TITANIC - Una breve Storia ...

RMS TITANIC - Una breve Storia ...

Secondo di tre transatlantici, il RMS Titanic, assieme ai suoi due gemelli Olympic e Britannic fu progettato per offrire un collegamento settimanale di linea con l'America e garantire il dominio delle rotte oceaniche alla White Star Linne. Costruito presso i cantieri Harland and Wolff di Belfast, il Titanic rappresentava la massima espressione della tecnologia navale di quei tempi ed era il più grande e lussuoso transatlantico del mondo.

 

Durante il suo viaggio inaugurale da Southampton a New York, via Cherbourg e Queensrown, entrò in collisione con un iceberg alle 23,40 (ora di bordo) di domenica 14 aprile 1912. L'impatto provocò alcune falle lungo la fiancata destra del transatlantico, che affondò 2 ore e 40 minuti più tardi (alle 2,20 del 15 aprile) spezzandosi in due tronconi. Nel naufragio persero la vita 1.518 dei 2.223 passeggeri imbarcati compresi i 900 uomini dell'equipaggio; solo 705 persone riuscirono a salvarsi, alcune delle quali morirono subito dopo essere stati salvati dal Carpathia. L'evento suscitò un'enorme impressione sull'opinione pubblica e portò alla convocazione della prima “conferenza sulla sicurezza della vita umana in mare”.

Il Titanic, come le gemelle RMS Olympic e Britannic, era stato progettato per competere con il Lusitania e il Mauretania, transatlantici della compagnia rivale Cunard Line che erano all'epoca le navi più lussuose, veloci e imponenti tra quelle impegnate sulle rotte transatlantiche. Poiché svolgeva anche il servizio postale, le fu assegnato il prefisso RMS (Royal Mail Ship) oltre a SS (Steam ship,nave a vapore). La nave era stata disegnata da William Pirrie, presidente della Harland and Wolff, e dall'architetto navale Thomas Andrews, che era il capo progettista. La costruzione del Titanic, finanziata dall'armatore americanoJohn Pierpont Morgan con la sua società International Mercantile Marine Co., iniziò il 31 marzo 1909; lo scafo fu varato il 31 maggio 1911 e le sovrastrutture furono completate il 31 marzo dell'anno seguente.

 

Venne registrato nel registro navale del porto di Liverpool col numero ufficiale N. 131428 e sigla telegrafica "MGY". Il costo finale del transatlantico fu di 7,5 milioni di dollari del 1912, equivalenti a 180 milioni di dollari del 2012. Il Titanic era lungo 269 metri e largo 28, aveva una stazza di 46.328 tons e l'altezza del ponte sulla linea di galleggiamento era di 18 metri (53 metri l'altezza totale). Sebbene avesse la stessa lunghezza dell'Olympic, aveva un tonnellaggio lordo maggiore per via del maggiore spazio interno, dovuto principalmente alla chiusura di parte della passeggiata sul ponte "A" con finestre parzialmente apribili.

La propulsione era a vapore (era un piroscafo, a differenza delle successive imbarcazioni – definite motonavi – dotate dimotori Diesel), con quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice espansione (macchine alternative) più una turbina Parson a bassa pressione. Le macchine alternative del Titanic e dell'Olympic restano le più grandi mai costruite, occupavano quattro piani in altezza sviluppando quasi 38 MW (51 000 CV) di potenza e muovevano le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica centrale.

 

Le 29 caldaie, aventi un diametro di 5 metri ciascuna, erano in grado di bruciare circa 728 tonnellate di carbone al giorno. La velocità massima era di 23 nodi (43 K/m ), inferiore di tre nodi rispetto alla velocità del Mauretania. Solamente tre dei quattro fumaioli erano funzionanti, il quarto aveva solo la funzione di presa d'aria e fu aggiunto per rendere la figura della nave più imponente; erano dipinti in ocra e nero, come voleva la tradizione della White Star, mentre il rosso era il colore della Cunard Line.

 

La nave aveva una capacità utile di 3.547 persone tra passeggeri ed equipaggio. L'allestimento di bordo comprendeva tra l'altro una piscina coperta di 9 m × 4 m s ul ponte D, sul modello dell'Olympic (per la prima volta su una nave), una palestra, un bagno turco e un campo di squash. Le cabine di prima classe erano rifinite con la massima sfarzosità. C'erano 34 suite, ognuna delle quali dotata di soggiorno, sala di lettura e sala da fumo; ogni suite era arredata in stile diverso. Erano disponibili tre ascensori per la prima classe e, come novità, un ascensore anche per la seconda classe.

 

La terza classe valeva la seconda sulle altre navi, ed era decorata con legno di pino verniciato di bianco, pareti smaltate e sedie di teak. Nel ristorante di terza classe era collocato un pianoforte. Il Titanic era un gioiello di tecnologia ed era ritenuto praticamente inaffondabile. La sua stazione radio era considerata (con l'Olympic) la più moderna e potente mai installata su un bastimento, la sua portata raggiungeva una distanza di 400 miglia (650 km) e le antenne erano collocate sui due alberi maestri ad un'altezza di 60 metri e distanti tra loro 180 metri (in caso di emergenza, il generatore elettrico poteva essere sostituito da un generatore diesel).

 

Il ponte lance era dotato delle nuovissime gru "Welin", in grado di sostenere complessivamente 32 lance di salvataggio e ammainarne 64 (alla fine furono montate soltanto 16 lance). La chiglia della nave aveva un doppio fondo cellulare e lo scafo era suddiviso in 16 compartimenti stagni, le cui porte a ghigliottina si potevano chiudere automaticamente dal ponte di comando (in mancanza di energia elettrica si potevano chiudere sfruttando la forza di gravità). Questi compartimenti, però, non attraversavano tutta l'altezza dello scafo ma si fermavano al ponte E (più o meno a metà dello scafo, per dare più spazio alla disposizione delle sale). Il Titanic avrebbe potuto galleggiare anche con due dei compartimenti intermedi allagati oppure con tutti i primi quattro compartimenti di prua allagati. Lo scontro con l'iceberg causò però l'allagamento dei primi cinque compartimenti prodieri.

I Costi

Alla consegna il transatlantico Titanic costò circa 7,5 milioni di dollari (167 milioni di dollari del 2010 ), il biglietto di sola andata per New York, in suite di prima classe, costava 3.10o dollari dell'epoca, circa 40.000 euro del 2012, mentre in appartamento di prima classe costava 4.350 dollari (o 870 sterline del 1912 pari a 83.200 dollari del 2007, circa 64.100 euro), in cabina di prima classe 150 dollari (o 30 sterline dell'epoca, pari a 2.975 dollari del 2007 o 2300 euro), in cabina di seconda classe 60 dollari (o 12 sterline dell'epoca pari a 1.200 dollari del 2007, ovvero circa 930 euro), mentre un biglietto di terza classe solo 32-40 dollari (6-8 sterline dell'epoca, circa 595-793 dollari del 2007, fra i 458 e i 610 euro); inviare un telegramma privato di 10 parole dal servizio telegrafico di bordo costava 3,12 dollari (12 scellini e 6 pence di allora, l'equivalente di 62 dollari del 2007, 48 euro) e 9 pence per ogni parola aggiuntiva. Una partita asquash 50 cent. ed una seduta al bagno turco 1 dollaro (rispettivamente 9 e 18 dollari odierni)

 

Ed ora il calcolo degli stipendi del personale nel 1912 rapportati al controvalore di un secolo dopo (del 2012). Lo stipendio mensile del capitano Smith ammontava a 105 sterline (circa 6 050 dollari attuali), mentre quello di un marinaio era di 5 sterline al mese (290 dollari attuali), quello di una vedetta era di 5 sterline e 5 scellini (320 dollari attuali) e quello di una hostess era di 3 sterline e 10 scellini (attuali 190 dollari), mentre il salario medio di ciascun operaio addetto alla costruzione della nave era mensilmente pari a poco più d'una sterlina (corrispondente a circa 60 dollari odierni). I telegrafisti avevano stipendi diversi: a Philips spettavano 4 sterline e 5 scellini per il viaggio, mentre a Bride solo 2 sterline, 2 scellini e 6 penny.

 

Il primo e unico viaggio del Titanic

La durata del viaggio inaugurale del grande transatlantico era prevista di dieci giorni. Dopo la sua ultimazione, il 31 marzo 1912, la nave partì da Belfast il 2 aprile per giungere a Southampton due giorni dopo. La nave partì per il suo primo (e ultimo) viaggio il 10 aprile 1912 da Southhampton (Regno Unito) alle 12,00 verso New York, comandata dal capitano Edward John Smith. Per lui, il viaggio del nuovo transatlantico costituiva l'ultimo comando prima del pensionamento, e rappresentava il coronamento di una lunga e brillante carriera durata oltre 40 anni.

 

In una sua celebre dichiarazione aveva affermato di non riuscire a immaginare alcun tipo d'infortunio che potesse accadere a questi nuovi transatlantici, poiché la tecnica di costruzione era andata ben oltre gli incidenti che si potessero allora immaginare. Egli volle al suo fianco un comandante in seconda più esperto di quello che gli era stato assegnato e, all'ultimo momento, chiese alla Compagnia di trasferire Henry Wilde sul Titanic, almeno per il viaggio inaugurale Wilde, che prima si trovava sull'Olympic, subentrò così a William Murdoch, il quale retrocesse al rango di 1° ufficiale; il 1° ufficiale Charles Lightoller diventò il 2°, mentre il 2° fu trasferito (nello svuotare in fretta l'armadietto dei propri effetti personali, egli – inavvertitamente – pose in valigia pure le chiavi dell'armadietto in cui erano custoditi i binocoli). Sembra che Wilde non fosse entusiasta dell'improvviso cambiamento e prima dello scalo a Queenstown scrisse alla sorella: “Questa nave continua a non piacermi, mi dà una strana sensazione”.

 

Molti passeggeri della seconda classe, precedentemente prenotati su altre navi, vennero dirottati sul Titanic a causa di uno sciopero nelle forniture di carbone. Tra loro viaggiava il ceto medio della popolazione: impiegati, insegnanti, commercianti, ecc. La terza classe era affollata di emigranti provenienti da tutte le parti del mondo ed erano coadiuvati dall'interprete di bordo. In prima classe erano imbarcati alcuni degli uomini più in vista dell'epoca. Tra questi vi era il milionario John Jacob Astor IV possessore di 150 milioni di dollari e proprietario di alcuni preziosi immobili tra cui il noto Waldorf-Astoria Hotel di New York. Vi erano inoltre l'industriale Benjamin Guggenheim (il cui fratello era titolare dell'omonima fondazione d'arte), Isidor Straus (proprietario del centro commerciale Macy) e la moglie Ida, Washington Roebling (figlio del costruttore del Ponte di Brooklyn), il Consigliere presidenziale statunitense Archibald Butt (che tornava in America dopo una missione diplomatica in Vaticano insieme al compagno, il pittore Francis Millet), Arthur Ryerson (il magnate americano dell'acciaio), George Widener (figlio del magnate dell'industria tranviaria statunitense), il giornalista William Thomas Stead, la contessa di Rothes, lo scrittore Helen Churchill Candee, lo scrittore Jacques Futrelle, i produttori di Broaway Henry e Irene Harris, l'attrice cinematografica Dorothy Gibson, la milionaria Margaret "Molly" Brown, la contessa Lady Duff Gordon, George Elkins Widener e la moglie Eleonora, John Borland Thayer e molti altri.

 

 

Il capitano Edward John Smith

 

Le ultime ore

L'unica fotografia disponibile dell'iceberg che affondò il Titanic, immortalato pochi giorni dopo il disastro dal marinaio ceco Stephan Rehorek.

Il 14 aprile, dopo quattro giorni di navigazione, verso le 13,30 il capitano consegnò a Bruce Ismay un messaggio appena ricevuto dal vapore Baltic, che segnalava la presenza di ghiaccio a 400 km sulla rotta del Titanic, tuttavia, il capitano non diminuì la velocità. Il direttore della White Star non diede eccessivo peso alla cosa e giudicò sufficiente spostare la rotta del transatlantico sulla Outward Southern Track, un corridoio di navigazione concordato per le navi di linea. I due uomini discussero anche della velocità decidendo di portarla al massimo possibile. Nelle ultime 24 ore, infatti, erano state percorse ben 546 miglia e c'era la possibilità di arrivare a New York con un giorno di anticipo. Non fu mai chiarito di chi fu la responsabilità finale della decisione.

 

Comunque, l'eventualità di incontrare packs era un fatto assolutamente normale e le navi di linea erano solite mantenere alta la velocità per assicurare l'orario. Questa verità fu confermata durante l'inchiesta britannica successiva al disastro, quando parecchi comandanti (John Pritchard, William Stewart, Alexander Fairfull, Andrew Braes e molti altri) furono interrogati al riguardo. La velocità veniva ridotta solo in caso di effettivo avvistamento, ma finché la visibilità era buona e le vedette allertate, si poteva procedere normalmente. Durante il processo sulle cause del naufragio, vi fu chi ipotizzò che la compagnia di navigazione avesse espressamente richiesto di rimanere al di sopra dei 20 nodi di velocità al fine di assicurarsi il prestigioso "Nastro Azzurro" (Blue Ribbon).

 

Alle 13,45 arrivò un messaggio di "segnalazione iceberg" dal piroscafo Amerika, che inspiegabilmente non giunse al ponte di comando, mentre nel pomeriggio un altro avviso, questa volta dal Mesaba, non fu consegnato. I marconisti erano impegnati nell'invio dei numerosi messaggi privati dei passeggeri, che fin dal giorno prima si erano accumulati a causa di un guasto momentaneo all'apparecchiatura radio (i cavi del trasformatore secondario si erano bruciati).

 

Verso le 21,00 la temperatura era scesa a un grado sopra zero e l'ufficiale di turno – Lightoller – aveva avvertito il maestro d'ascia che la scorta d'acqua sarebbe probabilmente gelata. Circa a quell'ora, il comandante salì in plancia e discusse con Lightoller le condizioni eccezionalmente calme del mare. Prima di ritirarsi in cabina, Smith ordinò di chiamarlo se fosse accaduto qualcosa di strano e di diminuire la velocità in caso di foschia. L'abbassamento della temperatura indicava probabilmente che si stavano avvicinando ad un banco di iceberg e Lightoller disse alle vedette di prestare attenzione ai ghiacci galleggianti, soprattutto a quelli di ridotte dimensioni chiamarti growlers.

