RICICLARE LE NAVI. Business di domani?

RICICLARE LE NAVI

il business di domani ?

 

 

La “Blue Lady”, nave passeggeri in disarmo e destinata alla demolizione, ha vissuto tempo fa un'odissea seguita da tutto lo shipping internazionale. Quell'unità infatti era stata in passato il mitico transatlantico “France” e poi la prima meganave da crociera dei Caraibi, la “Norway”.

 

 


 

La "Blue Lady", ex "Norway", ex "France"

 

Prima di essere definitivamente accettata dagli impianti demolitori, la "Blue Lady" è passata attraverso varie vicissitudini ambientali, allungando così la sua agonia. Finalmente, giunta in India, le autorità avevano acceso, dopo molti accertamenti, il semaforo verde per il suo insabbiamento e la conseguente demolizione. Si voleva essere sicuri cioè che i materiali tossici contenuti a bordo non fossero pericolosi nè per il personale demolitore, nè per l'ambiente di lavorazione. La nave conteneva infatti grosse quantità di amianto e PCB, una neurotossina prodotta da materiali isolanti e fortemente inquinanti, usati negli anni '70 ed ora banditi dalle varie regolamentazioni internazionali.

 

A prima vista, sembrava un'incongruenza che una nave con quel glorioso passato fosse foriera di prodotti tossici e pericolosi. Per aggiornare i lettori su questo punto, entriamo in uno dei comparti più sconosciuti ma attuali dello "shipping": la demolizione navale.

 

 

Demolire o “riciclare” una nave

 

A volte, capita d'osservare le struggenti fotografie delle navi in agonia sulle spiagge orientali. Il loro inesorabile smembramento strappa sempre qualche lacrima ai marittimi che vi avevano lavorato a bordo. Si dice: "la stanno demolendo". E' vero, ma la “nostra vecchia nave”, continua ad essere utile alla comunità con il reimpiego delle sue parti costruttive; viene sì demolita, ma riciclata. Questo processo la nomina quindi fattore importante dello sviluppo sostenibile globale.

 

 

 

I principali riutilizzi della nave e dei suoi componenti (sovrapponi il mouse per individuarli)/The major recyclings of ship items

 

Pratici esempi del riciclaggio sono gli alberghi galleggianti, oppure le attrazioni turistiche o le barriere sommerse artificiali. Inoltre, le sue parti vengono riusate nelle varie industrie delle costruzioni o dei containers; i generatori e le batterie vengono riciclati nelle realtà locali; poi gli arredamenti, che vanno nelle case di riposo, alberghi; gli idrocarburi vengono riconvertiti in oli vari. Da notare inoltre che, per forgiare i metalli riciclati, c'è bisogno solo di un terzo dell'energia usata per crearne nuovi. Si potrebbe dire insomma, che nel demolire le navi, quasi niente si riduce in rifiuti dannosi per le persone e l'ambiente.

 

Ma è davvero così?

 

I materiali delle navi, pericolosi all'uomo e all'ambiente

 

Per capire se tutti i materiali tossici di una nave demolita vengono propriamente riciclati, bisogna prima individuarli. In linea generale sono: l'amianto usato per isolamento, le acque di zavorra segregate da tempo, i refrigeranti dei motori, i vari prodotti chimici, le pitture, le leghe usate nei metalli di costruzione, gli oli e comustibili vari, le batterie, i residui del carico, i liquidi di trattamento delle caldaie, gli agenti chimici del materiale antincendio, bombole di gas vari, le acque di scarico.

 

 

 

I materiali inquinanti solitamente presenti sulle navi/The usual polluting items on board ships

 

Secondo quanto detto prima, questi prodotti dovrebbero essere tutti riciclati opportunamente, cioè elaborati adeguatamente da personale addetto e indirizzati a nuovi circuiti di economie. Continuiamo la nostra analisi.

 

La vita di una nave e i suoi artefici

 

Come è noto, una nave nasce in cantiere ed è costruita secondo i severi criteri internazionali di compartimentazione, sicurezza ed antinquinamento. Solitamente è commissionata da un “armatore iniziale” che ne cura i servizi commerciali nel tempo, fino a che la nave verrà dichiarata “pronta per la demolizione” (dopo circa un ventennio, per le navi di media grandezza). A questo punto, l'unità viene ceduta ad un “armatore finale”, il quale la appronta per la sua demolizione e la cede quindi all'impianto finale di riciclaggio. Da notare che, molti armatori tradizionali, per questioni di mercato, preferiscono vendere la nave vecchia ad un “armatore finale”, esperto in demolizioni, il quale poi la cederà all'impianto di riciclaggio. La scelta di quest'ultimo resta quindi dell'armatore finale. Di conseguenza, si può ragionevolmente dedurre che, passando la nave in troppe mani, si perdono tutte le informazioni primarie sui materiali colla quale era stata costruita e gestita.

 

 

 

I principali protagonisti dell'esistenza di una nave/The main protagonists of the ship's life

 

Secondo alcuni, l'industria navale in genere dovrebbe essere in primis l'entità più responsabile del riciclaggio di una nave, poichè da essa parte l'intenzione di “metterla al mondo” e di beneficiare dei suoi profitti. Secondo il principio che “chi produce un rifiuto, deve provvedere al suo smaltimento”, la nave dovrebbe essere seguita e controllata per tutta la sua esistenza dai suoi utenti e dalle entità preposte, così da diminuire la presenza di materiali tossici durante il suo servizio e durante la sua demolizione o quantomeno tenerli sotto controllo.

 

Cosa dicono le leggi

 

La Convenzione di Basilea del 1992 è quella che regola la gestione dei rifiuti prodotti in maniera globale. Se è osservata, è efficace, ma non basta. Essendo la nave, una realtà atipica, si deve affrontare nel dettaglio la sua proprietà di “gestire i propri rifiuti ed essere essa stessa un possibile rifiuto”. Inoltre, la Convenzione di Basilea si riferisce a realtà europee e non tiene conto dei molteplici regolamenti internazionali ai quali è soggetta una nave.

 

 

 

Webpage della Convenzione di Basilea sullo smaltimento dei rifiuti (clicca per consultarla)/Webpage of the Basel Convention

 

Ecco quindi l'IMO (l'Organizzazione Internazionale Marittima), con la Risoluzione A.962(23), che contiene le “raccomandazioni” sulla gestione dei materiali tossici usati per costruire e fruire una nave. Queste raccomandazioni, nel biennio 2008-09, dovrebbero divenire leggi esecutive, cioè da "raccomandazioni" si trasformeranno in "convenzione".

 

 

 

Webpage dell'IMO, sulle raccomandazioni del riciclaggio delle nave (clicca per consultarla)/Webpage of the IMO

 

Le regolamentazioni esistenti in questo campo hanno prodotto pochi benefici, soprattutto perchè è complicato mettere d'accordo tutti gli utenti interessati su un argomento che, sottoforma di prevenzione, mette loro le mani in tasca. Questo conduce attualmente alla libera gestione dei rifiuti prodotti da una nave in demolizione: si possono trovare infatti paesi che applicano norme diversificate rispetto ad altri, le quali possono aderire più o meno alle convenzioni suddette.

 

L'intenzione dell'IMO è appunto quella di realizzare un sistema standard (tipo Safety Management System per la sicurezza o Codice ISPS per l'antiterrorismo). La sua applicazione globale cioè, non interessa solo le navi, ma anche i cantieri, gli armatori, gli operai, i fornitori, le autorità, gli assicuratori e quantaltro. In un primo riscontro, il suo obiettivo, sia nel metodo che nel merito, potrebbe però apparire difficile da raggiungere.

 

Vediamo, qui di seguito, alcuni passi della risoluzione dell'IMO:

 

La nave deve essere costruita e gestita con il famoso principio della “tolleranza zero”. Cioè l'unità deve già essere impostata nella sua struttura con materiali non tossici per le persone e per l'ambiente nella quale opera. Nel caso che, certi materiali debbano essere “per forza” usati, se ne farà propriamente cenno su un documento aggiornato che accompagnerà la nave in tutta la sua esistenza, il “passaporto verde”. Il passaporto conterrà l'inventario dei componenti a rischio e la loro posizione a bordo. Alla stessa manierà sarà disciplinato l'uso e lo smaltimento dei rifiuti durante la vita operativa della nave. Una volta controllata l'unità dagli enti ed autorità preposte, l'IMO regolerà la qualità del cantiere di demolizione: cioè se è in grado di accettare e trattare l'unità a seconda della tipologia della sua demolizione o se invece reindirizzarla in altro cantiere se non in possesso dei requisiti necessari.

 

Inoltre, il cantiere di riciclaggio, deve prendere tutte le precauzioni per neutralizzare l'impatto ambientale sulle persone e sulla natura ed essere in possesso di tutte le informazioni possibili sulla nave (passaporto verde, piani, eccetera).

 

Conclusione

 

Il punto più significativo del nostro discorso è rappresentato dal fatto che oggigiorno, le informazioni complete sulla vita di una nave sono generalmente insufficienti e questo costituisce un pericolo nelle varie fasi di demolizione. Inoltre, senza impianti di riciclaggio adeguati, si rischia di rigettare i rifiuti tossici a contatto dell'ambiente e delle persone.

 

Un'altra considerazione, economica, riguarda la gestione d'impianti in paesi in via di sviluppo: gli stessi dovrebbero essere messi in condizione di avere attrezzature adeguate per questi processi e la comunità internazionale, secondo certi, dovrebbe facilitar loro i costi d'importazione dei macchinari necessari.

 

 

 

Il sito di GreenPeace, divenuto un interlocutore fondamentale nelle prossime conferenze sulla salute dei nostri mari (clicca per accedere)/Webpage of GreenPeace

 

 

Da come s'intende dalle precedenti righe, lo sforzo necessario per raggiungere l'obiettivo di mantenere pulito il nostro pianeta sta diventando immane, ma se solo dovessimo concludere, sorridendo, che ciò è impossibile, non faremmo altro che gettare la spugna ed accettare quel lento processo di devastazione del clima globale che è già stato intrapreso inesorabilmente. Se invece, l'obiettivo della risoluzione IMO dovesse concretizzarsi, s'aprirà, di conseguenza, un business nuovo che, oltre a ricchezza, porterà una salute migliore al nostro pianeta.

 

 

Testo e grafica:

Com.te Bruno Malatesta

Rapallo, 30 Maggio 2014

 

 

 


LE CARTE NAUTICHE VANNO IN PENSIONE

LE CARTE NAUTICHE TRADIZIONALI VANNO IN PENSIONE

Il Comandante Mario Terenzio Palombo sulla nave "Costa Fortuna"

 

Comandante carismatico della Costa Crociere, Mario Terenzio Palombo é spesso citato come protagonista di quella storia marinara che parte dai segreti della vela “carpiti” a nonno Biagio, armatore di un pinco-goletta, ed arriva fino ai giorni nostri, con l’assoluta padronanza delle moderne tecnologie installate sulle grandi navi da crociera che lui stesso ha allestito e poi comandato. Conoscendo la chiarezza espositiva e la capacità di sintesi del Comandante Mario T. Palombo, gli abbiamo rivolto alcune domande sul prossimo STEP tecnologico che si sta delineando all’orizzonte della “Marineria Mondiale”: la sostituzione delle millenarie  “Carte Nautiche” con quelle elettroniche.

 

Carta Pisana. Secolo XIII o XIV, probabilmente realizzata a Genova, Carta del Mediterraneo, Parigi - Mappamondo.

 

Carta nautica tradizionale

Comandante Palombo, le “Carte Nautiche” tradizionali stanno per andare in pensione e saranno sostituite dall’ultima novità tecnologica: le “Carte Elettroniche” e l’ECDIS (Electronic Chart Display and Information System). Quando avverrà il passaggio di consegna?

 

 

- Mi risulta che le Carte Nautiche Elettroniche e L’ECDIS, diventeranno obbligatorie a partire dal 1 Luglio 2014. Gli Ufficiali delle navi passeggeri stanno già effettuando i corsi di aggiornamento che saranno poi indispensabili per l’imbarco (Operatore ECDIS).

 

 

Questo nuovo modo di navigare coinvolgerà solo l’élite delle navi passeggeri, oppure il sistema sarà esteso a tutte le navi?

 

 

- Tutte le navi passeggeri esistenti e quelle in costruzione, a partire da quella data, dovranno essere dotate dell'ECDIS e dovranno avere un sistema di Carte Elettroniche approvate. Gradatamente, anche tutti gli altri tipi di navi si adegueranno al nuovo modo di navigare.


The Raytheon Anschütz Synapsis ECDIS is a high performance Electronic Chart Display and Information System (ECDIS). With its enhanced functions, ...

I due sistemi avranno un periodo di “convivenza” ?

 

- Le carte “di carta” non spariranno subito, ma una volta che le navi saranno “full ECDIS”, e saranno dotate di DUE sistemi ECDIS (uno di riserva all'altro), allora, a quel punto non si avranno più carte di “carta”, e di conseguenza “spariranno” anche le squadrette da carteggio, matite e compasso.

Sala nautica della T/n Michelangelo. Notare il Tavolo da Carteggio e i 10 cassettoni delle carte nautiche. Sullo sfondo il Ponte di Comando.

Comandante, per capirne realmente i vantaggi, sarà necessario entrare un po’ più nel dettaglio dell'operazione?

 

 

- Con questo nuovo sistema c’è il grande vantaggio che,  per pianificare un viaggio da un porto all’altro, con rotte varie e relative distanze, lo si farà in pochi minuti, mentre prima si doveva consultare l’Atlante Geografico delle Carte Nautiche, tracciare le rotte sulle stesse, dopo averle estratte dagli appositi cassetti e dispiegate sul tavolo da carteggio, misurando le miglia con il compasso. Altro vantaggio è che la carta nautica elettronica (ENC Electronic Navigation Chart), avendo fedeltà e completezza, permetterà una selezione dei dati presentati in relazione alla scala impiegata nel momento. Inoltre, avrà l’aggiornamento periodico dei dati, come avviene negli attuali avvisi ai naviganti.

Electronic navigational chart (NOAA)

 

 

Le carte nautiche elettroniche saranno compilate dai vari Istituti Idrografici, sulla base delle carte esistenti?

- Esatto! Dovrebbero essere distribuite dal famoso Istituto dell’Ammiragliato Inglese (Admiralty), ma si utilizzerebbero carte nautiche degli Istituti Idrografici di tutto il mondo, che le "darebbero in uso" all'Admiralty.

 

Può specificare meglio?

- Funzionerebbe così:  L'Admiralty, dovrebbe pensare a "raccogliere" tutti gli aggiornamenti e a distribuirli insieme alle carte elettroniche. Il sistema memorizza la posizione ogni minuto e può memorizzare le posizioni almeno per 12 ore, o fino a 90 giorni. Nel caso il GPS non funzioni, si potranno mettere i punti nave con "rilevamenti" elettronici e distanze presi dal radar oppure ottici, e si potranno memorizzare sulla carta elettronica, e là rimarranno fino a che non si cancelleranno. Il sistema, come tutti gli strumenti di navigazione, dovrà funzionare sulla rete di emergenza (alimentazione dal quadro di emergenza).

 

Comandante Palombo le rivolgo l’ultima domanda. Non mi risulta che gli Istituti Nautici Italiani riescano a tenere il passo con le nuove strumentazioni di bordo. Qual’é il suo parere?

 

- E’ un vero peccato che gli Istituti Nautici  italiani non siano attrezzati ad insegnare questo sistema. Gli stessi professori dovrebbero fare dei corsi e poi mancano gli strumenti.

Comandante Palombo, lei ha calcato per oltre quarant’anni i Ponti di Comando delle più grandi “navi da crociera” che hanno solcato i sette mari, studiando e frequentando corsi di aggiornamento nei maggiori porti del mondo, con risultati eccellenti, per arginare l’avanzata della tecnologia. Che sensazione le dà vedere andare in pensione pezzi importanti della storia navale, ma anche di quella nostra personale?

 

- Navigare adesso é completamente diverso, questi nuovi sistemi sicuramente contribuiranno ad aumentare il livello di sicurezza dell’andare per mare, ma oltre all’elettronica, secondo me, ci vorrà sempre l'occhio esperto del marinaio perchè la moderna tecnologia non sarà MAI superata dall’ARTE DEL NAVIGARE.

 

 

PAROLE SANTE! Grazie Comandante per la sua disponibilità!

 

Carlo GATTI

 

Rapallo, 20 Aprile 2014

 


EMMA MAERSK - I Giganti del Mare

I GIGANTI DEL MARE

EMMA MAERSK

 

Descrizione generale

Tipo

Portacontainer

Proprietario/a

Maersk Line

Costruttori

Odense Staalskibsværft Shipyard

Cantiere

Odense Olanda

Impostata

20.01.2006

Varata

18.5.2006

Entrata in servizio

8 settembre 2006

Caratteristiche generali

Stazza lorda

170.794 tsl

Lunghezza

397 m

Larghezza

56 m

Pescaggio

16 m

Propulsione

Wärtsilä-Sulzer 14 RT96Cflex

14 cilindri, 1 elica, 102 rpm

Velocità

24 nodi

Capacità di carico

11.000 TEU

Equipaggio

13

La Emma Maersk è una nave porta-contenitori.

Al momento del varo (18.5.2006), era la seconda nave più grande mai costruita al mondo dopo la superpetroliera Knock Nevis (smantellata in India nel 2010). La E.M. Opera sulla linea Ningbo, Xiamen, Hong Kong, Yantian, Tanjung Pelepas, Algeciras, Rotterdam, Bremerhaven. Emma Maersk è stata la prima nata della generazione di navi porta container denominata E Class comprendente 8 navi gemelle di dimensioni pressoché identiche (lunghezza 397 metri per 56 di larghezza - capacità di carico di 11.000 TEU calcolati in base al peso) con pescaggio di circa 11/13 metri – Pescaggio massimo: 15,5 metri. Questo ultimo dato rivela il limite ristretto di porti in cui può operare nel mondo a pieno carico.

 

Il 1º febbraio 2013, mentre stava attraversando il canale di Suez diretta in Asia, la nave - con a bordo 13.537 container, di cui 6.425 pieni - ha dovuto interrompere il viaggio a causa di una via d’acqua in sala macchine determinato da una rottura nella galleria dell'asse porta-elica. Giunta a Port Said, dove è stato sbarcato il carico. Il 17 febbraio, il rimorchiatore Fairmount Alpine ha trainato la Emma Maersk verso il porto di Palermo. Qui le operazioni di riparazione presso la Fincantieri prevedono una durata di circa 4 mesi.

- La fortunata commessa rivela innanzitutto l’apprezzata scelta di un Cantiere Italiano da parte della Soc. Maersk, ma anche la posizione geografica di Palermo che si trova al centro del Mediterraneo. Questi due fatti dovrebbero far meditare i nostri governanti sulle scelte strategiche degli investimenti portuali ed attività connesse.

Riportiamo qui di seguito l’avvenimento riportato dalla Stampa locale.

“Arrivata a Palermo la Emma Maersk, 
la portacontainer più grande del mondo

Il 25 febbraio 2013, é arrivata a Palermo la "Emma Maersk", una delle otto più grandi portacontainer esistenti, che sarà sottoposta ad alcuni lavori di riparazione e manutenzione nello stabilimento Fincantieri. La commessa impegnerà l'impianto per quattro mesi, dando una boccata d'ossigeno alle maestranze che da anni si alternano nella cig a rotazione. Almeno quattro mesi di lavoro. "Poca cosa", protestano i sindacati che chiedono di utilizzare il cantiere anche per la costruzione di navi. E pressano il presidente della Regione perchè sia sciolto il nodo della ristrutturazione dei bacini galleggianti: la gara è stata vinta mesi fa dalla Cimolai di Pordenone, ma tutto è bloccato e "i bacini rischiano persino di affondare".

Le dimensioni della nave hanno comportato una delicata operazione di attracco. Secondo quanto riferisce la Guardia costiera, la manovra di avvicinamento e ingresso al molo sta impegnando sei rimorchiatori, due piloti, lo spostamento temporaneo in altre zone del porto di quattro navi e un bacino galleggiante.

Il giorno 13 luglio 2013 é uscita ieri dal porto di Palermo la EMMA MAERSK , una delle otto navi portacontainer più grandi al mondo che è stata riparata ai cantieri navali. La nave è lunga 398 metri e larga 56, con un pescaggio di 15,5 metri.

La Emma Maersk è stata la prima nave oltre i 10.000 TEU di capacità introdotta nel mercato nel 2006. Insieme a altre sette navi gemelle, fa parte della PS-class, una delle più moderne, soprattutto dal punto di vista dell’attenzione agli impatti ambientali. L’ammiraglia ha subito un allagamento in sala macchine ed è stata trainata dal Suez Canal Container Terminal, dov’è stata ormeggiata a seguito dell’incidente.

NOTA SINDACALE:

Grandi numeri, ma poco lavoro, protesta Francesco Foti della Fiom Cgil: "Fino al 2009 questo cantiere garantiva un milione di ore di lavoro, 600.000 delle quali assicurate proprio dalle costruzioni. Diretto e indotto erano pienamente occupati. Adesso siamo diventati 480 con 195 inseriti nella cig a rotazione". Mercoledì è in programma l'incontro alla Presidenza della Regione. "Chiederemo a Fincantieri di implementare la nostra missione produttiva - dice il sindacalista - e alla Regione di intervenire sulla questione dei bacini impantanatasi nelle maglie della burocrazia, mentre stanno affondando: Fincantieri ha compiuto un intervento tampone da quasi un milione di euro per impedire che affondassero".

(25 febbraio 2013)

INTERVISTA:

Il Direttore di Macchina Giuseppe Sorio, socio di Mare Nostrum, ha qualcosa da raccontarci in merito alla Emma Maersk.

“Una nave gemella della E.M. è stata costruita nello stesso cantiere di Okpo (Sud Korea) dove io ho seguito la costruzione dei due traghetti della Moby Lines (Freedom e Wonder) ed è la prima di una serie di 20 unità uguali che i Koreani avevano in programma di costruire per la Maersk-Moeller”.

Parlaci un po’ di questo gigantesco Cantiere Navale coreano.

A Okpo, uno dei bacini ha una capacità di un milione di metri cubi e ci costruiscono contemporaneamente 6 o 7 navi. Allo scadere esatti di 60 giorni il bacino viene allagato, le unità finite vengono trasferite alle banchine di allestimento, le più grandi riposizionate nel bacino per essere completate, e le nuove impostate. Sul posto, avevo l’impressione che tutto funzionasse come un orologio, ora non lo so, ma se devo giudicare dalla loro costante produzione  mi sembra che le cose non siano cambiate affatto. Inoltre hanno un reparto motoristico dove costruiscono i grossi motori e dopo le prove al banco vengono inseriti a bordo in un unico pezzo risparmiando così parecchio tempo.

Mi sembra di capire che hai conservato un ricordo più che positivo di quella trasferta.

Se devo essere sincero, quando arrivai a Okpo  mi sembrava di essere finito su un altro pianeta, ero sballottato più che altro dai ritmi. Ovviamente mi abiutai abbastanza presto  e quando rientrai a casa ebbi la sensazione di scontrarmi con un’altra realtà, quella dei nostri cantieri, e dovetti riabituarmi in senso opposto.

Ricordo che al momento dell’entrata in linea della nave furono espresse molte perplessità sia sul numero ristretto dell’equipaggio, sia sulla logistica di bordo.

“Riguardo l'equipaggio di 13 persone e del trattamento a bordo (cibi pre confezionati, lenzuola di carta, ecc.) per me non è una novità. Già nel 1965, quando navigavo con la Esso, sulle navi in costruzione  si stava già sperimentando questo sistema. Inoltre, esisteva un altro programma sperimentale chiamato Mecamar, in cui parte del personale di macchina e coperta si interscambiavano a vicenda: quelli di macchina, durante le ore di straordinario, andavano in plancia a far pratica al timone, mentre quelli di coperta andavano in macchina a far pratica da fuochisti o ingrassatori. Per quanto riguarda i cibi  pre-confezionati se fossero stati cotti nei forni a microonde, sarebbero stati accettabili....invece, i cuochi dell’epoca li cuocevano nella maniera tradizionale e diventavano immangiabili e usavano i microonde per asciugare la loro biancheria....

Bei ricordi, anche ricchi di humor...! L’equipaggio così ridotto pone dei limiti dei limiti operativi al loro interventi in caso d’avaria, d’emergenza ecc...??

Certamente! Dal momento che a bordo, con un equipaggio così ridotto, non si potevano fare manutenzioni, la Esso aveva creato delle squadre di pronto intervento (operai, motoristi, elettricisti ecc.) che venivano inviate a bordo per fare le manutenzioni ordinarie e qualche volta straordinarie, durante i viaggi da un porto all'altro. Questa Società fece da battistrada a quasi tutte le moderne Società di navigazione che in seguito crearono gruppi operativi che tuttora seguono le navi via terra, ed approfittano delle soste in porto delle loro navi per operare le varie manutenzione. Se i lavori sono importanti, le squadre rimangono a bordo per tutto il tempo necessario.

Ho capito! La nave deve sempre essere operativa, pertanto non può più fermarsi. In caso di epidemie influenzali immagino che gli equipaggi vengano rimpiazzati tramite ELICOTTERO.

Infatti é previsto l’uso dell’elicottero ed una piattaforma d’imbarco-sbarco a bordo di tutte le navi per questo uso. Ma l’uso dell’elicottero a volte si estende anche ad interventi diversi, come il cambio equipaggio, consegna di “spare parts” di viveri, posta ecc...

Carlo GATTI

Rapallo, 18 luglio 2013

 


L'ultimo viaggio della celebre M/n SESTRIERE

L’ultimo viaggio della

M/n SESTRIERE

15.4.1970

Una nave fortunata e di grande personalità.

La Sestriere in navigazione

A partire dalla metà degli anni ’60, la Marina Mercantile Mondiale mostrava ormai tutta la sua anzianità. Era la Flotta del dopoguerra. C’erano i LIBERTY che, costruiti per compiere una traversata atlantica, viaggiavano ormai da oltre 20 anni e non reggevano più il mare. C’erano le efficientissime ma obsolete petroliere USA T/2, e soprattutto navigavano ancora  gran parte di quelle  carrette che erano state tirate su dal fondo dopo la Seconda guerra mondiale e circolavano per i sette mari raddobbate da innumerevoli casse di cemento. Navi che perdevano l’elica o il timone e s’incagliavano sulle scogliere. (Chi scrive disincagliò 7 navi in 9 anni di servizio con la Società Rimorchiatori Riuniti di Genova). Navi da rimodernare e da rimorchiare da un Cantieri Navale di un porto ad un altro. Navi che chiedevano soccorso durante le tempeste. Per i rimorchiatori d’altura nacque persino una nuova attività, l’ “agguato” nei punti più pericolosi e strategici per la navigazione: La Manica, Biscaglia, Finisterre, Il Leone, Le Azzorre ecc... e rimanevano alla fonda nelle golfate, con tre radiotelegrafisti in servizio permanente, nell’attesa di chiamate di soccorso per intervenire operando assistenze e salvataggi. Navi da rimorchiare verso i Cantieri di demolizione. Questa era la principale attività dei RR- Il Torregrande andò fino in Canada per prendere a rimorchio un sottomarino, ma c’é da aggiungere  che molte navi erano vittime d’incendi, perchè avevano gli interni in legno e altro materiale infiammabile. Innumerevoli furono gli interventi dei rimorchiatori su navi famose: Achille Lauro, Angelina Lauro, Karadeinz, Anna C. e molte altre sia in porto che in mare aperto.

