IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA -

 

IL 15 MARZO 2023 - LA BARCA DI PIETRO A ROMA 

LA REPLICA RECA CON SE' 

ECHI EVANGELICI DAL MARE DI GALILEA

 

«È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta». (P.Giordani)

 

Il 15 marzo 2023 - Papa Francesco ha benedetto la simbolica costruzione, ricevuta in dono dalla famiglia Aponte, armatori di Nlg – Navigazione Libera del Golfo, con la collaborazione e il supporto dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma.

 

 

Nella foto, da sinistra a destra, rivolti verso Papa Francesco, i coniugi Aprea, il direttore di NLG Maurizio Aponte e il presidente dell’Istituto diplomatico internazionale, Paolo Giordani.

 

 

Il Papa ha disposto che nei MUSEI VATICANI venga collocata la copia di una imbarcazione di duemila anni fa

 

La riproduzione perfetta della barca da pesca

L’opera è stata realizzata dagli APREA, storica famiglia di maestri d’ascia della penisola sorrentina, dopo approfonditi studi archeologici con la partecipazione di esperti della marineria antica. In particolare, gli artigiani hanno utilizzato la tecnica dei “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi). Una tecnica importata dall’area mediterranea, operante già dal secondo millennio a.C.

Benedicendo l’imbarcazione prima dell’udienza generale, il Santo Padre ha sottolineato come quella ricevuta sia ‘la barca di tutti’, una frase che attesta la coerenza di un uomo che fin dalla sua elezione ha dimostrato una particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato.

 

YouTube

https://www.museivaticani.va/content/museivaticani/it/eventi-e-novita/iniziative/Eventi/2023/barca-di-pietro-approda-nei-musei-vaticani/video-barca-pietro.html

 

L’imbarcazione è la fedele “replica” - Made in Italy - dell’antico e originale peschereccio di Pietro venuto alla luce nel 1986 dalla melma del lago di Tiberiade in occasione di un improvviso abbassamento delle acque, e custodito nel museo Yigal Allon di Ginosar, luogo indicato dai Vangeli quale sede principale delle predicazioni di Gesù in Galilea di cui ci occuperemo tra breve.

 

 

L’imbarcazione è stata sistemata alla base della rampa elicoidale dei musei Vaticani

(come mostra la foto sopra)

 

La Barca di Pietro accoglie, con la sua forte carica spirituale, pellegrini e turisti di tutto il mondo nella Casa di tutti, secondo un’espressione cara a Papa Francesco, Timoniere della Chiesa e instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse.

La Barca di Pietro simboleggia quindi la Chiesa che è guidata dai suoi successori. Gesù invita i discepoli esitanti e dubbiosi a salpare, confidando in Dio. Allo stesso modo, la Chiesa deve misurarsi con le tempeste e le difficoltà del mondo per diffondere l’annuncio del Vangelo della Grazia.

 

 

La Barca di Pietro non è più soltanto una metafora

 

 Il dono che la famiglia Aponte, gli armatori di NLG-Navigazione Libera del Golfo ha voluto fare, con la collaborazione dell’Istituto Diplomatico Internazionale di Roma, al Santo Padre, “instancabile promotore di incontro e dialogo tra popoli e culture diverse”, come ha spiegato Paolo Giordani, presidente dell’IDI, la cui “particolare attenzione al debole e al povero, al migrante e al rifugiato” corrisponde pienamente all’”antica legge del mare”. Non per caso il Papa, accettando il dono, l’ha definita “la barca di tutti”.

 

 

I Dettagli marinareschi spiegati da APONTE:

 

L’imbarcazione è una replica perfetta di quella conservata nel museo israeliano come doveva essere ai tempi di Gesù:

scafo: di 8,8 metri x 2,5,

albero: di 8 metri con pennone di 6,

due piccole coperte: a proravia e a poppa

velatura: vela quadra e cavi in fibra di canapa

governo: due timoni

equipaggio, in grado di trasportare fino a quindici persone.

materiale di costruzione: cedro e quercia

tecnica usata: “legni a incastro” (fissati con pioli e chiodi).

Una tecnica importata dall’area mediterranea, in vigore dal secondo millennio a.C. fino all’epoca bizantina esclusa, applicata non su un materiale ligneo unico, ma su materiali misti: cedro, quercia.

 

 

Nave EUROPA – graffito

 

 

Per le parti andate perdute, gli artigiani sorrentini si sono ispirati ai mosaici del piazzale delle Corporazioni di Ostia, al graffito della nave “Europa” di Pompei, al bassorilievo con veduta del Portus Augusti (collezione Torlonia).

 “Desideriamo ringraziare - ha sottolineato Maurizio Aponte, direttore di NLG - Un grazie di cuore va al Governatorato dello Stato Città del Vaticano, che ha mostrato interesse per il progetto e ci ha consentito di realizzarlo, e all’Istituto Diplomatico Internazionale, che ha collaborato nella fase di ideazione e presentazione. Tutti ci auguriamo che il modello della Barca di Pietro possa regalarci nuove emozioni” – ha concluso il direttore di NLG.

“Con questo omaggio al Sommo Pontefice dopo dieci anni di ministero – ha dichiarato P.Giordaniabbiamo voluto dare corpo ad un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La Barca di Pietro che consegniamo oggi non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione. È davvero emozionante pensare che Pietro e Andrea gettavano le reti da una barca come questa quando furono chiamati da Gesù per diventare pescatori di uomini, che su una barca come questa, il figlio di Dio, rivelò la sua signoria sul mare anche nel mezzo della tempesta”.

In particolare, viene ricordato l’episodio della tempesta sul lago narrato da Marco (4,38). Mentre i discepoli erano nel panico perché imbarcavano sempre più acqua, Gesù – dice l’evangelista – se ne stava a poppa e, adagiato sul cuscino, dormiva. Lo svegliarono a furia di grida d’aiuto e lui, destatosi, comandò al mare»: «Taci! Calmati!» (Marco 4,39) «e le acque si placarono» (Luca 8,22-25).

“Sempre il Lago di Tiberiade - rammenta Giordani - fu testimone di un'apparizione pasquale di Gesù risuscitato. Dalla riva suggerì ai discepoli, estenuati per la notte passata senza pescar nulla, di calare la rete dalla parte destra della barca. In questa maniera pescarono una gran quantità di pesci e compresero che lo sconosciuto era il Messia. Pietro poi si tuffò per raggiungerlo e Gesù gli disse: «adesso pasci le mie pecorelle». “Questo dialogo è considerato come il momento in cui Gesù affida a Pietro la Chiesa (Giovanni 21,1-19) - commenta il presidente dell’IDI - È da questo testo che fu attinta l’immagine della chiesa come “Barca di Pietro”.

L’apostolo infatti sottolineava che: «se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il secondo timoniere».

Aggiunge Giordani: “Durante la pandemia da Covid-19, rivolgendosi al mondo costretto ad affrontare con dolore e sacrifici un momento storico così drammatico, il Papa, timoniere della Chiesa, ci aveva fatto sentire costantemente la sua vicinanza attraverso la preghiera, dandoci la certezza che ‘Dio non ci lascia in balia della tempesta’. Ebbene, con questo omaggio al Sommo Pontefice, dopo dieci anni di ministero, abbiamo voluto dare corpo a un’immagine di straordinario valore simbolico: nessuna nave, nella storia, ha navigato quanto l’umile barca di Pietro il pescatore, dal lago di Tiberiade fino a Roma e da Roma fino ad ogni angolo del mondo, per pescare uomini. La ‘Barca di Pietro’ che consegniamo non è solo un oggetto di straordinario pregio, ma un messaggio che speriamo tocchi i cuori ed esorti tutti a rifiutare la cultura dell’indifferenza e dell’esclusione”.