 

Alle 22,00 il 1° ufficiale Murdoch subentrò a Lightoller, dal quale ricevette gli ordini del Comandante. Mezz'ora più tardi Murdoch rispose ad un messaggio per mezzo di una lampada Morse proveniente dal piroscafo Rappahannock, che incrociò il Titanic alle 22,30. Lo informava di essere appena uscito da una banchisa circondata da iceberg. Lo stesso Murdoch ordinò al “lampista” di chiudere i boccaporti sul castello di prua, in modo che la luce non ostacolasse la visuale delle vedette, senza però risolversi a ridurre la velocità della nave. L'esperienza aveva infatti dimostrato che in condizioni normali una massa di ghiaccio era visibile grazie alle onde che si increspavano alla sua base. Tuttavia, con un mare assolutamente piatto come in quel momento, il margine di sicurezza era molto ridotto. Durante l'inchiesta britannica, Lightoller specificò che “…l'oceano era liscio come la superficie di un tavolo o di un pavimento; era un fatto veramente eccezionale”.

Alle 23,00 un importantissimo marconigramma giunse infine dal mercantile Californian, che sostava bloccato nella banchisa a poche decine di miglia a nord-ovest dal Titanic: nel messaggio veniva segnalata la presenza di un enorme campo di iceberg proprio sulla rotta del transatlantico, ma anche questo messaggio non venne recapitato in plancia. Anzi, il marconista Phillips rimproverò l'operatore del Californian per aver interrotto il suo lavoro con la stazione telegrafica di Capo Race, a Terranova. In generale, il risultato fu un atteggiamento di leggerezza e di eccessiva sicurezza che si impadronì di tutto l'equipaggio.

Collisione

Alle 23,40 (ora locale della nave, UTC-3), le vedette Frederik Fleet e Reginald Lee videro un iceberg di fronte alla nave. Gli iceberg che affollano le rotte atlantiche settentrionali provengono sempre dalla costa occidentale della Groenlandia o dal Labrador ed impiegano 2-3 anni per giungere al 41° di latitudine nord, sospinti prima dalla fredda Corrente del Labrador che li preserva, poi dalla calda Corrente del Golfo che li scioglie lentamente. L'iceberg che affondò il Titanic era praticamente coevo alla nave che ne rimase vittima ed al momento dell'urto – in base a recenti calcoli – dovrebbe aver sviluppato una pressione di almeno 985Kg/cm2 sull'acciaio della fiancata del transatlantico, quando l'acciaio stesso resiste fino ad una pressione di circa 690-750 kg/cm², in base al grado di purezza dalle scorie di fusione.

 

L'avvistamento avvenne “a occhio nudo” a causa della mancanza dei binocoli, e quindi in ritardo: si disse che la portata visiva della vedetta fosse di almeno 1 miglio di distanza, quando recenti simulazioni computerizzate, tenendo conto che quella notte non c'era il chiarore della luna ed il mare era “di calma piatta”, attestano che la portata visiva non poteva superare i 450–550 m di distanza, troppo pochi per evitare la collisione alla velocità di 21 nodi a cui filava il bastimento, per evitare l'urto fatale, la velocità della nave non avrebbe dovuto superare i 9 nodi, il che avrebbe ritardato di tre giorni l'arrivo a New York. La zona in cui avvenne il disastro è nota per essere un'area interessata dagli iceberg durante la primavera e dagli uragani in estate – autunno ed è considerato un fatto eccezionale la contemporanea assenza di luna e di calma piatta del mare, ragion per cui, con la sola illuminazione stellare e senza il frangersi delle onde sulle pareti dell'iceberg, l'iceberg stesso non poteva che esser avvistato a meno di 500 metri dalla prua della nave.

 

La mancanza dei binocoli – si appurò al processo – era imputabile alla fretta di dover salpare da Southampton nei tempi previsti, ragione per cui non furono distribuiti a bordo già alla partenza. Il motivo è anche spiegabile con il rimpasto dell'equipaggio voluto dal Comandante, in quanto il 2º ufficiale Blair (sostituito da Lightoller) prima del trasferimento diede istruzione di togliere dalla coffa i binocoli che lui stesso aveva portato. In pratica, l'iceberg che le vedette si trovarono di fronte era pressoché invisibile, venne avvistato non direttamente, ma indirettamente in quanto la sua sagoma nera interrompeva la linea dell'orizzonte e lasciava una piccola porzione della volta celeste priva apparentemente di stelle.

Dopo l'avvistamento, Fleet suonò tre volte la campana e telefonò sul ponte di comando dicendo: "Iceberg dritto di prua! Iceberg dritto di prua!". Il capitano Edward John Smith era sceso nella sua cabina da mezz'ora ed al comando della nave era in quel momento il secondo ufficiale, Murdoch, che comandò di virare immediatamente a sinistra, ordinando anche di mettere le macchine "indietro tutta", ma la nave viaggiava alla velocità di circa 22,5 nodi (velocità calcolata subito dopo dal 4º ufficiale Boxhall) e non riuscì a rallentare nel tempo necessario ad evitare l'impatto, in virtù dell'abbrivo del transatlantico. Inoltre, erano invertibili soltanto le due eliche laterali della nave, non l'elica centrale che doveva necessariamente essere fermata, impedendo così il supporto della stessa alla manovra in atto.

Dopo il ritrovamento del relitto, in base alla posizione geografica, si scoprì che la velocità effettiva al momento della collisione era di circa 20,5 nodi. Inoltre, a posteriori, è stato ipotizzato che se Murdoch avesse mantenuto la ROTTA, la nave avrebbe subìto un violento impatto frontale contro l'iceberg, danneggiando i primi due compartimenti stagni e potendo probabilmente continuare la traversata verso New York. Il ghiaccio strisciò sulla dritta piegando le lamiere e provocando sei diversi squarci sotto la linea di galleggiamento. L'iceberg fotografato giorni dopo sul luogo del disastro, pare esser proprio quello incriminato in quanto appariva colorato da due strisce, una nera e una sottostante rossa, i colori dell'inaffondabile Titanic. La collisione non fu avvertita in maniera significativa dai passeggeri delle classi prima e seconda in virtù del fatto che le loro cabine erano posizionate al di sopra della linea di galleggiamento e solo chi si trovava sul ponte si accorse della presenza dell'iceberg, pur senza rendersi conto della gravità dell'evento, in quanto piovvero frammenti di ghiaccio distaccatesi dalla massa dell'iceberg in seguito all'avvenuto impatto.

 

Dalle testimonianze dei superstiti, l'impatto non fu avvertito in prima classe, mentre fu descritto dai passeggeri di seconda classe come "una vibrazione ovattata", come "un botto sordo" dai passeggeri di terza classe, come un rumore "assordante di ferraglia" dai fuochisti, i primi che si resero conto dello sventramento della fiancata (testimonianza dell'unico sopravvissuto del locale caldaie N°.6, il compartimento risultato più danneggiato in seguito all'impatto). Lightoller, che in quel momento si trovava lecitamente a letto nella sua cabina, testimoniò di aver avvertito soltanto “…un'interruzione nella monotonia del movimento”. In seguito i superstiti descrissero l'impatto come “…il rotolare di migliaia di biglie”, come “…se qualcuno avesse strusciato un enorme dito contro la fiancata della nave”, o come se “…un pezzo di stoffa si fosse lacerato”. Ben diversa fu la reazione in sala macchine, dove i fuochisti erano intenti ad alimentare le caldaie. Uno di essi diede la seguente testimonianza: “All'improvviso la murata di dritta parve rovinarci addosso. Si sentì come uno scoppio di arma da fuoco e l'acqua cominciò a scorrere intorno; ci gorgogliò tra le gambe e noi ci precipitammo con un balzo nel compartimento successivo chiudendoci alle spalle la porta stagna. Non pensai, e nessuno lo pensò in quel momento, che il Titanic sarebbe potuto affondare”.

 

 

Prime fasi dopo l'impatto

Mentre l'acqua cominciava ad invadere i compartimenti furono immediatamente chiuse le porte stagne e il Capitano Smith ordinò di scandagliare la nave. Secondo gli studi compiuti durante la progettazione, la nave sarebbe potuta rimanere a galla anche con quattro compartimenti allagati in successione ma non se ad essi se ne aggiungeva un quinto (le sei fessure aperte dall'iceberg interessarono infatti i primi cinque compartimenti prodieri). Inoltre, le paratie stagne non superavano il ponte "E", che si trovava all'incirca a metà dell'altezza della nave. A causa di questo, l'affondamento della prua avrebbe fatto tracimare l'acqua verso gli altri comparti rendendo pressoché inutile il lavoro delle pompe idrauliche. La situazione apparve immediatamente drammatica; i 4 compartimenti del carico, situati a prua della nave, in 10 minuti imbarcarono più di 4 metri cubi d'acqua causando un conseguente primo abbassamento della carena frontale di 2° facilitando l'entrata dell'acqua all'interno degli altri compartimenti e del primo dei compartimenti caldaie già colpito dall'iceberg (quinto compartimento da prua). La chiusura istantanea delle paratie non permise, almeno in un primo tempo, il fluire d'acqua nei compartimenti stagni di prua, destinati ad essere allagati completamente.

Sebbene le paratie furono chiuse prontamente, l'intervento delle pompe non facilitò l'evacuazione dei compartimenti caldaie in cui si registrarono le prime vittime, infatti la mancata chiusura di alcuni regolatori di pressione delle caldaie dei primi compartimenti durante le manovre di inversione permise la fuoriuscita di vapori che compromisero maggiormente l'evacuazione stessa. Dopo i primi 15 minuti tutti i locali caldaie furono evacuati, allo stesso tempo alle sale macchine e alle zone turbine fu ordinato di arrestare completamente la propulsione ma non fu detto loro di abbandonare i posti, di conseguenza tutti i banchi elettrici degli alternatori rimasero in funzione sino alle ultime fasi dell'affondamento. Tutti i macchinisti morirono nell'atto di ritardare il più possibile il triste destino della nave con l'ausilio delle pompe, azione che sarà poi ostacolata dall'allagamento dei piani superiori dove si trovavano le stesse. Per tutto il tempo, dopo il contatto con l'iceberg fino all'affondamento, dai 4 fumaioli uscì un forte sibilo dovuto ad una contromisura adottata per evitare lo scoppio delle caldaie ancora attive facendo fuoriuscire vapore in eccesso per ridurre la pressione.

L'allagamento delle sale macchine, ed in particolare la sala delle turbine elettriche, procedette per gradi e fu notevolmente ritardata dalle chiusure delle porte stagne e dalle pompe, questo fornì energia elettrica per il funzionamento delle apparecchiature e per l'illuminazione necessarie per le operazioni di evacuazione della nave. Dopo la completa chiusura del reparto caldaie e di tutte le 16 paratie stagne la situazione risultava essere la seguente: 5 dei 6 compartimenti interessati al contatto con l'iceberg imbarcavano acqua molto rapidamente; 21 delle 29 caldaie erano ancora accese (si vide necessario dunque aprire gli sbocchi per il vapore per evitare l'esplosione); macchine completamente ferme; alternatori ed impianti elettrici funzionanti; inizio inabissamento della prua e della carena frontale con progressivo innalzamento della poppa (ancora poco evidente) e con conseguente inclinazione dello scafo a babordo; progressivo allagamento dei compartimenti stagni, l'ingresso di tale quantità d'acqua avrebbe, infatti, determinato un "effetto domino" con tutti gli altri compartimenti proprio perché le chiusure stagne erano state progettate per raggiungere soltanto metà dell'altezza della nave; inizio procedure d'evacuazione dei passeggeri dalla nave.

 

I calcoli effettuati da Thomas Andrews rivelarono che il transatlantico sarebbe affondato entro un'ora e mezza o due ore al massimo. Fu dato quindi l'ordine di abbandonare la nave secondo le regole: Wilde si occupò delle lance, Murdoch chiamò i passeggeri a raccolta, il 6º ufficiale Moody preparò la lista delle assegnazioni di ogni barca, il 4º fu mandato a svegliare gli altri. Bisognava assolutamente evitare di diffondere il panico, per quanto la situazione sembrasse ancora relativamente sicura. In effetti, l'unica anomalia era costituita dal terribile sibilo del vapore che fuoriusciva dalle valvole dei fumaioli, onde impedire lo scoppio delle caldaie. Lightoller raccontò che il vapore faceva un tale frastuono che mille locomotive rombanti in un tunnel non sarebbero riuscite ad eguagliarlo. Perfino i marconisti, il cui alloggio si trovava dietro la base del fumaiolo n. 1, avevano difficoltà a sentire le trasmissioni radio. «Non sentiamo nulla per il rumore del vapore», fu il messaggio ricevuto una ventina di volte dal piroscafo giapponese Ypiranga. In seguito, il comandante riuscì a farlo diminuire.

Il Titanic era dotato di 3.560 salvagenti individuali ma di sole 16 lance (più 4 pieghevoli) per una capacità totale di 1.178 posti, insufficienti per i passeggeri e l'equipaggio. Le operazioni di carico si svolsero rispettando l'ordine del Capitano, che indicava di far salire "prima le donne e i bambini". L'equipaggio equivocò questo ordine impedendo agli uomini di salire sulle lance, ma in realtà il Capitano intendeva dire che gli uomini avrebbero potuto salire in seguito se fosse rimasto spazio libero. La prima scialuppa fu calata alle 00,40 dal lato destro con sole 28 persone a bordo; poco dopo ne fu calata una con solo 12 persone, sebbene le loro capacità fossero di 65 passeggeri. Sprecando tre quinti dei posti disponibili, molte delle lance vennero calate in mare mezze vuote.

 

Da parte loro i passeggeri tendevano a considerare la faccenda uno scherzo: se qualcuno aveva il salvagente veniva preso in giro, mentre altri esibivano blocchetti di ghiaccio come souvenir. L'orchestra si posizionò addirittura nel salone di prima classe e cominciò a suonare musica sincopata; si spostò poi all'ingresso dello scalone sul ponte lance.

La posizione registrata del Titanic al momento dell'impatto fu Lat. 41° 46' Long.N 50° 14' O. Il relitto fu trovato in Lat. 41° 43' N - Long. 49° 56' O.

