NEL MONDO DELLE PIATTAFORME PETROLIFERE
NEL MONDO DELLE PIATTAFORME PETROLIFERE
Pino Sorio racconta: "...da ex Micoperi (25 anni di collaborazione), dopo il lavoro svolto da queste persone davvero competenti e molto speciali, sono contento che questa società si sia risollevata a tal punto da competere di nuovo a livello mondiale. La prima Micoperi, pur essendo una società a conduzione quasi familiare, è stata la prima ad entrare nel Mare del Nord (costruzione ptf petrolifere) con i mezzi più all'avanguardia (M25-M26-M27 ed infine con il gioiello M7000 con le sue due gru da 7000 tons)".
Il nostro socio Pino Sorio, DM di lungo corso e di grande esperienza mondiale nel settore delle piattaforme petrolifere e non solo, come vedremo, gratifica i nostri followers con un ampio ALBUM FOTOGRAFICO dedicato a questi "mostri" dell'ingegneria navale. Ringraziamo Pino Sorio che ci accompagnerà in questo percorso a tappe che pochi conoscono, ma che tutti sono interessati a scoprirne i segreti.
Saipem è oggi leader mondiale nel settore dei servizi per l’industria petrolifera onshore e offshore. La società ha cominciato ad operare negli anni '50. Durante gli anni '50 e '60 ha maturato competenze nella posa di condotte onshore, nella costruzione di impianti e nella perforazione, inizialmente come divisione dell’Eni e in seguito su base stand-alone, diventando definitivamente autonoma nel 1969. Saipem ha iniziato le attività offshore nel Mediterraneo nei primi anni '60 e ha esteso le operazioni al Mare del Nord nel 1972. La società ha iniziato ad offrire servizi all’esterno del gruppo Eni nei primi anni '60 e da allora ha progressivamente ampliato la propria base clienti, che oggi annovera quasi tutti i colossi del petrolio e le maggiori compagnie petrolifere, sia private che di stato, di tutto il mondo. Alla fine degli anni '90, con lo spostamento delle attività verso le acque profonde e in paesi in via di sviluppo, Saipem ha realizzato un piano di investimenti per adeguare alle sempre più sfidanti condizioni di mercato le capacità dei propri mezzi navali nella perforazione e nello sviluppo dei giacimenti in acque profonde, nella posa delle condotte, nel leased FPSO (Floating Production Storage and Offloading) e nella robotica sottomarina. Saipem è stata tra le prime a dare risalto al contenuto locale sviluppando imponenti strutture nell’Africa Occidentale, nei paesi dell’ex Unione Sovietica e in Medio Oriente, ed impiegando un numero di lavoratori locali senza pari nell’industria. Contemporaneamente al potenziamento della flotta e allo sviluppo del contenuto locale, la Società ha iniziato a rafforzare le proprie competenze ingegneristiche e di project management, per affrontare un altro importante trend verso i grandi progetti integrati di tipo EPCI e EPC, prima in ambito offshore e successivamente in ambito onshore. L’obiettivo per quanto riguarda l’offshore è stato raggiunto attraverso una serie di acquisizioni, culminate in quella di Bouygues Offshore nel 2002. Questa operazione va considerata come la più rilevante acquisizione effettuata tra società di paesi diversi in Europa nel settore dei servizi per l’industria petrolifera. Successivamente, in risposta alla tendenza del settore verso grandi progetti EPC onshore, tra cui quelli relativi alla valorizzazione del gas naturale e dei greggi difficili (quali oli pesanti, sabbie bituminose, ecc.) e al fine di rafforzare la propria posizione in Medio Oriente e la propria base clienti, nel 2006 Saipem ha acquisito Snamprogetti, una delle maggiori società di ingegneria e costruzioni attiva sul mercato internazionale della progettazione ed esecuzione di grandi impianti a terra per la produzione ed il trattamento di idrocarburi e la valorizzazione del gas naturale. Il risultato è stato la creazione di un eccezionale contrattista, con un forte orientamento verso le attività oil & gas in aree remote e in acque profonde, leader a livello mondiale nella fornitura di servizi di ingegneria, di procurement, di project management e di costruzione, con distintive capacità di progettazione ed esecuzione di contratti offshore e onshore anche ad alto contenuto tecnologico quali la valorizzazione del gas naturale e degli oli pesanti. Saipem ha recentemente portato a termine l’impegnativo programma di investimenti, iniziato nel 2006, volto a rafforzare ed espandere gli asset delle Perforazioni e delle Costruzioni Mare, oltre ad asset richiesti nell’ambito di progetti di rafforzamento del local content, in particolare mezzi navali d’avanguardia progettati avendo in mente le sfide che porranno la produzione e il trasporto di idrocarburi in acque ultra-profonde e in ambienti di frontiera. Saipem è quotata alla Borsa Valori di Milano dal 1984 (in precedenza era interamente proprietà di Eni). Attualmente Eni possiede circa il 43% di Saipem.
(ultimo aggiornamento: 15 gennaio 2014)
Flotta per attività di perforazione
• Saipem 12000
• Scarabeo 4
• Scarabeo 5
• Scarabeo 6
• Scarabeo 7
• Scarabeo 8
• Scarabeo 9
• Perro Negro 2
• Perro Negro 3
• Perro Negro 4
• Perro Negro 5
• Perro Negro 6 (affondata in un incidente presso la foce del fiume Congo il 1º luglio 2013)
• Perro Negro 7
• Perro Negro 8
Saipem TAD
Flotta per attività di costruzione
• Castorone
• Castoro II
• Castoro Sei
• Castoro 7
• Castoro Otto
• Castoro 9
• Castoro 10
• Castoro 11
• Castoro 12
• Castoro 14
• Castoro 15
• Castoro 16
• Saipem FDS
• Saipem FDS 2
• Saipem 3000
• Semac 1
• S 355
• Crawler |
• Bar Protector
• Ersai 1
• Ersai 2
• Ersai 3
• Ersai 4
• Ersai 400
• Ragno 3
• SB 230
• S 44
• S 600
• S 45
• S 42
• SB 103
• S 43
• S 46
• S 47
• New DSV
• Far Sovereign |
• Normand Cutter
• Far Samson
• Grampian Surveyor
• DP Reel
• Harvey Discovery
• Bourbon Trieste
• Miclyn Endurance
• Innovator 250
• Innovator
• Olympian
• Super Mohawk
• MRV
• Discovery/Scorpion
• Beluga
• Flexjet II
• Brutus
• Carousel |
Il DM Pino Sorio racconta: "Seguono alcune foto dell'impianto per il varo in modo "Jay" (fondali fino a 3000 metri) che abbiamo installato a R'dam tra il 1998 e fine 1999 e le prove di varo fatte in un fjordo della Norvegia. Sulle foto ho inserito alcune spiegazioni. All'interno della torre erano installati tre tensionatori ciascuno con un tiro da 400 Tons, una stazione di saldatura di tipo "giostra" (brevetto Saipem)con tre macchine saldatrici a filo continuo, una sottostante stazione di controllo RX saldature ed una stazione per eventuali riparazioni saldature. Alla base della torre a livello mare vi era una clampa idraulica per tenere tutto il peso della tubazione gia varata a mare. All'esterno della torre vi erano i bracci idraulici con clampe per sollevare le barre di tubi lunghe 45 metri dalla coperta e allinearle con la testa della tubazione già varata. I tubi venivano trasportati sulle bettoline in pacchi pre-assemblati da 5000 tons. In coperta era sistemata tutta la linea di cianfrinatura terminali tubi ed il verricello idraulico per l'abbandono a mare in caso di emergenza (condizioni meteo avverse) e successivo recupero per ripresa lavoro. Il verricello di abbandono e recupero aveva un tiro massimo di 3500 tons ed era stato costruito da una ditta della provincia di Bergamo.
Il primo progetto portato a termine dalla S7000 è stato il gasdotto "Blue Stream" nel Mar Nero tra la Russia e la Turchia ad una profondità di 2000 metri e con una media giornaliera di varo di 2.2 km di tubo".
Chief Engeneer Pino Sorio a destra
In queste ultime foto si vede la fase di saldatura della barra di tubo da 45 metri alla sezione di sealine giò completata che viene fatta contemporaneamente da tre saldatrici che ruotano attorno al tubo, praticamente ogni saldatrice completa 120° di circonferenza e il tutto avviene nel tempo di meno di tre minuti. Quando si inzia a varare, il tubo completato viene fatto scendere lentamente a mare da tre tensionatori (costruiti vicino a Torino da ditta italianissima) ciascuno con un tiro da 400 tons (ultima foto).
Nella sezione VIDEO di questo sitoweb potete assistere sul Youtube SAIPEM 7000 all'operazione di saldatura parzialmente descritta in questo articolo.
Pino SORIO
Rapallo, 11 Febbraio 2015
Webmaster Carlo Gatti
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NAVIGARE TRA I GHIACCI - 2 -
NAVIGAZIONE NEI GHIACCI
L'amico e collaboratore Maurizio Brescia, Vicepresidente di Mare Nostrum, ci ha inviato una serie di interessanti immagini relative ad un viaggio nel Golfo di Botnia a fine dello scorso anno. Ecco il suo resoconto.
Il 28 dicembre 2009 ho effettuato una navigazione di un giorno a bordo del rompighiaccio finlandese Sampo, con partenza e arrivo nel porto di Kemi (Finlandia settentrionale). La navigazione ha avuto luogo nelle acque settentrionali del Golfo di Botnia, che divide la Svezia dalla Finlandia.
Il rompighiaccio Sampo nelle acque gelate del Golfo di Botnia
(Foto Maurizio Brescia)
Il Sampo è stato varato nel 1961 dai cantieri Wartsila di Helsinki e - sin verso la metà degli anni Novanta - ha prestato servizio con l'Autorità Marittima finlandese. Successivamente è passato in gestione alla municipalità di Kemi che,oltre ad utilizzarlo per compiti "istituzionali" in zona, lo ha destinato ad un uso maggiormente "turistico" per brevi crociere giornaliere e di durata anche più lunga. Il Sampo è lungo 75 mt., disloca circa 3.500 t. e dispone di un apparato motore diesel elettrico su due assi, composto da quattro motori Wärtsila e da quattro generatori, per circa 19.000 cv di potenza.
Alcune belle immagini del viaggio di Maurizio Brescia
La navigazione sul Sampo è davvero consigliabile a tutti gli appassionati di cose di mare. Per maggiori informazioni è visitabile il sito http://www.sampotours.com/ (anche in italiano).
Maurizio BRESCIA
webmaster Carlo Gatti
18 Ottobre 2014
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PILOTI GÄVLE - GOLFO DI BOTNIA
STAZIONE PILOTI BÖNAN – GÄVLE
GOLFO DI BOTNIA
Il porto di Gävle si trova nella parte meridionale del Golfo di Botnia. Appare nella parte alta della cartina. Le isole Åland costituiscono la porta d’accesso al golfo. I Piloti coordinano il servizio anche dei porti limitrofi e da questa stazione le navi possono imbarcare, facoltativamente, il Pilota per qualsiasi destinazione del Botten Havet.
Il Golfo di Botnia, parte settentrionale del Mar Baltico, é un'insenatura larga da 100 a 200 km e lunga 600, con coste frastagliate fronteggiate da isole spianate dalla glaciazione quaternaria. Per i molti corsi d'acqua che vi sfociano e la scarsa evaporazione, le sue acque sono pochissimo salate e il golfo gela in inverno.
Verso la fine degli anni ’90, durante un pilotaggio nel porto di Genova, conobbi il comandante svedese Anders Nordin, il quale mi raccontò che suo padre, pilota del porto di Gävle, morì assiderato per essere caduto in mare dalla biscaglina di una nave. Negli anni successivi andai a trovare due volte i colleghi di quel distretto, in due stagioni diverse, per rendermi conto delle difficoltà oggettive del pilotaggio nel Golfo di Botnia. In estate il pilotaggio é addirittura piacevole, sia per la natura lussureggiante, sia per la luminosità ed il clima decisamente mite. In inverno il panorama cambia completamente e la navigazione é ostacolata dal freddo polare, dalla scarsa visibilità e soprattutto da formazioni di ghiacco che possono raggiungere il mezzo metro di spessore al Sud e raddoppiarsi nel nord del bacino.
Si racconta che in questa parte del mondo la navigazione sia sempre stata difficile, e addirittura interdetta per sei mesi l’anno. Questo blocco totale dei trasporti marittimi ha da sempre inciso negativamente sull’economia di questi Paesi che si affacciano sul golfo. La Svezia sfrutta ben 20 miniere di minerali ferrosi molto pregiati, le più importanti si trovano proprio nel Nord del Paese: Kiruna, Gällivare e Skellefteå. Ancora oggi, nonostante l’avvento di potentissimi rompighiaccio che hanno aperto la navigazione anche nei mesi invernali, il maggior porto d’imbarco del minerale svedese é Narvik (Nord Norvegia) dove il mare é mitigato dal passaggio della Correte del Golfo (temp. dell’acqua del mare intorno ai 6-7°) e non ghiaccia mai. E’ storicamente interessante il collegamento tra la miniera di Kiruna e il porto di Narvik tramite una linea ferroviaria di 168 km che fu costruita ai primi del ‘900 e che funziona ancora oggi. I tedeschi se ne impossessarono nel giugno del 1940 e per 5 lunghi anni di occupazione della Norvegia, sfruttarono il porto di Narvik per l’imbarco del minerale necessario a costruire armamenti bellici in patria.
LA RIVOLUZIONE COMPIUTA DAI ROMPIGHIACCIO
Con l’avvento dei rompighiaccio sempre più potenti ed attrezzati per guidare le navi, la navigazione commerciale di ogni tipo é assicurata, anche in condizioni estreme. Nel settore Nord del Golfo il ghiaccio può avere anche uno spessore molto maggiore di quello riportato, ma tende a calare spostandosi a sud. Non mi addentro nei particolari tecnici della navigazione con l’assistenza del rompighiaccio, li troverete leggendo il “rapporto” molto dettagliato del Comandante camoglino Michele Gazzale che ha avuto l’opportunità di navigare nel Golfo di Botnia in quelle condizioni. L’accuratissima descrizione di tutti gli aspetti nautici ed anche umani la trovate nell’articolo che segue questa introduzione, si chiama: “NAVIGAZIONE TRA I GHIACCI”
Le foto che seguono mostrano alcuni rompighiaccio svedesi di epoche diverse.
Rompighiaccio “THULE”
Rompighiaccio “HYMER”
Rompighiaccio “ATLE”
Luleå (nella foto) é il porto più settentrionale del Golfo di Botnia. Come si può notare, la presenza di 3 rompighiaccio moderni e molto potenti in porto, dà l’idea del lavoro che li attende nel periodo invernale. Nella foto, notiamo l’alta struttura della nave spostata verso proravia per aggiungere peso alla nave, la cui prora non taglia il ghiaccio, come erroneamente si é portati a credere, ma lo spacca scivolandoci sopra ad alta velocità.
Per vincere un determinato spessore di ghiaccio, (nei settori polari può raggiungere anche gli 8 metri), occorre un rompighiaccio di adeguata potenza e stazza. Affronteremo questo interessante argomento nel prossimo capitolo.
Come si può notare in questa tabella, se la temperatura dell’acqua di mare é di -5°, inizia subito la Zona Critica per un soggetto in buone condizioni psicofisiche, ma dopo circa 30 minuti d’immersione si entra nella Zona Letale.
In Svezia ci sono 220 Piloti di cui 6 sono donne. Nel Bottenhavet (Golfo di Botnia) avvengono circa 4.000 pilotaggi l’anno, di cui la metà si attuano nel distretto di Gävle, 200 km c.ca a Nord di Stoccolma.
I video YouTube che seguono, li potete vedere nella sezione VIDEO della Home Page di questo sito.
