GENOVA CITTA’ DEI PAPPAGALLI…

Robinson Crusoe è un romanzo di Daniel Defoe pubblicato nel 1719 con il titolo originale The Life and Strange Surprising Adventures of Robinson Crusoe e considerato il capostipite del moderno romanzo di avventura e, da alcuni critici letterari, del romanzo moderno in generale. Tutti noi futuri uomini di mare ci siamo abbeverati a quella fonte, ma non solo noi ovviamente… Tuttavia, in noi quel romanzo ha lasciato delle tracce che ogni tanto affiorano, come oggi …

Il romanzo racconta le fantastiche avventure del ragazzo di nome Robinson Kreutznauer, figlio di un mercante tedesco trasferitosi a York, chiamato da tutti Crusoe, che, desideroso di avventure fra i sette mari, si imbarca su una nave all’ età di 19 anni. La nave naufraga, ma Robinson non si scoraggia.

Purtroppo viene catturato durante un altro viaggio da pirati di Salè e rimane prigioniero per alcuni mesi. Fortunatamente Robinson riesce a fuggire e si ritrova in Brasile, dove allestisce diverse piantagioni.

La sfortuna non abbandona Crusoe; durante un nuovo viaggio intrapreso allo scopo di acquistare schiavi, la nave su cui viaggia affonda al largo del Venezuela, presso la foce del fiume Orinoco e il giovane si ritrova ad essere l’unico sopravvissuto di tutto l’equipaggio. Crusoe, dopo un momento di smarrimento, esplora l’isola e pian piano la colonizza tutta. Vi rimarrà ventotto anni, solo, senza compagnia, ma si adatta con facilità alla nuova vita e cattura per compagnia un pappagallo parlante. Durante la permanenza su quest’isola scrive un diario in cui racconta le sue esperienze e avventure. In seguito scopre la presenza di alcuni cannibali, li attacca e ne libera uno che tiene con sé, a cui dà il nome “Venerdì”, insegna la Lingua inglese e che converte alla fede cristiana attraverso la lettura della Bibbia.

Dopo tante peripezie torna in Inghilterra dopo un’assenza di 35 anni, scopre di possedere 600.000 sterline grazie alla rendita della piantagione brasiliana, divenuta nel frattempo fiorente, e per poco non muore di sorpresa. In seguito, richiamato da una sorta di nostalgia, vende la sua piantagione redditizia e si trasferisce sull’isola dove era naufragato, di cui assume il ruolo di governatore.

La vera storia dei pappagalli e dei pirati

Il cliché che vuole i corsari accompagnati dai simpatici uccellini è, anche se non ci crede nessuno, del tutto vera. Erano ottimi compagni di viaggio.



“perchè un tempo i pirati portavano un pappagallo sulla spalla?”.


“Da sempre l’iconografia riguardante i pirati li rappresenta con un pappagallo colorato sulla spalla: come mai proprio quest’animale?! Alla nostra domanda ci viene spiegato: Innanzitutto si dice che i pappagalli affascinassero i pirati per il loro piumaggio dai mille colori; inoltre, come si sa, questi animali parlano e sono molto dotati nel fare le imitazioni. Questo apportava un po’ d’animazione nei lunghi viaggi che i pirati dovevano compiere alla ricerca di navi da predare. I pappagalli, poi, si dice che potessero predire i cambiamenti metereologici: se si lisciavano le piume, era segno di temporale in arrivo, mentre se parlavano senza cessa e si agitavano di notte, era segno di tempo incerto e perturbato”.

La gamba di legno, l’uncino, le bandane, barbe, la benda sull’occhio. Sono alcuni dei tratti tipici del pirata caraibico che imperversava nei mari delle Antille tra seicento e settecento, senza dimenticare il più importante di tutti: il pappagallo, come animale di compagnia.

Tra tutti gli stereotipi del filibustiere, questo è – incredibile a dirsi– del tutto vero. Personaggi come Long John Silver, nato dalla penna di Robert Louis Stevenson, avevano un pappagallo con sé. Sulla spalla, in gabbietta. Non si trattava di una geniale invenzione letteraria: nell’età d’oro della pirateria c’erano davvero, e accompagnavano i pirati – e/o corsari – e/o filibustieri a seconda dei casi nelle lunghe traversate sul mare. Da un’isola all’altra, da un veliero all’altro, le giornate passate navigando erano tante e molto noiose.

E allora, un compagno simpatico, che non chiedeva troppo cibo, che non necessitava di spazio, sgargiante e divertente era proprio il benvenuto. Il pappagallo, così, si prestava alla perfezione a questo compito.

E in più, se ci si stufava anche dei pappagalli, li si poteva rivendere. Erano apprezzati per il colore e per la voce, perciò avevano un buon mercato. Sbarcando in un porto qualsiasi, purché non si venisse riconosciuti dalla polizia e messi in galera, non era difficile piazzarli a qualcuno. Certo, poi la bestiola avrebbe ripetuto le bestemmie dei pirati, ma forse anche questo era parte del divertimento.

All’epoca, i pappagalli più richiesti provenivano dai dintorni di Vera Cruz, una regione della costa messicana. E anche oggi, fanno notare gli studiosi, la zona è un centro per il traffico clandestino di pappagalli. Perché i pirati non ci sono più, ma le tradizioni, anche quelle peggiori, restano.

Abbiamo ricreato un po’ di atmosfera per introdurre un argomento d’attualità che interessa Genova, il nostro capoluogo che, non a caso, é terra di naviganti e avventurieri da sempre.

