OGNI ANNO SPEZIA RICORDA

“LA PORTA DI SION”

UNA STORIA CHE NON TUTTI CONOSCONO


Pagina dimenticata quella dell’Operazione Exodus che ci fornisce l’idea di una città che ha fatto dell’accoglienza e della solidarietà la propria carta di identità. Spezia, infatti, è conosciuta come “porta di Sion”.

Alla fine della seconda guerra mondiale il golfo spezzino divenne la base di partenza degli scampati ai lager nazisti, che ora guardavano al mare con la speranza di lasciarsi alle spalle le guerre e gli orrori nazisti dei lager.

Nel porto di Spezia erano pronte a partire due imbarcazioni, la FEDE di Savona e il motoveliero FENICE, che avrebbero condotto 1014 profughi ebrei nella loro “terra promessa”: Israele. Tutto era pronto, ma alcune navi inglesi bloccarono l’uscita dal porto alle due imbarcazioni venendo a creare così una situazione di crisi internazionale. I profughi a bordo della nave dichiararono lo sciopero della fame e riuscirono così ad attirare l’attenzione delle maggiori autorità inglesi (autorizzate a controllare l’afflusso in Palestina) che cedettero alle volontà dei profughi.


SPEZIA

Monumento commemorativo

Dalla Porta di Sion alla Terra Promessa

Un cuore spezzato e le onde del mare che lo raccolgono

 

Il 17 giugno 2019, su questo Molo Pagliari, nel punto in cui all’epoca c’era la “Porta di Sion”, é stato inaugurato il monumento alla memoria:

SULLE ALI DELLA LIBERTA’

alla presenza di una delegazione di Israele e dalla vice ambasciatrice in Italia, a ricordo delle vicende del 1946.


Presenti il rabbino capo di Genova Giuseppe Momigliano e i discendenti dei protagonisti di quell’evento, i nipoti di Yehuda Arazi e Ada Sereni, alla cui memoria è stata dedicata la piazza all’inizio del molo. All’inizio dell’anno in corso 2020, il percorso della memoria é visitabile da tutti. Un messaggio che il Comune di Spezia lancia alle generazioni future.

Il monumento commemorativo, insieme a un percorso espositivo su molo Pagliari, in forma di simbolo rappresenta quella che probabilmente è la vicenda storica più importante della città di Spezia e che nel 2006 le è valsa la medaglia d’oro al valore civile.


Perché SpeziaPorta di Sion?

Perché da qui, dopo la Seconda guerra mondiale, partirono navi cariche di ebrei che cercavano una vita migliore nel futuro Stato d’Israele.

Per la grande solidarietà che gli abitanti di una Spezia devastata dalle bombe seppero dimostrare nei confronti di migliaia e migliaia di ebrei sopravvissuti all’Olocausto.


LO STORICO MOLO PAGLIARI

Nel 1946, da questo molo salparono la Fede e la Fenice e, nel 1947, salpò la storica nave Exodus.


La FENICE ribattezzata ELIAHU GOLOMB


La FEDE

I loro corpi avevano conosciuto la persecuzione nazista, lo sterminio, la Shoá, l’inferno dei lager, ma ora, come ci mostra la foto, questi reduci guardano al mare con la speranza di lasciarsi alle spalle l’Europa degli orrori e di raggiungere la “Terra promessa”.


La nave EXODUS 1947

IL PREMIO EXODUS 2019


“L’importanza che la città della Spezia riserva ogni anno al premio Exodus
– dichiara Marina Piperno – rivela la sensibilità e la volontà di tenere viva la storia e la memoria degli eventi che hanno fatto della città e dei suoi cittadini un importante luogo di riferimento per tutto Il mondo ebraico e per coloro che hanno a cuore la storia del nostro Paese”.

Lia Levi scrittrice e giornalista, è stata insignita del “Premio Exodus 2019” con la seguente motivazione: “In riconoscimento del profuso impegno nell’attività di testimonianza della Shoah e nella promozione della conoscenza della cultura e religione ebraica in Italia e in Europa”.


Marina Piperno è stata insignita della “menzione speciale Exodus 2019” con la seguente motivazione:
“In riconoscimento della sua attività di ricerca attraverso l’arte cinematografica e documentaria delle diaspore delle famiglie ebraiche italiane nel Novecento”.

