LA GALEAZZA

Una Meteora che fu molto visibile ed efficace nella Battaglia di Lepanto

 

Nel XV secolo, sulla spinta delle scoperte geografiche e dell’esplorazioni del nostro globo, la storia navale cambia passo: dalla navigazione costiera si passa alla navigazione oceanica. Gli scenari geo-politici sono cambiati e le maggiori flotte del Mediterraneo studiano nuove tecniche di costruzione che siano in grado di affrontare le sfide oceaniche. L’idea del REMO che era stata la protagonista indiscussa per millenni sta per essere confinata in ambiti locali dove resiste tuttora, ma tra le tante situazioni che stanno per cambiare nel mondo emerge la necessità “commerciale” di navigare giorno e notte, in tutte le stagioni e con qualsiasi forza del mare.

 

 

Galeazza Veneziana

 

 

La GALEA, come abbiamo già visto in diverse nostre immersioni nella storia navale, fu tra le imbarcazioni maggiormente usate nel Mediterraneo, sia negli scambi commerciali che nei combattimenti navali tra il XIII al XVII secolo, anche se scafi che presentavano le stesse caratteristiche solcavano i mari già da due millenni.

La GALEA era molto duttile, infatti impiegava la propulsione velica per i trasporti commerciali (le galee di mercato) e quella remiera per gli abbordaggi militari, e sempre per le manovre di routine. Il secolare successo di questo strumento navale lo si deve proprio a questo duplice utilizzo che privilegiava tuttavia il campo militare.

La GALEA aveva una forma stretta e allungata e la presenza di rematori a bordo (almeno duecento) non permetteva di trasportare grossi carichi. Per questi motivi la GALEA è sopravvissuta così a lungo: i mercati da conquistare e da difendere si trovavano entro spazi di mare limitati, riparati e collegabili per molti mesi l’anno. 

Nel secolo della Battaglia di Lepanto, la galea era una nave di circa 300 T. di dislocamento, completamente pontata da prora a poppa, con circa 1,5 m. di opera morta e circa 1 m. di pescaggio, lunga da 40 a 50 mt. e larga circa 6 mt. Gli armamenti erano leggeri, di solito pochi cannoni a prora e a poppa.

Come abbiamo accennato nell’introduzione, venendo meno l’importanza dei traffici commerciali mediterranei, Venezia ebbe la necessità di convertire le “Galee grosse” (commerciali) in navi da guerra: da questa “visione” nacque la GALEAZZA, invenzione esclusiva della Repubblica di Venezia che segnò – nel XVI secolo – la trasformazione della Galea in unità militare moderna e molto evolutiva per l’poca. L’idea fu molto apprezzata dall’ammiraglio veneziano Francesco Morosini che la scelse come ammiraglia della flotta.

La GALEAZZA fu costruita a Venezia a partire dal XV secolo. Aveva bordi alti con casseretto e castello, armata di tre alberi a vele latine (trinchettomaestra e mezzana) e bompresso, era lunga 50 mt – larga 5 metri.

  • il ponte di coperta era libero per la manovra delle vele

  • nel ponte inferiore aveva trentadue banchi con una forza motrice fino a 150 rematori in doppia fila di remi a scaloccio*. Disponeva quindi di una propulsione mista.

  • Disponeva infine di una batteria di 36 grossi cannoni e altri minori installati sui fianchi.

La galeazza, utilizzata per la prima volta dai Veneziani di Sebastiano Venier nella battaglia di Lepanto, rappresentò l’ulteriore passaggio dalla galea al galeone.

*Remi a scaloccio: remo a scaloccio per indicare un tipo di remo lungo e pesante che, manovrato da tre o più rematori posti sullo stesso banco, era in dotazione a galee, dette anch’esse galee a scaloccio in contrapp. alle galee sensili (v. sensile).

 

LA GALEAZZA

In Guerra

 

 

Galeazza dell’Armada spagnola

 

UNA VERA INNOVAZIONE

Rinforzata sui fianchi con piastre di acciaio

la GALEAZZA era quindi la CORAZZATA del XVI secolo

 

Gli storici dell’epoca riportano che l’impianto velico e quello remiero della GALEAZZA avevano un equilibrio perfetto: la sua pesantezza non influiva sulla velocità, e neppure sulla manovrabilità nel confronto con qualsiasi Galea del tempo. Oltre ai potenti cannoni e alla corazzatura delle murate, la GALEAZZA disponeva di un ulteriore vantaggio strategico per la sua forza difensiva: era stata progettata per essere “INABORDABILE” grazie alla sua notevole altezza. Nella Battaglia di Lepanto fu un elemento decisivo per la vittoria della Lega Cristiana.

