GIUSEPPE BAVASTRO

Il corsaro genovese

 

Ritratto di Giuseppe Bavastro

 

La sciabola di gala di Bavastro, riccamente lavorata con accanto il fodero, é conservata a Venezia, presso il Museo Storico Navale

Il corsaro del cinema

L’audace navigatore genovese al servizio della Francia di Napoleone, condusse una spietata guerra di corsa contro le navi inglesi che assediavano il capoluogo ligure nel 1800. Dalle sue imprese esce il ritratto di un combattente feroce verso i nemici e generoso con gli amici fino alla prodigalità, temerario e passionale; un uomo che visse tra storia e leggenda.

 

Pirata o Corsaro ?

 

– Il pirata é una sorta di brigante del mare che assale e depreda navi per fini individuali compiendo un reato di diritto internazionale. Può quindi essere catturato e tradotto dinanzi ai giudici di qualsiasi Paese. Il fenomeno é ancora in corso.

 

Il corsaro attaccava solo dietro autorizzazione del sovrano che gli dava facoltà di arrembare con una nave armata in corsa i mercantili nemici; era la cosiddetta “guerra di corsa”.

 

Famosi corsari italiani furono i liguri Enrico Pescatore, ammiraglio di Federico II di Svevia, e Giuseppe Bavastro (1760-1833) al servizio dei Francesi in epoca napoleonica. I più celebri corsari furono comunque inglesi e francesi: Francis Drake, Raleigh, Hawkins, Surcouf, Jean Bart, Duguay-Trouin, i quali resero grandi servigi alle rispettive nazioni.

 

Giuseppe Bavastro nacque a Sampiedarena il 10 maggio 1760 da una famiglia

 

della borghesia nizzarda. Praticamente analfabeta, il ragazzone alto e robusto, combattivo e indipendente, preferì infatti imbarcarsi e sfidare le intemperie nautiche e della vita avventurosa piuttosto che abbracciare una vita sicura, agiata, ma incolore.

 

Nel 1783 sposò Annetta, figlia di un locandiere francese, ma il matrimonio non gli impedì di riprendere la vita sul mare.

A 22 anni, Bavastro armò una goletta da 100 tonnellate dello zio Giovan Battista Parodi per i traffici con la Sicilia e fu proprio in quel periodo che conobbe gli scontri con i pirati algerini dai quali imparò le varie tattiche di combattimento.

 

Con la Rivoluzione Francese, nel periodo del terrore, si offrì per compiere il trasporto dei profughi e fu preso in seria considerazione quando si offrì di comandare uno dei quattro trasporti di truppe napoleoniche in Egitto senza pretendere compensi. Fedele ai francesi, nel 1800 si trasferì nella sua Genova con la moglie, ma qui visse i tragici momenti dell’assedio degli inglesi via mare, e degli austriaci via terra. In quell’occasione Bavastro si distinse forzando ripetutamente il blocco navale con le sue piccole imbarcazioni, al servizio dell’amico generale Andrea Massena. Il suo nome ed il suo coraggio passarono alla storia della nostra regione per un’impresa davvero eroica. Ogni notte una nave inglese s’avvicinava indisturbata al porto e lanciava proiettili di bombarde su Genova.

Sciabecco arabo

 

A Bavastro venne in mente una missione suicida: armò una vecchissima galea, provvista di soli tre cannoni, imbarcò una schiera di galeotti al remo, un equipaggio di coraggiosi incursori e, contando sulla sorpresa, uscì dal porto e mise la prua sulla nave inglese mentre stava salpando. Ma questa volta, nelle tenebre di una notte illune, si nascondeva un “genovese” che la sapeva più lunga del diavolo e, appena fu a tiro,  armò i cannoni e fece fuoco contro lo scafo inglese. I suoi colpi partirono improvvisi, veloci e precisi e tagliarono in due lo scafo degli assedianti. Purtroppo, le navi della flotta inglese che componevano il blocco, non erano distanti e attaccarono a loro volta la vecchia galea che puntando sull’agilità riusciva ad evitare le cannonate con rapide accostate. Agli inglesi non rimaneva che la tattica dell’abbordaggio avendo per obiettivo la cattura di quello sfacciato corsaro che aveva osato tanto contro le navi di sua maestà. Bavastro non ebbe il tempo di fuggire, ma non volle neppure  indietreggiare. Fu circondato e continuò a combattere in violenti corpo a corpo sul ponte della galea. Resistette ancora un’ora poi, ricordandosi d’essere un formidabile nuotatore, si tuffò in mare e sparì dalla vista del nemico. Il generale Massena, suo vecchio amico d’infanzia, conosceva le sue vie di fuga come pochi altri, e lo fece recuperare da un gozzo posizionato da tempo come “civetta” in quel braccio di mare.

 

Nel 1806 Napoleone incoraggiò  la guerra di corsa e in questa sua specialità Bavastro s’impegnò da protagonista con continui abbordaggi e atti di pirateria basati sulla rapidità della manovra.

