L’ANTICA E LA NUOVA VIA DELLA SETA

Lungo la Via della seta si scambiavano non solo merci, ma anche culture, religioni, forme artistiche, conoscenze tecniche.


I precedenti storici

L’antica Via della Seta, illustrata dalla mappa qui sopra, era la rotta commerciale che partendo dalla Cina univa Asia, Africa ed Europa. Essa risale al periodo dell’espansione verso Ovest della dinastia Han (206 a.C.-220 d.C.), che costruì reti commerciali attraverso gli attuali Paesi dell’Asia Centrale (Kyr-gyzstan, Tajikistan, Kazakhstan, Uzbekistan, Turkmenistan e Afghanistan), come pure, in direzione sud, attraverso gli attuali Stati di Pakistan e India.

Su queste piste terrestri per carovane tra un caravanserraglio e l’altro dell’Asia centrale, si fecero  i primi esperimenti di globalizzazione creando occasioni d’incontro: mercati, ricchezza, sincretismi religiosi e culturali. L’importanza massima di questi traffici si ebbe nel primo millennio dopo Cristo, ai tempi degli imperi romano, poi bizantino e della dinastia Tang in Cina (618-907).

Con le scoperte geografiche la Via della seta si arricchì anche di percorsi marittimi e fluviali che dalle pianure della Cina settentrionale, costeggiando il deserto del Gobi e, attraversando l’Asia centrale, conducevano all’altopiano iranico e alla Mesopotamia, e da qui ai porti del Mediterraneo.

L’itinerario, lungo circa 8.000 chilometri, costituiva il principale asse di comunicazione tra il Mediterraneo e l’Asia, tra l’Impero Romano e l’Impero Cinese. Questi percorsi variarono nel tempo adattandosi alle circostanze politiche ed economiche delle aree attraversate.

Tra le merci scambiate c’era la seta, ricercatissima dai ricchi romani e disposti a pagarla a peso d’oro. Essi credevano che i fili di seta pendessero da alberi rari che si trovavano in Cina, un paese altrettanto sconosciuto ai confini del mondo. D’altra parte, il segreto della fabbricazione della seta era custodito gelosamente dell’imperatore cinese, che ne deteneva il monopolio.

L’importanza della Via della seta è enorme perché nel I secolo a.C. mise per la prima volta in contatto due mondi che si ignoravano a vicenda: la civiltà romana e la civiltà cinese e,  con la discesa in campo dell’Islamismo nel 620, mise in contatto la civiltà cinese con la civiltà araba e infine con la nuova civiltà europea.

Le Crociate e l’avanzata dei mongoli lungo le steppe dell’Asia centrale spostarono più incisivamente l’asse commerciale sulle rotte marittime, più rapide e a buon mercato.

RIMANIAMO ANCORA NELLA STORIA CON UN PERSONAGGIO CHE CI RIGUARDA DA VICINO

«Quivi si fa molta seta». Con queste parole Marco Polo descrisse ne il Milione l’economia della provincia cinese del Catai caratterizzata dalla produzione della seta, tessuto che in Europa, come abbiamo appena visto, arrivava attraverso un percorso preciso che univa ORIENTE E OCCIDENTE:

La VIA DELLA SETA


La via della seta, aveva anche le sue diramazioni che si estendevano a est sino alla Corea e al Giappone e a Sud fino all’India. Nella porzione occidentale del tragitto, una volta superati i passi montani del Pamir, la via della seta proseguiva in vari percorsi che da una parte conducevano all’India, dall’altra verso l’Iran e i fiumi Tigri ed Eufrate in Medio Oriente.

Marco Polo (Venezia 15. Settembre 1254 – 8 gennaio 1324) cadde

prigioniero dei genovesi dal 1296 al 1299 e, proprio in quel perido, dettò le memorie dei suoi viaggi a Rustichello a Pisa, forse suo compagno di cella, che le scrisse in lingua franco-veneta con il titolo “Divisiment dou monde“.

Seppur non sia stato il primo europeo a raggiungere la Cina, Marco fu il primo a redigere un dettagliato resoconto del viaggio, Il Milione, che fu ispirazione e guida per generazioni di viaggiatori europei, non ultimo Cristoforo Colombo, che ebbe accesso a materiali sulla cartografia occidentale, in primis al Mappamondo di Fra Mauro.