In questo primo YouTube vi mostriamo un piacevole pilotaggio estivo tra isolotti e villette con piscina in cui tutto appare molto “paradisiaco”.
https://www.youtube.com/watch?v=5laUCdOeTbU
In questo secondo YouTube vi mostriamo l’abbordaggio del pilota a bordo
https://www.youtube.com/watch?v=txIM8d2ZPoY
In questo terzo YouTube vi mostriamo un’interessante esercitazione dei Piloti che si tuffano in mare per collaudare “tute speciali” contro l’assideramento.
https://www.youtube.com/watch?v=LqvwnF0PrzM
In questo quarto YouTube vi mostriamo alcuni rimorchiatori-rompighiaccio in azione davanti al porto di Gävle.
https://www.youtube.com/watch?v=goCMe2PGkYI
Sjöfartsverket Gävle lotsstation - Autorità Portuale - Sede dei piloti di Gävle
BÖNAN, sede dei piloti di Gävle. A sinistra il vecchio faro del 1600 che oggi ospita il Museo dei Piloti. In centro, le abitazioni, gli uffici e la direzione del traffico. A destra un grande magazzino per le varie attrezzature. A destra (vedi foto sotto) il molo con l’ormeggio delle pilotine ed altre imbarcazioni.
La robusta pilotina d’altomare mostra la colorazione arancione tipica delle imbarcazioni di salvataggio. Notare il sistema d’imbarco del pilota. Ogni Corpo Piloti, in qualsiasi parte del mondo, sceglie il sistema d’imbarco più idoneo alle caratteristiche meteo marine locali
Questo tipo di pilotina é usata principalmente in inverno. L’elica pesca 5 metri per evitare di danneggiarsi nell’impatto con il ghiaccio.
Uno dei due operatori del Centro Direzionale che coordina il Pilotaggio del distretto.
Il vecchio faro di Bönan, oggi Museo dei Piloti, é curato e conservato con amore per raccontare la storia dei Piloti di questo distretto.
La cucina d’epoca sistemata alla base del faro.
Siamo nella seconda metà dell’800. Queste sono le prime immagini di Piloti scattate da una macchina fotografica.
Navi e Bandiere nazionali. Le navi a motore non erano ancora in alto mare...
Alla base del Faro, sono custoditi i cimeli più importanti delle pilotine di un tempo.
Il cuore del Faro. La lampada con gli specchi di riflessione della luce nei suoi vari stadi. Bozzelli e redance fanno da cornice a questa significativa rappresentazione marinara.
Vista interna del Faro. Calibrato intreccio di scale, rinforzi e sostegni di legno che offrono un’assoluta sicurezza alla vecchia struttura. Al centro penzola la vela del cutter che abbordava le navi per l’imbarco dei Piloti locali.
Siamo nel 1932. Il modello della pilotina appeso sopra la ruota del timone é un campione didattico di notevole importanza. Si nota il profondo pescaggio del mezzo per evitare che le pale dell’elica si danneggino contro il ghiaccio. Il disegno complessivo dello scafo ricorda il modello norvegese “Colin Archer” che divenne celebre per la sua adattabilità al moto ondoso oceanico. Il disegno fu adottato per la costruzione di lance di salvataggio marine e sicure. La presenza di due alberi e il boma prelude ancora al possibile impiego di tela.
Carlo GATTI
Rapallo, 17 ottobre 2014
NAVIGARE TRA I GHIACCI -1 -
NAVIGARE TRA I GHIACCI
Premessa. La nave effettua viaggi dai porti del Mediterraneo diretta verso quelli della Finlandia passando attraverso la Manica, il Canale di Kiel ed il Mar Baltico. Viaggi lunghi fino ad arrivare ad Oulu nell’estremo Nord del Golfo di Botnia: un mare stretto mediamente 110 miglia, tra la Svezia e la Finlandia, sgombro dai ghiacci della banchisa solamente da fine Maggio a metà Novembre. Il Golfo è lungo circa 440 miglia che si estendono per N-NE dal parallelo 60° fin quasi a 66° N.
Fu verso la fine del mese di aprile 2009 che ebbi il battesimo del ghiaccio; imbarcato con il grado di terzo ufficiale di coperta sulla Oil/Chemical Tanker Acquamarina battente bandiera italiana (12003 ton. Summer dwt.; 6600kw di potenza apparato motore) appartenente alla Società di Navigazione Finbeta S.p.A. di Savona: destinazione Oulu, piccolo porto in fondo al Golfo di Bothnia, lat. 65°31' N long. 25°32' E, con un carico di prodotti chimici per l’industria finlandese.
Provenienti dal Mediterraneo, dall’inizio di aprile già si respirava aria di primavera; rimasi piuttosto sorpreso quando, transitati attraverso il canale di Kiel, fummo informati sia dall’Agenzia del luogo che dai Bollettini meteorologici della presenza, sulla nostra rotta, di zone di ghiaccio con spessore non inferiore a 80 cm!
La salinità, già bassa nel Mar Baltico, decresce ancor più verso Nord nel Golfo di Botnia. La temperatura dell’aria scende di molti gradi sotto lo zero.
La navigazione fu tranquilla fino al traverso di Markeskallen Light con ingresso nel Golfo, rotta per Nord, attraverso il passaggio di Sodra Kvarken. Circa 20 miglia prima del transito per Nordvalen, in contatto con Bothnia VTS, via VHF ch 67, ricevemmo le coordinate di una serie di punti (waypoints) da seguire: ci allarmammo un poco, ciò significava che le acque non erano sicure per la navigazione. Avendo già navigato in questi mari, in stagioni diverse, avevo avuto modo di constatare le eccezionali condizioni di visibilità spesso verificabili e, dopo il tramonto, mentre rilevavo il primo ufficiale impegnato per la cena, il Comandante, salito sul ponte di comando a dare un’occhiata, mi fece notare, sulla nostra dritta, una lunga striscia bianca all’orizzonte, confusa con il cielo nuvoloso: era il riverbero dello strato di ghiaccio ammassato sulle coste finlandesi, come riscontrabile dalle carte del ghiaccio ricevute via meteo-fax: eravamo a oltre 30 miglia dalla costa ed era il segno che ci stavamo avvicinando all’area pericolosa: l’azzurro mare cambiava colore diventando grigio-verde, l’assenza di brezza ne rendeva la superficie di apparenza oleosa.
Non passarono più di due ore, a circa 14 nodi, quando avvistammo, all’orizzonte, i potenti riflettori del rompighiaccio di sentinella: attendeva noi. Informato il Comandante, fu avvisata anche la Macchina affinché potesse dare tutta potenza disponibile per evitare di rimanere presi dalla morsa del ghiaccio.
Contattati dal rompighiaccio (icebreaker), ricevemmo istruzioni di procedere, a tutta forza, nella sua direzione, rimanendo stand-by pronti per l’ascolto sul suo canale di servizio: ogni icebreaker è in ascolto sul VHF Ch 16 e in MF 2332 kHz, ma utilizza un canale differente per le operazioni con la propria assistita o il proprio convoglio per non interferire nel traffico delle radiocomunicazioni sempre intenso. I Canali di lavoro sono facilmente ricavabili dalle pubblicazioni nautiche o dalle carte meteo del ghiaccio dove si trovano, continuamente aggiornate, le posizioni di tutti i rompighiaccio in servizio e, in ultimo, dalle informazioni visualizzate attraverso l’A.I.S.
Nel momento in cui entrammo in contatto con il primo ghiaccio di una certa consistenza, ma piuttosto fragile, con mia sorpresa, data la poca esperienza in materia, notai che la nostra traccia, sul ghiaccio, era chiaramente evidenziata dal Radar, senza dubbio un grande aiuto quando ci si deve mettere nella scia del rompighiaccio. Sceso il buio e accesi tutti i proiettori che illuminavano la traccia, conducemmo navigazione a vista, seguendo il rompighiaccio che individuava, grazie all’esperienza del suo capitano, gli strati di ghiaccio più facili da spezzare.
Un carico di lavoro pesante per il nostro Comando e tutto l’equipaggio: la navigazione sotto guida può durare molte ore e giorni interi durante gli inverni più rigidi e il ghiaccio scende a basse latitudini, lo “stridolio” del ghiaccio che scorre lungo lo scafo non permette un tranquillo riposo.
Ho sperimentato che il momento più critico si verifica quando, per le eccezionali condizioni meteo, il passaggio compreso fra l’icebreaker e la propria nave si richiude senza darti la possibilità di navigare a distanza di sicurezza: allora il rompighiaccio è costretto a prendere la nave a rimorchio: bisogna avere particolare attenzione e abilità nelle manovre quando l’icebreakear si “infila” sotto la prua della nave per formare un corpo unico (v. figure). Si diventa, praticamente, il timone dello stesso rompighiaccio; non bisogna dimenticare di rispondere con un’accostata opposta alla direzione verso cui l’icebreaker vuole dirigere: spesso il Comandante dell’icebreaker chiede un aiuto per agevolare la propria accostata.
Ovviamente si tratta di un aiuto nel dirigere la prua perché in quanto a potenza non c’è confronto fra i loro 15/16 MW e i nostri 6600 KW.
Nota del webmaster:
In questo modello del rompighiaccio SAMPO, (foto di Maurizio Brescia) si nota a poppa l'apparato descritto e disegnato nel presente articolo. Qui sotto riportiamo l'ingrandimento.
Sotto certi punti di vista è divertente manovrare nel ghiaccio, devo ringraziare il Comandante G. Russo: per la sua fiducia, ho imparato a stare al timone nella scia del rompighiaccio e, soprattutto, a non rimanere bloccato: può sembrare facile, ma bisogna imparare qualche accorgimento …! È questione di attimi!
La manovra per sbarcare il pilota, ricordo, è stata sorprendente, non mi era mai capitato di vederlo sbarcare, a piedi, sul ghiaccio ed “imbarcare” sulla pilotina costituita da una motoslitta!
Non sempre l’esperienza può bastare in certe situazioni: impossibile dimenticare l’ultimo imbarco, con un inverno più rigido rispetto agli ultimi anni, quando in uscita dal porto di Rauma (Fl), sempre dietro al rompighiaccio, lasciato il pilota, riuscimmo a navigare, forse, per un paio di miglia: poi la potente mano della Natura ci fermò. Il Comandante Failla, con l’esperienza di una brillante carriera svolta a battere questi mari, rimase sul ponte non so quante ore nel tentativo di trovare un varco in una direzione qualsiasi pur di liberarci, manovrando di macchina e timone, ma quando, oltre a noi,
Posizione di sicurezza ICEBREAKER in funzione di rimorchiatore
Vista Dall'alto
Sistema NAVE-ICEBRTEAKER in manovra
altre due navi, a poca distanza ebbero lo stesso problema, comprendemmo che, forse, non c’era più una via apribile: il ghiaccio si era compattato molto bene; non ci restava che chiamare l’icebreaker e rimanere in attesa. Non è piacevole rimanere in balia del ghiaccio!
Arrivò il rompighiaccio che, con la sua potenza da gigante dei mari, ci avvolse come in un materno abbraccio e, dopo un paio di evoluzioni intorno per rompere il ghiaccio, ci accolse, come la chioccia con i suoi pulcini, e in convoglio, ci fece raggiungere acque più libere. Proseguimmo da soli cercando il passaggio più sicuro attraverso gli strati di ghiaccio più sottili: più con l’abilità dell’uomo di mare che attraverso la strumentazione, io sto cercando di acquisirla e, vi assicuro, è un’esperienza indimenticabile che segnerà la mia vita per sempre!
Al termine della interessante conferenza gli studenti di V classe rivolgono domande.
1) Con quali criteri il V.T.S. dà le rotte ed i punti di accostata?
Risposta: in base alle varie carte meteo-oceanografiche di previsione e di situazione nelle diverse zone: sono proprio gli stessi icebreaker in stand-by, i rompighiaccio in attesa, che fanno il servizio di scorta verso ogni porto di destinazione. Icebreaker proprio alla deriva nel ghiaccio, in alcune zone strategiche, come potrebbero essere i passaggi ristretti di Nordvalen o più semplicemente ai limiti della “banchisa”, dove il ghiaccio inizia ad essere troppo compatto per una navigazione senza scorta. Nel bisogno i rompighiaccio vengono a scortare le navi ed aprire la via a chi non resta “impantanato”. Gli icebreaker danno ai VTS informazioni dirette. Le accostate possono arrivare a 30° o 40°. Quando in zona il vento viene dai quadranti orientali l’accumulo di ghiaccio è lungo la costa svedese; troviamo i WP più vicini alla costa finlandese; e viceversa con i venti occidentali.
2) A che distanza la nave segue il rompighiaccio di guida? Qual è la velocità di manovra?
Risposta: la velocità, diciamo, è sempre la massima possibile; noi avevamo una velocità con macchine “Full Ahead”(tutta forza avanti) di 14 nodi; non succede quasi mai che venga richiesto di procedere più lentamente, a meno che non si stia procedendo in convoglio … allora tutte le navi si devono adeguare a quella che ha la velocità minore, o comunque con potenza motore inferiore. Ecco!! ciò che chiede talvolta il comandante dell’icebreaker, quando si arriva in area di operazioni e prima di iniziare il convoglio: è proprio la potenza dei motori e la massima velocità della nave. Una curiosità: è capitato di ricevere la richiesta di attendere qualche ora fermi nel ghiaccio, o di aspettare l’arrivo del convoglio “in discesa” dal mar di Bothnia, o di attendere un'altra nave in modo da unirci al convoglio “in salita”. La distanza tra nave e rompighiaccio che guida una sola nave non supera 1000 metri. Il Capitano dell’icebreaker ed il Comandante della nave sono in continuo contatto radio. Se la nave ha difficoltà a mantenere la velocità perché il ghiaccio tende a ricompattarsi in breve tempo, i due Master concordano per navigare più vicini e mantenere una adeguata velocità minore: l’icebreaker si avvicina alla nave riducendo temporaneamente la velocità più di quanto l’abbia ridotta la nave. Dopo aver ridotto il corridoio di transito tra le due unità, il rompighiaccio si porta alla stessa nuova velocità della nave. Il minor tempo di transito della nave è tale da anticipare il processo di ricompattamento; la nave sfugge alla morsa della pack. Per la sicurezza del convoglio la brevità dell’intervallo vale, in tal caso, più della lunghezza del convoglio.
3) È difficile far rimanere la nave nel varco, lo stretto canale aperto dell’icebreaker? Chi sta al timone, il marinaio o l’ufficiale?
Risposta: alla seconda domanda risponderò dopo. Non è facile spiegare come intervenire per rimanere nel corridoio di transito aperto dal rompighiaccio, manovrare per non andare a strisciare il pack sotto l’azione del vento. Si è guidati dall’intuito; è necessario agire correttamente e prontamente col timone. Non sempre si riesce; c’è la corrente, talvolta; ma la corrente è subdola, non si vede. Non è piacevole portare la nave (anche se contro volontà) a strisciare contro il ghiaccio e udire lo “stridio” delle lamiere ed avvertire il rischio di traversare la nave, possibile preludio di finire attanagliati dalla banchisa.
4) Se la nave è presa dalla morsa del ghiaccio come agite? La nave ha il doppio scafo?
Risposta: la prima preoccupazione del comandante è quella di avvertire il direttore di Macchina. L’elica non deve essere bloccata dal ghiaccio; deve sempre girare perché deve smuovere l’acqua d’intorno. Se la nave ha l’elica a passo fisso si deve far girare molto lentamente l’elica, cioè con i giri (al minuto) al minimo. Se la nave ha l’elica a passo vario si mette il propulsore a passo zero. Tutte le chimichiere sono costruite col doppio scafo.
5) È importante conoscere lo spessore del ghiaccio?
Risposta: si. L’indicazione dello spessore del ghiaccio, nelle varie zone, è contenuta nelle cartine meteofax, e in quelle che si trovano sui siti internet, per le navi che hanno il collegamento con la rete; in generale il VTS, durante il contatto via VHF, dà un'indicazione sullo spessore massimo del ghiaccio; informa sulla situazione generale che si troverà lungo la rotta per il porto di destinazione. Qualche volta lo strato supera 1 metro. Sappiamo che l’acqua marina di circolazione del raffreddamento viene dalle prese: basse o alte. Se la nave, in zavorra, navigasse con le prese alte e rimanesse nell’abbraccio del pack non andrebbe incontro ad altri problemi a condizione che sia stato fatto un preventivo maggiore zavorramento per evitare l’occlusione delle prese da parte della morsa del ghiaccio.
6) Ha mai incontrato lastroni di ghiaccio isolati e non segnalati?
