LA VIA DELLE SPEZIE

LA VIA DELLE SPEZIE

Le antiche vie delle SPEZIE terrestri e marittime

Un po’ di Storia:

 

Enrico il Navigatore

 

Il principe portoghese Enrico il Navigatore fu l’ideatore ed il promotore della ricerca di una via marittima per l'India che fu realizzata con la missione di Vasco da Gama nel 1498. Il successo di questo progetto significò fin dall’inizio l’eliminazione di quella vasta gamma d’intermediari composta da commercianti arabi, persiani, turchi e veneziani, che gravava sul prezzo delle spezie orientali insiemi agli elevati dazi richiesti dall'Impero Ottomano.

 

I Portoghesi per primi, attraverso la circumnavigazione dell’Africa aprirono una nuova via marittima che consentiva di raggiungere l’Oriente evitando l’attraversamento dei Paesi arabi. Ciò comportò la decadenza di fiorenti città commerciali, come Antiochia e Alessandria.

La rottura del monopolio commerciale di veneziani, turchi e arabi nel commercio delle spezie ebbe, come conseguenza immediata, il calo dei prezzi che produsse il rialzo della domanda e dell’offerta. La seconda ripercussione a livello mondiale di quell’epoca, si ebbe con la consapevolezza che l'apertura della rotta marittima avrebbe segnato la fine di un’epoca riducendo al minimo l'importanza delle antichissime rotte terrestri come la Via della seta e la Via dell'Incenso e la via transafricana.

 

A partire dalla fine del XVI secolo, la Compagnia Olandese delle Indie Orientali (Vereenigde Oostindische Compagnie o VOC) riuscì a conquistare un gran numero di basi portoghesi nell'Asia orientale e a portare sotto il loro controllo la Rotta delle Spezie, che da allora in poi aveva come snodi principali Batavia (l'odierna Giacarta) in Indonesia e, dall'altra parte, Anversa e Amsterdam.

 

La ROTTA DELLE SPEZIE - Fu quindi aperta da esploratori portoghesi tra il XV e il XVI secolo.

Posizione delle Molucche (Maluku) – (verde chiaro) - ad EST dell'Indonesia

Carta generale delle Indie Orientali

Una delle tante isole di Banda

Mappa delle isole MOLUCCHE (Maluku Utara)

Dall'Europa all'India, proseguiva fino alle Isole delle Spezie (Molucche-Indonesia). E’ stata la via marittima più rappresentativa dell’espansione europea nel mondo e del colonialismo, in parte ottenuta con l’uso della forza militare. Queste isole offrono numerose opportunità: distendersi sulla sabbia bianca a Ohoidertawun o Pasir Panjang, ammirare il tramonto da Pulau Ternate contemplando i raggi dorati del sole che risplendono sul vulcano ammantato di fitta giungla della vicina Pulau Tidore, scoprire idilliache spiagge deserte e tracce della seconda guerra mondiale sulle isole disabitate intorno a Morotai.

 

Volendo seguire il percorso dell'originaria Via delle Spezie, occorre visitare le dieci Isole Banda, un minuscolo ma incantevole arcipelago. Nel Medioevo la preziosa noce moscata veniva prodotta quasi esclusivamente sulle Banda. Gli abitanti del posto la cedevano ai mercanti arabi, cinesi, giavanesi e bughinesi in cambio di cibo e abiti, ma la situazione cambiò rapidamente quando arrivarono gli europei (i portoghesi nel 1512 e gli olandesi a partire dal 1599), che pretesero il monopolio.

 

 

Porti scalati dalle navi “Indiaman” in Estremo Oriente

 

PERCORSO – La prima parte della navigazione iniziava da Lisbona fino a doppiare il Capo di Buona Speranza, risaliva le coste dell’Africa orientale e, attraverso il Mare Arabo, raggiungeva le città di Goa, Calicut, e Cochin nel Malabar (costa occidentale dell’India). La seconda parte “commerciale” della Rotta delle Spezie proseguiva circumnavigando India e Ceylon, attraversava il Golfo del Bengala, lo Stratto di Malacca (tra Indonesia e Malaysia), il Mar di Sonda (tra Sumatra e Java) e il Mar di Banda fino alle Isole delle Spezie: Ambon, Tidore e Ternate. (Vedi carta Molucche)

 

COMMERCIO – Su questa rotta dell’Estremo-Oriente, le navi venivano caricate soprattutto di spezie come il pepe, i chiodi di garofano, la noce moscata e la cannella. In Europa questi prodotti avevano un valore commerciale immenso, poiché non servivano solo per insaporire i cibi, ma venivano utilizzate anche per la produzione di farmaci e dei profumi.
Altre merci importanti erano la mirra e l'incenso.

 

Spezie indiane

 

 

Suk di Marrakesch - Marocco

 

Marrakesch

 

 

Spezie in un mercato di Istambul (Turchia)

 

 

Zafferano indiano in un mercato del Cairo (Egitto)

 

 

Spezie in un SUK del Magreb

 

 

In un Suk del Nord Africa

 


 

 

Campionario di SPEZIE a Giacarta (Indonesia)

 

 

Spezie a Dubai

 

 

Spezie Indiane

 

 

Polvere delle “Cinque Spezie Cinesi”

La Polvere cinque spezie o polvere delle cinque spezie è un tradizionale miscuglio de spezie utilizzato in origine nella cucina cinese e poi diffusosi in altre cucine orientali, ad esempio in quella vietnamita.

 

CONCLUSIONE

Nel 3000 a.C. erano già note 5.000 spezie, nel Medioevo il pepe era usato come moneta. A Firenze si quotavano radici, erbe e semenze. Tuttavia desideriamo aggiungere ancora qualcosa sulla curcuma, in quanto é oggetto ancora ai giorni nostri di studi scientifici molto interessanti.

La curcuma nella cura del cancro (Dal web: Studenti)

La curcuma delle Molucche

La curcuma è una spezia dalle molteplici virtù e la curcumina, pigmento naturale contenuto appunto nella curcuma, e responsabile del colore giallo del curry, è oggetto di ricerche particolari in materie di salute. Fra le sue preziose proprietà è stata, infatti, recentemente annoverata la capacità di rallentare lo sviluppo di alcuni tumori come il cancro.

 

 

 

Seppur lo studio sia ancora in fase di sperimentazione, la propensione a ritenerla attivamente positiva in questo campo, apre sicuramente nuove speranze sul fronte della ricerca anti cancro. Le premesse di questi studi sulla curcuma, rilevano come la spezia in questione sia capace di esercitare un effetto anti-cancro grazie alle sue ben note proprietà antinfiammatorie. Una recensione del 2011 pubblicata nella “Gazzetta della National Academy of Sciences”, ha rilevato che quasi il 25% delle forme tumorali sono causate da infiammazioni croniche; queste infiammazioni provocano l’aumento di una molecola, l’RNA-155, responsabile dell’abbassamento dei livelli della proteina addetta alla riparazione del DNA danneggiato. La curcumina è in grado, secondo alcuni studi, di ostacolare questo processo distruttivo, riportando le cellule al loro equilibrio.

 

 

 

Questo potere specifico della curcuma è stato scoperto dai ricercatori del Jonsson Comprehensive Cancer Center dell’Università della California, i quali hanno evidenziato l’azione anti-cancro della curcumina soprattutto in relazione ai tumori della zona cervico-facciale. La dottoressa Marilene Wang, coordinatrice dello studio, ha affermato che la curcumina opera nella bocca dei pazienti affetti da tumori della testa e del collo, riducendo le attività che promuovono la crescita del cancro.

 

In questa specifica ricerca sono stati presi 21 pazienti, con tumore alla testa o al collo, ai quali è stato prelevato un campione di saliva, prima e dopo la masticazione di due compresse a base di curcumina. Trascorsa un’ora è stato prelevato un altro campione di saliva. Contemporaneamente è stato condotto lo stesso esperimento su un gruppo di controllo, formato da 13 soggetti affetti da carie dentale e 5 soggetti sani. I risultati hanno evidenziato che mangiare curcumina mette in contatto cancro e saliva, riducendo i livelli di citochine (molecole proteiche che presentano sovente alti livelli in stati tumorali) collegate alla crescita del tumore.

