MALEDETTO
“EFFETTO COANDA!”
di M. Garipoli – Pilota del Porto di Ravenna
Devo dire la verità: prima di sperimentarlo nella realtà non lo conoscevo… non sono nemmeno sicuro di averlo studiato a scuola. E’ anche vero che molte leggi fisiche o teoremi che ho appreso al Nautico, non sarei in grado di esporli così su due piedi, se non altro senza fare un breve ripasso, ma l’effetto Coanda proprio non ricordo di averlo mai studiato! Eppure un nome così singolare, dovrei ricordarlo…
L’ho invece sperimentato!
Per manovrare le navi in canale, è necessario: in primis studiare la teoria degli effetti idrodinamici; occorre poi sperimentarne l’esistenza nella pratica quotidiana; infine, qualora gli effetti fossero insidiosi per quel tipo di manovra, si devono attuare determinati provvedimenti come – se lo spazio disponibile lo permette – l’allungamento del cavo da rimorchio di quel tanto da rendere ininfluente l’effetto scia contro lo scafo. (come da illustrazione successiva)
Gli effetti più comuni – descritti in molti testi di manovra navale – sono quelli dovuti alle interazioni fra navi e fondali, navi e navi, navi e banchine; si parla quindi di attrazioni e di respingimenti.
Bank Suction e Bank Cushion sono determinati da differenti pressioni, positive o negative, che agiscono sullo scafo della nave.
Pressioni positive respingono, pressioni negative attraggono.
Anche nel nostro libro “A BORDO CON IL PILOTA” affrontiamo l’argomento con spiegazioni dettagliate ed esempi pratici, perché fanno parte del bagaglio che ogni Capitano deve avere con sé.
L’effetto Coanda è meno comune in campo marittimo e sono certo che non tutti i naviganti sanno cos’è. Ne sono certo perchè anche qualche collega, a cui ho rivolto la domanda, non ne conosceva l’esistenza, o meglio, ne riscontravano l’effetto, ma ne ignorava il nome e la teoria.
Immagino che qualcuno leggendo sorriderà.
Il lavoro da Pilota è essenzialmente un lavoro pratico.
Nel travaso di esperienza che avviene durante l’anno di apprendistato, l’allievo Pilota viene istruito e bombardato di nozioni dai suoi futuri colleghi. La formazione prosegue anche oltre, negli anni a seguire. Ogni manovra insegna qualcosa, ed è piuttosto comune la convinzione che “ci vogliono almeno 5 anni per fare un Pilota”.
Ricordi…
Nel periodo in cui io ero allievo Pilota, ricordo che era frequente ormeggiare navi di 150 metri di lunghezza per 25 di larghezza, navigando di poppa in una canaletta larga soli 50 metri.
Passando da Pilota a Pilota potevo confrontare accortezze e “trucchetti” di ognuno e, in base a quelli, forgiare il mio personale stile. Non che ci sia una rosa infinita di tecniche diverse… una stessa manovra si fa in genere in un paio di modi, forse tre, tuttavia le sfumature sono innumerevoli.
In quella circostanza, particolarmente delicata, qualche pilota usava entrambi i rimorchiatori per mantenere il corretto assetto della nave, Mentre altri davano il solo ordine iniziale al “trattore” di poppa di mantenere sempre il centro del canale, utilizzando il solo rimorchiatore di prua per correggere le eventuali sbandate.
Ovviamente i secondi ottenevano una manovra più semplice e meno “lavorata”.
Cosa succedeva ai primi: quando per correggere una deviazione, il rimorchiatore trainante veniva spostato dall’asse del canale, la sua scia si incuneava tra nave e sponda creando una zona di pressione che andava a contrastare l’azione del cavo.
Spesso si dovevano usare ripetutamente macchina e timone per aiutare il rimorchiatore nel suo compito.
E’ questo l’effetto Coanda? Non proprio.
Più propriamente possiamo dare la colpa alla pressione che si genera tra sponda e nave e alla repulsione che ne deriva. Però, se togliendo la canaletta e posizionando la nostra nave in spazi più ampi, notiamo lo stesso fenomeno… beh… sì, allora stiamo sperimentando l’effetto Coanda!
In campo aeronautico Henry Coanda, al pari di Bernoulli e Venturi, è ben conosciuto, chi ha studiato il volo sa bene di chi e di cosa stiamo parlando. La teoria descrive l’effetto Coanda per mezzo della variazione di velocità di un flusso che investe una superficie convessa: “la parte a stretto contatto della superficie rallenta per via dell’attrito, la parte esterna accelera e si genera una riduzione di pressione, ma essendo il fluido coeso molecolarmente questi rimane aderente alla superficie convessa seguendone il profilo generando, contemporaneamente, una zona di bassa pressione”.
Bassa pressione = attrazione.
Così succede che, in certe condizioni e a un determinato angolo di tiro, il rimorchiatore può investire con la sua scia la fiancata della nave e parte del suo flusso può creare, nella fiancata opposta, una forza di attrazione capace di annullare, o addirittura invertire, il senso di rotazione che vogliamo imprimere alla nave stessa.
Immagini estratte dal libro: A bordo con il pilota
Se adesso, finite di leggere queste poche righe, usciamo dalla pagina e cerchiamo “effetto Coanda” su Google, possiamo trovare enormi quantità di informazioni. Tra queste è simpatico e istruttivo l’esempio del cucchiaio sotto il rubinetto.
Io l’ho fatto! Ho preso il cucchiaio, ho aperto il rubinetto e, tenendolo con due dita in modo che fosse libero di oscillare, ho fatto scorrere l‘acqua sulla superficie convessa sperimentando empiricamente l’attrazione che il fluido esercita su di esso.
Dopo questo esperimento, quanto scritto diventa più comprensibile e difficile da scordare.
Alla prossima occasione osservate il comportamento della nave e tra gli effetti che riscontrerete provate a riconoscere quello descritto in questo articolo. Vedrete che, con un po’ di attenzione e affinando la nostra tecnica di manovra, diventerà facile prevenirlo e compensarlo.
Rapallo, 28 Ottobre 2019