Risposta: se il lastrone di ghiaccio è grande, è raro che sfugga all’avvistamento e … alla segnalazione, sempre doverosa da parte di una nave. L’incontro capita spesso, verso la fine della stagione, quando il ghiaccio si disperde e inizia a dividersi in parti; perciò si naviga sempre coi proiettori accesi di notte, proprio per cercare di avvistare ed evitare il più possibile i pezzi più grossi. È vero che la nave è classificata ICE Class, ma è meglio non fidarsi; scontrare un pezzo di ghiaccio alla massima velocità non è molto … bello; meglio evitare, se possibile. Sovente si fanno accostate su accostate pur di evitare il ghiaccio!
7) Ha mai incontrato, in altri mari, un iceberg?
Risposta: no. “In altri mari” è precisazione corretta. Gli iceberg hanno un’origine precisa: si staccano dai nevai delle montagne alte, scoscese; scendono a valle e finiscono in mare, come ad esempio (lo saprete tutti) le terre della Groenlandia ed altre. Il Golfo di Bothnia è circondato da terre pianeggianti o quasi. Meglio così, un problema in meno. Ma non è esclusa la possibilità, con altri viaggi, di fare la conoscenza!
Cari giovani, le incombenze dell’Ufficiale a bordo sono numerose. Seguire alla lettera le procedure come da “check list” … le “continue Ispezioni delle maggiori Compagnie Petrolifere” … l’ufficiale rischia di perdere l’altro aspetto della professionalità, anche se poco conosciuto e riconosciuto, ma non per questo meno importante dei tanti controlli. Intendo dire non si deve perdere di vista l’importanza dell'esperienza vera dell'uomo di mare. Da Allievo non ho mai perso occasione per tenermi stretto il timone, sapendo che certe esperienze avrei rischiato di non poterle più provare direttamente. Rispondo alla domanda in sospeso. Di norma il marinaio è al timone. Ma non bisogna dimenticare che l’ufficiale è responsabile della guardia. Egli è motivato se nel tirocinio di allievo ha acquisito esperienze preziose; tra cui, ripeto, saper stare al timone (col consenso del Primo e col pretesto di dare al Marinaio un po’ di riposo …). Solamente così, da ufficiale, si è pronti a dare un tempestivo suggerimento al timoniere o rilevare il marinaio poco esperto in particolari frangenti. L’Ufficiale, nel servizio di guardia, non sta al timone perché già occupato a mettere i punti nave sulla carta nautica, seguire la navigazione e a intrattenere comunicazioni VHF con l’icebreaker, ovviamente col Comandante a sovrintendere. Solamente l’ufficiale che ha conoscenza dei problemi e possiede il senso della professionalità nell’emergenza va oltre la routine e sa fronteggiare una situazione difficile.
a cura dell’Ufficiale di Navigazione II
Michele Gazzale
Rapallo, 14 ottobre 2014
Mi complimento con il Comandante Michele Gazzale, camoglino DOC, per questa cronaca in diretta di "navigazione sul ghiaccio". Non solo é raro capitare con la nave nel Golfo di Botnia, ma é altrettanto raro che un ufficiale racconti in modo così dettagliato e avvincente questa sua esperienza, la quale é sicuramente degna di essere diffusa, con la presente documentazione fotografica e grafica, presso tutti gli Istituti Nautici Italiani.
Webmaster Carlo Gatti
RICICLARE LE NAVI. Business di domani?
RICICLARE LE NAVI
il business di domani ?
La “Blue Lady”, nave passeggeri in disarmo e destinata alla demolizione, ha vissuto tempo fa un'odissea seguita da tutto lo shipping internazionale. Quell'unità infatti era stata in passato il mitico transatlantico “France” e poi la prima meganave da crociera dei Caraibi, la “Norway”.
La "Blue Lady", ex "Norway", ex "France"
Prima di essere definitivamente accettata dagli impianti demolitori, la "Blue Lady" è passata attraverso varie vicissitudini ambientali, allungando così la sua agonia. Finalmente, giunta in India, le autorità avevano acceso, dopo molti accertamenti, il semaforo verde per il suo insabbiamento e la conseguente demolizione. Si voleva essere sicuri cioè che i materiali tossici contenuti a bordo non fossero pericolosi nè per il personale demolitore, nè per l'ambiente di lavorazione. La nave conteneva infatti grosse quantità di amianto e PCB, una neurotossina prodotta da materiali isolanti e fortemente inquinanti, usati negli anni '70 ed ora banditi dalle varie regolamentazioni internazionali.
A prima vista, sembrava un'incongruenza che una nave con quel glorioso passato fosse foriera di prodotti tossici e pericolosi. Per aggiornare i lettori su questo punto, entriamo in uno dei comparti più sconosciuti ma attuali dello "shipping": la demolizione navale.
Demolire o “riciclare” una nave
A volte, capita d'osservare le struggenti fotografie delle navi in agonia sulle spiagge orientali. Il loro inesorabile smembramento strappa sempre qualche lacrima ai marittimi che vi avevano lavorato a bordo. Si dice: "la stanno demolendo". E' vero, ma la “nostra vecchia nave”, continua ad essere utile alla comunità con il reimpiego delle sue parti costruttive; viene sì demolita, ma riciclata. Questo processo la nomina quindi fattore importante dello sviluppo sostenibile globale.
I principali riutilizzi della nave e dei suoi componenti (sovrapponi il mouse per individuarli)/The major recyclings of ship items
Pratici esempi del riciclaggio sono gli alberghi galleggianti, oppure le attrazioni turistiche o le barriere sommerse artificiali. Inoltre, le sue parti vengono riusate nelle varie industrie delle costruzioni o dei containers; i generatori e le batterie vengono riciclati nelle realtà locali; poi gli arredamenti, che vanno nelle case di riposo, alberghi; gli idrocarburi vengono riconvertiti in oli vari. Da notare inoltre che, per forgiare i metalli riciclati, c'è bisogno solo di un terzo dell'energia usata per crearne nuovi. Si potrebbe dire insomma, che nel demolire le navi, quasi niente si riduce in rifiuti dannosi per le persone e l'ambiente.
Ma è davvero così?
I materiali delle navi, pericolosi all'uomo e all'ambiente
Per capire se tutti i materiali tossici di una nave demolita vengono propriamente riciclati, bisogna prima individuarli. In linea generale sono: l'amianto usato per isolamento, le acque di zavorra segregate da tempo, i refrigeranti dei motori, i vari prodotti chimici, le pitture, le leghe usate nei metalli di costruzione, gli oli e comustibili vari, le batterie, i residui del carico, i liquidi di trattamento delle caldaie, gli agenti chimici del materiale antincendio, bombole di gas vari, le acque di scarico.
I materiali inquinanti solitamente presenti sulle navi/The usual polluting items on board ships
Secondo quanto detto prima, questi prodotti dovrebbero essere tutti riciclati opportunamente, cioè elaborati adeguatamente da personale addetto e indirizzati a nuovi circuiti di economie. Continuiamo la nostra analisi.
La vita di una nave e i suoi artefici
Come è noto, una nave nasce in cantiere ed è costruita secondo i severi criteri internazionali di compartimentazione, sicurezza ed antinquinamento. Solitamente è commissionata da un “armatore iniziale” che ne cura i servizi commerciali nel tempo, fino a che la nave verrà dichiarata “pronta per la demolizione” (dopo circa un ventennio, per le navi di media grandezza). A questo punto, l'unità viene ceduta ad un “armatore finale”, il quale la appronta per la sua demolizione e la cede quindi all'impianto finale di riciclaggio. Da notare che, molti armatori tradizionali, per questioni di mercato, preferiscono vendere la nave vecchia ad un “armatore finale”, esperto in demolizioni, il quale poi la cederà all'impianto di riciclaggio. La scelta di quest'ultimo resta quindi dell'armatore finale. Di conseguenza, si può ragionevolmente dedurre che, passando la nave in troppe mani, si perdono tutte le informazioni primarie sui materiali colla quale era stata costruita e gestita.
I principali protagonisti dell'esistenza di una nave/The main protagonists of the ship's life
Secondo alcuni, l'industria navale in genere dovrebbe essere in primis l'entità più responsabile del riciclaggio di una nave, poichè da essa parte l'intenzione di “metterla al mondo” e di beneficiare dei suoi profitti. Secondo il principio che “chi produce un rifiuto, deve provvedere al suo smaltimento”, la nave dovrebbe essere seguita e controllata per tutta la sua esistenza dai suoi utenti e dalle entità preposte, così da diminuire la presenza di materiali tossici durante il suo servizio e durante la sua demolizione o quantomeno tenerli sotto controllo.
Cosa dicono le leggi
La Convenzione di Basilea del 1992 è quella che regola la gestione dei rifiuti prodotti in maniera globale. Se è osservata, è efficace, ma non basta. Essendo la nave, una realtà atipica, si deve affrontare nel dettaglio la sua proprietà di “gestire i propri rifiuti ed essere essa stessa un possibile rifiuto”. Inoltre, la Convenzione di Basilea si riferisce a realtà europee e non tiene conto dei molteplici regolamenti internazionali ai quali è soggetta una nave.
Webpage della Convenzione di Basilea sullo smaltimento dei rifiuti (clicca per consultarla)/Webpage of the Basel Convention
Ecco quindi l'IMO (l'Organizzazione Internazionale Marittima), con la Risoluzione A.962(23), che contiene le “raccomandazioni” sulla gestione dei materiali tossici usati per costruire e fruire una nave. Queste raccomandazioni, nel biennio 2008-09, dovrebbero divenire leggi esecutive, cioè da "raccomandazioni" si trasformeranno in "convenzione".
Webpage dell'IMO, sulle raccomandazioni del riciclaggio delle nave (clicca per consultarla)/Webpage of the IMO
Le regolamentazioni esistenti in questo campo hanno prodotto pochi benefici, soprattutto perchè è complicato mettere d'accordo tutti gli utenti interessati su un argomento che, sottoforma di prevenzione, mette loro le mani in tasca. Questo conduce attualmente alla libera gestione dei rifiuti prodotti da una nave in demolizione: si possono trovare infatti paesi che applicano norme diversificate rispetto ad altri, le quali possono aderire più o meno alle convenzioni suddette.
L'intenzione dell'IMO è appunto quella di realizzare un sistema standard (tipo Safety Management System per la sicurezza o Codice ISPS per l'antiterrorismo). La sua applicazione globale cioè, non interessa solo le navi, ma anche i cantieri, gli armatori, gli operai, i fornitori, le autorità, gli assicuratori e quantaltro. In un primo riscontro, il suo obiettivo, sia nel metodo che nel merito, potrebbe però apparire difficile da raggiungere.
Vediamo, qui di seguito, alcuni passi della risoluzione dell'IMO:
La nave deve essere costruita e gestita con il famoso principio della “tolleranza zero”. Cioè l'unità deve già essere impostata nella sua struttura con materiali non tossici per le persone e per l'ambiente nella quale opera. Nel caso che, certi materiali debbano essere “per forza” usati, se ne farà propriamente cenno su un documento aggiornato che accompagnerà la nave in tutta la sua esistenza, il “passaporto verde”. Il passaporto conterrà l'inventario dei componenti a rischio e la loro posizione a bordo. Alla stessa manierà sarà disciplinato l'uso e lo smaltimento dei rifiuti durante la vita operativa della nave. Una volta controllata l'unità dagli enti ed autorità preposte, l'IMO regolerà la qualità del cantiere di demolizione: cioè se è in grado di accettare e trattare l'unità a seconda della tipologia della sua demolizione o se invece reindirizzarla in altro cantiere se non in possesso dei requisiti necessari.
Inoltre, il cantiere di riciclaggio, deve prendere tutte le precauzioni per neutralizzare l'impatto ambientale sulle persone e sulla natura ed essere in possesso di tutte le informazioni possibili sulla nave (passaporto verde, piani, eccetera).
Conclusione
Il punto più significativo del nostro discorso è rappresentato dal fatto che oggigiorno, le informazioni complete sulla vita di una nave sono generalmente insufficienti e questo costituisce un pericolo nelle varie fasi di demolizione. Inoltre, senza impianti di riciclaggio adeguati, si rischia di rigettare i rifiuti tossici a contatto dell'ambiente e delle persone.
Un'altra considerazione, economica, riguarda la gestione d'impianti in paesi in via di sviluppo: gli stessi dovrebbero essere messi in condizione di avere attrezzature adeguate per questi processi e la comunità internazionale, secondo certi, dovrebbe facilitar loro i costi d'importazione dei macchinari necessari.
Il sito di GreenPeace, divenuto un interlocutore fondamentale nelle prossime conferenze sulla salute dei nostri mari (clicca per accedere)/Webpage of GreenPeace
Da come s'intende dalle precedenti righe, lo sforzo necessario per raggiungere l'obiettivo di mantenere pulito il nostro pianeta sta diventando immane, ma se solo dovessimo concludere, sorridendo, che ciò è impossibile, non faremmo altro che gettare la spugna ed accettare quel lento processo di devastazione del clima globale che è già stato intrapreso inesorabilmente. Se invece, l'obiettivo della risoluzione IMO dovesse concretizzarsi, s'aprirà, di conseguenza, un business nuovo che, oltre a ricchezza, porterà una salute migliore al nostro pianeta.
Testo e grafica:
Com.te Bruno Malatesta
Rapallo, 30 Maggio 2014
LE CARTE NAUTICHE VANNO IN PENSIONE
LE CARTE NAUTICHE TRADIZIONALI VANNO IN PENSIONE
Il Comandante Mario Terenzio Palombo sulla nave "Costa Fortuna"
Comandante carismatico della Costa Crociere, Mario Terenzio Palombo é spesso citato come protagonista di quella storia marinara che parte dai segreti della vela “carpiti” a nonno Biagio, armatore di un pinco-goletta, ed arriva fino ai giorni nostri, con l’assoluta padronanza delle moderne tecnologie installate sulle grandi navi da crociera che lui stesso ha allestito e poi comandato. Conoscendo la chiarezza espositiva e la capacità di sintesi del Comandante Mario T. Palombo, gli abbiamo rivolto alcune domande sul prossimo STEP tecnologico che si sta delineando all’orizzonte della “Marineria Mondiale”: la sostituzione delle millenarie “Carte Nautiche” con quelle elettroniche.
Carta Pisana. Secolo XIII o XIV, probabilmente realizzata a Genova, Carta del Mediterraneo, Parigi - Mappamondo.
Carta nautica tradizionale
Comandante Palombo, le “Carte Nautiche” tradizionali stanno per andare in pensione e saranno sostituite dall’ultima novità tecnologica: le “Carte Elettroniche” e l’ECDIS (Electronic Chart Display and Information System). Quando avverrà il passaggio di consegna?
- Mi risulta che le Carte Nautiche Elettroniche e L’ECDIS, diventeranno obbligatorie a partire dal 1 Luglio 2014. Gli Ufficiali delle navi passeggeri stanno già effettuando i corsi di aggiornamento che saranno poi indispensabili per l’imbarco (Operatore ECDIS).
Questo nuovo modo di navigare coinvolgerà solo l’élite delle navi passeggeri, oppure il sistema sarà esteso a tutte le navi?
- Tutte le navi passeggeri esistenti e quelle in costruzione, a partire da quella data, dovranno essere dotate dell'ECDIS e dovranno avere un sistema di Carte Elettroniche approvate. Gradatamente, anche tutti gli altri tipi di navi si adegueranno al nuovo modo di navigare.
The Raytheon Anschütz Synapsis ECDIS is a high performance Electronic Chart Display and Information System (ECDIS). With its enhanced functions, ...
I due sistemi avranno un periodo di “convivenza” ?
- Le carte “di carta” non spariranno subito, ma una volta che le navi saranno “full ECDIS”, e saranno dotate di DUE sistemi ECDIS (uno di riserva all'altro), allora, a quel punto non si avranno più carte di “carta”, e di conseguenza “spariranno” anche le squadrette da carteggio, matite e compasso.
Sala nautica della T/n Michelangelo. Notare il Tavolo da Carteggio e i 10 cassettoni delle carte nautiche. Sullo sfondo il Ponte di Comando.
Comandante, per capirne realmente i vantaggi, sarà necessario entrare un po’ più nel dettaglio dell'operazione?