Il Papa ha risposto con un sorriso: “La barca di tutti…” e sarà meta di pellegrinaggio, di “nuovi pesci da portare sulla riva del Signore”.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Lago Tiberiade - Mar di Galilea

 

Il RELITTO originale dell’imbarcazione di Pietro fu ritrovato nel 1986 sul fondo del lago di Tiberiade

 

 

Chi scrive, nel 2000 andò con la famiglia in Israele.

 Il nostro pellegrinaggio iniziò dal Lago di Tiberiade, dove tutto cominciò…

 

 

Giuseppe Flavio (Guerra giudaica, III,7) lo descrisse così:

«Il lago di Gennesar prende il nome dal vicino territorio. Misura 40 stadi in larghezza e 140 in lunghezza. Le sue acque sono dolci ma non buone da bere. Esse sono più leggere della pesante acqua di palude, e limpide perché le sue rive sono formate da ghiaia e sabbia; ha inoltre una temperatura mite: è meno fredda di quella di un fiume o di una sorgente, ma comunque più fresca di quanto si immagini, vista l'estensione del lago. Al centro di esso scorre il Giordano, che sembra nascere dal Panion, mentre in realtà giunge al Panion attraverso un percorso sotterraneo, e nasce invece dal bacino di nome Fiale, che si trova a 120 stadi da Cesarea, sulla destra, non molto distante dalla strada che porta alla Traconitide. [...] Non si sapeva che nascesse dal Giordano fino a quando non fu dimostrato da Filippo, tetrarca della Traconitide. Egli, gettando nella Fiale della paglia, la ritrovò trasportata al Panion, dove nell'Antichità si credeva nascesse il Giordano.

Tra i tanti YouTube che ho visionato, questo che vi propongo in visione è il migliore per chiarezza, bellezza e informazioni culturali geografiche-storiche ed Evangeliche.

Il mare di Galilea chiamato il lago di Gesù

 di

Adrea Candore

https://www.youtube.com/watch?v=tUyoB-wObME

 

Le cartine orientative

Lago di Tiberiade

 

 

 

 

 

 

 

Il kibbutz di Ginnosar sul lago di Tiberiade e la scoperta della “barca di Gesù”
del prof.Giancarlo Biguzzi

https://www.gliscritti.it/approf/2007/papers/barca_gesu.htm

 

Il relitto originale, ben conservato grazie al fango del fondale che ricopriva le strutture lignee dello scafo, è stato datato alla seconda metà del I sec. A.C. dall’esame del Carbonio 14. Si tratta quindi di un battello a vela lungo 8,8 metri x 2,5 metri con un albero di 8 metri, risalente con ogni probabilità proprio all’epoca della predicazione di Gesù. L’imbarcazione, particolarmente adatta per la pesca costiera, poteva ospitare quattro rematori e circa una dozzina di persone. È plausibile quindi che il relitto del Lago di Tiberiade appartenga alla medesima tipologia della barca di cui raccontano gli evangelisti Luca (5,1-11) e Marco (4,35-41).

Il prezioso reperto è in mostra al centro Ygal Allon nel museo di Ginosar in Galilea (Israele), un museo che permette ai turisti di osservare da vicino questa semplice imbarcazione datata 40 avanti Cristo grazie a un test a radiocarbonio effettuato alla fine degli anni ottanta quando fu rinvenuta coperta da fango e melma nel lago di Tiberiade.

Gli archeologi riferirono subito che si trattava della tipica imbarcazione che usavano i pescatori ai tempi di San Pietro. Naturalmente non vi erano evidenze di sorta che si trattasse dell'imbarcazione dei Vangeli anche se l'umile costruzione lignea non ne diminuiva il valore archeologico.

 

 

CURIOSITA’ TECNICHE DELL’IMBARCAZIONE ORIGINALE

 

Dal sito:    BibleWalks 500+ sites

 

L’imbarcazione è stata datata, con il carbonio 14, intorno al 40 a.C. (più o meno 80 anni), o dal 50 a.C. al 50 d.C. sulla base delle ceramiche (tra cui una pentola ed una lampada) e dei chiodi ritrovati all’interno della barca. Questo fa ipotizzare che l’imbarcazione possa quindi risalire al tempo di Gesù Cristo. In effetti, si adatta alle molte descrizioni di barche delle Sacre Scritture, come quella nel Vangelo di Luca. Lunga 27 piedi e larga 7,5 piedi, la barca era costruita con dieci diversi tipi di legno e doveva consentire la pesca vicino alla riva. La tecnica costruttiva della barca risultò conforme altre barche costruite in quella parte del Mediterraneo tra il 100 a.C. e il 200 d.C. L’imbarcazione era stata costruita principalmente con assi di cedro, unite insieme da giunti e chiodi a mortasa e tenone fissati, adatta a navigare su bassi fondali grazie ad un fondo piatto, che le consentiva di avvicinarsi molto alla riva durante le operazioni di pesca. Gli archeologi hanno scoperto che la barca era stata costruita con dodici diversi tipi di legno, il che suggerisce diverse ipotesi: una carenza di legno o una costruzione in economia, fatta con legni di scarto, oppure che la stessa aveva subito riparazioni estese e ripetute. Delle 113 assi del fasciame della barca, 105 (92%) erano di cedro e uno di pino, entrambe conifere locali. Curioso il fatto che su 60 assi di quercia, 45 (75%) erano costituite da rami non lavorati. L’utilizzo del legno di conifere per le assi e di legno di latifoglie, di solito il rovere, per le intelaiature interne, era una pratica comune ed è seguito anche oggi nella costruzione di barche. Un interessante studio sulle tipologie di legno utilizzate può essere letto su questo sito.

La barca di pescatori era dotata di un albero, e quindi poteva alzare una vela, e aveva posto per quattro rematori sfalsati. Le sue dimensioni avrebbero permesso di trasportare 13 persone … Ovviamente, non c’è modo di sapere se questa particolare barca ebbe realmente un ruolo negli eventi raccontati nella Bibbia ma le sue strutture marinaresche trovano conferma in quanto raccontato nei libri sacri.

  

 

LA TEMPESTA SUL LAGO DI TIBERIADE (MARE DI GALILEA)

 

 

“Cristo nella tempesta sul mare di Galilea”

      Rembrandt

Così si legge nel Vangelo di Matteo

 « Essendo poi salito su una barca, i suoi discepoli lo seguirono. Ed ecco scatenarsi nel mare una tempesta così violenta che la barca era ricoperta dalle onde; ed egli dormiva.

Allora, accostatisi a lui, lo svegliarono dicendo: «Salvaci, Signore, siamo perduti!». Ed egli disse loro: «Perché avete paura, uomini di poca fede?» Quindi levatosi, sgridò i venti e il mare e si fece una grande bonaccia.
I presenti furono presi da stupore e dicevano: «Chi è mai costui al quale i venti e il mare obbediscono?». 

 

Così si legge nel Vangelo di Marco

È interessante che, pur essendo un lago, l’evangelista Marco preferisca chiamarlo “mare”, a motivo della grandezza e della sua pericolosità, infatti spesso è battuto da venti che rendono difficile la navigazione.

 

La barca nella tempesta

Il Signore è a poppa, nella parte poppiera della barca, quella che affonda per prima; e dorme appoggiato ad un cuscino (Mc 4,38). La tempesta che incontra la barca non sveglia Gesù, sarà il cuore angosciato dei discepoli a far tremare la barca: “Maestro, non t’importa che siamo perduti?” (v. 38). Di questa mancanza di fede è preoccupato Gesù.