 

Ovviamente la straordinaria capacità della curcuma nella cura del cancro, ancora in fase di sperimentazione, non può sostituire le terapie tradizionali, scientificamente comprovate, ma può sicuramente svolgere un’importante azione preventiva e di supporto. Infondo unire sapore e salute può diventare una buona e sana abitudine per noi occidentali, arricchendo i nostri piatti con spezie che oltre a rendere la cucina deliziosa contribuiscono al benessere dell’organismo. Questa scelta di vita può risultare utile e benefica per qualsiasi persona, ancor di più in persone sottoposte a un maggior rischio per abitudini di vita, come i fumatori e i bevitori, o affette da patologie specifiche come i portatori di HPV.

 

GATTI Carlo

Rapallo, 18 settembre 2015

LE SPEZIE IN CUCINA - OGGI

ANICE STELLATO - l’albero, chiamato “badiana”, è originario della Cina e del Nord Vietnam e se ne usano essenzialmente i frutti a forma di stella. Si utilizza per aromatizzare aperitivi, “vin brulè”, pane speziato cioccolato ma anche pesce.

CANNELLA - proviene dallo Sri Lanka e se ne utilizza la scorza. Profuma qualunque dolce a base di frutta (strudel, crumble) o the, cioccolato e il classico vin brulé”.

CARDAMONO – pianta tropicale che vive principalmente in Nepal.Dal gusto vagamente di menta, lo si utilizza nei dolci per insaporirli e come spezia nelle carni o il riso.

CORIANDOLO - origine Europea e Marocchina; se ne utilizzano le foglie e i semi. Indicato per insaporire qualunque verdura, pesci e carni.

CUMINO - proviene dal Nilo ma è coltivato ormai tutto attorno al Mediterraneo e se ne utilizza il seme. Insaporisce i formaggi cotti, le carni, le verdure; indicato per carote e/o patate al forno.

CURCUMA -  origine indiana e zone tropicali. Sostituisce, a basso costo, il colore dello zafferano, avendo però un sapore quasi ininfluente. Colora riso o semola (cuscus) o brodo o pesci o verdure cotte. In combinazione con lo zafferano, ne incrementa il colore.

CURRY - miscela composta in Estremo Oriente, non appartiene alle spezie naturali ma è un’insieme di droghe; molto vari ne sono quindi i gusti, determinati dalla diversa percentuale dei componenti che lo formano. Indicato per quasi tutti i tipi di “umidi”.

GAROFANO - sono coltivati in India, Malaisia e Madagascar e se ne utilizzano i fiori immaturi essiccati. Insaporiscono brodi, stracotti, brasati, marinate, selvaggina da pelo e conserve sott’aceto; indispensabile nel “vin brulè”

GINEPRO - proviene dal Nord e se ne utilizzano le bacche. Insaporisce la cacciagione, le marinate, gli arrosti, i cavoli crauti ecc.

MACIS - è il rivestimento esterno della noce moscata. Essicato e polverizzato, anche se meno profumato di quella,  può sostituirla. Il suo vero uso è però in salumeria e nelle miscele per formare altre spezie.

NOCE MOSCATA - proviene dalle isole Molucche, dall’india e dalle Antille e se ne utilizza il nocciolo essiccato mentre, dalla polpa che lo ricopre, se ne ricava il macis (vedere). Insaporisce tutti manicaretti a base di uova e di formaggi, come bechamel, soufflè, gratin di verdure oppure per aromatizzare biscotti, cakes, panpepati e “vin brulè”.

PAPAVERO - proviene dal Medio Oriente e se ne utilizzano i semi azzurri. Lo si incontra sul pane, nei dolci, con lo yogurt,  il miele, miscelato alla pasta di certi formaggi, ecc.

PAPRICA -  nasce in Ungheria ma oggi è difficile distinguerla dai peperoncini piccanti che colà esportiamo, per poi tornarci con il nome di “paprica”. Profuma tutte le ricette di carne che si vogliano insaporire oppure nelle minestre, o nelle verdure o nel pollo allo spiedo.

PEPE - quello nero, il verde e il bianco si ricavano dalla stessa bacca della omonima pianta a seconda di quando, nella stagione, lo si raccoglie e lo si essicca. Il rosa è originario del Brasile mentre quello rosso, pepe non è, e dovrebbe chiamarsi <pimento della Giamaica>. L’uso è a tutti noto ma forse lo è meno il suo potere irritante delle mucose interne, ben più del nostrano peperoncino.

SESAMO - nasce in India, Indonesia, Africa e Cina e se ne utilizzano i semi. Nota la spolverata per insaporire i pani, tostati con le verdure o con insalate, sul pesce o su spiedini di carne  prima di cucinarli. Molto presente nella cucina siciliana

VANIGLIA – è originaria del Messico ma oggi viene coltivata anche in Madagascar, Isole della Reunion e Tahiti ed è simile ad lungo fagiolino che, lavorato ed essicato, si presenta come quella che conosciamo. Profuma il latte, le creme, soufflé, charlotte, torte, biscotti e le uova; miscelata allo zucchero diviene zucchero vanigliato. Non tutti sanno che le bacche si possono riutilizzare più volte; basta recuperarle e sciacquarle.

ZENZERO - originario dell’Asia tropicale e della Giamaica; se ne utilizzano i rizomi. E’ componente essenziale in molte misture come il Curry e profuma piatti di pesce o carne oppure biscotti, cakes,panpepati, ecc. Lo si può anche candire.

a cura di

Renzo Bagnasco®

da <<GARGANTUA, idee per cucinare>> edito da Panesi Edizioni, in versione a-book

 

 

 


COMPAGNIE DELLE INDIE - La VOC -

COMPAGNIE DELLE INDIE

LA VOC

Per molti versi, il XVII secolo si caratterizzò per l’esplosione delle “attività commerciali” in tutto il mondo. Molti Stati europei, a grande tradizione marinara, assegnarono il monopolio di questi nuovi flussi mercantili a delle Società di Navigazione che divennero famose per il  “brand”:

COMPAGNIE DELLE INDIE ORIENTALI / OCCIDENTALI

che possiamo così riassumere:

 

1) -  Compagnia britannica delle Indie Orientali - fondata nel 1600

 

2)  -  Compagnia Olandese delle Indie Orientali - fondata nel 1602

 

3) -   Compagnia Francese delle Indie Orientali       - fondata nel 1664

 

4) -  Compagnia Danese delle Indie Orientali         - fondata nel 1670

 

5) -Compagnia Svedese delle Indie Orientali        - fondata nel 1731

 

6) - Compagnia Olandese delle Indie Occidentali  - fondata nel 1621

 

7)-Compagnia francese delle Indie Occidentali- fondata  nel 1635

 

Con le scoperte geografiche culminate con i viaggi di C.Colombo nel Nuovo Mondo, la geopolitica del mondo voltò pagina. Nuovi interessi spinsero gli uomini di mare a battere rotte anche inesplorate per avviare contatti commerciali.

Se fino al 1500 era stato il continente asiatico ad esprimere le forme più evolute di società organizzata, a partire da quella data il baricentro della storia andò gradualmente spostandosi verso l’Europa, che si impose come la civiltà dominante a livello mondiale.

 

Il perfezionarsi delle tecniche di navigazione, congiunto al miglioramento delle carte e strumenti nautici, incoraggiò lo stabilirsi di basi e mercati via mare tra i vari continenti e ciò ebbe come conseguenza, non solo un ampliamento della scena storica di regioni fin lì vissute in totale isolamento, ma anche la rottura di quell’antico equilibrio fra le civiltà euroasiatiche che per millenni era rimasto inalterato. Di questi sconvolgimenti su scala planetaria si avvantaggiò soprattutto l’Europa che, anche in virtù di una vitalità culturale radicata nei suoi trascorsi classici, seppe nel giro di due secoli estendere la propria influente potestà a quasi tutto il mondo di allora.