 

 

La prima apparizione delle galeazze fu nella Battaglia di Lepanto (7 ottobre 1571), durante la quale vennero schierate sei galeazze veneziane, come avanguardia in ognuno dei tre settori dello schieramento cristiano, al comando del provveditore Francesco Duodo.

Le Galeazze furono private dei loro equipaggi di spadaccini e soldati esperti nello scontro corpo a corpo sfruttando la loro Inabordabilità. Al loro posto furono posizionati plotoni di Archibugeri Spagnoli che incrementarono enormemente la potenza di fuoco delle già potenti navi da guerra Veneziane.

Per assurdo, l’uso della Galeazza raggiunse il suo apice proprio in questa battaglia che fu però anche il canto del cigno visto che l’uso delle navi a remi venne a morire dopo questa battaglia.

 Nel dipinto e nei modellini sotto riportati si possono notare molti particolari tecnici che riguardano la velatura con la sua attrezzatura, la disposizione dei remi e quella dei cannoni oltre a molti particolari della stessa costruzione ed architettura navale della Galeazza.

 

 

 

 

 

 

 

Segnaliamo per gli appassionati di STORIA il libro:

 

 

Non appena in Occidente si sparse la voce della prossima uscita in mare della flotta islamica turca papa Pio V decise che quella era l’occasione buona per realizzare un progetto che sognava da tempo: l’unione delle potenze cristiane per affrontare gli infedeli in mare con forze schiaccianti, e mettere fine una volta per tutte alla minaccia che gravava sulla Cristianità. Quando divenne sempre più evidente che la tempesta era destinata a scaricarsi su Cipro, il vecchio inquisitore divenuto pontefice, persecutore accanito di ebrei ed eretici, volle affrettare i tempi.

È la primavera del 1570. Un anno e mezzo dopo, il 7 ottobre 1571, l’Europa cristiana infligge ai turchi una sconfitta catastrofica. Ma la vera vittoria cattolica non si celebra sul campo di battaglia né si misura in terre conquistate. L’importanza di Lepanto è nel suo enorme impatto emotivo quando, in un profluvio di instant books, relazioni, memorie, orazioni, poesie e incisioni, la sua fama travolge ogni angolo d’Europa. Questo libro non è l’ennesima storia di quella giornata. È un arazzo dell’anno e mezzo che la precedette. La sua trama è fatta degli umori, gli intrecci diplomatici, le canzoni cantate dagli eserciti, i pregiudizi che alimentavano entrambi i fronti, la tecnologia della guerra, di cosa pensavano i turchi dei cristiani e viceversa”.

 

 

 

 

LEPANTO: Nome medievale dell’odierna cittadina greca di Naupatto, posta sulla costa settentrionale dello stretto che separa il Golfo di Corinto da quello di Patrasso. Nel 1407 Lepanto venne in potere dei Veneziani; nel 1499 fu conquistata dai Turchi; riconquistata dai Veneziani di F.Morosini; poi di nuovo dai Turchi 1699, rimase a questi fino al 1828.

 

 

 

LA BATTAGLIA DI LEPANTO

 

 

A difesa degli interessi dell’Occidente cristiano si costituì una coalizione, la Lega Santa, voluta anche da papa Pio V (1566-72): vi parteciparono le repubbliche marinare di Genova e Venezia, lo Stato della Chiesa e la Spagna. Fu allestita una flotta grandiosa, oggi diremmo EUROPEA, al comando di Don Giovanni d’Austria, fratello di Filippo II.  Con questo schieramento: al centro Don Giovanni, a sinistra il veneziano Agostino Barbarigo, a destra il genovese Giovanni Andrea Doria, ammiraglio di Filippo II, e sulle retrovie lo spagnolo marchese di Santa Cruz.

Nel Link che segue potete trovare TUTTI i nomi delle navi della Lega Cristiana e dei loro Capitani, posizione e schieramenti.

https://it.wikipedia.org/wiki/Ordine_di_battaglia_della_battaglia_di_Lepanto

 

 

Il 7 ottobre 1571 si svolse lo scontro decisivo nel mare greco di Lepanto: i Turchi subirono una sconfitta senza precedenti perdendo quasi tutte le loro navi.

