QUELLA FAMIGERATA POLENA

Il lettore genovese Pino Pesce, dopo aver letto il mio articolo:

NOSTRA SIGNORA DELLA FORTUNAUNA POLENA MARIANA

apparso sul sito di Mare Nostrum – Rapallo il 13 marzo 2019, mi ha scritto:

“A proposito di Polene, tempo fa lessi di quell’ufficiale di Marina, credo tedesco, che finì in manicomio per il suo perduto innamoramento di una Polena, allora custodita nel Museo Navale di La Spezia (Arsenale). Questi poveri uomini di mare!!!

Il periodo era quello della WW2? Hai qualche notizia al riguardo? O, io ricordo male?”

Ringrazio l’amico Pino che mi ha ricordato quell’episodio che fu oggetto, nel lontano 1959, di una “curiosa” discussione con il nostro professore di italiano G. Benedetti al Nautico di Camogli in seguito ad un articolo pubblicato sulla Polena ATALANTA/ATLANTA in quei giorni dalla Domenica del Corriere. Ricordo infine che la curiosità dell’opinione pubblica su quel tema si trasformò in morbosità a tal punto che venne aperta un’indagine giornalistica sui quei suicidi provocati da magiche quanto irrazionali esplosioni d’amore e il caso prese un nuovo titolo:

la famigerata polena”

Uno dei pezzi forti della collezione del Museo Navale della Spezia è la polena Atalanta. Di lei si dice che sia tanto bella da innamorare gli uomini fino a farli impazzire.

Un consiglio quasi scherzoso: se andate al MUSEO NAVALE DELLA SPEZIA, fate attenzione a non fissare per troppo tempo la polena Atalanta. Perché? Perché vi farà innamorare e poi impazzire. E se succedesse non sareste i primi. Secondo quanto si racconta, infatti, la bellezza di Atalanta ha già fatto alcune vittime in passato…


A lei è legata la leggenda secondo la quale chi la fissa a lungo rimane affascinato e si innamora perdendo la testa fino ad impazzire e a togliersi la vita.

La “polena” riproduce una classica figura di donna, alta e maestosa mentre indossa una specie di drappo che le lascia completamente scoperto il seno destro, i capelli sono fluenti e la mano destra é vista nell’atteggiamento un po’ civettuolo di sollevare il manto fino all’altezza del ginocchio. Sul piccolo basamento c’è una dicitura: “Atlanta”. Ma a quale nave fosse appartenuta non si seppe mai.

E’ in discussione ancora oggi se l’attrazione fatale sia dovuta a quel seno scoperto mentre il braccio sinistro solleva con un movimento molto sinuoso il lembo della gonna sino al ginocchio, oppure allo sguardo intenso del suo volto che non sorride ma rapisce… si dice che ancora oggi abbia un grande potere di seduzione.



UN PO’ DI STORIA…

Perché ATLANTA ?

La sua figura scopre un seno e solleva la veste per non bagnarsi. E’ denominata “Atlanta” perché nelle Metamorfosi di Ovidio si parla di un’Atlanta. L’oracolo aveva profetizzato: “… tu non hai nessun bisogno di un marito, Atlanta. Evita l’esperienza coniugale. E tuttavia non vi sfuggirai e, viva, non sarai più te”. “
Molti uomini chiedono la sua mano e lei, dotata di grande velocità nella corsa dichiara che sarà moglie di chi saprà precederla in una competizione. Il giovane Ippomene riuscirà a batterla con l’aiuto di Venere e la prenderà in moglie, ma l’epilogo è tragico: il giovane si dimentica di Venere, non la ringrazia, tutto preso dalle grazie della sua compagna. Venere si vendica e li spinge, facendoli unire carnalmente, a profanare una grotta sacra dove vengono confinate le statue in legno degli dei cui non viene più tributato il culto. Le statue di legno sono sinonimo di trasformazione e di morte…” Sarà Cibele a trasformare i profanatori in leoni aggiogati al suo carro…”. Le vicende legate a questa polena sono altrettanto magiche e a volte raccapriccianti.