 

Nel XV secolo, con il trattato di Tordesillas, Spagna e Portogallo si erano divise le terre d’Oriente scoraggiando qualsiasi tentativo da parte di olandesi, francesi e inglesi di viaggiare verso le Indie. Faceva soprattutto gola l’intero capitolo riguardante LE SPEZIE di cui gli iberici detenevano il monopolio. Questo precario equilibrio trovò il suo punto di rottura nel 1580 quando la Spagna di Filippo II sottomise il Portogallo. Da allora i suoi vascelli carichi di spezie solcavano tutti i mari del mondo e tornavano in patria vendendoli a prezzi sempre più elevati chiudendo di fatto i porti di Cadice e Lisbona ai mercanti degli altri Paesi europei. Tuttavia, questo fine secolo fu caratterizzato da repentini cambiamenti strategici. L’impero spagnolo, essendo troppo vasto e mal amministrato, lentamente entrò in crisi e quando le Province Unite dei Paesi Bassi si rivoltarono contro gli Spagnoli che li dominavano, ottennero l’indipendenza.

Agli inizi del Seicento, con l’indebolimento di Spagna e Portogallo, si aprirono ampi spazi commerciali sulle nuove rotte tracciate da Capitani astuti e coraggiosi degli armamenti del Nord Europa. Nacquero, in questo stallo geopolitico, le Compagnie delle Indie in Olanda, Inghilterra e Francia le quali, con l’appoggio dei rispettivi governi, riversarono cospicui investimenti verso potenti flotte navali per la conquista dei mercati delle spezie in Asia. Le Compagnie divennero sempre più motivate verso un unico obiettivo: accaparrarsi nuovi territori e basi commerciali. La concorrenza fu spietata e non mancarono le guerre.

Le Compagnie diventarono quindi le principali protagoniste della colonizzazione del mondo e della costruzione di un unico mercato “globale” sotto l'egemonia europea. Nel Settecento esse rifornirono l'Europa di SPEZIE (pepe, noce moscata, chiodi di garofano, cannella ecc..) e tessuti orientali, ai quali si aggiunsero, nel secolo successivo, tè, caffè e zucchero. Poiché in Asia i prodotti europei non erano richiesti, le Compagnie dovevano pagare in oro le merci asiatiche. Talvolta, però, per evitarlo, organizzarono commerci interasiatici, scambiando, per esempio, tessuti indiani o pepe e spezie indonesiane con tè e porcellane cinesi. I privilegi delle Compagnie scontentavano in Europa sia i mercanti che non ne godevano sia gli artigiani in difficoltà, per la concorrenza dei prodotti coloniali (soprattutto tessili) importati dalle Compagnie.

 

In seguito ai crescenti contrasti con la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, culminati nel 1623 con il massacro dei mercanti inglesi ad Amboina (Molucche), i due paesi: Olanda e Inghilterra raggiunsero una sorta di tacito accordo che dava all'Olanda una posizione dominante sull'isola di Giava e sulle altre isole dell'arcipelago indonesiano e agli inglesi il controllo dei commerci con l'India (esclusa Ceylon), mentre entrambe le Compagnie restarono libere nei propri movimenti in estremo Oriente.

 

 

Il Secolo d'Oro che segnò l'egemonia marittima e commerciale fuori dall'Europa

AMSTERDAM - Liberandosi dall'opposizione degli invasori spagnoli, da piccolo villaggio di pescatori, divenne la città più potente economicamente in tutte Europa, raggiungendo l'apogeo, nell'era che fu definita quella del suo Secolo d'Oro: il XVII. In questo periodo, Amsterdam, ricchissima città mercantile con 200.000 abitanti divenne la terza città d'Europa dopo Parigi e Londra, e si avventurò in quello che sarà un impero coloniale di lunga durata. Fu definita anche una delle più belle metropoli del rinascimento, per avere un'idea, è sufficiente ammirare le traccie lasciate dai rifugiati fiamminghi nel "Tornante d'oro" definito dai tre canali che sono stati tracciati dal 1612 e che presero il nome di Herengracht, Keizersgracht e Prinsengracht.

 

Con la fondazione nel 1602 delle Compagnie delle Indie orientali, l’Olanda acquisisce il monopolio sull'importazione di spezie dall'Indonesia, di porcellana dalla Cina e dal Giappone, di prodotti tessili dalle Indie. Nel 1664, con la Compagnia delle Indie occidentali, invece controlla il commercio degli schiavi tra l'Africa e le Americhe, ma questa é un’altra storia.

 

Dopo questa lunga premessa, facciamo ora la diretta conoscenza della Compagnia Olandese delle Indie Orientali.

 

 

 

Il logo della Compagnia Olandese delle Indie Orientali (Vereenigde Geoctroyeerde Oostindische Compagnie), abbreviato in VOC, fu costituita il 20 marzo 1602 con un capitale sociale di 6.459.840 fiorini sottoscritto dalle sei Camere olandesi  Il varo della nuova COMPAGNIA avvenne quando il Governo le garantì il monopolio delle attività commerciali nelle colonie nelle colonoie in Asia.

 

Quale fu la reale causa politica di questa svolta epocale?

Tutto quanto accadde dopo che la ribellione delle Province UNITE dei Paesi Bassi contro la Spagna (1566), e il passaggio del Portogallo sotto la dominazione spagnola (1580), avevano prodotto la chiusura dei tradizionali porti di rifornimento: Cadice e Lisbona ai mercanti olandesi, costringendoli a procurarsi le spezie  direttamente all'origine.

Mappa anacronistica delle Colonie Olandesi. In verde scuro i territori occupati dalla Compagnia Olandese delle Indie Occidentali

 

La Compagnia Olandese delle Indie Orientali nacque dalla fusione di otto compagnie minori messe sotto pressione dagli Stati Generali Olandesi intenti a coagulare le proprie risorse per strappare il monopolio commerciale dei mari delle Indie al Portogallo. La Compagnia era composta da 6 Camere (Kamers) fondatrici. Il suo organo esecutivo era costituito dagli Heeren XVII, ossia i Direttori, scelti in seno ad una assemblea di 60 rappresentanti degli azionisti con una presenza fissa di otto delegati della Camera di Amsterdam e quattro provenienti dalla Zelandia (Paesi Bassi). Il capitale iniziale fu in seguito diviso in piccole azioni rapidamente sottoscritte e successivamente rastrellate dagli stessi Direttori, che assunsero così una posizione oligarchica. Per il governo delle terre coloniali acquisite, la Compagnia creò un'amministrazione stabile con sede a Batavia, facente capo ad un Governatore Generale assistito da un Consiglio delle Indie composto da sedici membri.

 

 

Il monopolio dei traffici olandesi tra il Capo di Buona Speranza e lo Stretto di Magellano era stato concesso alla Compagnia per la durata di ventun anni, le fu data inoltre l'autorità di costruire difese militari, trattare con altri Stati e anche di guerreggiare. Nella prima metà del XVII secolo , la Compagnia invase più o meno pacificamente l'arcipelago delle Molucche (Amboina nel 1605, Banda nel 1609) dove la sottomissione dei Principati marittimi di Ternate, Tidore, Batjam raggiunse il culmine della sua potenza.

 

 


 

Sede della VOC ad Amsterdam

 

Pochi anni dopo, Francesi ed Inglesi furono estromessi e gli Olandesi s’installarono nel mar di Giava, occupando Bantam e fondando Batavia (1619). In questa città la Compagnia stabilì la sua Direzione Operativa Orientale la quale, essendo più a Est di Malacca e Goa, le conferì un permanente vantaggio strategico.