 

Non essendo storici di professione, abbiamo scelto alcuni eccellenti articoli, naturalmente semplificati per ragioni di spazio, affinché ci aiutino a capire le cause e le conseguenze della battaglia di Lepanto.

 

 

STORICANATIONAL GEOGRAFIC

     

7 ottobre 1571: la battaglia di Lepanto

Il 7 ottobre del 1571 si ebbe la più grande battaglia navale della storia moderna. Oltre 400 galere e 200mila uomini si affrontarono in una battaglia più “terrestre” che navale, in cui l’artiglieria europea ebbe la meglio sulla marina ottomana.

 

 

 

GLI SCHIERAMENTI

 

A sinistra la Lega Santa. Nello schieramento sono ben visibili in prima linea le 6 Galeazze che manderanno a picco molte galere turche

 

 

 

 

La mappa, disegnata secondo le indicazioni del geografo Egnazio Danti, è posta all’interno della Galleria delle carte geografiche del Vaticano.

 

 

Da anni le navi turche imperversavano nel Mediterraneo occidentale. Le coste italiane e spagnole erano costantemente minacciate e Malta fu sul punto di essere presa nel 1565. Davanti al crescente pericolo, la Spagna, Venezia e gli Stati pontifici formarono un’alleanza per fermare l’avanzata turca. Si costituì così la Lega santa, che riuniva, sotto il comando di don Giovanni d’Austria, figlio illegittimo dell’imperatore Carlo V e fratellastro del re Filippo II, lo Stato pontificio, l’Impero spagnolo, le Repubbliche Marinare di Venezia e Genova, i cavalieri di Malta, i ducati di Savoia, Urbino e Lucca e il granducato di Toscana.

Riunitasi a Messina, l’armata cristiana salpò verso le acque greche a metà settembre del 1571

Cipro, dopo la capitolazione di Famagosta, era appena caduta in mani ottomane, ma rimaneva la possibilità di sconfiggere la flotta turca attraccata nel golfo di Lepanto, all’imboccatura del golfo di Corinto.

A prima vista, le forze sembrano equilibrate, ma la realtà è un’altra. Agli ordini di don Giovanni d’Austria vi sono 36mila soldati di fanteria, più circa 34mila marinai e galeotti sferrati a cui vengono distribuite spade per prendere parte all’arrembaggio. Altri 20mila sono rematori forzati; di loro, quelli che non sono schiavi cominciano a scatenarsi alla promessa di libertà e indulto delle loro pene se dimostrano valore nel combattimento. Nelle fila ottomane gli uomini di armi sono meno, intorno ai 20-25mila. Ma fra i turchi un alto numero di galeotti è costituito da schiavi, in gran parte cristiani, quindi non sono molti gli uomini che gli ottomani possono liberare perché li aiutino in battaglia. Pertanto la flotta della Lega santa dispone del doppio o addirittura del triplo di combattenti rispetto al nemico, fatto che sarà determinante nell’esito della battaglia.

 

Il 7 ottobre del 1571 si ebbe la più grande battaglia navale della storia moderna. Oltre 400 galere e 200mila uomini si affrontarono in una battaglia più “terrestre” che navale, in cui l’artiglieria europea ebbe la meglio sulla marina ottomana.

 

La battaglia, la quarta in ordine di tempo e la maggiore, si concluse con una schiacciante vittoria delle forze alleate, guidate da Don Giovanni d’Austria, su quelle ottomane di Müezzinzade Alì Pascià, che morì nello scontro.

 

La battaglia di Lepanto è storicamente importante anche perché è la prima vittoria delle forze cattoliche occidentali sui turchi, protagonisti di un forte movimento espansionistico che procede incontrastato fino alla guerra di Cipro.

 

I cristiani riescono a vincere la battaglia di Lepanto grazie ad un’abile manovra del veneziano Sebastiano Venier. La vittoria della Lega Santa è schiacciante.

 

Il comando supremo fu affidato a don Giovanni d’Austria, mentre Marcantonio Colonna (uomo di fiducia del Papa) e Sebastiano Venier, rispettivamente comandanti della flotta pontificia e veneziana, vennero nominati suoi luogotenenti.