Immaginiamo lo scompiglio su quella barca! Ma quale è il vero rischio di perdersi? Gesù non risponde alla domanda dei discepoli, ma, placato il vento e le acque, sarà lui a sollevare la domanda vera: “Perché avete paura? Non avete ancora fede?” (v. 40).

Il mare non è una forza autonoma, come non lo è il Male, seppur ha una sua inspiegabile libertà di agire, come ci istruisce il testo “sapienziale” di Giobbe nella prima lettura: “Chi ha chiuso tra due porte il mare, quando usciva impetuoso?” (Gb 38,8). C’è un limite invalicabile posto dal Signore, che è creatore e redentore: “Fin qui giungerai e non oltre, e qui s’infrangerà l’orgoglio delle tue onde” (v. 11).

 

La fede messa alla “prova” dal mare

L’immagine del mare, da sempre, rappresenta nella Bibbia una prova di fede.

Il popolo d’Israele liberato da Mosè è costretto a fermarsi davanti al Mar Rosso, apparentemente invalicabile. L’esercito egiziano incalza alle spalle ed è ormai vicino: “Non c’erano sepolcri in Egitto che ci hai portati a morire nel deserto”? (Es 14,11). Con queste parole ricolme di angoscia, il popolo si rivolge a Mosè. E lui: “Non abbiate paura! Siate forti. Il Signore combatterà per voi, e voi starete tranquilli” (v. 13).

 

HO CHIESTO A DIO: PERCHE' MI HAI PORTATO SULLE ACQUE AGITATE?

MI HA RISPOSTO: PERCHE' I TUOI NEMICI (i demoni) NON SANNO NUOTARE ...

 

 

Papa: "siamo tutti sulla stessa barca"

Questo brano ci ricorda il momento straordinario di preghiera indetto da Papa Francesco il 27 marzo 2020, nel contesto della pandemia. Risuonano ancora le sue parole: “Ci siamo resi conto di trovarci sulla stessa barca, tutti fragili e disorientati, ma nello stesso tempo importanti e necessari, tutti chiamati a remare insieme, tutti bisognosi di confortarci a vicenda. Su questa barca… ci siamo tutti”.

Risulta essenziale la presenza del Signore. Con un rischio: che ognuno lo vorrebbe collocato secondo i propri schemi, alla guida, di vedetta, a rassicurare ognuno, ad evitare gli ostacoli… Ma il Signore è invece al suo posto e compie la sua opera. Lo aveva anticipato nelle parabole: il seme una volta gettato, non va perduto. “Dorma o vegli, di notte e di giorno, il seme germoglia e cresce” (Mc 4,27).

 

Su questa barca con Gesù, che è la Chiesa

 

Con queste parole l’orazionale descrive la “via santa”, una vita non gettata nel nulla, non abbandonata a sè stessa.

Sulla barca della vita permane la presenza silenziosa ma efficace del Signore: “Taci, calmati!” (Mc 4,39). Al momento opportuno il Signore interviene, calma le acque e il vento, come ordina al male di non nuocere più.

Su questa barca, che è la Chiesa, possiamo attraversare sicuri il mare della vita; e la nostra fede, seppur debole e ferita, può ristorarsi alla “fonte” dei sacramenti.

La nostra fede poggia sicura sulla fede di Pietro e della Chiesa di Cristo. Lo ricorda il sacerdote nella celebrazione eucaristica: “Signore, non guardare ai nostri peccati, ma alla fede della tua Chiesa”.

 

 

PERCHE' GESU' SCEGLIE I PESCATORI

 

Lo spiega Sant’Agostino. Discorso 250

 

Dio preferisce i deboli e i poveri di questo mondo.

  1. Il Signore Gesù ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti 1, sicché, volendo adunare la sua Chiesa da ogni parte del mondo, non cominciò con degli imperatori o senatori ma con dei pescatori. Se infatti fossero stati scelti in principio personaggi altolocati, essi avrebbero attribuito la loro scelta a se stessi e non alla grazia di Dio. Questo modo di procedere di Dio, a noi occulto, questa disposizione del nostro Salvatore ce la espone l'Apostolo quando dice:Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Sono parole dell'Apostolo. Osservate, fratelli, chi tra voi sia stato chiamato. Poiché non molti sapienti secondo la carne, non molti potenti, non molti nobili; ma Dio ha scelto le cose deboli del mondo per confondere le forti, e le cose ignobili e spregevoli del mondo ha scelto Dio, e le cose che non hanno consistenza - come se la avessero - per annichilire le cose dotate di consistenza; affinché nessun uomo possa vantarsi dinanzi a lui 2. La stessa cosa aveva detto il profeta: Ogni valle sarà colmata, e ogni monte e ogni colle sarà abbassato, perché si ottenga una pianura senza dislivelli 3. Veramente, oggi partecipano della grazia del Signore senza distinzione nobili e plebei, dotti e ignoranti, poveri e ricchi. Quando si tratta di ricevere questa grazia non avanza diritti di precedenza la superbia rispetto all'umiltà di chi nulla sa e nulla possiede 4 e nulla può. Ma cosa disse loro? Venite dietro a me e io vi farò pescatori di uomini 5. Se non ci avessero preceduto quei pescatori, chi sarebbe venuto a pescarci? Al giorno d'oggi uno è gran predicatore se riesce a presentare bene quello che ha scritto il pescatore.

Mescolanza di buoni e cattivi nella Chiesa terrestre

  1. Il Signore Gesù Cristo scelse dunque dei pescatori di pesci e ne fece dei pescatori di uomini. Col fatto stesso del pescare poi volle darci degli ammaestramenti nei riguardi della chiamata dei popoli. Notate come le pesche furono due e come occorra distinguerle e separarle. Una fu quando il Signore scelse gli Apostoli e da pescatori li rese suoi discepoli 6; l'altra è quella che abbiamo ascoltato ora quando si leggeva il santo Vangelo, quella cioè che avvenne dopo la resurrezione del Signore Gesù Cristo. L'una dunque prima della resurrezione, l'altra dopo la resurrezione. E dobbiamo sottolineare con molta attenzione la differenza fra le due pesche, poiché questa duplice pesca è una nave piena di istruzioni per noi.

 

Almeno 4 erano pescatori di mestiere:

Simon Pietro e Andrea suo fratello, Giacomo e Giovanni, figli di Zebedeo…

Non sono menzionati tutti i loro mestieri. Pietro e Andrea erano pescatori, probabilmente anche altri. Matteo era in esattore di tasse, Paolo fabbricava tende per mantenersi quando predicava ma a Gerusalemme era stato educato dal dotto fariseo Gamiliele. Sapeva parlare greco ed ebraico. Nonostante Matteo avesse molta esperienza riguardo il denaro e i numeri, furono affidate a Giuda le finanze e per questo si presume che avesse una certa istruzione. Tutti comunque si mantenevano con il loro lavoro.

Invece gli apostoli non credevano per fede, ma perché avevano incontrato e mangiato insieme a Gesù per 40 giorni dopo la sua morte.