Levi ha accolto con gioia la notizia del riconoscimento: “A volte capita che ti passi per la testa

l’idea che bisognerebbe inventare delle nuove parole per esprimere nella loro complessità certe specifiche sensazioni e pensieri che ti si stanno muovendo da dentro. Ecco, ci troviamo oggi proprio davanti a uno di questi casi – dichiara Lia Levi – La notizia che il Comitato Scientifico di una città come la gloriosa La Spezia (medaglia d’oro al merito per la tangibile solidarietà offerta agli ebrei sopravvissuti allo Sterminio) mi ha scelta come destinataria del premio Exodus mi è stata fonte di profonda emozione. Quelle “nuove parole” che mi piacerebbe usare per esprimerla al meglio, si sa, non esistono. Vi prego perciò di accettare quelle che accompagnano tutti i giorni mettendoci voi, attraverso le misteriose vie dello spirito, quella carica di reminiscenze, entusiasmo e commozione che spero di essere riuscita a trasmettere. Un grande rabbino ha detto che l’ebraismo, con la sua scontentezza sacra non pretende certo di cambiare il mondo ma solo di “aggiustarlo”. E questa mi sembra essere anche la forza portante della gente della Spezia e di tanti altri che riescono ad operare per render migliore il nostro pianeta”.


Pagliari e Fossamastra al centro di un percorso del ricordo degli eventi del 1946 che legano per sempre Spezia e Israele

UN PO’ DI STORIA

Il Mediterraneo, negli del primo dopoguerra, é attraversato da un popolo in fuga, reduce dalla sua più grande tragedia e disposto a tutto pur di ritornare alla terra lasciata 2000 anni prima. Dalle nostre coste salparono in massa per raggiungere clandestinamente la Palestina, o come preferivano chiamarla, Eretz Israel, la terra di Israele.

Il nostro Paese, pur devastato dalla guerra, offrì loro rifugio e li aiutò a partire dai suoi porti, sicuramenti gli italiani di allora sentivano il peso di scelte sbagliate: come l’infamia delle leggi razziali di pochi anni prima, e sentivano il dovere di farsi perdonare.

IL PROBLEMA: la Gran Bretagna, potenza occupante, sia in Italia che in Palestina, si oppose con tutte le forze a questo esodo di massa per non contrariare gli arabi in rivolta che temevano di diventare minoranza in quel paese.

Il Mossad le Aliyah Bet (organizzazione segreta, progenitore del famoso servizio di intelligence israeliano) fu incaricato da Ben Gurion di portare in Eretz Israel il maggior numero di ebrei della diaspora e spingere la comunità internazionale ad approvare la nascita dello stato di Israele.

Due capi di grande intelligenza e audacia entrarono in scena: Yehuda Arazi e Ada Sereni. Lui, soprannominato “il re degli stratagemmi”, ricercato dagli inglesi che avevano messo una taglia sulla sua testa per aver rubato armi in quantità dai depositi britannici per conto dell’Haganà.

Lei, alto borghese romana d’origine, espatriata negli anni 20 in Palestina, dove aveva fondato insieme al marito Enzo, un eroe del sionismo, il kibbutz Givaat Brenner, e ora pronta ad usare tutte le sue conoscenze italiane per aiutare la causa. Abbiamo incontrato, esperti e testimoni diretti e indiretti, come i discendenti di Yheuda Arazi, e Ada Sereni; e ripercorso i luoghi di questa vicenda, un giallo politico intricato e appassionante, ma anche una toccante storia umana di cui ora vi proponiamo uno stralcio.

Il Comandante Yehuda Arazi, conosciuto con diversi pseudonimi e costretto a celarsi sotto false spoglie, racconta la nipote, guidava l’Istituto per l’emigrazione illegale sorto nel 1938. Il caso internazionale del maggio 1946, il cui epicentro fu proprio il porto della Spezia, vide le imbarcazioni Fede e Fenice preparate a trasportare 1.014 profughi.

La Gran Bretagna, forza occupatrice, regolamentava l’afflusso controllato dei sopravvissuti in Palestina, indicato in 75.000 ebrei da rimpatriare in cinque anni. Ma tale numero si rivelò decisamente insufficiente: l’Europa rifiutava gli ebrei di ritorno dai campi di sterminio, già vittime di un forte senso di straniamento, e ciò aumentò il desiderio della comunità internazionale di ritornare verso la propria terra promessa. Arazi radunò così il flusso migratorio verso i porti italiani, in particolare in quello spezzino, presso il quale la comunità ebraica, ferma sulle banchine per settimane, ricevette, dopo un primo sospettoso approccio, forte solidarietà dagli spezzini.

