LO STRANO DESTINO di PORT ROYAL  GIAMAICA

 

 

Nel XVII secolo, Port Royal era il principale centro di commercio della Giamaica. Era una città in continua espansione, costruita sull’estremo lembo di  tombolo che racchiude il Golfo di Kingston.

 

 

Fu fondata come fortificazione spagnola  ma nel 1655  divenne possedimento inglese. Gli Inglesi dell’epoca, veri signori dei mari, intuirono l’importanza del sito posizionato sulla rotta che dai caraibi portava oro in Europa. Quattro anni dopo il forte che sorvegliava l’imboccatura alla baia, era già circondato da duecento edifici  fra case, palazzi del potere, negozi e magazzini, a dimostrazione dello sviluppo enormemente rapido del sito. Gli Inglesi, sempre pragmatici, non disdegnavano i rapporti con i Pirati, che in seguito “istituzionalizzarono” in Corsari. Grazie alla massiccia presenza di questi predoni, la città esibiva ricchezza ed era già nota per i costumi dissoluti: pressoché tutti i piani a livello strada erano bettole o postriboli. E’ in quell’epoca che si fece la reputazione di essere <<la città più ricca e malfamata del mondo>>  Grazie a questa illimitata libertà, Pirati, Bucanieri e Corsari, vi investivano e spendevano tutti i loro averi. Intorno al 1660 la città si era guadagnata la fama di essere << la Sodoma del nuovo mondo>> dove la maggior parte dei residenti erano ogni sorta di pirati, tagliagole e prostitute. Dai pochi documenti salvati dal terribile terremoto, che più avanti vedremo la distrusse  nel1692, si è appurato che già nel 1661 vi era una osteria ogni dieci abitanti e furono rilasciate quaranta licenze per aprire nuove taverne. Erano operanti in città quattro orafi, quarantaquattro tavernieri, moltissimi artigiani e mercanti che esercitavano in duecento edifici occupanti una superficie complessiva di 200.000 mq. Nel 1688 sostarono nel porto ben duecentotredici navi  e il commercio si era evoluto dal primitivo scambio di beni a fronte di servizi, all’uso della più pratica moneta.

Quando Charles Leslie scrisse la storia della Giamaica, descrisse i pirati così: il vino e le donne prosciugano i loro averi ad un tale livello che alcuni tra loro sono costretti ad elemosinare. Sono diventati famosi per spendere due o tre mila pezzi da otto(moneta spagnola coniata in argento, poi diffusasi per secoli ovunque) in una sola notte; uno ne diede 500 ad una sgualdrina per vederla nuda. Era abitudine comprare una botte di vino, spostarla sulla strada ed obbligare chiunque passasse, a bere>>

In altre parole  la Città divenne il più ricco possedimento inglese nel Nuovo Mondo  grazie alla pirateria che poi continuò con il commercio del Rum ma soprattutto con la tratta degli schiavi prelevati dall’Africa occidentale. A seguito della nomina di Henry Morgan a Governatore ( il famoso inglese prima ammiraglio, poi pirata e in fine governatore; morì in disgrazia di cirrosi epatica), Port Royal iniziò a cambiare. Non c’era più la necessità di ricorrere all’aiuto dei pirati per difendersi dalle incursioni francesi e spagnole, nei momenti in cui gli inglesi avevano scarne guarnigioni. Il commercio degli schiavi, assunse maggior importanza mentre i cittadini più elevati, iniziarono ad essere stufi della nomea che la città si era fatta.

 

Nel 1687 la Giamaica approvò una legge antipirateria. Da “porto franco” per i pirati, Port Royal divenne famosa come luogo che non garantiva più asilo, anzi iniziarono le loro esecuzioni. Charles Vane e Calico Jack entrambi pirati britannici, furono fra i primi ad essere  impiccati ma, appena due anni dopo, in un solo mese ne salirono il patibolo ben 41.

 

Jolly Roger

 

 

Merita qui ricordare che proprio Calico Jack inventò quella destinata a divenire poi la bandiera ufficiale della pirateria: un teschio bianco con sotto due spade incrociate in campo nero, più nota come <Jolly Roger>.

Diverse caratteristiche della Città la resero ideale per gli scopi della pirateria.

 

 

Era situata, lo abbiamo visto, proprio sulle ricche rotte molto frequentate che univano Panama alla Spagna. La grande baia protetta di Kingston era sufficientemente vasta ma dallo stretto accesso facilmente controllabile, tanto da poter fornire protezione ai loro vascelli e, in fine, strategicamente posizionata da poter lanciare attacchi agli insediamenti spagnoli. Da lì partirono gli attacchi a Panama, Portobelo e Maracaibo. John Davis, Edward Mansveldt ed Henry Morgan utilizzarono Port Royal per organizzare le loro azioni piratesche.