Sempre in quei primi anni ’70, gli USA decisero di “svendere” le centinaia di Liberty-Ships che avevano tenuto in “naftalina” nelle RESERVE FLEET di N.Y. (Albany) in Atlantico e S.Francisco (in Pacifico). In questa fase di cambiamento epocale nella storia dei trasporti navali, va inquadrato l’ultimo viaggio della della M/n “SESTRIERE”

La tragedia della London Valour si era appena consumata sull'imboccatura del porto di Genova, il 9 aprile di quell'anno. Con il mio equipaggio eravamo ancora sotto shock per l’accaduto, quando il Capitano d’armamento della Società RR mi chiamò per un nuovo viaggio di rimorchio. Per la verità si trattava di un breve trasferimento, da Genova a Vado Ligure, di una nave da consegnare al Cantiere di demolizione che era affamato di ferro.

Ma la sorpresa fu enorme quando seppi che si trattava della  gloriosa Sestriere (Italnavi) che era uscita miracolosamente indenne dalla Seconda guerra mondiale, schivando numerosi siluri e bombardamenti aerei. Per dare un’idea della carneficina che fu il 2° conflitto per la nostra Marina Mercantile, riporto solo alcuni agghiaccianti dati statistici: all’inizio delle ostilità (10.6.1940) l’Italia contava 3.3 milioni di tonnellate di stazza lorda per oltre 1200 navi. Il tonnellaggio complessivo al maggio 1945 era ridotto a 220.000 t.

Nell’ambiente marittimo si parlava ancora della “Seconda Spedizione dei Mille”, definito anche “Il Viaggio della Rinascita” dalla stampa dell’epoca, avvenuto nell’immediato dopoguerra (8.11.1946), quando la Sestriere trasferì negli Stati Uniti 50 nostri equipaggi per armare 50 Liberty Ships acquistati da armatori italiani. In seguito, la nave subì diverse trasformazioni strutturali per trasportare emigranti in un primo tempo, ed auto della FIAT nelle Americhe in un secondo tempo. Conoscevo la sua storia attraverso molti episodi che mi erano stati raccontati da cap. Pro Schiaffino, dai miei futuri colleghi-piloti del porto di Genova Enrico Buzzo, Giuseppe Protti e Stefano Galleano che navigarono da ufficiali e Comandanti sulla Sestriere. Ne parlavano con “grande affetto ” e mi resi conto, forse per la prima volta, che  La Nave ha un‘anima che sa legarsi in modo anche duraturo ai suoi equipaggi. Quel 1970,  purtroppo, decretò anche la sua demolizione, la fine di una nave tra le più belle ancora in circolazione, e ricordo che proprio durante l’ultimo viaggio della Sestriere, fummo tutti d’accordo su un punto: una nave così carica di storia e di ricordi non doveva essere demolita, ma conservata. Con lei sarebbe uscita di scena una parte importante della nostra storia navale. In pochi giorni eravamo stati colpiti al cuore da due tragedie, e la fine della Sestriere non era diversa da quella della London Valour, anche se una differenza in qualche modo c’era: la fine della nave italiana era stata decisa dall’uomo e non da un’infernale libecciata che, invece, colpì a morte la nave inglese.

“Con Tempo assicurato”. Questa era la formula con cui la Capitaneria dava il “nulla osta” al trasferimento della Sestriere a rimorchio. Le istruzioni allegate al Contratto di Rimorchio raccomandavano di consegnare la nave verso le 08 del 15 aprile 1970 ai rimorchiatori locali di Vado L. che l’avrebbero accostata da qualche parte nell’attesa di spiaggiarla nello specchio d’acqua del Cantiere.

Nel primo pomeriggio del 14 aprile ci ormeggiammo con la poppa del Torregrande sotto la prora a pallone della Sestriere. Dopo un accurato controllo dell’assetto, riscontrai che la nave non presentava alcun sbandamento ed aveva un ideale appoppamento di 4 piedi. Mi recai a bordo della nave per ispezionare insieme al nostromo tabarchino Zeppin Luxoro e al direttore di macchina Guido Bianchi che il timone fosse bloccato al centro, che l’elica fosse ferma e bloccata, le stive fossero chiuse, i bighi abbassati e  rizzati, che gli oblò fossero chiusi e gli ombrinali attappati. Fui subito tranquillizzato che quattro marinai (runners) del Cantiere sarebbero rimasti a bordo della Sestriere per disormeggiare la nave a Genova, per controllare il rimorchio in navigazione, per agevolarci il recupero degli attacchi da rimorchio nella rada di Vado e, infine, avrebbero filato i cavi ai rimorchiatori locali per la manovra d’ormeggio. Consegnai al nostromo della nave una delle mie radio  con la raccomandazione di riferirmi eventuali anomalie. Mi raccomandai d’ingrassare i punti di contatto dell’attrezzatura da rimorchio sui passacavi di prua e di controllare gli eventuali sforzi sulle bitte. Era la prima volta che mettevo piede sulla Sestriere e rimasi colpito dalle sue linee sobrie, essenziali, eleganti per una nave da carico che conservava ancora nel suo look un passato come nave passeggeri. La sua ciminiera era alta, robusta ed imponente come piaceva ai vecchi armatori genovesi. Mi convinsi che la Sestriere apparteneva ad una categoria di navi evergreen che non avrebbe dovuto lasciare il posto a quelle orribili navi portacontenitori che facevano già capolino, e che da lì a poco tempo sarebbero diventate le “brutte” protagoniste dei sette mari.

Passammo quindi all’attacco di rimorchio vero e proprio. Diedi disposizione di approntare la patta d’oca di catena (briglia) sulle bitte prodiere della nave, facendola fuoriuscire penzola sul tagliamare fino ad un metro sul livello del mare. I due terminali di catena furono collegati, tramite un maniglione, ad una colonna (cavo d’acciaio da 40 mm.), e questa ad un grosso spezzone di cavo di nylon-perlon di 10 metri di lunghezza, impiegato per dare elasticità al convoglio. A quest’ultimo componente collegammo il cavo da rimorchio (troller-winch automatico) del Torregrande. Questo importantissimo elemento strutturale del rimorchiatore d’altura era in effetti il “cuore” di tutto il sistema. Poterlo filare in mare per tutta la sua lunghezza (700 metri) in caso di moto ondoso pesante, e virarne una buona parte a bordo con la bonaccia di mare, dava sicurezza contro gli strappi e massimo controllo al convoglio in navigazione. Approntammo anche un cavo d’emergenza perché questa era la prassi (assicurativa) in caso di eventuali rotture... Il viaggio non presentò problemi, ma fu intriso di tristezza e di quella strana consapevolezza che si prova quando si sa di compiere un errore purtroppo “inevitabile”....

L’ultimo viaggio della Sestriere

In quel periodo non mi era ancora esplosa la passione per la fotografia navale, tuttavia, in quella occasione, sentii il bisogno di immortalare con qualche scatto il funerale di un illustre personaggio della nostra Marina Mercantile.

Carlo GATTI

18.04.12

Il 24 settembre 2012, ll Secolo XIX ha pubblicato la foto “tristissima” della EUGENIO C” demolita nel 2008. Ho sempre considerato l’ammiraglia dei Costa una delle navi più belle mai costruite, dotata di purissime linee architettoniche, l’unica che avesse l’ascensore che portava il pilota direttamente sul ponte di comando, una sciccheria.....

LA EUGENIO C. IN NAVIGAZIONE

Due anni fa Mare Nostrum dedicò una delle sue Mostre più belle all’Armamento Costa invitando il suo comandante più prestigioso Mario Palombo e prendendo l’EUGENIO C. come simbolo della Manifestazione con il quadro di Amedeo Devoto che immortalò la nave mentre entrava per l’ultima volta a Genova prima della demolizione.

 

LA EUGENIO C. DURANTE LA DEMOLIZIONE

 

Questa mattina ho ricevuto una bellissima mail dal Signor Nunzio Catena che seguendoci sul sito ha letto il mio articolo sull’ultimo numero del MARE dedicato alla celebre SESTRIERE. Ve la riporto integralmente perché esprime l’amore che si può stabilire tra una persona e una nave. Un amore quasi inconfessabile, ma che esiste! La demolizione di una nave é un atto di violenza che avviene ogni giorno sotto l’egida del business, una profanazione che cancella anni di storia e di ricordi legati ai personaggi che l’hanno costruita, attesa, guidata, amata e vissuta. La domanda é questa: perché non c’é pietà per le nostre navi più amate? Eppure basta varcare i confini marittimi per imbattersi in Musei galleggianti la cui visita vale molto di più di tanta carta stampata perché sono la realtà conservata di un pezzo di storia. Ringrazio a nome dell’Associazione il sig. Catena il cui amore per le navi e per il mare non può che confortarci e gratificarci nell’opera alla quale ogni giorno ci dedichiamo con immutata passione.

Carlo Gatti

 

 

Egregio Presidente Gatti,

 

Rileggendo il suo toccante articolo sull'ultimo viaggio della M/n SESTRIERE", dell' Italnavi, alla 'famiglia' della quale appartenevo anch'io, forse animato della sua stessa sensibilità per quanto riguarda la demolizione di una Nave, avevo scritto un commento sul Cantiere di demolizione Romiti di Ortona, dove erano state demolite: "Campania Felix" e "Antoniotto Usodimare". Non sono riuscito a rintracciare su quale di queste avevo posto questo commento che per semplicità qui  riporto:

 

“Il Cantiere di Demolizione Romiti, sono tanti anni che e' stato tolto da Ortona, e ne sono stato felice! Quanti pomeriggi di sabato, ho trascorso tra quei rottami e mi pare di risentire "quell'odore" misto di ferro, pittura, tagliato dalla fiamma ossidrica! Quanta tristezza provavo vedere una nave ridotta così! Come vedere un uomo morto, dilaniato da avvoltoi...! Una Nave alla fine della sua vita, dovrebbe finire nell'elemento nel quale e' vissuta, dovrebbe essere affondata (magari bonificata per rispettare l'ambiente), mentre l'ultimo marinaio che l'ha navigata, le porge l'ultimo saluto a nome di tutti quelli che lo hanno preceduto a bordo dove hanno vissuto una parte della loro vita, condividendo con Lei, la speranza di un domani migliore, la paura della tempesta, la gioia del ritorno!

 

Provavo un dolore quasi fisico, vedendo quello scempio... la plancia, la sala nautica sventrata, depredata di tutto quello che era stato vitale. Il timome, le cui caviglie erano state levigate dalla rude mano del marinaio che non la abbandonava un attimo, come se il suo calore fosse necessario per la sua vita (ed in realta' lo era per la vita di tutti)!!! La bussola...,l'oggetto piu' osservato a bordo! Che fatica per il marinaio cercare di far collimare quella linea di fede, con quel numero scritto sulla lavagnetta!! Restavano solo pubblicazioni, carte autiche ormai bagnate..., ma ogni tanto trovavo qualche vecchio brogliaccio, sfogliando il quale e soffermandomi sulle pagine più significative (una burrasca superata poi più o meno bene.. ed altro), e con la mente facevo rivivere quelle persone ormai dimenticate da tutti, unitamente alla nave che li ha protetti.”

 

 

Un saluto, Nunzio Catena

 

 

 

 


La PREGHIERA dei NAVIGANTI

PREGHIERA DEI NAVIGANTI

(Marina Mercantile - Stella Maris)

Al calar della sera, noi uomini di mare a Te leviamo o Signore la nostra preghiera ed i nostri cuori: i vivi sulle navi, i morti in fondo al mare.

Fa che la notte passi serena per chi veglia nel lavoro, per chi stanco si riposa.

Fa che ogni navigante, prima del sonno, si segni col tuo segno, nel Tuo amore, nel Tuo perdono ed in pace coi fratelli.

Fa che ogni nave conservi la sua rotta ed ogni navigante la sua fede.

Comanda ai venti ed alle onde di non cimentare la nostra nave, comanda al Maligno di non tentare i nostri cuori.

Conforta la nostra solitudine con il ricordo dei nostri cari, la nostra malinconia con la speranza del domani, le nostre inquietudini con la certezza del ritorno.

Benedici le famiglie che lasciammo sulla riva;

Benedici la nostra Patria e tutte le Patrie dei naviganti, che il mare unisce e non divide:

Benedici chi lavora sul mare per meritarsi il pane quotidiano;

Benedici chi lavora sui libri per meritarsi il mare;

Benedici chi in fondo al mare attende la Tua luce ed il Tuo perdono.

E COSÌ SIA!

PREGHIERA DEL MARINAIO

(Marina Militare)

Autore: Antonio Fogazzaro (11 Gennaio 1902) recitata la prima volta sull' Incr.GARIBALDI

A Te - o grande eterno Iddio

Signore del cielo e dell' abisso

cui obbediscono i venti e le onde

noi, uomini di mare e di guerra

Ufficiali e marinai d' Italia

da questa sacra nave armata della Patria

leviamo i cuori!

Salva ed esalta nella Tua fede

O grande Iddio, la nostra nazione

Da giusta gloria e potenza alla nostra Bandiera

Comanda che le tempeste ed i flutti servano a lei

Poni sul nemico il terrore di lei

Fa che per sempre la cingano in difesa petti di ferro

Più forti del ferro che cinge questa nave

A Lei per sempre dona vittoria

Benedici o Signore le nostre case lontane, le cari genti.

Benedici nella cadente notte il riposo del popolo.

Benedici noi che, per esso, vegliamo in armi sul mare.

BENEDICI !

 

05.04.12

A cura di

MARE NOSTRUM RAPALLO


Chi é il PILOTA portuale?

CONFERENZA CASERMA TELECOMUNICAZIONI

CHI E' IL PILOTA PORTUALE?


CHIAVARI 9 Ottobre 2010

Titolo Convegno: L’UOMO E IL MARE


Presentazione dei Relatori

Oggi ci addentriamo nei meandri del Porto di Genova e le nostre “guide” sono due uomini di mare che oltre ad aver esercitato il Comando a bordo di navi della Marina Mercantile, hanno conseguito specializzazioni in altre importanti attività collaterali, Oggi, questi signori continuano ad onorare il MARE con grande impegno dedicando il loro tempo alla ricerca storica: quella Storia scritta insieme da uomini e navi.

LETTURA CURRICULUM RELATORI

Breve biografia di Ernani Andreatta

Nato nel 1935 a Chiavari nel rione Scogli, il comandante Ernani Andreatta è considerato un figlio d’arte che proviene, per parte di madre, dai Costruttori Navali Gotuzzo, che vararono a Chiavari, proprio nel Rione Scogli, oltre 120 velieri oceanici. La stirpe paterna era di origine Veneta. Il padre Ernani, di cui ereditò il nome, fu un pluridecorato Ufficiale della Marina Militare come sommergibilista durante la Prima guerra mondiale e, in seguito, ebbe il Comando di grandi navi passeggeri del Lloyd Triestino.

Dopo essersi diplomato a Camogli, il comandante Ernani (jr) Andreatta ha conseguito, dopo il corso all’Accademia Navale di Livorno, il grado di Sottotenente di Vascello. Nella Marina Mercantile ha raggiunto il comando su navi mercantili a soli 29 anni. Dopo aver lasciato il mare, si è dedicato ad altre attività imprenditoriali nel campo della chimica navale. In gioventù è stato più volte campione Italiano di nuoto. Ha fondato a Chiavari il MUSEO MARINARO TOMMASINO ANDREATTA che recentemente ha trovato sede definitiva alla Scuola Telecomunicazioni FF AA di Chiavari del quale è Direttore e Curatore.

Il Comandante Andreatta è tuttora membro di numerose Fondazioni e Associazioni: PANATHLON, UNUCI (Ufficiali in Congedo) ANMI (Marinai d’Italia), SOCIETA’ CAPITANI E MACCHINISTI DI CAMOGLI, AIDMEN (Associazione Italiana di Documentazione Marittima e Navale) e della Società ECONOMICA di Chiavari. E’ fondatore di altre Associazioni tra le quali il ROTARY Club Chiavari Tigullio del quale è stato presidente nel 91-92, ASTROFILI ARCTURUS (studio del movimento degli astri), degli “AMICI DEL MARE E DEGLI SCOGLI” e Associazione Culturale “IL SESTANTE” (studio dell’astronomia), non ultimo è fondatore assieme agli amici Com.te CARLO GATTI ed EMILIO CARTA dell’Associazione "MARE NOSTRUM” che ha sede a Rapallo, o altre, come la “gustosa” Accademia dello Stoccafisso e del Baccalà intitolata a Rinaldo Zerega. Si ritiene un modesto storico della marineria locale, per hobby e non per professione, avendo operato un consistente salvataggio di oltre 200 anni di storia nel settore della marineria del Tigullio. Ha scritto libri sulla marineria Chiavarese e Ligure: - “CHIAVARI MARINARA DALL’EPOCA EROICA DELLA VELA – STORIA DEL RIONE SCOGLI” - “MEMORIE DAL MARE” del peso di 6,5 kg. – ci tiene a dirlo, forse presuntuosamente, ma non troppo, che sono un po’ la “bibbia” della Marineria locale ma non solo.

Breve biografia di Carlo Gatti

Il com.te CARLO GATTI è nato a Rapallo il 3.6.1940. Diplomato all’Ist. Nautico di Camogli. Ha esercitato il Comando per OTTO anni con la Soc. RR. di Genova, in due settori: Portuale-d’Altura: 98 rimorchi d’altura, operato sette disincagli e numerose azioni di salvataggio e antincendio di cui citiamo i principali: Karadeniz - Anna Costa - London Valour – Haven - Monica Russotti. Nel gennaio 1975 ha vinto il concorso di “Pilota del Porto di Genova”, esercitando la professione fino al pensionamento.

Al momento del ritiro Carlo Gatti ha diretto circa 30.000 manovre. Decisivi sono stati i suoi studi per la realizzazione della Torre di Controllo del Traffico Portuale genovese.

Dal 1985 è impegnato in attività di storico e fotografo navale, curatore di Mostre storico-marinare nazionali-internazionali (Roma, Rapallo, Camogli, Genova). Ha collaborato con il quotidiano Il NUOVO LEVANTE, e oggi del riviste mensili RAPALLO NOTIZIE, PENISOLA, IL MARE. C.G. é stato Vicepresidente e Presidente della Società Capitani e Macchinisti Navali di CAMOGLI. Carlo Gatti è autore dei seguenti libri:

“Quelli del Torregrande” - “Genova, Storie di Navi e Salvataggi

“Quelli del Vortice” - Con le Barcacce nel Cuore”

“25 Anni di Nuoto Masters” – “I Giustizieri di Narvik”

Coautore con Emilio Carta e Maurizio Brescia di dieci pubblicazioni di MARE NOSTRUM edite a Rapallo.

GATTI (35 anni di manovre portuali) apre la conferenza con qualche informativa

SUL PORTO DI GENOVA

IL PORTO DI GENOVA - UNA ENCLAVE NELLA CITTA’

Il porto di Genova costituisce il ramo industriale più importante della Regione Liguria.
Il Porto di Genova ha una Doppia Autorità:
Autorità Marittima: Capitaneria di Porto-Guardia Costiera che rappresenta lo Stato e sovrintende alla Sicurezza delle Navi e della Navigazione, emette bandi di concorso ed esami professionali per l’esercizio di tutte le attività pubbliche e private che si svolgono in Porto. Promulga Atti amministrativi: decreti, ordinanze, regolamenti e altri Atti che sarebbe lungo elencare.
Autorità Portuale: Regola la produzione, la pianificazione e lo sviluppo, regola licenze, gare, cura-ambiente. Delle Navi in porto: programma gli arrivi, partenze e movimenti. Promulga: Leggi, Decreti, Ordinanze, Regolamenti. Regola il settore del Turismo, passeggeri e da diporto. Il presidente della A.P. è un civile, i capi sezione provengono dalla Capitaneria.

Il Porto di Genova si estende ininterrottamente per 20 chilometri lungo una fascia costiera, che si sviluppa dal bacino del Porto Antico, in corrispondenza del centro storico della città, fino al suo estremo di ponente: circa sette milioni di metri quadrati. 13 Terminal raccordati. Ha circa 150 ormeggi commerciali. Una nave a Genova trova tutto ciò di cui ha bisogno: Bacini di carenaggio, Officine per riparazioni, Cantieri navali, Rifornitori Marittimi di ogni tipo.

Vista Aerea del Porto Vecchio e Porto Nuovo

 

Vista Aerea del Porto Vecchio


“Conte Rosso” Militari in partenza da Ponte dei Mille

Il Porto è un Teatro dinamico che cambia scenario in continuazione. Gli Attori sono le navi di ogni tipo che entrano, escono e si muovono al suo interno sotto la regia della Autorità Portuale. Il Porto diventa Operativo tramite i suoi SERVIZI: i PILOTI, direttori e coordinatori delle manovre, i RIMORCHIATORI, indispensabili per la sicurezza e la velocità della manovra, e gli ORMEGGIATORI per il collegamento dei cavi Bordo-Banchina.

Ma va subito precisato che queste “antiche” professioni non si apprendono sui libri, né sui banchi di Scuola o nelle Accademie, ma attraverso la tradizione che si tramanda oralmente e praticamente, di generazione in generazione. La MANOVRA PORTUALE s’impara con il superamento di severi “banchi di prova”, perchè i maestri sono e devono essere inflessibili in quanto il porto di Genova è ritenuto, a ragione, tra i più difficili per una nave che vi deve attraccare, operare e partire.

A Genova non vi sono maree e neppure le nebbie come a Venezia o nel Nord Europa, ma c’è il vento che scivola dalle sue colline a 30/40 nodi, si chiama Tramontana, e ci vogliono anni di mestiere per conoscerlo e farselo amico. Ma il Porto è aperto anche al Libeccio, e la storia di questo vento di traversia è piena d’incidenti, tragedie, affondamenti che portano la sua firma.

DIALOGO TRA DUE COMANDANTI:

Ernani ANDREATTA - Carlo GATTI

Carlo GATTI

Una delle domande che spesso ci viene rivolta è la seguente:

“Le navi moderne e super-tecnologiche che i media ci mostrano ogni giorno, sono autosufficienti ed in grado di operare in modo indipendente. Perchè allora esistono i Servizi Portuali (Pilotaggio, Rimorchio, Ormeggiatori)?”

Nessuno, meglio di un Comandante può rispondere a questa domanda.

Ernani ANDREATTA

Il Comandante si trova sempre a suo agio quando naviga in mare aperto, ma quando atterra con la sua nave, gli spazi si restringono e il traffico aumenta, preferisce affidarsi al servizio di pilotaggio che diventa, per ragioni di sicurezza, obbligatorio sui Fiumi, nei Porti, in molti Stretti, ed in quei tratti di mare pericolosi per la nebbia, secche e traffico come il N. Europa, La Manica, N. America, Singapore, Messina, ecc... In ognuna di quelle zone si trova il Sea-Pilot, River-Pilot e Harbour-Pilot (il pilota portuale di cui ci occupiamo oggi), laddove la manovra rappresenta la fase finale del viaggio, la più complessa, perché si svolge in spazi sempre più ristretti dentro i quali si muovono altre navi che, a volte, trasportano carichi importanti e a volte pericolosi.

Come ex-Comandante di petroliere, posso dire che, quando arrivavo in una rada e vedevo la Pilotina venirmi incontro, provavo ogni volta un senso di sollievo. Il Pilota è un aiuto pratico, ma anche psicologico, perchè egli conosce a capisce al volo i problemi della nave e del suo Comandante, con il quale parla la stessa lingua: La Seaspeak (la lingua del Mare). Spesso, il Pilota è anche l’unico amico che un Comandante può trovare in un porto, perchè gli altri “personaggi” che si muovono sulle banchine, non dico che ti vogliono “fregare”, ma spesso ci provano e con loro non puoi sentirti rilassato come quando lavori con il Pilota.

Devo tuttavia precisare che Il Comandante è, e rimane lui soltanto il RESPONSABILE della nave, nessuno può togliergli il Comando ottenuto dalle Autorità del suo Paese, ma l’aiuto del PILOTA è indispensabile, specialmente quando si deve entrare in un grande porto come quello di Genova, afflitto dal Gigantismo Navale, dagli spazi sempre più ristretti e dal traffico sempre in crescita.

La dinamica è questa: la nave imbarca il Pilota e, con l’impiego dei SERVIZI Portuali, dopo un’ora è già OPERATIVA IN BANCHINA.

Citiamo un esempio: se non esistesse il S. di Pilotaggio, il Comandante della nave dovrebbe dare fondo l’ancora in rada, mettere la lancia in mare, andare a terra, studiare l’ormeggio, le correnti, il vento, prendere accordi vari e, ad essere ottimisti, perderebbe una mattinata.....

E. ANDREATTA
Oggi abbiamo l’occasione d’avere qui con noi un Pilota (in pensione), e gli giro subito la domanda. Chi è il Pilota portuale?

C. GATTI

Lo scrittore J. Conrad, uomo di mare, ha definito il pilota come “trustworthiness personified”, ovvero l’attendibilità in persona: questo deve essere l’ideale di ogni pilota.

E’ un lavoro che non si può imparare affidandosi solo a libri di testo attuali, ma si tratta piuttosto di un mestiere le cui fondamenta sono state gettate nella notte dei tempi, cui hanno attinto generazioni e generazioni di Piloti. Un’arte che si evolve, cresce e cambia aggiornandosi di anno in anno, ma i cui antichi principi formativi restano tuttora validi e tramandati.

Chi è il Pilota Portuale?

Questo interrogativo non solo incuriosisce le migliaia di turisti dell’entroterra quando si affacciano dalle murate dei traghetti per filmare l’arrampicata dell’omino che viene da terra, ma la domanda turba anche molti abitanti della costa che spesso confondono il ruolo del pilota con il comandante della nave, del rimorchiatore, oppure con il timoniere di bordo, ma anche con l’ufficiale di guardia sul ponte di comando.

Del Pilota portuale e dei suoi compensi in sicli, ne parla la Bibbia a proposito dei viaggi compiuti verso le miniere del Re Salomone. Il Porto di Roma (Ostia, porto di Claudio e poi di Traiano) aveva i Proreta e i Gubernator. Per la verità, questo personaggio è rimasto sempre un po’ chiuso nella sua antica leggenda di esperto marinaio, dalla quale non è mai completamente uscito per integrarsi con la gente di terra, tra la quale opera quotidianamente. I personaggi che sono confusi con il Pilota del porto, appartengono, di fatto, ad antichi Servizi ben distinti e gelosi ognuno della propria identità e tradizione di corpo.

Il Pilota dirige la manovra e coordina gli altri Servizi:

- I Rimorchiatori sono necessari alla nave che deve essere girata.

- Gli Ormeggiatori prendono i cavi della nave (all’arrivo) e li portano in banchina. Alla Partenza mollano i cavi da terra.

E. ANDREATTA

Come si diventa Pilota?

Occorre studiare almeno un anno per preparare le varie materie d’esame perchè nel Corpo Piloti si entra per “Concorso Statale”. Occorre essere in possesso di determinati requisiti e aver superato accuratissime “visite mediche”. Chi vince il concorso, è nominato Allievo-Pilota e impara il “mestiere” lavorando insieme ai Piloti Effettivi. Dopo un anno di SCUOLA-Pratica di manovra, l’Allievo Pilota, dopo aver superato un secondo esame orale e pratico e viene nominato Pilota Effettivo dal Direttore Marittimo. I Piloti sono sottoposti a numerosi controll da parte della Capitaneria di Porto.

a) Controllo disciplinare

b) Controllo tecnico (Efficienza Torre Controllo-Pilotine-Personale).

c) Controllo gerarchico: nomina il Capo Pilota, il Sottocapo, il Pilota, opera il controllo finanziario (fatture, bilancio, contabilità).