Da quanto riportato poi nel suo resoconto di viaggio, Il Milione, i tre Polo seguirono le varie tappe di quella che solo alcuni secoli dopo sarà chiamata la VIA DELLA SETA che tutti noi oggi conosciamo nei suoi vari aspetti geografici e non solo.

Secondo una diffusa leggenda, il 5 settembre 1298 Marco Polo si trovava su una delle 90 navi veneziane sconfitte dai genovesi nella battaglia di Curzola. Di sicuro fu catturato dai genovesi, anche se non nei pressi di Curzola, ma più probabilmente a Laiazzo in Cilicia, dopo uno scontro navale nel Golfo di Alessandretta.

 


Palazzo San Giorgio – Genova

Ala antica del Palazzo San Giorgio

Palazzo San Giorgio è uno degli edifici storici più importanti di Genova. Costruito nel 1260, si compone di una parte più antica, in stile medioevale, e di quella rinascimentale che è rivolta verso il mare. Lo splendido Palazzo del Mare, che ha ospitato il Comune, le Dogane, una Banca e ora è la sede dell’Autorità Portuale genovese, è stata anche la prigione di Marco Polo. Tra le sue mura, il navigatore fu imprigionato dai genovesi. Da questa triste circostanza, nacque il resoconto dei suoi viaggi che poi diventò uno dei più celebri libri al mondo: Il Milione.

Marco Polo fu finalmente rilasciato dalla prigionia nell’agosto 1299 e ritornò nuovamente a Venezia, dove, nel frattempo, il padre e lo zio avevano acquistato un grande palazzo in Contrada San Giovanni Crisostomo (sestiere Cannaregio) nota come “Corte del Milion”.

Ecco una domanda importante.

Perché si riparla tanto di VIA DELLA SETA?

Il mastodontico progetto della ‘Nuova Via della seta’, proposta da Pechino sin dal 2013, mira a ridefinire il sistema di rapporti economici e politici a livello globale. La Belt & Road Initiative prevede, sin dall’inizio, la creazione di due corridoi – uno marittimo e uno terrestre – con l’obiettivo di trasformare la Cina nel perno di una rete di collegamenti estesa tra Europa, Africa Orientale e Estremo Oriente.

La risposta appare semplice: perché ancora oggi ci riporta all’idea di un interscambio commerciale pacifico. Lo dimostra il passo tratto da un opuscolo del governo cinese del 2014:

“Come una sorta di miracolo nella storia umana, l’antica Via della Seta potenziò il commercio e gli interscambi culturali nella regione eurasiatica. In epoche antiche, differenti nazionalità, differenti culture e differenti religioni a poco a poco entrarono in comunicazione tra loro e si diffusero lungo la Via della Seta al tintinnio dei campanacci dei cammelli.

A quell’epoca, le regioni attraverso cui si snodava la Via della Seta erano relativamente pacifiche, e non conoscevano i problemi di ‘geopolitica’, ‘geo-economia’, ‘minacce militari’, né il problema del terrorismo che oggi attanaglia l’Asia centrale, l’Afghanistan e altri Paesi, per non parlare poi del ‘terrorismo internazionale’”.

LA NUOVA VIA DELLA SETA

 


 

Con la nuova via della seta, da un punto di vista diplomatico, la Cina si prefigge cinque obiettivi fondamentali: il coordinamento politico, l’incremento della connettività e dei flussi commerciali fra i paesi, l’integrazione finanziaria e culturale tra i diversi paesi.

Il progetto ONE BELT ONE ROAD (OBOR) prevede il rilancio in chiave contemporanea della STORICA VIA DELLA SETA.

Percorso della nuova via della seta

 

Percorso terrestre

Comprensivo di tre diverse rotte atte a connettere la Cina con Europa, Medio Oriente e Sud-est asiatico.

Percorso marittimo

Diviso in due rotte – una che dalla Cina si snoda attraverso l’Oceano Indiano, il Mar Rosso e infine si collega all’Europa, l’altra che connette Pechino con le isole del Pacifico attraverso il mare di Cina.

L’idea di costruire una via che potesse potenziare i flussi commerciali fu proposta dal presidente cinese XI JINPING nel settembre 2013 durante un discorso tenuto alla Nazarbayev University in Kazakistan, e successivamente durante una visita al parlamento indonesiano. In tali occasioni “XI” auspicava la creazione di una tratta commerciale che potesse permettere di stringere profondi legami economici e di rinsaldare la cooperazione fra i paesi beneficiari al fine di facilitare lo sviluppo della zona eurasiatica.