 

 Gesù appare ai pescatori

https://www.jw.org/it/biblioteca-digitale/libri/impariamo-racconti-bibbia/13/gesu-appare-ai-pescatori/

 

PIETRO Apostolo, santo

TRECCANI

https://www.treccani.it/enciclopedia/santo-pietro-apostolo_(Enciclopedia-Italiana)/

 

 

https://www.culturacattolica.it/cultura/storia/storia-della-chiesa/il-primo-sbarco-dell-apostolo-pietro-in-italia

 

Tra gli scritti cosiddetti pseudo-clementini (preziosa fonte per gli studiosi dei primi secoli), composti poco dopo il 200 d.C., vi è un’opera denominata Viaggi di Pietro, che era stata adottata dai giudei ebioniti. Gli ebioniti credevano sia nell’ebraismo sia in Gesù come Messia (atteggiamento ancora oggi presente tra le migliaia di ebrei messianici d’Israele), e facevano riferimento ad un vangelo di Matteo rielaborato, ed anche all’opera Viaggi di Pietro. E’ da questo testo che fu attinta l’immagine della Chiesa come “Barca di Pietro”, perché l’apostolo ci teneva a sottolineare che, se al timone della Chiesa c’è Cristo, il vescovo è da considerarsi il “secondo timoniere”.

 

MARINAI E FEDE

https://www.marenostrumrapallo.it/cri/

Carlo GATTI

 

Rapallo, 26 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


UNA GITA A LUNI

 

UNA GITA A LUNI

 

Eravamo negli Anni ’70. La nostra famiglia, di origini-semi vichinghe, aveva due figli alle scuole elementari e due alle medie. Senza dare spiegazioni, neppure a mia moglie Guny, imboccai l’autostrada verso Sud e dissi: “oggi vi porto sulla luna!”

Mi girai di scatto e vidi dei volti sorridenti ma un po’ preoccupati per il mio stato di salute… “Mi correggo, vi porto al sito archeologico di Luni e c’è un motivo storico-culturale che potrebbe interessarvi. Forse si tratta di una leggenda, ma sono ancora in tanti a parlarne. Chissà che non sia vera! - 

Google la dà per vera e tra poco ce la racconterà in poche righe ….”

Ne seguì un coro: “dai raccontacela prima tu!”

C'era una volta …. un nome che infiammava l'immaginazione e i sogni degli uomini del Nord: ROMA. Per loro, Roma rappresentava il sole, la luce, la ricchezza e la potenza. Sognavano di conquistarla e farla loro.

 Un giorno, Hasting, un feroce vichingo norvegese, radunò tutti i capi delle tribù e disse: "Seguitemi e vi prometto che conquisteremo Roma, la magica città sarà nostra."

 

 

Dopo mesi di navigazione, la flotta normanna arrivò alle rive dell’alto Mar Tirreno. E lì, vicino al mare, apparve una città con marmi bianchi che brillavano al sole. Archi, torri e mura erano tutte di marmo. Non c'era dubbio: quella doveva essere Roma, la città eterna.

Solo Roma poteva permettersi il lusso di costruire tutto con il marmo, perfino le mura! "All'assalto!" gridò Hasting. "Ognuno di voi tornerà in patria come un eroe!"

I vichinghi si lanciarono all'attacco con violenza inaudita, ma furono respinti ogni volta. Gli assediati erano troppo valorosi.

Hasting allora pensò di usare l'astuzia. Mandò un messaggero in città con una richiesta: "Il mio capo è stato gravemente ferito nell’ultimo assalto e sta per morire. Prima di lasciare questa terra, vuole convertirsi alla vostra fede e ricevere il battesimo. Permettetegli di essere trasportato in barella entro le mura e di essere battezzato nella vostra cattedrale."

Come potevano rifiutare una simile preghiera? I cittadini, mossi a compassione, accettarono.

E così, la barella con Hasting fu portata verso la città. I portatori, con visi tristi e dolenti, avanzavano lentamente. Ma nei loro occhi si vedeva una scintilla feroce: sapevano che sotto il giaciglio era nascosta una spada.

Finalmente, la barella fu posta davanti alla cattedrale. I portatori si fermarono per un attimo di riposo...

 

 

Proprio in quel momento, all'improvviso, Hasting saltò su dalla barella, afferrando la sua spada nascosta. Con una rapidità incredibile, cominciò a colpire i cittadini sorpresi. La confusione fu tale che la città venne rapidamente conquistata e saccheggiata, senza che gli abitanti potessero difendersi. I vichinghi presero tutto ciò che potevano, lasciando dietro di sé morte e distruzione tra i magnifici edifici di marmo.

Convinti di aver conquistato la grande Roma, i barbari si ritirarono, portando con sé il bottino. Ma, sorpresa delle sorprese, quella splendida città non era Roma. Era Luni, una meravigliosa città costruita con il marmo bianco, un capolavoro dell'architettura etrusca e romana. Luni, la grande, la ricca, la splendida Luni.

Oggi, di quella magnificenza, rimangono solo poche rovine coperte di terra poco a sud della Spezia. Eppure, nei paesi freddi del Nord, durante i lunghi mesi invernali, i bambini ascoltano ancora la storia di Luni: una storia che sembra una leggenda. La leggenda della grande città che, per la sua straordinaria bellezza, imponenza e ricchezza, venne scambiata per Roma.

Così, ragazzi, la prossima volta che sentite parlare di un’avventura incredibile, ricordate la storia di Luni. Non tutte le leggende sono inventate, e qualche volta, ciò che sembra troppo bello per essere vero... lo è davvero.

 

Leggiamo insieme il parere di Wikipedia:

Hasting: Hástein Ragnarsson (scritto anche come Hastein HaestenHæstenHæstenn o

Hæsting o Alsting).

Fu un capo vichingo Norvegese della fine del IX secolo, appartenente alla dinastia di Muns Munsö, che guidò numerose spedizioni di razzia.

https://it.wikipedia.org/wiki/Hastein

Hastein e Björn passarono l'inverno su un'isola in Camargue, alla foce del Rodano prima di razziare Narbona, Nìmes e Arles, per poi dirigersi a nord a Valence e poi, lungo la costa ligure, in Italia. Qui attaccarono LUNI, grande città collocata all'estremità sudorientale dell'attuale regione Liguria. 

Credendo erroneamente (a causa del lusso visibile) che Luni fosse nientemeno che Roma, Hastein decise di saccheggiare la città con ogni mezzo. Davanti a Luni Hastein si fece portare dai suoi uomini alla porta, dove chiese alle guardie di farlo entrare perché, prossimo alla morte, avrebbe desiderato convertirsi al cristianesimo. Una volta all'interno, fu portato alla chiesa cittadina dove ricevette i sacramenti, prima di saltare fuori dalla barella e condurre i suoi uomini al saccheggio della città. Secondo un'altra storia avrebbe voluto convertirsi prima di morire, e il giorno seguente avrebbe finto la morte. La città concesse a 50 dei suoi uomini di entrare in città per la sepoltura, tutti armati sotto i vestiti. Hastein saltò fuori dalla bara decapitando il religioso per poi saccheggiare la città. Una volta razziata Luni, saccheggiò Pisa e, una volta risalito l’Arno, razziò anche Fiesole.  È probabile che la flotta abbia poi fatto rotta verso L’impero Bizantino nel Mediterraneo orientale.

 

 

Area archeologica di Luni | In volo sull'archeologia italiana

https://www.youtube.com/watch?v=FHuNkBUtZ9w&t=112s

 

 

La città di Luni si trova sulla riva sinistra del fiume Magra fondata come colonia romana nel 177 a.C., per il controllo dei territori conquistati ai liguri Apuani.

La colonia di Luni fu fondata dai Romani nel 177 a.C., per stabilirvi un posto avanzato contro i Liguri Apuani, ai quali avevano faticosamente strappato quel territorio. Il nome della città deriverebbe da una dea primitiva italica o dalla forma a falce del porto cittadino.

