,50 x 4,30 - TSL 1.080

  • Portata: 10T/m2 - Ton. 1.800 (Baricentro m. 3,70) – Ton. 1000 (Baricentro m.9,2) – Ton. 300 (Baricentro m. 20,0)

  • Spazio libero x caricazione: Completo – Bitte sotto altezza coperta

  • Bandiera: Italiana

  • Data di costruzione: 1977

  • Autorizzato all’imbarco RoRo: attraverso rampa da m.     portata rotabile T. 90 – Per asse T. 8,5

 

 

MYKONOS 1°

 

Oromare S.p.A. ha preso parte, grazie alla capacità dei mezzi che compongono la sua flotta, tra cui un pontone galleggiante con una capacità di sollevamento fino a 200 t., a tutte le fasi di smantellamento del relitto Costa Concordia.

Il pontone, denominato "Mykonos I", è stato principalmente impiegato durante tutte operazioni riguardanti le fasi di sollevamento e trasporto dei cassoni usati per tenere a galla la nave.

 

 

 

 Caratteristiche tecniche:

 

  • Tipologia: Galleggiante a biga per sollevamenti

  • PropulsioneNon autopropulso

  • Bandiera: Italiana

  • N° Iscrizione  RI.N.A: 50528

  • Abilitazione: Sollevamenti in navigazione locale a rimorchio

  • Anno di costruzione: 1972

Caratteristiche principali:

  • Scafo: m. 36,24 x 18,24 x 3,02

  • Altezza biga:  60 m.

  • Pescaggio massimo: 2,5 m.

  • TSL: 783,38 t.

  • Ganci Da Sollevamento: N° 2

  • Portata: 1' gancio da 100 t. - 2' gancio da 200 t

  • Portata massima: 200 t.

Portate/sbraccio: (VEDI GRAFICO)

  • T. 200 - sbraccio m. 09 - altezza del gancio dall´acqua m. 27

  • T. 100 - sbraccio m. 18 - altezza del gancio dall´acqua m. 43

  • T. 50 - sbraccio m. 36 - altezza del gancio dall´acqua m. 19

 

 

 

SERVIZI PORTUALI

 

 

 

Ritiro rifiuti

 

 

 

 

 

 

CASTORE

   CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Galleggiante - Non dotato di auto-propulsione.

  • Dimensioni:

                  - Lunghezza: 30 m.

                  - Larghezza: 10 m.

                  - Profondità:  3 m.

  • Classificazione Ri.N.A: 100 A 1

  • N° iscrizione Ri.N.A: 55151

  • Abilitazione: Trasporto carichi solidi in coperta e liquidi in tanks.

  • Navigazione: Internazionale

  • Certificato di classe: No. 9904793

  • Caratteristiche principali: m. 30 x 10 x 3 - TSL 242,56

  • Portata: Ton. 400 - (2T/m2) in coperta o Ton. 500 liquidi in tanks

  • Spazio libero x caricazione: m. 30 x 8,6 = mq. 258

  • Bandiera: Italiana

  • Cantiere di costruzione: Cantiere Navale Euromare - Sarzana

  • Data di costruzione: 1975

  • Impianto di pompaggio liquidi e zavorra

 

(Sopra e Sotto) - La Portaerei americana WASP ormeggiata all’OARN e presa in cura dai mezzi della OROMARE.

 

JANUARIUS

 

 

     CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Ufficio matricola : Ge 8752

  • Costruttore: Roncallo e Pastorino - Genova

  • Materiale di costruzione: Acciaio

  • Anno di costruzione: 1995

  • Dimensioni: 

                  - Lunghezza: 20,17 m.

                  - Larghezza: 4,00 m.

                  - Altezza al ponte di coperta: 1,90 m. 

                  - Immersione massima: 1,4 m.

                  - Immersione minima: 0,9 m.

  • S.L.: 27 t.

  • Velocità in trasferimento: 8 nodi

  • Navigazione cui è abilitata: Nazionale Litoranea

  • Ruolino equipaggio:Persone N° 2

  • Tabella convenzionale: Persone N° 2

Apparato motore

  • Motori (N° e tipo): N° 2 CGT

  • Potenza: 172 x 2 KW (234 x 2 cv)

  • Giri: 2600

  • Eliche: N° 2 passo fisso

  • Generatori Elettrici: 2 c.a.380V-6KWA ed N.1 c.a.220V-4KWA

Apparecchiatura di navigazione/telecomunicazione

  • 1 Bussola magnetica

  • 1 Apparato VHF fisso + cellulare

Apparecchiattura per disinquinamento

  • Panne costiere mt. 100 gonfiabili - tipo "Mannesman"

  • Rullomotorizzato per panne: Si

  • Compressore per gonfiaggio panne: Si

  • Collegamento a scafo delle panne: Si

  • Ancora:Si

  • Corpi morti: Si

  • Gavitelli:Si

  • 1 Skimmer per recupero idrocarburi da m.c. 80/ora

  • 1 Discoil da m.c. 12 ora

  • Sistema direcupero Rifiuti solidi galleggianti: Cesto oleodinamico capacità m.c. 0,5

  • 1 Contenitorie dedicato per rifiuti solidi recuperati da m.c. 2

  • Impianto fisso per irrorazione disperdenti: Si

  • Impianto fisso ad acqua per pulizia scogliere: Si con prevalenza mt. 30

  • Disperdente "terza generazione": Si da lt. 200

  • Casse strutturali dedicate ai disperdenti: Si x lt. 200

 

 

 

    CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Galleggiante non dotato di auto-propulsione

  • T.L.S.91,23 t.

  • Dimensioni:

                  - Lunghezza: 18,88 m.