I passeggeri di prima e seconda classe ebbero facile accesso al ponte lance tramite le scale che conducevano al ponte, mentre i passeggeri di terza ebbero notevoli difficoltà a trovare il percorso. Del totale dei passeggeri di terza classe se ne salvò solo un terzo, dando origine alla "leggenda" – supportata da alcune testimonianze – secondo cui vennero intenzionalmente trascurati.

 

L'ordine di far salire donne e bambini di terza classe sul ponte lance pare che fosse arrivato alle 00,30, quando un cameriere guidò piccoli gruppi di persone attraverso il dedalo di passaggi e il largo corridoio detto Scotland Road sul ponte E.

 

Intanto, poco dopo mezzanotte, il 4º ufficiale Boxhall scorse le luci di una nave a circa 10 miglia di distanza (si trattava del Californian) e fu autorizzato da Smith a sparare gli otto razzi di segnalazione, uno ogni cinque minuti, senza alcun risultato. Più o meno allo stesso momento, il Comandante si recò personalmente in sala radio a consegnare una richiesta di aiuto ai due marconisti, i quali, dopo aver usato il CQD, a partire dalle 00,45 cominciarono ad inviare l'SOS, il nuovo segnale di soccorso che aveva sostituito ufficialmente dal 1908 il precedente CQD. I marconisti si servivano raramente del nuovo segnale, che cominciò ad essere utilizzato universalmente dopo che Harold Bride lo usò a bordo del Titanic. A quell'epoca, inoltre, non tutte le navi avevano un servizio radio. Diversi bastimenti risposero, tra cui l'Olympic, ma erano tutti troppo lontani per intervenire in tempo.

 

Il primo uomo ad aver ricevuto una richiesta di soccorso è stato Arthur Moore. La nave più vicina era il Carpathia, distante 58 miglia; il marconista Cottam restò allibito quando ricevette un messaggio di soccorso dal celebre transatlantico al viaggio inaugurale e svegliò di corsa il capitano Arthur Rostron per comunicare la notizia. Subito fu dato ordine di invertire la rotta e dare tutto vapore, ma il Carpathia sarebbe giunto sul posto in non meno di quattro ore. Nell'ultimo messaggio captato dal Carpathia, alle 01,45, il marconista inviò: «Vieni il più presto possibile, amico. La nostra sala macchine si sta riempiendo fino alle caldaie.»

 

Un'ora dopo l'impatto con l'iceberg, il Titanic aveva imbarcato almeno 25 milioni di litri d'acqua e la situazione cominciò ad assumere aspetti drammatici; il ponte di prua si stava inondando e tutte le lance tranne due si erano già allontanate. A bordo rimanevano ancora più di 1.500 persone. Alcuni passeggeri tentarono di assaltare le ultime lance e il 5º ufficiale Lowe si vide costretto a sparare alcuni colpi di pistola in aria per allontanare la folla. Anche il Commissario di bordo sparò due colpi di pistola in aria, mentre Murdoch sventava un assalto alla barca n. 15.

 

Archibald Gracie ricorderà in seguito che l'orchestra di bordo continuò a suonare almeno fino all'1,40 circa. Riferì anche che alcuni suoi conoscenti (i signori Millet, Moore, Butt e Ryerson), una volta accortisi che non c'erano più lance, si misero a giocare a carte indifferenti a quel che accadeva. La signorina Katherine Gold (una cameriera che si trovava a bordo di una delle lance), vide da lontano tanti uomini seduti sul ponte A al suono di un ragtime. Udì anche un valzer ma non ricordò quale.

 

L'ultimo brano suonato dall'orchestra fu un inno religioso, forse Autunno o più probabilmente Nearer, My God, to Thee (Più vicino a te, mio Dio).

 

 

Fasi finali dell'affondamento

Secondo le testimonianze dei sopravvissuti, e tramite le ricostruzioni effettuate grazie al relitto, si è stabilito che verso l'1,30 la prua della nave era completamente sommersa, con la poppa fuori dall'acqua. Prima di ritirarsi in plancia, sembra che il capitano avesse invitato i passeggeri ad esser galantuomini: «Be English!», (siate inglesi), diramando poi l'ordine «Save yourselves, if you can!» (si salvi chi può) liberando l'equipaggio dal suo lavoro. Thomas Andrews, il costruttore, aveva trascorso le ultime ore cercando di rassicurare passeggeri e camerieri incitandoli ad indossare i salvagente dicendo: «Giù di sotto è tutto in pezzi ma non affonderà se reggono le paratie poppiere». Alla fine fu visto dal cameriere John Stewart, in piedi, nel salone fumatori, con lo sguardo fisso su un quadro: Il porto di Plymouth, del pittore Norman Wilkinson.

 

Il cameriere (che riuscì a salvarsi) gli chiese se non voleva fare nemmeno un tentativo, ma Andrews restò lì come inebetito. Ida Straus rifiutò di salire sull'ultimo posto dell'ultima scialuppa per restare accanto al marito, Isidor Straus. Anche di Benjamin Guggenheim si ha una testimonianza curiosa, secondo la quale egli rifiutò il salvagente indossando l'abito da sera insieme al suo segretario: «Ci siamo messi gli abiti migliori e affonderemo come gentiluomini.» La frase passò alla storia ma non è chiaro a chi fosse rivolta. Il direttore del ristorante, monsieur Gatti, se ne stava in disparte in mantello e tuba, mentre il milionario J.J. Astor – che si era visto rifiutare da Lightoller un posto nella scialuppa n. 4 accanto alla moglie – rimase sul ponte lance fino alla morte.

 

Si disse che avesse messo in testa ad un ragazzino un cappello da bambina dicendo: «Ecco, adesso puoi andare». Poco dopo le 2,00 Lightoller tentò di calare in mare il battello pieghevole B arrampicandosi sul tetto degli alloggi ufficiali, ma non ci riuscì. Il pieghevole A venne portato via dal risucchio galleggiando capovolto. Il D venne calato in mare con 44 persone a bordo (la capacità era di 47) dopo che Lightoller e i suoi marinai lo difesero dall'assalto dei passeggeri tenendosi per le mani formando una catena umana. Queste lance erano le ultime lance rimaste a disposizione. Il colonnello Gracie riferì che in quel momento una folla immensa proveniente dai piani inferiori emerse coprendo tutto il ponte lance: si trattava dei passeggeri di terza classe rimasti fino ad allora sottocoperta. Circa un centinaio di persone si radunarono intorno a due sacerdoti e cominciarono a recitare il rosario. Con loro arrivarono anche tutti i macchinisti, che avevano lavorato alle pompe ritardando il più possibile l'affondamento e assicurando la luce elettrica fino quasi alla fine.

 

L'affondamento in un dipinto d'epoca di Willy Stower.

I macchinisti morirono tutti. Verso le ore 2,10 la poppa si era sollevata al punto da formare un angolo di 30° con la superficie del mare, stagliandosi contro il cielo stellato. La forza terrificante generata dall'emergere dello scafo provocò il lento schiacciamento della chiglia e la dilatazione delle sovrastrutture, che portarono lo scafo quasi al punto di rottura. Secondo i calcoli effettuati dagli scienziati della spedizione del 1997, sul Titanic agì in quel momento una pressione di tre tonnellate per centimetro quadrato. La ciminiera di prua si staccò, mentre l'acqua ruppe i vetri della cupola e inondò lo scalone riversandosi nella nave.

 

Alle 2,20 anche la parte poppiera si inabissò, portando a termine la breve vita del Titanic.

Le operazioni di salvataggio

La quasi totalità dei 706 superstiti risultò consistere nelle persone che avevano preso posto sulle lance, mentre pochissimi furono i superstiti tra quanti si trovavano a bordo del Titanic nella fase finale dell'affondamento. La temperatura era di circa 0 gradi e tutti coloro che erano in mare avrebbero potuto resistere al massimo 10 minuti prima di assiderarsi. Infatti, gran parte dei naufraghi morì appunto per ipotermia e non per annegamento, dato che quasi tutti indossavano il giubbotto salvagente. Nessuno fu vittima degli squali (peraltro presenti anche a quelle latitudini) e nessuno fu vittima del risucchio verso il fondo che si creò al momento dell'affondamento. Delle circa 1.550 persone che erano a bordo del Titanic, nella fase conclusiva dell'affondamento, quando 18 delle 20 lance erano state calate (le rimanenti due, le pieghevoli «A» e «B», non poterono essere calate e furono trascinate in mare quando la nave affondò), i sopravvissuti furono circa 50-60.

 

Otto membri dell'equipaggio, due dei quali morirono per ipotermia dopo il salvataggio, furono recuperati dalla scialuppa numero 4, la penultima a lasciare la nave, che, al comando del timoniere Walter Perkins, si era trattenuta nei pressi del transatlantico allo scopo di imbarcare altri passeggeri dai portelloni laterali (che però furono trovati chiusi) e che si avvicinò agli uomini in mare, recuperando quelli che riuscirono a raggiungerla a nuoto.

Due lance di salvataggio del Titanic fotografate da bordo del Carpathia; la scialuppa sulla destra è la n. 14, sulla quale si trovava il 5º ufficiale Harold Lowe.

Altri quattro naufraghi, uno dei quali deceduto dopo il recupero, vennero tratti in salvo dalla scialuppa n. 14, che, al comando del quinto ufficiale Harold Godfrey lowe, fu l’unica imbarcazione a tornare verso il gruppo dei naufraghi in cerca di superstiti. Ad eccezione delle persone recuperate dalle lance n.4 e n.14, gli unici altri superstiti tra quanti erano a bordo del Titanic nei suoi minuti finali furono 40-50 persone che riuscirono a raggiungere i relitti delle lance pieghevoli «A» e «B».

 

Venti o trenta naufraghi riuscirono a raggiungere la pieghevole «A», rimasta alla deriva semiallagata (all'interno vi erano 30-35 centimetri d'acqua) e con i fianchi di tela abbassati, tanto che i superstiti dovettero trascorrere ore con l’acqua alle ginocchia, ma molti di essi non erano riusciti a salire sull’imbarcazione, ma solo ad aggrapparsi al suo bordo, in particolare gli ultimi arrivati, già troppo sfiniti ed assiderati per riuscire a salire, morirono di ipotermia nel corso della notte, mentre i sopravvissuti, il cui numero non è mai stato del tutto accertato ma risulterebbe verosimilmente ammontare ad una cifra compresa tra le 14-15 (nove o dieci passeggeri – tre di prima classe e sei o sette di terza classe – e cinque membri dell’equipaggio) e le 18-20 persone, vennero recuperati, la mattina seguente, dalla scialuppa n.14.

 

Tra i superstiti della pieghevole «A» vi fu anche Rhoda Mary Abbott, l’unica donna sopravvissuta a non essere salita su una scialuppa prima del definitivo inabissamento. Alcune decine di superstiti si arrampicarono invece sul relitto della pieghevole «B», che si era capovolta, ma alcuni dei naufraghi, tre o quattro, secondo quanto riferito dai superstiti, tra cui il primo radiotelegrafista John George Phillips e probabilmente anche il passeggero di terza classe David Livshin, morirono anch’essi d’ipotermia nel corso della notte, mentre 30 superstiti (11 passeggeri – tre di prima classe, uno di seconda classe e sette di terza classe – e 19 membri dell’equipaggio) vennero presi a bordo, la mattina successiva, dalle lance 4 e 12. Tra i superstiti della pieghevole «B» vi furono il secondo ufficiale Charles Herbert Lightoller, il secondo radiotelegrafista Harold Sidney Bride ed i passeggeri di prima classe Jack Thayer ed Archibald Gracie, che furono tra i principali testimoni oculari delle fasi finali dell’affondamento del Titanic. Il capo panettiere Charles John Joughin affermò di essere sopravvissuto in acqua per circa due ore, prima di riuscire a raggiungere dapprima la pieghevole «B» ed in seguito la scialuppa n.12, sopravvivendo senza quasi riportare sintomi di congelamento, ma il suo racconto è discusso.

 

L'unica altra scialuppa a recuperare dei superstiti dall'acqua fu la scialuppa pieghevole «D», i cui occupanti trassero in salvo il passeggero di prima classe Frederick Maxfield Hoyt, che era riuscito a raggiungere a nuoto la scialuppa, una delle più vicine al Titanic. Verso le 8 della mattina, giunse sul posto il Carpathia che recuperò i naufraghi sopravvissuti sulle lance. Le salme di quattro vittime decedute a bordo delle lance furono sepolte in mare dal piroscafo. A bordo fu poi tenuta una cerimonia religiosa per i dispersi ed alle 8,50 la nave partì per New York, dove arrivò il 18 aprile con 706 superstiti.

 

Le lance insufficienti

La legge emessa nel 1894 obbligava ad installare un minimo di sedici lance sulle navi eccedenti le 10.000 tons., all'epoca in cui la nave più grande del mondo: il Lucania pesava 13 000 tonnellate. Tuttavia, col passare del tempo, la legge non venne mai adeguata in proporzione all'aumento del tonnellaggio e nessuno si preoccupò di correggere la differenza. Il numero di lance a bordo del Titanic era quindi perfettamente in regola nonostante la nave pesasse 46.000 tonnellate. L'errore era ormai nettamente evidente nell'ambiente navale, tant'è vero che uno dei progettisti della White Star – Alexander Carlisle – fece installare sul Titanic le nuove gru di tipo "Welin", che potevano sostenere complessivamente 32 lance e ammainarne 64 (i bracci delle gru erano rotanti). Tuttavia, le lance aggiuntive non furono mai installate e la White Star si accontentò di aggiungerne soltanto quattro smontabili, più piccole, del tipo "Engelhardt". Pare che le decisioni finali siano state del progettista William Pirrie e di Bruce Ismay, secondo i quali il ponte lance con 16 lance avrebbe avuto un aspetto più dignitoso. Alla fine, Carlisle accettò la situazione dicendo: "A meno che il Board of Trade e i governi non costringano a installare un numero sufficiente di lance, nessun costruttore può permettersi tanto peso inutile".