 

La capillare penetrazione della Compagnia proseguì più ad occidente con l'impianto di Fondi Commerciali a Johore e Malacca (1641), con la costruzione di basi sulla costa indiana del Malabar (1661), con l'invio di mercanti nel Borneo settentrionale (1665) e di missioni religiose a Formosa.

Il Trattato di Breda (1667) sancì l'esistenza di un Impero Coloniale Olandese d'Oriente costituito da una serie di basi commerciali fortificate dal capo di Buona Speranza (1652) a Timor, passando per lo scalo persiano di Bandar Abbas. La situazione di assoluto monopolio di cui la Compagnia godeva nel commercio di alcuni prodotti, permise agli azionisti di realizzare profitti altissimi, con un dividendo del 22% nell'arco della sua esistenza con punte del 132,5% nel 1610 e del 37,5% nel 1619, malgrado cospicui reinvestimenti per rafforzare la Compagnia dal punto di vista militare ed economico.

 

Entriamo adesso nel merito della consistenza della flotta olandese, e dei suoi metodi non del tutto democratici...

 


 

Un vascello della VOC al suo arrivo a Cape Town. Nel corso del Seicento le navi della Compagnia delle Indie Orientali Olandese (abbreviata in V.O.C., Vereenigde Oostindische Compagnie) battevano le acque dell'Atlantico e dell'Indiano e con il loro continuo andirivieni lungo una delle rotte più lunghe al mondo rappresentavano il simbolo stesso del potere navale olandese. Considerate dall'esterno, questi Indiamen (così venivano chiamate, genericamente, tutte le navi utilizzate nel commercio con le Indie) non erano molto diversi dalle navi da guerra che venivano costruite in quel periodo. La caratteristica che li accomunava era di avere la poppa quadra, a differenza dei mercantili di dimensioni più piccole che invece ne avevano una tonda. Per il resto, i costruttori si limitavano a farli un po' più larghi delle navi da guerra, per far posto al carico, e con la poppa un poco più alta, per far spazio ai passeggeri. Queste navi misuravano di solito circa 40 metri di lunghezza, misurati al ponte principale, ma non erano certo le più grandi che venivano costruite in Europa in quegli anni: spagnoli e portoghesi, per esempio, preferivano concentrare le loro merci su un numero minore di trasporti ma di dimensioni maggiori, fino a 1600 tonnellate di stazza o più, illudendosi che la sicurezza fosse in funzione diretta delle dimensioni.

 

Il Batavia è il relitto di una nave della VOC (Compagnia Olandese delle Indie Orientali) costruita ad Amsterdam nel 1628. La nave affondò nel 1629 durante il suo viaggio inaugurale e divenne famosa a seguito dell'ammutinamento e del massacro che ebbe luogo fra i sopravvissuti. Nei primi anni ‘70 molti oggetti vennero recuperati: alcuni di essi sono ora in mostra al Maritime Museum di Fremantle e altri sono al Geraldton Region Museum. Il relitto si trova oggi a una profondità di 6 metri, nelle vicinanze di Morning reef nelle Houtman Abrolhos, e sono ancora visibili cannoni e ancore, fra cui nuotano diverse specie di pesci. Una replica della Batavia è stata realizzata tra il 1985 e il 1995 ed è attualmente visitabile presso Lelystad in Olanda.

 

La vicenda del Batavia risulta particolarmente interessante grazie anche alla sua storia caratterizzata dall’ammutinamento della ciurma capeggiato dal capo mercante Jeronimus Cornelisz e dal timoniere Ariaen Jacobsz. L’ammutinamento influenzò notevolmente sia la storia precedente che quella successiva al naufragio, caratterizzando inoltre il sito dal punto di vista della ricostruzione storico – archeologica. La scoperta del Batavia, datata 1963, si deve ad alcuni subacquei sportivi che rinvennero i resti del relitto nelle acque antistanti la Beacon Island nel arcipelago denominato Houtman Abrolhos al largo delle coste del Western Australia.

 

Nel 1628 il Batavia prese il largo dal porto dell’isola di Texel nel nord dell’Olanda, diretto a Batavia (odierna Jakarta, Indonesia), sotto il commando di Francisco Pelsaert. La nave, costruita l’anno precedente, compiva il suo viaggio inaugurale trasportando un carico di oro e argento utile all’acquisto di spezie nella colonia della Compagnia delle Indie Orientali Olandese. Lasciata Città del Capo in Sud Africa, ove l’imbarcazione aveva fatto sosta per il rifornimento delle provviste necessarie per il proseguimento del viaggio, i due cospiranti diedero inizio al loro piano. Preso il commando della nave cambiarono rotta con l’intenzione di iniziare una nuova vita grazie anche al cospicuo e ricco carico trasportato. E’ noto come Jacobsz ebbe attriti personali con Pelsaert in India, anni prima, mentre Cornelisz si trovava in fuga dalle Netherlands, dove era stato accusato di bancarotta, e dov’era a rischio di arrestato per alcune accuse di eresia.

Museo del BATAVIA

Il viaggio terminò il 4 giugno 1629 allorché l’imbarcazione urtò il Morning Reef nel Wallabi Group dell’Houtman Abrolhos, un gruppo di isolotti e barriere coralline al largo di Geraldton nel Western Australia. Delle 322 persone a bordo, 40 perirono nel tentativo di raggiungere la terraferma, mentre i sopravvissuti organizzarono un campo di sopravvivenza nella Beacon Island. La mancanza di acqua potabile e di approvvigionamenti nell’isola obbligarono il comandante Pelsaert, il timoniere Jacobsz, alcuni membri dell’equipaggio e alcuni passeggeri a compiere un disperato viaggio, a bordo di una scialuppa di salvataggio (9.1 metri di lunghezza), in direzione di Batavia alla ricerca di soccorsi. Dopo 33 giorni di navigazione il comandante e gli altri a bordo (non vi fu’ alcuna perdita!) riuscirono a raggiungere l’Indonesia e, ottenuta un altra imbarcazione – la Sardam – ripresero il largo in direzione dell’Houtman Abrolhos.

 

Intanto nel campo dei sopravvissuti, durante l’assenza del comandante, Cornelisz continuò a portare avanti il suo piano. Egli era infatti cosciente di essere a rischio di giudizio in caso il comandante fosse riuscito a ritornare con i soccorsi. A questo proposito, progettò addirittura di dirottare eventuali imbarcazioni di soccorso, prendendone possesso, per poter così completare il suo piano e stabilirsi da qualche parte ad iniziare una nuova vita grazie al carico di oro e argento. Cornelisz era comunque cosciente di dover eliminare qualsiasi ostacolo che potesse frapporsi tra lui ed il successo del suo piano. A questo riguardo, il primo provvedimento che attuò fu di ottenere che tutte le armi e le provviste fossero poste sotto il suo diretto controllo. Ordinò inoltre al gruppo di soldati, posti a guarnigione del prezioso carico, di andare a cercare provviste d’acqua in uno dei vicini isolotti e, convinto dell’impossibilita’ di successo, li lasciò al loro destino. A questo punto, sicuri di aver ottenuto il completo controllo dei sopravvissuti, Cornelisz e gli altri ammutinati si lasciarono ad atti di barbarie.