Il Corpo piloti è composto da soci-piloti che chiudono, per legge, ogni mese, la contabilità. Ad ogni nave pilotata viene applicata la tariffa di pilotaggio in base alla sua Stazza Lorda. Dal fatturato lordo mensile, vengono tolte le spese di tutte le utenze, affitti (tre sedi), canoni, stipendi di 20 persone: impiegati, timonieri, addetti alla manutenzione, pulizie, cuoco ecc.. Gli introiti al netto vengono divisi tra i Piloti Effettivi e, logicamente, la cifra varia ogni mese, perchè dipende dal traffico navale approdato e smaltito in porto. In pratica, il Corpo Piloti è una Impresa, e come tale corre i suoi “rischi” e può essere prospera, oppure, al contrario, può essere commissariata e fallire. Le Tariffe di Pilotaggio vengono concordate a livello nazionale tra L’Associazione degli Armatori (Confitarma) e la Federazione Piloti Italiani.

A memoria d’uomo, non si ricorda un solo sciopero attuato dai Piloti.

1938 – 13 Piloti stanno uscendo per 13 navi in arrivo

50 anni dopo - Paolo Zerbini-RAI-TV intervista l'autore

Daniela Bianchi- “Linea Blu” sulla Torre P. con l'autore

PILOTI E BISCAGLINE

Sequenza Fotografica

La prima realtà che i “Piloti Effettivi” insegnano agli Allievi:

“Fai attenzione: Salire e scendere dalle navi è la cosa più difficile. Tutto il resto col tempo diventa routine!”

Lì per lì era difficile capirlo! Ma avevano ragione! E presto avremmo capito che scendere dalla biscaglina era ancora più difficile che salire.

Nel mio periodo di servizio, almeno 7 piloti sono caduti in mare Per pura informazione, vorrei solo aggiungere che, statistiche alla mano, i Piloti portuali di tutto il mondo, sono soggetti all’infarto del miocardio e, purtroppo, dalle ultime rilevazioni, pare che i dati siano tuttora in salita.

In questo senso il tributo pagato dai piloti del porto di Genova è stato molto alto, anche tra i giovani piloti.

L’Arte della manovra, come tutte le grandi tradizioni marinare, si tramanda, allora come oggi, solo oralmente, con un impercettibile e sussurrante passaparola! Ma pensate che strano! Non tutti i piloti sono disposti a far manovrare l’Allievo Pilota... così come non tutti i comandanti dei rimorchiatori sono disposti ad insegnare e trasmettere i segreti ai giovani comandanti. In pratica, oggi come nel passato, occorre in qualche modo “rubare il mestiere”.

Le caratteristiche più apprezzate in un pilota sono: la conoscenza delle lingue straniere, dovrebbe essere un buon diplomatico ed anche un uomo di cultura che porta sul ponte di comando i commenti e le novità internazionali del giorno. Il Pilota gode di un prestigio personale presso gli Armatori, le Agenzie di navigazione, le Autorità del porto e della città. Il Pilota è una specie d’ambasciatore che riceve la nave straniera in anteprima e stabilisce con il suo equipaggio, i primi rapporti d’amicizia, talvolta anche di contrasti. Ma il Pilota è anche l’ultimo a salutare la nave quando esce dal Porto. Il Pilota è soprattutto una persona d’esperienza, in spagnolo il Pilota si chiama “Pratico”.

Dopo qualche anno d’esperienza, quando il Pilota sale a bordo di una nave, anche se fosse cieco, distinguerebbe la nazionalità dall’odore dell’equipaggio, degli interni della nave, dalle vibrazioni del motore, capirebbe tutto ciò che gli serve per la manovra. Ogni razza, ogni bandiera, appartiene ad una scala di valori di marineria, il Pilota lo sa e sa come regolare l’abbrivo, il numero dei rimorchiatori ecc...

Un Pilota di Fine ‘800 (Cap. Bozzo di Camogli)

Pilota con “Cappello di Paglia”, bagaglio e pilotina a remi

E.Andreatta

Un Pilota sta per sbarcare da un veliero

50 Anni dopo i Piloti usano ancora le biscagline?

 


La sequenza fotografica (foto C.Gatti) che vi proponiamo, rappresenta le classiche fasi d’abbordaggio di una nave da parte del Pilota (Com.te Giovanni Lettich) con tempo buono. Quando la pilotina compie 4/5 metri d’escursione in altezza e poi precipita, a causa del moto ondoso, il Pilota deve fare appello a tutto il suo coraggio, alla sua condizione atletica, ed all’amore per il suo lavoro.

DAI CUTTER DEI SECOLI PASSATI ALLE MODERNE PILOTINE

Per secoli i veloci e manovrieri CUTTER sono stati impiegati per mettere i Piloti a bordo sulle navi

Agli inizi del ‘900, nel Porto di Genova le Pilotine erano simili ai rimorchiatori. Notare la scritta Pilota.

Questa Pilotina ha lavorato come titolare fino a tutti gli anni ’60, come riserva fino a tutti gli anni ‘70

Anni ’80-’90. Le pilotine “Tritone” e “Pegaso, 30 nodi di velocità. Due veri campioni con tutti i tempi           (foto Carlo Gatti)

DALLA PILOTINA ALL’USO DELL’ELICOTTERO

(foto John Gatti)

I grandi porti sull’Atlantico resterebbero chiusi a lungo senza l’uso dell’elicottero 

DALLA TORRE DEI GRECI DEL 1500 ALLA MODERNA TORRE DI CONTROLLO

Uno strumento che risale all’antichità più remota

Le gallerie pittoriche degli artisti di marina, che precedono l’avvento della macchina fotografica, ci raccontano già nei dettagli che i piloti portuali per secoli hanno esercitato gli avvistamenti dei velieri dall’alto dei celebri fari marittimi. Il fatto in se stesso non è neppure tanto sorprendente, giacché risponde ad una logica astronomica legata alla curvatura terrestre.

Il ruolo del pilota-farista ed esattore delle tariffe relative alle prestazioni effettuate, nonché ormeggiatore e tuttofare, scandì per secoli questa complessa attività che, soltanto con la rivoluzione industriale e quindi con la razionalizzazione dei servizi, prese una sua specifica connotazione.

Con questa premessa, verrebbe spontaneo pensare ad una prima sistemazione dei Piloti genovesi presso la Torre dei Greci, sulla punta del Molo Vecchio del porto della Genova medievale.

Lo specchio portuale in un dettaglio della veduta dipinta da Cristoforo Grassi nel 1597, copia di opera più antica assegnata al 1481 ca. Notare, in basso a sinistra, il Faro di Loggetta dei Greci. (Genova, Civico Museo Navale)

Al contrario, ogni dubbio è fugato da questa importante fotografia, risalente al 1879, che illustra la postazione dei Piloti arroccata sulla nobile e celebre Porta Siberia, svettante sul Molo Vecchio, in posizione avanzata rispetto alle strutture portuali di allora.

La prima Sede conosciuta dei Piloti di Genova. Erano due camerette costruite sul terrazzo della Porta del Molo (Porta Siberia) alla fine del 1879. Notare la scritta PILOTA a destra in alto.

Nel 1901, infatti, il Capo Pilota Pietro Pescetto si rivolgeva nuovamente al Comandante del Porto di Genova affinché gli concedesse la facoltà di costruire “un casotto” sul Molo Giano “pel pilota di guardia durante la notte onde i vapori stranieri in arrivo, massime quelli provenienti dalla parte di levante, come i postali germanici e olandesi, possano in tempo essere avvistati”.

Il permesso questa volta fu concesso e la “Torretta” venne costruita a circa 160 metri dalla testata del Molo Giano.

La nuova Torre, costruita nel 1913.

La nuova Torre, costruita nel 1913. Il C.Pilota Pescetto, con farfalla, bombetta e mani sui fianchi, in una foto un po’ asimmetrica per la verità del 1916. La costruzione in secondo piano era la Stazione d’arrivo, con annesso ristorante, della Tolfer, una ferrovia monorotaia che collegava il Molo Vecchio al Giano durante la Fiera del 191

Nell’agosto del 1928 il C.A.P approva il progetto di una costruenda sede per i piloti in testata al Molo Giano. La costruzione misura metri 8,50x6,50 è fiancheggiata da una torre scalare a sezione ottagonale, ha quattro piani con un terrazzo praticabile.

La nuova torretta fu presa in consegna dai piloti nel 1931. Dovette essere veramente un avvenimento straordinario perché i piloti avevano finalmente una sede degna di questo nome…..”

Cerimonia Ufficiale in occasione del trasferimento della Madonna di Città dall’Oratorio di S.Antonio della Marina alla testata del Molo Giano, il 20 Giugno 1937


Questa Torretta dei Piloti crollò due volte sotto i bombardamenti della seconda guerra mondiale e fu ricostruita nel 1947, nella stessa posizione e con le stesse caratteristiche. Tuttavia, nell’ultimo trentennio, la gloriosa costruzione fu letteralmente “accecata” della presenza del mastodontico Superbacino galleggiante, posizionato proprio sulla visuale dell’imboccatura di levante e perse inesorabilmente la sua principale funzionalità.

Molo Giano – La “Torretta”, ricostruita dopo gli eventi bellici, nel 1947

La Torre di Controllo del Porto di Genova vista dalla Tall Ships

(foto C.Gatti)

“SIMON BOLIVAR”

La nuova Torre funziona dal 1997 e costituisce anche la nuova sede dei Piloti. A destra, la vecchia Torretta dismessa.

E.ANDREATTA

Il Traffico Navale di un grande Porto moderno è molto complesso. Esistono QUATTRO imboccature con QUATTRO piste d’atterraggio. Due disposte per EST-OVEST, due per NORD-SUD e, se vogliamo essere precisi, c’è un quinto ormeggio in mezzo al mare, davanti al Porto di Multedo: la Discharging Oil Platform per l’ormeggio e discarica delle grandi petroliere.Come viene gestito il “traffico contemporaneo” in entrata, in uscita, in movimento interno?

C.GATTI

Ogni nave in arrivo vorrebbe entrare subito in porto per ovvi motivi economici. Così come una nave con le Spedizioni a bordo, vorrebbe subito partire. Una nave ferma in rada o in porto non produce alcuna risorsa economica, ma soltanto costi e tasse. L’efficacia del sistema di pilotaggio è data, soprattutto, dalla mancanza di un diretto legame tra il pilota e l’attività commerciale della nave. In questo modo le sue decisioni non sono influenzate da richieste specifiche dettate da interessi economici che potrebbero varcare i limiti imposti dalla sicurezza. Tali confini sono molto variabili, in quanto tengono conto di numerosi fattori. Tra questi possiamo citare le caratteristiche della nave, il pescaggio, le condizioni metereologiche, le difficoltà dell’ormeggio, il tipo di propulsore, la potenza, lo spazio d’arresto, il numero di RR che impiega, il traffico in corso ecc.

PROIEZIONE FOTO - TRAFFICO CONTEMPORANEO

Commento: "Concentrazione di arrivi". In questa foto parziale si possono contare 6/7 navi in arrivo quasi contemporaneo. Nella realtà sono una decina. “Numerosi Traghetti dirigono verso l’imboccatura del porto. Dalla Torre di Controllo il Pilota preposto al coordinamento del traffico, regola le entrate e le uscite, disponendo per un corretto e sicuro atterraggio. Un adeguato numero di piloti si prepara ad imbarcare.”              (foto C.Gatti)

“Incrocio in avamporto”         (foto C.Gatti)

"Evoluzioni sincronizzate di due navi in avamporto"(foto C.Gatti)

Commento: Il lavoro del pilota alla direzione del traffico, in sinergia con quello svolto dai colleghi a bordo delle navi, permette di ottimizzare i tempi, regolando gli incontri e le evoluzioni alla ricerca dell’equilibrio perfetto tra sicurezza e velocità.

"Porto vecchio" – Navi che entrano ed escono

"Entrate e uscite"          (foto John Gatti)

Un imprevisto ha reso lo spazio di manovra appena sufficiente

Petroliera in spazi ristretti    (foto J.Gatti)

Manovre di precisione   (foto C. Gatti)

 

Commento: I monti alle spalle del porto di Genova impediscono la costruzione di nuove aree per lo stoccaggio delle merci. Si cerca di rubare spazio al mare tombando calate ed allungando banchine. Naturale conseguenza di queste azioni è la manovra di navi sempre più grandi in spazi più stretti.

Il mare agitato, il forte vento e le correnti sono gli elementi che condizionano maggiormente il lavoro del pilota, rendendo l’esperienza e l’abilità i fattori decisivi per il suo svolgimento in sicurezza.

Una forte libecciata rende pericolosissimi gli imbarchi e molto delicate le manovre                   (foto J.Gatti)


La nave appoggio americana, riportata in questa sequenza fotografica, fu disormeggiata in emergenza. Con il suo carico di combustibile costituiva un grosso pericolo per se stessa, per il porto, per la città. Una volta doppiato il fanaletto rosso della diga si mette alla cappa: prua al mare a lento moto aspettando il ritorno di un tempo più maneggevole.

Navi in entrata e nave in uscita”. Notare la pilotina in attesa dello sbarco del pilota.                                      

(foto John Gatti)

Oltre alle difficoltà oggettive della manovra, vi sono numerosi altri fattori che influenzano l’attività portuale in genere. Abbiamo visto come gli spazi non siano più adeguati alle dimensioni delle navi; aggiungiamo che anche i bassi fondali sono ormai un’importante limitazione, che spesso contribuisce a ridurre i vantaggi derivanti da una maggiore potenza dei motori e dall’adozione delle eliche trasversali. E’ stata evidenziata la crescita del traffico in determinate fasce orarie; restano ancora da elencare i pericoli derivanti dalla presenza sempre più massiccia di porticcioli turistici, costruiti all’interno di grossi porti commerciali o addirittura petroliferi. Di conseguenza, al traffico domenicale nelle ore di punta, và aggiunta la temibile presenza di numerose imbarcazioni da diporto, che vagano nelle zone di transito delle navi, creando, talvolta, situazioni realmente pericolose.

E.ANDREATTA

LA TORRE DI CONTROLLO DEL PORTO DI GENOVA HAOLTRE 15 ANNI. Il Sistema è collaudato: siete soddisfatti?

Il Pilota controllore del Traffico!

La nuova e la vecchi Torre di Controllo dei Piloti (foto C. Gatti)

C.GATTI

Dal 1997 esiste nel Porto di Genova uno strumento per il quale mi sono battuto, personalmente, per circa dieci anni: LA TORRE DI CONTROLLO alta 55 metri, inizialmente si chiamava Torre dei Piloti, ma ora ospita tutti i Servizi su tre piani. Vista circolare, controllo tramite circuiti TV per ogni banchina del porto, due radar, molte radio e strumentazione d’avanguardia che esiste nelle Torri di Controllo degli Aeroporti.

La Nave prevista in arrivo già da 24 ore, viene presa in consegna (via VHF) dal Pilota di turno in Torre che la guida durante l’atterraggio informandola, ovviamente, di tutti i dati tecnici che il comandante richiede: dati meteo, ragguagli sull’ormeggio, sul traffico previsto, sulla posizione eventuale d’attesa, d’ancoraggio ecc...

E. ANDREATTA

Puoi approfondire il significato e l’utilizzo di questa struttura tanto imponente, quanto necessaria e, tutto sommato, molto interessante? Perchè mi sembra di capire che, con la nuova Torre di Controllo è nata una nuova specializzazione.

C. GATTI

La Direzione del Traffico Navale costituisce materia assai delicata anche per i più esperti rappresentanti dello shipping marittimo navigante che in seguito hanno ottenuto la licenza di pilotaggio. Si tratta in definitiva di acquisire una nuova specializzazione per svolgere il pilotaggio di una o più navi a distanza. L’obiettivo da raggiungere è rappresentato da una formula: “Snellire il traffico in sicurezza”.

La formazione di detto personale non è stata ancora regolamentata da una normativa internazionale, tuttavia, gli Stati con maggiore tradizione marinara richiedono da tempo, per questa attività, standards elevatissimi di cultura navale a base universitaria, unita all’esperienza acquisita nella condotta della navigazione e della manovra.

In Pratica, Il pilota di turno sulla Torre di Controllo deve gestire il TRAFFICO COMPLESSIVO in tutta l’Area Portuale, e solo lui può farlo perchè conosce i problemi e le difficoltà di ogni nave per averla già pilotata: per esempio se è motonave oppure turbina, gli spazi che le occorrono per fermarsi, se è manovriera oppure no, se ha premura perchè ha le mani chiamate oppure no. Se, e come dare precedenze ai Traghetti, Navi Passeggeri ecc...

Ci sono piloti che preferiscono pilotare la nave a bordo, cioè in modo tradizionale, piuttosto che prendere decisioni a volte difficili (specialmente sulle precedenze) sulla T.C.

Con la Torre di Controllo, la Direzione del Traffico sfrutta e razionalizza al massimo le risorse disponibili. Come dicevi prima! Il Porto ha quattro imboccature, quattro piste d’atterraggio e di decollo per un flusso di navi in costante crescita e tutte malate di stress.

Il porto è essenzialmente un grande supermercato, ossia il centro di smistamento delle ricchezze prodotte dalle nazioni. Nel suo ambito, i prodotti commerciali cambiano il loro mezzo di trasporto e prendono le più svariate direzioni geografiche.

Intorno alla “velocità di circolazione” di questi beni – vero e proprio valore aggiunto – nasce, infatti, la competizione tra i grandi sistemi portuali.

Il Tempo è denaro

Questo ormai logoro motto sintetizza, ora più che mai, la “formula economica” che caratterizza il ritmo vertiginoso della produzione industriale ed il suo relativo commercio internazionale.

Da questa prospettiva, il fattore tempo rappresenta il parametro più indicativo, ed è facile immaginare il deprezzamento che può subire qualsiasi tipo di merce che rimanga stivata a bordo di una nave, o che ristagni improduttiva in rada, in banchina, o all’interno degli appositi magazzini, come abbiamo già detto riferendoci solo alla nave.

Gli effetti più immediati sono: la perdita di competitività sul mercato, e quindi di valore.

La presenza effettiva di moderne strutture, infrastrutture e sovrastrutture all’interno ed all’esterno di un ambito portuale, quantifica la sua portata operativa, mentre la modernità che caratterizza la sua organizzazione e la diversificata tecnica degli impianti, misura la sua efficienza.

Portata ed efficienza consentono, tuttavia, l’introduzione di un ulteriore parametro: la capacità di smaltimento del traffico in un dato periodo di tempo. Questo parametro è già in uso da molto tempo nei più trafficati Aeroporti civili del mondo.

A rendere significativo questo elemento contribuiscono, sia la tecnologia avanzata, meglio nota con il nome di telematica, sia il fattore umano legato alla professionalità del personale.

L’insieme di questi fattori qualifica, in definitiva, l’importanza commerciale di un porto ed influisce, come una qualsiasi offerta di servizio, sulle scelte dell’utenza, tutt’altro che insensibile, naturalmente, anche ai costi d’esercizio.

GENESI DI UNA MODERNA TORRE DI CONTROLLO

Nel primo dopoguerra, su entrambe le sponde dell’oceano Atlantico, i vincitori del conflitto, disponendo del giusto entusiasmo e di notevoli mezzi finanziari, poterono realizzare, a dire il vero con occhio lungo, la costruzione d’imponenti Torri di controllo per gli atterraggi navali.

Gli Anglo-Americani non fecero un gran sforzo di fantasia, ma capirono, già d’allora, la necessità di adottare la stessa filosofia funzionale, sperimentata dall’Aviazione militare e civile. Le nuove Torri di Controllo nacquero quindi con l’obiettivo strategico di realizzare una moderna regolazione dei crescenti flussi navali da e per l’Europa, in quel tempo affamata ed interamente da ricostruire e rilanciare.

Già dai primi anni ’80 chi vi parla, per ragioni familiari e per pura curiosità professionale, aveva visitato, fotografato e studiato le Torri di Controllo dei principali porti del Nord Europa. Le relazioni tecniche che ne seguirono, ottennero l’effetto di sensibilizzare le Autorità competenti del Porto di Genova sul gap tecnologico che vedeva i Piloti genovesi confinati ai margini della più avanzata portualità internazionale.

Dal punto di vista dei Piloti, il seme di un’avveniristica Torre di Controllo era stato gettato. Passò qualche anno e la ripresa dei traffici aumentò di pari passo con la stabilità politica e l’organizzazione amministrativa del Porto.

Torre di Controllo dei Piloti del Porto di Genova

1996

La serie fotografica dell'autore, che segue, mostra le fasi “salienti” della sua costruzione

Si gettano le basi


Gettate le fondamenta, la nuova Torre comincia a salire

Abbiamo appositamente affiancato queste due foto per evidenziare l’angolo dello stesso porticciolo dei Piloti dove ha iniziato a salire la Torre di Controllo del traffico.

Montaggio dei moduli abitativi   (Servizi, Uffici e Cabine)


La Torre di Controllo dei Piloti è terminata

Dall’alto dei suoi 55 metri, dal 1997 simboleggia il fiore all’occhiello, nonché l’anello strutturale e tecnologico che pone il Porto di Genova tra gli empori più importanti del mondo.

La T.C. rappresenta, nella realtà portuale moderna, la cabina di regia, il cervello operativo, il punto di contatto di tutti i soggetti presenti nel sistema, che intendono effettuare operazioni commerciali.

La T.C. è pertanto lo strumento che, in ultima analisi, dà il via alle varie fasi operative, determina il ritmo produttivo del porto, razionalizza l’impiego dei servizi, elimina i tempi d’attesa, velocizza la rotazione dei vettori in uscita ed in entrata, disciplina le direttive, le molteplici informative ed infine stabilizza e regola l’intera movimentazione navale sulla base di un unico e affidabile concetto di sicurezza.

Dall’abilità dei suoi operatori, nel coordinare e snellire i flussi navali, utilizzando al meglio le risorse disponibili in un dato momento, si può comprendere, ora, il significato della “capacità di smaltimento del traffico” di cui si è accennato all’inizio.

PILOTI IN AZIONE

di John Gatti

"Il Pilota procede per l'imbarco"

L’azione combinata tra la Torre di Controllo ed i Piloti a bordo di navi in movimento, garantisce il miglior compromesso tra velocità, intesa come risparmio di tempo, e sicurezza, non inquinata da interessi personali: è sempre privilegiata l’azione dinamica più agile e sicura a vantaggio di tutti.

Queste foto illustrano alcuni momenti dell’attività di pilotaggio, focalizzando in modo particolare gli aspetti relativi all’intensità del traffico ed alla sua fluidificazione. Si cerca di raffigurare, per quanto possibile, alcuni aspetti poco conosciuti al di fuori dell’ambiente marittimo. Ci si riferisce alle manovre di navi petroliere o portacontenitori in acque ristrette, ad esempio, oppure alle condizioni in cui si opera durante le frequenti tramontanate o libecciate.

Le immagini, quindi, mostreranno la ristrettezza delle aree e dei passaggi. Alcune foto di navi nel “tempo cattivo”, inoltre, renderanno facilmente intuibile la presenza del pilota, anche se non evidenziata fisicamente.

“Il Pilota é imbarcato”

E. ANDREATTA

Hai detto in precedenza che l’infarto è la malattia professionale dei Piloti e che alcuni piloti finiscono addirittura in mare. So anche che tu sei andato in pensione, con due anni d’anticipo, per un incidente. Puoi raccontare soltanto un episodio per capire meglio come può accadere?

Gli attimi che intercorrono nel trasbordo pilotina/nave sono particolarmente delicati. Purtroppo non vi sono fotografie che mostrano queste azioni compiute in condizione di mare agitato o scattate nel momento in cui si fronteggia un imprevisto; per cercare di aprire una finestra che possa mostrare un punto di vista più realistico, narrerò un episodio, accaduto alcuni anni fa ad un pilota, durante la delicata fase d’imbarco.

Inverno 1996. Tarda mattinata. Un vento teso da Sud Est alza onde di qualche metro che la pilotina fende con tranquillità. Una grossa nave portacontenitori, la Gulf Spirit, procede verso il punto dove il comandante G. Moreschi. La chiusura della giacca, l’accensione del VHF portatile, i guanti, il berretto: mentre il pilota completa le operazioni di routine, la pilotina accosta avvicinandosi alla nave sul lato a ridosso. La portacontenitori scarica, mostra una fiancata particolarmente alta. A metà biscaglina un’apertura consente l’entrata a scafo.

La pilotina si affianca in velocità, il comandante Moreschi è già sulle griselle, pronto per il trasbordo. Spinto velocemente verso l’alto da un’onda, il motoscafo raggiunge la cresta e si ferma per un attimo, permettendo al pilota di passare velocemente da una scaletta all’altra. La pilotina ricade, assecondando i movimenti del mare, mentre il comandante Moreschi s’impegna in un’arrampicata veloce per levarsi dal pericolo dell’imbarcazione che risale, sfilando velocemente lungo la fiancata.

A questo punto l’imprevisto: una rollata porta la biscaglina ad immergersi e una bitta del motoscafo l’aggancia, tirandosela dietro. Ignaro di quanto accaduto il pilotino aumenta la velocità. E’ un attimo! la biscaglina si allarga dalla fiancata catapultando il comandante al di là dell’ imbarcazione stessa.

L’acqua fredda lo accoglie, ma nonostante tutto resta tranquillo, almeno fino a quando non si rende conto che la grossa elica, uscendo a tratti dall’acqua per effetto del beccheggio, lo sta risucchiando inesorabilmente. Cerca di aggrapparsi allo scafo in tutti i modi. Inutilmente. Dopo alcuni interminabili secondi scompare sott’acqua. L’impotenza fa crescere il panico mentre avverte distintamente le falciate delle pale e le vibrazioni del motore. Lo salva l’ufficiale di guardia alla biscaglina trasmettendo, con il VHF portatile, l’allarme al ponte di comando. La macchina viene fermata appena in tempo. Il comandante Moreschi ha continuato l’avventura subacquea finendo tra l’elica ed il timone, riuscendo a respirare nei momenti in cui la trappola affiorava tra le onde. Dopo alcuni minuti si riesce a sfilare, riemergendo dal lato opposto miracolosamente illeso.

Il comandante G. Moreschi durante una manovra (foto C.Gatti)

Questa è soltanto una tra le disavventure che purtroppo accadono di tanto in tanto. Diversi piloti sono caduti in mare; qualcuno si è rotto le gambe, qualcun altro una spalla. Uno addirittura, rimanendo schiacciato tra la pilotina e lo scafo di una nave, si è spezzato le ossa di tutte e due gli avambracci.

(Riferimento al pilota G.Oddera compagno d’Accademia di E.Andreatta)

Occorre pazienza per aspettare il momento giusto e concentrazione per non sbagliare l’azione dinamica. La notevole abilità dei pilotini alla guida dei motoscafi è decisiva. Consente, infatti, di ridurre al minimo i rischi che nel corso degli anni inevitabilmente si corrono.

Nelle giornate di cattivo tempo l’avventura comincia con l’imbarco e prosegue con il susseguirsi di manovre in spazi spesso molto ristretti, mentre si cerca di controllare la nave tra il vento e la corrente.

