FARO DI SAN VINCENZO

 

Latitudine: 37° 01′ 30″ Nord

Longitudine: 08° 59′ 40″ Ovest

 

Cabo de São Vicente: il Faro che guarda la “fine della terra”

 

 

Si trova sul promontorio più occidentale del continente europeo, il faro di Cabo de São Vicente è posizionato su una scogliera ripida all’estremità sud-occidentale del Portogallo, finis terrae che sfida la potenza dell’Oceano. Il faro  di Cabo de São Vicente è di medie dimensioni, alto 24 metri è poggiato su una scogliera di 75 mt. 

Risale al 1846, quando venne costruito per volere della Regina Maria II di Braganza dove un tempo c’era un convento francescano che era pure impegnato come “Servizio Postale” per i velieri di passaggio. Un capitolo di amore e solidarietà che i marinai di tutto il mondo raccontano alle nuove generazioni per non dimenticare!

 

 

Le lenti Fresnel, sono il cuore del Faro che si affaccia sullo sconfinato Oceano Atlantico.

 

 

Il meccanismo di illuminazione originario era alimentato ad olio, mentre l’attuale – che monta due lampade da 1.000 Watt e può essere visto fino a 60 chilometri di distanza (ovviamente dipende dalla visibilità, dall’assenza di nebbie e foschie, ecc.) utilizza l’elettricità. E’ considerato uno dei fari strategici per la navigazione, tra i più grandi del mondo.

Il promontorio dove sorge il faro, prima ancora di essere dedicato a San Vincenzo da Saragozza, patrono dei marinai il cui corpo martoriato, secondo la leggenda, si sarebbe arenato nei pressi del capo, era già conosciuto dall’antichità e ne parla il geografo greco Strabone che lo chiamò Ofiussa (luogo dei serpenti).

 

 

Non solo Geografia! Capo San Vincenzo rappresenta anche tanta Storia

Al largo di questo capo sono state combattute, nel corso dei secoli, numerose battaglie navali. 

 

 

 

 

I Fari del PORTOGALLO

 

 

 

ALCUNE IMMAGINI DEL

 

Cabo de São Vicente

 

 

 

 

 

RICORDI …

Navigare per anni attraverso l’oceano, dalla vastità delle Americhe alla vecchia Europa, non era solo un viaggio fisico, ma un’esperienza che scavava nel profondo dell’anima marinara di ognuno di noi.

L’attraversamento dell’Atlantico rappresentava sempre una sfida, una battaglia contro il tempo e gli elementi.

I ricordi si accavallano, ma ogni volta, l’attesa di vedere la “scopa” di luce notturna del faro di Cabo de São Vicente (Portogallo) che falciava il cielo, mi avvolgeva in un’atmosfera di profonda emozione.

Non c’erano comfort moderni o tecnologie avanzate a bordo, solo il duro lavoro dei marinai e la costante vigilanza per navigare nelle acque insidiose dell’Atlantico. Le notti erano lunghe e solitarie, con il suono cupo delle onde che battevano contro lo scafo della nave come un’eterna canzone di sfida: un Deguellio sull’oceano!

Cabo de São Vicente era l’unico segno certo di vita sulla terraferma dopo lunghi giorni di navigazione tra cielo e mare. Una vera forza nel buio nero dell’oceano che annunciava il mio abbraccio con la vecchia Europa, con la mia terra amata.

Un misto di felicità per il ritorno imminente ma anche di malinconia per il tempo perduto lontano dalla famiglia.

La vista del faro, con la sua luce intermittente tagliare l’oscurità, significava sopravvivenza, un’altra vittoria contro la natura selvaggia dell’oceano.

Eppure, non c’era tempo per festeggiare o per lasciarsi andare alla nostalgia della terra lontana. La vita di bordo richiedeva concentrazione e determinazione, con il pensiero della famiglia e del mio golfo ridossato e relegato a un secondo piano di fronte alla necessità di sopravvivere e completare la traversata.

L’avvistamento del Faro di Cabo de São Vicente non era solo un segno di avvicinamento alla terraferma, ma anche un momento di tensione e adrenalina per il traffico navale in entrata e in uscita dallo STRETTO DI GIBILTERRA.

 

 

Traffico Navale – Stretto di Gibilterra

 

 

Le correnti oceaniche e le tempeste imprevedibili rendevano ogni avvicinamento al faro un’impresa rischiosa, con l’equipaggio in allerta per affrontare le insidie sempre in agguato di rotte navali incrociate, vorticose e omnidirezionali.

 

 

Gibilterra Il moderno monumento simbolico delle Colonne dErcole al Cancello degli Ebrei.