 

 

La freccia rossa verticale (foto in alto) indica l’uscita di Carrara, in direzione SUD, per visitare il Museo Archeologico Nazionale e le vestigia dell'antica colonia romana di “Portus Lunae”, ANTICA LUNI, dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

La distanza (autostrada) Rapallo-Carrara è di 91,61 km

Il tempo di percorrenza medio è di 1 ora e 11 minuti

 

UNA NOVITA’

 

 

Sia l'area di sosta in direzione sud sia quella in direzione nord prevedono anche il passaggio nel tunnel multimediale Luni Experience dove, attraverso una sequenza di proiezioni e suoni, si può ripercorrere la storia dell'antica colonia romana dal cui porto salpavano navi cariche di marmo, oggi detto di Carrara, utilizzato per la costruzione dei più importanti monumenti della Roma antica.

 
"Non molti sanno che percorrendo la A12 tra Sarzana e Carrara si passa vicino a un sito archeologico di straordinaria importanza, l'antica città di Luna - ha detto Alessandra Guerrini, direttore regionale Musei Liguria -. L'intervento di SALT ci offre un esempio innovativo di come può svilupparsi una collaborazione tra un'infrastruttura viaria e il mondo della cultura. L'invito ai viaggiatori a fermarsi per conoscere il territorio, muovendosi a piedi a partire dall'autostrada, è un modo inedito per arricchire il percorso, trasformando il senso del viaggio. Un'esperienza di cui siamo felici - ha concluso -, resa possibile grazie alla sinergia tra privato e pubblico, che consente di valorizzare e rendere sempre più accessibile a tutti il patrimonio culturale".

 

La fondazione di una colonia romana in questa zona indica che il territorio era assai importante dal punto di vista strategico, militare e commerciale. L'accorta politica romana prevedeva il trasferimento di intere famiglie in tali zone, per lo più veterani di guerra, ai quali venivano concessi appezzamenti di terreno con diritto ereditario. Così avvenne anche per Luni.

Per quanto riguarda la “geografia” di questa zona c’è tuttora un po’ di confusione, e per dipanarla, mi rivolgo a Wikipedia:

A livello amministrativo, la Lunigiana è composta solamente dai comuni toscani. Fortunatamente, la Lunigiana storica è ancora oggi caratterizzata da una profonda unità culturale, viva nei dialetti, nei costumi, nelle tradizioni e nella cucina, che valicano i confini amministrativi tra Toscana e Liguria.

D’altronde a Ortonovo, in provincia della Spezia si trovano i resti dell’antica Luni, da cui trae il nome la Lunigiana.

Oggi si può finalmente affermare che LUNI si trova in Liguria, in provincia di LA SPEZIA!

Questa confusione viene dal passato, da decisioni prese contro la logica dell’unità dei popoli. Nel 1844 esistevano tre Lunigiane, parmense, con Pontremoli e Bagnone, modenese con Fivizzano, Aulla, Licciana, Massa e Carrara e una sarda con Sarzana, La Spezia e la Val di Vara. Con l’unità d’Italia, nel 1859, si creavano la provincia di Massa e Carrara con la val di Magra, e la provincia di Genova con La Spezia e la Val di Vara, spaccando così in due il territorio della Lunigiana storica. Nel 1923 nasceva la provincia della Spezia, con l’attuale territorio amministrativo, lasciando definitivamente la Lunigiana tra due provincie e tra due regioni.

 

 

Attraverso Parma e la Lunigiana passa, infatti, il corridoio più rapido che avvicina Roma al nord Europa e viceversa. E’ il tracciato seguito 2200 anni fa dal console Marco Emilio Lepido, che dopo aver fondato Parma fonda anche la città ed il porto di Luni

 

 

MAPPA DEL PORTO DI LUNI

 

Portus Lunae: certezze e incertezze. Indizi, disegni, mappe, prove

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

Tanti ed anche nuovi indizi, certamente non tutti attendibili, per questa storia che viene da lontano. 

Le prime ricostruzioni ambientali avevano a disposizione le affermazioni degli Autori Classici che non sempre sono apparse coerenti fra loro o con i tempi di riferimento. Una fra tutte la descrizione del grande porto di Luni esistente prima della fondazione di Luni, che avrebbe accolto la flotta romana in partenza per la campagna di Spagna. In seguito, la necessità di un nuovo porto, importante, commerciale è emersa, ma solo a seguito dell’industria del Marmo Apuano.

Poi l’avvento delle cartografie, sempre più influenzate dalla geometria e dalla topografia. Fino alla ricerca delle nuove motivazioni ed informazioni deducibili dalla geologia, ma soprattutto dalla geomorfologia, dalla petrografia (dei materiali), della tettonica, della sismologia, etc. Finalmente, in tempi recenti, sono giunte in aiuto le indagini geotecniche di corredo agli interventi edilizi e le campagne geofisiche e, soprattutto, quelle di carotaggio continuo, alcune ancora allo studio, che porteranno certamente nuove indicazioni, soprattutto dirette. 

La soluzione più plausibile ad oggi relativamente al Portus Lunae? Probabilmente è quella che prevede l’esistenza di diversi approdi prossimi alla Città, raggiungibili attraverso canali protetti dall’ambiente lagunare, dunale e retrodunale.

Poi un porto mercantile, marmifero, che l’ambiente naturale, l’economia industriale ed il buonsenso vedono prossimo al Bacino Marmifero Apuano.


Molti indizi, ma mancano ancora le prove strettamente archeologiche.

 

 

 

Luni: una possibile via dei marmi prima dell’avvento industriale del Marmo Lunense (Apuano). Da DEL SOLDATO, 2021.

 

 

La zona portuale. A sinistra si nota la scritta “Vestiggie del Molo” ed indicano il tracciato del fiume MAGRA che scende verso la sua foce.

 

Segnalo: MUSEO NAZIONALE E ZONA ARCHELOGICA - LUNI

https://www.archeominosapiens.it/portus-lunae-certezze/

 

Cliccando (sotto) su ogni indicazione specifica, potete percorrere il sito archeologico in tutte le sue sezioni egregiamente documentate e mostrate con meravigliose immagini.

 

 

Anfiteatro di Luni

 

 

Fu costruito nel suburbio orientale della città, secondo l'orientamento della ripartizione agraria che in età augustiana sostituì quella traccia all' atto di fondazione della colonia. Sorge a circa 250 metri dalla Porta Orientale, lungo la via Aurelia. L'asse maggiore m 88.50, l'asse minore misura m 70,20.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

CAPITELLO DI PILASTRO (vedi descrizione nell’apposita bacheca)

 

SCOPRI LA STORIA DELLA CITTÀ DI LUNA

 

La colonia romana di Luna che ha avuto una vita lunga più di mille anni. I Romani iniziano ad occupare il territorio su cui sorge la città agli inizi del II sec. a.C. per istituire una testa di ponte in vista della conquista della Spagna. Nel 177 a.C. duemila cittadini romani partecipano alla fondazione della colonia di Luna patrocinata dai triumviri M. Emilio Lepido, P. Elio Tuberone e Gn. Sicinio; a ciascun colono sono assegnati 13 ettari in un’area compresa indicativamente tra il fiume Magra e l’attuale Comune di Pietrasanta.

 

 

CERCA: https://luni.cultura.gov.it/museo  

 

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Concludo con un flash del sommo Poeta catturato su F/b  - di Mauro Salucci

 

 

Dante Alighieri sul fiume Entella. Il 6 ottobre 1306 il poeta è in Liguria, a Sarzana. Suo compito è trattare l'accordo di pace fra Francesco Malaspina e il vescovo di Luni Antonio Nuvolone di Camilla. Da Sarzana, Dante viaggia fino a Genova, sino ai paesi e le città del Ponente ligure. Nella Divina Commedia, oltre a descrivere la costa e alcuni personaggi, lancerà pesanti invettive contro i genovesi.