ONE BELT, ONE ROAD –


Cosa prevede la nuova via della seta?

L’iniziativa One Belt One Road (OBOR) è supervisionata dalla Commissione nazionale di sviluppo e riforma, dal ministro degli affari esteri e dal ministro del commercio. L’OBOR ricopre un ruolo primario nei piani del governo di Pechino in quanto fattore coadiuvante agli obiettivi di lungo periodo di raddoppiamento del PIL e di creazione di nuovi legami internazionali, già enunciati a marzo 2016 con la pubblicazione del 13° piano quinquennale.

Le Rotte Commerciali

Il progetto prevede la creazione di nuove tratte commerciali e il potenziamento di quelle già esistenti. Le rotte terrestri di riferimento sono tre:

1.una delle vie terrestri parte da Xi’an (la prima delle quattro antiche capitali Cinesi), città situata nel centro del paese, e si snoda attraverso il centro dell’Asia, ossia attraverso Kazakhistan, Russia (Mosca) e dirigendosi infine nel Mar Baltico;

2.Da Xi’an inizia un secondo percorso terrestre che attraversa il Medio Oriente, nello specifico Islamabad (Pakistan), Teheran (Iran), Istanbul (Turchia);

3.Infine una terzia via parte da Kunming a attraversa il sudest asiatico, attraverso paesi quali Tailandia e Myanmar, finendo la sua corsa a Delhi in India.

Le principali rotte marittime sono due: una inizia dal porto di Fuzhou e attraversa l’oceano Indiano toccando Malesia, Sri Lanka e il mar Rosso, collegando l’Europa a Rotterdam; la seconda parte sempre da Fuzhou e arriva alle isole Pacifiche attraverso il Mar di Cina.

Il progetto in totale coinvolgerà circa 4,4 miliardi di persone, ossia circa il 63% della popolazione mondiale, e il 29% del PIL mondiale, corrispondente a 21 miliardi di dollari.

Nello specifico, riguardo la via terrestre, la Cina sta pianificando una ferrovia ad alta velocità che parta da Kunming e si espanda verso il Laos, Cambogia, Malesia, Myanmar, Singapore, Tailandia e Vietnam. Inoltre viene prevista la creazione di un ulteriore network di strade, ferrovie e condotti che inizi da Xi’an e si snodi ad Ovest verso il Belgio.

Pechino ha già iniziato la costruzione di una ferrovia per il trasporto merci di 8 mila miglia che connetta Yiwu a Madrid e una linea che inizi Kashgar e si diriga verso il Pakistan e successivamente verso il mare Arabico. La Cina non ha bisogno di costruire molte delle tratte richieste, ma solo di collegarle fra loro in modo efficiente.

 

L’Italia e la nuova Via della Seta

Un polo portuale e varco per l’Europa

I porti italiani sono ritenuti importanti snodi commerciale e strategici per il progetto One Belt-One Road. Il mediterraneo è il punto di arrivo della tratta marittima che da Fuzhou si dirige in direzione Sud-Est verso Malesia, Thailandia, Indonesia, India, passando per l’Oceano Indiano prima e il Mar Rosso dopo, e dirigendosi infine nel Mediterraneo dove, dopo Atene, raggiungerà l’Italia.

Già nel 2016 il porto di Venezia (vedi mappa sopra) aveva assunto particolare rilevanza per il progetto cinese, in quanto la rotta Marittima facente approdo a Venezia si figura come la più efficiente, per via della possibilità di ridurre al minimo i tempi e i costi relativi alla movimentazione delle merci. Il porto permetterebbe il collegamento più rapido tra l’Europa la Cina: la tratta Nord Adriatico – Shanghai, lunga 8.630 miglia, è di 2.000 miglia più vicina rispetto alla tratta Amburgo-Shanghai, della lunghezza di 11 mila miglia, comportando un risparmio di tempo di navigazione di 8 giorni.

Recentemente, in occasione della visita ufficiale di Xi Jinping a fine Marzo 2019, l’Italia ha assunto un ruolo ancora maggiore in quanto i porti di Palermo, Genova e Trieste potrebbero diventare importanti snodi nel mediterraneo. In particolare, quest’ultimo avrebbe attirato l’attenzione cinese poiché per la Cina, avere uno scalo in uno dei porti storici dell’Europa porterebbe condizioni doganali favorevoli, una rotta commerciale più veloce nel cuore del continente e un accesso diretto alle ferrovie per lo spostamento delle sue merci nell’Unione europea. Una soluzione già offerta da Venezia, ma che la Cina preferisce per via della più facile realizzazione.