 

 

 

 

CONTE DI SAVOIA – Passaggio dello Stretto di Gibilterra

 

Gibilterra era considerata, dagli antichi greci e romani, uno dei punti che delimitavano la terra conosciuta. Il mito vuole che sia stato il semidio Ercole a porre due Colonne ai lati dello Stretto di Gibilterra, tra i promontori di Calpe, ovvero la Spagna, e di Abila, l’Africa. Questo è il motivo per cui ancora oggi, simbolicamente, lo stretto è noto anche come Colonne d’Ercole.

 

Sul finale della traversata, le miglia nautiche scorrevano più veloci e il vecchio Continente, con le sue mitiche Colonne d’Ercole, era pronto ad accogliere la nostra nave tra le sue braccia. E così, mentre la luce del faro ci guidava verso casa, il mare continuava a suonare la sua musica, il suo Deguellio di ricordi e segreti di ogni viaggio. E io, nel cuore di quel mare infinito, mi sentivo a casa e straniero, avvolto nel dolce abbraccio della nostalgia e della speranza.

Tra poco saremmo entrati nel MARE NOSTRUM e già sentivo il profumo di casa immaginando le nostre famiglie trepidanti sulla banchina del porto di Genova dopo lunghi mesi d’attesa.

Quando infine la nave attraccava e l’equipaggio poteva mettere piede sulla terraferma, non c’era spazio per la malinconia o la contemplazione poetica. Era solo il momento di scaricare le merci, affrontare le formalità portuali e prepararsi per il prossimo viaggio, con l’oceano sempre in attesa di reclamare chiunque osasse sfidarne le profondità implacabili.

 

 

I POSTINI DEL MARE

 

https://www.marenostrumrapallo.it/post/

di Carlo GATTI e Nunzio Catena

 

 

ALCUNE NOTE TECNICHE SUL MISTERIOSO SERVIZIO DEL FARO

 

 

PORTATA GEOGRAFICA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce, esclusivamente in funzione della curvatura terrestre. La portata geografica dipende quindi dall’altezza della luce e dall’elevazione dell’occhio dell’osservatore.

 

 

 

 

PORTATA LUMINOSA

E’ la massima distanza dalla quale può essere avvistata una luce in un dato istante, in funzione dell’intensità luminosa (o portata nominale) e della visibilità meteorologica (o trasparenza atmosferica) in atto.

Per definizione quindi la portata luminosa è variabile in funzione della trasparenza atmosferica.

 

 

 

Nei Fari più importanti, generalmente la portata luminosa è sempre maggiore della portata geografica, così che lo “scintillio della “scopa” del faro sul riverbero dell’acqua si manifesta a notevole distanza nelle ore notturne.

Dipende dalla velocità della nave e dalle condizioni meteo, ma si può dire che la scopa, anche in epoca moderna, anticipa di ore il segnale luminoso vero e proprio del faro, ed anche la gioia “irrefrenabile che il “marinaio” prova nel sentirsi “quasi” a casa.

Tutti i naviganti, in tutte le lingue e dialetti, lo chiamano: porto cosce! E ciò accadeva già molto tempo prima che Fabrizio De André immortalasse quel “desiderio” con la meravigliosa canzone JAMIN-A.

Quanti marittimi sono transitati davanti alla LANTERNA di Genova felici all’arrivo e tristi alle partenze sulle loro navi in rotta verso i sevenseas?

Solo LEI, la LANTERNA potrebbe dirlo dall’alto della sua maestà laica ed anche religiosa con il suo stemma crociato rivolto verso la città portuale.

 

 

 

IL FARO VISTO DA …

 

Non riesco a pensare a nessun altro edificio costruito dall’uomo che sia altruistico quanto un faro. Sono stati costruiti solo per servire.

(George Bernard Shaw)

Fare il guardiano è un dovere, una responsabilità. Bisogna essere predisposti. Le difficoltà sono moltissime, i gabbiani, i topi, l’isolamento, in cui trascini anche la famiglia. Con mia moglie e le mie tre figlie abbiamo passato anni interi vedendo pochissima gente. Ma almeno io la solitudine non la sentivo. A volte mi incanto pensando a quanti miliardi di occhi mi hanno visto senza che io li vedessi.

(Ex guardiano del faro di Lampione, al largo di Lampedusa)

Molti sostengono che il faro più bello del mondo sia quello di Bell Rock, piantato su uno scoglio del Mare del Nord, a 11 miglia dalla costa. Lo scoglio si chiama Bell proprio perché nel 1300 c’era una campana a segnalare la secca, ma dopo appena un anno se la prese un pirata olandese. Ogni inverno almeno sette navi scomparivano nella zona e una tempesta ne affondò 70 tutte assieme. Fu però la perdita nel 1804 della HMS York, un vascello di terza classe da 74 cannoni, a fare decidere il Parlamento a rispolverare una vecchia, impossibile idea dell’ingegnere scozzese Robert Stevenson, nonno dello scrittore Robert Louis:

Un-faro-in-mezzo-al-mare.

 

(La Stampa 2008)

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, mercoledì 27 Marzo 2024