Il problema delle paratie stagne

Come se non bastasse, la sciagurata decisione di eliminare ben 28 lance dal novero delle 48 previste (ne rimasero 16 in legno e 4 pieghevoli tipo Engelhardt), il presidente della White Star Line, Bruce Ismay, si rese responsabile anche della decisione di abbassare le paratie stagne per far posto ad un salone che avrebbe dovuto essere «…il più maestoso a memoria d'uomo». Prima della partenza, gli ispettori del Ministero del Commercio britannico fecero rilevare che era avventato aver abbassato le paratie stagne, ma concessero ugualmente il nulla osta alla partenza della nave. Le paratie vennero abbassate dai 4,5 m previsti dal progetto originale a 3 m, e questo risulterà fatale alla nave in quanto i compartimenti stagni non lo erano del tutto. Infatti, la riduzione dell'altezza delle singole paratie fece sì che esse non raggiungessero il tetto del compartimento, che stagno – a questo punto – non era più. Il mancato isolamento dei compartimenti danneggiati, durante l'appruamento, originò un sistema a "vasi comunicanti", tale per cui, quando un compartimento stagno si riempiva d'acqua, questa tracimava a cascata, causa il fatto che la paratia non chiudeva ermeticamente il vano non raggiungendo il tetto: si riempiva quindi il successivo e così via fino a che tutto lo scafo della nave si trovò invaso dall'acqua. Questa risultò – con ogni probabilità – esser stata la reale causa del rapido affondamento della nave, nonostante la buona qualità dell'acciaio impiegato.

 

L’affondamento del Titanic rappresentò la fine di un’epoca, il sogno infranto della Belle Epoque. Come per la caduta dell'Impero Babilonese, l’affondamento del Titanic ha rappresentato il simbolo dello sgretolamento di orgogliosi imperi, con una simile mescolanza di ricchi, borghesi e poveri tutti destinati insieme all'abisso. Era la fine di una leggenda che sposava la tecnologia alla ricchezza, il materialismo al romanticismo, l’illusione alla fantasia.

 

Nella notte tra il 14 e il 15 aprile 1912 furono – forse per l’ultima volta – rigorosamente applicate le regole di una cavalleria un po’ romantica che costituiva, in senso esteriore, il punto d’arrivo della civiltà occidentale. Furono salvate per primi le donne e i bambini mentre gli uomini (e fra essi miliardari famosi) si rassegnarono a perire con dignità di gentlemen. Tramontò il mito dell’indistruttibilità di un prodotto della tecnologia moderna. Un mondo che sembrava sicuro e inviolabile, soprattutto per i ricchi, affondò insieme col transatlantico.

 

La tragedia che coinvolse la famosa nave non è solo da considerare come uno spiacevole e mortale incidente. Esso ha influito in maniera molto più incisiva nella coscienza dell’intero globo. A partire dagli anni ’30 del XIX secolo si erano diffuse idee di grande fiducia nei confronti della scienza e si credeva che la tecnologia potesse risolvere le problematiche della vita degli uomini. Inoltre, tutto ciò si inseriva in un quadro geo-politico di sostanziale stabilità: era la Belle époque. Si può ben capire come in un siffatto contesto l’affondamento di una nave ritenuta inaffondabile potesse colpire la coscienza generale. Il discorso diviene più chiaro se si tiene presente che solo due anni dopo l’Europa sarà coinvolta nella Grande Guerra che spazzerà via ogni speranza provocando la fine di buona parte delle classi dirigenti.

 

Il Titanic non rappresentò la fine di un'era ma un momento di pausa e riflessione sul fatto che forse non siamo così potenti come crediamo, con l'augurio che non ci sia più una "signora grigia", una "signora elegante" che abbia una così tragica fine.

CRONOLOGIA DELL’AFFONDAMENTO DEL TITANIC

0:30 – Iceberg spotted.

1:05 – Titanic collides with iceberg.

6:06 – The ship has stopped as damage inspections are carried out.

7:44 – Captain Smith orders engines to ‘Half Ahead’.

19:41 – Titanic stops for the last time.

20:04 – Excess steam is vented.

38:08 The Titanic begins taking on a ‘starboard list’.

43:03 – Thomas Andrews estimates 1-2 hours before the ship sinks.

46:23 – The first distress calls are sent out.

48:38 – Lights of another ship are spotted on the horizon.

53:07 – Most lifeboats are prepared to evacuate passengers.

58:20 – Carpathia responds to Titanic’s distress calls.

1:01:29 – Lifeboat 7 is launched.

1:05:03 – Lifeboat 5 is launched.

1:05:21 – The D-Deck gangway doors are opened.

1:06:04 – The telegraph operators begin using ‘SOS’.

1:07:22 – Lifeboat 5 encounters lowering difficulties.

1:08:02 – Officer Boxhall launches the first distress rocket in an attempt to signal the ship on the horizon.

1:10:24 – The Carpathia confirms it is on it’s way.

1:11:03 – Steam stops venting from the funnels.

1:13:20 – The starboard list is eliminated as Boiler Room 5 floods.

1:21:28 – Lifeboat 8 leaves.

1:28:22 – Suction pumps are activated.

1:31:33 – Lifeboat 6 is launched.

1:36:57 – Water is up to the Titanic’s nameplate.

1:39:37 – Titanic begins listing to port.

1:41:43 – Lifeboat 16 is launched.

1:46:54 – Lifeboat 14 is launched.

1:51:18 – Lifeboat 14 is dropped 4 feet into the sea from its falls after they jammed.

1:51:42 – Lifeboat 12 is launched.

1:52:29 – Lifeboat 9 is launched.

1:58:53 – Lifeboat 11 is launched.

2:00:41 – Lifeboat 13 is launched.

2:05:21 – Lifeboat 13 is pushed aft by the discharging condenser, jamming it on the falls.

2:05:50 – Lifeboat 15.

2:05:42 – Lifeboat 13 cannot release itself as Lifeboat 15 comes down on top of it.

2:07:07 – Lifeboat 13 is released and is pulled out from underneath Lifeboat 15 as 15 lands in the water.

2:07:38 – Lifeboat 2 is launched.

2:09:31 – The lights on the horizon disappear.

2:11:52 – Lifeboat 4.

2:12:22 – Lifeboat 10.

2:22:12 – It is now 2AM. The Titanic has 20 minutes left.

2:26:10 – Collapsible Boat D is launched.

2:29:39 – The last messages from the Titanic are heard.

2:30:46 – Collapsible A is slid off the Officers’ Quarters roof.

2:31:03 – The Wireless Room is abandoned.

2:31:42 – Collapsible B is thrown from the roof of the office quarters. It lands upside down in the water.

2:34:01 – Survivors distinctly hear 4 explosions from deep within the ship.

2:39:23 – All remaining power is lost. The ship breaks in two.

2:40:36 Titanic is gone. Rescuers do not arrive for another hour and 40 minutes.

2:40:51 – Titanic is heard below the surface as it breaks apart, implodes and falls to the sea floor.

 

TUTTI I NUMERI DEL TITANIC

http://www.titanicdiclaudiobossi.com/Html/Tutti%20i%20numeri_42.htm 

 

 

 

 

CARLO GATTI

 


30 Marzo 2015

 

 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

Pino SORIO

Il Titanic ormai libero e pronto per il varo il 31 maggio 1911. Lo scalo lungo il percorso é già stato cosparso di 22 tons di sego, olio di balena e sapone in pasta.


 

Particolare dell'invasatura


Alle 12.15 del 31 maggio 1911 anche la poppa é libera ed il Titanic ormai é pronto per andare incontro al proprio destino

 


 

 

 

Poco dopo mezzogiorno, ad un gesto di Lord William James Pirrie, il Titanic viene lanciato in mare alla velocità di 22 nodi

Il Titanic subito dopo il varo


Il 3 Febbraio il Titanic entra in bacino per terminare i lavori di pitturazione

Il Titanic in allestimento in banchina con soli tre fumaioli

La pitturazione é quasi terminata

Belfast, sabato 6 Aprile 1912, il Titanic parte per prove in mare

Le prove furono effettuate per sole 12 ore


Titanic e Olympic

Successivamente la nave raggiunse il porto di Southampton e partì per il viaggio inaugurale il 10 Aprile 1912

Scala dal cielo a vetri della 1a classe

Veranda caffé vista dall'esterno

Veranda caffé vista dall'interno

Il ponte principale del Titanic in fase di completamento

Imbarco del fumaiolo

Il fumaiolo del Titanic

L'asse dell'elica centrale del Titanic in lavorazione al tornio

Uno dei due assi laterali del Titanic pronto per essere imbarcato

Particolare dell'asse dell'elica laterale carenato allo scafo

Le tre eliche dopo il montaggio

L'elica centrale del Titanic

Montaggio delle eliche

La macchina del timone del Titanic

Il timone del Titanic

Il ponte intermedio in costruzione

Il cielo del doppiofondo ormai stagno del Titanic

Il pistone idraulico allestito in occasione del varo per fornire la spinta iniziale che doveva consentire al Titanic di scorrere lungo lo scalo.

La Sala Macchine del Titanic


Il Motore a 4 cilindri a triplice espansione di vapore del Titanic
in assemblaggio quasi pronto per le prove al banco.

Albero a gomito pronti

Rotore turbina del Titanic in lavorazione

Rotore della turbina del Titanic in lavorazione sul tornio

Involucro contenente il rotore della turbina a vapore

Le 29 caldaie del Titanic

Particolari costruttivi delle porte stagne del Titanic

 

 

 

 


GEORGES VALENTINE - IL VELIERO RITROVATO

 

GEORGES VALENTINE

IL VELIERO RITROVATO

IL GEORGES  VALENTINE ERA STATO COSTRUITO A LIVEPOOL NEL 1870.  ATTRAVERSO’ L’OCEANO E ANDO’ A NAVIGARE INTORNO AL MONDO,  CON VIAGGI DALLA FLORIDA   VERSO L’AUSTRALIA !

NEL 1904 NAUFRAG0’ PRESSO STUART,  IN FLORIDA. MA  DOPO CENTODIECI  ANNI TORNO’ A CAMOGLI GRAZIE ALL’ASSOCIAZIONE CAPITANI E MACCHINISTI E AL MUSEO MARINARO GIO BONO FERRARI.

Il Comandante Roberto VOLPI

Una storia incredibile, legata a Camogli e alla sua marineria! Dopo molti decenni,  per la curiosità di un Comandante di Navi da Crociera,  Roberto Volpi, viene alla luce uno di quei naufragi che  chiameremmo spettacolari, e che una volta, purtroppo, non erano rari quando si navigava spinti soli dal “buon vento”.

Nel 1870, a Liverpool, dopo la sua costruzione nel 1869, viene registrata, dai LLOYDS di Londra,  una nave , che prende il nome di “ CAPE  CLEAR” per conto della Società MEIERS and COMPANY. In realtà si trattava di un piroscafo a un’elica, di 767 Tonnellate di registro, scafo in acciaio con vele ausiliarie, classificato  nell’uso comune “Vapore con Vele”.

Dopo il varo la nave fu impiegata nelle rotte Liverpool - Australia per il trasporto di passeggeri e merci varie.

Nel 1889 il “Cape Clear” fu venduto ad una compagnia di Navigazione Francese, con sede a Bordeax, che addirittura trasformò  il Piroscafo in Brigantino a Palo, eliminando la parte motrice a vapore, eccetto una caldaia. La Nave, così trasformata fu rinominata GEORGES VALENTINE e successivamente veniva venduta ad un armatore di DUNKERQUE.

Nel 1895 fu acquistata dagli armatori camogliesi Mortola e Simonetti  per essere adibita a viaggi regolari  per il trasporto del legname dal porto di Pensacola (Florida) per il Sud America.

Questa trasformazione “al contrario”, oppure in “controtendenza”   da Vapore a Brigantino a palo, rispetto all’evoluzione del tempo,  é davvero sorprendente...!

Nell'ottobre del 1904, per proseguire nel nostro racconto, il brigantino a palo GEORGES VALENTINE salpò da Pensacola per Buenos Aires con un carico di travi di mogano.

L'equipaggio consisteva in dodici uomini di differenti nazionalità, al comando del Cap. PROSPERO MORTOLA detto “TESTANEIGRA” di Camogli.

Il viaggio iniziò con tempo buono e venti favorevoli che si mantennero per tutta la traversata del Golfo del Messico. Il 13 ottobre era in vista delle luci dell'AVANA.

Improvvisamente, mentre era impegnato nell'attraversamento dello stretto della Florida, il brigantino fu investito da forti venti di burrasca che sostenne per un giorno e mezzo, senza riportare avarie. Nonostante ciò, dato il perdurare della burrasca, il Capitano preoccupato per la sicurezza dell'equipaggio e della nave,  ad un certo punto ordinò il gettito a mare del carico sopra coperta con l'intento di alleggerirla e migliorarne la stabilità.

Il terzo giorno le condizioni meteomarine peggiorarono ulteriormente, con venti forti, violenti piovaschi e mare molto agitato, con onde che spazzavano continuamente la coperta.

Il Capitano Mortola sapendo di essere scarrocciato verso la costa di sottovento, tentò ogni possibile manovra per mantenere il GEORGES VALENTINE in acque profonde, ma tutto fu inutile. Verso le 8.00 di sera del 16 ottobre, nel fragore delle onde che si infrangevano contro la   scogliera, la poppa urtò un banco di roccia sommerso e in breve tempo l'intero scafo fu sospinto contro la costa.

Nell'urto,  i tre alberi d'acciaio,  furono abbattuti uccidendo nella caduta uno degli uomini dell'equipaggio. Il cassero e le lance di salvataggio furono spazzate via dalle onde. Anche l'equipaggio, privo di ogni riparo, venne trascinato in mare e sospinto verso la costa molto accidentata.

Casa Rifugio com'era, com'é

Victor Erickson, un marinaio svedese, fu il primo a toccare terra, sostenendo l'ufficiale Ernest Bruce, troppo debole per lottare contro il mare. I due risalirono la pericolosa costa rocciosa nudi, feriti, stanchi e infreddoliti e raggiunsero la Casa Rifugio a Gilbert's Shoal, dove svegliarono il responsabile della struttura, il Capitano William  Rea, che diede immediato aiuto ai due uomini e organizzò la ricerca degli altri naufraghi.

La Casa Rifugio di Gilter's Bar, costruita nel 1876, è l'unica rimasta delle dieci Case Rifugio edificate dal Governo degli Stati Uniti lungo la brulla costa orientale della Florida, per offrire  assistenza ai superstiti dei numerosi naufragi che si verificavano lungo quella costa. Infatti i naufraghi che riuscivano a raggiungere la riva, generalmente in cattive condizioni fisiche per i traumi subiti nel disastro della loro nave, spesso morivano per mancanza di aiuto.