L’apertura dei porti italiani alla Nuova Via della Seta e i conseguenti ingenti investimenti nelle infrastrutture condurranno non solo l’Italia ma l’intera Europa a essere collegate in maniera più efficiente con la Cina e tutti i paesi interessati dal progetto.

IN SINTESI:

Si chiama ‘One Belt, One Road’, abbreviato nell’acronimo ‘Obor’ o ‘Bri’ il progetto cinese di una Via della Seta in chiave contemporanea destinata a collegare l’Asia all’Europa e all’Africa, ma soprattutto a mettere la CINA MODERNA al centro dei traffici e a ridisegnare di conseguenza gli equilibri economici e geopolitici mondiali. E’ una rete di collegamenti infrastrutturali, marittimi e terrestri basata su due direttrici principali: una continentale, dalla parte occidentale della Cina all’Europa del Nord attraverso l’Asia Centrale e il Medio Oriente, ed un’altra marittima tra le coste del Dragone ed il Mediterraneo, passando anche per l’Oceano Indiano.

La sua realizzazione avrebbe un costo di almeno 900 miliardi di dollari, una cifra enorme che neanche il colosso cinese può gestire da solo. esteri.

La rete commerciale descritta aprirebbe poi la strada a gasdotti e oleodotti. L’intera mappa dei flussi economici mondiali potrebbe uscirne ridisegnata, seppure nell’arco di decenni.

Nel marzo 2019, l’Italia ha aderito alla Nuova Via della Seta – Conosciuta internazionalmente come:

Belt and Road Initiative (BRI)

Sono stati espressi molti giudizi, sia positivi che negativi, a riguardo del progetto. Tuttavia, a più di un anno dalla firma del MEMORANDUM D’INTESA, i rischi e le opportunità derivanti dall’adesione sono ancora poco chiari. E’ opportuno quindi far luce sulla questione, e di analizzare le conseguenze della partecipazione italiana alla Via della Seta.

L’adesione italiana

L’accordo sancisce l’adesione ufficiale dell’Italia al progetto, senza però stabilire impegni giuridici. Per inaugurare la collaborazione, insieme al Memorandum sono stati firmati 29 accordi istituzionali e commerciali per un valore totale di 2,5 miliardi di euro.

I vantaggi

A sette anni dal lancio dell’iniziativa, la Via della Seta è ancora nella fase iniziale del suo sviluppo – la conclusione è prevista per il 2049, nel centenario della fondazione della Repubblica Popolare Cinese.

Una maggiore connettività

Gli investimenti infrastrutturali correlati alla Via della Seta hanno indubbiamente migliorato i rapporti tra Asia ed Europa. I progetti della Via della Seta, dunque, potrebbero espandere il commercio di queste zone riducendone i costi, e aumentare gli investimenti esteri e la connettività.

Un canale preferenziale

L’Italia è la più grande economia europea e unico Paese appartenente al G7 ad aver aderito all’iniziativa di Xi Jinping. Per Pechino, i porti italiani offrono condizioni commerciali favorevoli e un accesso più rapido ai mercati dell’Unione Europea. Soprattutto, però, l’adesione italiana ha rappresentato un successo simbolico per la Cina poiché è stata vista come il primo e vero endorsement occidentale. Pechino potrebbe aver considerato la partecipazione di Roma come un’opportunità per spianare la strada ad accordi con altri Paesi dell’Unione Europea, ed esercitare pressioni politiche per allentare i meccanismi di controllo dell’Unione Europea verso gli investimenti cinesi. L’Italia, grazie a questa condizione di unicità, potrebbe essere vista come un canale preferenziale da parte della Cina: nella speranza di mostrare all’Occidente la bontà della Via della Seta, Pechino potrebbe avere un occhio di riguardo per l’Italia.