 

La replica dell'Indiaman Batavia è stata realizzata nel 1995 e riproduce fedelmente la nave originale, affondata lungo le coste australiane nel 1628. La realizzazione degli Indiamen era supervisionata direttamente dalla Compagnia, dal momento che questa, sin dai suoi inizi, aveva scelto di trasportare solo merci proprie su navi proprie, e il modo in cui la Compagnia coordinava attività commerciale e attività cantieristica rimane uno degli episodi più interessanti di programmazione produttiva dell'epoca pre-industriale. La VOC infatti controllava tutta una serie di cantieri, sparsi in tutti i Paesi Bassi. Il più grande era situato ad Amsterdam, su un'isola artificiale del fiume Ij realizzata intorno alla metà del Seicento, e conteneva al suo interno le officine per tutte le fasi di produzione e lavorazione degli accessori necessari a far funzionare una macchina complessa come una vascello a vela. 
La centralizzazione delle attività permetteva alla VOC di programmare accuratamente, nella tarda primavera o nell'estate di una certa annata, tutte le fasi della costruzione delle sue navi. Il numero delle unità da impostare volta per volta nei cantieri nazionali dipendeva infatti dalla composizione del convoglio di ritorno dalle Indie che si voleva ottenere circa due anni dopo (le navi costruite in questi cantieri infatti venivano usate esclusivamente sulla redditizia rotta Olanda-Indonesia). 
Una volta fissata la quantità di navi da costruire veniva raccolto il materiale da costruzione, che doveva essere interamente importato, dal momento che i Paesi Bassi erano totalmente sprovvisti di foreste di alberi d'alto fusto. Le querce, i pini, gli abeti arrivavano dalla Polonia, dalla Norvegia, dalla Russia settentrionale e dalla Germania, e venivano lasciati per almeno sei mesi immersi in acqua per evitare spiacevoli deformazioni e crescite del legname una volta tagliato e utilizzato. Verso novembre o dicembre i tronchi erano tirati all'asciutto con argani e falegnami e carpentieri cominciavano a lavorare per dare forma al nuovo vascello. Ci volevano circa tre mesi di tempo perché lo scafo dell'Indiaman venisse completato, e questo era anche il tempo richiesto perché il legname si seccasse. Il varo avveniva in primavera, e l'allestimento veniva completato nelle immediate vicinanze del cantiere, con la nave solidamente bloccata in una specie di fitta staccionata di pali conficcati nel fondo del porto. La nave era pronta a salpare verso settembre, proprio in tempo per lasciare libero lo spazio e le risorse del cantiere per le riparazioni delle navi che ritornavano in quel periodo dalle Indie.

 

La nave Amsterdam era un vascello della Compagnia delle Indie Orientali, usato nel XVII secolo per scopi commerciali. Dal 1991 è ormeggiata accanto allo Scheepvaartmuseum o museo marittimo di Amsterdam. In realtà, la maestosa nave è una replica dell'originale, naufragata nel 1749 in viaggio verso l'Estremo Oriente a causa di una violenta tempesta. Il vascello è visitabile come singola attrazione o in combinazione con l'ingresso al museo.

 

Nel 1669 la Compagnia Olandese delle Indie Orientali possedeva 40 vascelli da guerra, 150 navi cargo e 10.000 soldati che difendevano i trasporti. Gli Olandesi arrivavano nelle isole delle spezie e con ogni mezzo, anche il più violento, assoggettavano le popolazioni locali per entrare in possesso delle piantagioni. Cercavano di specializzare ogni isola con la coltura di ogni tipo di spezia, e adottavano regole severissime per impedire a chiunque di trasportare anche solo una pianta al di fuori del terreno nativo. In questo modo, conquistarono l’isola di Banda che aveva il monopolio della noce moscata, l’isola di Ternate conosciuta per i chiodi di garofano e altre isole ricche di cannella e pepe. Soprattutto la conquista dell’Isola di Banda è emblematica del metodo di conquista da essi adottato: poiché la popolazione locale non voleva cooperare, fu sterminata e di circa 15.000 persone ne rimasero qualche centinaio che furono ridotte in schiavitù. Le spezie venivano conservate nei magazzini per regolarne l’afflusso sul mercato e mantenere alti i prezzi e - se le produzioni erano comunque eccessive - venivano bruciate.

 

Declino e soppressione

 

Tuttavia, alla fine del Seicento la potenza della Compagnia cominciò a scemare e nel secolo successivo, nel corso della quarta guerra anglo-olandese (1780-1784), furono persi numerosi stabilimenti, altri furono ceduti ai Britannici dopo l'invasione dell'Olanda da parte delle armate rivoluzionarie nel 1794 e nel 1798.

 

Altre cause del profondo declino della Compagnia Olandese delle Indie Orientali vanno viste:

- nella concorrenza francese e inglese

- nella cattiva amministrazione

- nelle ingenti spese militari dovute alle frequenti ribellioni indigene

- nella crescente corruzione

- nei debiti finanziari che condussero allo scioglimento della Compagnia nel 1799 quando la Compagnia cessò i traffici e fu sciolta due anni dopo lasciando i propri resti allo Stato Olandese.

 

 

Si può quindi affermare che in ORIENTE, il più potente gruppo europeo per tutto il XVI e XVII secolo fu la Compagnia Olandese delle Indie Orientali, lo fu soprattutto per la sua organizzazione commerciale e militare che toccò il suo apice nel 1619.

 

 

Non spetta a noi assegnare Patenti di Merito ... ma siamo convinti che la MARINERIA Olandese abbia avuto un ruolo determinante in questa affascinante pagina della storia di quel Paese. I suoi capitani furono i primi a trovare una rotta diretta per Batavia, facendo rifornimento (dopo il 1652) nel nuovo emporio olandese del Capo di Buona Speranza, sia navigando verso oriente sfruttando i venti dominanti intorno al 40° di latitudine Sud, sia entrando nell’arcipelago malese attraverso lo Stretto della Sonda.

 

 

Nel XVII secolo la Compagnia non diventò mai una grande potenza territoriale, né i suoi Direttori lo desideravano; ma assicurandosi basi in posizioni strategiche, esercitando pressioni sui principi locali e costringendo gli altri Europei ad andarsene dalla zona riuscì a garantirsi il monopolio di lucrosi commerci dell’arcipelago. Nelle altre zone dell’Estremo Oriente la Compagnia commerciava, come gli altri Europei, in concorrenza con gli altri mercanti occidentali e locali, secondo le regole stabilite dai governi asiatici.

La Compagnia Inglese delle Indie Orientali

 

Fondata nel 1600 per il commercio con le Indie Orientali. Fu costretta dall’Olanda a lasciare l’India dopo il massacro di Amboina nel 1623. La Compagnia negoziò concessioni con l’India Moghul e ottenne il controllo del Bengala nel 1757; le sue attività politiche furono fortemente limitate dal Regulating Act del 1773 e dall’India Act del 1784. Il suo monopolio commerciale in India cessò nel 1813, quello in Cina nel 1833. L’importanza della Compagnia decadde fino allo scioglimento legale decretato nel 1873.

 

 

La Compagnia Inglese delle Indie Orientali, costituita nel 1600, era un’impresa di minori dimensioni, che raramente fu in grado di resistere alle pressioni olandesi nell’arcipelago malese, e comunque era impegnata soprattutto nel commercio di cotonerie e pepe dall’India, dapprima nel porto di Moghul di Sarat, poi in scali propri a Madras, Bombay e Calcutta. Nel 1685 avviò un modesto commercio con la Cina, comprando té e porcellane ad Amoy, e più tardi a Canton, dove dal 1698 in poi i suoi agenti si trovarono in concorrenza con la Compagnie de Chine francese.

Come risultato delle rivalità commerciali e delle aggressioni armate da parte delle navi di queste Compagnie, che non tenevano in nessun conto lo stato di pace o di guerra in Europa, l’Estado da India portoghese subì gravi perdite sia territoriali che economiche; e anche molte correnti di commercio locali, marittime o carovaniere, che i Portoghesi avevano lasciato pressoché intatte (limitandosi tutt’al più ad imporre dogane) cominciarono a scemare.

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 19 Settembre 2015

 

 


LA PROPULSIONE AZIPOD

LA PROPULSIONE AZIPOD


Rompighiaccio Supplyvessel – Sistema propulsivo Azipod

· La propulsione Azipod è un sistema di propulsione privo di ingranaggi di timoneria dove il motore elettrico è installato in un contenitore sommerso all’esterno dello scafo.

· Nel sistema di propulsione Azipod  l’elica è a passo fisso e a giri variabili.