I custodi di queste Case Rifugio percorrevano la costa, specialmente dopo le tempeste, alla ricerca di persone che necessitavano di assistenza in seguito ai “non rari naufragi”.

Attualmente, la Casa Rifugio di Gilter's Bar,  è adibita a Museo, ma durante l'ultimo conflitto, tra 1942 e il 1945 fu ancora utilizzata come punto di osservazione per l'avvistamento di eventuali sommergibili tedeschi.

Erickson, si pose in alto sulle rocce, con una lanterna, per guidare i restanti membri dell'equipaggio sopravvissuti verso la salvezza, sfidando con il Capitano Rea il pericolo di essere colpiti dal legname trasportato dalla nave, scaraventato sulla costa dal vento. Le ricerche durarono per tutta la notte e portarono al ritrovamento di altri cinque uomini.

Tutti avevano riportato ferite, lacerazioni e fratture agli arti e furono aiutati a raggiungere la Casa Rifugio, dove vennero rifocillati e curati.

La tempesta imperversò ancora per due giorni e l'intero equipaggio del brigantino a palo sarebbe sicuramente perito se il naufragio non fosse avvenuto nei pressi della Casa Rifugio.

Nessuno dei cinque uomini mancanti, tra cui i camogliesi Prospero Modesti, allievo ufficiale, Francesco Schiaffino detto “Barbasecca”, nostromo e Filippo Chiesa, dispensiere, fu recuperato.

Il Georges Valentine divenne la loro tomba.

Quattro giorni  dopo il  Naufragio del Brigantino Camogliese, Il 17 ottobre 1904, durante la stessa tempesta, la nave spagnola “Cosme Calzado” si incagliò tre miglia a nord del Georges Valentine. Dei sedici uomini d'equipaggio uno solo annegò, impigliato nel sartiame, mentre gli altri riuscirono a guadagnare la spiaggia e a rifugiarsi in un capanno, sino a quando furono trovati e ospitati nella Casa Rifugio insieme all'equipaggio del Georges Valentine.

Il Capitano Rea e sua moglie, con l'aiuto di alcuni residenti locali, curarono tutti i naufraghi, sino a che furono in condizioni di intraprendere il viaggio verso le loro case.

Il Capitano Rea dichiarò: “Con questi due equipaggi abbiamo avuto scozzesi, russi, italiani, spagnoli e svedesi; mai tanti naufraghi erano stati ricoverati insieme nella Casa Rifugio, eppure tutto è andato bene e tutti hanno collaborato. Quando finalmente li ho accompagnati  a Jacksonville per il rimpatrio tutti gli uomini mi hanno salutato sull'attenti e il Capitano Mortola, abbracciandomi, mi ha detto commosso “Good-bye Captain, non ci rivedremo più'”.

Il George Valentine, del valore di  18,000 dollari, andò completamente perduto, mentre il carico di travi di mogano, per buona parte recuperato sulla scogliera e sulla spiaggia, con un valore iniziale di  7,000 dollari, fu venduto all'asta per soli 200 dollari.

Molti dei travi recuperati sulle spiagge o sulla costa, furono usati per la costruzione di case nella zona di Stuart in Florida.

Tutti gli uomini degli equipaggi dei due velieri rientrarono alle loro case, tranne un russo, Edward Sarkenglov, che cambiò nome in Ed Smith e divenne un pescatore locale, conosciuto come “Big Ed”.

Capitan Rea e sua moglie restarono alla Casa Rifugio sino al maggio 1907.

Questa è la storia del Georges Valentine, una storia drammatica, con risvolti tragici per la perdita di vite umane, ma soprattutto di solidarietà allo stesso tempo. Una storia sconosciuta, fino a poco tempo fa,  dai conservatori  della Storia Marinara di Camogli del Museo Marinaro Gio Bono Ferrari.

Ma ecco che il caso e la curiosità di un camogliese la riporta alla luce.

Al centro, il comandante Roberto Volpi

Bruno Malatesta a sinistra ospite della Casa Rifugio

Da sinistra: G.Massone, N.Andreatta, G.Gazzale, Pro.Schiaffino, C.Gatti, Mario Peccerini

Un membro veterano della Società Capitani di Camogli, il Comandante Roberto Volpi, comandante di prestigiose e moderne Navi da Crociera, contattò dalla Florida, dove si trovava imbarcato,  il Capitano  Bruno Malatesta, vice presidente della Società Capitani e Macchinisti. Egli riferì che a Stuart, circa 150 kilometri a Nord di Miami, si trovava un Museo che conservava alcuni reperti di un veliero camogliese, il Georges Valentine.

Qui ci fermiamo un momento per sottolineare la continuità della nostra tradizione marinara: un capitano di oggi che ha studiato al nostro Istituto Nautico – responsabile della vita di migliaia di persone e della sicurezza della sua nave - riportava alla luce dei fatti riguardanti la nave di un capitano camogliese di oltre cento anni fa!

Il Comandante Volpi, inviò a Malatesta  una documentazione riguardante i registri di accoglienza della Casa Rifugio di Gilbert’s Shoals, nelle vicinanze di Stuart. Quei fogli parlavano di un naufragio dove persero la vita delle persone e nel quale il brigantino camogliese Georges Valentine” fu dichiarato “perdita totale”.

I nomi registrati dall’allora responsabile della Casa Rifugio, Capitano William  Rea, riportati in maniera scorretta, erano  inconfutabili nomi camogliesi.

Bisognava però saperne di più: al giorno d’oggi è difficile far funzionare la macchina del tempo che ti riporta 110 anni indietro; per alimentarla hai bisogno di documentazione e ricerca che sono propellente raro, poiché introvabile in rete.
Ma l’occasione era ghiotta: ci veniva fornito il segmento finale, dice Malatesta,  di una tragica storia che, sul versante americano era motivo di interesse culturale,  ma per noi era anche la conoscenza di fatti tragici che coinvolsero dei concittadini naviganti.

Ovviamente iniziò una fitta corrispondenza con la direttrice capo del Museo di Stuart, Janet Hendrix, la quale ci fornì della preziosa documentazione, a noi completamente sconosciuta. Dal canto nostro, avevamo poco da offrire, se non la certezza che quei nomi riguardavano Camogli e la sua tradizione marinara e così, Malatesta,   si impegnò  ad effettuare delle ricerche.

Ma ecco finalmente la corrispondenza inconfutabile: nel famoso testo di Gio Bono Ferrari, “Capitani e Bastimenti di Liguria”, esattamente a Pag.478  - è sempre Malatesta che parla -  trovai l’annotazione che, a grandi linee, descrive il naufragio del Georges Valentine! Anche noi avevamo finalmente un riscontro ufficiale!

Immediatamente lo inviai alla signora Hendrix per un confronto, e di lì nacque un solido legame tra due remoti punti geografici della vita di questo veliero. Specifico qui che nella lista dei diplomati nautici del 1883, a Camogli, c’era solo la sezione Coperta, ed è riportato  elencato il nome Prospero Mortola, che all’epoca dei fatti avrebbe avuto circa  quarantanni.  Ogni ulteriore informazione – forse da San Rocco, dove il cognome Mortola è  molto comune - sarebbe  benvenuta.

Prospero Modesti, l’Allievo ed il suo compagno di classe,  Bartolomeo Simonetti, anch’egli forse Allievo,  si diplomarono al nostro Istituto Nautico nel 1903, cioè l’anno prima del naufragio, per cui erano ovviamente giovanissimi.

Il ricordo  del Georges Valentine che naufragò nel 1904, è ancora vivo e tangibile ai nostri giorni in Florida. A circa 50 metri dalla scogliera di Gilbert’s Shoals, ancora adesso,  incredibilmente,   i suoi resti strutturali sono   visibili  in fondo al mare a circa 12 metri di profondità. L’ossatura delle sue ordinate e della  chiglia, sono  diventate un paradiso per gli escursionisti subacquei ed è l’undicesima  “Area Protetta Marina” dello Stato della Florida.

In queste foto vediamo i resti dello scafo del Georges Valentine che giace su bassi fondali visitati dai sub.

Non solo, anche  RAI 3, poco più di una anno fa, si interessò alla storia del Georges Valentine. Lo stesso Malatesta collaborò a realizzare un interessante filmato  e ne venne fuori un ottimo servizio su Camogli e la sua importante  tradizione marinara.

Casa Rifugio per i naufraghi

Ma la storia non finisce qui, nel Giugno del 2014, racconta sempre Malatesta,  “mi recai in Florida,  per  visitare la “Casa Rifugio” ancora perfettamente conservata,  che oggi appartiene al sistema Museale Elliot. Incontrai  il Custode, Jim Mc Cormick,  ed altri suoi assistenti. Come souvenir,  dal lato camogliese, avevo un crest della Società Capitani e Macchinisti e il testo di Gio Bono Ferrari, opportunamente tradotto, nel punto in cui specificava la perdita del veliero camogliese.

Durante quella visita fui accompagnato dal Comandante Volpi che aveva segnalato per primo a noi di Camogli la connessione tra la Casa Rifugio e il  brigantino camogliese.

Rimasi entusiasmato dalle condizioni interne della Casa e dei suoi reperti, tra cui anche alcuni resti, proprio del Georges Valentine.

Le Case Rifugio, ai tempi dell’Epoca Eroica della Vela, ebbero grande sviluppo un po’ in tutto il mondo, soprattutto lungo le coste più  impervie,  privi di segnalazioni luminose e in acque ritenute pericolose dai naviganti anche per la frequenza di tempo cattivo”.

Molte sono le testimonianze che vengono descritte   nella letteratura di mare, e pensiamo sia interessate citarne alcune.

Spesso venivano redatte delle cartine come quelle qui riprodotte nel cosidetto “atterraggio” della costa inglese, della Cornovaglia. I nomi evidenziati in giallo sono quelli di velieri o navi naufragati mentre quelli sottolineati sono i nomi geografici dei luoghi. Questa che vi mostriamo,  più recente,  riporta anche il nome Torrey Canyon, una famosa petroliera che inquinò la costa inglese nel suo naugragio avvenuto nel 1967. (Vedi articolo sul sito)

La Torrey Canyon è stata una delle prime petroliere, battente bandiera liberiana ,  capace di trasportare 120.000 tonnellate di petrolio greggio.

Si arenò al largo della Cornovaglia ne 1967, causando il primo rilevante disastro ambientale dovuto allo sversamento in mare di grandi quantità di petrolio e successiva contaminazione costiera da parte del greggio fuoriuscito.

Per evitare altri danni alle coste francesi e inglesi, dato che il mare mosso impediva un intervento adeguato e non esistevano esperienze precedenti di contenimento di simili disastri, il governo inglese diede ordine alla RAF di bombardare la nave ed incendiare il petrolio fuoriuscito.

Possiamo solo commentare che per lo meno,  i velieri non erano inquinanti quando naufragavano,  mentre il progresso nell’uso del combustibile di petrolio ha portato anche a queste spaventose conseguenze, tragiche soprattutto per la fauna e flora marina. Infatti,  negli anni seguenti altre grosse petroliere provocarono disastri ambientali e non di poco conto. In seguito a questi disastri, per primo negli Stati Uniti, si sono introdotte norme di sicurezza molto più restrittive e da molti anni tutte le petroliere, devono essere costruite a doppio scafo.

Sable Island (Nuova Scozia)

Un’altra straordinaria testimonianza di quanto era dura la vita per i marinai nell’800, è questa incredibile riproduzione  dell’Isola di SABLE ISLAND cioè  Isola della Sabbia, con tutte le date e i nomi delle navi naufragate,  che si trova a circa 80 miglia a est  della Nuova Scozia,  in Atlantico.

Soprattutto per la sua posizione, e la sua costa bassa e sabbiosa,  i naufragi, sono stati incredibilmente numerosi. Sable Island è stata anche soprannominata "TRISTE ISOLA DI LUTTO", e se guardiamo questa stampa su tela,  esposta al Museo Marinaro Tommasino-Andreatta  di Chiavari,  comprendiamo facilmente il perché di questo soprannome. I marinai del tempo della vela hanno pagato prezzi spaventosi se pensiamo soltanto ai passaggi di Capo Horn o altre difficili navigazioni. Spesso,  la solidarietà umana ha cercato di lenire queste tragiche ferite che per secoli sono sono state un flagello per tanti naviganti.

Nei  maggiori porti di armamento o provenienza della “gente di mare” verso la metà dell'Ottocento  sorgeranno  delle associazioni a scopo prettamente umanitario  come la Società di Mutuo Soccorso di Lerici datata 1852 con scopi di assistenza sociale per le vittime dei naufragi o per chi rimanenva senza imbarco.

Mentre l'Assicurazione Marittima Camogliese riveste  scopi maggiormente assicurativi data la rilevanza economica armatoriale di tutto il mondo marittimo camogliese di quei tempi.

Molti anni prima, lungo le coste tempestose sorgevano le Case di Rifugio dette anche Case dei Marinai.

Molti di questi rifugi erano addirittura senza custodi dove il naufrago, infreddolito, bagnato e spesso ferito, all’interno vi trovava legna da ardere, cibo appeso al riparo dei roditori e istruzioni per raggiungere la sede di soccorso più vicina.

Un tipico esempio di questa straordinaria solidarietà era proprio l’isola della Sabbia che annovera circa 150 anni di soccorsi.

La prima stazione si formò nel 1801 e fu attiva sino al 1958. Molti naufraghi devono la vita alla preparazione e al coraggio degli equipaggi di soccorso. Chi è andato per mare sa bene che ogni puntino di questa carta ha rappresentato una tragedia. Vite perdute, famiglie distrutte, vedove  e bambini orfani.  Fin dal 1583,  i naufragi,  puntualmente registrati su Sable Island,  sono stati oltre 250. Un record non certo invidiabile crediamo.

Ma perché tanti naufragi a Sable Island!

Prima di tutto il mare attorno all’isola della Sabbia (nella foto),  è una delle zone più pescose del mondo. E’ anche vicino a una delle rotte più frequentate tra Europa e Nord America. Centinaia di navi vi passano   ogni anno.

Ma è una zona soggetta a tempeste.  Sable Island giace proprio sul passaggio della maggior parte delle tempeste che punteggiano la costa Atlantica del Nord America. Tempeste estremamente ingannevoli per i velieri che erano semplicemente spinti dal vento contro quest’isola.