Libecciata

La sequenza illustra l’avvicinamento della pilotina alla carboniera “Formosa Trident.”


Un pilota durante lo sbarco

Passaggio dalla biscaglina alle griselle della Pilotina

(foto J.Gatti)


Scalate con tempo buono (Foto C.Gatti)

L’esperienza, l’abilità e l’esecuzione in sicurezza della manovra navale sono la sintesi dell’arte marinara, il compendio delle qualità di un buon pilota. Un mestiere difficile e lento da apprendere, la cui formazione avviene soprattutto per esperienza. Si acquisisce giorno per giorno, manovrando beni preziosi in mezzo ad altri beni preziosi, implicando, di volta in volta, numerose vite umane: tutte appartenenti a categorie diverse, che insieme contribuiscono al regolare svolgimento del carosello portuale. Troviamo coinvolti i rimorchiatori, che temono le smacchinate ed i cambiamenti improvvisi di manovra; gli ormeggiatori, costretti ad operare nei punti dove il rischio è maggiore: lavorano vicino alle eliche delle navi, dove il pericolo di rovesciare i loro battelli è sempre presente, oppure a contatto di cavi che per errore o fatalità si possono spezzare con estrema facilità. Anche gli equipaggi, che rappresentano l’anello di giunzione tra il porto e la nave, sono partecipi sia delle operazioni che dei rischi. Vi sono poi le gru, le altre navi, le banchine, il traffico minore, ecc.

ESEMPI DI GIGANTISMO NAVALE

Gigantismo del 1954 (A.Doria e C.Colombo)

Gigantismo degli Anni ’70 (Michelangelo e Raffaello)

Il Gigantismo del Nuovo Millennio

Nave passeggeri di ultima generazione in uscita dal Porto

ORMEGGIO DI UNA SUPERPETROLIERA ALL’ISOLA DI MULTEDO

(Oil Discharging Platform)


Una “Agip” a Genova

Allibo di Petroliere giganti

Il Pilota A. Cavallini é sbarcato da una Portaelicotteri USA a Genova

MANOVRE PARTICOLARI

LE IMMAGINI CHE SEGUONO SI RIFERISCONO ALL’ENTRATA

DELLA TALL SHIP SIMON BOLIVAR

(foto C.Gatti)

Giancarlo Cerutti: un pilota nella Storia

La Haven Brucia

I rimorchiatori in lotta contro il fuoco

La Haven Affonda

C.Gatti in servizio nel giorno dell’affondamento della Haven

La ciminiera del relitto della petroliera Haven sul fondale di Arenzano

Ecco come si presenta oggi Il Ponte di Comando della Haven

 

Un sub pinneggia dietro il ponte di Comando

I Comandanti ANDREATTA (RAI) E GATTI (Pilota Cerruti) leggono la seguente intervista che ebbe luogo in TV dopo l’affondamento della HAVEN

RAI: - Torniamo a quei drammatici momenti e ci ritorniamo con il comandante Giancarlo Cerutti, pilota del Porto di Genova, che fu il primo ad arrivare con la pilotina sul luogo dell’esplosione e riuscì a salvare molti naufraghi tra le fiamme.

- “Comandante Cerutti, come ricorda quei momenti?”

- Pilota: “Io ero in servizio al Porto Petroli di Multedo. Alle 12.35 ho captato in VHF il segnale MAY-DAY (segnale di pericolo e bisogno di soccorso) da parte di una nave e subito dopo il messaggio in chiaro: “I have fire on board” (ho un incendio a bordo).

- RAI: “ C’era stato un incendio prima dell’esplosione a bordo?”

- Pilota: “Noi alle 12.35 abbiamo captato questo segnale ed un attimo dopo ho chiesto il nome della nave. Il Comandante mi ha detto il nome della nave:

HAVEN “

E mi ha ripetuto: “I have fire on board”.

Con il timoniere sig. Elvio Parodi siamo subito partiti con la pilotina a tutta forza verso la rada”.

- RAI: “Quanto tempo ci avete impiegato?”

- Pilota: “Quindici minuti. Alle 12.50 eravamo sottobordo”.

- RAI: “Che cosa avete visto?”

- Pilota: “C’era un enorme incendio a prora e dei focolai d’incendio sotto il ponte di comando a poppa. Il ponte di coperta, al centro, sembrava indenne, nonostante fosse spazzato dal vento di tramontana e quindi da lingue di fuoco.”

- RAI: “Lei ha visto i naufraghi gettarsi in mare?”

- Pilota: “No. Quando noi siamo arrivati sottobordo alla “Haven”, in mare non c’era nessuno. Parlavo via radio con il Comandante che era probabilmente sul ponte di comando della nave e mi aveva richiesto l’invio di elicotteri per salvare l’equipaggio.

Allora io mi sono messo in contatto con la Direzione del Porto Petroli di Multedo e con l’Autorità Marittima. Loro hanno provveduto. Io avevo anche consigliato di far venire gli elicotteri della Marina Militare dalla base di Luni”.

- RAI: “Ma poi non c’è stato il tempo?”

- Pilota: “Si. Poi sono arrivati. Però abbiamo costatato che se gli elicotteri fossero già stati in zona, non avrebbero potuto lavorare al di sopra della nave perché ormai l’incendio era troppo vasto e lavorare in hovering significava far bruciare gli elicotteri. Allora ho consigliato al Comandante di ammainare le lance di salvataggio ed erano le 12.51. Poi d’accordo con il timoniere abbiamo fatto il giro intorno alla nave, alla ricerca di eventuali naufraghi, ma in quel momento in mare non c’era nessuno.

Alle 12.53, mentre ero in contatto radio con il Comandante, c’è stata una tremenda ESPLOSIONE.

Ci è parso che la nave si fosse spaccata in due. In un attimo pezzi di lamiera incandescente furono scagliate come palle di fuoco, con traiettorie orizzontali e velocissime, a pochi metri dalla pilotina.

Da quel momento non sono più riuscito a parlare con il Comandante.

La nave era stata avvolta da una nuvola di fumo da prora a poppa”.

- RAI :“ I marinai si sono buttati in mare?”

- Pilota: “Con la pilotina ci siamo diretti verso la poppa della nave”.

- RAI: “C’era già il crude-oil in mare?”

- Pilota: “Soltanto dopo l’esplosione a prora è fuoriuscito il prodotto incendian-

dosi in mare. Noi siamo andati a poppa perché abbiamo supposto che l’equipaggio, per salvarsi, si sarebbe tuffato in mare da poppa. Infatti siamo riusciti a raccoglierne diciotto. Purtroppo, tre li abbiamo visti bruciare a cinque metri dalla pilotina. Tra noi e loro c’era un muro di fuoco. La nostra pilotina stava quasi affondando sotto il peso di 20 persone. I 18 naufraghi erano feriti e sotto shock.

Purtroppo non c’è stato niente da fare”.

- RAI: “Il Comandante, lei non lo ha più sentito?”

- Pilota: “No! Il Comandante non l’ho più sentito. Probabilmente è morto quando c’è stata l’esplosione e la comunicazione radio (VHF) si è interrotta”.

- RAI: “Ringraziamo il comandante Cerutti per questa rievocazione che ci ha

Riportato a quei momenti veramente drammatici per la nostra città”.

A seguito di questi fatti fu concessa la:

MEDAGLIA D’ORO AL “VALORE DI MARINA”

Al Pilota          Giancarlo Cerutti

Al timoniere Elvio Parodi

 

Con molto piacere riporto qui di seguito il commento del Comandante Nunzio Catena che, con il suo linguaggio “marinaro”, mi riporta agli anni della mia giovinezza... ed é musica per le mie orecchie! Lo ringrazio per i suoi apprezzamenti verso la categoria dei Piloti che per lunga tradizione ha fatto sempre “corpo unico” con gli amici Comandanti nella consapevolezza che loro, e solo loro debbono sopportare il peso della ‘spedizione navale’. La manovra é il momento più delicato del viaggio, quando gli spazi si restringono ed il traffico rende difficile l’approaching in banchina. E’ in questa fase delicata che Comandante e Pilota, unendo le loro esperienze, compiono operazioni sempre più difficili in tempi di manovra sempre più brevi. TIME IS MONEY. Questo é lo slogan urlato dai terrestri dietro gli SCAGNI portuali, ma Piloti e Comandanti sanno più di tutti gli altri operatori cosa sia la SICUREZZA della manovra. Lasciateli lavorare......!

Carlo Gatti

Quando  spuntava dal porto la Pilotina, con il suo inconfondibile colore bianco e nero, con la sua "P" e la bandierina "H” era il momento atteso da tutti; il Comandante tirava un sospiro di sollievo, in mezzo al traffico in entrata e in uscita. Ultimo problema, cercare di fare ridosso alla pilotina, specie con mare mosso. L'equipaggio, finalmente in porto e nei paesi civili (già 50 anni fa), il Pilota portava la posta e i giornali con le ultime notizie! Ricordo poi, all'arrivo a Genova, gli occhi puntati sulla Lanterna, perché da lì ci comunicavano a lampi di luce (lampada Aldis, perchè all’epoca non avevamo il VHF). Quante cose vorrei ancora dire, ma é difficile nel poco spazio disponibile. Mi concedo solo due considerazioni:

1) Mi chiedo, chissà se il Com.te Schettino, tra un parrucchiere e l'altro, o tra una lampada, (non Aldis!) e l'altra, ha avuto tempo di leggere o guardare solo le immagini delle difficoltà che incontra il Pilota, solo per salire con la biscaglina a bordo di una nave, e sopratutto scendere con mare mosso, quando, trasformandosi da vero trapezista, aspettando che la pilotina arrivi sulla cresta dell'onda, approfittando dell'istante in cui la barca rolli verso di lui e (forse, raccomandandosi l'anima a  Dio)  lascia la biscaglina e si lancia sulle ‘griselle’ della pilotina! Bene, la giornata per lui non è finita lì, perchè quel giorno, durante il suo turno, il Pilota, ne farà molte di quelle operazioni! Ora, se si pensa che il Com.te Gatti, relatore della conferenza, questo lavoro lo ha svolto onorevolmente fino alla età della pensione, sembra paradossale che un baldo giovane Comandante (Schettino-n.d.r.) che, giustamente tiene alla propria immagine (anche perchè sarà una delle caratteristiche più importanti nella scelta dei candidati), non sia stato in grado di salire quella biscaglina sul mascone di prora, dove in alcuni tratti era possibile salirla senza l'aiuto delle mani!

2) Per chi, amante del mare, ha avuto la "fortuna", di navigare navi ricostruite da due tronconi di navi affondate a mille miglia di distanza, Liberty, e similari, ed ha ancora potuto assaporare quello che c'era ancora di romantico ed avventuroso in quella vita. Quando a bordo c'erano di sicuro solo la bussola magnetica, sestante e cronometro (radar e giro erano degli optional) e da Allievo Ufficiale i calcoli dovevano essere risolti con le tavole logaritmiche, perchè all'esame per il ‘Patentino’ (dopo 30 mesi di navigazione, ridotti poi a 18), non erano ammesse ‘tavole’ di calcolo diverse. Quando poi, finalmente si ottenne il Comando di una nave ho provato quelle sensazioni che il Com.te Gatti (ottimo scrittore, ma anche buon psicologo), ha descritto su un altro suo articolo, a proposito della simbiosi tra Com.te e la sua nave. Quando per esempio stai arrivando vicino alla banchina,  con un po’ d’abbrivo in più, il motore indietro tutta, mentre tutto vibra e rattrappisci le dita dei piedi come se volessi frenare, e Lei ti ubbidisce!  È lo stesso rapporto tra il cavaliere ed il suo cavallo in una gara ad ostacoli. Dopo tutto questo, a conclusione di una carriera manca ancora la parte più bella:

La MANOVRA. Capisco perfettamente tutto quello che minuziosamente è descritto come “necessario” per riuscire a fare il Pilota. Ma riuscire a manovrare altre navi con le poche informazioni date dal Com.te  (elica destrorsa o sinistrorsa, motore o turbina e poco altro), anche se con l'aiuto di rimorchiatori, eliche trasversali, ecc., è come riuscire a cavalcare, in una gara ad ostacoli, tutti i cavalli che hanno partecipato, come, e forse meglio, dei propri fantini...Per questo li ho sempre invidiati!

Comandante C.l.c. Nunzio Catena

 

 

 

 

 

 

 

 

 


I MUSEI NAVALI d'Europa

I  MUSEI NAVALI D'EUROPA

A cura di CARLO GATTI

che uno shiplover deve visitare quando viaggia per l’Europa

In questa tabella i musei sono ordinati per nazione e per nome (in italiano).

Viene anche indicato il nome del museo in lingua originale e l'indirizzo.

Segue una brevissima descrizione.

Per maggiori informazioni il modellista può visitare il sito di ciascun museo.

AUSTRIA

Museo della gente di bordo (Schiffleutemuseum), Pfarr Hof, A 4631 Stadl-Paura

Si possono vedere modelli di chiatte e barche nonché attrezzature legate al commercio del sale lungo il fiume Traun

Museo della navigazione (Schiffahrtsmuseum), Auf Der Wehr 21, A 3620 Spitz an der Donau

Il Museo raccoglie circa 400 pezzi che raccontano la storia della navigazione lungo il Danubio, dal 1600 ai nostri giorni.

Museo della tecnica (Technisches Museum), Mariahilfer Strasse 212, A 1140 Vienna

Nella sezione dedicata alla navigazione si trovano numerosi modelli di imbarcazioni che hanno percorso le acque del Danubio o che hanno solcato i mari in tutte le epoche.

BELGIO

Museo nazionale della marina (Nationaal Scheepvaartmuseum), Steenplein 1, B 2000 Anversa

Presenta molto materiale archeologico, il rimorchiatore Amical del 1914 e diversi esemplari di chiatte e imbarcazioni fluviali. Ci sono numerosi modelli di navi e pitture.

Museo nazionale della pesca (Nationaal Visserijmuseum), Pastor Schmitzstraat 6, B 8458  Oostduinkerke - Bad

Ci sono oltre 50 modelli di imbarcazioni da pesca e pescherecci sia a vela che a propulsione meccanica. Viene descritta la storia dei pescatori della Fiandra occidentale.

Nave scuola MERCATOR (Zeilopleidingsschip MERCATOR), Port de Yachting, B 8400 Ostenda

Già nave scuola per gli allievi ufficiali della Marina Mercantile la nave è ora adibita a museo galleggiante. Conserva carte, strumenti, documenti. La nave è mantenuta in condizioni di salpare.

BULGARIA

Museo della Marina da Guerra (Voenno Morski Muzej), Bul. C'ervenoarmejski 2, BG Varna

Raccoglie numerosi modelli di navi, cimeli, apparecchiature, armi, immagini che descrivono la storia della Marina Militare del Paese. All'esterno del museo è ben conservata la torpediniera Derzki.

DANIMARCA

Museo di Aabenraa (Aabenraa Museum), H.P. Hansseens Gade 33, DK 6200 Aabenraa

E' uno dei maggiori musei della Danimarca.  Numerosi modelli di navi, insieme a cimeli, oggetti d'arte e dipinti illustrano le tradizioni marittime della regione che raggiunsero il massimo splendore nei secoli XVII e XVIII.

Museo della pesca e della navigazione (Fiskeri-Og Sofartsmuseet/saltvandsakvariet), Tarphagevej DK 6700 Esbjerg

Il museo offre ampia documentazione della storia della città di Esbjerg e delle sue tradizioni marinare. Mostra numerosi modelli di navi da pesca. Si vedono i trawlers a vapore dei primi del '900 e la ricostruzione di una nave vichinga.

Museo di Bangsbo (Bangsbo Museet),  Bangsbo Hovedgaard DK 9900 Frederikshavn

In questo museo si può ammirare una nave vichinga di oltre otto secoli fa, frutto di ritrovamenti archeologici locali. Le parti recuperate sono tenute in posizione da un telaio di ferro. Ci sono anche numerosi modelli di navi commerciali e da pesca, golette, velieri, ecc.

Museo di Gillelse (Gillelse Museum), Rostgardsvej 2  DK Gillelse

Si può vedere la riproduzione della casa di un pescatore locale con tutte le sue attrezzature. Sono descritti l'evoluzione delle imbarcazioni e dei metodi di pesca dal Medio Evo fino ai nostri giorni.

Museo dei viaggi marittimi di Jeas Hansen (Jens Hansen's Sofartsmuseum), Prinjensgade 2-4  DK 5960 Marstal

Si possono ammirare cinque imbarcazioni e 170 modelli fra i quali quello, di grandi dimensioni, del cinque alberi Kjobnavn. Sono illustrate la storia del porto di Marstal, la vita della popolazione locale e la sua attività soprattutto peschereccia.

Museo delle navi vichinghe (Vikingeskibshallen), Strandengen  DK 4000 Roskilde

Sono esposte cinque navi vichinghe recuperate, a partire dal 1957, nel fiordo di Roskilde. Le navi, da carico e da guerra, arrivano fino a 20 metri e le buone condizioni dei relitti ne hanno permesso l'assemblamento su telai metallici. Alcune ricostruzioni illustrano il livello tecnico raggiunto da quelle popolazioni.

Museo della pesca (Klitmoller Egnssamling), Vorupor Landingsplad  NR Vorupor  DK 7700 Thiested

Illustra i vari metodi di pesca e di conservazione del pesce. Ci sono modelli di imbarcazioni e pescherecci, strumenti e attrezzature per la pesca e la conservazione del prodotto.

FINLANDIA

Museo K.H. Renlundin (K.H. Renlundin Museo)  Toimisto Pitkansillankatu 39  67100  10  Kokkola

Il Museo espone modelli di navi, quadri e cimeli. Fra questi c'è anche un'imbarcazione britannica catturata nel 1854 durante la Guerra di Crimea. In altra parte del Museo c'è un'importante collezione di quadri di artisti finlandesi.

Museo Marittimo (Suomen Merimuseo)  Hylkysaari  Helsinki Hylkysaari

Il museo conserva numerosi modelli di navi a vela e a vapore. Racconta la storia della marineria finlandese, delle costruzioni navali e dei traffici marittimi. Vicino al museo, in acqua, si trova il battello faro Kemi, completamente restaurato.

Museo Marittimo di Aland (Alands Sjofartsmuseum)  Hamngatan 2  22100  Maarianhamina

Il museo conserva una sessantina di modelli di navi e numerosi quadri di soggetto marinaro, oggetti e cimeli marittimi. Possiede anche una collezione di 19 polene.

Museo Marittimo Sigyn (Meseifartyget Sigyn)  Biskopgatan 13   20500  Turku (Abo)

Il museo conserva un buon numero di modelli di navi, strumenti nautici, carte e oggetti ricordo. Ma il pezzo più importante è il brigantino a palo Sigyn, ormeggiato in porto, costruito nel 1887 a Gothenburg.

Sommergibile Vesikko (Sukellusvene Vesikko)  Sotamuseo Suomenlinna, Susasaari  00190  19  Helsinki

Questo sommergibile, oggi trasformato in museo, faceva parte dei piani segreti tedeschi che, per aggirare le limitazioni del trattato di Versailles, affidavano le costruzioni a cantieri stranieri. Nelle vicinanze si trovano i Musei della guerra e dell'Artiglieria costiera.


FRANCIA

Ecomuseo (Ecomusee)  Rue du Bac-de-Mindin  Saint Nazaire

Il museo si trova nel porto di Saint Nazaire. Racconta la storia della città, del porto e dei cantieri navali Penhoet nel quale furono costruite navi militari e mercantili fra le quali prestigiose corazzate e famosi transatlantici. E' anche visitabile il vecchio sommergibile Espadon.

Museo d'Aquitania (Musee d'Aquitaine), 20 Course Pasteur  Bordeaux

La parte marittima di questo museo contiene un'ampia serie di modelli navali. Vi si trovano anche documenti, quadri, cimeli e fotografie.

Museo dei Salorges (Musee des Salorges)  Chateau des ducs de Bretagne, Place Marc-Elder  Nantes

Il museo si trova nel  castello dei duchi di Bretagna. Nella sezione dedicata al mare si trovano numerosi documenti, piani di navi, stampe d'epoca e molti modelli di navi. Fra questi numerosi pescherecci e velieri che facevano rotta oltre Capo Horn.

Museo del Castello (Musee du Chateau)  Chateau, Place d'Armes  Noirmountier-en-l'ile

Il museo si trova in una antica fortezza del XII secolo circondata da fossati e ben conservata. Nella sezione marinara, al primo piano, presenta modelli di navi, carte nautiche, strumenti nautici, uniformi, quadri e fotografie. Ci sono anche due polene del XIX secolo.

Museo del Mare (Musee de la Mer), Esplanade du Rocher de la Vierge B.P. 89  F 64200  Biarritz

Modelli di navi, carte nautiche, documenti, strumenti, equipaggiamenti, attrezzature per la pesca, forniscono un quadro completo del mare. Nel sotterraneo c'è anche un grande acquario.

Museo del Mare - Museo storico e marittimo (Musee de la Mer - Musee Historique et Maritime) Rue Principale  Le Mont Saint Michel

Il museo si compone di due parti. Il museo del mare presenta 280 modelli di navi e imbarcazioni; fra queste ci sono 25 barche che hanno partecipato alla Coppa America.  Il museo storico-marittimo contiene oggetti d'arte, sculture, pitture su rame, armi e oggetti legati al mare.

Museo della costruzione navale artigianale (Musee de la construction navale artisanale) Rue de l'Ecluse  Noirmountier-en-l'ile

Questo museo contiene imbarcazioni da pesca e da diporto, tutte di costruzione artigianale. Contiene anche strumenti di navigazione e da pesca, documenti, attrezzature varie.

Museo della Marina (Musee de la Marine) Palais de Chaillot, Pl. du Trocadero  F 75116  Parigi

Nel museo è rappresentata tutta la storia della Marina francese, militare e mercantile. Numerosi e pregevoli i modelli esposti: transatlantici, navi da pesca e da diporto, navi per esplorazioni, ecc.

Museo della Marina (Musee de la Marine) Place de la Marine-Mindin  Saint-Brèvin-Les-Pins

Il museo presenta modelli di navi mercantili, da guerra e da pesca. Ci sono anche cimeli, quadri, strumenti nautici, fotografie.

Museo della Marina "Ammiraglio De Grasse" (Musee de la Marine Amiral De Grasse) 2, Boulevard du Jeu-de-Ballon 06130 Grasse

Il museo, dedicato all'ammiraglio francese Francois Joseph Paul de Grasse, espone 29 modelli di navi, 15 dei quali rappresentano navi del XVIII secolo.

Museo della Marina della Loira (Musee de la Marine de Loire), Chateau, poste 114  45110 Loiret  Chateauneuf Sur Loire

Il museo descrive in maniera eccezionale la storia della navigazione sulla Loira, dal periodo Gallo Romano ai nostri giorni.

Museo della Marina della Senna (Musee de la Marine de Seine), Route de Villequier  F 76490 Caudebec En Caux

Vi si trovano imbarcazioni, modelli, quadria e panneli esplicativi che illustrano la navigazione sulla Senna.

Museo della Marina di Brest (Musee de la Marine de Brest), Chateau de Brest  F 29200  Brest

Numerosi modelli e cimeli illustrano la storia navale della Francia. Pregevoli i modelli d'epoca. Quadri e strumenti nautici documentano esaurientemente il periodo della vela.

Museo della Marina di Marsiglia (Musee de la Marine de Marseille) Palais de la Bourse, B.P. 826 bis, F 13222 Cedex 1 Marsiglia

Una ricca serie di modelli di navi, cimeli e documenti illustrano lo sviluppo dell'importante porto di Marsiglia  e delle navi, dall'epoca della vela al periodo della propulsione a vapore.

Museo della pesca (Musee de la Peche), Rue Vauban Ville Close  Concarneau

Fra i più importanti musei della pesca presenta molti modelli di pescherecci di varie epoche.

Museo della vecchia Havre (Musee de l'ancien Havre) 1, Rue Jérome Bellarmato  Le Havre

Il museo contiene numerosi modelli navali e pregevoli quadridi soggetto marinaro.

Museo delle belle arti (Musee des beaux arts), Place du Géneral de Gaulle  F 59140 Dunkerque

Al piano terreno del museo si trova una Galleria Navale con numerosi modelli di navi mercantili e militari di cui molti di continenti extraeuropei.

Museo delle imbarcazioni (Musee de la batellerie), Chateau du Prieure  F 78700 Conflans Sainte Honorine

Modelli di imbarcazioni molto accurati illustrano l'evoluzione dei sistemi di navigazione interna e, in particolare, sul fiume Adour. Ci sono rimorchiatori, chiatte, spintori.  Sono illustrati i sistemi di traino da terra e le tecniche di spinta dei convogli di chiatte.

Museo dell'imbarcazione (Musee du Bateau), Place de l'Enfer  F 29100 Douarnenez

Conserva una ricca collezione di modelli di imbarcazioni a vela e a remi di varie epoche, strumenti e attrezzature varie.

Museo di Archeologia Sottomarina e Subacqueo (Musee d'Archeologie sous Marine et Subaquatique), Mas de la Clape 34300  Agde

Contiene una ricca raccolta di reperti archeologici recuperati dal fondo del mare. Vi si trovano ancore, anfore e parti di navi antiche recuperate. Modelli e tavole illustrano la marineria antica, quella a vela e anche quella contemporanea.

Museo di Cosne (Musee de Cosne), Place de la Résistance  58200 Cosne

Nella parte navale di questo museo sono conservat numerosi modelli fluviali della Loira, strumenti e attrezzature per la pesca.

Museo di Terranova e della pesca (Musee de Terre-Nuevas et de la peche), 27, Boulevard Albert I   Fècamp

Viene ricostruita la storia della pesca sui banchi di Terranova. Ci sono modelli di navi e imbarcazioni, strumenti di lavoro e di navigazione, documentazione.

Museo ecologico dell'isola di Groix (Ecomusee de l'Ile de Groix)  Port Tudy, 56590  Groix  Port Tudy

Nel museo viene presentata la storia marittima dell'isola. Ci sono modelli di navi e di barche, strumenti per la navigazione e la pesca, documenti, ecc.

Museo internazionale del lungo corso di Capo Horn (Musee international du long-cours Cap-Hornier)  Tour Solidor, Saint-Servan-sur-Mer Saint Malo

Il museo è dedicato alla navigazione intorno a Capo Horn. Ci sono modelli di navi, plastici, strumenti di navigazione, documenti di bordo.

Museo navale di Camaret (Musee Naval de Camaret), Tour Vauban  F 29129 Camaret Sur Mer

Contiene numerosi e pregevoli modelli navali fra i quali quelli della Corazzata Richelieu e del sommergibile Surcouf. Altri modelli, stampe, documenti e attrezzature illustrano le attività pescherecce tipiche della zona.

Museo navale di Nizza (Musee naval de Nice)  Tour Bellanda, Parc du Chateau  F 06000  Nizza

Il museo si trova nell'antica Torre Bellanda. Presenta numerosi modelli di navi, strumenti di navigazione e armi antiche.

Museo navale di Port-Louis (Musee naval du Port-Louis)  Cittadelle du Port-Louis  F 56290 Port Louis

Il museo si trova nella cittadella. Vi si trovano molti modelli di navi, imbarcazioni da diporto e da pesca, imbarcazioni di salvataggio. Ci sono anche polene e decorazioni navali.