 

 

 

 

 

 

Carlo GATTI

 

Rapallo 15 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


MARINA DI BARDI - ZOAGLI - UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA LA QUIETE

 

MARINA DI BARDI - ZOAGLI 

UNA VILLA STORICA - SI CHIAMA "LA QUIETE"

 

Da molti anni ormai, ogni volta che percorro l’Aurelia, l’antica via consolare romana, per spostarmi da Rapallo a Chiavari, giunto a Marina di Bardi (Zoagli), il mio sguardo cade su una villa a picco sul mare che sfiora la sede stradale al centro di un’ampia curva.

L’ho sempre vista trascurata, come si può vedere nelle foto che mostro sotto: con le finestre chiuse, i muri sempre più sbiaditi dal tempo e senza mai notare una qualsiasi presenza umana nei dintorni.

 

 

Eppure, rifletto ogni volta: da ogni sua finestra che guarda il Golfo Tigullio si deve godere un’incomparabile vista capace di catturare la gioia, il pensiero e l’invidia di tanti turisti di passaggio. Il parco che s’intravede dalla AURELIA appare molto curato da un esperto giardiniere.

 

 

 

Fu in una particolare occasione di scarso traffico che rallentai l’auto per “studiarla” meglio, e notai due ancore “vere” appoggiate ai lati dell’ingresso su due piedistalli marmorei. Sono ancore del tipo HALL e da come sono esposte, intravidi la possibilità che la villa potesse avere una sua storia …

 

Le ancore di tipo Hall vennero ideate alla fine del XIX secolo e dimostrarono le loro ottime prestazioni in collaudi realizzati nel 1891 in Inghilterra e nel 1892 in Germania, tanto da essere ancora ampiamente utilizzate per le navi di numerose marinerie. Nelle ancore Hall, lo sforzo di trazione maggiore viene sopportato dai due orecchioni, consentendo di eliminare gli inconvenienti che si possono verificare nelle articolazioni basate su perni; l’assenza del ceppo, inoltre, presenta il grande vantaggio di facilitare le manovre per salpare l’ancora, semplificandone la sistemazione a bordo.

 

Passarono molti anni e quella mia curiosità ebbe finalmente una risposta tra le pagine di un libro di Agostino PENDOLA, nostro concittadino e apprezzato storico della Resistenza Partigiana Ligure locale e non solo della Seconda guerra mondiale.

 

Com’era…

 

 

 

Com’è oggi…

La villa si chiamava, e si chiama ancora LA QUIETE, in effetti da qui partì il primo segnale di “PACE” per la nostra città dopo cinque anni di guerra!

 

 

 

Da quanto si legge brevemente nella didascalia della foto di Agostino Pendola, in questa villa si decise tra il CNL (Comitato Nazionale di Liberazione) ed il Comando del contingente nazi-fascista (San Marco) di concedere il transito minaccioso della colonna da Rapallo verso Genova, con l’accordo che non ci sarebbero stati attacchi da ambo le parti. Mediatore di questa importante operazione di ritiro delle forze germaniche dal territorio italiano fu il console generale di Spagna che risiedeva, nei pressi di Zoagli, in questa villa misteriosa!

Occorre forse ricordare che nella Seconda guerra mondiale, la Spagna mantenne un atteggiamento diplomatico prudente: benché ideologicamente legato ai regimi nazifascisti di Germania e Italia. 

In quella giornata ruggente, era il 25 Aprile 1945, il giorno della liberazione, i tedeschi si arresero alla città di Genova!

 

A pag. 38 del libro di Agostino PENDOLA si legge:

Si arrivò così al 25 aprile. A Sant’Ambrogio della fucilazione dei patrioti (Muraglione antisbarco presso il porto di Rapallo) la sera prima non seppero nulla. “Quella mattina – continua – dalla galleria del Castellaro, verso Zoagli, sbucò una colonna di tedeschi. Arrivati sotto casa mia si fermarono, e il comandante prese alloggio in una villetta proprio sotto l’Aurelia. Io compresi che bisogna avvisare Rapallo del pericolo che correva, se i tedeschi avessero proseguito. Decisi di scendere, evitando il più possibile la strada principale. Arrivato in fondo alla salita trovai un amico insieme un tedesco; seppi dopo che si trattava di un austriaco. Parlava un po’ italiano, mi diede la sua pistola in segno di resa. In tre ci dirigemmo verso il Comune, dove trovai Giovanni Maggio con gli altri del CLN, nessuno era armato. Raccontai cosa avevo visto e loro mi dissero: va a vedere se sono disponibili a passare per Rapallo senza far danni, e noi non li disturberemo. Tornai indietro, sull’Aurelia di fronte alla villetta dei tedeschi c’erano alcuni militari e altre persone; io dissi ai tedeschi che dovevo parlare con il comandante. Qualcuno mi chiese se ero matto. Mi si avvicinò un tizio che mi chiese cosa volevo andare a fare. Dissi che avevo un messaggio dal CLN. Vista la mia determinazione, decise di venire con me. Seppi dopo che poteva essere il segretario del console Lindner. Entrammo nella casa e riferii al comandante, che parlava un pò l’italiano, la proposta di G. Maggio e del CLN. La persona che mi accompagnava e che parlava perfettamente il tedesco iniziò a esprimersi in quella lingua con l’ufficiale tedesco. Ho avuto l’impressione che il segretario del console facesse a sua volta da intermediario, ma ancora non conoscevo il tedesco, e non capii cosa si stessero dicendo. Va bene, rispose alla fine il tedesco.” I due uscirono, e il segretario disse a Persico che avrebbe provveduto a avvertire in Comune dell’accordo. E questo in effetti è quanto successe, i tedeschi passarono da Rapallo la sera, verso le 7 o le 8, proprio quando la guarnigione (nazista) genovese si arrendeva ai partigiani”.

Bertelloni-Canale

 

Avv. Giovanni MAGGIO fu il primo Sindaco del dopoguerra a Rapallo e Presidente Amministrazione Provinciale di Genova

 

 

Autore: Agostino PENDOLA

L’ECCIDIO DEL MURAGLIONE

E ALTRE STORIE DELLA RESISTENZA RAPALLESE

 © 2009 Gammarò editori – Sestri Levante www.gammaro.it info@gammaro.it ISBN-10: 88-95010-85-X ISBN-13: 978-88-95010-85-4 Questo libro è stato pubblicato con il contributo della Provincia di Genova.

 

Introduzione:

Continua, con questo libretto, la ricerca delle radici civili della nostra città che ho iniziato da qualche tempo. Tre anni fa, occupandomi della politica rapallese alla fine dell’Ottocento, ho voluto andare ai primi momenti della nostra lotta politica, ai primi dibattiti e alle prime polemiche, anch’esse infuocate come oggi, forse di più. Questa volta ho preferito arrivare più vicino a noi, alla Resistenza. Si dice Resistenza e si pensa subito alle montagne dell’Aveto e della Graveglia, all’Alta Fontanabuona, perché in effetti è lì che la guerra di Liberazione – nella Riviera Ligure di Levante - ha avuto i momenti più acuti, i rastrellamenti e le battaglie, i morti più numerosi. Le targhe che popolano le valli ce lo ricordano. È dalle formazioni che in quei luoghi combatterono che ha tratto origine la maggiore memorialistica partigiana. Naturalmente la Resistenza non si è combattuta solo sui monti, le SAP hanno portato la guerra nelle città, laddove i fascisti e i tedeschi si sentivano sicuri. Proprio a Rapallo qualche anno fa è stato proiettato un lungometraggio sul partigiano Pesce che a Milano animò una famosa Squadra d’Azione Partigiana. Anche questo è stato un aspetto della nostra Resistenza, un aspetto che si articolava con le bande sui monti, in un continuo travaso tra montagna e città. Di questo mi parlava anni fa un ex-partigiano, l’indimenticabile Ermanno Baffico scomparso di recente, quando raccontava di quando si incontrava a Genova con i suoi compagni di lotta delle Squadre repubblicane nei locali della Biblioteca Popolare Mazzini in via Garibaldi, per poi risalire la Valle del Bisagno per la Scoffera, altra zona di operazioni delle sue formazioni. Un film recente, premiato nei concorsi cinematografici, ha raccontato le vicende della Divisione Partigiana Osoppo, aderente al Partito d’Azione. Vicende di lotta fratricida con altre formazioni, vicende tristi, che pure sono state una parte della Resistenza. Queste storie, che in gran parte leggiamo nei libri o vediamo nei film, le abbiamo avute anche sulle nostre colline. Anche a Rapallo abbiamo avuto le Squadre d’Azione e c’è stata lotta – per fortuna non altrettanto cruenta come nel Nord-Est dove hanno operato i partigiani della Osoppo– tra le varie anime del movimento partigiano. Questo libro è nato per caso; partito dal desiderio di fissare alcuni avvenimenti, ho trovato altre notizie che mi hanno convinto a raccontare quello che a Rapallo non era mai stato raccontato. Ma questo libro non sarebbe stato possibile senza la mirabile ricerca di Vittorio Civitella sulla Brigate “Giustizia e Libertà” Matteotti, che operarono nell’alta Val Fontanabuona a partire dal giugno 1944. È stato proprio leggendolo che ho trovato la traccia per arrivare a ciò che finora mancava per raccontare quello che successe a Rapallo nella notte tra il 24 e 25 aprile con la fucilazione di sei partigiani a Langano, sul porto. È una vicenda che anche ai rapallesi non più giovani non è mai stata molto chiara. Su cosa sia successo veramente circolano varie versioni, tutte monche e largamente incomplete. La cosa non deve meravigliare, chi è morto non racconta, chi è sopravvissuto in genere non vuole ripercorrere momenti nei quali si è visto perduto. Eppure da qualche anno i documenti sono disponibili, documenti scritti sul momento da partigiani, oppure testimonianze raccolte e poi portate lontano. Danno un quadro abbastanza completo del più importante momento resistenziale di Rapallo, e l’ho messo deliberatamente all’inizio. Il titolo non è mio, proviene da una relazione scritta dieci anni dopo quella notte dal Dott. Manlio Piaggio che ho largamente utilizzato nella seconda parte del capitolo, una testimonianza di prima mano di chi in quei mesi non si nascose ad attendere che passasse la bufera. È un titolo che rende perfettamente chiaro cosa successe. Tuttavia i documenti trovati a Genova non sarebbero stati completi senza l’apporto del figlio di un fucilato (ma sopravvissuto). Filippo Carlotti è partito da quel poco che gli aveva raccontato suo padre, per cercare una storia abbozzata, per rintracciare altri protagonisti. Dal confine con la Svizzera, da dove era partito suo padre, a Tradate, paese di un altro partigiano, ha raccolto una documentazione che da solo mai avrei raggiunto. Scorrendo le note si noterà come che gran parte del materiale non proviene da Rapallo, con l’esclusione di alcune fotografie fornite da parenti degli uccisi, o di testimonianze quando si tratta di interviste. A chi ha fornito il materiale va il mio ringraziamento. Ma per il testo, i documenti che sono alla base di questo lavoro provengono quasi tutti da archivi non cittadini. Genova naturalmente, ma non solo. Su questo fatto si potrebbe riflettere un momento: Rapallo è una città che non conserva la memoria. O, se la conserva, non la rende disponibile a chi la usa. Il cattivo esempio lo danno le istituzioni, a partire dal comune. L’archivio storico cittadino, vera miniera di atti, documenti e quant’altro serve per scrivere la storia, è conservato nei fondi di un palazzo, la sua consultazione è lasciata alla disponibilità del responsabile. Perfino la raccolta del MARE che con i suoi limiti potrebbe sopperire alle altre deficienze, non è più consultabile a causa delle cattive condizioni dei volumi. Andremo alla Biblioteca Universitaria di Genova per leggere il MARE? Dove peraltro la raccolta non è completa. Per fortuna non è sempre e ovunque così. L’Istituto della Resistenza a Genova, non solo conserva la documentazione, ma ha personale preparato e sempre disponibile. Per questo lavoro è stato molto utile e a loro va il mio ringraziamento. Come va a chi ha sacrificato una parte del suo tempo per raccontarmi cosa sapeva, i fatti di cui era stato testimone, perché anche gli altri sappiano. Ma soprattutto la riconoscenza di noi rapallesi deve andare a chi è salito in montagna in quei giorni, a chi non ha lasciato che la liberazione del nostro Paese avvenisse solo per l’azione di forze esterne, ma ha voluto che il riscatto nascesse da noi stessi.

 

 

Questo articolo, nato per caso da una semplice curiosità dell’autore, si è sviluppato lungo una ricerca che mi ha portato a riscoprire le sofferenze dei nostri genitori e di tutti i concittadini rapallesi che hanno visto trasformare la loro PACIFICA OASI DI TERRA TURISTICA in un campo di battaglia infernale! A tutti loro vada il nostro pensiero!

Ho riportato interamente la INTRODUZIONE del libro di Agostino PENDOLA in quanto tocca alcuni punti che ancora ci fanno riflettere; uno tra tutti, a noi tanto caro, è l’importanza documentale attribuita alla rivista IL MARE che vide la luce nel lontano 1908 ed è tuttora in “servizio attivo” come unico testimone oculare che tocca da sempre il cuore e la coscienza di Rapallo.

 

 

RINGRAZIO lo storico rapallese Agostino PENDOLA per averci consegnato i suoi “studi” sui quali rifletteremo e ne faremo sempre tesoro!

 

 

 

Seguono alcuni articoli della Seconda guerra mondiale che riguardano il nostro territorio, e sono stati pubblicati sul sito di Mare Nostrum Rapallo:

 

PIPPO” VENIVA DAL MARE    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/pippetto/

 

BOMBE SU RAPALLO. COME ERAVAMO   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/rapallo-come-eravamo/

 

LA MIA GUERRA   di Ada Bottini

https://www.marenostrumrapallo.it/la-mia-guerra/

 

GAZZANA PRIAROGGIA GIANFRANCO, UN RAPALLESE D'ADOZIONE   di Maurizio Brescia

https://www.marenostrumrapallo.it/pria/

 

IL PICCOLO P/FO LANGANO SFIDO' LA KRIEGSMARINE  di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/langano/

 

MATHAUSEN-RAPALLO - STORIA DI UN PILOTA GENOVESE   di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/da-mathausen-a-rapallo/

 

CARMELO DE SALVO REDUCE DAI LAGER NAZISTI    di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/la-storia-di-carmelo-de-salvo-reduce-dai-lager-nazisti/

 

IL CANNONE DELLE GRAZIE       di Carlo Gatti

https://www.marenostrumrapallo.it/grazie/

 

 

 

 

Carlo GATTI

Rapallo, 7 Giugno 2024

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 


Piroscafo BARON GAUTSCH - Un naufragio che si poteva evitare

 

 BARON GAUTSCH

Un naufragio che si poteva evitare

 

Fu definito: IL RELITTO PIU' FAMOSO DELL'ADRIATICO

 

Il 28 giugno 1914 - a Sarajevo, l'arciduca Francesco Ferdinando, erede del trono di Austria e Ungheria, fu ucciso con la moglie da un serbo. Questo avvenimento fece esplodere le tensioni internazionali e l'Austria dichiarò guerra al Regno di Serbia determinando l'irrimediabile acuirsi della crisi e la progressiva mobilitazione delle potenze europee per il gioco delle alleanze tra i vari stati.