Il governo britannico continuava a fermare la missione clandestina di Arazi, e le imbarcazioni non potevano partire. Gli spezzini, intanto, continuavano a portare cibo e conforto alla gente ammassata sulla banchina, piena di speranza e al contempo esasperata.
Fu proprio il sostegno della gente locale, la resistenza dei profughi marcata con un lungo sciopero della fame, l’attenzione dei media internazionali e la visita di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito Laburista britannico, che portarono in ultimo le autorità londinesi a decidere di far salpare le due imbarcazioni dal Molo Pirelli, a Pagliari, alle ore 10 dell’8 maggio 1946.
In particolare fu con Harold Lasky, che sollevò la necessità di non affamare uomini, donne e bambini che già avevano patito sofferenze indicibili, che Arazi intavolò un’appassionata trattativa per raggiungere l’obiettivo.

La prima nave di profughi, il Dallin (già Sirius) partì da Monopoli il 21 agosto 1945 con soli 35 immigrati a bordo.


La questione dell’immigrazione ebraica scoppiò come caso internazionale nel maggio 1946: l’epicentro della crisi divenne il porto della Spezia dove erano in allestimento due imbarcazione, la Fede di Savona e il motoveliero Fenice, pronte a trasbordare 1.014 profughi. Come in parte abbiamo già visto, oltre a Yehuda Arazi, detto dottor Paz, l’operazione La Spezia fu preparata da Ada Sereni e Raffaele Cantoni, responsabile della comunità ebraica italiana.

Così nella notte tra il 7 e l’8 maggio 1947 la nave Trade Winds/Tikva, allestita in Portogallo, imbarcò 1.414 profughi a Porto Venere. Nelle stesse ore era giunta nelle acque Golfo della Spezia, proveniente da Marsiglia, la nave President Warfield, un goffo e pesante battello. La nave venne ristrutturata nel cantiere dell’Olivo a Porto Venere per la più grande impresa biblica dell’emigrazione ebraica: trasportare 4.515 profughi stivati su quattro piani di cuccette dall’altra parte del Mediterraneo.

Ma soprattutto quell’operazione godette dell’aiuto di tutta la città della Spezia, già stremata dalla guerra e distrutta dai bombardamenti. Proprio il sostegno della gente, la resistenza dei profughi, l’intervento dei giornalisti di tutto il mondo e la visita a bordo di Harold Lasky, presidente dell’esecutivo del Partito laburista britannico, costrinsero le autorità londinesi – le cui navi bloccavano l’uscita dal porto della Spezia – a togliere il blocco alle due imbarcazioni che salparono dal Molo Pirelli a Pagliari alle ore 10 dell’8 maggio 1946.

 


LA NAVE EXODUS

A narrarci le peripezie dei profughi dello sterminio ebreo ci ha pensato nel 1958 Leon Uris con il celebre romanzo EXODUS, tema ripreso nel libro Il comandante dell’Exodus di Yoram Kaniuk, incentrato sulla figura di Yossi Harel, classe 1919, il marittimo che cercò di portare a Haifa ottomila occhi che avevano visto l’inconcepibile… tanti bambini e orfani, volti dal sorriso indecifrabile.

A EXODUS fu dedicato anche un bellissimo film del 1960 di Otto Preminger interpretato da Paul Newman, Peter Lawford e Eva Marie Saint.

Paul Newman nel film di Otto Preminger “Exodus” del 1960

 

La Exodus mosse da Porto Venere ai primi di luglio del ’47, sostò a Port-de-Bouc….

Purtroppo in quel celebre film s’ignora totalmente il vergognoso cambiamento di rotta della nave EXODUS dopo la sosta nel porto francese Port-de-Bouc, nel Golfo del Leone, in cui i profughi rifiutarono lo sbarco e gli inglesi li riportarono in Germania ad Amburgo; li fecero sbarcare con la forza e l’inviarono nel campo di Poppendorf, un ex lager trasformato in campo di prigionia per gli ebrei!

Il nome Exodus da allora significò il desiderio di giustizia per l’immigrazione ebraica. Ma solo con la fine del mandato britannico i profughi sarebbero potuti tornare in Palestina.

L’imbarcazione divenne un simbolo, prese il nome di Exodus, raggiunse le coste della Palestina, venne attaccata dagli Inglesi e avviò la nascita dello stato di Israele con tutte le conseguenze che sappiamo.