Museo navale di Rochefort (Musee naval de Rochefort) Hotel de Cheusses, PI. de la Galissonniere, F 17300 Rochefort

Il museo contiene numerosi modelli navali, modelli di macchine e attrezzature, cimeli, documenti, uniformi e bandiere. Conserva anche numerose polene e statue.

Museo navale di Saint Tropez (Musee naval de Saint Tropez) Cittadelle de Saint Tropez, F 83990 Saint Tropez

Dodici sale contengono numerosi e pregevoli modelli navali, quadri e cimeli. Sono esposti modelli di siluri e relativa documentazione.

Museo navale di Tolone (Musee Naval de Toulon)  PI. Monsenergue  F 83000 Tolone

Il museo è particolarmente dedicato alla marina da guerra francese. Possiede una ricchissima collezione di modelli di navi assai pregevoli.

GERMANIA

Museo cittadino e marittimo di Kiel (Kieler Stadt Und Schiffahrtsmuseum), Danische Strasse 19 und Wall 65 Fischhalle 2300 Kiel

La storia della città e della sua attività marittima è raccontata da cimeli e documenti e da una nutrita serie di bellissimi modelli.

Museo dei battellieri e dei marinai (Flosser und Schiffermuseum), Rheinuferstrasse 34, D 5424 Kamp Bornhofen

Situato vicino a Magonza questo museo presenta i traffici fluviali sul Reno. Dai piccoli battelli che assicuravano il traghettamento da una sponda all'altra, prima della costruzione dei ponti, alle grandi imbarcazioni da trasporto.

Museo dei trasporti (Verkehrsmuseum), Augustusstrasse, 1 Dresda

Una sessantina di modelli navali e un'ampia documentazione anche fotografica, raccontano la storia della navigazione nel Mar Baltico e nel Mare del Nord.

Museo dei trasporti e della tecnica (Museun Fur Verkehr Und Technik), Trebbiner Strasse 9, D 1000 61 Berlino

Si possono osservare numerosi modelli che descrivono la storia della nave e della navigazione. Ci sono anche numerose attrezzature e strumenti usati dai marinai dell'antichità.

Museo della navigazione (Schiffahrtmuseum), Schiffbrucke 39, 2390 6 Flensburg

La storia dei commerci e della navigazione della città sono raccontati attraverso 60 modelli, 80 quadri di soggetto marinaro e molto altro materiale. Il museo ha sede nel vecchio edificio della dogana che si trova al porto.

Museo della navigazione (Schiffahrtsmuseum),  August Bebel Strasse 1  25 Rostock

Museo ricco di strumenti e modelli di navi. Presenta anche una serie di quadri a olio raffiguranti navi a vela e a vapore. Visita interessante anche per gli appassionati di navi vichinghe.

Museo della navigazione dei porti oldenburghesi del Weser (Schiffahrtsmuseum Der Oldenburgischen Unterweserhafen),  Unterweser Heinrich Schnittgerstrasse 18, D 2880 Brake.

Numerosi ed accurati modelli navali ed una ampia collezione di strumenti e attrezzature di bordo di varie epoche, raccontano la storia marinara dell'Oldenburg.

Museo della navigazione di Regensburg (Schiffarts Museum Regensburg), Werftstrasse 8400 Regensburg

Piroscafo museo ormeggiato sul Danubio. Costruito nel cantiere cittadino nel 1923 fece servizio per il Bayerischer Lloyd raggiungendo l'Austria e l'Ungheria. Conserva la motrice a vapore originale e contiene modelli e cimeli.

Museo della navigazione interna tedesca (museum der deutschen binnenschiffahrt), Dammstrasse 11, D 4100 13 Duisburg

I modelli delle navi e delle installazioni, insieme a numerosi documenti, cimeli ed attrezzature, documentano la navigazione interna e costiera. Da vedere il modello del Marie Luise, del 1908, con due propulsori a ruote sistemate a poppa.

Museo della navigazione sull'Elba (Elbschiffahartsmuseum und Friesesche Sammlung), Elbastrasse 59  D 2058 Lauenburg

Sono presenti modelli di battelli e di navi sia fluviali che marittime. Il museo contiene anche motrici alternative a vapore, motori Diesel, turbine.

Museo della navigazione tedesca con museo all'aperto (Deutsches Schiffahrts Museum Mit Freilichtmuseum), Van Ronzelen Strasse, D 2850 1 Bremerhaven.

La collezione di questo museo è particolarmente ampia e comprende centinaia di modelli. E' molto ben descritta l'evoluzione dell'arte navale attraverso tutte le epoche, fino alle sofisticate tecniche applicate ai sommergibili durante l'ultima guerra mondiale.

Museo della storia di Amburgo (Museum Fur Hamburgische Geschichte), Holstenwall 24, 2000 36 Amburgo

Questo museo, data la storia della ctità così legata al mare,  conserva un'ampia collezione di modelli navali e di cimeli, di documenti e di immagini legati al mare.

Museo delle coste e dei bagni di Juist (Kustenmuseum Nordseebad Juist), 2983 IL006 Juist/Loog Juist

Il museo illustra l'attività marinara dell'isola attraverso modelli di navi, carte nautiche, attrezzi per la pesca ed una collezione di conchiglie.

Museo delle navi in bottiglia (Buddel Schiffmuseum), Am Hafen, Westseite 7,  2943 Neuharlingersiel

Il museo presenta una starordinaria raccolta di navi in bottiglia: dal tronco d'albero scavato, ai velieri di ogni epoca, alle navi moderne.

Museo del porto di Ovelgonne (Museumshafen Ovelgonne), Schiffsanleger Neumuhlen HH 52  Ovelgonne (Amburgo)

Una insolita raccolta di barche da pesca e da trasporto del secolo scorso. E' anche possibile, in qualche caso, salire a bordo di una di queste vecchie imbarcazioni e fare un giro in mare.

Museo del Reno (Rheinmuseum), Hone Ostfront Festung Ehrenbreitstein D 5400 Koblenz

Il museo racconta la vita della Città di Coblenza e dei suoi traffici marittimi sul fiume. Si possono osservare numerosi modelli di navi antiche e recenti fra i quali chiatte da carico, cisterne, rimorchiatori.

Museo del Reno di Emmerich (Rheinmuseum Emmerich), Martinikirchgang 2, D 4240 Emmerich

Centoventi modelli, attrezzature per  la pesca, documenti ed equipaggiamenti illustrano la navigazione e la pesca sul Reno, importante attività marinara della città.

Museo della Scienza (Science Museum)  Exibition Road, SW7 2DD  Londra

Il museo possiede una bellissima raccolta di modelli navali che vanno dal 1700 a.C. (periodo egizio) all'epoca della propulsione meccanica. Ci sono navi militari e mercantili, a vela e a motore. Si possono vedere anche modelli di caldaie, macchine e motori.

Museo di Altona (Altonauer Museun), Museumstrasse 23, HH 50 Altona (Amburgo)

Nella sezione nautica si trovano attrezzature nautiche e si possono osservare tecniche costruttive per la realizzazione delle navi, delle vele e del loro arredamento. Ci sono numerose polene.

Museo Marittimo (Schiffahrt Museum), Schlossturm Burgplatz 30 D 4000 1 Dusseldorf

Presenta 120 modelli di navi, chiatte, rimorchiatori, yacht e barche che documentano la storia della navigazione fluviale e costiera in Germania.

Museo Marittimo del Mersey (Merseyside Maritime Museum)  Pier Head, Merseyside L3 1DN Liverpool

Il museo è realizzato in una zona caratteristica del porto. Un migliaio di modelli di navi, strumenti e attrezzature nautiche, modelli di macchine, quadri e documenti illustrano l'attività di questo importante porto e l'attività sul mare.

Museo Marittimo di Lowestoft e del Sufflox orientale (Lowestoft and East Suffolk Maritime Museum) Sparrows Nest Park, Whapload Road NR 32 1XG Lowestoft

Il museo contiene numerosi modelli di navi, documenti e uniformi. Ci sono anche strumenti e attrezzature navali.

Museo Marittimo di Maryport (Maryport Maritime Museum) 1 Senhouse St., Cumbria CA15 6AB  Maryport

Nelle sale del museo sono conservati modelli di navi, strumenti e attrezzature di bordo e per la costruzione navale. Nel vicino porto sono ormeggiate alcune navi fra le quali il rimorchiatore Flying Buzzard del 1951.

Museo Marittimo Nazionale (National Maritime Museum) Romney Road, Greenwich S.E. 10 9NF  Londra

Questo importante museo presenta la storia marittima della Gran Bretagna attraverso una imponente collezione di modelli di navi, cimeli, documenti. Nei pressi del museo è ormeggiato il Cutty Sark, perfettamente restaurato.

Museo Navale (Uns Lutt Schiffmuseum), Wehrbergsweg 7, 2190 Cuxaven

La visita a questo museo è raccomandata soprattutto agli appassionati delle navi in bottiglia, che sono una specialità locale.  Si può osservare l'esemplare più grande del mondo, lungo 95 centimetri.

Museo Tedesco della Tecnica (Deutsches Museum), Isarinsel 1   D 8000 Monaco

Il museo è molto vasto e la sola parte dedicata alla navigazione è suddivisa in settori: dalle navi a vela a quelle a propulsione meccanica, dai sistemi di propulsione ai sistemi di pesca, ecc.. Numerosi i modelli presenti.

GRAN BRETAGNA

Centro dell'eredità marittima (Maritime Heritage Centre)  Gas Ferry Road, Avon BS1 5TY  Bristol

Il museo si trova vicino al bacino nel quale è conservato il Great Britain. Illustra l'attività degli importanti cantieri di Bristol e contiene numerosi modelli navali, documenti e stampe. Vengono descritte le tecniche di costruzione navale.

Complesso del Museo Marittimo (Maritime Museum Complex) Clock House, Pier Yard, Royal Harbour, Kent CT11 8LS Ramsgate

Il museo illustra la storia marittima locale attraverso modelli di navi e di imbarcazioni, oggetti recuperati da navi affondate, fotografie e cimeli.  Nel porto attiguo si trovano il peschereccio a vela Vanessa, il rimorchiatore a vapore Cervia, lo yacht a vapore Sundowner.

Il museo dell'imbarcazione (The Boat Museum)  Dockyard Road, Cheshire L65 4EF Ellesmere Port

Contiene una raccolta di imbarcazioni in legno, in metallo e in materiali compositi destinati a navigare nelle acque interne, nei porti e lungo le coste, sia con mezzi propri che a rimorchio. C'è anche una notevole presentazione di attrezzature, bacini, macchinari, ecc.

La fregata "Unicorn" (The Frigate Unicorn) Victoria Dock, Angus DD1 3YA Dundee

Si tratta di una fregata del 1824 da 46 cannoni, ormeggiata in acqua e visitabile. E' la più vecchia nave della Marina Britannica.

Lo storico cantiere (The Historic Dockyard)  Kent, ME4 4TE Chatham

Il cantiere, nato nel XV secolo, fu per secoli uno dei maggiori centri di costruzione navale militare. Modelli di navi, cimeli, documenti, materiali, attrezzature per navi a vela, artiglierie, ecc. illustrano questa attività.

Museo dei docks cittadini (Town Docks Museum) Queen Visctoria Square, North Humberside HU1 3DX  Kingston Upon Hull

Il museo possiede una ampia raccolta di modelli navali fra i quali piroscafi, pescherecci, baleniere. Ci sono anche strumenti nautici e da pesca, cimeli e polene.

Museo del distretto di Clydebank (Clydebank District Museum) Old Town Hall, Dumbarton Road, Dunbartonshire  Clydebank

Il museo presenta pregevoli modelli navali fra i quali quello della corazzata Vanguard, costruita nel 1944, e della petroliera British Queen.

Museo della città di Dartmouth e casa della macchina di Newcomen (Dartmouth Town Museum and New Comen Engine House) The Butterwalk, Devon TQ69PZ Dartmouth -  Nel museo ci sono oltre 140 modelli di navi alcuni dei quali di grande pregio. Ci sono anche modelli di pescherecci e di piroscafi a ruote. In una apposita sala è conservata la macchina a vapore a pressione atmosferica, in grado di funzionare, realizzata da Thomas Newcomen nel 1725.

Museo della scienza e dell'ingegneria (Museum of science and engineering) Blanford House, Blandford Square, NE1 4JA Newcastle-Upon-Tyne -  Il museo conserva molti modelli di navi a vela e di navi a propulsione meccanica, sia militari che mercantili. Possiede anche molti piani di costruzione, strumenti di navigazione, dipinti e fotografie.

Museo di Brixham (Brixham Museum)  Bolton Cross South Devon TQ5 8LZ  Brixham

Il museo espone modelli di navi e imbarcazioni, strumenti di navigazione e da pesca. Sono presentati anche i mezzi utilizzati per il soccorso in mare alle navi in difficoltà ed ai naufraghi.

Museo di Sir Max Aitken (Sir Max Aitken Museum)  The Prospect, 83 Hig Street, Isle of Wight  Cowes

Il museo è realizzato in una ex veleria galleggiante restaurata da Sir Aitken.  Si possono ammirare i modelli degli yacht appartenuti al proprietario del museo. Ci sono modelli di navi a vela, fra i quali uno dei clipper di Baltimora, e di golette della prima metà dell'800.

Museo di Whitby (Whitby Museum) Pannet Park, North Yorkshire YO 21  Whitby

Il Museo è dedicato all'evoluzione della nave e alle imprese dei navigatori James Cook e Williams Scoresby. Contiene circa 150 modelli fra i quali una bella riproduzione della nave Endeavour.

Museo di Whitehaven (Whitehaven Museum) Market Place, Cumbria CA 28 7JG  Whitehaven

Il museo contiene alcuni modelli navali fra i quali quelo del piroscafo Hercules e quello del veliero Love. Ci sono anche cimeli, carte, documenti, bandiere e quadri di argomento marinaro.

Museo Marittimo del Nord Devon (North Devon Maritime Museum) Odun House, Bideford, Devon EX 39 1PT Appledore

Numerosi modelli illustrano l'evoluzione delle navi dai tempi dei vichinghi fino ai nostri giorni.

Museo Marittimo della Scozia (Scottish Maritime Museum)  Laird Forge, Gottries Road, Ayrshire KA 12 8QE  Irvine

Contiene numerosi modelli e cimeli. Si possono ammirare anche il cutter Vagrant  ed il tre alberi Lady Guilford del 1818.

Museo Marittimo di Aberdeen (Aberdeen Maritime Museum) Provost Ross's House, Shiprow Aberdeenshire  Aberdeen

Le dodici sale del museo raccontano la storia marittima della Scozia e del porto di Aberdeen. E' illustrata l'attività cantieristica locale. Ci sono modelli e attrezzi relativi all'attività peschereccia. Vi è descritta la caccia alle balene e l'attività di salvataggio in mare.

Museo Marittimo di Bembridge (Bembridge Maritime Museum) Sher Bourne Street, Isle of Wight  Bembridge

Il museo di compone di sei gallerie. Vi sono illustrati tutti gli aspetti della vita sul mare. Ci sono numerosi modelli navali, strumenti, attrezzature, cimeli, quadri e stampe antiche.

Museo Marittimo di Exeter (Exeter Maritime Museum) Wyvern Barracks, Topsham Road, Devon EX2 6AE  Exeter

Il museo si trova lungo il fiume Exe. Presenta, in acqua o a terra, circa 150 imbarcazioni, di ogni parte del mondo: da diporto, da lavoro, rimorchiatori, imbarcazioni in bambù, piroghe, ecc.

Museo Marittimo di Falmouth (Falmouth Maritime Museum)  2 Bell's Court, Cornwall Falmouth

Il museo contiene una ricca collezione di modelli di navi, strumenti e documenti. Vi è conservato il rimorchiatore St Denys, del 1929 la cui macchina a vapore è dotata di valvole Caprotti di progettazione italiana.

Museo Marittimo di Kilmore Quay (Kilmore Quay Maritime Museum)  Isle of Wight,  Cowes

Il museo si trova all'interno di un battello faro irlandese. Contiene modelli di navi e ricordi di importanti avvenimenti legati al mare.

Museo Marittimo di Lancaster (Lancaster Maritime Museun) Custon House, St. George's Quay Lancashire LA1 1RB Lancaster

Il museo, situato nel vecchio edificio della dogana, del 1764, illustra 2000 anni di storia delle attività marittime locali. Sono illustrati i sistemi di trasporto nella acque interne e l'attività peschereccia.

Museo Nazionale delle Barche a Motore (National Motorboat Museum)  Wat Tyler Country Park, Pitsea Essex SS16 4 UW Basildon

Contiene una ampia raccolta di imbarcazioni a motore, entro e fuori bordo, da diporto e da competizione. Molti motori sono presentati in dimensioni reali o riprodotti in scala.

Museo Scozzese della Pesca (Scottish Fisheries Museum) St. Ayles, Harbourhead, Fife KY10 3AB Anstruther

Ci sono numerosi pescherecci antichi e moderni. Alcuni sono rappresentati da modelli altri sono conservati in acqua. Ci sono naturalmente strumenti per la pesca e viene descritta la specifica attività compresa la lavorazione del pesce.

Piroscafo "Carrick" (MV "Carrick")  Custom House Quay  Glasgow

La nave è ormeggiata sul fiume Clyde. Si tratta di una grossa nave a ruote costruita nel 1864 che ha prestato servizio fra Londra e l'Australia per trasporto passeggeri e merci. Non è visitabile ma è ben visibile dall'esterno. Il suo nome originale era "City of Adelaide".

Piroscafo Great Britain (S.S. Great  Britain)  Great Western Duck, Gas Ferry Road Avon BS1 5TY  Bristol

Si tratta del famoso transatlantico costruito nel 1843 su progetto di I.K.Brunel. La nave, in ferro, era una delle maggiori del suo tempo ed era già dotata di paratie trasversali e doppiofondo centrale. Fu il primo transatlantico a elica.  Fu recuperato alle Falkland nel 1970.

Regia nave da esplorazione "Discovery" (Royal Research Ship Discovery)  Victoria Dock  Dundee

Si tratta di una nave costruita, nel 1901, per esplorare l'Antartide. E' un brigantino a palo, con scafo in acciaio, dotato di macchina a vapore da 500 hp. Dopo una lunga carriera anche come nave scuola è ora adibita a museo galleggiante.

Regio museo di Scozia (Royal Museum of Scotland)  Chambers Street, EH1 1JF  Edimburgo

Il museo presenta molti modelli di navi ed imbarcazioni ambientate nei rispettivi periodi storici. La collezione inizia dalle imbarcazioni vichinghe fino a comprendere le navi del XX secolo.

Regio Museo Navale (Royal Naval Museum) Naval Base, Hants PO1 3LR Portsmouth

Il Museo è organizzato e gestito dalla Regia Marina Britannica. Attigui al museo si trovano la HMS Victory, vascello a tre ponti di Nelson; la HMS Warrior, corazzata del 1860; la Mary Rose, galeone del 1510 (in capannone).

GRECIA

Museo Navale Greco (Naval Museum of Greece) Freattys Bay, Akti Themistokleous Attica  Pireo (Atene)

Il Museo presenta la storia della marineria ellenica.  Sono esposti oltre 150 modelli di navi, strumenti nautici, mappe, cimeli, relitti, insegne, quadri e fotografie. Al Pireo è conservato anche l'incrociatore corazzato Averoff trasformato in museo.

IRLANDA

Museo di Cobh (Cobh Museum)   Scots Church, Co. Cork,  IR  Cobh

Il museo è dedicato alla città di Cobh e alle sue tradizioni marinare. Il museo conserva pregevoli modelli di navi, carte nautiche, unifornìmi. Contiene anche importanti cimeli provenienti dal transatlantico Lusitania.

Museo Marittimo Nazionale d'Irlanda (National Maritime Museum of Ireland) High Terrace, Co Dublin, IR  Dun Laoghaire

Numerosi modelli e cimeli, contenuti nel museo, testimoniano la presenza di marinai irlandesi sulle navi da guerra, mercantili e da pesca locali. Da notare il modello della Sirius, la prima nave che attraversò l'atlantico solo a vapore e  quello del Great Eastern.

Museo Marittimo di Wexford (Wexford Maritime Museum)  The Quay,  IR  Wexford Town

Il museo è allestito nel battello fare Lightship Guillemot.  L'imbarcazione contiene numerosi modelli di navi, polene e cimeli provenienti da ogni parte.

ITALIA

Arsenale e Museo Tecnico Navale Piazza Chiodo   19100  La Spezia

Il Museo, attiguo all'Arsenale Militare, comprende circa 9.000 pezzi fra cui 130 modelli navali, attrezzi, strumenti, carte, uniformi, bandiere, ecc..  Nella sala armi subacque si possono ammirare torpedini, siluri e bombe di profondità.

Civico Museo del Mare Via Campo Marzio, 1    34100  Trieste

Il Museo offre un panorama della storia marittima di Trieste e dei suoi cantieri, con la costruzione di navi e motori. Racconta della pesca in Adriatico e della navigazione mediterranea e oceanica. Interessante una sala dedicata a Joseph Ressel, inventore dell'elica navale.

Civico Museo Navale Piazza C. Bonavino 7   16156  Genova Pegli

Il Museo, dedicato alle tradizioni marinare italiane, e genovesi in particolare, presnta numerosi modelli fra i quali quelli delle tre caravelle colombiane, antichi strumenti di navigazione come astrolabi e bussole, carte nautiche, ecc.

Museo Civico Marinaro "Gio Bono Ferrari"   Via Gio Bono Ferrari 41   16032  Camogli (GE)

Il museo raccoglie modelli, cimeli, stampe, dipinti, navi in bottiglia, ex voto e documenti che testimoniano l'importante tradizione marinara di questa città del Golfo Paradiso.

Museo del Mare Galata Calata De Mari 1  16126  Genova

Il museo, inaugurato nel 2004, sorge nell'edificio restaurato che si sviluppò sulla struttura sorta, in origine, per il ricovero delle Galee. Attraverso modelli, attrezzature, ricostruzioni e ambientazioni, vengono illustrati il periodo delle Galee, dei Galeoni e dei Vascelli, delle Navi a vapore fino alle moderne Navi da crociera.

Museo della Barca Lariana 22010  Pianello del Lario (CO)

Il museo è dedicato alla storia della barca e della navigazione in acque interne. Vi sono presentate 160 barche, motori, remi, attrezzi, ecc.. Ci sono barche a fondo piatto, altre snelle. Motoscafi e barche da turismo e regata. C'è perfino una autovettura anfibia.

Museo delle Navi Via Zamboni 33   40126  Bologna

Si possono ammirare nove modelli di navi del XVII e XVIII secolo realizzati con grande precisione e cura dei dettagli. C'è anche il modello di un brulotto,  grossa imbarcazione che, caricata di materiale incendiario, veniva inviata verso le navi nemiche.

Museo di Capo Lilibeo Ex baglio Anselmi  91025  Marsala

Il muso ospita l'unica nave fenicia giunta fino a noi. E' una nave a remi di circa 35 metri che si ritiene facesse parte della flotta cartaginese sconfitta dai Romani nel 241 aC.

Museo delle navi Via Diana  00040  Nemi (RM)

Il museo conteneva gli scafi di due grandi navi recuperate nel lago di Nemi fra il 1927 e il 1932, insieme agli scafi di altre imbarcazioni più piccole. Durante l'ultima guerra un devastante incendio distrusse  buona parte del materiale. Oggi è riaperto con due riproduzioni ridotte al posto delle navi originali.

Museo delle navi Via Alessandro Guidoni   00054   Roma Fiumicino

Il Museo descrive le navi e le tecniche costruttive nonché le attività commerciali della Roma imperiale. Molto materiale, accuratamente restaurato,  proviene da scavi archeologici effettuati negli anni Cinquanta.

Museo Navale Internazionale del Ponente Ligure Piazza Duomo 11   18100  Imperia

Il Museo raccoglie circa 130 modelli di navi antiche e moderne, militari e mercantili. Documenti, cimeli, ex voto marinari e quadri testimoniano la storia della marineria mondiale.

Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Via San Vittore 21   20123  Milano

Il Museo navale presenta l'evoluzione tecnica delle navi antiche e moderne, mercantili e militari; imbarcazioni da diporto, attrezzature, armi, strumenti e infrastrutture. La rassegna comprende anche numerosi modelli di navi.

Museo storico navale Castello, Riva degli Schiavoni 2148   30122  Venezia

E' un importante museo che racconta la storia millenaria della Serenissima. Ci sono centinaia di cimeli, modelli, carte, attrezzature. Ci sono armi e polene. Si possono ammirare un bellissmo modello del Bucintoro e quelli di numerosi galeoni cinquecenteschi.

Museo Marinaro "Tommasino-Andreatta" - Chiavari

Il nucleo del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta è costituito da modelli di navi a vela, militari e mercantili quasi tutti naviganti e radio comandati oltre che da apparecchi radio riceventi costruiti o raccolti da Franco Tommasino. Il resto proviene da donazioni o lasciti di privati o da acquisti sul mercato antiquario o da collezionisti.
Il museo, per la maggior parte dei suoi reperti, nella seconda metà del 2008, è stato spostato nei locali della Scuola Telecomunicazioni Forze Armate di Chiavari integrandosi col Museo della Comunicazione dell’ente militare sopra citato che già raccoglie rari esemplari di radio militari antiche, riceventi e trasmittenti nonché documenti e fotografie dell’epoca Marconiana.
Indirizzo - Piazza Gagliardo 19 - 16043 Chiavari (GE)

Scuola Telecomunicazioni Forze Armate - Via Parma 34 - 16043 Chiavari (GE)

 

JUGOSLAVIA

Museo Navale (Muzej Recnog Bradarstva)  UI. Kneza Milosa 82,  11000 Belgrado

Modelli di navi, documenti, immagini raccontano la storia della costruzione e dell'evoluzione delle navi.

NORVEGIA

Museo del Kon-Tiki (Kon-Tiki Museet)  Bygdoynes 36, 0286 2 Oslo

Il museo è dedicato all'esploratore Thor Heyerdahl che, con una zattera di balsa chiamata Kon Tiki, partì dalla Polinesia e raggiunse il Perù. Questa zattera costituisce la maggiore attrazione del museo. C'è anche il Rall, la barca di papiro una cui copia riuscì ad attraversare l'Atlantico.

Museo della Marina (Marinemuseet)  Karljohansveien,  3191 Vestfold  Horten

Il museo si trova presso l'Arsenale della Marina Militare. Vi si racconta la storia della Marina Norvegese dall'epoca dei Vichinghi fino ai nostri giorni. Ci sono numerosi modelli alcuni dei quali risalgono all'Ottocento.

Museo della Navigazione di Sandefjord (Sandefjord Sjofartsmuseum) Prinsensgate 18, Radhusgaten 2a  3200 Vestfold Sandefjord

Un grande numero di modelli, di stampe e di quadri illustrano le attività marinare della regione. Il periodo trattato va dalle navi vichinghe alle moderne superpetroliere.

Museo delle attività baleniere (Kommander Chr Christensen's Hvalfangst Museum)  Radhusgata 4, Radhusgaten 2a, 3200 Vestfold Sandefjord -  Il museo è dedicato alla pesca  delle balene. Sono esposti modelli di baleniere e attrezzature.  Vengono descritti i diversi tipi di balene e le tecniche di pesca e lavorazione.