 

 

Da parte loro gli Inglesi, in cambio di questa loro “interessata” tolleranza, incoraggiarono, quando addirittura non pagarono, i Bucanieri (i veri Fratelli della Costa) di stanza colà perché attaccassero le spedizioni navali Spagnole e Francesi. Nel periodo intercorrente fra la conquista Inglese dell’isola (1655() e il terremoto, Port Royal fu la capitale della Giamaica. Dopo tale data, non essendo rimasto pressoché più niente, il suo ruolo lo prese Spanish Town, l’insediamento più vicino e meno esposto. Solo nel 1872 il Governatorato fu trasferito definitivamente a Kingston.

 

 

Una bella mattina di Giugno, per la precisione Mercoledì 7 dell’anno del Signore 1692, il reverendo Emmanuel Heath, pastore anglicano della principale chiesa del Porto, passeggiava, come di consueto, nel piazzale antistante la Basilica recitando le giornaliere preghiere quando, improvvisamente un boato subito seguito da un tremare violento della terra, lo terrorizzò.

 

Fuggì di corsa salendo un po’ più in alto mentre il terreno scosso, stava sgretolandosi in mare  come se vi si sciogliesse. Infatti la lingua di terra o tombolo su cui era stata edificata la Città, era formata da sabbia e ghiaia fluviale, per uno spessore di 30 metri. Il materiale, scosso dalle ondate sismiche del 7° grado della scala Mercalli, scivolò in mare e in men che non si dica, il tombolo su cui poggiava la Città, sprofondò facilitato dal naturale declivio verso il mare mai consolidato. Questo insolito sconvolgimento, sprofondando senza “spaccarsi” perché il terreno non era roccioso, trascinò sul fondale, non più profondo di 15 metri, tutto il paese senza, di fatto, frantumarlo.  La base superficiale su cui era stato edificato, affondò come una zattera subito ricoperta da tutto quel turbinio di sabbia, limo e terra, sparendo alla vista. A completare lo scempio poi tre successive ondate (oggi lo chiameremmo “tsunami”, che regolarmente segue gli sconvolgimenti del fondo del mare a causa di un terremoto) spazzò via tutto quel poco che era rimasto.

 

Alla fine si contarono  oltre 2000 morti mentre, del fiorente porto, non emergevano che le parti più alte, ma ridotte in rovine. Naturalmente, come era nella cultura dell’epoca il Reverendo, scrivendo nel suo rendiconto per spiegare ai suoi Superiori come aveva perso la Chiesa, chiosò < spero che questo terribile giudizio di Dio induca i superstiti a cambiare vita, perché non penso che esistano persone altrettanto prive di timor di Dio sulla faccia della terra>. Questa volta però Dio non fu il feroce giustiziere immaginato dal Reverendo: semplicemente lui non sapeva che la Giamaica era, come è, zona sismica, purtroppo attiva ancor oggi, perché si trova lungo il margine della placca caraibica che si scontra con il bordo  più meridionale  della placca nord-americana, traslando di 20 mm all’anno.

 

Papa Francesco oggi ci ha fatto capire che Dio non è mai giustiziere, ma padre.

 

Come sempre accade, specie in zone in cui l’igiene non viene praticato, al disastro seguirono malattie che, in modo incontrollato, si diffusero portando a morte ulteriori 2000 persone. Quando la notizia si diffuse, nella mente dei contemporanei scattò giustificativa la pessima reputazione della Città, attribuendo la calamità alla giusta “punizione divina”.

 

Si tentò di ricostruirla iniziando da dove non era stato sommerso, ma avvennero altri disastri: nel 1703 un incendio la distrusse un’altra volta tanto che poi, nella prima metà del XVII secolo, Port Kinston eclissò definitivamente Port Royal.

 

Sulle carte, al posto del tratto finale di quella mitica lingua di terra, oggi è indicata un’isoletta staccata:  su di essa e il canale che la divide dalla terra ferma, c’era Port Royal.

 

Atlantide dei Caraibi

 

Solo e per caso nel 1959 due archeologi americani, scandagliando il basso fondale, scoprirono, sotto una coltre di limo e sabbia, una città pressoché intatta con case e negozi ancora perfettamente conservati, con all’interno tutto quello che contenevano quella mattina. Su di un ronfò scoprirono i resti di una tartaruga che doveva essere il pranzo di quel giorno. Poco più in là una bottega da falegname conserva ancora un letto così come lo stava costruendo e, in una farmacia, fanno bella mostra numerosi flaconi ancora allineati e contenenti medicamenti e albarelli da farmacia, perfettamente conservati. Altrove bottiglie e monili d’oro; in un “fondo” c’era una cassaforte semicorrosa, contenente oltre 1536 monete d’argento.

 

 

Come oggi giorno si usa, la scoperta di questa “Atlantide dei Caraibi” sta mettendo in moto la macchina del turismo. Intendono, in pochi anni, creare un parco sottomarino con tanto di alberghi e ristoranti < vista sul fondale>, in quanto lo stesso è veramente facilmente raggiungibile: non più di 15 metri.

 

 

RENZO BAGNASCO

 

Fratello della Costa

Foto di Carlo GATTI

Rapallo, 23 Maggio 2014