 


 

Sciabecco arabo

 

Per questo tipo di d’ingaggio, Bavastro usava vecchi ma affidabili sciabecchi come l’Intrepido, armato di  soli quattro cannoni, che manovrava con la sua eccezionale capacità. In questa fase si rafforza la leggenda dei duelli vincenti contro gli abili corsari inglesi che conducevano un’analoga guerra nel Mediterraneo. I suoi scafi antiquati e la sua ridotta capacità di fuoco, inducevano il nemico a sottovalutarlo fino a farlo avvicinare oltre ogni limite di prudenza. Ciò che ne seguiva per il suo intrepido coraggio era solo routine. Giustamente fu definito dai genovesi il classico “gundun”.

 

Celebre fu l’episodio che lo vide, presso le Isole Baleari, attaccare e mettere alle strette la grande fregata inglese Phoenix. Anche quella volta Bavastro era al comando di una  nave molto obsoleta rispetto alle navi inglesi, ma questa volta era armata con 14 cannoni.

 

Il corsaro genovese Giuseppe Bavastro si sposta successivamente nell’Adriatico

 

per istruire e rinforzare le file dei corsari che agiscono dall’operoso porto di Ancona. La sua strategia di base é sempre la stessa: un piccolo e antiquato  sciabecco come il “Massena” che non desta alcun sospetto nella marina austriaca, ma che é veloce, ben armato di cannoni moderni e di tanto coraggio.

 

I danni che procura sono peggio della grandine…

 

Ricevette varie onorificenze: l’ascia d’onore per meriti marittimi, la rosetta d’ufficiale della Legion d’Onore, il grado onorario d Capitano di Fregata. Napoleone in un colloquio diretto con lui lo definì l’unico mio Ammiraglio vittorioso.

 

Bavastro rimane, tuttavia, un fighter solitario che agisce improvvisando tattiche basate sul coraggio. Si sceglie accuratamente l’equipaggio  che più gli assomiglia, ma lui solo decide quando e come attaccare il nemico. I suoi principi basati sull’individualismo gli impediscono di inserirsi in una struttura militare organizzata e quando nel 1806 Massena lo chiama a Napoli per dargli il comando della corvetta Fama della Marina del Regno si sente a disagio e preferisce riprendere la sua guerra da corsa.

 

Al comando del Principe Eugenio, armata di 16 cannoni, compie altre storiche  imprese contro navi inglesi sempre più potenti, ma soccombe e perde il suo “legno”. Si salva con pochi uomini nell’unico modo che conosce: raggiungendo a nuoto la lontana riva di Tarragona. Qui trova il modo di organizzarsi recuperando il brigantino Fanny, naviglio corsaro inglese che aveva precedentemente conquistato. Con esso riprende la sua guerra da corsa. A bordo di questa veloce imbarcazione opera ancora a lungo nel Mediterraneo spagnolo.

 

Bavastro era affascinato dall’imperatore Napoleone e quando questi cadde in disgrazia pensò di liberarlo dalla reclusione dell’Isola d’Elba, ma dovette rinunciare.Conclusa l’era napoleonica, Bavastro vide respinta la sua richiesta d’iscrizione nei quadri della marina sarda, memore delle sue imprese da corsaro napoleonico. Reagì a quella delusione mettendosi a disposizione di Simon Bolivar in America Latina. Terminata la guerra di liberazione del Venezuela, ritornò in Mediterraneo al servizio della Francia. Grazie alla perfetta conoscenza della lingua francese e di quella arabo-algerina, divenne CADI (magistrato mussulmano di nomina politica cui si demandava l’amministrazione della giustizia ordinaria). In seguito divenne Comandante del Porto di Algeri. Questa splendida città era stata a lungo scalata dal corsaro genovese, sia in tempo di pace con le navi da carico, sia in tempo della guerra “di corsa” in epoca napoleonica.

 

Il re di Francia Luigi Filippo nel 1832 gli concesse la cittadinanza francese. Nel marzo del 1833, mentre si trovava ad Algeri, Bavastro fu colto da malore e dopo 10 giorni morì, a 73 anni ancora da compiere. Le ultime sue parole pare siano state: “Aprite le finestre, voglio vedere il Mare”.A Genova-Pegli gli è oggi intitolata una via. Anche a Roma gli è stata intitolata una via, in zona Ostiense. Anche a Nizza (Francia) esiste Rue Bavastro – Corsaire Niçois (via Bavastro – Corsaro Nizzardo)

 

Carlo Gatti

 

Stöia vëa de ‘na Gondonata e de ‘n Gondon

 

di Franco Bampi – * Presidente “A Compagna”