Museo delle Navi Vichinghe (Vikingsphuset)  Huk Aveny 35, Bydoy, 0287 2 Oslo

Il museo contiene tre navi vichinghe recuperate, in buone condizioni fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo, lungo le coste del fiordo di Oslo. Si tratta di navi di alto livello, molto robuste. Sono esposti anche importanti oggetti rinvenuti sulle navi

Museo Marittimo (Sunnmore Museum)  Borgundgavlen  6015  Alesund

Il museo presenta una interessante collezione di imbarcazioni. A fianco è ancorata una copia della motobarca Heland che, nel corso della seconda guerra mondiale, trasportò alle Isole Shetland i fuggiaschi dalla Norvegia sotto occupazione germanica.

Museo Marittimo di Bergen (Bergens Sjofartsmuseum)  Mohlenprisbakken 3, Pob 2736  5010  Bergen

Una abbondante collezione di modelli, fotografie, attrezzi, strumenti marinareschi, cimeli, illustrano la storia marinara di Bergen e della Norvegia.

Museo Marittimo di Stavanger (Stavanger Museum-Sjofartsmuseseet/Og Handelsmuseet) Muségt 16  4005  Stavanger

Si tratta di tre musei con lo stesso indirizzo. Per la parte marittima-navale presentano la storia della navigazione e delle costruzioni navali della Norvegia meridionale negli ultimi due secoli. Ci sono anche le due navi museo Anna e Wyvern.

Museo Norvegese della Navigazione (Norsk Sjofartsmuseum)  Bygdoynesveien 37  0286, N 2 Oslo

Il museo contiene numerosi modelli di navi e cimeli, attrezzature, interni di navi, reperti archeologici. Un plastico mostra un cantiere per la costruzione delle navi in legno secondo le tecniche in uso nel XIX secolo.

OLANDA

Batavia,  Oostvaardersdijk  Lelystad

Nella darsena è ormeggiata la riproduzione del vascello costruito nel 1628 ad Amsterdam per conto della Compagnia Olandese delle Indie Orientali e naufragato, al suo primo viaggio, sulle coste australiane. La nave, nelle dimensioni reali, è navigante ed è visitabile.

Museo della Navigazione Nordica (Noordelijk Scheepvaartmuseum)  Brugstraat 24,  9711  HZ  Groningen

Questo museo contiene circa 500 modelli, numerosi strumenti e attrezzi, macchine navali a vapore e a combustione interna. Particolarmente interessanti i modelli di una Cocca Nordica e di un Brigantino.

Museo della pesca (Visserijmuseum)  Viscpoortstraat, Gemeentehuis Toestel 06   Elburg

Il Museo illustra l'attività peschereccia nello Zuidersee. Si possono ammirare numerosi modelli di navi e di imbarcazioni, strumenti e metodi di pesca. Viene anche illustrata la vita della gente di mare a bordo e a terra.

Museo della pesca (Visserrijmuseum)  Inst. Voor De Nederlanse ZeevisserijWest Havebkade 53-54  3131 A6  Vlaardingen

Il Museo è dedicato alla storia della navigazione e della pesca locali.  Si possono ammirare numerosi modelli di barche e navi, attrezzature, procedimenti per la manutenzione di reti e attrezzi, dipinti e fotografie.

Museo dello Zuiderzee (Rijksmuseum Zuiderzeemuseum)  Wierdijk 18  Pob 42  1601  LA   Enkhuizen

E' un museo all'aperto nel quale è stato ricostruito un villaggio ottocentesco tipico della zona. Vi sono conservate, in acqua, imbarcazioni originali e sono ricostruite officine, laboratori, ecc.. In questo museo l'autore di questo sito "mitidelmare" ha acquistato una cima di canapa, costruita sotto i suoi occhi, che viene utilizzata per la realizzazione dei nodi descritti in altra pagina delle "note tecniche".

Museo di Scheveningen (Scheveningen Museum)  Neptunusstraat 92,  2586  GT  Scheveningen

Il Museo conserva il ricordo della cittadina di Scheveningen attraverso modelli di navi e attrezzature per la pesca, ambienti di bordo dei pescherecci e scene di vita a terra.

Museo Marittimo (Maritiem Museum)  Noord Haven Poort 1,  4301  EC  Zierikzee

Il museo presenta numerosi modelli di navi mercantili e da carico fra i quali duello di una Pinaccia del XVII secolo e quello di una nave da guerra del 1627. Ci sono anche attrezzature nautiche e per la pesca, dipinti e stampe d'epoca.

Museo Marittimo e della Pirateria (Maritiem En Jutters Museum)  Barentszstraat 21,  AD 1792  Oudeschild

Il museo illustra la storia marinara della zona fatta di lavoro, di navigazione ...e di pirateria ai danni di chi raggiungeva la spiaggia dal mare. Ciò è testimoniato da modelli di navi, reperti e molti oggetti provenienti, appunto, dall'attività piratesca.

Museo Marittimo Principe Enrico (Maritiem Museum Prins Hendrik)  Leuvenhaven 1,  3011  Rotterdam

Il museo presenta una imponente raccolta di modelli di navi: caracche, cocche nordiche, vascelli, caravelle spagnole, clipper, galere, ecc.. Nel porto attiguo ci sono ormeggiate una ventina di navi ed imbarcazioni.

Museo Navale della Frisia (Fries Scheepvaart Museum)  Kleinzand 12-14,  8601  BH  Sneek

Il Museo presenta l'evoluzione della Marineria frisona attraverso una raccolta di 150 modelli navali, strumenti, cimeli, carte, dipinti, lavori di cesello, fotografie.

Museo Navale Olandese (Nederlands Scheepvaart Museum)  Kattenburgerplein 1,  1018 KK  Amsterdam

Situato nell'antico Arsenale dell'Ammiragliato, il museo possiede cinquecento modelli di navi ed un grande numero di cimeli, strumenti, attrezzature, carte nautiche.  Di fronte al museo è ormeggiato l'Amsterdam, ricostruzione in grandezza naturale di un grande mercantile armato, a tre alberi, della Compagnia delle Indie.

Museo Nazionale del Rimorchio (National Sleepvaartmuseum)  Hoogstraat 1  3142  EA  Maasluis

Il museo tratta il settore del rimorchio nel quale gli Olandesi sono particolarmente specializzati. Molti modelli di rimorchiatori, materiali diversi e fotografie presentano questa particolare attività svolta sia in alto mare che lungo fiumi e canali.

POLONIA

Museo della Marina da Guerra (Muzeum Marynarki Wojennej)  Bulwar Szwedzki   Gdynia

Il Museo possiede un centinaio di modelli, fra i quali riproduzioni di navi del XVII e XVIII secolo, navi militari e aereomobili. C'è anche una interessante raccolta di armi e cimeli.  In porto è ancorato, ed è visitabile, il cacciatorpediniere Blyskawica.

Museo Navale Centrale (Centralne Muzeum Morskie)  Ul. Szeroka 67/68  80835  Danzica (Ggansk)

Il museo si trova nella parte vecchia della città. Contiene numerosi modelli ed illustrazioni di navi da carico e da crociera. Una sezione del Museo è dedicata all'archeologia sottomarina.

PORTOGALLO

Museo della Marina (Museu de Marinha)  Pracca Do Imperio,  1400  Lisbona

Il Museo presenta una collezione di 430 modelli navali e 34 imbarcazioni oltre a cimeli, attrezzi, documenti, ecc.. Da segnalare il vascello a due ponti Principe de Beira del XVIII secolo realizzato con tecnica eccellente.

Museo Marittimo Almirante Ramalho Ortigao (Museo Maritimo Almirante Ramalho Ortigao) Capitania Do Porto De Faro,  Faro

Il Museo illustra la storia marittima del Portogallo attraverso numerosi modelli di navi mercantili e da guerra, imbarcazioni, plastici. Si può ammirare una ricca collezione di cimeli, parti di navi, ancore, quadri, ecc.

Museo Marittimo e Regionale di Ilhavo (Museu Maritimo e Regional de Ilhavo)  Rua De Serpa Pinto,  Ilhavo

Il Museo presenta una ricca collezione di modelli di navi, strumenti per la navigazione e la pesca, miniature, ex voto, ecc.. Da segnalare una Corvetta portoghese del XVIII secolo e quello di una goletta da pesca del XIX secolo.

PRINCIPATO DI MONACO

Museo del mare di Monaco (Musee de la Mer de Monaco)  Avenue Saint Martin-Monaco Ville   98000  Monaco

Il Museo è dedicato alle ricerche scientifiche marine. Conserva un bel modello della Nave oceanografica Hirondelle II e battelli subacquei utilizzati dal Comandante Cousteaux.

ROMANIA

Museo della Marina Romena (Muzeul Marinei Romane)  Ul. Traian 53  8700  Costanza

Il museo contiene oltre 60 modelli di navi, armi e attrezzature navali, cimeli e documenti. Fra i modelli da segnalare un'antica piroga, alcuni brigantini, una cannoniera fluviale e navi moderne. C'è anche una rassegna dedicata ai motori marini.

RUSSIA

Museo Centrale della Marina da Guerra (Tsientralni Morskoi Muziei)  Plosciad Puskinskaja 4  San Pietroburgo

Il museo è dedicato soprattutto allo sviluppo della Marina Russa dal Settecento in poi.  Conserva numerosi modelli di navi fra i quali quello dell'incrociatore Kirov e la più moderna portaereomobili Kiev. Ampio spazio è dedicato anche ai sommergibili.

Museo Incrociatore Aurora (Muzei Krassera Aurora) Petrogradskj Nab., Bliz Mosta Svobody,  San Pietroburgo

L'incrociatore protetto Aurora,  costruito a San Pietroburgo, entrò in servizio nel 1902. Fece parte della flotta russa dell'estremo Oriente. Partecipò ai soccorsi dopo il terremoto di Messina. Sparò il primo colpo che annunciò la vittoria della Rivoluzione d'Ottobre nel 1907. Dal 1948 è destinato a museo galleggiante.

SPAGNA

Museo Marittimo (Museo Maritimo), Plaza Puerta de la Paz 1  E 08001 Barcellona

Nelle sale del museo sono esposti modelli di navi di varie epoche, documenti storici, carte nautiche e geografiche. Attigue al museo, al Molo della Porta de la Paz, sono ormeggiate la caracca Santa Maria e la Galera Real ricostruite sulla base dei disegni e delle immagini originali.

Museo Marittimo delle Asturie (Museo Maritimo de Asturias), Calle del Conde del Real Agrado Oviedo  E 33440 Luanco

Numerosi modelli navali, carte nautiche e strumenti illustrano la storia della marina. L'annessa biblietaca contiene molto materiale di studio in materia di marina, aceanografia e pesca.

Museo Navale (Museo Naval), Paseo del Prado 5  E 28014 Madrid

Tra i principali di Spagna presenta tutti gli aspetti della storia marinara di questa nazione. Dalle costruzioni navali alle scoperte, dalle guerre ai progressi scientifici della marineria. Numerosi e pregevoli sono i modelli navali esposti. Ricca la documentazione.

Museo navale (Museo Naval), Paseo de Cristòbal Colon, Torre del Oro, E 41001 Siviglia

Il Museo si configura come dipendenza del Museo Navale di Madrid. Attraverso monografie e modelli  vengono illustrate caratteristiche ed evoluzione degli antichi mezzi navali.

Museo Provinciale del Mare (Museo Provincial del Mer) , Antigua Escuela, Avenida Mariba, E 27890 San Ciprian

A questo modello si accede a richiesta. Presenta una raccolta di modelli navali, strumenti nautici ed ex voto marinari.

SVEZIA

Museo del Vasa (Vasavarvet)  Djurgardsbrunnsvagen 24  11527  Stoccolma

Il Museo è realizzato attorno allo scafo del famoso Galeone Vasa. La nave, voluta dal re di Svezia Gustavo II Adolfo nel 1627, che si rovesciò alla prima uscita in mare. Lo scafo è stato recuperato nel 1961. Vicino ci sono anche un rompighiaccio e un battello faro.

Museo della Marina (Marinmuseum)  Amiralitetstatten   37130  Karlskrona

E' il maggiore museo svedese. Raccoglie modelli di navi e disegni. Descrive le tecniche di costruzione dai tempi antichi ai nostri giorni. Sono esposte pregevoli polene. C'è anche una sezione dedicata alle armi e la ricostruzione della camera di manovra di un sommergibile.

Museo della Navigazione di Malmo (Malmo Sjofartsmuseum)  Malmohusvagen 7  Malmo

Numerosi modelli, cimeli e quadri illustrano la storia delle navi, della loro costruzione e della navigazione. Si trovano navi risalenti all'età della pietra, del bronzo e del ferro; navi vichinghe e navi moderne.

Museo Marittimo e Acquario (Sjofartsmuseet Med Akvariet)  Karl Johansgatan 1-3   41459  Goteborg

Il Museo si trova nell'area del vecchio cantiere navale. Contiene numerosi modelli, polene, carte nautiche, quadri e stampe. Da segnalare diversi velieri a propulsione mista costruiti fra la fine del XIX e l'inizio del XX secolo.

Museo Storico Statale del Mare (Statens Sjohistoriska Museum)  Djurgardsvagen 24  Stoccolma

Il museo dispone di una sezione dedicata alle navi mercantili e di una dedicata alle navi da guerra. In entrambe le sezioni si possono ammirare pregevoli modelli. Si può ammirare la parte poppiera originale della goletta reale Amphion. Una terza sezione illustra le tecniche di costruzione navale.

SVIZZERA

Museo della navigazione svizzera "la nostra via al mare" (Schweizerisches Schiffahrts-Museum "Unser Weg Zum Meer"), Wiesendamm 4, CH 4019 Basilea.

Contiene una ricca esposizione di modelli e di immagini, di materiali e di attrezzature. La collezione tratta della navigazione fluviale e della navigazione d'alto mare sotto bandiera svizzera.

Museo svizzero dei trasporti (Verkehrshaus Der Schweiz), Lidostrasse 5, CH 6006 Lucerna

Nella sezione marittima, bellissimi modelli illustrano la storia della nave e della navigazione, le tecniche costruttive e la navigazione fluviale, lacuale e marittima.

TURCHIA

Museo Navale (Naval Museum Deniz Muzesi)  Besiktas  Instambul

Il Museo conserva una collezione di modelli di navi, fra i quali quelli di galere, galeazze e sciabecchi che, insieme a carte nautiche, quadri, documenti e cimeli illustrano la storia della marineria turca.

UNGHERIA

Museo dei trasporti di Budapest (Kozlekedesi Muzeum)  Varosligeti Korut 11, H 1426 Budapest

La sezione navale comprende interessanti modelli di navi e cimeli.  Fra i modelli più interessanti si possono segnalare quelli del rompighiaccio nucleare Lenin, del battello a ruote Carolina e del piroscafo Kelen destinato a navigare sul lago Balaton.

RAPALLO - 05.03.12

A cura di Carlo GATTI


TRASH Islands

 

TRASH ISLANDS

Il premio Nobel Giulio Natta, l’uomo del MOPLEN, si rivolta nella tomba....

Nel mondo vengono prodotti circa 100 miliardi di chilogrammi all'anno di plastica, dei quali, grosso modo, il 10% finisce in mare. Il 70% di questa plastica finirà poi sul fondo degli oceani danneggiando la vita dei fondali. Il resto continua a galleggiare. La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che  finiscono nello stomaco di molti animali marini portandoli alla morte. Secondo il Programma per l'ambiente delle Nazioni Unite, i frammenti di plastica causano, ogni anno, la morte di oltre un milione di uccelli marini e di oltre centomila mammiferi marini. Infatti, siringhe, accendini e spazzolini da denti sono stati trovati all'interno della pancia di uccelli morti, che per errore li avevano scambiati per cibo. Quella che rimane si decomporrà solo tra centinaia di anni, provocando da qui ad allora danni alla vita marina.

Charles Moore e' un ex marinaio  erede di una famiglia di petrolieri, che si era imbattuto per la prima volta nell'inquietante formazione di rifiuti, già nel 1997, nel corso di una regata: "Ogni volta che salivo sul ponte vedevo galleggiare spazzatura", disse Moore in un'intervista, "per una settimana mi sono ritrovato in mezzo a un mare di immondizia, a migliaia di chilometri dalla terra ferma". Questa scoperta gli ha cambiato il corso della vita, spingendolo a cedere la sua parte dell'impresa di famiglia, e a darsi all'ambientalismo e allo studio degli oceani, fino a fondare la Algalita Marine Reseach Foundation, una fondazione per la ricerca sugli ecosistemi marini. Moore ha anche aggiunto che la massa di rifiuti non e' rilevabile attraverso le foto satellitari perché é traslucida e galleggia sotto la superficie del mare: "La vedi soltanto quando te la ritrovi davanti alla prua". David Karl, oceanografo dell'Universita' delle Hawaii ha dichiarato che sono necessarie ulteriori ricerche per stabilire l'esatta estensione e composizione di questo enorme "minestrone di plastica", ma che non vi é alcuna ragione di dubitare sulla validità della tesi di Moore. "Da qualche parte la plastica deve pure finire", ha detto.

Le correnti marine del globo non possono “sciogliere”  i nostri rifiuti, ma  riescono tuttavia a  puntare il dito sulle nostre malefatte...

La Grande chiazza di immondizia rappresentata nel rettangolo, si è formata nella zona di convergenza del Vortice subtropicale del Nord Pacifico. Come si può notare dal disegno, la corrente lambisce in modo costante le coste occidentali americane e quelle dell’Estremo Oriente. Durante il suo lunghissimo percorso, la North Pacific Subtropical Gyre, dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro formando un  “magazzino”  composto per l’80%  da plastica. La maggior parte di questa plastica è poco biodegradabile e finisce per sminuzzarsi in particelle piccolissime che poi finiscono nello stomaco di molti animali marini portandoli alla morte. Non e' uno scherzo, ne' un sogno, ne' una proiezione del futuro: si tratta purtroppo di un tragico presente privo di clamore mediatico, che si trova veramente di fronte alla più grande discarica del mondo, che inizia a 500 miglia nautiche dalla costa della California, attraversa il Pacifico meridionale, oltrepassando le Hawaii per poi arrivare fin quasi al Giappone; ha un diametro di circa 3.000 chilometri, e' profonda 30 metri ed e' composta per l'80% da plastica e  da altri rifiuti che giungono da ogni dove. C’è chi sostiene che l’immensa vergogna sia divisa in due macro aree definite “scientificamente” Western and Eastern Pacific Garbage Patches.

Altre isole oceaniche di rifiuti


Vista ancora più nel dettaglio, l’isola dei guai appare spaccata in due.

La ricercatrice Kara Lavender Law, a seguito di ricerche condotte con una serie ventennale di crociere scientifiche svolte fra il Golfo del Maine e il Mar dei Caraibi, ha individuato due altre possibili zone di accumulo di rifiuti oceanici nell'emisfero meridionale: uno nell'oceano Pacifico ad ovest delle coste del Cile ed un secondo allungato tra l'Argentina e il Sud Africa attraverso l'Atlantico. La sua estensione non è nota con precisione, ma le stime più accreditate vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area grande più della Penisola Iberica ad un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti). La Marina degli Stati Uniti ed altri Enti preposti stimano l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate. Quest'area è spesso associata alla cosiddetta “latitudine dei cavalli”. Al tempo della navigazione a vela, il trasporto della merce da un continente all’altro avveniva con i velieri che sfruttavano i venti più favorevoli per una più spedita navigazione. Quando però i velieri giungevano nella fascia di alta pressione dei 30°N, i marinai spesso venivano obbligati dal mare calmo e dal poco vento a fermarsi per diversi giorni e, a volte, per settimane per cui alla fine razionavano le loro provviste di acqua. Poiché i cavalli avevano bisogno di bere molto e, nonostante costituissero preziosa merce di scambio, dovevano essere sacrificati e gettati in mare. Tuttavia, anche per i naviganti del nuovo millennio, i guai non sono finiti: pare infatti che gli odierni capitani siano costretti ad allungare i percorsi per evitare di ritrovarsi in panne con le eliche e gli assi in avaria, lontanissimi dalle coste.

Cose che succedono.......

In alcuni casi va detto che proprio le navi sono colpevoli d’alimentare il “grande magazzino”  per la perdita di container. La più famosa è avvenuta nel 1990, quando dalla nave Hansa Carrier caddero in mare ben 80.000, tra stivali e scarpe da ginnastica della Nike che, nei tre anni successivi, si sono arenati tra le spiagge degli stati della British Columbia, Washington, Oregon e Hawaii. E questo non è stato l'unico caso: nel 1992 sono caduti in mare decine di migliaia di giocattoli  e nel 1994 molti containers contenenti attrezzature sportive. L’ultima notizia su questo nefasto capitolo risale a l’08/02/2008:


Una flotta di quasi 30mila paperelle di gomma sta puntando verso le coste dell’Inghilterra. I primi sbarchi sono previsti entro i prossimi due mesi, dopo un viaggio di oltre 27mila chilometri, durato ben 15 anni e mezzo.


Spiaggiamento di containers

Secondo gli studi dell’oceanogrofo americano Curtis Ebbesmeyer di Seattle che ha ricostruito la rotta delle “papere”, almeno due terzi della flotta ha oltrepassato i tropici alla velocità di un miglio al giorno ed ha proseguito la navigazione fino ad atterrare sulle spiagge dell’Indonesia, dell’Australia e del Sud America. La seconda Armata, composta di 10.000 papere, è stata spinta nelle infide acque dello Stretto di Bering. Da qui si sono poi avventurate in Atlantico sfiorando banchise e iceberg “sopravvivendo” alle gelide correnti del circolo polare. Nel 2000 furono avvistati per la prima volta nel Nord Atlantico e furono riconosciute dal marchio di fabbrica ben visibile: “The First Years”. Era il 2003 e dall’azienda produttrice americana partì l’idea di mettere una “taglia” di 100 dollari  sulle paperelle. Chiunque ne avesse trovata una originale e l’avesse spedita al quartier generale di Tacoma, avrebbe ricevuto il denaro in cambio.

Ebbesmeyer allertò i “cacciatori” inglesi: “Stando ai miei calcoli” – disse al Daily Mail – “nei prossimi mesi le papere dovrebbero invadere le coste dell’Inghilterra. Penso che le prime ad essere interessate saranno le spiagge della Cornovaglia e quelle dell’Irlanda del sud”.
 Oggi la saga delle papere scampate alla tempesta non è solo finita su due libri per bambini, ma ha anche stuzzicato l’interesse dei collezionisti di tutto il mondo, disposti a pagare oltre 740 euro per quei buffi naufraghi di plastica colorata.

Certe trovate pubblicitarie, sebbene simpatiche e dissacranti, non distolgono tuttavia l’attenzione dal vero problema che ha ben sottolineato Katsuhiko Saido dell'universita' Nihon a Chiba: “la plastica, lungi dall'essere indistruttibile, si decompone in mare aperto per esposizione alle intemperie e lo fa velocemente rilasciando numerosi composti tossici, che sono assorbiti dagli 'inquilini oceanici', mettendo a rischio la loro vita e la capacità riproduttiva”.

Carlo GATTI

Rapallo - 19.02.12


Trent'anni di TECNOLOGIA Portuale a Genova

TRENT'ANNI DI TECNOLOGIA PORTUALE

Tra le pieghe dei ricordi personali.

Dai fischi del pilota…alla Torre di Controllo del porto.

Veduta del Porto di Genova

All’inizio del 1968, quando la nave in arrivo si presentava tra Punta Vagno ed il fanaletto rosso della diga, il pilota attirava l’attenzione con una serie di fischi, poi ne scandiva un certo numero per indicare quanti rimorchiatori avrebbe “attaccato”. Del VHF, sulle barcacce del porto, se ne parlava soltanto per sentito dire.

Prima di prendere il cavo, facevo un giro intorno alla nave e, da sottovento al ponte di comando, ascoltavo  dalla viva voce del pilota il posto d’ormeggio e dove intendeva girare la nave. Era un doveroso inchino ed una pura formalità, perchè ogni pilota aveva il suo stile ed il suo ritmo, persino nel presentarsi sull’imboccatura, il che anticipava la sua personale tattica di manovra, il resto era soltanto l’adeguamento ad un dejà vu.

Siamo nel 1938 una squadra di piloti esce incontro alle navi in arrivo a Genova

I piloti erano molto simili tra loro nell’aderire alla stessa scuola di pilotaggio, nel senso che le manovre, pur sviluppandosi tutte in modo diverso, avevano dei modelli  standard, tuttavia, qualche volta poteva accadere di partecipare ad una variazione sul tema, infatti, le situazioni d’emergenza non mancavano mai, ma erano le eccezioni fuori della routine.

Ogni pilota aveva la sua “guida” più o meno nervosa, una forte personalità ed un particolare  senso marinaresco. Alcuni erano già anziani e fra loro non mancava chi si era lasciato alle spalle dolorose avventure belliche e grandi fatiche postbelliche….

Confesso di non avere mai considerato, in quegli anni, il rimorchio ed il pilotaggio, attività molto distinte tra loro e quando rimorchiavo una nave in altura, non solo ne diventavo il comandante naturale, ma il più delle volte la pilotavo anche nei fiumi e spesso la ormeggiavo e disormeggiavo dalla rada o da un piccolo porto, dove neppure esisteva  il servizio di pilotaggio.

Pensavo, realmente, di essere già “dentro” a quella specializzazione che ritenevo, erroneamente, ripetitiva o tutto al più complementare a quella che stavo esercitando, e che tanto mi appassionava, forse per le variabili connesse alle numerose ed impegnative attività collaterali: altura, disincagli, assistenze, salvataggi, operazioni antincendio, oltre che portuale, naturalmente.


Due Liberty a rimorchio del Vortice da New York a Castellon de la Plana

Nel 1970 a New York, in occasione del “rimorchio oceanico” di due Liberty da Newark alla Spagna, i capitani dei due rimorchiatori della Mc Allister’s, che tenevano affiancate le navi, usavano alternarsi sul M/r Vortice per pilotare il convoglio dalla Reserve Fleet, per sette ore, sino alla foce dell’Hudson.

Mi trascinai d’allora la convinzione che le due attività fossero talmente simili da essere anche intercambiabili, quantomeno nel “nuovo mondo”.

I piloti del porto di Genova, a giudicare da quanto si sentiva nello shipping internazionle, lavoravano con molta professionalità ed “il loro miglior maestro” - si diceva allora – “era il vento, che riuscivano a farselo amico, con molta abilità.”

Questo giudizio molto lusinghiero, per la verità, era esteso anche ai comandanti/Rr, che erano nati e cresciuti nel porto della tramontana e prima d’essere utili alla nave, imparavano a governare il proprio mezzo con grande maestria e con tutti i venti. Sicuramente, a quei tempi, la cosiddetta gavetta era molto più lunga per un comandante/Rr, piuttosto  che per un pilota del porto.

Ai comandanti/Rr, erano più graditi i piloti con spiccato autocontrollo e soprattutto chi era rispettoso delle difficoltà oggettive degli altri partecipanti alla manovra.

Per esempio, erano apprezzati i piloti che fermavano l’elica quando il rimorchiatore prendeva il cavo di poppa, e non accostavano la nave quando l’altro rimorchiatore si trovava a due metri dal tagliamare.

Fase molto delicata. Il rimorchiatore, tramite il “sacchetto”, ha stabilito il contatto con la nave. La manovra è ravvicinata e si svolge in velocità.