La partita dei porti


Nave portacontainer della Cosco, gigante cinese della logistica

 

È opportuno, infine, soffermarci sui potenziali vantaggi che il partenariato strategico con la Cina ha per i porti italiani, dal momento che l’Italia sarà il punto di arrivo della componente marittima della Via della Seta. Pechino è particolarmente interessata agli scali mercantili italiani. Compagnie cinesi hanno partecipato allo sviluppo del porto commerciale di Vado Ligure, mentre altre sono interessate alla nuova piattaforma logistica del porto di Trieste. Entrambi i porti hanno fondali molto profondi – caratteristica rara nei porti mediterranei –, capaci di accogliere anche le più grandi navi portacontainer di ultima generazione, e offrono collegamenti ferroviari diretti con il resto d’Europa. Il porto di Trieste, inoltre, detiene un’esenzione unica dai dazi doganali.

Secondo uno studio congiunto dell’Università di Ferrara e la Peking University, il Mediterraneo si appresta ad assumere una dimensione centrale nei commerci Euroasiatici. Secondo l’OCSE, le merci spostate lungo la componente marittima della Via della Seta saranno almeno dalle 10 alle 20 volte superiori rispetto a quelle mosse lungo la tratta terrestre. I porti italiani, dunque, hanno ampie potenzialità di sviluppo nel contesto BRI. Basti pensare che il Pireo, il porto di Atene, ha incrementato il suo traffico del 50% da quando la Cosco, una famosa compagnia cinese, ne ha assunto la gestione nel 2016.

Tra rischi e opportunità

L’adesione italiana alla Nuova Via della Seta offre quindi molte potenzialità e prospettive. Ma quali sono i rischi?

Innanzitutto, il gioiello di Xi Jinping è ancora molto nebuloso, nonostante ci siano chiari elementi positivi, molti sono ancora oscuri.

La Via della Seta è stata più volte considerata una debt trap, ossia uno strumento diplomatico volto a estendere il controllo politico ed economico cinese all’estero. A Roma è stato criticato il fatto che è possibile fare affari con Pechino senza doversi impegnare in un “ambiguo programma geopolitico”. Molti Paesi europei sono rimasti interdetti dall’adesione italiana perché preoccupati delle implicazioni per la sicurezza nazionale degli investimenti cinesi in settori strategici come porti, energia, tecnologia e telecomunicazioni.

Inoltre, sebbene le opportunità sulla carta siano molte, la realtà potrebbe non essere all’altezza delle aspettative. È vero, l’Italia potrebbe usare a proprio vantaggio il fatto di essere la più grande economia europea e unica potenza del G7 a partecipare alla Via della Seta; tuttavia, è impensabile che giochi una partita alla pari con il gigante cinese. Rompendo ulteriormente la compattezza dell’Unione Europea, Roma ne ha messo in discussione il ruolo nella scena internazionale. L’Unione Europea può agire efficacemente e esercitare influenza nel teatro geopolitico globale soltanto a condizione che i suoi membri agiscano all’unisono.

Il punto di non ritorno

La questione delle responsabilità per disastri sanitari, e delle regole comuni nella lotta ai mutamenti climatici, impongono come obiettivo urgente la creazione di un luogo in cui giudicare le pratiche internazionali, almeno per costringere i Paesi a muoversi responsabilmente nelle sfide che ci attendono per la sopravvivenza dell’intero pianeta. Nel frattempo il prezzo che la Cina pagherà per la crisi da Covid-19 sarà politico ed economico, se le multinazionali ridurranno la loro attività nel Paese. Sono questi i costi che Xi Jinping maggiormente teme. Non è più solo Washington a prendere le distanze da Pechino: anche il summit tra Xi e i vertici della Ue di poche settimane fa, che originariamente doveva essere il sigillo di una relazione profonda, ha visto gli europei sempre più convinti nel considerare la Cina un «rivale strategico» con interessi, obiettivi e metodi divergenti da quelli della Ue.

La pandemia ha segnato un punto di non ritorno: l’Europa, gli Stati Uniti e il resto del mondo sono di fronte alla necessità di fare un serio reset delle relazioni con la Cina.

Difficilissimo. Ma inevitabile.

 

Nel sottotitolo di questa modesta ricerca, abbiamo scritto:

Lungo la Via della seta si scambiavano non solo merci, ma anche culture, religioni, forme artistiche e conoscenze tecniche.

Abbiamo solo il tempo e lo spazio per fare qualche esempio:

Palazzo Marino in Musica con l’edizione Sentieri d’Oriente ha raccontato in musica il lungo percorso di avvicinamento tra Europa e Asia indagando i differenti linguaggi nati, nel corso del tempo, dalle contaminazioni e dalle influenze reciproche. La stagione 2018 ha presentato repertori particolarmente rari e ricercati e ha chiamato a esibirsi per la prima volta in Sala Alessi interpreti internazionali.