I passeggeri sulla nave nell’attesa della partenza

 

La Fede, la Fenice e la Exodus si mossero tutte dal Golfo di Spezia, una dicitura che non compare nelle carte geografiche israeliana. La Spezia in Israele è infatti indicata col nome di:

«Schàar Zion», Porta di Sion.

Nel nome di Exodus la città di Spezia porta nel Mediterraneo l’idea della pace, della convivenza per il dialogo tra i popoli, e opera tramite il Comitato Euro Mediterraneo Cultura dei Mari, presieduto dal Sindaco della Spezia, Ogni anno La Spezia ospita in Premio Exodus dedicato all’interculturalità.

La nave EXODUS impiegata nelle scene del film era ben diversa da quella reale rappresentata qui sotto.

La nave dei superstiti della Shoah che sfidò gli inglesi

Il nome della nave lo conoscono tutti, grazie al kolossal hollywoodiano, tratto dal romanzo di Leon Uris, diretto nel 1960 da Otto Preminger, con Paul Newman e Eve-Marie Saint: Exodus.

Il film, come il romanzo non si riferiva solo alla vicenda reale della nave piena di profughi ebrei abbordata nel 1947 dalla marina inglese, ma all’intera nascita dello Stato d’Israele. Pur se molto romanzata, la storia della nave piena di sopravvissuti dei campi di sterminio e diretta in Palestina si basava comunque su un episodio reale, che destò immenso scalpore ovunque nel ‘47 ed ebbe certamente un peso nella decisione di far nascere Israele.

Milioni di ebrei scampati alla Shoah vivevano nei campi profughi allestiti in Germania e Austria. L’Inghilterra, che manteneva dal 1919 il Mandato sulla Palestina, aveva limitato il numero di profughi ebrei accettabile a 75mila in cinque anni. La maggior parte degli ebrei che dai campi profughi arrivavano in Palestina dovevano quindi passare per i canali dell’immigrazione clandestina. Più precisamente dovevano passare per Shàar Zion, ‘la porta di Sion’ che era e tuttora è chiamata La Spezia. Le navi clandestine partivano da qui. O almeno ci provavano. Nel maggio 1946 due imbarcazioni stracariche di profughi, la  Fede di Savona e il motoveliero Fenice furono bloccate nel porto dalle navi inglesi. I 1014 passeggeri stipati si trovarono in condizioni terribili mentre il braccio di ferro proseguiva. A sbloccare la situazione fu soprattutto la solidarietà dell’intera popolazione, seguita dall’arrivo di nugoli di giornalisti da tutto il mondo e infine del presidente dell’Esecutivo dei Laburisti Harold Lasky, che si recò di persona a portare la solidarietà del partito ai profughi. Gli inglesi alla fine cedettero e le due navi salparono l’8 maggio del 1946.

Esattamente un anno dopo salpò da Portovenere un’altra nave, la Trade Winds, ribattezzata Tikva, con 1414 profughi a bordo. Poco prima nel Golfo un’altra nave, destinata a una sorte molto più drammatica e ancora più clamorosa di quella delle navi bloccate l’anno precedente

La President Warfield era una grossa nave costruita nel 1927 nel Delaware. Per anni aveva scorrazzato turisti su e giù per il fiume Potomac, poi, nel 1942 era passata all’esercito, che la aveva usata per lo sbarco in Normandia, il 6 giugno del 1944. Due anni dopo fu comprata dall’Haganah, l’organizzazione ebraica che in quel momento si occupava di trasferire illegalmente ebrei, molti dei quali sopravvissuti ai lager, in Palestina.

Anche la President Warfield, dopo essere stata fornita di mezzi adeguati a respingere un eventuale arrembaggio inglese, inclusi tubi in grado di spargere vapore e olio bollente, partì da Baltimora diretta a Portovenere il 25 febbraio del 1947. Nel frattempo era stata ribattezzata EXODUS 1947.

SEGUE UN APPROFONDIMENTO

ECCO LA VERA STORIA DELLA NAVE EXODUS:

Nei cantieri Olivo di Portovenere l’Exodus subì un refitting in modo da poter ospitare un numero enorme di profughi, quasi 5 mila, molti più di quanti non avessero viaggiato con i carichi precedenti, per lo più partiti a loro volta da Portovenere. Dal porto ligure la nave si diresse verso Sète, sulla costa meridionale della Francia, dove il 10 luglio 1947, 170 camion trasportarono 4500 profughi ebrei, nella grande maggioranza sopravvissuti ai campi di concentramento, tra cui 950 bambini. Nella notte tra il 10 e l’11 luglio la nave, con bandiera dell’Honduras, lasciò la costa francese, ufficialmente diretta in Colombia, ma la mèta era in realtà il porto di Haifa.