 


Parrocchetti dal collare

La prima coppia di pappagalli era arrivata negli anni Settanta e aveva messo su famiglia a villa Gruber. Si trattava di due parrocchetti dal collare, che hanno dato origine al “quartiere” dei papagalli: oggi sono centinaia, stanno sugli alberi di alto fusto e tendono a dormire in gruppo. Si possono osservare anche nei giardini del centro: “Sono molto diffusi a Levante e in centro, occupano il 28% del reticolo urbano e sono in continua espansione“, spiega Aldo Verner veterinario della Lipu ed esperto di fauna selvatica. Sono verdi con il collare nero e di medie dimensioni, (tra i 38 e i 42 centimetri) si riconoscono per la coda lunga, le ali arrotondate e il volo molto rumoroso: “E’ soprattutto interessante notare come i parrocchetti dal collare siano riusciti a passare l’inverno e a riprodursi” – aggiunge Vernier.

Amazzone fronte azzurra

Capita di frequente di vederli volare tra gli alberi dei parchi e anche in pieno centro, e infatti Genova viene definita la città dei pappagalli. In particolare, è presente una specie esotica proveniente dalla giungla amazzonica. Si tratta dell’amazzone fronte blu, un uccello che può vivere fino a 70 anni, dalla voce altissima e che in diverse decine ha nidificato all’ombra della Lanterna. La presenza degli amazzoni fronte azzurraosserva Verner – è straordinaria perché sono animali della giungla amazzonica ed è abbastanza strano che riescano a sopravvivere d’inverno. Nidificano nei buchi dei muri e degli alberi e sono presenti nella zona di piazza Corvetto, a Castelletto e in corso Firenze.


Parrocchetto Monaco


Già negli anni ’70 questi pennuti dalla parlantina facile erano presenti ma, spiega ancora Aldo Verner della Lipu di Genova, “sono in aumento, grazie soprattutto alla grande adattabilità di questi animali. Inoltre, se le altre specie presenti, come il parrocchetto monaco (diverse centinaia), popolano anche altre città d’Europa, tra cui Londra.

“Solo a Genova – spiega Enrico Borgo, esperto del museo di Storia naturale ‘Doria’ – troviamo l’amazzone fronte blu in diverse decine di esemplari. Un fenomeno raro, la cui origine è da attribuirsi alla proliferazione dei pappagalli importati sfuggiti alla cattività. La verità è che, mentre il loro numero cresce progressivamente, i pappagalli si stanno espandendo in territori dove prima non si erano mai spinti e questo può diventare un problema.

 

Sono tanti, si stima tra i cinque e i seicento in città, un numero triplicato rispetto a soli pochi anni fa. E proprio ora che se ne avverte meno la presenza nei quartieri dove è iniziato il loro insediamento, i grandi pappagalli verdi – i parrocchetti dal collare e i più rari e pregiati esemplari di amazzone dalla fronte blu (che si trovano allo stato libero, così numerosi, solo a Genova) – minacciano di diventare un pericolo.

Verner è il primo a disegnare un quadro inquietante in cui gli stormi verdi si stanno spingendo – dai luoghi di nidificazione ormai consolidati, in centro e a levante attorno ai parchi – verso la Valpolcevera. Ma anche, sempre più in profondità, nella valle del Bisagno, in zone di campagna dove già la scorsa primavera avevano iniziato a attaccare i peschi ancora in fiore malgrado i tentativi di proteggerli con reti di plastica, inesorabilmente strappate a colpi di becco. “I parrocchetti si nutrono dei vegetali più diversi: spaziano dai piselli, di cui sono ghiotti, a limoni e arance selvatiche che riducono in poltiglia, mangiano i frutti delle magnolie e i semi delle conifere, col loro becco possono frantumare i gusci più duri. E si stanno espandendo, sicuramente per l’alimentazione e forse per la riproduzione, in zone dove prima non si spingevano”.

I parrocchetti dal collare ed Amazzoni nidificano nel cavo degli alberi; meno frequentemente in cavità artificiali. Molto più tipica è la nidificazione dei Monaci che li differenzia da tutte le altre specie di Psittacidi. Essi, infatti, usano costruire un grosso nido comunitario, con diverse camere d’incubazione, abitato dall’intera colonia. Allo scopo usano rami di vario calibro che trasportano alacremente su di un albero ritenuto sicuro per edificare l’abitazione della colonia. Alcuni nidi possono raggiungere dimensioni ragguardevoli (anche alcuni metri di diametro), rappresentando un serio problema nel momento in cui i rami dell’albero non dovessero più essere in grado di reggerne il notevole peso. Purtroppo i parrocchetti monaci, che fanno i nidi all’esterno, sono facile preda di taccole, cornacchie e ratti.

Sono vivaci, rumorosi, colorati e intelligenti ma c’è chi non li ama. Le colonie di pappagallini di un bel verde brillante, i parrocchetti dal collare, sono in espansione a Genova dove trovano un clima ideale. Sono un problema? Le opinioni sono contrastanti. A rigore sono una specie che proviene dall’Africa e sulle nostre coste proprio non ci dovrebbe essere, però ormai c’è. E non vive bene solo a Genova, anche Roma ne ospita colonie molto numerose così come Palermo e Cagliari e diverse altre città italiane.

Fa notare la Lipu – delle specie autoctone. Sono quasi scomparsi invece i primi pappagallini che si ambientarono a Genova negli anni Sessanta,

La sfida è ora come contenere l’aumento di questi uccelli sapendo che per quelli che già vivono nelle nostre città non è più possibile effettuare dei controlli numerici. Il fenomeno non va sottovalutato.

 

CARLO GATTI

Rapallo, 27 Dicembre 2019