Con sei concerti, Palazzo Marino in Musica ha proposto un affascinante viaggio musicale, dal Seicento a oggi, che ha percorso simbolicamente quelle Vie della Seta che fin dall’antichità misero in contatto culture e popolazioni differenti, dal Mediterraneo alla Cina e al Giappone. Sono state eseguite le composizioni dei primi sacerdoti missionari e musicisti come Teodorico Pedrini e Joseph Marie Amiot che introdussero le sonorità dell’Occidente alla corte degli Imperatori cinesi nel primo Settecento e portarono in Europa la loro testimonianza delle civiltà dall’Estremo Oriente. Si è passati attraverso l’esotismo musicale che caratterizza fortemente la scrittura musicale di Debussy e Ravel e i temi di opere di grande successo come Turandot di Puccini, per arrivare poi verso i confini orientali con il greco Kalomiris e i russi Skrjabin e Stravinkij. I concerti hanno proposto le sonorità dell’armeno Komitas, che traduce il folklore della sua terra in chiave occidentale, e del giapponese Hosokawa, in un intreccio tra Oriente e Occidente sempre più sofisticato. La stagione è giunta nel nuovo mondo con il compositore Bright Sheng di Shangai, al quale la Casa Bianca ha commissionato un brano eseguito in onore del primo ministro cinese Zhou Rongji nel 1999, e con uno dei più influenti musicisti del mondo, Philip Glass, che trova nel buddismo tibetano un rifugio spirituale e del quale è stato eseguito il Quartetto d’archi, colonna sonora del film dedicato allo scrittore giapponese Youko Mishima.

Ad aprire Sentieri d’Oriente è stato il Mediterranean Ambassadors, ensemble fondato da Irina Solinas sulle tracce di Yo-Yo Ma e del suo Silk Road Ensemble del quale ha ospitato per questo speciale concerto uno dei membri fondatori: l’artista indiano del tabla Sandeep Das. Il concerto è stato il debutto mondiale del nuovo ensemble.

AGGIUNGO un mio ”amore” giovanile:

NELLE STEPPE DELL’ASIA CENTRALE

Poema sinfonico

di Aleksander Porfir’evic BORODIN

composto nel 1880


Il poema sinfonico rappresenta una carovana di Asiatici della zona del Caucaso, mentre attraversa una steppa desertica scortata da un plotone di soldati russi. Il tema d’apertura, che inizia dopo l’ingresso dei violini rappresenta i Russi, e si presenta in due tonalità: la maggiore (clarinetto) e do maggiore  (corno); segue un tema di carattere più orientaleggiante eseguita dal corno inglese,  che rappresenta gli Asiatici. Queste due melodie sono in seguito sovrapposte. A fare da collegamento tra i due temi etnici vi è un “tema del viaggio”, eseguito dagli archi che rappresenta il rumore degli zoccoli dei cavalli e dei cammelli. Alla fine si sente solo il tema russo eseguito dal flauto in pianissimo, che conclude il brano.

L’Asia centrale è una regione del mondo che in pochi conoscono davvero, nonostante in passato sia stata un’importante via di passaggio tra Oriente e Occidente: per esempio la celebre Via della Seta – il reticolo di circa 8mila chilometri che si sviluppava tra l’impero cinese e quello romano – passava anche da lì, e una delle città sulle vie carovaniere era Samarcanda, il cui nome conosciamo anche in Italia per la famosa canzone di Roberto Vecchioni. I paesi che fanno parte dell’Asia centrale vengono spesso indicati con l’espressione “stan”, perché così finisce il loro nome: Kazakistan, Uzbekistan, Turkmenistan, Kirghizistan e Tagikistan (anche Afghanistan e Pakistan finiscono per stan, ma non sono considerati paesi dell’Asia centrale). Gli “stan” hanno diverse cose in comune: per esempio fino alla fine del 1991 facevano parte dell’Unione Sovietica, che è il motivo per cui ancora oggi l’influenza russa da quelle parti rimane molto forte. E poi sono governati da regimi autoritari e sono paesi a maggioranza islamica. Ma non significa che negli ultimi 25 anni gli stan siano riusciti a sviluppare una grande cooperazione reciproca. Un ex ministro del Kirghizistan ha detto: “C’è zero armonizzazione tra noi”.

Carlo GATTI

Rapallo, 27 Aprile 2021