- Con questo nuovo sistema c’è il grande vantaggio che, per pianificare un viaggio da un porto all’altro, con rotte varie e relative distanze, lo si farà in pochi minuti, mentre prima si doveva consultare l’Atlante Geografico delle Carte Nautiche, tracciare le rotte sulle stesse, dopo averle estratte dagli appositi cassetti e dispiegate sul tavolo da carteggio, misurando le miglia con il compasso. Altro vantaggio è che la carta nautica elettronica (ENC Electronic Navigation Chart), avendo fedeltà e completezza, permetterà una selezione dei dati presentati in relazione alla scala impiegata nel momento. Inoltre, avrà l’aggiornamento periodico dei dati, come avviene negli attuali avvisi ai naviganti.
Electronic navigational chart (NOAA)
Le carte nautiche elettroniche saranno compilate dai vari Istituti Idrografici, sulla base delle carte esistenti?
- Esatto! Dovrebbero essere distribuite dal famoso Istituto dell’Ammiragliato Inglese (Admiralty), ma si utilizzerebbero carte nautiche degli Istituti Idrografici di tutto il mondo, che le "darebbero in uso" all'Admiralty.
Può specificare meglio?
- Funzionerebbe così: L'Admiralty, dovrebbe pensare a "raccogliere" tutti gli aggiornamenti e a distribuirli insieme alle carte elettroniche. Il sistema memorizza la posizione ogni minuto e può memorizzare le posizioni almeno per 12 ore, o fino a 90 giorni. Nel caso il GPS non funzioni, si potranno mettere i punti nave con "rilevamenti" elettronici e distanze presi dal radar oppure ottici, e si potranno memorizzare sulla carta elettronica, e là rimarranno fino a che non si cancelleranno. Il sistema, come tutti gli strumenti di navigazione, dovrà funzionare sulla rete di emergenza (alimentazione dal quadro di emergenza).
Comandante Palombo le rivolgo l’ultima domanda. Non mi risulta che gli Istituti Nautici Italiani riescano a tenere il passo con le nuove strumentazioni di bordo. Qual’é il suo parere?
- E’ un vero peccato che gli Istituti Nautici italiani non siano attrezzati ad insegnare questo sistema. Gli stessi professori dovrebbero fare dei corsi e poi mancano gli strumenti.
Comandante Palombo, lei ha calcato per oltre quarant’anni i Ponti di Comando delle più grandi “navi da crociera” che hanno solcato i sette mari, studiando e frequentando corsi di aggiornamento nei maggiori porti del mondo, con risultati eccellenti, per arginare l’avanzata della tecnologia. Che sensazione le dà vedere andare in pensione pezzi importanti della storia navale, ma anche di quella nostra personale?
- Navigare adesso é completamente diverso, questi nuovi sistemi sicuramente contribuiranno ad aumentare il livello di sicurezza dell’andare per mare, ma oltre all’elettronica, secondo me, ci vorrà sempre l'occhio esperto del marinaio perchè la moderna tecnologia non sarà MAI superata dall’ARTE DEL NAVIGARE.
PAROLE SANTE! Grazie Comandante per la sua disponibilità!
Carlo GATTI
Rapallo, 20 Aprile 2014
EMMA MAERSK - I Giganti del Mare
I GIGANTI DEL MARE
EMMA MAERSK
Descrizione generale |
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Tipo |
Portacontainer | |||||
Proprietario/a |
Maersk Line | |||||
Costruttori |
Odense Staalskibsværft Shipyard |
|||||
Cantiere |
Odense Olanda | |||||
Impostata |
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Varata |
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Entrata in servizio |
Caratteristiche generali |
|
170.794 tsl |
|
Lunghezza |
397 m |
Larghezza |
56 m |
Pescaggio |
16 m |
Propulsione |
14 cilindri, 1 elica, 102 rpm |
Velocità |
24 nodi |
Capacità di carico |
11.000 TEU |
Equipaggio |
13 |
La Emma Maersk è una nave porta-contenitori.
Al momento del varo (18.5.2006), era la seconda nave più grande mai costruita al mondo dopo la superpetroliera Knock Nevis (smantellata in India nel 2010). La E.M. Opera sulla linea Ningbo, Xiamen, Hong Kong, Yantian, Tanjung Pelepas, Algeciras, Rotterdam, Bremerhaven. Emma Maersk è stata la prima nata della generazione di navi porta container denominata E Class comprendente 8 navi gemelle di dimensioni pressoché identiche (lunghezza 397 metri per 56 di larghezza - capacità di carico di 11.000 TEU calcolati in base al peso) con pescaggio di circa 11/13 metri – Pescaggio massimo: 15,5 metri. Questo ultimo dato rivela il limite ristretto di porti in cui può operare nel mondo a pieno carico.
Il 1º febbraio 2013, mentre stava attraversando il canale di Suez diretta in Asia, la nave - con a bordo 13.537 container, di cui 6.425 pieni - ha dovuto interrompere il viaggio a causa di una via d’acqua in sala macchine determinato da una rottura nella galleria dell'asse porta-elica. Giunta a Port Said, dove è stato sbarcato il carico. Il 17 febbraio, il rimorchiatore Fairmount Alpine ha trainato la Emma Maersk verso il porto di Palermo. Qui le operazioni di riparazione presso la Fincantieri prevedono una durata di circa 4 mesi.
- La fortunata commessa rivela innanzitutto l’apprezzata scelta di un Cantiere Italiano da parte della Soc. Maersk, ma anche la posizione geografica di Palermo che si trova al centro del Mediterraneo. Questi due fatti dovrebbero far meditare i nostri governanti sulle scelte strategiche degli investimenti portuali ed attività connesse.
Riportiamo qui di seguito l’avvenimento riportato dalla Stampa locale.
“Arrivata a Palermo la Emma Maersk, la portacontainer più grande del mondo
Il 25 febbraio 2013, é arrivata a Palermo la "Emma Maersk", una delle otto più grandi portacontainer esistenti, che sarà sottoposta ad alcuni lavori di riparazione e manutenzione nello stabilimento Fincantieri. La commessa impegnerà l'impianto per quattro mesi, dando una boccata d'ossigeno alle maestranze che da anni si alternano nella cig a rotazione. Almeno quattro mesi di lavoro. "Poca cosa", protestano i sindacati che chiedono di utilizzare il cantiere anche per la costruzione di navi. E pressano il presidente della Regione perchè sia sciolto il nodo della ristrutturazione dei bacini galleggianti: la gara è stata vinta mesi fa dalla Cimolai di Pordenone, ma tutto è bloccato e "i bacini rischiano persino di affondare".
Le dimensioni della nave hanno comportato una delicata operazione di attracco. Secondo quanto riferisce la Guardia costiera, la manovra di avvicinamento e ingresso al molo sta impegnando sei rimorchiatori, due piloti, lo spostamento temporaneo in altre zone del porto di quattro navi e un bacino galleggiante.
Il giorno 13 luglio 2013 é uscita ieri dal porto di Palermo la EMMA MAERSK , una delle otto navi portacontainer più grandi al mondo che è stata riparata ai cantieri navali. La nave è lunga 398 metri e larga 56, con un pescaggio di 15,5 metri.
La Emma Maersk è stata la prima nave oltre i 10.000 TEU di capacità introdotta nel mercato nel 2006. Insieme a altre sette navi gemelle, fa parte della PS-class, una delle più moderne, soprattutto dal punto di vista dell’attenzione agli impatti ambientali. L’ammiraglia ha subito un allagamento in sala macchine ed è stata trainata dal Suez Canal Container Terminal, dov’è stata ormeggiata a seguito dell’incidente.
NOTA SINDACALE:
Grandi numeri, ma poco lavoro, protesta Francesco Foti della Fiom Cgil: "Fino al 2009 questo cantiere garantiva un milione di ore di lavoro, 600.000 delle quali assicurate proprio dalle costruzioni. Diretto e indotto erano pienamente occupati. Adesso siamo diventati 480 con 195 inseriti nella cig a rotazione". Mercoledì è in programma l'incontro alla Presidenza della Regione. "Chiederemo a Fincantieri di implementare la nostra missione produttiva - dice il sindacalista - e alla Regione di intervenire sulla questione dei bacini impantanatasi nelle maglie della burocrazia, mentre stanno affondando: Fincantieri ha compiuto un intervento tampone da quasi un milione di euro per impedire che affondassero".
(25 febbraio 2013)
INTERVISTA:
Il Direttore di Macchina Giuseppe Sorio, socio di Mare Nostrum, ha qualcosa da raccontarci in merito alla Emma Maersk.
“Una nave gemella della E.M. è stata costruita nello stesso cantiere di Okpo (Sud Korea) dove io ho seguito la costruzione dei due traghetti della Moby Lines (Freedom e Wonder) ed è la prima di una serie di 20 unità uguali che i Koreani avevano in programma di costruire per la Maersk-Moeller”.
Parlaci un po’ di questo gigantesco Cantiere Navale coreano.
A Okpo, uno dei bacini ha una capacità di un milione di metri cubi e ci costruiscono contemporaneamente 6 o 7 navi. Allo scadere esatti di 60 giorni il bacino viene allagato, le unità finite vengono trasferite alle banchine di allestimento, le più grandi riposizionate nel bacino per essere completate, e le nuove impostate. Sul posto, avevo l’impressione che tutto funzionasse come un orologio, ora non lo so, ma se devo giudicare dalla loro costante produzione mi sembra che le cose non siano cambiate affatto. Inoltre hanno un reparto motoristico dove costruiscono i grossi motori e dopo le prove al banco vengono inseriti a bordo in un unico pezzo risparmiando così parecchio tempo.
Mi sembra di capire che hai conservato un ricordo più che positivo di quella trasferta.
Se devo essere sincero, quando arrivai a Okpo mi sembrava di essere finito su un altro pianeta, ero sballottato più che altro dai ritmi. Ovviamente mi abiutai abbastanza presto e quando rientrai a casa ebbi la sensazione di scontrarmi con un’altra realtà, quella dei nostri cantieri, e dovetti riabituarmi in senso opposto.
Ricordo che al momento dell’entrata in linea della nave furono espresse molte perplessità sia sul numero ristretto dell’equipaggio, sia sulla logistica di bordo.
“Riguardo l'equipaggio di 13 persone e del trattamento a bordo (cibi pre confezionati, lenzuola di carta, ecc.) per me non è una novità. Già nel 1965, quando navigavo con la Esso, sulle navi in costruzione si stava già sperimentando questo sistema. Inoltre, esisteva un altro programma sperimentale chiamato Mecamar, in cui parte del personale di macchina e coperta si interscambiavano a vicenda: quelli di macchina, durante le ore di straordinario, andavano in plancia a far pratica al timone, mentre quelli di coperta andavano in macchina a far pratica da fuochisti o ingrassatori. Per quanto riguarda i cibi pre-confezionati se fossero stati cotti nei forni a microonde, sarebbero stati accettabili....invece, i cuochi dell’epoca li cuocevano nella maniera tradizionale e diventavano immangiabili e usavano i microonde per asciugare la loro biancheria....
Bei ricordi, anche ricchi di humor...! L’equipaggio così ridotto pone dei limiti dei limiti operativi al loro interventi in caso d’avaria, d’emergenza ecc...??
Certamente! Dal momento che a bordo, con un equipaggio così ridotto, non si potevano fare manutenzioni, la Esso aveva creato delle squadre di pronto intervento (operai, motoristi, elettricisti ecc.) che venivano inviate a bordo per fare le manutenzioni ordinarie e qualche volta straordinarie, durante i viaggi da un porto all'altro. Questa Società fece da battistrada a quasi tutte le moderne Società di navigazione che in seguito crearono gruppi operativi che tuttora seguono le navi via terra, ed approfittano delle soste in porto delle loro navi per operare le varie manutenzione. Se i lavori sono importanti, le squadre rimangono a bordo per tutto il tempo necessario.
Ho capito! La nave deve sempre essere operativa, pertanto non può più fermarsi. In caso di epidemie influenzali immagino che gli equipaggi vengano rimpiazzati tramite ELICOTTERO.
Infatti é previsto l’uso dell’elicottero ed una piattaforma d’imbarco-sbarco a bordo di tutte le navi per questo uso. Ma l’uso dell’elicottero a volte si estende anche ad interventi diversi, come il cambio equipaggio, consegna di “spare parts” di viveri, posta ecc...
Carlo GATTI
Rapallo, 18 luglio 2013
L'ultimo viaggio della celebre M/n SESTRIERE
L’ultimo viaggio della
M/n SESTRIERE
15.4.1970
Una nave fortunata e di grande personalità.
La Sestriere in navigazione
A partire dalla metà degli anni ’60, la Marina Mercantile Mondiale mostrava ormai tutta la sua anzianità. Era la Flotta del dopoguerra. C’erano i LIBERTY che, costruiti per compiere una traversata atlantica, viaggiavano ormai da oltre 20 anni e non reggevano più il mare. C’erano le efficientissime ma obsolete petroliere USA T/2, e soprattutto navigavano ancora gran parte di quelle carrette che erano state tirate su dal fondo dopo la Seconda guerra mondiale e circolavano per i sette mari raddobbate da innumerevoli casse di cemento. Navi che perdevano l’elica o il timone e s’incagliavano sulle scogliere. (Chi scrive disincagliò 7 navi in 9 anni di servizio con la Società Rimorchiatori Riuniti di Genova). Navi da rimodernare e da rimorchiare da un Cantieri Navale di un porto ad un altro. Navi che chiedevano soccorso durante le tempeste. Per i rimorchiatori d’altura nacque persino una nuova attività, l’ “agguato” nei punti più pericolosi e strategici per la navigazione: La Manica, Biscaglia, Finisterre, Il Leone, Le Azzorre ecc... e rimanevano alla fonda nelle golfate, con tre radiotelegrafisti in servizio permanente, nell’attesa di chiamate di soccorso per intervenire operando assistenze e salvataggi. Navi da rimorchiare verso i Cantieri di demolizione. Questa era la principale attività dei RR- Il Torregrande andò fino in Canada per prendere a rimorchio un sottomarino, ma c’é da aggiungere che molte navi erano vittime d’incendi, perchè avevano gli interni in legno e altro materiale infiammabile. Innumerevoli furono gli interventi dei rimorchiatori su navi famose: Achille Lauro, Angelina Lauro, Karadeinz, Anna C. e molte altre sia in porto che in mare aperto.
Sempre in quei primi anni ’70, gli USA decisero di “svendere” le centinaia di Liberty-Ships che avevano tenuto in “naftalina” nelle RESERVE FLEET di N.Y. (Albany) in Atlantico e S.Francisco (in Pacifico). In questa fase di cambiamento epocale nella storia dei trasporti navali, va inquadrato l’ultimo viaggio della della M/n “SESTRIERE”
La tragedia della London Valour si era appena consumata sull'imboccatura del porto di Genova, il 9 aprile di quell'anno. Con il mio equipaggio eravamo ancora sotto shock per l’accaduto, quando il Capitano d’armamento della Società RR mi chiamò per un nuovo viaggio di rimorchio. Per la verità si trattava di un breve trasferimento, da Genova a Vado Ligure, di una nave da consegnare al Cantiere di demolizione che era affamato di ferro.
Ma la sorpresa fu enorme quando seppi che si trattava della gloriosa Sestriere (Italnavi) che era uscita miracolosamente indenne dalla Seconda guerra mondiale, schivando numerosi siluri e bombardamenti aerei. Per dare un’idea della carneficina che fu il 2° conflitto per la nostra Marina Mercantile, riporto solo alcuni agghiaccianti dati statistici: all’inizio delle ostilità (10.6.1940) l’Italia contava 3.3 milioni di tonnellate di stazza lorda per oltre 1200 navi. Il tonnellaggio complessivo al maggio 1945 era ridotto a 220.000 t.