La nebbia poi circonda l’isola: d’estate, l’aria calda della Corrente del Golfo produce densi banchi di nebbia incontrandosi con  l’aria raffreddata della Corrente del Labrador intorno a Sable. Sable è soggetta a nebbia 125 giorni all’anno; a Toronto,  nella costa vicina, sono soltanto 25.

Le correnti intorno a Sable sono ingannevoli. L'isola giace vicino al punto d’incontro di tre correnti oceaniche maggiori: la Corrente del Golfo, del Labrador e di Belle Isle.

Ma anche queste tragedie, per fortuna,  hanno avuto fine.

Sin dal 1947 non ci sono stati più naufragi: fino a tempi recenti, si usavano i sestanti per fare il punto nave. I  sestanti,  possiamo affermare  che  erano precisi, anche se si basavano sulla visibilità del sole o delle stelle ed erano inutili in caso di nebbia fitta o cielo coperto. In cattivo tempo, il Capitano navigava a “intuito” o meglio con la “navigazione stimata”,  usando la velocità della nave e la direzione per stimare la sua posizione. Ma anche in buone condizioni era un indovinare basato sull’esperienza. Correnti e temporali confondevano i calcoli del miglior “capitano”;  così si chiamavano sui velieri, non Comandante, come spiegano  al Museo Marinaro di Camogli.

Molti rapporti di naufragi riportano che il Capitano,  semplicemente …… “si perse”: giudicò erroneamente il punto nave e s’imbattè nell’isola della Sabbia per sbaglio.

Dopo la seconda Guerra Mondiale, il radar e altri strumenti di navigazione più avanzati in ultimo il GPS  si diffusero sulle navi mercantili. L’isola della Sabbia cessò così di essere un pericolo incombente per la navigazione.

Trascorsi 11 anni senza naufragi, l’insediamento umano fu chiuso nel 1958. Ora i fari sono automatici, la sede principale é in rovina. I  residenti permanenti di Sable sono ora mezza dozzina di osservatori meteorologici, talvolta con le loro famiglie.

Un altro aspetto di questi naufragi erano le svariate quantità di materiale di bordo compresi pezzi dello scafo che arrivavano a terra,  il cui legname serviva a molteplici usi non escluso quello edilizio. A quei tempi tutto era utile e non sono rari i saccheggi che avvenivano quando un veliero naufragava in una costa impervia. In certi casi, parliamo di qualche secolo addietro, si arrivava persino a spostare le poche e rare luci che servivano per la navigazione, ingannando il capitano e facilitandone l’incaglio in qualche scoglio. Dobbiamo anche ricordare che il calcolo della longitudine, insieme a quello della latitudine determina il punto nave, ma questo dato importantissimo  cominciò ad  assumere connotati di una certa  precisione soltanto ai primi dell’ottocento con la costruzione e la dotazione obbligatoria sulle navi di precisi cronometri di bordo in seguito alle insistenze quasi ossessionanti,  ma giuste, dell’orologiaio inglese John Harrison. Un orologiaio vinse la battaglia della Longitudine contro i "dotti" astronomi del tempo. Ma questa è un’altra storia, anche se non meno affascinante.

Abbiamo voluto collegare la straordinaria storia del Georges Valentine alle tante Stazioni di Soccorso o Case Rifugio che esistevano al tempo della vela, per far capire  una volta di più, quanto è stata dura la vita del marinaio, che spesso viveva giorni di supplizi e di paure con poco cibo, quasi sempre  avariato,  ed il mare che gli demoliva la nave. Nell’imminente naufragio,  la sua unica speranza e salvezza era una solida fede in Dio o al suo Santo protettore che spesso era l’unico salvagente al quale tenersi aggrappato.

Nave Narcissus (Quadreria Santuario di Montallegro-Rapallo)

Gli ex voto dei marinai che si trovano in molti  Santuari sparsi un po’ in tutta Italia, da Milazzo a quello di Montenero a Livorno, a quello di Montallegro, alla Madonna della Guardia o al nostro Boschetto di Camogli,  sono una rilevante testimonianza religiosa e di fede, che in mezzo ad  una tempesta è l’unica cosa in cui credere.

Possiamo solo aggiungere che il naufragio del “GEORGES VALENTINE” , grazie al Comandante Roberto Volpi,  è stato un importante  salvataggio della memoria.

Un ringraziamento è doveroso verso i membri dell’Associazione Capitani e Macchinisti, che con determinazione hanno contribuito a questa scoperta.

Mentre il Museo Marinaro, Gio Bono Ferrari,   rappresenta la memoria vivente e operante delle attività produttive della nostra gente, che permisero ai nostri padri e ai nostri nonni di crescere e prosperare.

Ancora una volta scrigno prezioso di tanti tesori, avventure e ... tempeste.

Ernani ANDREATTA

Rapallo, 4 Marzo 2015


Webmaster: Carlo GATTI


Bibliografia:

- Gio Bono Ferrari – Capitani e bastimenti di Liguria–Arti Grafiche Tigullio– Rapallo-1939

- Florida Departement of State – Division of Historical Resources

- Geaorges Valentie Archaeological Preserve – Historical Society of Martin County

- Sandra Henderson e Deanna Wintercon – Home of History –

Southeastern Printing Inc. - Stuart, Florida.

- Michael Barnett – Florida's Shipwrecks – Arcadia Publishing Charleston, S.Caroline.

Foto:

- Bruno Malatesta

- Agenzia Bozzo - Camogli

- The Historical Society of Martin County (gentilmente concesse)

-Grande Atlante del Mondo – Vallardi Editore - 1988





RMS OLYMPIC, gemella fortunata del TITANIC

LA STORIA DELLA RMS OLYMPIC

GEMELLA DELLA TITANIC

L’RMS OLYMPIC, a New York, il 21 giugno 1911

OLYMPIC, Transatlantico inglese della Compagnia White Star Line Royal Navy

 

Cantiere: Harland and Wolff, Belfast.

 

Impostata: 31 marzo 1909  – Entrata in servizio: 14 giugno1911  – Radiata: 1934

 

Demolita: 1934

 

Caratteristiche generali: Lunghezza: 269 m - Larghezza: 28 m – Altezza: 52 m

 

Pescaggio: 10.5 m – Velocità: 23 nodi – Equipaggio 899

 

La RMS Olympic era la nave gemella del RMS Titanic e della HMHS Britannic. Si può dire che fu la "'sorella fortunata'" delle tre, in quanto fu l'unica a seguire una sorte normale ed a non affondare. Fu anche la prima a essere costruita, inaugurando quindi la "Classe Olympic" della rinomata WHITE STAR Line. La Olympic e il Titanic erano praticamente identiche in lunghezza, larghezza e altezza, tranne il Britannic che era lungo 275 metri e largo 29; l'unica differenza esteriore significativa era la metà anteriore della passeggiata del ponte A, che sul Titanic e sul Britannic era coperta aumentandone conseguentemente la stazza di circa mille tonnellate.

La nave fu disegnata da William Pirrie, presidente della Harland and Wolff, e dall'architetto navale e capo progettista, Thomas Andrews.

 

Fu concepita per dominare le rotte atlantiche, insieme alla gemelle Titanic e Gigantic, e contrastare le nuove navi della compagnia rivale CUNARD LINE, RMS Lusitania e RMS Mauretania . Al momento del completamento in bacino, sarebbe stata la nave più grande del mondo.

 

Nacque così l'idea dellaClasse Olympic.

 

La costruzione dell'RMS Olympic, era finanziata dall'armatore statunitense John Pierpont Morgan con la sua società International Mercantile Marine Co. Venne registrata presso ilporto di Liverpool ed assegnato il numero ufficiale di vascello 131346 e sigla telegrafica "MKC".

 

Il progetto era ambiziosissimo. Avrebbe dovuto essere uno scafo lungo 269 metri e largo 28. Alto 53,3 metri con un pescaggio di 18. Ma non solo: l'Olympic (come le gemelle) doveva essere una nave lussuosissima, con ogni comodità all'interno, ogni sfarzo possibile. Questo valeva anche per la terza classe, la quale era molto più abitabile di qualsiasi pari classe delle altre compagnie navali. Ma soprattutto stazzante all'incirca 46.000 tonnellate (contro le 31.000 circa del Mauretania, in quel momento la più grande del Mondo).

 

Tra le altre cose, avrebbe dovuto avere al suo interno, sul ponte D, una piscina, risultando così la prima nave nella storia a possederla. Ed ancora una palestra, un bagno turco, ed un campetto di squash.

 

La propulsione era a Vapore, perciò un piroscafo, con quattro cilindri contrapposti invertibili a triplice espansione (macchine alternative) più una turbina Parson a bassa pressione. Le macchine alternative dell'Olympic e del Titanic restano le più grandi mai costruite, occupavano quattro piani in altezza sviluppando quasi 38 MW (51.000 CV) di potenza e muovevano le due eliche laterali. La turbina muoveva la sola elica centrale, la quale faceva confluire l'acqua direttamente sul timone.

 

Le caldaie erano ben 29, ognuna con un diametro di cinque metri, bruciando circa 728 tonnellate di carbone giornalmente.

 

La velocità massima era di 23 nodi (43 km/h), inferiore alla velocità del Mauretania (26/27 nodi), la più veloce del Mondo.

 

Fu sempre oggetto del debutto della nuova stazione radio, che raggiungeva una portata di ben 400 miglia (650 km), con le antenne che erano collocate sui due alberi maestri ad un'altezza di 60 metri e distanti tra loro 180 metri (in caso di emergenza, il generatore elettrico poteva essere sostituito da un generatore diesel).

 

Il ponte lance era dotato dalle nuovissime gru "Welin", progettate dallo stesso Andrews, in grado di sostenere complessivamente 32 scialuppe di salvataggio e ammainarne 64, ma fu bocciata tale proposta perché si riteneva che la nave avrebbe dato un'immagine di insicurezza con tutte quelle scialuppe sui ponti, e poi perché erano antiestetiche, perciò, alla fine furono montate soltanto 16 scialuppe.

 

Alla consegna il transatlantico costò circa 7 milioni di dollari (400 milioni di dollari odierni), una spesa enorme, coperta da un'assicurazione, che pagava nel caso di gravi incidenti (affondamento) della Nave durante il suo servizio.

 

L'Olympic rappresentava un vanto per la White Star Line, che voleva dimostrare di cosa era capace e scalzare la rivale Cunard una volta per tutte.

La Costruzione

 

Venne deciso di costruire in contemporanea Olympic (prima) e Titanic (poi), così fu realizzato un grandissimo cantiere con impalcature altissime, per poter ospitare i Transatlantici, mentre la terza nave, Gigantic, verrà realizzata una volta ultimata la prima. Visti da prua, alla Olympic spettava il posto di destra, al Titanic quello di sinistra.

 

 

 

La chiglia venne impostata il 16 settembre 1909 . Poche settimane dopo, anche il Titanic veniva impostato a sua volta. Venne impiegata molta forza lavoro per la costruzione delle due navi gemelle. La priorità era la Olympic, infatti venne impiegata più manodopera su questa nave piuttosto che sul Titanic.

 

 

 

L'Olympic venne varata il 20 ottobre 1910 , pochi mesi prima della gemella. Fu portata nel bacino di carenaggio per essere completata nelle sue sovrastrutture, dotata dei caratteristici 4 fumaioli, con i classici colori della White Star Line, installati i motori, le caldaie e le eliche. Il 1911 fu portata per la prima volta in mare per le prove di collaudo. Queste andarono a buon fine e, così, si poté far entrare l'Olympic in servizio.

 

Gli interni dell'Olympic

 

È stata la prima nave della sua classe su cui siano stati inaugurati una serie di interni di lusso che non si erano mai visti prima. Decorazioni di ogni genere, grandi scalinate, ogni comodità ed anche ogni eccesso che ci si poteva permettere. A differenza di quanto avvenuto fino ad allora, anche la terza classe era piuttosto comoda. Infatti, se paragonate con le navi delle altre compagnie, la 3ª classe della Olympic valeva, se non completamente, quasi una seconda delle altre navi rivali.

 

L'entrata in servizio

Compì il suo viaggio inaugurale il 14 giugno 1911 al comando del capitano Edward Smith, lo stesso che avrebbe condotto il Titanic nel suo unico viaggio. Il transatlantico stupì tutti arrivando a New York dopo 5 giorni, 16 ore e 42 minuti (non era il primato assoluto, detenuto dal Mauretania), senza neanche accendere tutte le caldaie, cosa che sarà fatta, invece, sul Titanic). Anche questa prima traversata, però, non fu del tutto indenne da problemi: la Olympic infatti stava per affondare unrimorchiatore durante le manovre nelporto di New York.

Durante il naufragio del Titanic

 

 

La Olympic, nel giorno del fatale scontro con l'iceberg della gemella, era anch'essa in navigazione, sulla tratta opposta, ovvero New York-Southampton, ma lontanissima dal luogo dell'incidente. La nave si trovava a circa 930 Km dal luogo della collisione con l'iceberg del Titanic. La Olympic ricevette i segnali di SOS e si tenne in comunicazione col Titanic e con le altre navi perché era dotata di un telegrafo estremamente potente, allora viaggiò addirittura a 23 nodi, per tentare di raggiungere la gemella, ma non poté fare nulla per salvare i passeggeri del Titanic poiché era troppo lontano ed il tempo non bastò. Considerando che, oltretutto, l'Olympic era già carico di passeggeri per giungere in Inghilterra, sarebbe stato difficile ospitare i naufraghi, poiché il Titanic era a sua volta pieno di passeggeri.

 

 

 

Arrivò sul luogo del disastro a mattino inoltrato quando ormai il Carpathia aveva concluso le operazioni di salvataggio. Il capitano di quest'ultima considerò l'idea di trasferire i superstiti del Titanic sulla nave gemella, così da preservare la Cunard Line da un costoso ritorno a New York, ma abbandonò l'idea sia perché la vista della nave da parte dei superstiti non doveva essere molto gradita, sia per evitare loro un ulteriore stressante trasbordo in pieno oceano.