· Una nave con il sistema di propulsione Azipod  non necessita di timone, lunghi assi di trasmissione e propulsori trasversali

  • La propulsione Azipod provvede a:

· Maggior sicurezza e ridondanza

· Maggior efficienza combustibile e riduzione costi di manutenzione

· Sistema di propulsione meno inquinante

· Notevole aumento di comfort a bordo

· Impianto più semplice e con rendimento più alto

· Installazione più semplice e veloce

· Vantaggiosi investimenti e procedure di costruzione

In condizioni estreme di ghiaccio la propulsione Azipod si comporta con imbattibili caratteristiche in dette situazioni. Il propulsore Azipod è di costruzione molto semplice  e con un diffusore fornisce un alto rendimento di spinta.

Il consumo di combustibile e quindi le emissioni di gas sono ridotte grazie all’aumentata efficienza idrodinamica e al concetto dell’impianto.  L’aumentata efficienza idrodinamica è il risultato della ridotta resistenza dello scafo dovuta alla eliminazione dei bracci di sostegno esterni degli assi portaelica e dal miglior profilo dello scafo. L’elica di tipo a trazione lavora in migliori condizioni e con un rendimento più elevato.

L’esperienza della prima nave passeggeri con propulsione Azipod, la Carnival Elation, ha portato un risparmio di 40 tons di fuel per settimana rispetto alla sua gemella con propulsione convenzionale. Un valore del 10% può quindi essere stimato sul risparmio di fuel di una nave passeggeri con propulsione Azipod  rispetto ad un’altra con  propulsione tradizionale. Il tipo di impianto genera risparmi di combustibile ottimizzando la richiesta di potenza  dei motori diesel. Il P.M.S.(Power Management System) inserisce o disinserisce i gruppi DD/GG (diesel generator sets) in rete secondo la richiesta di carico della nave, riducendo l’inefficiente lavoro a basso carico, le ore di moto dei generatori e le vibrazioni delle eliche.  Il gruppo Azipod è un’elica di tiro che lavora in una migliore condizione e induce ad una pressione più bassa sullo scafo. Il sistema di propulsione Azipod elimina sia i propulsori di governo che i supporti esterni degli assi e i timoni. Come risultato si possono avere a bordo livelli di vibrazioni e rumorosità più bassi con aumento del comfort a bordo per i passeggeri. Il Gruppo ABB opera in circa 100 paesi ed impiega circa 150,000 persone.

AZIPOD

Cantieri Navali di Astrakhan (Russia) – Controllo propulsori Azipod

Blue Ocean II.1 - Trasporto Oil Drilling Platform

ALBUM FOTOGRAFICO (1)

Costa Luminosa

AZIPOD della COSTA LUMINOSA

Che cos'è l' Azipod?

Azipod è il marchio registrato con cui ABB (ASEA BROWN BOVERI) commercializza la gamma di propulsori azimutali elettrici per navi, il cui primo modello è stato realizzato all’incirca venti anni fa. Con l’ultima versione ABB ha lanciato sul mercato il propulsore elettrico più efficiente dal punto di vista energetico.

Background e tecnologia Il sistema di potenza e propulsione di una nave per il trasporto merci è generalmente costituito da generatori diesel che assicurano l’elettricità a bordo e da un motore diesel separato che aziona l’asse portaelica. Trattandosi di un sistema di propulsione ibrida diesel-meccanica, la stretta interdipendenza tra la velocità del motore e dell’elica comporta una diminuzione notevole dell’efficienza energetica ai bassi regimi.

La propulsione diesel-elettrica rappresenta una soluzione relativamente recente per la movimentazione delle navi e si differenzia per la presenza di un impianto di potenza di maggiori dimensioni, solitamente costituito da generatori azionati da motori diesel e da un motore elettrico accoppiato all’elica centrale. ABB è il primo produttore mondiale di propulsori elettrici.

In questo sistema, i motori elettrici che azionano le eliche, responsabili dei maggiori consumi di elettricità, sono comandati da azionamenti che assicurano un’alimentazione continua e controllano la velocità delle eliche. Il sistema di propulsione elettrica è così in grado di azionare i motori diesel con un’efficienza pressoché ottimale, indipendentemente dalla velocità dell’imbarcazione. L’impiego di cavi elettrici al posto degli organi meccanici di trasmissione contribuisce inoltre a ridurre le vibrazioni a bordo.

Azipod e l’efficienza energetica I propulsori elettrici di ABB spaziano da una serie di apparecchiature elettriche a velocità variabile all’esclusiva famiglia di sistemi Azipod ad alta efficienza. Il primo propulsore Azipod risale al 1990.

Il sistema Azipod è posizionato in un pod montato esternamente allo scafo, che combina sia la funzione propulsiva che di governo dell’elica centrale, del timone e delle eliche di manovra. La possibilità di riunire in un unico gruppo sistemi di norma installati separatamente consente di recuperare spazio a bordo da destinare a scopi diversi.

 Grazie alla collocazione del propulsore Azipod sotto lo scafo della nave è possibile ottenere un risparmio del 10% sui consumi di carburante rispetto ai sistemi di propulsione diesel-elettrici con linea alberi convenzionale.

Nel 2002 ABB ha introdotto il sistema CRP Azipod. La tecnologia CRP (contra-rotating propeller) impiega una coppia di eliche coassiali controrotanti (una destrorsa e una sinistrorsa) e si implementa installando un sistema Azipod al posto del timone su una nave con linea alberi convenzionale.

Questa soluzione è particolarmente adatta per i traghetti o altre navi veloci che necessitano di un’elevata efficienza propulsiva.
Nel 2004 il sistema CRP Azipod è stato installato su due imbarcazioni realizzate per ShinNihonkai Ferry, il principale operatore di traghetti del Giappone. L’azienda ha registrato un risparmio di carburante del 20% e un incremento della capacità di trasporto del 15% rispetto alle navi di pari dimensione equipaggiate con motori diesel.

I sistemi Azipod di ABB vengono installati su una varietà di imbarcazioni tra cui navi da crociera di lusso, yacht, traghetti, piattaforme di perforazione, petroliere artiche, navi rifornimento per le piattaforme offshore e rompighiaccio.

In questo disegno si notano le differenze tecniche tra il sistema tradizionale (a sinistra) ed il sistema AZIPOD (a destra)

Questo disegno c’illustra molto chiaramente la meccanica degli ingranaggi e quindi il funzionamento del sistema Azipod

Il sistema Azipod visto da un’altra angolazione

Le Eliche sono state montate

Azipod carenato, pronto per il montaggio

Altro esempio di Azipod pronto per il montaggio

Schema funzionamento Azipod

Joystick posizionato sul Ponte di Comando della nave

(Joystick Steering Wheel)

Nave munita di tre Azipod in bacino di carenaggio

Nave da carico con Azipod sui ghiacci


DUE TESTIMONIANZE

Comandante Mario Terenzio Palombo

Raccogliamo ora le testimonianze del nostro ormai “celebre” socio C.S.L.C. Mario Terenzio Palombo che é stato per molti anni Comandante di unità dell’Armamento Costa e di  Costa Crociere.

Comandante, la nostra lunga amicizia é nata proprio sui ponti di comando delle navi Costa durante le manovre nel porto di Genova. La tua formidabile carriera, sulle navi a due e quattro eliche tradizionali, si é evoluta insieme alla nuova tecnologia fino ad arrivare agli AZIPOD. Ci puoi dare da “tecnico” le tue valutazione su  questo rivoluzionario sistema?

Essendo andato in pensione ufficialmente nel giugno 2007, all’epoca, le due navi  di Costa Crociere dotate con AZIPOD erano le gemelle Costa Atlantica e Costa Mediterranea.

Ho comandato per ben 3 volte  la Costa Atlantica dotata di AZIPOD con potenza apparato motore 35.200 KW.