Nell’ambiente marittimo si parlava ancora della “Seconda Spedizione dei Mille”, definito anche “Il Viaggio della Rinascita” dalla stampa dell’epoca, avvenuto nell’immediato dopoguerra (8.11.1946), quando la Sestriere trasferì negli Stati Uniti 50 nostri equipaggi per armare 50 Liberty Ships acquistati da armatori italiani. In seguito, la nave subì diverse trasformazioni strutturali per trasportare emigranti in un primo tempo, ed auto della FIAT nelle Americhe in un secondo tempo. Conoscevo la sua storia attraverso molti episodi che mi erano stati raccontati da cap. Pro Schiaffino, dai miei futuri colleghi-piloti del porto di Genova Enrico Buzzo, Giuseppe Protti e Stefano Galleano che navigarono da ufficiali e Comandanti sulla Sestriere. Ne parlavano con “grande affetto ” e mi resi conto, forse per la prima volta, che La Nave ha un‘anima che sa legarsi in modo anche duraturo ai suoi equipaggi. Quel 1970, purtroppo, decretò anche la sua demolizione, la fine di una nave tra le più belle ancora in circolazione, e ricordo che proprio durante l’ultimo viaggio della Sestriere, fummo tutti d’accordo su un punto: una nave così carica di storia e di ricordi non doveva essere demolita, ma conservata. Con lei sarebbe uscita di scena una parte importante della nostra storia navale. In pochi giorni eravamo stati colpiti al cuore da due tragedie, e la fine della Sestriere non era diversa da quella della London Valour, anche se una differenza in qualche modo c’era: la fine della nave italiana era stata decisa dall’uomo e non da un’infernale libecciata che, invece, colpì a morte la nave inglese.
“Con Tempo assicurato”. Questa era la formula con cui la Capitaneria dava il “nulla osta” al trasferimento della Sestriere a rimorchio. Le istruzioni allegate al Contratto di Rimorchio raccomandavano di consegnare la nave verso le 08 del 15 aprile 1970 ai rimorchiatori locali di Vado L. che l’avrebbero accostata da qualche parte nell’attesa di spiaggiarla nello specchio d’acqua del Cantiere.
Nel primo pomeriggio del 14 aprile ci ormeggiammo con la poppa del Torregrande sotto la prora a pallone della Sestriere. Dopo un accurato controllo dell’assetto, riscontrai che la nave non presentava alcun sbandamento ed aveva un ideale appoppamento di 4 piedi. Mi recai a bordo della nave per ispezionare insieme al nostromo tabarchino Zeppin Luxoro e al direttore di macchina Guido Bianchi che il timone fosse bloccato al centro, che l’elica fosse ferma e bloccata, le stive fossero chiuse, i bighi abbassati e rizzati, che gli oblò fossero chiusi e gli ombrinali attappati. Fui subito tranquillizzato che quattro marinai (runners) del Cantiere sarebbero rimasti a bordo della Sestriere per disormeggiare la nave a Genova, per controllare il rimorchio in navigazione, per agevolarci il recupero degli attacchi da rimorchio nella rada di Vado e, infine, avrebbero filato i cavi ai rimorchiatori locali per la manovra d’ormeggio. Consegnai al nostromo della nave una delle mie radio con la raccomandazione di riferirmi eventuali anomalie. Mi raccomandai d’ingrassare i punti di contatto dell’attrezzatura da rimorchio sui passacavi di prua e di controllare gli eventuali sforzi sulle bitte. Era la prima volta che mettevo piede sulla Sestriere e rimasi colpito dalle sue linee sobrie, essenziali, eleganti per una nave da carico che conservava ancora nel suo look un passato come nave passeggeri. La sua ciminiera era alta, robusta ed imponente come piaceva ai vecchi armatori genovesi. Mi convinsi che la Sestriere apparteneva ad una categoria di navi evergreen che non avrebbe dovuto lasciare il posto a quelle orribili navi portacontenitori che facevano già capolino, e che da lì a poco tempo sarebbero diventate le “brutte” protagoniste dei sette mari.
Passammo quindi all’attacco di rimorchio vero e proprio. Diedi disposizione di approntare la patta d’oca di catena (briglia) sulle bitte prodiere della nave, facendola fuoriuscire penzola sul tagliamare fino ad un metro sul livello del mare. I due terminali di catena furono collegati, tramite un maniglione, ad una colonna (cavo d’acciaio da 40 mm.), e questa ad un grosso spezzone di cavo di nylon-perlon di 10 metri di lunghezza, impiegato per dare elasticità al convoglio. A quest’ultimo componente collegammo il cavo da rimorchio (troller-winch automatico) del Torregrande. Questo importantissimo elemento strutturale del rimorchiatore d’altura era in effetti il “cuore” di tutto il sistema. Poterlo filare in mare per tutta la sua lunghezza (700 metri) in caso di moto ondoso pesante, e virarne una buona parte a bordo con la bonaccia di mare, dava sicurezza contro gli strappi e massimo controllo al convoglio in navigazione. Approntammo anche un cavo d’emergenza perché questa era la prassi (assicurativa) in caso di eventuali rotture... Il viaggio non presentò problemi, ma fu intriso di tristezza e di quella strana consapevolezza che si prova quando si sa di compiere un errore purtroppo “inevitabile”....
L’ultimo viaggio della Sestriere
In quel periodo non mi era ancora esplosa la passione per la fotografia navale, tuttavia, in quella occasione, sentii il bisogno di immortalare con qualche scatto il funerale di un illustre personaggio della nostra Marina Mercantile.
Carlo GATTI
18.04.12
Il 24 settembre 2012, ll Secolo XIX ha pubblicato la foto “tristissima” della EUGENIO C” demolita nel 2008. Ho sempre considerato l’ammiraglia dei Costa una delle navi più belle mai costruite, dotata di purissime linee architettoniche, l’unica che avesse l’ascensore che portava il pilota direttamente sul ponte di comando, una sciccheria.....
LA EUGENIO C. IN NAVIGAZIONE
Due anni fa Mare Nostrum dedicò una delle sue Mostre più belle all’Armamento Costa invitando il suo comandante più prestigioso Mario Palombo e prendendo l’EUGENIO C. come simbolo della Manifestazione con il quadro di Amedeo Devoto che immortalò la nave mentre entrava per l’ultima volta a Genova prima della demolizione.
LA EUGENIO C. DURANTE LA DEMOLIZIONE
Questa mattina ho ricevuto una bellissima mail dal Signor Nunzio Catena che seguendoci sul sito ha letto il mio articolo sull’ultimo numero del MARE dedicato alla celebre SESTRIERE. Ve la riporto integralmente perché esprime l’amore che si può stabilire tra una persona e una nave. Un amore quasi inconfessabile, ma che esiste! La demolizione di una nave é un atto di violenza che avviene ogni giorno sotto l’egida del business, una profanazione che cancella anni di storia e di ricordi legati ai personaggi che l’hanno costruita, attesa, guidata, amata e vissuta. La domanda é questa: perché non c’é pietà per le nostre navi più amate? Eppure basta varcare i confini marittimi per imbattersi in Musei galleggianti la cui visita vale molto di più di tanta carta stampata perché sono la realtà conservata di un pezzo di storia. Ringrazio a nome dell’Associazione il sig. Catena il cui amore per le navi e per il mare non può che confortarci e gratificarci nell’opera alla quale ogni giorno ci dedichiamo con immutata passione.
Carlo Gatti
Egregio Presidente Gatti,
Rileggendo il suo toccante articolo sull'ultimo viaggio della M/n SESTRIERE", dell' Italnavi, alla 'famiglia' della quale appartenevo anch'io, forse animato della sua stessa sensibilità per quanto riguarda la demolizione di una Nave, avevo scritto un commento sul Cantiere di demolizione Romiti di Ortona, dove erano state demolite: "Campania Felix" e "Antoniotto Usodimare". Non sono riuscito a rintracciare su quale di queste avevo posto questo commento che per semplicità qui riporto:
“Il Cantiere di Demolizione Romiti, sono tanti anni che e' stato tolto da Ortona, e ne sono stato felice! Quanti pomeriggi di sabato, ho trascorso tra quei rottami e mi pare di risentire "quell'odore" misto di ferro, pittura, tagliato dalla fiamma ossidrica! Quanta tristezza provavo vedere una nave ridotta così! Come vedere un uomo morto, dilaniato da avvoltoi...! Una Nave alla fine della sua vita, dovrebbe finire nell'elemento nel quale e' vissuta, dovrebbe essere affondata (magari bonificata per rispettare l'ambiente), mentre l'ultimo marinaio che l'ha navigata, le porge l'ultimo saluto a nome di tutti quelli che lo hanno preceduto a bordo dove hanno vissuto una parte della loro vita, condividendo con Lei, la speranza di un domani migliore, la paura della tempesta, la gioia del ritorno!
Provavo un dolore quasi fisico, vedendo quello scempio... la plancia, la sala nautica sventrata, depredata di tutto quello che era stato vitale. Il timome, le cui caviglie erano state levigate dalla rude mano del marinaio che non la abbandonava un attimo, come se il suo calore fosse necessario per la sua vita (ed in realta' lo era per la vita di tutti)!!! La bussola...,l'oggetto piu' osservato a bordo! Che fatica per il marinaio cercare di far collimare quella linea di fede, con quel numero scritto sulla lavagnetta!! Restavano solo pubblicazioni, carte autiche ormai bagnate..., ma ogni tanto trovavo qualche vecchio brogliaccio, sfogliando il quale e soffermandomi sulle pagine più significative (una burrasca superata poi più o meno bene.. ed altro), e con la mente facevo rivivere quelle persone ormai dimenticate da tutti, unitamente alla nave che li ha protetti.”
Un saluto, Nunzio Catena
La PREGHIERA dei NAVIGANTI
PREGHIERA DEI NAVIGANTI
(Marina Mercantile - Stella Maris)
Al calar della sera, noi uomini di mare a Te leviamo o Signore la nostra preghiera ed i nostri cuori: i vivi sulle navi, i morti in fondo al mare.
Fa che la notte passi serena per chi veglia nel lavoro, per chi stanco si riposa.
Fa che ogni navigante, prima del sonno, si segni col tuo segno, nel Tuo amore, nel Tuo perdono ed in pace coi fratelli.
Fa che ogni nave conservi la sua rotta ed ogni navigante la sua fede.
Comanda ai venti ed alle onde di non cimentare la nostra nave, comanda al Maligno di non tentare i nostri cuori.
Conforta la nostra solitudine con il ricordo dei nostri cari, la nostra malinconia con la speranza del domani, le nostre inquietudini con la certezza del ritorno.
Benedici le famiglie che lasciammo sulla riva;
Benedici la nostra Patria e tutte le Patrie dei naviganti, che il mare unisce e non divide:
Benedici chi lavora sul mare per meritarsi il pane quotidiano;
Benedici chi lavora sui libri per meritarsi il mare;
Benedici chi in fondo al mare attende la Tua luce ed il Tuo perdono.
E COSÌ SIA!
PREGHIERA DEL MARINAIO
(Marina Militare)
Autore: Antonio Fogazzaro (11 Gennaio 1902) recitata la prima volta sull' Incr.GARIBALDI
A Te - o grande eterno Iddio
Signore del cielo e dell' abisso
cui obbediscono i venti e le onde
noi, uomini di mare e di guerra
Ufficiali e marinai d' Italia
da questa sacra nave armata della Patria
leviamo i cuori!
Salva ed esalta nella Tua fede
O grande Iddio, la nostra nazione
Da giusta gloria e potenza alla nostra Bandiera
Comanda che le tempeste ed i flutti servano a lei
Poni sul nemico il terrore di lei
Fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro
Più forti del ferro che cinge questa nave
A Lei per sempre dona vittoria
Benedici o Signore le nostre case lontane, le cari genti.
Benedici nella cadente notte il riposo del popolo.
Benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.
BENEDICI !
05.04.12
A cura di
MARE NOSTRUM RAPALLO
Chi é il PILOTA portuale?
CONFERENZA CASERMA TELECOMUNICAZIONI
CHI E' IL PILOTA PORTUALE?
CHIAVARI 9 Ottobre 2010
Titolo Convegno: L’UOMO E IL MARE
Presentazione dei Relatori
Oggi ci addentriamo nei meandri del Porto di Genova e le nostre “guide” sono due uomini di mare che oltre ad aver esercitato il Comando a bordo di navi della Marina Mercantile, hanno conseguito specializzazioni in altre importanti attività collaterali, Oggi, questi signori continuano ad onorare il MARE con grande impegno dedicando il loro tempo alla ricerca storica: quella Storia scritta insieme da uomini e navi.
LETTURA CURRICULUM RELATORI
Breve biografia di Ernani Andreatta
Nato nel 1935 a Chiavari nel rione Scogli, il comandante Ernani Andreatta è considerato un figlio d’arte che proviene, per parte di madre, dai Costruttori Navali Gotuzzo, che vararono a Chiavari, proprio nel Rione Scogli, oltre 120 velieri oceanici. La stirpe paterna era di origine Veneta. Il padre Ernani, di cui ereditò il nome, fu un pluridecorato Ufficiale della Marina Militare come sommergibilista durante la Prima guerra mondiale e, in seguito, ebbe il Comando di grandi navi passeggeri del Lloyd Triestino.
Dopo essersi diplomato a Camogli, il comandante Ernani (jr) Andreatta ha conseguito, dopo il corso all’Accademia Navale di Livorno, il grado di Sottotenente di Vascello. Nella Marina Mercantile ha raggiunto il comando su navi mercantili a soli 29 anni. Dopo aver lasciato il mare, si è dedicato ad altre attività imprenditoriali nel campo della chimica navale. In gioventù è stato più volte campione Italiano di nuoto. Ha fondato a Chiavari il MUSEO MARINARO TOMMASINO ANDREATTA che recentemente ha trovato sede definitiva alla Scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari del quale è Direttore e Curatore.
Il Comandante Andreatta è tuttora membro di numerose Fondazioni e Associazioni: PANATHLON, UNUCI (Ufficiali in Congedo) ANMI (Marinai d’Italia), SOCIETA’ CAPITANI E MACCHINISTI DI CAMOGLI, AIDMEN (Associazione Italiana di Documentazione Marittima e Navale) e della Società ECONOMICA di Chiavari. E’ fondatore di altre Associazioni tra le quali il ROTARY Club Chiavari Tigullio del quale è stato presidente nel 91-92, ASTROFILI ARCTURUS (studio del movimento degli astri), degli “AMICI DEL MARE E DEGLI SCOGLI” e Associazione Culturale “IL SESTANTE” (studio dell’astronomia), non ultimo è fondatore assieme agli amici Com.te CARLO GATTI ed EMILIO CARTA dell’Associazione "MARE NOSTRUM” che ha sede a Rapallo, o altre, come la “gustosa” Accademia dello Stoccafisso e del Baccalà intitolata a Rinaldo Zerega. Si ritiene un modesto storico della marineria locale, per hobby e non per professione, avendo operato un consistente salvataggio di oltre 200 anni di storia nel settore della marineria del Tigullio. Ha scritto libri sulla marineria Chiavarese e Ligure: - “CHIAVARI MARINARA DALL’EPOCA EROICA DELLA VELA – STORIA DEL RIONE SCOGLI” - “MEMORIE DAL MARE” del peso di 6,5 kg. – ci tiene a dirlo, forse presuntuosamente, ma non troppo, che sono un po’ la “bibbia” della Marineria locale ma non solo.
Breve biografia di Carlo Gatti
Il com.te CARLO GATTI è nato a Rapallo il 3.6.1940. Diplomato all’Ist. Nautico di Camogli. Ha esercitato il Comando per OTTO anni con la Soc. RR. di Genova, in due settori: Portuale-d’Altura: 98 rimorchi d’altura, operato sette disincagli e numerose azioni di salvataggio e antincendio di cui citiamo i principali: Karadeniz - Anna Costa - London Valour – Haven - Monica Russotti. Nel gennaio 1975 ha vinto il concorso di “Pilota del Porto di Genova”, esercitando la professione fino al pensionamento.
Al momento del ritiro Carlo Gatti ha diretto circa 30.000 manovre. Decisivi sono stati i suoi studi per la realizzazione della Torre di Controllo del Traffico Portuale genovese.
Dal 1985 è impegnato in attività di storico e fotografo navale, curatore di Mostre storico-marinare nazionali-internazionali (Roma, Rapallo, Camogli, Genova). Ha collaborato con il quotidiano Il NUOVO LEVANTE, e oggi del riviste mensili RAPALLO NOTIZIE, PENISOLA, IL MARE. C.G. é stato Vicepresidente e Presidente della Società Capitani e Macchinisti Navali di CAMOGLI. Carlo Gatti è autore dei seguenti libri:
“Quelli del Torregrande” - “Genova, Storie di Navi e Salvataggi”
“Quelli del Vortice” - “Con le Barcacce nel Cuore”
“25 Anni di Nuoto Masters” – “I Giustizieri di Narvik”
Coautore con Emilio Carta e Maurizio Brescia di dieci pubblicazioni di MARE NOSTRUM edite a Rapallo.