 

Le operazioni post-Titanic

Dopo il disastro del Titanic, la Olympic fu richiamata immediatamente dalla compagnia. Si decise subito di intervenire aumentando la sicurezza della nave: fu così portata nel bacino di carenaggio dove passò oltre sei mesi. Subì un importante riallestimento: il doppio scafo venne esteso anche alle fiancate e fu aumentato il numero dellescialuppe di salvataggio. Con queste modifiche, inoltre, raggiunse la stazza di 46.359 tonnellate, il che significò la riconquista del titolo di nave più grande del mondo strappandolo al Titanic (46.328 t), mantenuto fino al varo, nello stesso anno, della SS Imperator.

 

Diversamente dalla Olympic, sulla gemella Gigantic, che, però, visti i fatti del Titanic, fu rinominata Britannic, dato che era ancora in costruzione, vennero fermati i lavori e modificato, fin dal principio, il progetto della nave. Terminati i lavori nella primavera del 1913, la Olympic riprese il mare, sempre sulle rotte del Nord Atlantico.

 

Nel 1914 un temporale ruppe alcune vetrate della sala da pranzo di prima classe, ferendo alcuni passeggeri ed il Commissario di bordo.

Il tentativo di recupero della HMS Audacios

Anche dopo l'inizio della guerra la Olympic continuò ad effettuare il servizio civile. Si decise, però, come fatto sul Lusitania, di colorare i fumaioli totalmente in nero. Il 27 ottobre 1914, durante il viaggio verso New York, la Olympic si trovò a dover attraversare un campo minato. Venne avvisata dalla HMS Audacios, che poco prima era stata colpita da una mina. La Olympic recuperò i passeggeri ed in seguito provò a trainare la nave in panne, ma tutti e tre i tentativi fallirono. Alla fine sull'Audacios si verificò un'esplosione e la nave viene abbandonata al suo destino.

La conversione in nave trasporto truppe

Poco tempo dopo, la Olympic fu ormeggiato a Belfast, dove rimase ferma per quasi un anno. Poi la Royal Navy, dopo l'affondamento del Lusitania, iniziò a requisire anche navi di grosse dimensioni. Il Mauretania e l'RMS Aquitania divennero navi ospedale. Stessa sorte toccò alla gemella Britannic, ancora prima di essere completata nei cantieri.

 

La Olympic, al contrario, fu requisita come “Nave Trasporto Truppe”, con una capacità di 6000-7000 uomini: pertanto, una volta terminato il Britannic, fu riportata in bacino per poter essere adattata al nuovo ruolo di guerra.

 

La neve fu dotata di armamenti come cannoni di bordo e fu modificata per adempiere al meglio, nel suo nuovo ruolo.

 

L'affondamento del Britannic

Purtroppo la guerra fece vittima anche l'altra gemella dell'Olympic. Infatti il Britannic fu affondato da una mina navale nei pressi dell'isola di Ceo. Così la Olympic rimase l'unica nave della sua classe.

 

 

Il cambio di colori

 

Durante questa funzione, la Olympic riuscì a sfuggire ad un sottomarino nel novembre del 1915, schivò due siluri e passò indenne un bombardamento da parte di un aereo bulgaro nel gennaio del 1916.

 

Nel 1917 fu ridipinto lo scafo con classico Camuffamento Dazzle. Nel 1918 fu nuovamente ridipinta con un diverso schema di Colori.

L'affondamento dell'U-103

 

Nei due anni successivi, compreso quello appena citato, gli attacchi da parte di sottomarini alla Olympic furono quattro. Ma la nave riuscì nella storica impresa di affondarne uno, l'U-Boat U-103 .

 

Infatti, nelle prime ore del 12 maggio 1918, l'U-Boat 103, era pronto per colpire l'Olympic a poppa, con 2 siluri. L'equipaggio però fallì, così l'Olympic avvistò il nemico ed iniziò la controffensiva. Nello scontro ravvicinato, la nave ebbe ragione sul sottomarino. L'Olympic attaccò ed affondò il sommergibile, prima con un cannone di bordo e successivamente creando una falla con una delle sue eliche. il sottomarino affondò portando con sé 9 vittime, mentre 31 membri si salvarono. L'Olympic non si fermò per recuperare i superstiti, ma proseguì verso Cherbourg , dove era diretta. Questi furono salvati dalla USS Davis e portati in Inghilterra come nemici di guerra.

 

Fu un risultato eccezionale, perché, di fatto, l'Olympic conquistò un'ottima reputazione, risultando così l'unica nave mercantile a riuscire in quest'impresa. Fino al 1918, anno di restituzione alla sua compagnia, ha trasportato la bellezza di 119 000 uomini e conquistando così il nome di "Vecchio Baluardo" (In Inglese Old Reliable).

Ripristino a nave civile

Tra il 1919 ed il1920 la nave entrò in bacino per essere ripristinata al servizio civile. Durante questi lavori vennero trovate delle crepe nell'opera viva e si pensò a dei siluri, probabilmente due, rimasti inesplosi al contatto con lo scafo.

Ritorno al servizio passeggeri

La nave ritornò sulle rotte oceaniche nel 1920 e nei successivi quindici anni effettuò centinaia di traversate. Charly Chaplin se ne servì ogni volta che fece ritorno in Inghilterra, nel '21 e nel '31.

L'incidente con la Fort St. George

Il 22 marzo 1924, nel porto di New York, l'Olympic fu protagonista di un nuovo incidente con un'altra imbarcazione. La controparte del fatto fu il piroscafo Fort St.George (che, nel 1935 verrà ceduto al Lloyd Triestino col nome di Cesarea e successivamente di Arno). Quest'ultimo stava scendendo il North River, a velocità sostenuta, ed aveva previsto di passare dietro al codone di poppa dell'Olympic. Ma la sua velocità, definita successivamente eccessiva, fece finire l'imbarcazione, contro il timone della grande nave, strusciando lo scafo e danneggiando le sovrastrutture. Dal canto suo, l'Olympic, subì dei danni. Inizialmente si pensava a danni di poco conto, invece, con un’attenta verifica, si riscontrarono danni ingenti alla zona poppiera. Per questo motivo questa, fu interamente sostituita.

 

Nel processo che si tenne successivamente all'incidente, la colpa fu data al Fort St. George. L'Olympic, finite le riparazioni, tornò in servizio.

La crisi del '29

In seguito allacrisi del 1929 , i passeggeri che solcavano le rotte dell'atlantico, diminuirono drasticamente. L'Olympic non fece eccezione. La nave venne affiancata nelle rotte oceaniche, prima dal Majestic e poi dal Britannic (che portava lo stesso nome dellagemella affondata nel1916 ) e dal Georgic.

 

Un grosso problema, comunque, derivava dal fatto che oramai, l'Olympic, nonostante le manutenzioni e le migliorie del caso, risultava oramai un transatlantico superato, se confrontato con navi come il Rex, più potente e tecnologicamente avanzato.

 

Nel 1933, molti interni della nave vennero ridipinti in verde, uno di questi fu proprio la grande scalinata.

 

Nel 1934, il governo inglese impose alla White Star Line e alla Cunard Line, la fusione. Come tutte le imbarcazioni della compagnia, anche l'Olympic entrò a far parte di questa nuova realtà.

L'incidente con la Nantucket

Il 15 maggio 1934 la Olympic speronò ed affondò la piccola nave americana Nantucket Lightship LV-117 uccidendo tutto il suo equipaggio: alcuni membri sul colpo, altri morirono successivamente in ospedale.

Disarmo e demolizione

Pochi mesi dopo la Olympic fu posta in disarmo. Nel marzo del 1935 fece il suo ultimo viaggio a New York. Prima di essere venduta, fu privata degli eleganti interni e fu demolita insieme alla nave della compagnia rivale RMS Mauretania.

 

Questa demolizione, servì a finanziare la costruzione delle nuova nave ammiraglia della Cunard, ovvero la RMS Queen Mary.

A cura di

Carlo GATTI

Rapallo, 25 Marzo 2015

Bibliografia: Web Archive WP

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

di PINO SORIO


L''Olympic libero e pronto per il varo, il Titanic in fase di rivestimento del fasciame esterno


 

L'Olympic pochi istanti prima del VARO, le eliche vennero inserite in bacino

Seguono tre foto del VARO della nave.

Il 20 Ottobre 1910 l'Olympic viene varato sarà l'unica a non subire l'affondamento, ma il disarmo nel 1935.

Il 10 ottobre 1910 l'Olympic vine trasferito in bacino per il montaggio delle Eliche

Il Bacino di carenaggio poco prima dell'allagamento per consentire l'uscita del Titanic

Il Convogliatore delle caldaie dell'Olympic

Il Rotore della Turbina dell'Olympic pronto per essere imbarcato

Imbarco Caldaie

L'Incastellatura di una Valvola di scambio dell'Olympic

Il 9 Novembre 1910 sull'Olympic s'imbarcano le 29 Caldaie

Il Motore dell'Olympic

Il Casing della Turbina dell'Olympic


S-7000 - SABLE ISLAND, NUOVA SCOZIA, Canada

La S-7000 nel Porto di Halifax, Nuova Scozia, Canada

SSCV S7000: PROGETTO SABLE OFFSHORE ENERGY -  NUOVA SCOZIA -  CANADA

L’installazione delle piattaforme per l’estrazione del gas del giacimento di SABLE (capacità 85 miliardi di metri cubi) è cominciata con l’arrivo nel porto di Halifax della sscv S-7000 a marzo 1998 per sollevare due Jacket e trasferirli direttamente dal cantiere di costruzione al suo ponte. Non ci sembra fuori luogo segnalare l’interesse e l’eccitazione che la S-7000 ha suscitato sia nel pubblico che nei media durante la sua permanenza nel porto. Fino alla mezzanotte si potevano vedere moltissimi curiosi, spesso intere famiglie, che si trattenevano in prossimità del terminal del traghetto sfidando il clima canadese, per ammirare la colossale nave e scattare fotografie; i genitori portavano i loro bambini a vedere in che modo le due gigantesche gru movimentavano i “piccoli” Jacket”. Con riferimento all’impatto complessivo creato dalla presenza nel porto di Halifax della gigantesca S-7000, John Brannan, Direttore Generale della Sable Offshore Energy Inc. ha dichiarato: “l’arrivo della S-7000 è una importante pietra miliare nella vita del progetto Sable. Da tre anni aspettavamo questo giorno, questo evento fa sapere a tutti che il progetto Sable da 3 miliardi di dollari è in pieno sviluppo”. L’operazione di carico dei Jacket, al pari dell’entrata e dell’uscita dal porto sono stati notevolmente pubblicizzati dai giornali e dalle TV locali. Gli abitanti della Nuova Scozia erano sorpresi e stupiti di trovarsi nel porto, quasi a contatto delle loro case, una nave di simili dimensioni. I Jacket sono stati quindi trasportati nel campo offshore, in prossimità di Sable Island (300 chilometri al largo della Nuova Scozia) ed installati. La profondità dell’acqua era di 24-28 metri, il peso dei Jacket era pari a 1700 tonnellate. Le strutture consistono in Jacket standard del Golfo del Messico con gambe inclinate e strutture da saldare. Il lavoro in se stesso non sembrava difficile, se non per le condizioni meteorologiche. In effetti il maltempo ha creato notevoli difficoltà durante l’installazione.

 

 

 

La S-7000 lavorava, in pescaggio ridotto, in posizionamento dinamico, con grandi superfici esposte ai venti e rigide limitazioni per le onde.

Temperature estremamente rigide, grandine e nebbia, hanno rappresentato ulteriori ostacoli per lo svolgimento uniforme e continuo delle attività in mare. In marzo in queste aree il tempo può peggiorare rapidamente e la S-7000 è stata costretta a interrompere spesso il lavoro; il tempo totale di inattività per cause meteorologiche ha rappresentato circa il 45%, una percentuale che per la S-7000  è da considerarsi del tutto insolita.

Perfino il sistema automatico di posizionamento dinamico della nave è entrato in crisi a causa delle misurazioni di velocità del vento, che erano nello stesso momento di zero nodi al livello del mare e di 50 nodi a livello delle gru. Altre condizioni meteorologiche del tutto particolari sono state rappresentate dalla presenza di venti a 60 nodi con nebbia fitta oppure dalla pioggia gelata che creava l’accumulo di grandi quantità di ghiaccio a contatto dei cavi delle gru. Fortunatamente quest’ area era priva di iceberg. L’esperienza è risultata molto utile per le future installazioni previste nel 1998 e 1999. La S-7000 ha lasciato l’area il 18 di aprile per far rotta verso il Mare del Nord per svolgere altri compiti; forti venti e onde, questa volta di poppa, hanno contribuito a rendere più veloce il viaggio di ritorno.

 

STORIA DI SABLE ISLAND

 

La Sable Island è la sommità di un vasto accumulo di sabbia e ghiaia originariamente depositato dai ghiacciai in ritiro del Wisconsin tra 16000 e 45000 anni fa nei pressi del Sable Island Bank, un plateau sommerso poco profondo ubicato in corrispondenza del margine esterno della piattaforma continentale.

 

Maree, correnti e venti hanno rimescolato questi detriti glaciali, con la rideposizione di granuli di antica sabbia di quarzo, granato e magnetite sul banco in vicinanza dell’attuale Sable Island. Questa montagna di sabbia, che si estende fino ad una profondità di circa 40 metri sotto il livello del mare, poggia su un substrato che in questi ultimi tempi è stato intensamente perforato per i suoi giacimenti di idrocarburi. La Sable Island presenta problemi fisici dovuti al fatto che in prossimità dell’isola scorrono due importanti correnti oceaniche: la corrente calda del Golfo proveniente dal sud e la corrente fredda del Labrador proveniente dal nord. La miscelazione dell’aria calda e dell’aria fredda che accompagnano queste correnti crea fitti banchi di nebbia che coprono l’isola per circa 125 giorni l’anno. La nebbia e le forti correnti unitamente ai frequenti violenti temporali contribuiscono a confondere i calcoli e a vanificare gli sforzi di molti comandanti ed equipaggi. Nel corso dei secoli le pericolose condizioni meteorologiche dell’isola hanno provocato numerose vittime, una quantità di naufragi e la perdita di molti carichi. Nell’edizione aggiornata del 1972 di una mappa di Sable Island è indicata la posizione di almeno 200 relitti noti entro 3-5 miglia di distanza dall’isola. Nel 1801 l’amministrazione della Nuova Scozia aveva deciso di creare una stazione di salvataggio permanente per aiutare i naufraghi, e nel 1872, dopo che si era verificato l’incagliamento del piroscafo S.S.HUNGARIAN (230 vittime), erano stati eretti dei fari per permettere l’avvistamento delle secche. Oltre ai pochi residenti, i cavalli (vedere foto) sono gli unici mammiferi terrestri presenti su Sable. Gli altri abitanti dell’isola sono rappresentati da grandi colonie di foche grigie, da numerose specie di uccelli e da alcuni organismi che non si trovano in nessun altro luogo del mondo. I cavalli selvaggi di Sable continuano a rappresentare un mistero. Presentano caratteristiche del Berbero nord-africano, ma si continua a discutere animatamente sulla loro discendenza e su chi li abbia portati per primo sull’isola. Nel 1960, dopo animati dibattiti, il Governo del Canada ha modificato una sua precedente decisione di vendere i “pony” e ha approvato delle leggi intese a proteggere i cavalli da qualsiasi interferenza.