Il 27 Luglio 1914 - le Autorità militari austriache, per far fronte al trasporto di truppe e merci, requisirono molte imbarcazioni tra cui il piroscafo passeggeri BARON GAUTSCH.

 

Il 9 Agosto 1914 - Il BARON GAUTSCH, dopo un breve periodo di navigazione militarizzata, ricevette l’ordine di riprendere i suoi viaggi di linea regolari in Adriatico, ma con equipaggio civile.

 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH ormeggiato al Molo San Carlo di Trieste

 

 

Il "Baron Gautsch" era una delle navi passeggeri più moderne del Lloyd Austriaco, con il suo scafo in acciaio.

  • Varata nel 1908 nel cantiere Gourlay Brothers & Company di Dundee in Scozia

  • lunghezza 84,55 m.

  • larghezza 11,6 m.

  • altezza 7,5 m.

  • stazza lorda  2069 tonnellate

  • stazza netta (861)

  • quattro caldaie a tre forni per ognuna

  • equipaggio 64 membri

  • trecento passeggeri

Era dedicato al barone Paolo de Gautsch de Frankerrthurm, presidente del governo e del CONSIGLIO IMPERIALE del Parlamento di Vienna alla fine del XIX secolo.

 

 

IL DRAMMA

Come accennato sopra, terminata la sua breve attività come nave militarizzata austriaca, il piroscafo Baron Gautsch sbarcò il comandante della Marina Militare Austriaca e lo sostituì con il comandante triestino Paolo Winter della Marina Mercantile per riprendere la sua abituale attività come nave passeggeri di linea scalando i porti: Trieste, Pola, Lussinpiccolo/Lussingrande, Zara, Spalato, Lesina, Gravosa, Castelnuovo e Cattaro.

 

Una bella immagine satellitare delle riparatissime Bocche di Cattaro

 

Le Bocche di Cattaro, sono costituite da ampi valloni fra loro collegati che si inseriscono profondamente nell'entroterra come fiordi. Prendono il nome dalla città di Cattaro.

Caratterizzate da profondi bacini perfettamente riparati dal mare aperto, le bocche di Cattaro costituiscono uno dei migliori porti naturali del Mar Mediterraneo. Grazie a questa caratteristica, unitamente alla facile difendibilità, furono un importante punto strategico illirico, greco e quindi romano e bizantino. Per tre secoli la Repubblica di Venezia e poi l’Impero austro-ungarico hanno costituito una munitissima quanto inespugnata base navale militare.

 

 

Cattaro era il capoluogo dell’Albania Veneta considerata dal punto di vista strategico un punto importantissimo per il controllo dell'Adriatico e per contrastare l'espansione ottomana. 

 

 

Il piroscafo BARON GAUTSCH lasciò le Bocche di Cattaro (Montenegro) il pomeriggio del 12 Agosto 1914 ed era atteso a Trieste dopo circa 23 ore di navigazione.

Il 13 agosto del 1914, salpò dal piccolo porto di Lussingrande, Veli Lošinj in croato, per raggiungere Trieste con 300 persone a bordo, tra equipaggio e passeggeri.

“Vedendo il grande piroscafo lungo oltre 85 metri che si dirigeva verso la zona minata, l’equipaggio del posamine Basilisk lanciò prontamente l’allarme, ma tanto i marinai quanto i passeggeri a bordo del Baron Gautsch interpretarono questi segnali come un caloroso benvenuto”.

 

 

 

Rovigno

 

Giunto a 9 miglia al largo di Rovigno (Istria) il comandante Paolo Winter, evidentemente ignaro dell’insidiosa presenza di campi minati austriaci sulla sua rotta, andò inesorabilmente incontro al peggiore naufragio che possa accadere: colare a picco in brevissimo tempo senza avere la minima possibilità di organizzare una, seppur improvvisata, operazione di salvataggio d’emergenza.

Tutto questo successe: Alle 15.45, il piroscafo cozzò contro una mina e, in pochissimi minuti, affondò trascinando con sé 130 passeggeri, molti dei quali donne e bambini”.

I passeggeri imbarcati erano stimati intorno ai 310-350, i superstiti furono 190, i morti circa 130, ma furono rinvenuti non più di 30 corpi. I sopravvissuti furono condotti a Pola e ricoverati; il primo gruppo di naufraghi giunse in porto a Trieste la sera del 14 agosto a bordo del piroscafo “Adriana” della Società Istria-Trieste.

Col senno di poi, qualcuno avrà certamente ipotizzato che sarebbe stato più prudente affiancare i due Comandanti (militare e civile) per alcuni viaggi di addestramento e conoscenza degli ordigni posizionati in quelle acque dalla stessa Marina Austriaca.

 

Dal sito Atlante Guerra riportiamo:

L’affondamento ebbe pesanti strascichi giudiziari. Il capitano Winter, che si salvò su una scialuppa, fu accusato di codardia assieme a molti marinai che avrebbero pensato più a salvare sé stessi che a soccorrere i civili a bordo. In realtà, la maggior parte delle scialuppe non riuscì neppure ad essere calata in acqua per la cattiva manutenzione. Cattiva manutenzione che, secondo la difesa, andava imputata alla passata gestione da parte della Marina Militare.

Ma la vicenda più incredibile riguarda i giubbotti salvagente che avrebbero potuto salvare decine e decine di vite, e che era stati chiusi a chiave nei cassetti. Il comandante si giustificò spiegando che la decisione si era resa necessaria perché i passeggeri di terza classe li rubavano per usarli come cuscini. Alla fine del processo, gli ufficiali furono tutti assolti e nessuno di loro ebbe la minima ripercussione sulla carriera. 

 

 

ALBUM FOTOGRAFICO

Piroscafo 

BARON GAUTSCH

 

 

 

 

 

 

Il relitto del "Baron Gautsch", che fu scoperto all’inizio degli anni ’50, è giustamente considerato il più bello di tutto l’Adriatico. Si trova ad Ovest dell’arcipelago di Brioni in Croazia, a circa 6 miglia a Sud-Ovest del faro di San Giovanni in Pelago.

Lo scafo della nave è ancora in buono stato di conservazione e giace in assetto di navigazione, appoggiato su un fondale di sabbia e fango di circa 40 metri.

Sulla fiancata di sinistra del relitto c’è una grande falla circolare di circa due metri di diametro, che si trova proprio sulla linea di galleggiamento della nave, ed è il punto in cui avvenne l'urto con la mina.

Dei grandi saloni adornati in legno oggi è rimasta solamente la struttura esterna, mentre le superfici di alcuni ponti in legno sono ancora presenti, ma sono abbastanza pericolose perché possono crollare da un momento all’altro.

Sulla prua della nave si vedono bene il grosso argano salpa ancore a vapore e le due grandi ancore che si trovano ancora al loro posto dentro agli occhi di cubia.

Il ponte di comando del piroscafo, che era in legno, ormai non esiste più e la parte più alta del relitto è il tetto del ponte di prima classe, che si trova a circa 28 metri di profondità.

 

 

Per gli appassionati di questa materia, si segnala il sito:

 

CROAZIA – RELITTO “BARON GAUTSCH”

http://www.marpola.it/logbook/20.%20Baron%20Gautsch.htm

 

 

Carlo GATTI

Rapallo 5 Giugno 2024