Col dovuto rispetto e con qualche diffidenza, i piloti del porto erano classificati e misurati sulla scala delle velocità, proprio come il vento; i più veloci erano considerati i più “pericolosi” in tutti i sensi, e dal rimorchiatore si capiva benissimo fino a che punto il vento giustificasse un’andatura eccessiva.

Nel periodo precedente l’introduzione del “modello Tractor” nel porto di Genova, la manovra portuale era molto condizionata dalla versatilità,  potenza, lunghezza e  manovrabilità delle barcacce disponibili; fattori che incidevano notevolmente sull’andamento dell’ormeggio, a cominciare dal posto in cui girare la nave,  nel controllo del convoglio in canale, sino all’attracco vero e proprio.

Anni ’60. Una decina di rimorchiatori all’ormeggio di Ponte Parodi

E’ forse opportuno ricordare che a partire dagli  anni ’60, sino alla fine degli anni ’80, le manovre in porto si facevano con quaranta rimorchiatori, di cui una buona parte era composta di mezzi antiquati e molto diversi tra loro. Il comandante, chiamato con un po’ di malizia barcacciante, prendeva sempre la stessa barca e ne diventava  l’unico interprete. Nel tempo, questa consuetudine o necessità, aveva creato nei piloti l’abitudine di chiamare il rimorchiatore con il nome del comandante.

f.5 Un’altra immagine di Ponte di Parodi con la sua varietà di rimorchiatori in attesa d’entrare in servizio.

Della nave in arrivo, in quegli anni,  m’interessava cogliere subito:

1) La nazionalità dell’equipaggio.

Dovevo calcolare, a priori, il tempo in cui dovevo rimanere, in posizione molto “scomoda”, sotto la prora oppure nella scia dell’elica, nell’attesa del cavo di bordo. I nordici erano i più affidabili. Gli indiani e i cinesi, i più lenti.

Il cavo della nave sta per essere messo al gancio del M/r “Canada”. In questa fase, la scia della nave tende ad allontanare il rimorchiatore.

Il cavo della nave sta per essere messo al ganci del M/r “Canada”. In questa fase, la scia della nave tende ad allontanare il rimorchiatore.

2) La bandiera e la Società armatrice.

Dalla tradizione marinara della nave sarebbe dipesa la bontà del cavo da rimorchio, che doveva essere adatto al peso della nave, al vento ed a quel tipo di manovra. Spezzarlo, significava spesso essere responsabile di una frustata che poteva uccidere all’istante marinai della nave e del rimorchiatore, non solo, ma poteva compromettere anche il risultato della manovra alla presenza d’altre navi in manovra, di cui s’ignorava la natura del carico.

3) La pericolosità della scia di scarico dell’elica, per non farmi travolgere.

Questo terzo punto, che ritenevo molto delicato, dipendeva:

a)  dalla potenza della macchina della nave.

b) dal  tempismo o dall’eventuale distrazione del pilota.

La smacchinata è partita. Il rimorchiatore si è defilato.

La sicurezza del rimorchiatore e del suo equipaggio, chiuso in acque ristrette  tra due pontili ed una calata, dipendeva dalla gestione di questi elementi. Una smacchinata di dieci/ventimila cv., sempre involontaria e senza preavviso, poteva causare il rovesciamento del gozzo degli ormeggiatori, impegnato vicino all’elica, oppure rompere il cavo e far girare il rimorchiatore su se stesso, senza controllo, proprio come una trottola. In entrambi i casi, le conseguenze di  simili accadimenti, obiettivamente rari, facevano sempre discutere, anche animatamente,  le parti coinvolte.

A volte poteva anche succedere che il comandante della nave, all’insaputa del pilota, toccasse la macchina per aggiustare la posizione a manovra quasi conclusa, e rovinava tutto incappando nella situazione appena descritta.

Questo fatto, non del tutto ameno, dovrebbe far riflettere sulla necessità che soltanto il pilota, conoscitore dell’ambiente, oltre che dei problemi di manovra, dovesse  dirigere egli stesso, sempre,  la manovra.

Da comandante/Rr, m’interessava sapere, inoltre, se la nave era dotata di turbina oppure di motore diesel. Spazio e tempo d’arresto della nave erano molto condizionati da questo fattore tecnico, essendo la turbina lentissima e poco potente in manovra, rispetto al motore tradizionale.

Dal punto di vista dinamico della manovra, quando la nave arrivava sul posto della “girata”, il rimorchiatore doveva trovarsi, nel momento giusto, perfettamente ad angolo retto, per poterla piegare senza farla avanzare. Questa fase esprimeva la bontà o meno della coordinazione tra il pilota ed i rimorchiatori, quindi incideva sull’armonizzazione stessa della manovra.

Il rimorchiatore, qualora avesse anticipato il piegamento del rimorchio rispetto all’arresto stesso della nave, rischiava non solo il trascinamento, ma anche il rovesciamento.

Da comandante/Rr, non ero “strettamente” legato agli aspetti tecnologici più o meno avanzati della nave da rimorchiare. Mi occorrevano, tuttavia, le giuste informazioni per potermi regolare durante la manovra, nei limiti appena accennati.

Al contrario ero direttamente coinvolto nella tecnologia di bordo del rimorchiatore.

In quegli anni esistevano ancora rimorchiatori a vapore, imposti per legge, in quanto fornitori proprio di vapore, quand’era necessario a salpare le ancore di navi in disarmo. I loro nomi erano: Iberia-Olanda-Svezia-Perù-Tripoli-Forte.

Esisteva inoltre un rimorchiatore USA:

Algeria, che partecipò allo sbarco degli Alleati in Normandia e proseguì la carriera a Genova.

Dalmazia ed il piccolo Bengasi, di costruzione in legno.

Classe Francia (3)  - erano forti e pesanti.

Classe Capo Testa (3) - erano maneggevoli, forti, ma  leggeri.

Classe Derna (2) - piccoli e versatili, furono ristrutturati e potenziati (1500 cv,).

Libano, Danimarca e Britannia - medio-piccoli e superati.

Grecia, Castelsardo e Alghero – buoni e adatti al medio tonnellaggio.

Istria-India-Panama, conosciuti come “rotori” (sist. cicloidale). Erano molto richiesti per la loro maneggevolezza e versatilità.

Brasile-Nuraghe-Torregrande-Casteldoria-America-Dalmazia-Norvegia-Ariel-Espero formavano la squadra dei rimorchiatori d’altura, insieme al Vortice ed al Ciclone. Quest’ultimi non lavoravano in porto.

Si era  ancora lontani dall’avvento del già accennato “modello unico” di fine millennio, e capitava di dover lavorare, nello stesso giorno, con il Forte, per poi passare ad un Rotore ed infine al Torregrande, come successe anche al sottoscritto. Questo rappresentava un aspetto tipico e non sempre facile di quella professione.

Potenza, manovrabilità, eleganza. Con l’avvento del “Modello Tractor”, il servizio di rimorchio nel porto di Genova si è allineato allo standard dei maggiori porti del mondo.

Il doversi adattare ai cosiddetti “salti”, era un esercizio scomodo, ma anche molto gratificante. Quel tipo d’allenamento mi fu utile in seguito, quando da pilota non incontrai grandi problemi nel manovrare navi piccole che abitualmente cercavano di non prendere il rimorchiatore, neppure con vento forte.

Da pilota del porto… Nel giugno del 1975, quando cominciai l’anno da allievo pilota nel porto di Genova, paradossalmente, mi si aprì uno scenario completamento nuovo. Il fatto mi sorprese non poco, perché negli otto anni precedenti, dalla piccola tuga del  rimorchiatore che comandavo, ebbi modo di studiare, molto accuratamente, anche nei dettagli, il comportamento dei  piloti del porto, ogni giorno, durante le tante manovre d’ormeggio e disormeggio che si facevano allora.

Presto mi resi conto che, pur partecipando alla stessa manovra, il pilota vedeva la nave da un’altra prospettiva, senza dubbio più complessa.

Per esempio, quando mi avvicinavo alla nave, cercavo già di capire dal vetro della pilotina, se aveva un buon assetto, se prendeva vento, se l’elica era immersa, ma soprattutto, da un’occhiata rapida al pescaggio, cercavo di prevedere il suo  spazio d’arresto. Per altre informazioni andavo a naso…, già! Proprio così!

Entrato, infatti, negli alloggi della nave, in base all’odore,  alla luce ed ad altri dettagli, capivo, indipendentemente dalla bandiera più o meno di comodo, se l’equipaggio aveva una qualche tradizione marinara. Questo elemento, il più delle volte era importante per prefigurarmi l’andamento della manovra.

Giunto poi sul ponte di comando, incontravo il comandante e, nel mio computer cerebrale, scattava l’input più importante. In quel momento ero già in grado di sommare quelle informazioni che mi permettevano  di accelerare la manovra oppure di rallentarla, in quanto già prevedevo tra quanto tempo e dove, l’equipaggio sarebbe stato pronto a dare i cavi ai rimorchiatori a prora e a poppa.

La velocità della manovra era anche in funzione, del traffico in corso, delle “mani chiamate dei portuali” in banchina, ma soprattutto dipendeva dalla direzione e forza del vento di giornata. Con un po’ d’esperienza capii che la buona riuscita della manovra dipendeva soprattutto da come l’avevo iniziata, già un miglio fuori le dighe.

Durante l’avvicinamento all’imboccatura, ritenevo importante impossessarmi di un’altra preziosa infomazione: i nomi dei comandanti/Rr che mi avrebbero “attaccato” ed assistito in manovra. Uomini e mezzi avevano caratteristiche che andavano accettate, interpretate e sfruttate al meglio.

Di quell’ambiente conoscevo la forza e la debolezza e, pur stimando la professionalità di quasi tutti i miei ex-colleghi, decidevo dove dargli il cavo, se in avamporto, dopo aver portato in accelerazione la nave bene al vento, oppure se non era il caso,  davanti alla strega, (zona Fiera) nella bonaccia, dopo aver rallentato.

Da pilota, quindi, sapevo che la manovra andava pensata e programmata con  largo anticipo, più di quanto ritenessi dal rimorchiatore. In questo senso mi occorrevano   più informazioni,  non solo legate al traffico in corso, ai servizi disponibili, ma anche alla situazione delle altre navi sul posto d’ormeggio a me destinato.

Da pilota, dovevo affrontare, per ogni nave, il problema della biscaglina e quando le onde erano alte cinque o più metri, salire e scendere da bordo costituiva  un grosso problema personale da risolvere. Non pochi furono i piloti che, sottovalutando qualche dettaglio,  caddero in mare, sia in porto che in navigazione.

….una volta saliti e scesi da bordo!

Il problema era tanto importante e personale che in venticinque anni di servizio, non mi sono mai sognato di fumare una sigaretta, né di dormire meno di sei-sette ore per notte. Le condizioni fisiche, che avevo del tutto trascurato quando ero comandante/Rr, sono diventate, da pilota portuale, il requisito primario per poter svolgere l’attività che, secondo i vecchi piloti” …”era la più bella del mondo, una volta saliti e scesi da bordo!”

Questa presa di coscienza, che ovviamente si affinò con gli anni, mi costrinse a considerare il pilotaggio una specie di missione, facendomi spesso sentire un monaco in ritiro permanente.

Da comandante/Rr avevo quindi una visione parziale della manovra, sia come posizione scelta nella manovra, sia come prestazione  offerta sotto la direzione del pilota. Ciò non voleva significare distacco dalla manovra, al contrario, il cavo da rimorchio, come un vero cordone ombelicale, mi trasmetteva ed amplificava il passaggio di tensione, di forza, di vibrazioni, di pulsazioni, di paura negli sbandamenti fuori controllo, di forte timore dinanzi agli sfilacciamenti dei legnoli che preannunciavano la possibile rottura.

Potrei raccontare di tante emozioni di quegli anni, legate per lo più ad incidenti, incendi, salvataggi ecc… che non ho certo dimenticato, e che semmai, da pilota, ho  aggiunto a nuove  esperienze, di diverso calibro adrenalinico, come il fermarsi con la prua o con la poppa di una nave a pochi centimetri da una banchina…il che non aveva proprio l’effetto di un calmante.

Indimenticabile fu, ad esempio, quel colpo d’adrenalina, per ciò che mi capitò  su una nave in arrivo, quando  un’ufficiale inglese, stranamente senza flash-light, mi accompagnò in coperta, facendomi attraversare un boccaporto semiaperto che non vidi e che centrai in pieno. Mi salvò l’istinto o qualcos’altro… per cui mi trovai sospeso, sui gomiti e con il resto del corpo penzoloni sul cielo di una stiva vuota…

E con quale leggerezza volammo, con l’amico Nanni Santagata, su un’onda che ci depose incolumi, in coperta, senza essere passati dalla biscaglina…di una nave che rollava “alla gran puta”!!

Incredibile! Fu quella volta che, avviandomi dal ponte di comando verso la biscaglina, m’imbattei in un commando (israeliano) armato fino ai denti, che mi strattonò puntandomi le armi per non avermi riconosciuto…

Ma ancora oggi ricordo come un incubo, quella gelida mattina invernale, nella rada di Voltri, quando mi trovai appeso a metà della fiancata di  un’altissima petroliera (vuota), mentre il vento attorcigliava la biscaglina che era senza spreaders, e la pioggia ghiacciata mi aveva paralizzato le mani,  e non c’era modo né di salire e né di scendere…

Da pilota, tuttavia, ho scoperto un altro aspetto delicato del pilotaggio: il rapporto psicologico con il comandante della nave. L’esperienza mi ha insegnato che questo “contatto” o era addirittura liberatorio, oppure sofferto da parte del comandante.

La scuola inglese, da questo punto di vista, era molto pragmatica nel sostenere che:

“il peggior pilota è sempre più affidabile del migliore dei comandanti, il quale non può avere, in nessun caso, un’approfondita conoscenza del mondo portuale che lo ospita in un determinato momento, dove altri soggetti navali perseguono lo stesso scopo.”

Dalla bontà del rapporto instaurato tra questi due personaggi, dipendeva, in ogni caso, il risultato della manovra. Al contrario, dalle incomprensioni che potevano sorgere sul ponte di comando, per differenti visioni della manovra, a volte si ottenevano pessime manovre.

Poteva succedere che il comandante, stanco del viaggio ed innervosito a causa del  ritardo accumulato, facesse ricadere il proprio malumore sul pilota, che non sempre sapeva incassare il colpo e qualche volta dimenticava di dover essere sempre un “gentleman”, retribuito per un servizio alla nave, e…ogni tanto la manovra perdeva, temporaneamente, il suo naturale conduttore…

Nella gran maggioranza dei casi, comandante e pilota si comportavano da veri professionisti, ben consci d’avere una storia millenaria in comune e di venire da lontano, insieme, tenendosi per mano, nel superare tutte le difficoltà psicologiche, ambientali e tecnologiche.

Molti erano i casi in cui, tra comandante e pilota nasceva una profonda amicizia, favorita dalla reciproca stima, cultura e nazionalità. Nella vita media lavorativa di un pilota del porto di Genova, il numero di manovre si aggirava sulle trentamila, ed era intuibile quanto egli doveva atteggiarsi  ad abile diplomatico e cittadino del mondo.

Tra i piloti si raccontava che - i danni di manovra avvenivano, il più delle volte, quando comandante e pilota erano stati compagni di scuola o erano molto amici...- Ovviamente si alludeva alla loro scarsa concentrazione. Era vero! In tutte le manovre, anche la più semplice, era proibito deconcentrarsi e non prendere visivamente atto delle continue variazioni di posizione della nave.

Da comandante/Rr, non ricordo d’aver mai preso in considerazione gli aspetti psicologici ed il loro possibile modo d’influenzare una manovra. Sicuramente durante le mie esperienze in altura, dovevo regolarmente servirmi del pilota portuale locale, il quale però si limitava a darmi le informazioni nautiche e del traffico portuale, essendo la manovra del rimorchiatore molto personale e compenetrata nel modo d’essere e di lavorare del suo comandante.

A proposito di turbine…

I giovani e forti piloti dei cacciabombardieri TOMCAT dell’USAF, quando di notte atterravano manualmente sulle portaerei, subivano forti sbalzi di pressione, ed arrivavano a 250  battiti cardiaci, rischiando infarti e svenimenti.

Certi raffronti potevano apparire impropri, tuttavia, pensavo che se mi fossi sottoposto alle stesse misurazioni, durante certe entrate notturne all’Italsider, le mie pulsazioni non potevano rivelarsi molto diverse da quelle dei piloti militari summenzionati.

Da pilota, la vecchia turbina era una specie di “maledizione” che durava dal momento dell’imbarco sino alla fine della manovra. Lenti erano gli avviamenti, scarsa la potenza, lunghissimi gli spazi d’arresto e quando la nave era in banchina, avendo sempre l’elica in movimento, era un tormento bloccarla in posizione. Difficile era il controllo di grandi petroliere o carboniere, specialmente alla presenza di pessime condizioni meteo.

Mi riferisco, per esempio, all’entrata, sempre dopo la mezzanotte, di una (delle tante) carboniera a turbina, mediamente lunga 250 metri, che doveva entrare, ad ogni costo, due o tre volte la settimana, anche alla presenza di fortissime sciroccate che facevano aumentare la velocità di 3 o 4 nodi, oppure di certe libecciate che la schiacciavano contro la diga. L’imboccatura era così stretta e poco illuminata che ricorrevo alle luci di posizione dei rimorchiatori, piazzati in mezzo al canale, per avere un riferimento.

Entrata di una nave  all’Italsider con mare al traverso.

Durante l’avvicinamento, appena fermavo la turbina, la nave si abbatteva e per tenerla parallela alla diga, sull’asse dell’entrata, dovevo:

-Imboccare il canale con la marcia avanti.

-Aumentare la velocità.

-Entrare completamente.

-Fermare la turbina.

-Avviarla e metterla tutta indietro.

-Dare i cavi ai rimorchiatori e sperare, con la scarsissima potenza a disposizione, che il Signore ci donasse qualche cavallo in più per fermarla nello spazio residuo di uno scafo.

-La provvidenziale e qualche volta eroica prestazione dei rimorchiatori era, di solito, decisiva per un buon finale del solito film

E’ inutile dire che le pruate, forti o leggere, contro la banchina non mancarono mai!  E’ inutile dire che alcune volte furono colpite le gigantesche gru del prolungamento e l’impianto-Italsider rimase “limitato” per mesi. E’ inutile dire che  n-volte le navi a turbina si fermarono ad un metro…dagli impianti.

Da comandante/Rr, avevo già partecipato molte volte a quell’infernale esperienza, sempre alle due di notte, e ricordo benissimo d’aver salvato la mia parte di prue; ma non sempre capivo l’abbrivo eccessivo e immotivato che mi costringeva ogni volta a mettermi a spring a tirare, a volte sino alla rottura del cavo tra scintille e bestemmie.

Da pilota, poi, sono stato in grado di darmi tutte le  risposte…del caso. Eccetto una, quella principale:

Perché si entrava sempre a quell’ora ed in quelle condizioni di tempo?”

Si diceva che, a causa d’eventuali ritardi della nave, i dirigenti erano costretti a fermare gli impianti dell’Italsider. C’erano di mezzo i turni degli operai e quindi la loro occupazione. Per le petroliere  del Porto Petroli di Multedo, si diceva invece che il Paese rischiava il black-out energetico.

A mio giudizio, il senso o il nonsenso di questo fenomeno molto italiano, non andava ricercato nell’intelligenza o nella stupidità di chi si trovava ad operare in quel periodo, ma se proprio dovevo puntare un dito, allora non avevo il minimo dubbio nell’affermare che le responsabilità andavano ricercate nella classe politica del decennio precedente, che non era stata capace di prevedere il gigantismo navale e, di conseguenza, neppure l’adeguata tecnologia delle strutture portuali atte ad ospitarlo. Ai poveri cristi non rimaneva che porvi rimedio secondo il vecchio detto “fare le nozze con i fichi secchi e… molti cardiotonici!”

Per pura informazione, vorrei solo aggiungere che, statistiche alla mano,  i piloti portuali di tutto il mondo, sono soggetti all’infarto del miocardio, purtroppo, dalle ultime rilevazioni, pare che i dati siano tuttora in salita.

In questo senso il tributo pagato dai piloti del porto di Genova era  noto nell’ambiente, così com’era ben noto che altre manovre portuali, della mia epoca, richiedessero un cuore d’acciaio.

Una manovra sofferta… a causa di un residuo di vecchia tecnologia!

Navi a vapore con interni di legno e lucidi ottoni, lente e silenziose come vele d’altri tempi, sfidavano ancora le potenti e veloci containers, dotate di bowthruster e  spaziali consolle, collocate al centro dei ponti di comando, sempre più simili ad aerei.

La piccola storiella che mi accingo a  raccontare, più d’ogni considerazione teorica, può esprimere il senso del divario tra due tecnologie  che  hanno convissuto nella stessa epoca, definita ormai tecnologica, ancora per molti decenni.

Nel 1975, durante il mio periodo d’allievo pilota, circolavano ancora  per i sette mari vecchie navi a vapore, per la verità in numero assai limitato. Ne conoscevo alcune per averle attaccate con i rimorchiatori in porto, ma ne ignoravo le qualità manovriere e soprattutto la potenza.

Una mattina, con vento fresco di tramontana, mi trovai insieme al pilota G. Salomone a bordo di una carretta greca di 10.000 tonnellate, in partenza da calata Bettolo.  La nave, già scostata dal vento, aveva  anche la prora  in direzione dell’uscita di levante.

Il pilota chiese al comandante il permesso di lasciarmi  manovrare sotto la sua responsabilità. Com’era suo costume, il buon Giovanni abbandonò il ponte di comando e se n’andò sull’aletta. In pratica mi lasciò solo, dicendomi soltanto di fare molta attenzione alla manovra. Forte della mia esperienza portuale non riuscivo, in tutta onestà, a classificarla come una manovra complicata.

Con eccessiva disinvoltura, diedi il “molla tutto da terra”. Mi feci allargare un po’ di più dal rimorchiatore di prora e poi li mollai entrambi, per avere l’elica libera e poter accelerare, con il vento al traverso, nella zona del taglio di Calata Canzio, che all’epoca era molto più stretto.

Era la prima volta che manovravo  una vecchia nave a vapore, vuota e trasandata come una vecchia tramp d’altri tempi. Nei due mesi  di tirocinio d’allievo, infatti, mi ero esercitato soltanto su navi moderne, potenti e sopratutto dotate di timoni compensati, ad ampio settore.

Nel momento in cui notai “cadere” eccessivamente la prora, diedi l’ordine al timoniere: “tutto a sinistra”, ma la nave rispose come s’avessi detto “5° a sinistra”. Ripetei l’ordine, ma la resa era quella… La stessa cosa successe quando aumentai la potenza della macchina alternativa. La nave aveva  una limitatissima potenza, un abisso, rispetto ad una nave moderna di pari stazza. Ormai avevo liberato i rimorchiatori, credendo che potessero ostacolarmi la manovrabilità …

La situazione era disperata. Si scivolava dolcemente, di pancia, verso la diga. Quando pensai di dare fondo l’ancora, era ormai troppo tardi.. “la mia carriera finisce qui, oggi!!” Pensavo disperato. Ma il buon Giovanni, memore delle sue esperienze personali, aveva già bloccato, dall’aletta sottovento, un “rotore” che stava rientrando alla base, e gli fece segno di mettersi a spingere a centro-nave.

Nonostante la provvidenziale spinta di Stea Mora, passammo talmente vicino al taglio della Canzio, da poter contare le gritte sul lato della Volpara.

Giunti in avamporto, Salomone entrò in timoneria e non disse nulla. Fui io stesso a chiedergli perchè  mi avesse abbandonato….

Io ti avevo avvertito” – disse con la sua celebre calma olimpica - che non era una manovra facile. Non sentirti in colpa! Hai fatto in ogni caso una buon’esperienza. Credo che tu abbia imparato moltissimo dagli errori che hai fatto…  molto di più di qualsiasi spiegazione da parte mia”.

Ritorno alla manovra teorica ed allo sfruttamento estremo delle risorse tecnologiche della nave.

Crisi istituzionali, scioperi, cali di traffico, l’assestamento ed infine la ripresa del nostro porto; questi furono i fatti che caratterizzarono buona parte degli anni ’80.

I piloti si difesero da queste calamità, diminuendo l’organico da 34 a 22 unità, ma i dipendenti della Corporazione da stipendiare: impiegati, pilotini, tecnici, ed addetti ad altri servizi, rimasero in ogni caso una quindicina.

Questo motivo prettamente economico, sullo sfondo di una  tradizione contraria a qualsiasi forma di sindacalismo politico, consigliò i piloti a perseverare sulla loro strada solitaria, nella peculiare condizione di dipendenti di se stessi e della Capitaneria di porto.

Questa situazione “particolare” vide, purtroppo i piloti soli ed assestati in prima linea, specialmente durante lo sciopero degli altri Servizi portuali, ed in particolare quello del personale dei rimorchiatori. Non tutti in porto, ovviamente, capirono le loro necessità di sopravvivenza e purtroppo si aprì una ferita che impiegò un po’ di tempo a guarire.

Ho preso spunto da questi storici avvenimenti per ricordare che, in quelle non poche giornate, i piloti hanno vissuto, dal punto di vista professionale, paradossalmente, i giorni più brillanti della loro storia professionale.

E’ forse giusto ricordare che dagli scioperi dei dipendenti della Società Rimorchiatori Riuniti, furono esclusi i traghetti e le emergenze, ed è altrettanto utile ricordare che, da parte dei piloti, non si cercarono atti d’eroismo e neppure lavori degni d’encomi, riconoscimenti ufficiali o cose di questo tipo.

Tuttavia, escluse le manovre ritenute impossibili, a causa del consueto  utilizzo di quattro o più rimorchiatori, tutte le altre navi entrarono ed uscirono regolarmente dal porto, senza il minimo danno. Ad un lavoro di routine, basato sulla velocità e la sicurezza, si passò ad un sistema più lento e studiato nei minimi particolari. Tutto ciò fu possibile perché il pilota di turno, indipendentemente dall’età e dall’esperienza maturata, s’impegnò strenuamente nella preparazione della “sua” performance, partendo da quella manovra teorica che aveva studiato a scuola e dallo sfruttamento adeguato della tecnologia della “sua” nave.

Il pilota di turno non spinse mai il comandante ad entrare in porto, oppure ad uscire senza l’aiuto dei rimorchiatori. Il pilota, ascoltava le caratteristiche della nave:

Effetto elica, eventuale potenza del Bow Thruster (elica di prora).

- Velocità timone.

- Potenza macchina alle varie andature.

- Pescaggio.

- Superficie velica.

- Caratteristica dell’ancora per l’eventuale dragaggio, o girata ecc..

Con questi dati, il pilota esponeva al comandante la “sua” soluzione, adattandola, ovviamente, alle condizioni del vento e della corrente di quel momento.

Ogni pilota che rientrava in Torretta ripeteva come un ritornello ciò che il comandante gli aveva appena detto:

“Pilota, se te la senti di portarmi fuori (o dentro) senza rimorchiatori, io sono a tua disposizione !”.

In quelle giornate d’estrema tensione nervosa, i piloti, manovra dopo manovra, scoprirono  il loro enorme  potenziale professionale, che era sconosciuto persino a se stessi.

Di quelle giornate, veramente stressanti, ne ricordo una in particolare. Credo sia stato un sabato, con vento di scirocco, sui 20/22 nodi, nel giugno del 1986.

