LE BELLEZZE E LA STORIA DEL NOSTRO MARE


In quel lontano periodo il sub Giancarlo Boaretto (a destra nella foto) si trovava impegnato nei fondali della nordica Tromsø (Norvegia)

Quando si parla di mare, che si sia stati dei naviganti, pescatori, sub dilettanti o professionisti, apneisti, insomma chi ha vissuto il mare sopra o sotto, si ricorda immediatamente le cose che hanno colpito e affascinato maggiormente come se fosse passato solo un giorno; anche se in realtà possono esser passati degli anni.

Quando si mette la testa sotto quel fluido bagnato e molto più denso dell’aria ci si rende conto che si è entrati nel regno di Nettuno; si ha la sensazione di volare in un altro mondo, una flora e una fauna inaspettata, un mondo inatteso e affascinante dove fino a una decina di metri sotto il livello del mare i colori di ciò che si guarda restano inalterati e iniziano a sfumare in tonalità che vanno dall’azzurro al blu a breve distanza da noi.

Ma attenzione, questo “regno” molto affascinante impone le sue regole e sono ferree; occorrono molte precauzioni, prudenza e conoscenze tecniche approfondite, seguite da uno stile di vita idoneo e soprattutto: va rispettato.

IL CORALLO

Nel Golfo del Tigullio una delle attività più antiche è stata la pesca del corallo e ne parlavano già nel II secolo d.C. e anche nel XIV secolo da Fazio degli Uberti, si utilizzavano  le “coralline” barche a vela molto robuste  con l’equipaggio composto da 6/8 persone.

Gozzo Ligure “corallino”

Per la pesca si utilizzava un marchingegno composto da due grandi legni incrociati e zavorrati al centro, ai vertici dei bracci che si formavano dall’incrocio dei legni venivano applicate delle reti di un paio di metri ciascuna, venivano fatte sprofondare sul fondale e poi trainate con l’aiuto del vento; le reti del marchingegno strisciando sul fondo incocciavano i rami di corallo e li stappavano tenendoli incastrati nelle maglie.

La tecnica di per sé funzionava, ma con l’andare degli anni , o meglio, dei secoli di razzia dai fondali del Tigullio il corallo è praticamente sparito; da li i “corallari” hanno dovuto spostarsi verso la  Corsica, la Sardegna, fino alle coste della Tunisia e Algeria e famosa è l’isola di Tabarca che divenne il punto d’approdo dei pescatori di corallo.

I coralli rossi, tipici del Mediterraneo sono colonie di microscopici polpi  che si nutrono di plancton allungando i tentacoli estroflettendoli dallo scheletro che è ricoperto da una sottile pellicina  che quando è raschiata via scopre il colore rosso sangue della struttura vera e propria del corallo; questo ha una crescita lentissima, si parla di decine di anni per raggiungere l’altezza di un centimetro e perciò quello fotografato sul palmo della mano non dovrebbe aver vissuto meno di cinquant’anni.

Nello stemma di Santa Margherita Ligure è raffigurato un ramo di corallo e alcuni fortunati ne trovano ancora in qualche anfratto ma ad una profondità di almeno settanta metri, e si limitano ad osservare gli esemplari rimasti, qualche volta fotografandoli ma non dicendo mai dove li hanno trovati.

Giancarlo BOARETTO

Rapallo, Sabato 18 luglio 2015