Dati degli schieramenti e immagine tratti da Wilkipedia

 

GLI SCHIERAMENTI

 

Flotta della Lega


Il centro dello schieramento cristiano cattolico si componeva di 28 galee e 2 galeazze veneziane, 16 galee spagnole e napoletane, 8 galee genovesi, 7 pontificie, 3 maltesi, per un totale di 62 galee e 2 galeazze.

Lo comandava Don Giovanni d’Austria comandante generale dell’imponente flotta cristiana: ventiquattrenne figlio illegittimo del defunto Imperatore Carlo V e fratellastro del regnante Filippo II aveva già dato ottima prova di sè nel 1568 contro i pirati barbareschi. Affiancavano per ragioni di prestigio la sua galea Real spagnola: la capitana di Sebastiano Venier, settantacinquenne Capitano Generale veneziano, la Capitana di Sua Santità di Marcantonio Colonna, trentaseienne ammiraglio pontificio, la capitana di Ettore Spinola, Capitano Generale genovese, la capitana di Andrea Provana di Leyni, Capitano Generale piemontese, l’ammiraglia Vittoria del priore Piero Giustiniani, Capitano Generale dei Cavalieri di Malta.

Il corno sinistro si componeva di 40 galee e 2 galeazze veneziane, 10 galee spagnole e napoletane, 2 pontificie e 1 genovese, per un totale di 53 galee e 2 galeazze al comando del provveditore generale Agostino Barbarigo, ammiraglio veneziano.

Il corno destro era invece composto di 25 galee e 2 galeazze veneziane, 16 galee genovesi, 10 galee spagnole e siciliane e 2 pontificie, per un totale di 53 galee e 2 galeazze, tenute dal genovese Gianandrea Doria.

Le spalle dello schieramento erano coperte dalle 30 galee di Alvaro de Bazan di Santa Cruz: 13 spagnole e napoletane, 12 veneziane, 3 pontificie, 2 genovesi. L’avanguardia, guidata da Juan de Cardona si componeva di 8 galee: 4 siciliane e 4 veneziane.

 

In totale la flotta cristiana si componeva di 6 galeazze, 206 galee, 30 navi da carico, circa 13000 marinai, circa 44000 rematori, circa 28000 soldati con 1815 cannoni.

 

 

Flotta ottomana

 

“I Turchi schieravano l’ammiraglio Mehmet Shoraq (detto Scirocco) all’ala destra con 55 galee, il comandante supremo Mehmet Alì Pascià (detto il Sultano) al centro con 90 galee conduceva la flotta a bordo della sua ammiraglia Sultana, su cui sventolava il vessillo verde sul quale era stato scritto 28.900 volte a caratteri d’oro il nome di Allah. Infine l’ammiraglio, considerato il migliore comandante ottomano, Uluč Alì (Giovanni Dionigi Galeni), un apostata di origini calabresi convertito all’Islam (detto Occhialì), presiedeva all’ala sinistra con 90 galee; nelle retrovie schieravano 10 galee e 60 navi minori comandate da Amurat (Murad) Dragut (figlio dell’omonimo Dragut Viceré di Algeri e Signore di Tripoli che era stato uno dei più tristemente noti pirati barbareschi)”.

 

LIMES – Rivista di Geopolitica

Nel 1571 turchi e cristiani ingaggiano la battaglia navale assurta a emblema dello scontro tra Oriente e Occidente. Le cronache narrano di astuzie tattiche e gesta eroiche. Secoli di storiografia ‘politica’ e di rievocazioni popolari hanno creato miti distorti. Che è ora di sfatare.

  1. Sono 441 anni che la memoria di Lepanto ci ossessiona.

L’eco della remota battaglia navale combattuta quel lontano 7 ottobre (una domenica), anno di grazia 1571, tra l’armata multinazionale cristiana della Lega Santa al comando di don Giovanni d’Austria e la flotta ottomana del kapudan pasa Müezzinzâde Ali, con un complesso di 499 navi, 2.565 cannoni e ben 172 mila uomini ¹, non cessa ancora di porci interrogativi.

A cominciare dal fatto che l’epica battaglia di Lepanto con Lepanto c’entra ben poco, in quanto si svolse all’imboccatura del Golfo di Patrasso, a mezzogiorno della congiungente Punta Scrofa-Isola di Oxia, cioè a quaranta miglia dalla base turca di Lepanto ², dove l’armata di don Giovanni non sarebbe di fatto mai arrivata.