Sin da subito ho potuto constatare le sue eccezionali caratteristiche di manovra rispetto le navi dotate di eliche a passo variabile o passo fisso. Oltre a tutti i vantaggi ben descritti nel presente articolo, vorrei aggiungere che tra tutti gli strumenti di manovra che si utilizzano per la manovra, con questo tipo di propulsione AZIPOD si fa a meno dei timoni. Naturalmente in manovra bisogna abituarsi a pensare diversamente. In pratica, non si ha il timone per far evoluire la nave, ma si agisce sugli AZIPOD. Per esempio, entrando in un porto, notando una certa difficoltà nel far evoluire la nave, viene spontaneo, sulle navi tradizionali, di fermare un motore e mettere il timone alla banda. Sulle navi con azipod questo è impossibile, si  deve agire sugli AZIPOD aumentando la forza trattrice delle eliche e mettendo gli AZIPOD a dritta o sinistra a seconda della necessità. L’effetto è immediato!

Il sistema ha tre modalità e funziona nel modo seguente: “modalità navigazione” - “manovra manuale” - “manovra in automatico”. Il primo si usa in navigazione. In questo caso i due AZIPOD sono collegati e si muovono parallelamente. Sono sufficienti pochi gradi di angolo di barra (da 3° a 5°) per mantenere la rotta. Naturalmente hanno un angolo di barra sino a 40°. Il secondo, si usa in manovra. In questo caso i due azipod sono indipendenti. Uno di essi, a seconda dei casi, si dispone nel senso longitudinale per il movimento della nave in marcia avanti e indietro, l’altro si dispone lateralmente a 90°, come fosse un’elica laterale di manovra (thruster). La spinta laterale è notevole. Ricordo che sulla Costa Atlantica la potenza in "modalità manovra" é al massimo è di 10.000 KW (X Azipod). Si può così ruotare l’AZIPOD, già disposto lateralmente, anche verso prora (da 90°sino a 45° o più) o verso poppa (da 90°sino a  135°o più). In questo caso si ottiene una spinta combinata sia laterale che in marcia avanti o in marcia indietro. Un bell’effetto per la manovra! Nella terza modalità gli AZIPOD si orientano, come nel sistema manuale, ma automaticamente a seconda dell’ordine che gli viene impartito. Da notare che, in modalità manuale o automatico, gli AZIPOD ruotano velocemente su se stessi in 20 secondi.

Avendo fatto dei corsi  per l’utilizzo del Joystick, avevo messo in atto la praticità di questo strumento. Ho osservato come l’automatismo utilizzava le eliche  (dritta e sinistra), a seconda  dei casi, ed ho imparato, sfruttando lo stesso sistema, ad usare bene gli AZIPOD anche con il sistema manuale.  Però, il vantaggio dell’automatismo è che, essendo in manovra importante concentrarsi  sul movimento della  nave e il  molo  di attracco, evitando di agire su varie leve, con un solo “combinatore” (joystick), ruotandolo delicatamente, si dispone con facilità, la nave parallelamente alla banchina. Un’esperienza straordinaria!

Grazie Mario per il tuo prezioso contributo di chiarezza alla comprensione del sistema, sia da parte dei nostri lettori “specializzati”, sia da parte dei giovani studenti alle prese con straordinarie tecnologie che possono essere sperimentate solo a bordo di navi moderne, sebbene in crescita esponenziale.

Comandante C.S.L.C Garbarino (Costa Crociere)

Quali sono le innovazioni più significative di Costa Luminosa, dal punto di vista del Comandante? Le innovazioni per i nostri ospiti sono moltissime, tutte da scoprire e tutte da vivere a bordo.
Dal punto di vista del Comandante, e più prettamente tecniche, la novità è data dalla possibilità di manovra, migliorate rispetto alle altre navi dotate di Azipod come la Costa Mediterranea e Costa Atlantica.

Ci può spiegare meglio di che cosa si tratta, Comandante Garbarino? Parliamo dunque delle eliche trattrici, che sono le eliche  installate sugli azipod. Ormai sappiamo cosa sono gli azipod, in quanto sono installati su due delle nostre navi, la Costa Atlantica e la Costa Mediterranea.

A differenza delle eliche installate su assi dell'elica, dove l'elica "spinge", le eliche degli azipod la trainano, in quanto  sono posizionate di proravia al loro asse di rotazione. Allego una foto di un azipod così si può notare meglio.
Se l'elica è posizionata di poppa all'asse (come nelle navi tipo Costa Concordia, C. Serena, C. Pacifica e tutte le altre che non hanno l'azipod), l'effetto dell'elica è quello di "spingere" la nave. Se invece come sull'azipod, sono posizionate di proravia al loro asse di rotazione, allora avvitandosi nell'acqua avranno un effetto "trainate" o meglio "trattrice". 
Il vantaggio di un'elica trattrice è che non avendo nessun ostacolo di proravia, si "avvita" meglio nell'acqua.

ALBUM FOTOGRAFICO (2)

75 meter x 8 meter x 2.1 meter depth testing tank

ABB testing tank

Azipod shaft

Due Azipod imbarcati sulla coperta di una nave da carico

Internal rotor of ABB Azipod

Maestranze finlandesi ABB


D.M. Giuseppe SORIO

Carlo GATTI (Interviste)


Rapallo, 24 Settembre 2014


I REMI DELLA "SUPERBA" PROVENIVANO DALLA VALD'AVETO

 

I REMI DELLA “SUPERBA”

PROVENIVANO DAI FAGGETI DELLA VAL D’AVETO

Lago delle Lame (dal latino lamis, palude)

Tre generazioni a passeggio intorno al Lago delle Lame

LAGO DELLE LAME

E’ situato a poco più di 1000 mt sul livello del mare alle pendici del Monte Aiona nel Parco Naturale Regionale dell’Aveto. E’ uno dei pochi laghi di origine glaciale assieme al vicino gruppo dei Laghi delle Agoraie, nessun torrente l’alimenta ma solo numerose sorgenti aperte su un fondale di circa 5 metri.

 

Si tratta di una zona umida di notevole pregio e liberamente fruibile dai visitatori: da qui partono diversi itinerari a piedi con livelli di difficoltà differenziati.

Il lago è raggiungibile con l’autovettura attraverso una stradina tortuosa che si imbocca subito dopo il paesino di Magnasco. 
Nelle vicinanze del Lago delle Lame esistono i ruderi dell’antico hospitale di S. Bartolomeo delle Lame, già citato nel 1352 come "... hospitale S. Bartolomei in Lamis Vallis Avanti".

 

Il paesaggio suggestivo immerso in una foresta di abeti e faggi ne ha fattol’ambientazione ideale per il Celtic Festival che si è svolto per la 18^ volta nel luglio del 2015 offrendo al folto pubblico di appassionati stage interattivi per grandi e piccini, concerti nel bosco e sul palco centrale, accompagnati da birre artigianali e cibi naturali prodotti nella stessa Val D'Aveto.

 

Passato l'abitato di Magnasco si incontra il bivio che conduce alla foresta delle Lame ove si trova il lago omonimo, minuscolo gioiello verde incastonato fra gli abeti e una morena d’epoca glaciale. Il ristorante albergo “Lago delle Lame” domina da un piccolo poggio le increspature verde oro formatesi grazie alla brezza che si leva leggera. Quando si fa sera le trote deliziano gli astanti con plastici voli sopra il pelo dell'acqua alla ricerca d’insetti che danzano ondivaghi.

 

Nei pressi del Lago si dipartono i sentieri che conducono all'interno del Parco dell'Aveto, una salubre passeggiata fra gli abeti e le faggete del comprensorio ritemprano la mente e lo spirito. Leprotti, daini, cinghiali e talvolta lupi in transito - come schegge che traversano e sollecitano il campo visivo per frazioni di attimo - popolano paesaggi da fiaba, il canto degli uccelli accompagna come melodia altalenante e melanconica lo scorrere del tempo...

 

Più oltre salendo verso il monte Aiona si trova la "Riserva Naturale orientata delle Agoraie" nel cui comprensorio vi son alcuni laghi, il più famoso dei quali è il "Lago degli Abeti". Il "Lago degli Abeti" deve il suo nome a dei tronchi d'abete bianco millenari che si trovano adagiati sul fondo. Gli altri laghi sono il "Lago di Mezzo" e il "Lago di fondo".