Zena a l’ëa ‘na repubblica piccinn-a, ma ricca. A preferiva pagâ pe avei paxe e taere; a no gh’aiva sordatti e quande ghe servivan a i piggiava a pagamento. Pe questo i ciû potenti in scio-o cian militare han faeto a-i Zeneixi un mûggio de gondonate, ma de quelle cattive. E questa chì, che ve veuggio contâ, a l’é staeta proprio ben ben grossa. In to 1800 o Napolion, ch’o curriva in sà e in là pe l’Europa, o s’ëa invexendòu a fâ a guaera in to nord dell’Italia. O generale Massena, ch’o s’ëa dovùo retiâ chì a Zena, o gh’aiva l’incarego de tegnî impegnae Austriachi e Ingleixi pe-o ciû lungo tempo poscibile. Pe questo, da-o frevâ do 1800 finn-a a-i primmi de zugno do maeximo anno, Zena a l’ha dovùo patî quello che i libbri de stöia (no guaei a dî a veitae) arregordan comme “O Blocco de Zena”. O l’é staeto un assedio terribile e ben ben diffiçile da violâ, ma ben ben importante pe Napolion ch’o l’é riescïo a intrâ in Milan e a guägnâ a Marengo: vittöie che han determinòu o destin de tutta l’Europa. Pe via do Blocco, a Zena o mangiâ o mancava: l’ëa sparïo da-a çittae gatti, chen, ratti e ratti pennughi. A gente a se desbëlava pe ‘na feuggia de leituga marsa. I zeneixi ean costreiti a mangiâ de tutto e, comme se lëze in sci-i libbri, finn-a a mangiâse anche tra de liätri. ‘Na bella gondonata, ma con morti a rëo, perché tutta questa stöia a no l’é staeta vosciùa da Zena: Zena a l’é staeta tiatro e vittima: Zena a l’ha solo patïo con sacrifissio e dignitae a voentae de ‘n foresto. E da tutto questo remescio Zena a l’aviä solo da perde: e de faeti a perdiä a seu secolare indipendensa in to 1815 pe-e decisioin do Congresso de Vienna. Ma, in te quello periodo, un bello gondon, in to senso bon, o l’é staeto anche o Capitan Bavastro. Nasciùo in scia spiägia de San Pê d’Aenn-a e subito lavòu da-a seu mamà in te l’aequa do mâ, o l’é staeto quello ch’o l’é riescïo a piggiâ in gïo e nave ingleixi do Blocco co ‘na vegia galëa ciammä “Prima”. O Bavastro o l’ha affondòu a nave ch’a bombardava Zena. Alloa trenta ätre nave ingleixi se son misse a combatte contra de lë e doppo un terribile scontro o Capitannio o s’é sarvòu cacciandose in mâ e vegnindo a neuo verso taera. Da quella neutte i Ingleixi han smisso de bombardâ Zena.

Un bello gondon pe ‘na grossa gondonata!

Traduzione:

Storia vera di un tiro mancino e di una geniale trovata

 

Genova era una repubblica piccola, ma ricca. Preferiva pagare per ottenere pace e possedimenti: non aveva soldati e quando ne aveva bisogno li assoldava. Per questo gli stati più potenti sul piano militare hanno giocato ai genovesi una quantità di brutti scherzi, alcuni anche molto crudeli. E questo che vi voglio raccontare è stato uno dei peggiori.

 

Nel 1800 Napoleone, che correva in qua e in là per tutta l’Europa, si era incaponito di far guerra nel nord dell’Italia. Il generale Massena, che si era dovuto ritirare a Genova, aveva l’incarico di tenere impegnati Austriaci e Inglesi, il più a lungo possibile. Per questo, dal febbraio del 1800 ai primi di giugno dello stesso anno, Genova ha dovuto sopportare quello che i libri di storia (non molti, a dire il vero) ricordano come “Il blocco di Genova”. Si è trattato di un terribile assedio e difficilissimo da violare, ma molto importante per Napoleone che nel frattempo è riuscito a entrare a Milano e a vincere la battaglia di Marengo: vittorie che hanno determinato il destino dell’Europa intera. A causa dell’assedio, a Genova mancava il cibo: dalla città erano scomparsi gatti, cani, topi e pipistrelli. La gente si contendeva una foglia di lattuga marcia. I genovesi erano costretti a mangiare qualsiasi cosa e, come si legge sui libri, persino a divorarsi l’uno con l’altro. Un tiro mancino, con morti in quantità, perché questa storia non è stata voluta da Genova: Genova è stata teatro e vittima. La città ha solo patito con spirito di sacrificio e dignità le conseguenze della volontà di uno straniero. E da tutto questo Genova avrà soltanto da perdere, e infatti nel 1815 dovrà rinunciare alla sua secolare indipendenza per decisione del Congresso di Vienna.

 

Ma in quello stesso periodo, un bel farabutto, in senso buono, è stato anche il Capitan Bavastro. Nato sulla spiaggia di San Pier d’Arena e subito lavato da sua madre nell’acqua di mare, è stato quello che è riuscito a farla in barba alle navi inglesi del blocco con una vecchia galera chiamata “Prima”. Bavastro è riuscito ad affondare la nave che bombardava Genova. Allora trenta altre navi inglesi gli si sono rivolte contro e dopo una terribile battaglia il Capitano si è salvato gettandosi in mare e raggiungendo a nuoto la riva. Da quella notte gli inglesi cessarono il bombardamento di Genova.

 

Una geniale trovata in risposta ad un tiro mancino.

 

Carlo Gatti

Rapallo, 8.12.2012