E’ improbabile che l’Haganah sperasse davvero di sfuggire al controllo degli inglesi con una nave di quelle dimensioni e con un carico così folto. Molto più probabilmente l’intenzione era sin dall’inizio quella di creare un caso clamoroso. La marina inglese, in effetti, seguì con un cacciatorpediniere e alcune navi da guerra l’Exodus sin dall’uscita del porto di Sète. Le navi britanniche affiancarono quella dei profughi fino al limite delle acque internazionali, mentre di fronte al porto di Haifa veniva schierata una vera flotta: 45 navi da guerra. Il 18 luglio, arrivati a 40 km dalla costa, le navi inglesi speronarono l’Exodus poi, dopo aver sparato una quantità esorbitante di lacrimogeni, la abbordarono. Negli scontri con i passeggeri ci furono tre morti e decine di feriti.

L’Exodus fu scortata sino ad Haifa. Di qui i profughi furono imbarcati su tre navi che dovevano riportarli in Francia, a Port-de-Bouc, 40 km da Marsiglia. Ci arrivarono il 2 agosto, ma i profughi rifiutarono di scendere dalle navi. La Francia scelse di non intervenire per sbarcarli con la forza.

Lo stallo si prolungò per tre settimane, con le tre navi ferme di fronte al porto francese. Il Comitato speciale dell’Onu per la Palestina si riunì d’urgenza. L’attenzione di tutto il mondo concentrata sulle migliaia di sopravvissuti che rifiutavano di lasciare le navi. Il danno d’immagine per l’Inghilterra fu immenso anche perché l’odissea dei profughi dellExodus ricordava sin troppo da vicino quel che era successo una decina d’anni prima, quando il mondo intero aveva chiuso le frontiere agli ebrei che cercavano di lasciare un’Europa già minacciata dall’ombra nazista.

La sola alternativa, per il Regno Unito, era deviare la nave verso la parte della Germania occupata dall’esercito inglese ma era comprensibilmente una scelta che il governo di sua maestà esitava a fare. Riportare i sopravvissuti dei lager in quella stessa Germania che ce li aveva rinchiusi, ridotti pelle e ossa dal lungo assedio prima sulla Exodus e poi sulle navi che li avevano riportati in Europa significava rendere ancora più micidiale il colpo inflitto all’immagine dell’Inghilterra.

Alla fine tuttavia gli inglesi si rassegnarono. Le navi furono indirizzate nel porto di Amburgo, i passeggeri furono fatti scendere con la forza e smistati in due campi di internamento. Moltissimi scapparono di nuovo. Alcuni raggiunsero la Palestina. Molti però furono catturati di nuovo e rinchiusi nel campo di Famagosta, a Cipro, fino al voto dell’Onu che decretò l’esistenza dello Stato d’Israele.

Il viaggio dell’Exodus è rimasto un capitolo essenziale nella storia della nascita di Israele. Ma quella nave abbordata, sballottata da una costa all’altra, da un porto all’altro, carica di bambini, donne e uomini che venivano dalla più mostruosa persecuzione della storia, ma a cui lo stesso non veniva permesso di trovare riparo, diventò il simbolo dei profughi di tutto il mondo.

Nella RICERCA dello storico Achille Rastelli dedicata all’esodo degli Ebrei dall’Italia, pubblicato  sul sito di Mare Nostrum, vengono menzionati (in grassetto) due navi: AVVENIRE e CICCILLO che furono costruite nel CANTIERE NAVALE GOTTUZZO di Chiavari. Il nostro socio Comandante Ernani Andreatta, discendente del ramo Gottuzzo, mi ha fatto pervenire la foto del prezioso dipinto del bravo pittore Amedeo Devoto il quale riassume, amplia e storicizza la vita di queste due imbarcazioni che parteciparono al trasferiento, non privo di pericoli, di tanti profughi dai lager nazisti alla Terra Promessa.

Con un semplice clic su Vista-Ingrandisci potete gustare i passaggi cronologici di queste navi divenute, loro malgrado, famose.

 


Carlo GATTI

Rapallo, 8 Novembre 2020