GATTI (35 anni di manovre portuali) apre la conferenza con qualche informativa
SUL PORTO DI GENOVA
IL PORTO DI GENOVA - UNA ENCLAVE NELLA CITTA’
Il porto di Genova costituisce il ramo industriale più importante della Regione Liguria.
Il Porto di Genova ha una Doppia Autorità:
Autorità Marittima: Capitaneria di Porto-Guardia Costiera che rappresenta lo Stato e sovrintende alla Sicurezza delle Navi e della Navigazione, emette bandi di concorso ed esami professionali per l’esercizio di tutte le attività pubbliche e private che si svolgono in Porto. Promulga Atti amministrativi: decreti, ordinanze, regolamenti e altri Atti che sarebbe lungo elencare.
Autorità Portuale: Regola la produzione, la pianificazione e lo sviluppo, regola licenze, gare, cura-ambiente. Delle Navi in porto: programma gli arrivi, partenze e movimenti. Promulga: Leggi, Decreti, Ordinanze, Regolamenti. Regola il settore del Turismo, passeggeri e da diporto. Il presidente della A.P. è un civile, i capi sezione provengono dalla Capitaneria.
Il Porto di Genova si estende ininterrottamente per 20 chilometri lungo una fascia costiera, che si sviluppa dal bacino del Porto Antico, in corrispondenza del centro storico della città, fino al suo estremo di ponente: circa sette milioni di metri quadrati. 13 Terminal raccordati. Ha circa 150 ormeggi commerciali. Una nave a Genova trova tutto ciò di cui ha bisogno: Bacini di carenaggio, Officine per riparazioni, Cantieri navali, Rifornitori Marittimi di ogni tipo.
Vista Aerea del Porto Vecchio e Porto Nuovo
Vista Aerea del Porto Vecchio
“Conte Rosso” Militari in partenza da Ponte dei Mille
Il Porto è un Teatro dinamico che cambia scenario in continuazione. Gli Attori sono le navi di ogni tipo che entrano, escono e si muovono al suo interno sotto la regia della Autorità Portuale. Il Porto diventa Operativo tramite i suoi SERVIZI: i PILOTI, direttori e coordinatori delle manovre, i RIMORCHIATORI, indispensabili per la sicurezza e la velocità della manovra, e gli ORMEGGIATORI per il collegamento dei cavi Bordo-Banchina.
Ma va subito precisato che queste “antiche” professioni non si apprendono sui libri, né sui banchi di Scuola o nelle Accademie, ma attraverso la tradizione che si tramanda oralmente e praticamente, di generazione in generazione. La MANOVRA PORTUALE s’impara con il superamento di severi “banchi di prova”, perchè i maestri sono e devono essere inflessibili in quanto il porto di Genova è ritenuto, a ragione, tra i più difficili per una nave che vi deve attraccare, operare e partire.
A Genova non vi sono maree e neppure le nebbie come a Venezia o nel Nord Europa, ma c’è il vento che scivola dalle sue colline a 30/40 nodi, si chiama Tramontana, e ci vogliono anni di mestiere per conoscerlo e farselo amico. Ma il Porto è aperto anche al Libeccio, e la storia di questo vento di traversia è piena d’incidenti, tragedie, affondamenti che portano la sua firma.
DIALOGO TRA DUE COMANDANTI:
Ernani ANDREATTA - Carlo GATTI
Carlo GATTI
Una delle domande che spesso ci viene rivolta è la seguente:
“Le navi moderne e super-tecnologiche che i media ci mostrano ogni giorno, sono autosufficienti ed in grado di operare in modo indipendente. Perchè allora esistono i Servizi Portuali (Pilotaggio, Rimorchio, Ormeggiatori)?”
Nessuno, meglio di un Comandante può rispondere a questa domanda.
Ernani ANDREATTA
Il Comandante si trova sempre a suo agio quando naviga in mare aperto, ma quando atterra con la sua nave, gli spazi si restringono e il traffico aumenta, preferisce affidarsi al servizio di pilotaggio che diventa, per ragioni di sicurezza, obbligatorio sui Fiumi, nei Porti, in molti Stretti, ed in quei tratti di mare pericolosi per la nebbia, secche e traffico come il N. Europa, La Manica, N. America, Singapore, Messina, ecc... In ognuna di quelle zone si trova il Sea-Pilot, River-Pilot e Harbour-Pilot (il pilota portuale di cui ci occupiamo oggi), laddove la manovra rappresenta la fase finale del viaggio, la più complessa, perché si svolge in spazi sempre più ristretti dentro i quali si muovono altre navi che, a volte, trasportano carichi importanti e a volte pericolosi.
Come ex-Comandante di petroliere, posso dire che, quando arrivavo in una rada e vedevo la Pilotina venirmi incontro, provavo ogni volta un senso di sollievo. Il Pilota è un aiuto pratico, ma anche psicologico, perchè egli conosce a capisce al volo i problemi della nave e del suo Comandante, con il quale parla la stessa lingua: La Seaspeak (la lingua del Mare). Spesso, il Pilota è anche l’unico amico che un Comandante può trovare in un porto, perchè gli altri “personaggi” che si muovono sulle banchine, non dico che ti vogliono “fregare”, ma spesso ci provano e con loro non puoi sentirti rilassato come quando lavori con il Pilota.
Devo tuttavia precisare che Il Comandante è, e rimane lui soltanto il RESPONSABILE della nave, nessuno può togliergli il Comando ottenuto dalle Autorità del suo Paese, ma l’aiuto del PILOTA è indispensabile, specialmente quando si deve entrare in un grande porto come quello di Genova, afflitto dal Gigantismo Navale, dagli spazi sempre più ristretti e dal traffico sempre in crescita.
La dinamica è questa: la nave imbarca il Pilota e, con l’impiego dei SERVIZI Portuali, dopo un’ora è già OPERATIVA IN BANCHINA.
Citiamo un esempio: se non esistesse il S. di Pilotaggio, il Comandante della nave dovrebbe dare fondo l’ancora in rada, mettere la lancia in mare, andare a terra, studiare l’ormeggio, le correnti, il vento, prendere accordi vari e, ad essere ottimisti, perderebbe una mattinata.....
E. ANDREATTA
Oggi abbiamo l’occasione d’avere qui con noi un Pilota (in pensione), e gli giro subito la domanda. Chi è il Pilota portuale?
C. GATTI
Lo scrittore J. Conrad, uomo di mare, ha definito il pilota come “trustworthiness personified”, ovvero l’attendibilità in persona: questo deve essere l’ideale di ogni pilota.
E’ un lavoro che non si può imparare affidandosi solo a libri di testo attuali, ma si tratta piuttosto di un mestiere le cui fondamenta sono state gettate nella notte dei tempi, cui hanno attinto generazioni e generazioni di Piloti. Un’arte che si evolve, cresce e cambia aggiornandosi di anno in anno, ma i cui antichi principi formativi restano tuttora validi e tramandati.
Chi è il Pilota Portuale?
Questo interrogativo non solo incuriosisce le migliaia di turisti dell’entroterra quando si affacciano dalle murate dei traghetti per filmare l’arrampicata dell’omino che viene da terra, ma la domanda turba anche molti abitanti della costa che spesso confondono il ruolo del pilota con il comandante della nave, del rimorchiatore, oppure con il timoniere di bordo, ma anche con l’ufficiale di guardia sul ponte di comando.
Del Pilota portuale e dei suoi compensi in sicli, ne parla la Bibbia a proposito dei viaggi compiuti verso le miniere del Re Salomone. Il Porto di Roma (Ostia, porto di Claudio e poi di Traiano) aveva i Proreta e i Gubernator. Per la verità, questo personaggio è rimasto sempre un po’ chiuso nella sua antica leggenda di esperto marinaio, dalla quale non è mai completamente uscito per integrarsi con la gente di terra, tra la quale opera quotidianamente. I personaggi che sono confusi con il Pilota del porto, appartengono, di fatto, ad antichi Servizi ben distinti e gelosi ognuno della propria identità e tradizione di corpo.
Il Pilota dirige la manovra e coordina gli altri Servizi:
- I Rimorchiatori sono necessari alla nave che deve essere girata.
- Gli Ormeggiatori prendono i cavi della nave (all’arrivo) e li portano in banchina. Alla Partenza mollano i cavi da terra.
E. ANDREATTA
Come si diventa Pilota?
Occorre studiare almeno un anno per preparare le varie materie d’esame perchè nel Corpo Piloti si entra per “Concorso Statale”. Occorre essere in possesso di determinati requisiti e aver superato accuratissime “visite mediche”. Chi vince il concorso, è nominato Allievo-Pilota e impara il “mestiere” lavorando insieme ai Piloti Effettivi. Dopo un anno di SCUOLA-Pratica di manovra, l’Allievo Pilota, dopo aver superato un secondo esame orale e pratico e viene nominato Pilota Effettivo dal Direttore Marittimo. I Piloti sono sottoposti a numerosi controll da parte della Capitaneria di Porto.
a) Controllo disciplinare
b) Controllo tecnico (Efficienza Torre Controllo-Pilotine-Personale).
c) Controllo gerarchico: nomina il Capo Pilota, il Sottocapo, il Pilota, opera il controllo finanziario (fatture, bilancio, contabilità).
Il Corpo piloti è composto da soci-piloti che chiudono, per legge, ogni mese, la contabilità. Ad ogni nave pilotata viene applicata la tariffa di pilotaggio in base alla sua Stazza Lorda. Dal fatturato lordo mensile, vengono tolte le spese di tutte le utenze, affitti (tre sedi), canoni, stipendi di 20 persone: impiegati, timonieri, addetti alla manutenzione, pulizie, cuoco ecc.. Gli introiti al netto vengono divisi tra i Piloti Effettivi e, logicamente, la cifra varia ogni mese, perchè dipende dal traffico navale approdato e smaltito in porto. In pratica, il Corpo Piloti è una Impresa, e come tale corre i suoi “rischi” e può essere prospera, oppure, al contrario, può essere commissariata e fallire. Le Tariffe di Pilotaggio vengono concordate a livello nazionale tra L’Associazione degli Armatori (Confitarma) e la Federazione Piloti Italiani.
A memoria d’uomo, non si ricorda un solo sciopero attuato dai Piloti.

1938 – 13 Piloti stanno uscendo per 13 navi in arrivo
50 anni dopo - Paolo Zerbini-RAI-TV intervista l'autore
Daniela Bianchi- “Linea Blu” sulla Torre P. con l'autore
PILOTI E BISCAGLINE
Sequenza Fotografica
La prima realtà che i “Piloti Effettivi” insegnano agli Allievi:
“Fai attenzione: Salire e scendere dalle navi è la cosa più difficile. Tutto il resto col tempo diventa routine!”
Lì per lì era difficile capirlo! Ma avevano ragione! E presto avremmo capito che scendere dalla biscaglina era ancora più difficile che salire.
Nel mio periodo di servizio, almeno 7 piloti sono caduti in mare Per pura informazione, vorrei solo aggiungere che, statistiche alla mano, i Piloti portuali di tutto il mondo, sono soggetti all’infarto del miocardio e, purtroppo, dalle ultime rilevazioni, pare che i dati siano tuttora in salita.
In questo senso il tributo pagato dai piloti del porto di Genova è stato molto alto, anche tra i giovani piloti.
L’Arte della manovra, come tutte le grandi tradizioni marinare, si tramanda, allora come oggi, solo oralmente, con un impercettibile e sussurrante passaparola! Ma pensate che strano! Non tutti i piloti sono disposti a far manovrare l’Allievo Pilota... così come non tutti i comandanti dei rimorchiatori sono disposti ad insegnare e trasmettere i segreti ai giovani comandanti. In pratica, oggi come nel passato, occorre in qualche modo “rubare il mestiere”.
Le caratteristiche più apprezzate in un pilota sono: la conoscenza delle lingue straniere, dovrebbe essere un buon diplomatico ed anche un uomo di cultura che porta sul ponte di comando i commenti e le novità internazionali del giorno. Il Pilota gode di un prestigio personale presso gli Armatori, le Agenzie di navigazione, le Autorità del porto e della città. Il Pilota è una specie d’ambasciatore che riceve la nave straniera in anteprima e stabilisce con il suo equipaggio, i primi rapporti d’amicizia, talvolta anche di contrasti. Ma il Pilota è anche l’ultimo a salutare la nave quando esce dal Porto. Il Pilota è soprattutto una persona d’esperienza, in spagnolo il Pilota si chiama “Pratico”.
Dopo qualche anno d’esperienza, quando il Pilota sale a bordo di una nave, anche se fosse cieco, distinguerebbe la nazionalità dall’odore dell’equipaggio, degli interni della nave, dalle vibrazioni del motore, capirebbe tutto ciò che gli serve per la manovra. Ogni razza, ogni bandiera, appartiene ad una scala di valori di marineria, il Pilota lo sa e sa come regolare l’abbrivo, il numero dei rimorchiatori ecc...
Un Pilota di Fine ‘800 (Cap. Bozzo di Camogli)
Pilota con “Cappello di Paglia”, bagaglio e pilotina a remi
E.Andreatta
Un Pilota sta per sbarcare da un veliero
50 Anni dopo i Piloti usano ancora le biscagline?
La sequenza fotografica (foto C.Gatti) che vi proponiamo, rappresenta le classiche fasi d’abbordaggio di una nave da parte del Pilota (Com.te Giovanni Lettich) con tempo buono. Quando la pilotina compie 4/5 metri d’escursione in altezza e poi precipita, a causa del moto ondoso, il Pilota deve fare appello a tutto il suo coraggio, alla sua condizione atletica, ed all’amore per il suo lavoro.
DAI CUTTER DEI SECOLI PASSATI ALLE MODERNE PILOTINE
Per secoli i veloci e manovrieri CUTTER sono stati impiegati per mettere i Piloti a bordo sulle navi
Agli inizi del ‘900, nel Porto di Genova le Pilotine erano simili ai rimorchiatori. Notare la scritta Pilota.
Questa Pilotina ha lavorato come titolare fino a tutti gli anni ’60, come riserva fino a tutti gli anni ‘70
Anni ’80-’90. Le pilotine “Tritone” e “Pegaso, 30 nodi di velocità. Due veri campioni con tutti i tempi (foto Carlo Gatti)
DALLA PILOTINA ALL’USO DELL’ELICOTTERO
(foto John Gatti)
I grandi porti sull’Atlantico resterebbero chiusi a lungo senza l’uso dell’elicottero
DALLA TORRE DEI GRECI DEL 1500 ALLA MODERNA TORRE DI CONTROLLO
Uno strumento che risale all’antichità più remota
Le gallerie pittoriche degli artisti di marina, che precedono l’avvento della macchina fotografica, ci raccontano già nei dettagli che i piloti portuali per secoli hanno esercitato gli avvistamenti dei velieri dall’alto dei celebri fari marittimi. Il fatto in se stesso non è neppure tanto sorprendente, giacché risponde ad una logica astronomica legata alla curvatura terrestre.
Il ruolo del pilota-farista ed esattore delle tariffe relative alle prestazioni effettuate, nonché ormeggiatore e tuttofare, scandì per secoli questa complessa attività che, soltanto con la rivoluzione industriale e quindi con la razionalizzazione dei servizi, prese una sua specifica connotazione.
Con questa premessa, verrebbe spontaneo pensare ad una prima sistemazione dei Piloti genovesi presso la Torre dei Greci, sulla punta del Molo Vecchio del porto della Genova medievale.
Lo specchio portuale in un dettaglio della veduta dipinta da Cristoforo Grassi nel 1597, copia di opera più antica assegnata al 1481 ca. Notare, in basso a sinistra, il Faro di Loggetta dei Greci. (Genova, Civico Museo Navale)
Al contrario, ogni dubbio è fugato da questa importante fotografia, risalente al 1879, che illustra la postazione dei Piloti arroccata sulla nobile e celebre Porta Siberia, svettante sul Molo Vecchio, in posizione avanzata rispetto alle strutture portuali di allora.
La prima Sede conosciuta dei Piloti di Genova. Erano due camerette costruite sul terrazzo della Porta del Molo (Porta Siberia) alla fine del 1879. Notare la scritta PILOTA a destra in alto.