Alla fine del turno giornaliero, contammo 54 lavori, tra arrivi e partenze. Tra cui una decina di navi passeggeri: le “vecchie” a turbina: Amerikanis, Britanis, Ellinis, girate tutte sull’ancora davanti a Ponte dei Mille, e poi Eugenio C.- Enrico C.- Ausonia ecc..

Alcuni episodi di tecnologia estrema.

La tecnologia navale nel frattempo fece passi da gigante. Me ne resi conto agli inizi  degli anni ’90, allorché un comandante norvegese, durante la manovra d’ormeggio all’Isola (Multedo),  mi spiegò che la sua nave (non ricordo il nome) era un “prototipo” e che era stata  costruita per navigare senza equipaggio, vale a dire, per essere  telecomandata da terra.

Mi fece visitare le centraline che raccoglievano i dati provenienti dai sensori dislocati in ogni parte della nave. Quelli dello scafo, per esempio, misuravano le pressioni esterne: la forza del mare, del vento, la corrente e le varie temperature.  Tutti i dati, elaborati dal computer di bordo, erano poi trasmessi, automaticamente, alla centrale dell’Ufficio Operativo dell’Armamento di Bergen.

Sullo studio delle schede ricevute,  il Responsabile avrebbe impartito gli ordini operativi alla nave.

Il comandante mi spiegò, inoltre, che il sindacato norvegese dei capitani di l.c. prese una ferrea posizione contro questa forma di “wild tecnology” e che  era in corso un dibattito internazionale sulla questione, che implicava anche temi ecologici, antropologici, etici oltre che economici.

La crescita della Automazione Navale, per mezzo dell’informatizzazione estesa e diffusa a partire dalle costruzioni degli anni ’80, cambiò il modo di pensare, di parlare, di studiare e quindi di navigare. I piloti, per un certo periodo, erano rimasti ai margini di questa dirompente innovazione, perchè i tradizionali ordini di manovra alla macchina-e-timoniere erano, in ogni caso, mediati dal comandante della nave, che li trasmetteva secondo la rinnovata tecnologia di bordo.

Alcuni anziani piloti si arresero quasi subito. Il gap era soltanto psicologico, ma parve loro insormontabile. Ricordo con tenerezza, che un collega della vecchia guardia, verso la metà degli anni ’90, raccontò di essersi trovato su una nave-passeggeri, in viaggio inaugurale, sulla quale non esisteva più il telegrafo, in tutte le sue versioni, e neppure la figura del timoniere. Ricordo perfettamente l’episodio e lascio quindi la parola al collega stesso: “Il comandante, dopo aver scostato la nave dalla banchina, m’invitò a prendere in mano il joystick e fare la manovra di uscita dai Ponte dei Mille…

Per una questione d’orgoglio e cercando di ricordare quello che  imparai sulla play-station di mio nipote, non battei ciglio e ringraziai anzi il comandante per la fiducia. Purtroppo, non  mi accorsi subito che i comandi avevano un’impostazione invertita rispetto alla nostra normale metodica. Giunti in avamporto, anziché venire a sinistra verso l’uscita di levante, la nave accostò a dritta verso il Porto Nuovo. La velocità anziché diminuire, aumentò. Ci fu un po’ di panico! Ma si rimediò in tempo. Tuttavia, non ricordo d’aver mai visto la diga così da vicino… persino i cani randagi ci abbaiavano….forse erano convinti di essere speronati…”

Occorre dire che i giovani piloti contribuirono alla risoluzione del problema, portando nuova linfa e soprattutto la giusta mentalità in Corporazione. In seguito, stimolati anche da altri eventi, come la costruzione della Torre di Controllo, per la quale i piloti si erano tanto battuti, iniziò nella vecchia Torretta una vera e propria sana competizione  per un completo aggiornamento di telematica.

Nasce la Torre di Controllo  per un servizio tecnologico avanzato.

-Più cemento per le strutture logistiche a terra, significa meno acqua di manovra per le navi che hanno dimensioni sempre maggiori.

Questo è il primo problema che assilla comandanti e piloti dei porti della nostra epoca.

-Nelle ore di punta, il porto cambia continuamente scenari, in un divenire di situazioni dinamiche sempre più pericolose, specialmente alla presenza del traffico costantemente in crescita. Questo è il secondo problema.

Le due caratteristiche, comuni ai grandi porti integrati, dotati di 3-4 imboccature, fu presa in considerazione come un reale problema da risolvere, alla fine degli anni ’80 e dopo forti pressioni dei piloti, fu risolto alla metà degli anni ’90 con la costruzione della Torre di Controllo del traffico.

Sotto quest’aspetto, la direzione globale del traffico, via radio, rispose alla moderna esigenza del traffico navale, sintetizzato nello slogan:

“snellimento del traffico nella sicurezza”.

Contemporaneità di manovre

Linea Blu (Daniela Bianchi nella foto) in visita alla Torre di Controllo.

L’esercizio di quest’attività rappresentò una nuova specializzazione ed un nuovo impegno per il pilota portuale e comportò, rispetto al vecchio sistema, responsabilità oggettive molto importanti. Si trattava, in sintesi, di fornire ai comandanti ed ai piloti a bordo, informazioni e consigli su vento, corrente, traffico in corso, servizi disponibili, e di risolvere tutte quelle situazioni che esulavano, normalmente, dalla vera e propria manovra tecnica per la quale il pilota era tradizionalmente preposto e preparato.

Il pilota che presidia in questo momento la Torre di Controllo, rappresenta la moderna figura del Traffic Manager, cui fa riferimento l’Autorità, e gli altri soggetti dello shipping: Agenzie, Spedizionieri, Portuali, Giornali, Marittimi e  navi, ovviamente. La stessa persona, dopo qualche ora di servizio, si sdoppia, imbarca sulla pilotina, ritorna ad essere un pilota che esce incontro alla nave.

La globale esperienza del pilota viene così messa al servizio, non solo della nave in senso tradizionale, ma anche al servizio della città mercantile e soprattutto al servizio della sicurezza di tutti.

L’attività della Torre di Controllo può essere svolta con diverse modalità. In Europa, questi Centri Direzionali operano, da molti decenni, secondo schemi non sempre omogenei tra loro.

2000- La Nuova Torre di Controllo del Traffico, vista dalla Tall Ship “Simon Bolivar”

Il tempo ci dirà se il prezioso “strumento genovese” sarà stato utilizzato secondo la restrittiva logica del semaforo cittadino, con esclusivi compiti di polizia, oppure, se lo stesso è  interpretato perseguendo gli obiettivi originali, che erano: la guida dinamica delle navi, l’abbattimento dei  tempi morti, l’organizzazione di sorpassi di navi lente in sicurezza, lo stabilimento di precedenze che snelliscano il traffico senza penalizzare una parte d’utenti, la distribuzione dei servizi disponibili secondo i metodi più razionali ed economici.

1900- La vecchia Torre dei Piloti a Molo Giano, guardata a vista da una “barcaccia”.

Per ottemperare a tutto ciò, di una nave, occorre conoscere la tecnologia teorica e pratica che sono le curve evolutive, gli spazi d’arresto, le accelerazioni, i loro comandanti persino nelle loro capacità tecniche e decisionali.

A mio  giudizio, questi parametri possono essere interpretati soltanto da chi frequenta quotidianamente le navi e le conosce profondamente nella loro globalità e  particolarità.

Gli spostamenti di una nave avvengono in spazi molto ampi. Le collisioni, per fortuna, sono sempre più rare.

La manovra navale rappresenta invece l’aspetto più delicato e complesso del viaggio, perché si svolge in acque sempre più ristrette e coinvolge  altri utenti, che trasportano carichi importanti e a volte pericolosi.

Il futuro è già qui.....

La pilotina Pegaso in navigazione nel mare lungo.

A Le Havre i piloti hanno messo i “rotori”

Vorrei concludere questo Album di ricordi personali, con una graditissima testimonianza: il Direttore di Macchina, quasi mai compare come un personaggio nella letteratura marinara del pianeta, un po’ per la sua innata modestia, ma credo, soprattutto, perché oscurato dal cono d’ombra proiettato dal Comandante, figura che da sempre rappresenta, in esclusiva, il padrone del vapore. Tuttavia, dai miei ricordi personali, traggo questo sincero sentimento: il D.M. che si è trovato al mio fianco, sia su  una grande nave passeggeri, sia su un rimorchiatore portuale o d’altura, oppure sulla piccola pilotina, ha sempre rappresentato: LA MIA META’ ed oserei dire, senza falsa modestia, la parte migliore di me, cioè la parte che non possedevo. A riprova di tutto ciò c’è questa mia, pur “piccola”, ma entusiasta risposta alla chiamata  dell’amico D.M. Silvano Masini, compagno di tante  avventure sui rimorchiatori, dopo 40 anni di lontananza e mai d’oblio.

Rapallo, 13.02.12

Carlo GATTI

Il presente saggio é saggio é stato pubblicato nel libro

“APPUNTI DI STORIA DELL’AUTOMAZIONE NAVALE E DINTORNI

(Estate 2006)

Autori: Silvano Masini – Gian Luigi Maggi


L'Uso della BOZZA sul Rimorchiatore, un artificio che viene da lontano...

L'uso della BOZZA sul Rimorchiatore

un   artificio che viene da lontano...

 

C’era un tempo, che si può dire definitivamente archiviato agli inizi degli anni ’90, in cui la tecnica di rimorchio, usata nei porti principali del mondo, era molto complicata.

Ogni rimorchiatore portuale aveva una sua particolare “costruzione navale” che risentiva dell’età, della provenienza e dell’impiego.

La seconda guerra mondiale aveva poi immischiato le carte, cioè i motori, le architetture, le funzionalità, la logistica. Molti rimorchiatori erano residuati bellici: scafi grandi con scarsa potenza e scafi piccoli con grande potenza. C’erano macchine a vapore e motori Diesel che, con il freddo della tramontana, si mettevano in moto, soltanto, come certe femmine…. per opera di mani “sapienti”, che avevano ricevuto il crisma segreto di qualche “mago-sacerdote”…

Il Comandante Rr era la prima vittima di bordo e  se voleva “vedere” il rimorchio ed il pilota, doveva lavorare sulla porta aperta del ponte di comando, perchè le scialuppe di bordo, (mai messe in mare), le gigantesche maniche a vento e le ciminiere sproporzionate, davano sicuramente prestigio e visibilità alla Società RR con la loro imponenza,  ma  la toglievano al Comandante, che spesso era costretto a ballare da una parte all’altra, come un macaco, non solo a causa del freddo, ma per lavorare, che era la prima necessità di guadagno per tutti, soprattutto per gli armatori. Ovviamente la radio VHF era ancora in fase di  studio…

Era un tempo in cui i “principali”, com’erano chiamati allora, preferivano assumere i “rivieraschi”, sicuramente per le loro doti marinaresche, ma soprattutto perché alla sera non ritornavano alle loro case e rimanevano “ospitati” a bordo per tutta la settimana, facendo la guardia “gratis” al rimorchiatore.

Poi… nel 1968, anno d’importanti rivoluzioni, apparvero in scena i primi “Rotori” a sistema cicloidale, che vederli lavorare in coppia con i rimorchiatori di legno, veniva naturale  riderci sopra, perché davano, nell’insieme, l’idea bizzarra della “multietnicità ante litteram”. Si trattò di una breve e strana convivenza di mezzi estremamente eterogenei, che avevano la stessa funzione di rimorchiare navi, ma con capacità diverse. Da questo quadretto atipico emergeva soprattutto la duttilità e lo spirito d’adattamento dei cosiddetti  “ultimi barcaccianti”.

Era un’epoca in cui, ovviamente, anche le navi che approdavano a Genova si dividevano  in piroscafi e motonavi, in  moderni “container” e gigantesche petroliere, nel “navalpiccolo” e persino qualche motoveliero che ormeggiava alla darsena e alle calate interne.

Rimorchiatore in legno Bengasi. Il più piccolo, ma tenace, della flotta RR di Genova.

Nel  panorama navale di quegli anni, anche il piccolo Bengasi di legno, alla fine della giornata aveva tanti ganci come gli altri rimorchiatori più richiesti e blasonati.

In queste poche note introduttive, s’intuisce, tuttavia, la spiegazione di quello strano fenomeno che legava il nome del rimorchiatore al suo Comandante.

Citiamo soltanto un esempio: quando gli americani sbarcarono in Normandia il  4 giugno 1944, dovettero portarsi da casa anche i rimorchiatori portuali, per aiutare una flotta di 5.000 navi a districarsi in acque ristrette, o per meglio dire, per evitare che si dessero delle pruate durante l’invasione sulle famose spiagge di Ohmaha-Juno-Gold ecc…

A guerra conclusa, i rimorchiatori superstiti del D-Day, furono acquistati ed impiegati in  molti porti Europei.

Molti ricorderanno quelli approdati a Spezia e Savona. A Genova arrivò soltanto l’Algeria, che aveva il cassero rotondo e  caso unico nella flotta genovese, aveva due eliche sinistrorse, e diverse altre peculiarità tecniche.

Il comandante “Carlin” prese il comando dell’unità e rimase, per l’eternità, l’unico conoscitore di quello strano rimorchiatore, e presto dovette rassegnarsi a rimanere a bordo fino al giorno del suo pensionamento che coincise con la  demolizione del mezzo ex-USA, avvenuto moti decenni dopo.

Ogni rimorchiatore, come dicevo, aveva la sua storia ed era diverso da tutti gli altri: Il Forte era un rimorchiatore d’altomare a vapore, lungo quasi 40 metri, che si adattò al lavoro portuale per almeno trent’anni al comando del suo fido comandante “Claudio”.

Lo stesso discorso si potrebbe fare per Olanda, Iberia, Finlandia, Tripoli, Libano e altri vecchi mastini considerati “fuori serie”.

I comandanti ed i direttori di macchina dovevano, teoricamente, essere tutti in grado di “girare” e manovrare tutti i rimorchiatori della Società RR, e tutti questi personaggi dovevano possedere nelle mani e nella testa, la capacità di gestire almeno cento anni di progresso tecnico-scientifico, distribuito su una flotta di circa 45 unità, che rappresentavano tutto ciò che c’era di più vecchio e superato, ma anche quanto ci fosse di più moderno al mondo in quel momento; infatti, con l’entrata in servizio dei “Rotori”, la Società  cambiò  pagina ed anche  mentalità.

 


I ROTORI: …. le tre uniche novità tecniche apparse in porto dalla fine della guerra….

Era l’epoca in cui i Comandanti più esperti del momento: Garilli, Pasqualin e Vittorio ricevettero l’agognato riconoscimento di passare alla guida (avevano il volante come gli autobus) delle tre uniche novità tecniche, che apparvero sulla scena portuale dalla fine della guerra: i “Rotori”, sui quali i tre moschettieri montavano di guardia in cravatta e camicia bianca, in simbiosi col nuovo ambiente di bordo che risultava troppo pulito e asettico, rispetto al resto della flotta che, lavorando, sbuffava ancora nuvole di smoke nero, puzzolente e concentrato di polverino assassino.

Dal 1968,  gli stregoni in tuta blu dell’officina di Ponte Parodi cominciarono a chiamarsi “tecnici” e indossarono una candida tuta bianca, stile-NASA e dal taschino spuntavano  penne colorate, un calibro, dei cheaps e giravano sempre con i disegni e i manuali delle istruzioni... Gli equipaggi capirono e si convinsero che le navi in entrata ed in uscita dal porto, potevano essere rimorchiate con un nuovo sistema, che era più sicuro, elegante, veloce e quando s’accorsero che finalmente potevano godere di una logistica di bordo che era pari a quella delle loro abitazioni, di notte si fermavano a bordo e ringraziavano, di cuore, gli armatori senza sentirsi presi per il c… a causa del  guardianaggio notturno, di un tempo, non retribuito.

Tuttavia, com’è noto, le trasformazioni e i cambiamenti radicali si chiamano epocali, proprio perché sono costosi e lenti da compiersi fino in fondo. Così che i rimorchiatori un po’ speciali, quelli tirati su dal fondo e più difficili da interpretare, hanno avuto una lunghissima vita e poi, molti di essi furono riciclati e venduti ai porti minori e forse lavorano ancora; magari in “bozza”…..!

Ma che significa “BOZZA”???

Abbiate ancora un attimo di pazienza e consentiteci di fare un passo indietro!

Come dicevamo…per altri vent’anni invalse l’uso, da parte del pilota, degli ormeggiatori e del  resto dell’ambiente portuale, di chiamare il rimorchiatore con il nome del suo Comandante che, di coppia con il fedele direttore di macchina, ne diventava lo “specialista”, il manovratore che conosceva, tante volte in esclusiva, i segreti più intimi, i vizi, i pregi, i difetti, le reazioni e soprattutto il comportamento in manovra. Già specialmente in “bozza”.

Molti non lo sanno, ma fu il rimorchiatore azimutale chiamato - modello UNICO - introdotto negli anni ’90, in tutti porti “trafficati” del mondo, a dichiarare superato e inutile il tradizionale rimorchiatore a elica  ed il suo famigerato uso della “bozza”.

Il tramonto di questa complicata manovra  subentrò quando finalmente gli architetti e gli ingegneri navali decisero che il gancio,  dal punto giratorio centrale del rimorchiatore, poteva essere spostato verso poppavia. Questo progresso tecnico fu possibile grazie all’invenzione di nuovi sistemi di propulsione e di governo. Vale a dire, della capacità dell’UNICO di spostarsi anche lateralmente ed alla velocità impressa dalla potenza stessa delle sue macchine.

Il rimorchiatore nell’attesa del movimento, ha abbozzato il cavo con un maniglione.

Purtroppo, fino all’introduzione del nuovo ciclo tecnologico, l’uso di abbozzare il cavo da rimorchio sulla poppa, era una necessità e nasceva nel momento in cui il rimorchiatore funzionava da freno, e tirava nella direzione opposta a quella del convoglio, dal quale era trascinato.

Essendo il gancio da rimorchio posizionato al centro, il rimorchiatore senza bozza sarebbe stato trainato di traverso, cioè a 90° rispetto al moto stesso. In questa pericolosa posizione di grande sbandamento, poteva imbarcare acqua ed affondare. Com’è noto, in quel periodo, i rimorchiatori  avevano un notevole pescaggio (4/6 metri) e la pressione esercitata sullo scafo era proporzionale alla velocità della nave.

Il rimorchiatore inglese Industry, di legno e propulsione a pale, fu costruito nel 1852 a South Shields. Era lungo 27.05 metri ed aveva una stazza lorda di 87 tonnellate.

Possiamo quindi affermare, senza tema di smentite, che il rimorchiatore, da quando nacque verso la metà dell’800, sino all’avvento dell’ultimo modello, ha dovuto usare, per circa 150 anni, il marchingegno della “bozza” per sopravvivere….

Le occasioni d’impiego erano molteplici e qui possiamo ricordarne alcune:

-    Quando la nave indietreggiava, ad esempio, verso il suo posto d’ormeggio in banchina.

-    Quando la nave faceva movimento tra una banchina e l’altra ed era “senza macchina”.

-    In navigazione in canale con macchina in avaria

-    Trasferimento di nave in disarmo, da un bacino all’altro, da un porto all’altro.

-    E naturalmente in tante altre situazioni che sarebbe impossibile, qui, analizzare.

In quegli anni, il rimorchiatore più potente e pesante del convoglio prendeva uno o due cavi a poppa della nave, mentre il più leggero e manovriero lo prendeva a prora, e metteva la Bozza essendo facilitato nello spostamento laterale e più reattivo e agile nella manovra in generale.

Ma ora lasciamo questi brevi appunti di storia portuale e c’inoltriamo, cautamente, nei meandri della didattica di manovra che non ha mai scritto e spiegato…. nessuno: La Bozza!

Avete capito bene! Ogni Comandante o aspirante tale, doveva imparare l’uso della Bozza a sue spese, per sentito dire e per aver visto… senza aver fatto commenti…in segreto. E poi era anche così difficile da spiegare che, anche i più democratici di loro, non trovavano le parole giuste……

Proviamo ora, nel 2007, per il puro gusto della ricerca d’archivio, ad entrare nel dettaglio di questo arcano mistero e svelare quel poco che ci è rimasto di quei ricordi ormai lontani, travolti  e passati di moda, anzi da tante mode….

Siamo nel 1968 ed entriamo in cronaca diretta….

In condizioni meteo normali, una nave di media stazza, in arrivo, prende due RR e li attacca: uno a prora e l’altro a poppa. L’ormeggio finale è un pontile a dente del Porto Nuovo di Sampierdarena (Ge).

Il convoglio procede in canale trainato dal rimorchiatore di prora. Quello di poppa segue la nave lateralmente “alla via” (in genere dalla parte da cui spira il vento). Quando il convoglio arriva nella zona vicina all’ormeggio, si ferma tra le due testate, la nave viene girata e poi inizia ad indietreggiare.

I Regolamenti Portuali prevedono, per ragioni di sicurezza, che la nave ormeggi con la prora fuori, per essere pronta a muovere in caso d’emergenza.

Il rimorchiatore posizionato a prora, ha avuto nella prima fase, in canale,  una funzione propulsiva.  Nella seconda fase, quella giratoria, aiuta la nave ad accostare per farle assumere la posizione parallela alla banchina. Durante l’accostata, il Comandante del rimorchiatore prodiero deve trovarsi nella giusta posizione per trattenere e calibrare la battuta della nave verso la banchina, ma deve essere anche pronto a mettere la bozza, perché la nave sta già indietreggiando.

Rapidamente, anche manovrando indietro con la macchina, dovrà creare l’imbando del cavo da rimorchio, farlo poggiare in coperta, possibilmente nella zona poppiera centrale del rimorchiatore, permettere ai marinai di bloccarlo con una bozza all’apposita bitta a croce, dargli il tempo di dare volta in sicurezza, ed infine far venire, lentamente, il cavo in forza senza strappare le bozze.

Se la nave deve indietreggiare di 100/200 metri, è facile che prenda abbrivo, allora il Comandante del Rr in “bozza” dovrà trovarsi sempre nella giusta posizione, pronto ad aiutare la nave:

- allargandola dalla banchina,

- oppure portandola verso la banchina, in funzione della direzione e forza del vento e delle battute che essa prenderà.

Il Rr in bozza è trascinato, quindi subisce la velocità del convoglio. Per questo motivo si trova nella sgradevole situazione di passività, con il rischio d’essere ingovernabile, ciò significa che potrebbe non risponde ai comandi del timone e quindi di non poter più essere utile alla nave, non solo, ma di esserle di danno.

A questo punto, il Comandante del Rr in bozza deve fare appello al suo decisionismo,  freddezza, abilità, tempestività. Deve tenere sotto controllo la velocità della nave. Non  deve farsi  travolgere in una corsa pericolosa e senza senso.

Per ottenere questo scopo, ha  due armi a disposizione:

1° - Frenare il convoglio.

Pur assecondando il moto indietro della nave, deve conservare una riserva di potenza che gli consenta, in qualsiasi momento, di realizzare la sua manovra: scivolare in modo agile,  da un lato all’altro della nave, per correggere, fare da timone e salvaguardare  la nave da collisioni contro le opere portuali, ostacoli vari o altre navi.

2°  -  Allascare la bozza.

Nell’attimo in cui la nave è sotto controllo, diminuisce il tiro, il cavo viene in bando e

il Comandante Rr  fa allascare  la bozza di uno/due metri ed acquista agilità di manovra.

La quantità del lasco dipende dall’accostata che prevede di fare, sulla base delle difficoltà in corso (buio, presenza di vento, corrente, nave scarica o di grande pescaggio, presenza di altre navi, di mancine ecc…)

La buona riuscita della manovra dipende dal coordinamento tra i due rimorchiatori, che conoscono esattamente le difficoltà dell’altro, in ogni momento. Ma non è sufficiente! Per il buon esito della manovra, il pilota della nave deve sempre valutare in anticipo, se la velocità assunta dalla nave, in un dato momento, sia quella giusta e non superiore alle capacità di recupero del rimorchiatore in bozza, in quelle particolari condizioni.

Da queste brevi considerazioni, si evince l’importanza del ruolo giocato dalla conoscenza reciproca tra Piloti e Comandanti Rr, tra gli stessi Comandanti Rr e, soprattutto, l’obbligo di tutti i partecipanti alla manovra di conoscere a fondo le qualità e le difficoltà del rimorchiatore in bozza in ogni momento della manovra.

 

Esempio di bitta particolare che ha la funzione di “bozza” su un rimorchiatore “tractor” moderno che lavora alla corta e ricorre al sistema del cavo bozzato.

Spulciando nei nostri ricordi personali, dobbiamo dire d’aver visto all’opera degli autentici artisti. Mi riferisco ad alcuni Comandanti Rr, che nei momenti di grande difficoltà, a causa del forte vento, inventavano balletti prodigiosi, in silenzio e con estrema facilità, e si trovavano, sempre, nella giusta posizione.

Era bello guardare la manovra più temuta del porto, trasformata in un raffinato spettacolo per pochi fortunati, che potevano godere dal vivo quelle rare acrobazie, che scaturivano direttamente dal manuale dell’arte della manovra. Non fraintendeteci! Non parliamo del manuale  scolastico, ma di quello magico, che l’intuito marinaresco sa donare soltanto ai più sensibili uomini di mare.

Durante queste manovre  il Pilota ed il Comandante del rimorchiatore non si parlavano mai, non si scambiavano fischi, commenti ecc.. era il segnale “che si capivano al volo”! E la manovra riusciva perfetta perché era corale, d’équipe, senza protagonismi, senza isterismi.

Saper lavorare in bozza era quindi il termometro che misurava la capacità tecnica di un Comandante Rr. Essi erano bravissimi, bravi, così-così, oppure scarsi, in funzione dei pericoli che, in generale, facevano correre alla nave ed al loro stesso equipaggio.

Lo standard delle capacità dei barcaccianti è sempre stato  elevatissimo per tradizione. Per molti decenni sono stati considerati i migliori del mondo e certi lusinghieri giudizi li abbiamo ascoltati con i nostri orecchi di piloti…ex-barcaccianti!

Quando entrarono in linea i tre super-manovrieri “Rotori”: INDIA, ISTRIA e PANAMA, toccò a loro, a furor di popolo, dover occupare il posto della bozza perché, di fatto, avevano il gancio a poppa e non temevano, come gli altri Rr di essere traversati e rovesciati nel moto indietro e, inoltre, erano anche dotati della spinta laterale che garantiva alla nave prestazioni mai viste prima.

Tuttavia, occorre anche precisare che nella storia dei Rimorchiatori portuali genovesi, ci sono stati dei “vuoti tecnici generazionali” dovuti anche alla gelosia di tanti anziani Comandanti che, come tanti Piloti della stessa epoca, erano contrari a lasciar la direzione della manovra agli allievi in prima persona.

Probabilmente la Società RR sarebbe dovuta intervenire,  nominando Istruttori, alcuni dei loro più giovani e bravissimi Comandanti: Marietto, Ragonetto, Florindo …..con lo scopo di stabilire una programmazione dei “quadri” ed imporre una visuale operativa meno personalizzata e meno mitizzata del lavoro.

A difesa della vecchia generazione possiamo affermare che i Comandanti Rr di quei tempi, come pure tanti Piloti del Poto, si “erano fatti” da soli, spesso attraverso storie personali difficili, di guerre, affondamenti, miserie e sofferenze. Avevano avuto poco! In epoche assurde e antidemocratiche, e quel poco era  la loro ricchezza e non erano disposti a cederla…..

Carlo GATTI

Rapallo, 12.02.12