                  - Larghezza: 8,50 m.

                  - Altezza: 2,0 m.

                  - Immersione a p.c.: 1,3 m.

  • Coperta: 160 mq.

  • Il pontone è dotato di 3 paratie stagne trasversali.

  • Portata: 150 t.

  • Matricola: GE 8891

 

 

 

SERVIZI PORTUALI

Rimorchi portuali e costieri

 

In ambito portuale la Società opera principalmente in tutto il territorio di Genova con piccoli rimorchiatori che, grazie anche all'ottima manovrabilità, riescono ad eseguire i servizi in maniera affidabile ed in totale sicurezza.

 

 SEPORT PRIMO

 

 

 

  CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Stazza lorda : 40,05 t.

  • Dimensioni:

- Lunghezza: 17,07 m.

- Larghezza:  4,82 m.

- Altezza di costruzione: 2,07 m.

  • Motore: N° 2 motori diesel sviluppanti un potenza di HP 500

  • Tiro al gancio: 12 t.

  • Velocità: 14 Knts

  • Scafo in acciaio con parabordi perimetrali

  • Ottima manovrabilità

  • Scafo interamente pontato

  • Superficie scoperta ed agibile a pp.:  mq. 20

  • Cabina con tavolo e divani per poter ospitare 10 prs

  • Abilitazione alla NNLS entro 3 miglia dalla costa

  • Telefono cellulare

  • Radar

  • Generatore elettrico da 7300 W

  • Spingarda ad alta pressione

 

 

SEPORT SECONDO

 

 

 

 

 CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Stazza lorda : 40,05 t.

  • Dimensioni: 

                 - Lunghezza: 17,07 m.

                 - Larghezza:  4,82 m.

                 - Altezza di costruzione: 2,07 m.

  • Motore: N° 2 motori diesel sviluppanti una potenza di HP 500

  • Tiro al gancio: 12 t.

  • Velocità: 14 Knts

  • Scafo in acciaio con parabordi perimetrali

  • Ottima manovrabilità

  • Scafo interamente pontato

  • Superficie scoperta ed agibile a pp.:  mq. 20

  • Cabina con tavolo e divani per poter ospitare 10 prs

  • Abilitazione alla NNLS entro 3 miglia dalla costa

  • Telefono cellulare

  • Radar

  • Generatore elettrico da 7300 W

  • Spingarda ad alta pressione

 

GIADA

 

 

 

      CARATTERISTICHE TECNICHE

          Stazza lorda: 11,92 t

  • Motore: 170 HP

  • Dimensioni:

                 - Lunghezza: 11,50 m.

                 - Larghezza: 2,72 m.

  • Trasporto rifiuti solidi sino a m.c. 10

  • Trasporto materiale in stiva sino a T. 5

  • Trasporto rifiuti liquidi in tanks sino a m.c. 5

  • Anno di costruzione: 2008

 

 

VENEZIA

 

 

 

CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Stazza lorda: 20,21 t

  • Dimensioni:

                 - Lunghezza: 13,13 m. 

                 - Larghezza : 3,50 m.

  • Pescaggio: 1,80 m.

  • Motore: 10 Cv

  • Potenza al gancio: 5 t.

 

DISTANZIATORI E PARABORDI

 

 

 

 

   CARATTERISTICHE TECNICHE

  • Stazza lorda:180,71 t.

  • Dimensioni:

                 - Lunghezza: 32,30 m.

                 - Larghezza: 7,94 m.

                  - Altezza: 2,50 m.

  • Anno di costruzione: 2001

  • Servizio: Trasporto acqua dolce

  • Capacità: 400 t.

  • Impianto pompaggio liquidi e zavorra

 

 

 

SOLLEVAMENTI ECCEZIONALI

 

 

 

Smantellamento relitto Costa Concordia

 

 

 

Rimozione motori Ursa Major

 

 

 

TRENO AD ANDORA- deragliamento treno sulla linea ferroviaria Genova-Ventimiglia

 

 

 

TRASPORTI LIQUIDI 

 

ALISEA

 

      CARATTERISTICHE TECNICHE 

 

  • Stazza lorda:180,71 t.

  • Dimensioni:

                 - Lunghezza: 32,30 m.

                 - Larghezza: 7,94 m.

                  - Altezza: 2,50 m.

  • Anno di costruzione: 2001

  • Servizio: Trasporto acqua dolce

  • Capacità:400 t.

  • Impianto pompaggio liquidi e zavorra

 

 

 

CASTORE - POLLUCE

 

 

 

 

 

 

    CARATTERISTICHE TECNICHE

 

  • Galleggiante - Non dotato di auto-propulsione.

  • Dimensioni:

                  - Lunghezza: 30 m.

                  - Larghezza: 10 m.

                  - Profondità:  3 m.

  • Classificazione Ri.N.A: 100 A 1

  • N° iscrizione Ri.N.A: 55151

  • Abilitazione: Trasporto carichi solidi in coperta e liquidi in tanks.

  • Navigazione: Internazionale

  • Certificato di classe: No. 9904793

  • Caratteristiche principali: m. 30 x 10 x 3 - TSL 242,56

  • Portata: Ton. 400 - (2T/m2) in coperta o Ton. 500 liquidi in tanks

  • Spazio libero x caricazione: m. 30 x 8,6 = mq. 258

  • Bandiera: Italiana

  • Cantiere di costruzione: Cantiere Navale Euromare - Sarzana

  • Data di costruzione: 1975

  • Impianto di pompaggio liquidi e zavorra

 

 

 

 

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Carlo GATTI

 

Rapallo, 20 Marzo 2024