Nel 1901, infatti, il Capo Pilota Pietro Pescetto si rivolgeva nuovamente al Comandante del Porto di Genova affinché gli concedesse la facoltà di costruire “un casotto” sul Molo Giano “pel pilota di guardia durante la notte onde i vapori stranieri in arrivo, massime quelli provenienti dalla parte di levante, come i postali germanici e olandesi, possano in tempo essere avvistati”.
Il permesso questa volta fu concesso e la “Torretta” venne costruita a circa 160 metri dalla testata del Molo Giano.
La nuova Torre, costruita nel 1913.
La nuova Torre, costruita nel 1913. Il C.Pilota Pescetto, con farfalla, bombetta e mani sui fianchi, in una foto un po’ asimmetrica per la verità del 1916. La costruzione in secondo piano era la Stazione d’arrivo, con annesso ristorante, della Tolfer, una ferrovia monorotaia che collegava il Molo Vecchio al Giano durante la Fiera del 191
Nell’agosto del 1928 il C.A.P approva il progetto di una costruenda sede per i piloti in testata al Molo Giano. La costruzione misura metri 8,50x6,50 è fiancheggiata da una torre scalare a sezione ottagonale, ha quattro piani con un terrazzo praticabile.
La nuova torretta fu presa in consegna dai piloti nel 1931. Dovette essere veramente un avvenimento straordinario perché i piloti avevano finalmente una sede degna di questo nome…..”
Cerimonia Ufficiale in occasione del trasferimento della Madonna di Città dall’Oratorio di S.Antonio della Marina alla testata del Molo Giano, il 20 Giugno 1937
Questa Torretta dei Piloti crollò due volte sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale e fu ricostruita nel 1947, nella stessa posizione e con le stesse caratteristiche. Tuttavia, nell’ultimo trentennio, la gloriosa costruzione fu letteralmente “accecata” della presenza del mastodontico Superbacino galleggiante, posizionato proprio sulla visuale dell’imboccatura di levante e perse inesorabilmente la sua principale funzionalità.
Molo Giano – La “Torretta”, ricostruita dopo gli eventi bellici, nel 1947
La Torre di Controllo del Porto di Genova vista dalla Tall Ships
(foto C.Gatti)
“SIMON BOLIVAR”
La nuova Torre funziona dal 1997 e costituisce anche la nuova sede dei Piloti. A destra, la vecchia Torretta dismessa.
E.ANDREATTA
Il Traffico Navale di un grande Porto moderno è molto complesso. Esistono QUATTRO imboccature con QUATTRO piste d’atterraggio. Due disposte per EST-OVEST, due per NORD-SUD e, se vogliamo essere precisi, c’è un quinto ormeggio in mezzo al mare, davanti al Porto di Multedo: la Discharging Oil Platform per l’ormeggio e discarica delle grandi petroliere.Come viene gestito il “traffico contemporaneo” in entrata, in uscita, in movimento interno?
C.GATTI
Ogni nave in arrivo vorrebbe entrare subito in porto per ovvi motivi economici. Così come una nave con le Spedizioni a bordo, vorrebbe subito partire. Una nave ferma in rada o in porto non produce alcuna risorsa economica, ma soltanto costi e tasse. L’efficacia del sistema di pilotaggio è data, soprattutto, dalla mancanza di un diretto legame tra il pilota e l’attività commerciale della nave. In questo modo le sue decisioni non sono influenzate da richieste specifiche dettate da interessi economici che potrebbero varcare i limiti imposti dalla sicurezza. Tali confini sono molto variabili, in quanto tengono conto di numerosi fattori. Tra questi possiamo citare le caratteristiche della nave, il pescaggio, le condizioni metereologiche, le difficoltà dell’ormeggio, il tipo di propulsore, la potenza, lo spazio d’arresto, il numero di RR che impiega, il traffico in corso ecc.
PROIEZIONE FOTO - TRAFFICO CONTEMPORANEO
Commento: "Concentrazione di arrivi". In questa foto parziale si possono contare 6/7 navi in arrivo quasi contemporaneo. Nella realtà sono una decina. “Numerosi Traghetti dirigono verso l’imboccatura del porto. Dalla Torre di Controllo il Pilota preposto al coordinamento del traffico, regola le entrate e le uscite, disponendo per un corretto e sicuro atterraggio. Un adeguato numero di piloti si prepara ad imbarcare.” (foto C.Gatti)
“Incrocio in avamporto” (foto C.Gatti)
"Evoluzioni sincronizzate di due navi in avamporto"(foto C.Gatti)
Commento: Il lavoro del pilota alla direzione del traffico, in sinergia con quello svolto dai colleghi a bordo delle navi, permette di ottimizzare i tempi, regolando gli incontri e le evoluzioni alla ricerca dell’equilibrio perfetto tra sicurezza e velocità.
"Porto vecchio" – Navi che entrano ed escono
"Entrate e uscite" (foto John Gatti)
Un imprevisto ha reso lo spazio di manovra appena sufficiente
Petroliera in spazi ristretti (foto J.Gatti)
Manovre di precisione (foto C. Gatti)
Commento: I monti alle spalle del porto di Genova impediscono la costruzione di nuove aree per lo stoccaggio delle merci. Si cerca di rubare spazio al mare tombando calate ed allungando banchine. Naturale conseguenza di queste azioni è la manovra di navi sempre più grandi in spazi più stretti.
Il mare agitato, il forte vento e le correnti sono gli elementi che condizionano maggiormente il lavoro del pilota, rendendo l’esperienza e l’abilità i fattori decisivi per il suo svolgimento in sicurezza.
Una forte libecciata rende pericolosissimi gli imbarchi e molto delicate le manovre (foto J.Gatti)
La nave appoggio americana, riportata in questa sequenza fotografica, fu disormeggiata in emergenza. Con il suo carico di combustibile costituiva un grosso pericolo per se stessa, per il porto, per la città. Una volta doppiato il fanaletto rosso della diga si mette alla cappa: prua al mare a lento moto aspettando il ritorno di un tempo più maneggevole.
Navi in entrata e nave in uscita”. Notare la pilotina in attesa dello sbarco del pilota.
(foto John Gatti)
Oltre alle difficoltà oggettive della manovra, vi sono numerosi altri fattori che influenzano l’attività portuale in genere. Abbiamo visto come gli spazi non siano più adeguati alle dimensioni delle navi; aggiungiamo che anche i bassi fondali sono ormai un’importante limitazione, che spesso contribuisce a ridurre i vantaggi derivanti da una maggiore potenza dei motori e dall’adozione delle eliche trasversali. E’ stata evidenziata la crescita del traffico in determinate fasce orarie; restano ancora da elencare i pericoli derivanti dalla presenza sempre più massiccia di porticcioli turistici, costruiti all’interno di grossi porti commerciali o addirittura petroliferi. Di conseguenza, al traffico domenicale nelle ore di punta, và aggiunta la temibile presenza di numerose imbarcazioni da diporto, che vagano nelle zone di transito delle navi, creando, talvolta, situazioni realmente pericolose.
E.ANDREATTA
LA TORRE DI CONTROLLO DEL PORTO DI GENOVA HAOLTRE 15 ANNI. Il Sistema è collaudato: siete soddisfatti?
Il Pilota controllore del Traffico!
La nuova e la vecchi Torre di Controllo dei Piloti (foto C. Gatti)
C.GATTI
Dal 1997 esiste nel Porto di Genova uno strumento per il quale mi sono battuto, personalmente, per circa dieci anni: LA TORRE DI CONTROLLO alta 55 metri, inizialmente si chiamava Torre dei Piloti, ma ora ospita tutti i Servizi su tre piani. Vista circolare, controllo tramite circuiti TV per ogni banchina del porto, due radar, molte radio e strumentazione d’avanguardia che esiste nelle Torri di Controllo degli Aeroporti.
La Nave prevista in arrivo già da 24 ore, viene presa in consegna (via VHF) dal Pilota di turno in Torre che la guida durante l’atterraggio informandola, ovviamente, di tutti i dati tecnici che il comandante richiede: dati meteo, ragguagli sull’ormeggio, sul traffico previsto, sulla posizione eventuale d’attesa, d’ancoraggio ecc...
E. ANDREATTA
Puoi approfondire il significato e l’utilizzo di questa struttura tanto imponente, quanto necessaria e, tutto sommato, molto interessante? Perchè mi sembra di capire che, con la nuova Torre di Controllo è nata una nuova specializzazione.
C. GATTI
La Direzione del Traffico Navale costituisce materia assai delicata anche per i più esperti rappresentanti dello shipping marittimo navigante che in seguito hanno ottenuto la licenza di pilotaggio. Si tratta in definitiva di acquisire una nuova specializzazione per svolgere il pilotaggio di una o più navi a distanza. L’obiettivo da raggiungere è rappresentato da una formula: “Snellire il traffico in sicurezza”.
La formazione di detto personale non è stata ancora regolamentata da una normativa internazionale, tuttavia, gli Stati con maggiore tradizione marinara richiedono da tempo, per questa attività, standards elevatissimi di cultura navale a base universitaria, unita all’esperienza acquisita nella condotta della navigazione e della manovra.
In Pratica, Il pilota di turno sulla Torre di Controllo deve gestire il TRAFFICO COMPLESSIVO in tutta l’Area Portuale, e solo lui può farlo perchè conosce i problemi e le difficoltà di ogni nave per averla già pilotata: per esempio se è motonave oppure turbina, gli spazi che le occorrono per fermarsi, se è manovriera oppure no, se ha premura perchè ha le mani chiamate oppure no. Se, e come dare precedenze ai Traghetti, Navi Passeggeri ecc...
Ci sono piloti che preferiscono pilotare la nave a bordo, cioè in modo tradizionale, piuttosto che prendere decisioni a volte difficili (specialmente sulle precedenze) sulla T.C.
Con la Torre di Controllo, la Direzione del Traffico sfrutta e razionalizza al massimo le risorse disponibili. Come dicevi prima! Il Porto ha quattro imboccature, quattro piste d’atterraggio e di decollo per un flusso di navi in costante crescita e tutte malate di stress.
Il porto è essenzialmente un grande supermercato, ossia il centro di smistamento delle ricchezze prodotte dalle nazioni. Nel suo ambito, i prodotti commerciali cambiano il loro mezzo di trasporto e prendono le più svariate direzioni geografiche.
Intorno alla “velocità di circolazione” di questi beni – vero e proprio valore aggiunto – nasce, infatti, la competizione tra i grandi sistemi portuali.
Il Tempo è denaro
Questo ormai logoro motto sintetizza, ora più che mai, la “formula economica” che caratterizza il ritmo vertiginoso della produzione industriale ed il suo relativo commercio internazionale.
Da questa prospettiva, il fattore tempo rappresenta il parametro più indicativo, ed è facile immaginare il deprezzamento che può subire qualsiasi tipo di merce che rimanga stivata a bordo di una nave, o che ristagni improduttiva in rada, in banchina, o all’interno degli appositi magazzini, come abbiamo già detto riferendoci solo alla nave.
Gli effetti più immediati sono: la perdita di competitività sul mercato, e quindi di valore.
La presenza effettiva di moderne strutture, infrastrutture e sovrastrutture all’interno ed all’esterno di un ambito portuale, quantifica la sua portata operativa, mentre la modernità che caratterizza la sua organizzazione e la diversificata tecnica degli impianti, misura la sua efficienza.
Portata ed efficienza consentono, tuttavia, l’introduzione di un ulteriore parametro: la capacità di smaltimento del traffico in un dato periodo di tempo. Questo parametro è già in uso da molto tempo nei più trafficati Aeroporti civili del mondo.
A rendere significativo questo elemento contribuiscono, sia la tecnologia avanzata, meglio nota con il nome di telematica, sia il fattore umano legato alla professionalità del personale.
L’insieme di questi fattori qualifica, in definitiva, l’importanza commerciale di un porto ed influisce, come una qualsiasi offerta di servizio, sulle scelte dell’utenza, tutt’altro che insensibile, naturalmente, anche ai costi d’esercizio.
GENESI DI UNA MODERNA TORRE DI CONTROLLO
Nel primo dopoguerra, su entrambe le sponde dell’oceano Atlantico, i vincitori del conflitto, disponendo del giusto entusiasmo e di notevoli mezzi finanziari, poterono realizzare, a dire il vero con occhio lungo, la costruzione d’imponenti Torri di controllo per gli atterraggi navali.
Gli Anglo-Americani non fecero un gran sforzo di fantasia, ma capirono, già d’allora, la necessità di adottare la stessa filosofia funzionale, sperimentata dall’Aviazione militare e civile. Le nuove Torri di Controllo nacquero quindi con l’obiettivo strategico di realizzare una moderna regolazione dei crescenti flussi navali da e per l’Europa, in quel tempo affamata ed interamente da ricostruire e rilanciare.
Già dai primi anni ’80 chi vi parla, per ragioni familiari e per pura curiosità professionale, aveva visitato, fotografato e studiato le Torri di Controllo dei principali porti del Nord Europa. Le relazioni tecniche che ne seguirono, ottennero l’effetto di sensibilizzare le Autorità competenti del Porto di Genova sul gap tecnologico che vedeva i Piloti genovesi confinati ai margini della più avanzata portualità internazionale.
Dal punto di vista dei Piloti, il seme di un’avveniristica Torre di Controllo era stato gettato. Passò qualche anno e la ripresa dei traffici aumentò di pari passo con la stabilità politica e l’organizzazione amministrativa del Porto.
Torre di Controllo dei Piloti del Porto di Genova
1996
La serie fotografica dell'autore, che segue, mostra le fasi “salienti” della sua costruzione
Si gettano le basi
Gettate le fondamenta, la nuova Torre comincia a salire
Abbiamo appositamente affiancato queste due foto per evidenziare l’angolo dello stesso porticciolo dei Piloti dove ha iniziato a salire la Torre di Controllo del traffico.
Montaggio dei moduli abitativi (Servizi, Uffici e Cabine)
La Torre di Controllo dei Piloti è terminata
Dall’alto dei suoi 55 metri, dal 1997 simboleggia il fiore all’occhiello, nonché l’anello strutturale e tecnologico che pone il Porto di Genova tra gli empori più importanti del mondo.
La T.C. rappresenta, nella realtà portuale moderna, la cabina di regia, il cervello operativo, il punto di contatto di tutti i soggetti presenti nel sistema, che intendono effettuare operazioni commerciali.
La T.C. è pertanto lo strumento che, in ultima analisi, dà il via alle varie fasi operative, determina il ritmo produttivo del porto, razionalizza l’impiego dei servizi, elimina i tempi d’attesa, velocizza la rotazione dei vettori in uscita ed in entrata, disciplina le direttive, le molteplici informative ed infine stabilizza e regola l’intera movimentazione navale sulla base di un unico e affidabile concetto di sicurezza.
Dall’abilità dei suoi operatori, nel coordinare e snellire i flussi navali, utilizzando al meglio le risorse disponibili in un dato momento, si può comprendere, ora, il significato della “capacità di smaltimento del traffico” di cui si è accennato all’inizio.
PILOTI IN AZIONE
di John Gatti
"Il Pilota procede per l'imbarco"
L’azione combinata tra la Torre di Controllo ed i Piloti a bordo di navi in movimento, garantisce il miglior compromesso tra velocità, intesa come risparmio di tempo, e sicurezza, non inquinata da interessi personali: è sempre privilegiata l’azione dinamica più agile e sicura a vantaggio di tutti.
Queste foto illustrano alcuni momenti dell’attività di pilotaggio, focalizzando in modo particolare gli aspetti relativi all’intensità del traffico ed alla sua fluidificazione. Si cerca di raffigurare, per quanto possibile, alcuni aspetti poco conosciuti al di fuori dell’ambiente marittimo. Ci si riferisce alle manovre di navi petroliere o portacontenitori in acque ristrette, ad esempio, oppure alle condizioni in cui si opera durante le frequenti tramontanate o libecciate.
Le immagini, quindi, mostreranno la ristrettezza delle aree e dei passaggi. Alcune foto di navi nel “tempo cattivo”, inoltre, renderanno facilmente intuibile la presenza del pilota, anche se non evidenziata fisicamente.