 

Oggi Sable Island continua ad ospitare alcune decine di mandrie che vagano in quest’isola bellissima ma poco conosciuta. (vedere foto)

 

L'isola di Sable è stata scoperta dal navigatore portoghese João Alvares Fagundes che era il capo di una spedizione  che esplorò la regione negli anni 1520 - 1521, anche se ci sono molte notizie contrastanti circa il primato della scoperta.

 

SABLE INFO

 

• Piattaforme di Thebaud, Venture, North Triumph (1998-2004) : peso totale : 24.000 tons costruite in tre fasi Profondità mare : 29 metri

 

• Piattaforma di compressione gas costruita nel 2004

 

• Deck Integrato  6801 tons

 

• Jacket 2780 tons, totale pali di fissaggio 3100 tons

 

• Passerelle di unione piattaforme e tubazioni varie 600 tons

 

• Il Sable project ha una produzione giornaliera da 140 a 175 milioni di metri cubi di gas naturale e 32000 metri cubi di gas liquido

 

Spectra è l’operatore dei due gasdotti Maritime e Northeast che trasportano il gas LNG da Sable ai mercati del Nord America

 

PIPELINES

 

• Le linee interne di collegamento tra le piattaforme vanno dai 5 ai 55 km con un diametro fino a 457 mm, sono usate per collegare le piattaforme con il centro di raccolta di Thebaud.

 

• In totale sono circa 175 km di tubazioni di collegamenti installati

 

• Il gas ed il gas liquido dall’Isola di Sable sono trasportati attraverso due gasdotti sottomarini dalla piattaforma di  Thebaud agli impianti di terra nell’area Country Harbour. Il gasdotto è lungo 225 km con un diametro esterno di 609 mm. Il percorso del gasdotto è stato scelto per evitare zone di pesca ed altri siti sensibili

 

• La posa del gasdotto sottomarino del valore di 250 milioni di dollari è stato fatto dalla nave posatubi Solitaire della Soc.Olandese Allseas (vedi foto)

 

• Tutte le tubazioni sottomarine sono state  rivestite con cemento e protette con un sistema anticorrosione

 

• Il Sable Offshore Energy Project (SOEP) si trova vicino all’isola di Sable, da 10 a 40 km a nord del limite dello Scotian Shelf, al largo della Nova Scotia, in acque con profondità da 20 a 80 metri

 

• Il SOEP è formato dai sei campi di gas di Venture, South Venture, Thebaud, North Triumph, Gleneig e Alma che contengono circa 85 miliardi di metri cubi di riserve di gas. Il progetto di Sable ha una previsione di durata fino all’anno 2025. Il gas dai giacimenti di Sable, tramite un gasdotto sottomarino, viene inviato al Country Harbour Area nella Contea di Guysborough dove viene lavorato. Nel 1990 Goldboro era stato selezionato come terminale orientale del Maritimes & Northeast Pipeline che lo collega all’impianto gas del Sable Offshore Energy Project (SOEP). Il gasdotto inizia in Goldboro dove è già stata approvata la costruzione di un nuovo terminal di ricezione LNG. Il SOEP include un impianto terrestre di frazionamento del gas (Goldoro Gas Plant). L’impianto, nella Contea di Guysborough occupa una superficie di 45 ettari ed ha la capacità di lavorare 17 milioni di metri/cubi al giorno.

 

Goldboro è stato classificato come l’Energy Hub della  Nuova Scotia, e le previsioni sono che dal 2018 possa diventare il terminal di esportazione per l’LNG

THEBAUD

 

Thebaud è usata come centro raccolta del gas. North Triumph e Venture sono state sviluppate come piattaforme satellite che inviano il gas alla piattaforma di Thebaud. Il complesso centrale di Thebaud consiste di due piattaforme collegate da una passerella. La piattaforma più grande ha alloggi per circa 40 tecnici offshore di produzione e personale di supporto. La seconda e più piccola delle due piattaforme assiste i pozzi e gli impianti di processo e raccoglie e deidrata i gas che arrivano da tutti i campi di produzione

 

NORTH TRIUMPH E VENTURE

 

Queste piattaforme sono normalmente operate via satellite senza personale. Tuttavia, solo in caso di emergenza,è previsto l’invio a bordo di personale. Le piattaforme incorporano le strutture delle teste dei pozzi e i macchinari di processo per separare l’acqua dal gas.

ALBUM FOTOGRAFICO

 

Nuova Scozia, Il Primo Ministro

 

Halifax, Pilot's Pub


S-7000, I "Riggers"

Rowan Gorilla - Halifax

S-7000, Caricazione dei Jackets: VENTURE e NORTH TRIUMPH

S-7000 - Halifax

Sable Island - Conservation Oil and Gas

Sable Island - Horizontal Drilling

S-7000 - Sable Island

Sable Island

Sable Island

The Galaxy II-Jack-up Rig prior to deployment on the Sable Field

The lifting of the Venture Jacket bu one of the S-7000 cranes

The Venture Jacket being installed offshore

ALBUM FOTOGRAFICO - NATURA

HALIFAX NUOVA SCOZIA - CANADA - SABLE ISLAND -

 

I CAVALLI DI SABLE ISLAND


 

 

PINO SORIO

Rapallo, 2 Marzo 2015

webmaster  Carlo Gatti

 

 

 

 

 


"PIPPO" VENIVA DAL MARE...

"PIPPO” VENIVA DAL MARE....

 

Dopo l’8 settembre 1943, tutti i presidi militari costieri della nostra regione: batterie di cannoni navali ed antiaerei, casematte, tobruk ed altri impianti costieri per le telecomunicazioni, caddero nelle mani dei tedeschi. Erano tempi duri: i tedeschi, incazzati, arretravano dalla LINEA GOTICA sotto la spinta dell’avanzata alleata da Sud e facevano scempio di partigiani e di chi li appoggiava (S.Anna di Stazzema, Marzabotto ecc..). Le scorribande notturne di PIPPO ci costringevano ad abbandonare le nostre case e a riparare tra gli uliveti dietro il costone di S.Agostino. Di giorno gli occhi dei nostri genitori scrutavano l’antico molo di Langano per capire, dai concitati movimenti dei marinai tedeschi, se la motozattera di turno era in partenza dopo il tramonto con un carico bellico destinato al fronte, oltre lo spezzino. L’uscita dell’unità militare dal porticciolo di Rapallo metteva in allarme PIPPO che decollava immediatamente dalla Corsica e, grazie al suo moderno impianto radar,  era in grado d’intercettarla, dirottarla o distruggerla. A missione conclusa, PIPPO si concedeva sempre una piccola distrazione: proveniente dal mare, faceva qualche ampio giro sull’abitato, scaricava le restanti bombe, seminava terrore e scompiglio tra la nostra gente e poi rientrava “leggero” alla base.

 

Buona parte di queste motozattere erano state costruite a Riva Trigoso. Definite I MULI DEL MARE, avevano un portellone di prora come gli attuali traghetti, potevano trasportare due carri armati nelle due stive a cielo aperto, provviste e armi di ogni genere, erano adatte anche alla posa di mine, al trasporto di materiale per la costruzione delle difese costiere, ma potevano anche supportare missioni dietro le linee nemiche oppure trasportare truppe o prigionieri di guerra. La loro versatilità aveva qualche limite: non sopportavano le mareggiate perché avevano la chiglia piatta per poter approdare ovunque; avevano una velocità di circa 10 nodi che li rendeva vulnerabili agli attacchi dei sommergibili  e degli aerei Alleati. Le motozattere navigavano sottocosta mantenendosi nel raggio d’azione dell’artiglieria antisbarco dislocata nei punti strategici con maggiore visibilità.

 

I MULI DEL MARE furono protagonisti e vittime in tutti teatri italiani di guerra. Soltanto nei nostri fondali tra Santa Margherita e Portofino, giacciono due relitti di queste imbarcazioni a testimonianza della cruenta caccia data loro dall’aviazione Alleata. Si tratta delle motozattere del tipo MFP-A e MZ-748.

 

 

 

MZ 774 - tipo MZ, seconda serie - Dislocamento: 278 tonnellate - Velocità: 10 nodi – Lunghezza 47 metri - Larghezza 6,5 metri - Equipaggio: 14 - Armamento: 1 pezzo da 76/40, 2 da 20/70 - Nota: unità adatta al trasporto di carri armati; stiva più alta e portellone rinforzato - Da Navi e Relitti tra il promontorio di Portofino e Punta Mesco - di Emilo Carta

Ora ci occupiamo di un terzo relitto di motozattera che ebbe un epilogo un po’ diverso. Questa testimonianza l’abbiamo scoperta di recente sul libro:  “I GATTI ROSSI” di Edoardo Torre – Una storia vera sullo sfondo del Tigullio – Edizioni INTERNOS.

 

Lo scenario ruota intorno al “potente” Cannone delle Grazie presidiato dai tedeschi dopo l’8 settembre 1943. I due fratelli Edo e Gio di 11 e 12 anni si guadagnarono una certa notorietà a Chiavari per essersi “inventati”, con molto coraggio e fantasia, un lavoro redditizio in quel periodo di fame nera, mentre il loro padre era in guerra nel Mar Egeo. I due ragazzini trasportavano, più volte al giorno, una “cariola” carica di fusti d’acqua di mare. Lo sforzo che dovevano compiere era notevole, se si pensa che dal livello del mare risalivano la collina fino al Santuario delle Grazie dove abitavano, per consegnare il carico di circa 80 kg ad una contadina che ne ricavava il richiestissimo sale.

 

... Allora, Edo e Gio, prendevano posto, comodamente seduti, fronte mare per godersi lo spettacolo. “Chissà se passeranno le bettoline” commentavano i due attenti al più piccolo suono...   Quella notte il mare era una tavola, sembrava di cristallo ed il raggio della luna specchiato nell’acqua, si muoveva ed ondulava lentamente. Ad un tratto si udì distintamente provenire dal mare il ronzio cupo di motori. Un ton ton cadenzato, ovattato, ma inconfondibile. “Sono loro, stanno arrivando” dissero i due. Le bettoline solitamente navigavano lente, sotto costa, a poca distanza dal litorale, per tentare di eludere gli aerei che davano loro la caccia continuamente..... Il raggio della luna inondò il tratto di mare davanti a loro mentre una piccola imbarcazione scura stava attraversando fiduciosa quella sciabolata di luce. Quand’ecco, con fragore violentissimo, come un turbine impetuoso sorto dal nulla, un caccia sorvolò le loro teste avventandosi sulla piccola navetta e inondandola di proiettili fiammeggianti sputati dalle sue ali. Edo e Gio fecero un salto sulle loro sedie e, sbalorditi, si  chiesero: “Ma da dove é uscito quello?”. La piccola imbarcazione annaspò, cercò di difendersi sparando all’impazzata verso l’alto in tutte le direzioni. Mille fuochi traccianti squarciarono la notte. Il caccia fece un largo giro, poi si scagliò nuovamente sulla preda oramai in fiamme. Edo e Gio videro chiaramente i poveri marinai gettarsi in acqua per guadagnare la riva, mentre sulla loro nave parte delle munizioni stavano esplodendo. La bettolina si arenò sulla spiaggia vicino alla grande colonia: per tutta la notte si udirono i botti. Il suo relitto, irriconoscibile ed arrugginito, per parecchio tempo sulla riva come testimonianza di una terribile notte di luna piena.

La planimetria di Amedeo Devoto mostra le strutture costruite dalla Todt a levante della Colonia Fara a Chiavari. A sinistra, il massiccio “muro antisbarco” quasi toccato dal “RELITTO DI UNA MOTOZATTERA TEDESCA” arenata sulla spiaggia in seguito ad un attacco aereo del famigerato “PIPPO”. (Archivio Ernani Andreatta)

* * *

 

Il racconto riportato si riferisce proprio alla motozattera partita da Rapallo, carica di vettovaglie e armi destinate al fronte tedesco della Garfagnana, ma fu intercettata da PIPPO che la mitragliò fino a farla arenare all’estrema periferia del ponente chiavarese.

 

 

PIPPO faceva paura perché aveva il RADAR ed era dotato di altri strumenti per il volo notturno.

 

Ecco chi era PIPPO: De Havilland DH98 - Mosquito

 

Di questi Mosquito Squadrons dislocati in Corsica, ne venivano impiegati una cinquantina  per notte, sia per logorare le difese avversarie, sia per disturbare mezza Europa sganciando saltuariamente qualche bomba. 
A tale tattica fu interessata la Liguria, ma anche buona parte dell'Italia Settentrionale. 
L'isolato protagonista di quei voli fu denominato PIPPO. L'impiego del Mosquito nei ruoli di caccia notturno e di bombardiere comportò l'installazione delle prime apparecchiature RADAR all'epoca disponibili.

 

“Spegni la luce che arriva PIPPO!” Era allora una frase ripetuta da tutti. A nulla sono valse le smentite delle due parti in guerra, PIPPO passava puntualmente ogni notte. Del resto una leggenda, per essere tale, deve resistere ad ogni spiegazione...

 

PIPPO fu soprattutto un’arma psicologica nei confronti della popolazione; in contrapposizione alla teoria del “bombardamento strategico” valida soprattutto nei confronti dei grandi agglomerati urbani, questo tipo di minaccia poteva colpire anche i piccoli centri abitati e, come si é visto, anche obiettivi mobili come le Motozattere.

 

CARLO GATTI

 

Rapallo, Mercoledì 3 Marzo 2015