Nella grande battaglia navale combatte e muore ³ la migliore gioventù europea del tempo; se…

 

  1. Sui numeri di Lepanto gli storici antichi e moderni non sono mai stati d’accordo. Stando alle fonti documentarie più sicure, si arriva alle cifre di seguito riportate (tra parentesi le variazioni più significative). Per la flotta cristiana, 6 galeazze, 208 (207 o 209) galee, 28 mila soldati, 56.420 marinai e remieri, 1.815 pezzi di artiglieria. Per quella ottomana, 225 (222, 282, 290) galee, 60 galeotte, 34 mila soldati, 54 mila marinai e remieri, 750 pezzi di artiglieria. 

  2. Per l’esattezza a 36,6 miglia nel Golfo di Corinto, al di là dello stretto chiamato all’epoca «dei piccoli Dardanelli», dove la flotta della Serenissima si sarebbe spinta solo un secolo dopo, durante la guerra di Morea, con le campagne militari di Francesco Morosini «il Peloponnesiaco». Il genovese Marcantonio Montefiore, correttamente, aveva intitolato la sua opera De pugna navali cursolaria Commentarii,al pari di relazioni anonime redatte all’indomani dei fatti che parlavano tout courtdi Giornata delle scorciolare. Ma tale denominazione non era destinata ad affermarsi, sia perché ritenuta troppo riduttiva per cotanto evento, sia perché sembrava ammiccare troppo a quella battaglia di Curzola/ Curzolari del 1298 in cui i veneziani erano stati solennemente battuti dal genovese Lamba Doria. Tanto che qualche altra relazione a stampa del tempo aveva cominciato a parlare di «vittoria a quaranta miglia sopra Lepanto», ovvero «iuxta Sinum Corinthiacum» ,nei pressi cioè del Golfo di Corinto (cioè di Lepanto, come allora anche si chiamava), o ancora a Lepanto «haud procul hinc», non lontano di qui, come dice Bernardino Di Leo nel suo De bello turcico . L’entusiastica esclamazione attribuita a Pio V («Suonate le campane, a Lepanto abbiamo vinto») ebbe probabilmente peso determinante. 

  3. L’armata cristiana alla fine della giornata conterà 7.650 caduti (di cui 4.836 veneziani) e 7.800 feriti (e solo 14 galee perse), mentre quella turca, oltre a 25 galee distrutte, 170 galee e 20 galeotte catturate dai cristiani, arriverà a contare, tra morti, dispersi e feriti, 20/25 mila (Gargiulo), 25 mila (Beeching), 30 mila (Iachino), o 35 mila (Capponi) perdite. Cfr. H. INALCIK , «Lepanto in the Ottoman Documents», in G. BENZONI (a cura di), Il Mediterraneo nella seconda metà del ’500 alla luce diLepanto, Firenze 1974, Olschki, pp. 185-192. 

  4. Che nella battaglia si comportò eroicamente, riportando due ferite d’archibugio al petto e alla mano sinistra. Quando don Giovanni, nel congratularsi con lui a fine battaglia, gli chiese di porgergli la mano, Cervantes gli porse la mano sinistra, maciullata e bendata, dicendo: «Altezza, questa gliel’ho già data!»

  5. Cioè Corfù, Igoumenitsa, Cefalonia e quindi, entrando nel Golfo di Patrasso, costeggia l’estremità meridionale dell’isola di Oxia, l’unica delle antiche Curzolari (Echinadi) che non sia stata cancellata dalle sabbie del fiume Acheloo (Aspropotamo), come ce la descrive N. CAPPONI, Lepanto 1571. La Lega Santa contro l’impero ottomano, Milano 2008, il Saggiatore, pp. 267-268. 

  6. Le galeazze si distinguono dalle galee ordinarie per dimensioni, alberatura, numero di remi e altezza delle murate (che rendono più difficile l’abbordaggio) e, soprattutto, per la possibilità di disporre le artiglierie (più numerose e di maggior calibro) non solo nelle «rembate» di prora, ma in veri e propri castelli di poppa e di prua. L’handicap era costituito dalla scarsa manovrabilità. 

  7. La flotta della Lega Santa era formata, da sinistra, dalla squadra gialla (al comando di Agostino Barbarigo, con 53 galee), azzurra (don Juan, 61), verde (Doria, 53), con una riserva costituita dalla squadra bianca (Alvaro de Bazan, marchese di Santa Cruz, 38). Quella ottomana, da destra, era al comando di Mehmet Shauruk (con 55 galee), quindi il kapudan pas˛aAli (90) e infine Uluç Ali (rinnegato calabrese conosciuto come Ucciallì «il Tignoso», 90); retrogradia Amurat Dragut (10 galee e 60 legni minori). 