“Il Pilota é imbarcato”
E. ANDREATTA
Hai detto in precedenza che l’infarto è la malattia professionale dei Piloti e che alcuni piloti finiscono addirittura in mare. So anche che tu sei andato in pensione, con due anni d’anticipo, per un incidente. Puoi raccontare soltanto un episodio per capire meglio come può accadere?
Gli attimi che intercorrono nel trasbordo pilotina/nave sono particolarmente delicati. Purtroppo non vi sono fotografie che mostrano queste azioni compiute in condizione di mare agitato o scattate nel momento in cui si fronteggia un imprevisto; per cercare di aprire una finestra che possa mostrare un punto di vista più realistico, narrerò un episodio, accaduto alcuni anni fa ad un pilota, durante la delicata fase d’imbarco.
Inverno 1996. Tarda mattinata. Un vento teso da Sud Est alza onde di qualche metro che la pilotina fende con tranquillità. Una grossa nave portacontenitori, la Gulf Spirit, procede verso il punto dove il comandante G. Moreschi. La chiusura della giacca, l’accensione del VHF portatile, i guanti, il berretto: mentre il pilota completa le operazioni di routine, la pilotina accosta avvicinandosi alla nave sul lato a ridosso. La portacontenitori scarica, mostra una fiancata particolarmente alta. A metà biscaglina un’apertura consente l’entrata a scafo.
La pilotina si affianca in velocità, il comandante Moreschi è già sulle griselle, pronto per il trasbordo. Spinto velocemente verso l’alto da un’onda, il motoscafo raggiunge la cresta e si ferma per un attimo, permettendo al pilota di passare velocemente da una scaletta all’altra. La pilotina ricade, assecondando i movimenti del mare, mentre il comandante Moreschi s’impegna in un’arrampicata veloce per levarsi dal pericolo dell’imbarcazione che risale, sfilando velocemente lungo la fiancata.
A questo punto l’imprevisto: una rollata porta la biscaglina ad immergersi e una bitta del motoscafo l’aggancia, tirandosela dietro. Ignaro di quanto accaduto il pilotino aumenta la velocità. E’ un attimo! la biscaglina si allarga dalla fiancata catapultando il comandante al di là dell’ imbarcazione stessa.
L’acqua fredda lo accoglie, ma nonostante tutto resta tranquillo, almeno fino a quando non si rende conto che la grossa elica, uscendo a tratti dall’acqua per effetto del beccheggio, lo sta risucchiando inesorabilmente. Cerca di aggrapparsi allo scafo in tutti i modi. Inutilmente. Dopo alcuni interminabili secondi scompare sott’acqua. L’impotenza fa crescere il panico mentre avverte distintamente le falciate delle pale e le vibrazioni del motore. Lo salva l’ufficiale di guardia alla biscaglina trasmettendo, con il VHF portatile, l’allarme al ponte di comando. La macchina viene fermata appena in tempo. Il comandante Moreschi ha continuato l’avventura subacquea finendo tra l’elica ed il timone, riuscendo a respirare nei momenti in cui la trappola affiorava tra le onde. Dopo alcuni minuti si riesce a sfilare, riemergendo dal lato opposto miracolosamente illeso.
Il comandante G. Moreschi durante una manovra (foto C.Gatti)
Questa è soltanto una tra le disavventure che purtroppo accadono di tanto in tanto. Diversi piloti sono caduti in mare; qualcuno si è rotto le gambe, qualcun altro una spalla. Uno addirittura, rimanendo schiacciato tra la pilotina e lo scafo di una nave, si è spezzato le ossa di tutte e due gli avambracci.
(Riferimento al pilota G.Oddera compagno d’Accademia di E.Andreatta)
Occorre pazienza per aspettare il momento giusto e concentrazione per non sbagliare l’azione dinamica. La notevole abilità dei pilotini alla guida dei motoscafi è decisiva. Consente, infatti, di ridurre al minimo i rischi che nel corso degli anni inevitabilmente si corrono.
Nelle giornate di cattivo tempo l’avventura comincia con l’imbarco e prosegue con il susseguirsi di manovre in spazi spesso molto ristretti, mentre si cerca di controllare la nave tra il vento e la corrente.
Libecciata
La sequenza illustra l’avvicinamento della pilotina alla carboniera “Formosa Trident.”
Un pilota durante lo sbarco
Passaggio dalla biscaglina alle griselle della Pilotina
(foto J.Gatti)
Scalate con tempo buono (Foto C.Gatti)
L’esperienza, l’abilità e l’esecuzione in sicurezza della manovra navale sono la sintesi dell’arte marinara, il compendio delle qualità di un buon pilota. Un mestiere difficile e lento da apprendere, la cui formazione avviene soprattutto per esperienza. Si acquisisce giorno per giorno, manovrando beni preziosi in mezzo ad altri beni preziosi, implicando, di volta in volta, numerose vite umane: tutte appartenenti a categorie diverse, che insieme contribuiscono al regolare svolgimento del carosello portuale. Troviamo coinvolti i rimorchiatori, che temono le smacchinate ed i cambiamenti improvvisi di manovra; gli ormeggiatori, costretti ad operare nei punti dove il rischio è maggiore: lavorano vicino alle eliche delle navi, dove il pericolo di rovesciare i loro battelli è sempre presente, oppure a contatto di cavi che per errore o fatalità si possono spezzare con estrema facilità. Anche gli equipaggi, che rappresentano l’anello di giunzione tra il porto e la nave, sono partecipi sia delle operazioni che dei rischi. Vi sono poi le gru, le altre navi, le banchine, il traffico minore, ecc.
ESEMPI DI GIGANTISMO NAVALE
Gigantismo del 1954 (A.Doria e C.Colombo)
Gigantismo degli Anni ’70 (Michelangelo e Raffaello)
Il Gigantismo del Nuovo Millennio
Nave passeggeri di ultima generazione in uscita dal Porto
ORMEGGIO DI UNA SUPERPETROLIERA ALL’ISOLA DI MULTEDO
(Oil Discharging Platform)
Una “Agip” a Genova
Allibo di Petroliere giganti
Il Pilota A. Cavallini é sbarcato da una Portaelicotteri USA a Genova
MANOVRE PARTICOLARI
LE IMMAGINI CHE SEGUONO SI RIFERISCONO ALL’ENTRATA
DELLA TALL SHIP “SIMON BOLIVAR”
(foto C.Gatti)
Giancarlo Cerutti: un pilota nella Storia
La Haven Brucia
I rimorchiatori in lotta contro il fuoco
La Haven Affonda
C.Gatti in servizio nel giorno dell’affondamento della Haven
La ciminiera del relitto della petroliera Haven sul fondale di Arenzano
Ecco come si presenta oggi Il Ponte di Comando della Haven
Un sub pinneggia dietro il ponte di Comando
I Comandanti ANDREATTA (RAI) E GATTI (Pilota Cerruti) leggono la seguente intervista che ebbe luogo in TV dopo l’affondamento della HAVEN
RAI: - Torniamo a quei drammatici momenti e ci ritorniamo con il comandante Giancarlo Cerutti, pilota del Porto di Genova, che fu il primo ad arrivare con la pilotina sul luogo dell’esplosione e riuscì a salvare molti naufraghi tra le fiamme.
- “Comandante Cerutti, come ricorda quei momenti?”
- Pilota: “Io ero in servizio al Porto Petroli di Multedo. Alle 12.35 ho captato in VHF il segnale MAY-DAY (segnale di pericolo e bisogno di soccorso) da parte di una nave e subito dopo il messaggio in chiaro: “I have fire on board” (ho un incendio a bordo).
- RAI: “ C’era stato un incendio prima dell’esplosione a bordo?”
- Pilota: “Noi alle 12.35 abbiamo captato questo segnale ed un attimo dopo ho chiesto il nome della nave. Il Comandante mi ha detto il nome della nave:
“ HAVEN “
E mi ha ripetuto: “I have fire on board”.
Con il timoniere sig. Elvio Parodi siamo subito partiti con la pilotina a tutta forza verso la rada”.
- RAI: “Quanto tempo ci avete impiegato?”
- Pilota: “Quindici minuti. Alle 12.50 eravamo sottobordo”.
- RAI: “Che cosa avete visto?”
- Pilota: “C’era un enorme incendio a prora e dei focolai d’incendio sotto il ponte di comando a poppa. Il ponte di coperta, al centro, sembrava indenne, nonostante fosse spazzato dal vento di tramontana e quindi da lingue di fuoco.”
- RAI: “Lei ha visto i naufraghi gettarsi in mare?”
- Pilota: “No. Quando noi siamo arrivati sottobordo alla “Haven”, in mare non c’era nessuno. Parlavo via radio con il Comandante che era probabilmente sul ponte di comando della nave e mi aveva richiesto l’invio di elicotteri per salvare l’equipaggio.
Allora io mi sono messo in contatto con la Direzione del Porto Petroli di Multedo e con l’Autorità Marittima. Loro hanno provveduto. Io avevo anche consigliato di far venire gli elicotteri della Marina Militare dalla base di Luni”.
- RAI: “Ma poi non c’è stato il tempo?”
- Pilota: “Si. Poi sono arrivati. Però abbiamo costatato che se gli elicotteri fossero già stati in zona, non avrebbero potuto lavorare al di sopra della nave perché ormai l’incendio era troppo vasto e lavorare in hovering significava far bruciare gli elicotteri. Allora ho consigliato al Comandante di ammainare le lance di salvataggio ed erano le 12.51. Poi d’accordo con il timoniere abbiamo fatto il giro intorno alla nave, alla ricerca di eventuali naufraghi, ma in quel momento in mare non c’era nessuno.
Alle 12.53, mentre ero in contatto radio con il Comandante, c’è stata una tremenda ESPLOSIONE.
Ci è parso che la nave si fosse spaccata in due. In un attimo pezzi di lamiera incandescente furono scagliate come palle di fuoco, con traiettorie orizzontali e velocissime, a pochi metri dalla pilotina.
Da quel momento non sono più riuscito a parlare con il Comandante.
La nave era stata avvolta da una nuvola di fumo da prora a poppa”.
- RAI :“ I marinai si sono buttati in mare?”
- Pilota: “Con la pilotina ci siamo diretti verso la poppa della nave”.
- RAI: “C’era già il crude-oil in mare?”
- Pilota: “Soltanto dopo l’esplosione a prora è fuoriuscito il prodotto incendian-
dosi in mare. Noi siamo andati a poppa perché abbiamo supposto che l’equipaggio, per salvarsi, si sarebbe tuffato in mare da poppa. Infatti siamo riusciti a raccoglierne diciotto. Purtroppo, tre li abbiamo visti bruciare a cinque metri dalla pilotina. Tra noi e loro c’era un muro di fuoco. La nostra pilotina stava quasi affondando sotto il peso di 20 persone. I 18 naufraghi erano feriti e sotto shock.
Purtroppo non c’è stato niente da fare”.
- RAI: “Il Comandante, lei non lo ha più sentito?”
- Pilota: “No! Il Comandante non l’ho più sentito. Probabilmente è morto quando c’è stata l’esplosione e la comunicazione radio (VHF) si è interrotta”.
- RAI: “Ringraziamo il comandante Cerutti per questa rievocazione che ci ha
Riportato a quei momenti veramente drammatici per la nostra città”.
A seguito di questi fatti fu concessa la:
MEDAGLIA D’ORO AL “VALORE DI MARINA”
Al Pilota Giancarlo Cerutti
Al timoniere Elvio Parodi
Con molto piacere riporto qui di seguito il commento del Comandante Nunzio Catena che, con il suo linguaggio “marinaro”, mi riporta agli anni della mia giovinezza... ed é musica per le mie orecchie! Lo ringrazio per i suoi apprezzamenti verso la categoria dei Piloti che per lunga tradizione ha fatto sempre “corpo unico” con gli amici Comandanti nella consapevolezza che loro, e solo loro debbono sopportare il peso della ‘spedizione navale’. La manovra é il momento più delicato del viaggio, quando gli spazi si restringono ed il traffico rende difficile l’approaching in banchina. E’ in questa fase delicata che Comandante e Pilota, unendo le loro esperienze, compiono operazioni sempre più difficili in tempi di manovra sempre più brevi. TIME IS MONEY. Questo é lo slogan urlato dai terrestri dietro gli SCAGNI portuali, ma Piloti e Comandanti sanno più di tutti gli altri operatori cosa sia la SICUREZZA della manovra. Lasciateli lavorare......!
Carlo Gatti
Quando spuntava dal porto la Pilotina, con il suo inconfondibile colore bianco e nero, con la sua "P" e la bandierina "H” era il momento atteso da tutti; il Comandante tirava un sospiro di sollievo, in mezzo al traffico in entrata e in uscita. Ultimo problema, cercare di fare ridosso alla pilotina, specie con mare mosso. L'equipaggio, finalmente in porto e nei paesi civili (già 50 anni fa), il Pilota portava la posta e i giornali con le ultime notizie! Ricordo poi, all'arrivo a Genova, gli occhi puntati sulla Lanterna, perché da lì ci comunicavano a lampi di luce (lampada Aldis, perchè all’epoca non avevamo il VHF). Quante cose vorrei ancora dire, ma é difficile nel poco spazio disponibile. Mi concedo solo due considerazioni:
1) Mi chiedo, chissà se il Com.te Schettino, tra un parrucchiere e l'altro, o tra una lampada, (non Aldis!) e l'altra, ha avuto tempo di leggere o guardare solo le immagini delle difficoltà che incontra il Pilota, solo per salire con la biscaglina a bordo di una nave, e sopratutto scendere con mare mosso, quando, trasformandosi da vero trapezista, aspettando che la pilotina arrivi sulla cresta dell'onda, approfittando dell'istante in cui la barca rolli verso di lui e (forse, raccomandandosi l'anima a Dio) lascia la biscaglina e si lancia sulle ‘griselle’ della pilotina! Bene, la giornata per lui non è finita lì, perchè quel giorno, durante il suo turno, il Pilota, ne farà molte di quelle operazioni! Ora, se si pensa che il Com.te Gatti, relatore della conferenza, questo lavoro lo ha svolto onorevolmente fino alla età della pensione, sembra paradossale che un baldo giovane Comandante (Schettino-n.d.r.) che, giustamente tiene alla propria immagine (anche perchè sarà una delle caratteristiche più importanti nella scelta dei candidati), non sia stato in grado di salire quella biscaglina sul mascone di prora, dove in alcuni tratti era possibile salirla senza l'aiuto delle mani!
2) Per chi, amante del mare, ha avuto la "fortuna", di navigare navi ricostruite da due tronconi di navi affondate a mille miglia di distanza, Liberty, e similari, ed ha ancora potuto assaporare quello che c'era ancora di romantico ed avventuroso in quella vita. Quando a bordo c'erano di sicuro solo la bussola magnetica, sestante e cronometro (radar e giro erano degli optional) e da Allievo Ufficiale i calcoli dovevano essere risolti con le tavole logaritmiche, perchè all'esame per il ‘Patentino’ (dopo 30 mesi di navigazione, ridotti poi a 18), non erano ammesse ‘tavole’ di calcolo diverse. Quando poi, finalmente si ottenne il Comando di una nave ho provato quelle sensazioni che il Com.te Gatti (ottimo scrittore, ma anche buon psicologo), ha descritto su un altro suo articolo, a proposito della simbiosi tra Com.te e la sua nave. Quando per esempio stai arrivando vicino alla banchina, con un po’ d’abbrivo in più, il motore indietro tutta, mentre tutto vibra e rattrappisci le dita dei piedi come se volessi frenare, e Lei ti ubbidisce! È lo stesso rapporto tra il cavaliere ed il suo cavallo in una gara ad ostacoli. Dopo tutto questo, a conclusione di una carriera manca ancora la parte più bella:
La MANOVRA. Capisco perfettamente tutto quello che minuziosamente è descritto come “necessario” per riuscire a fare il Pilota. Ma riuscire a manovrare altre navi con le poche informazioni date dal Com.te (elica destrorsa o sinistrorsa, motore o turbina e poco altro), anche se con l'aiuto di rimorchiatori, eliche trasversali, ecc., è come riuscire a cavalcare, in una gara ad ostacoli, tutti i cavalli che hanno partecipato, come, e forse meglio, dei propri fantini...Per questo li ho sempre invidiati!
Comandante C.l.c. Nunzio Catena