 

 

Presso il piccolo ma tecnologico Museo del Lago, ci siamo imbattuti in alcuni pannelli davvero interessanti per la nostra Storia Marinara di Liguria che ora vi proponiamo:

 

 

 

 

 

 

 

 

La poppa della Galea (Museo Galata Genova)

 

La prua della Galea (Museo Galata Genova)

 

La galea genovese del ‘600 che il Galata Museo del Mare (Genova) ha ricostruito fedelmente a grandezza naturale.

 

L’armeria della Galea

 

Posto di voga della Galea

 

La foto dà la reale misura del peso dei remi. Notare la particolare impugnatura.

 

Veduta d’insieme di un modello di Galea

 

 

Ecco le tre fasi della costruzione di un remo. Il prodotto finito veniva appeso al muro su tre staffe. Notare a sinistra in alto l’impugnatura dei remi.

Un ringraziamento particolare lo rivolgiamo al Comune di Rezoaglio dal cui sito abbiamo attinto una sorprendente pagina di storia per la delizia dei nostri affezionati lettori di argomenti marinari.

Per maggiori informazioni sull'evento consultare i siti: www.aveto-ts.it e www.valdaveto.net

 

 

Scipione D’ESTE-Carlo GATTI

 

Rapallo, 17 Settembre 2015



S.FRUTTUOSO DI CAMOGLI-MARIA E CATERINA AVEGNO. Un dramma da ricordare

MARIA E CATERINA AVEGNO

Un dramma da ricordare

La mattina del 24 aprile 1855, Cavour e Rattazzi assistevano nel porto di Genova agli intensi preparativi per l’imbarco di un reparto di circa 270 uomini dell’esercito piemontese sul piroscafo inglese Croesus, destinato alla guerra di Crimea. Stavano imbarcando 37 Ufficiali del Genio e 239 soldati di sussistenza, medici e infermieri, oltre a medicinali (specialmente preparati anticolerici) e le attrezzature di un ospedale da campo di oltre 100 letti. E ancora muli, cavalli, fieno, acquavite, 1.400.000 razioni di viveri e una notevole quantità di munizioni ed esplosivi. Il Croesus doveva inoltre rimorchiare il Pedestrian,  un veliero carico di viveri, ma soprattutto di munizioni e una batteria di campagna. La partenza avvenne intorno alle 09. Dopo circa due ore di  navigazione, il Piroscafo Croesus, avvolto da un incendio, naufragò nella baia di San Fruttuoso il 24 aprile del 1855.

 

Il p.fo Croesus in fiamme davanti a San Fruttuoso

 


 

La casa natale delle sorelle Maria e Caterina Avegno a San Fruttuoso di Camogli

 

Erano tempi in cui per sopravvivere si batteva il mare... e di uomini a San Fruttuoso se ne vedevano pochi, in gran parte erano imbarcati sui velieri di Camogli, altri erano dediti al commercio dei prodotti della collina: olio, uva, miele, ortaggi, legna, lisca e fascine. Gli altri, quei pochi pescatori del borgo, quel giorno “bottezzâvan” lontani dalla baia. Nel villaggio facevano la guardia poche donne, qualche anziano intento a riparare le reti e molti bambini. Sul bagnasciuga c’erano solo due gozzi, quelli di riserva destinati all’emergenza e al rimessaggio; il primo venne utilizzato dalle sorelle Maria e Caterina Avegno, il secondo dal marito di Maria, Giovanni Oneto.

 

 

 

Maria Avegno, per quanto ne sappiamo dalle cronache dell’epoca, era madre di molti figli, c’é chi scrive quattro, altri sei, altri addirittura otto. Non é difficile immaginarla “figgeua” con la sorella Caterina, cavalcare le onde da libeccio, tuffarsi dagli scogli e poi sparire fino a riva, emergere e scrollarsi l’acqua di dosso nella loro piscina naturale, privata. Il palcoscenico é il mare, un sottile fiordo a picco sul mare: il loro paradiso. Dietro al verde pendio accanto all’Abbazia c’é il loggione da cui sognare prima della rincorsa per l’ultimo tuffo della giornata. Queste figlie del mare sono cresciute sfidando le onde, le uniche amiche di cui potersi fidare, compagne con cui dividere quel che resta di un mondo che é chiuso in una conchiglia magica che ha un solo suono: l’eco del mare. Maria e Caterina sono due delfini che saltano di gioia aiutandosi a crescere senza paure. Le “uscite” con qualsiasi tempo, sono sfide quotidiane per sentirsi padrone del borgo e non prigioniere della solitudine. Sanno nuotare, remare e manovrare la vela, conoscono le insidie di certi scogli e i giri di corrente, la paura non fa parte dei loro pensieri.

 

Ma allora cosa accadde quel giorno? Purtroppo chi va per mare lo sa, ogni tanto lo spirito del maligno, approfittando di chissà quale distrazione del cielo..., interviene con tutto il suo potere nefasto e si vendica di tanta beatidudine e bellezza che non gli appartengono.

 

Dirotta il Croesus sotto incendio all’interno della baia, lo spinge contro gli scogli e reclama con successo 24 vittime sacrificali.

 

La cronaca é un lampo di cattiveria, di sfortuna, d’immensa tristezza.

 

Quasi tutti i soldati non sanno nuotare e presi dal panico si gettano in mare con la speranza di toccare il fondale, di rimbalzare e d’essere spinti verso la riva, su quella striscia bianca che si chiama ‘salvezza’.

 

Maria e Caterina sanno che il baluardo di scogli che ha bloccato il Croesus tra le due ultime anse della rada, scende a picco su un alto fondale e, intuita la scena successiva del “naufragio sotto casa”, spingono i gozzi in mare e con poche remate si trovano circondate dai naufraghi. Ne raccolgono parecchi e ritornano a riva. Ripetono la spola salvandone altri. Poi, all’improvviso, alcuni soldati stanchi e impauriti s’aggrappano alla falchetta del gozzo, tutti dalla stessa parte. La disperazione e l’inesperienza fanno il resto: l’imbarcazione si capovolge. Le due ragazze rotolano in mare e i soldati si aggrappano alle loro vesti trascinandole sott’acqua. Neppure il tempo di gridare AIUTO!! Al loro pezzetto di cielo. Vittime del loro coraggio, le ragazze vengono inghiottite dal mare traditore che si riprende tutto ciò che  aveva dato loro in prestito: la confidenza e una felice gioventù.

 

Caterina viene tratta in salvo più morta che viva. Il corpo di Maria é restituito ai suoi cari dopo quattro lunghi giorni di ricerche e di pianti.

 

 

Maria Avegno fu sepolta nell’abbazia di San Fruttuoso, per concessione dei Principi Doria Pamphilj, un privilegio unico per gli abitanti del borgo.

 

Le Autorità cittadine conferirono alla sua memoria onorificenze e sostegno per gli orfani. Il governo del Regno di Sardegna, nel giugno 1855 deliberò di concederle la medaglia d’oro al valor civile (prima donna italiana a ricevere l’alta onorificenza) e un vitalizio ai suoi otto orfani.

 

La Regina Vittoria conferì alla memoria di Maria la Victoria Cross, la più alta onorificenza militare britannica. Il Console inglese Brown consegnò 10 sterline alla superstite Caterina e 50 sterline alla famiglia di Maria Avegno.

 

Il nome di Maria Avegno è scritto persino nel libro d’oro della Cattedrale di Notre Dame a Parigi, per mano do monsieur Cormenin, fondatore di un’associazione che ha lo scopo di celebrare una messa quotidiana, in una cappella della Cattedrale, in suffragio di tutti coloro che sono morti per salvare la vita del prossimo.

 

A Camogli il belvedere panoramico noto come la “Rotonda”, è intitolato alle due eroiche sorelle.

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 18 Settembre 2015