  8. La galee avevano l’artiglieria principale disposta a prua, in linea di chiglia, sicché per puntare l’artiglieria si doveva puntare la galea stessa contro il nemico! 

  9. Cfr. R. GARGIULO, La battaglia di Lepanto, Pordenone 2004, Edizioni Biblioteca dell’Immagine, p. 140 e 147. 

  10. Secondo la versione più accreditata kapudan pasha sarebbe stato ucciso da un soldato spagnolo, tal Bisogno, che spiccatagli la testa dal busto l’avrebbe portata a nuoto a don Juan. Questi avrebbe deprecato il gesto, anche se nulla impedì che, issata su una picca, la testa di Ali fosse esposta sulla poppa della Real. 

  11. Come si esprime uno dei più severi critici del Doria, il padre domenicano A. GUGLIELMOTTI in Marc’Antonio Colonna alla battaglia di Lepanto(1862), ora in Lepanto 1571, a cura di E. Ferrante, supplemento alla Rivista Marittima, gennaio 2005, p. 62. 

  12. Rispettivamente 11 veneziane, 2 siciliane, due sotto i vessilli pontifici (la S. Giovannie la Fiorenza), la Piemontesa del duca di Savoia e la capitana (come allora si chiamavano le navi ammiraglie) dei Cavalieri di Malta. 

  13. I Doria erano sempre stati degli asientistasche armavano, come altri armatori genovesi (Imperiali, Grimaldi, Lomellini), galee in assetto di guerra e le noleggiavano al re di Spagna; quindi badavano bene a non esporre troppo le loro navi in combattimento. Una sonora sconfitta per l’armata collegata cristiana fu riportata nella battaglia di Prevesa, nella cui ricorrenza, il 28 settembre, si celebra ancor oggi la festa della Marina militare turca! 

  14. Civiltà e imperi del Mediterraneo nell’età di Filippo II,Torino 1982, Einaudi, vol. 2, pp. 1181- 1184. 

  15. Con la promozione agiografica di san Giustina, la cui festa liturgica cadeva proprio il 7 ottobre, da martire minore a santa della Vittoria e il rilancio del culto mariano di santa Maria della Vittoria e della Beata Vergine del Rosario. 

  16. Per una rassegna critica al riguardo, a titolo esemplificativo, cfr. L. VON PASTOR , Storia dei Papi.Dalla fine del medio evo, Roma 1950, Desclée, vol. 8 (1566-1572), pp. 575-579; R. D’A NTIGA, Venezia e l’Islam. Santi e Infedeli , Limena (PD) 2010, Casadei Libri Editore, pp. 55-77 e E. F ERRANTE, «Lepanto, la Lega Navale e la memoria storica», Lega Navale , settembre-ottobre 2011. 

  17. Nella battaglia di Prevesa, all’imboccatura del Golfo di Arta, le forze navali della Lega Santa promossa da papa Paolo III, pur superiori di numero, persero alla fine (tra affondate e catturate) ben 39 navi con 3 mila persone ridotte in schiavitù.

 

 

 

LE ARTIGLIERIE 

 

Cannone Navale a Lepanto

 

GITTATE

 

Un cannone da 8 libbre aveva una gittata media di circa 504 metri, ed una massima di circa 3150 metri. La spingarda da 2 once, di solito montata su cavalletto, caricata con un’oncia di polvere otteneva una gittata media di circa 500 metri, ed una massima di circa 2204 metri.

 

 

Segnalo alcuni LINK per gli appassionati di armi navali del secolo preso in esame. Si tratta di Studi Accademici molto approfonditi che riportano numerose tabelle di artiglierie dell’epoca della Battaglia di Lepanto con tutti i dati relativi.

 

 

BOLLETTINO D‟ARCHIVIO DELL‟UFFICIO STORICO DELLA MARINA MILITARE

MARCO SANTARINI

LE ARTIGLIERIE DELLA MARINA VENETA NEL XVI SECOLO

ASPETTI STORICI E DI IMPIEGO RELATIVI ALLE ARMI IN SERVIZIO E STIMA DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE TECNICHE DELLA COLUBRINA DA 50

https://www.marina.difesa.it/media-cultura/editoria/bollettino/Documents/2011/dicembre/santarini.pdf

 

Artiglieria Medievale: Bocche da Fuoco nel XV Secolo (I)

https://zweilawyer.com/2016/09/28/artiglieria-medievale-xv-secolo/

 

 

Schede di dettaglio

L’armamento delle torri

 

https://virtualarchaeology.sardegnacultura.it/index.php/it/siti-archeologici/eta-medievale/torri-costiere-di-arbatax/schede-di-dettaglio/1279-l-armamento-delle-torri

 

 

 

RIFLESSIONE FINALE:

di Wlodzimierz Redzioch

 

Ci sono delle battaglie che decidono delle sorti delle nazioni, dei continenti, del mondo. Le sorti dell’Europa, che rimase cristiana, furono decise in tre storici scontri: a Poitiers, dove nel 732 i Franchi guidati da Carlo Martello (690-741) sconfissero l’esercito musulmano; nel 1571 nel Golfo di Lepanto, dove nella battaglia navale la Lega Santa vinse contro gli Ottomani; nel 1683 a Vienna, dove il re polacco Giovanni Sobieski (1629-96) riportò una grande vittoria sui Turchi che assediavano la città. Quest’anno si celebra il 450° anniversario della battaglia di Lepanto, quindi è il momento opportuno per ricordare sia la battaglia, sia i suoi simboli: gli storici vessilli delle navi.

 

 

Chiesa S.Stefano Vessillo nave Al’ Pascià – Foto Wlodzimierz Redzioch

 

 

Per molti secoli l’Europa venne minacciata dall’Impero ottomano, che riuscì a conquistare una parte consistente del nostro continente. L’Europa non è diventata musulmana grazie, tra l’altro, a quell’epica vittoria sulla flotta del sultano che è passata alla storia come la battaglia di Lepanto, cioè la battaglia navale combattuta dalla Lega Santa nel golfo di Corinto (7 ottobre 1571). Due vessilli sono i simboli di questa storica battaglia: il vessillo della nave dell’ammiraglio pontificio Marcantonio Colonna (1535-84) e il vessillo della nave di Don Giovanni d’Austria (1547-78), comandante della flotta della Lega Santa. Il vessillo di Colonna si trova attualmente nel Museo dell’Arcidiocesi di Gaeta (venne conservato per tanto tempo nella cattedrale di quella città marinara), invece il secondo è conservato nel Museo di Santa Cruz a Toledo. Ma non tutti sanno che in Italia, a Pisa, si trova anche un altro simbolo della battaglia: lo stendardo della nave del comandante in capo ottomano, Alì Pascià (?-1571).

 

 

UNA CURIOSITA’ A NOI VICINA:

 

Chiesa parrocchiale di Santo Stefano D’AVETO (GE) – Santuario della Madonna di Guadalupe

 

 

 

Nella chiesa della vicina Santo Stefano D’Aveto viene conservata un’immagine della Madonna di Guadalupe portata nel santuario nel 1804 dalla chiesa di San Pietro in Piacenza. Il santuario conserva dal 1811 anche una tela che raffigura la Vergine donata all’edificio dal cardinale Giuseppe Maria Doria Pamphilj, segretario di Stato di papa Pio VII. Si narra che questa tela fosse sulle navi del suo antenato Andrea Doria* nel 1571, durante la Battaglia di Lepanto. Il quadro, copia dell’immagine impressa sulla tilma, gli era stato donato all’ammiraglio dal re di Spagna Filippo II. La chiesa di stile gotico toscano fu ricostruita nel 1928 in sostituzione della vecchia settecentesca di cui rimane il campanile. L’altare maggiore espone ai lati del vecchio quadro due pale dedicate a Santo Stefano ed a Santa Maria Maddalena. Le parti in legno sono state eseguite da maestri della val Gardena.

* GIOVANNI ANDREA DORIA

La battaglia di Lepanto (1571) rappresenta l’evento bellico più noto a cui abbia partecipato il Principe Giovanni Andrea Doria ma costituisce anche un punto focale della storia europea sotto molteplici aspetti (politici, militari, religiosi e tecnologici). 

Il principe Giovanni Andrea Doria era il figlio di Giannettino e pronipote del GRANDE AMMIRAGLIO genovese ANDREA DORIA.

 

 

 

CARLO GATTI 

 

Rapallo, 28 ottobre 2023