La polena Atlanta fu chiamata così dal Comandante della VELOCE che la ritrovò nelle acque meridionali dell’oceano Atlantico nel 1864 e non si seppe mai quale potesse essere stata la sorte della nave alla quale era appartenuta. Un alone di mistero la avvolse da allora. Le polene erano quegli ornamenti a forma di statua, scolpiti nel legno, che ornavano le prue dei velieri. Raffiguravano, per lo più, figure di donne o di sirene ed erano considerate un portafortuna. La scultura rappresenta una donna con la capigliatura fluente che ancora oggi pare… abbia un grande potere di seduzione.


Fu proprio il capitano della VELOCE a consegnarla – una volta sbarcato – al Museo Navale di Genova, da dove venne trasferita nel 1870 al neonato
Museo Navale di Spezia da dove inizia la maledizione della polena Atalanta, tanto bella da uccidere….

 

Ma andiamo per ordine:

 

La prima vittima:

Il Comandante della VELOCE decise di nascondere la statua nella stiva per evitare complicazioni che, purtroppo, non tardarono ad arrivare: il giovane mozzo, preso da un improvviso attacco di follia, si gettò in mare e annegò. L’episodio suscitò un notevole fermento tra l’equipaggio pervaso dalla tipica “superstizione” che ravvisò nell’evento infausto un segno dei malefici che la polena poteva esercitare. I marinai tentarono d’impadronirsi di essa e ne nacque quasi un ammutinamento. Il Comandante Aristofane Calmi sedò la rivolta con astuti sortilegi… e appena giunse a Genova se ne liberò.

La seconda vittima, così ci riferisce lo scrittore Cacciapuoti: nell’ottobre del 1895 il nostromo di una nave da carico norvegese che aveva fatto scalo a Genova, si recò casualmente a visitare il Museo. La statua esercitò su di lui un fascino terribile. Rimase a contemplarla per ore e al momento della chiusura, dovette essere allontanato con la forza. La notte stessa tentò di introdursi furtivamente all’interno del Museo col chiaro intento di impadronirsi della statua, ma fu scoperto. Interrogato sui motivi che l’avevano spinto a perpetrare un così strano furto, in preda ad un vero e proprio stato di esaltazione, dichiarò che la polena riproduceva le sembianze della sua giovane moglie, scomparsa in mare durante il viaggio di nozze. Fu rilasciato e tornò sgomento a bordo della sua nave, ove s’impiccò.

La terza vittima del fascino di Atalanta fu il custode del museo. Siamo nel 1924. Si racconta infatti che l’uomo, durante il suo servizio, incrociava ogni giorno i propri occhi con quelli della polena, rimaneva per ore e ore a guardarla… se ne innamorò perdutamente fino a impazzire. Distrutto da quell’amore impossibile, l’uomo finì per impiccarsi di fronte alla polena.

 

La quarta vittima fu il giovane falegname cui fu affidato l’incarico di restaurare la statua lignea. Dopo quindici giorni trascorsi chiuso nel laboratorio con la polena Atalanta, l’uomo fu ritrovato ai piedi della polena con un coltello piantato nel cuore. Nelle mani del falegname un biglietto in cui spiegava come a spingerlo al suicidio fosse stata la folle passione scatenata in lui dalla polena.

La quinta vittima: come narrano le cronache dell’epoca, per lunghi anni la statua non rivelò più i suoi influssi malefici, ma durante l’ultimo conflitto mondiale un giovane ufficiale tedesco di stanza a Spezia, il Ten. Erich Ludwig Kurz, di Dusseldorf, vide la statua esposta nel Museo e se ne invaghì a tal punto da rubarla e nasconderla nell’appartamento in cui viveva. Da quel momento nessuno lo vide più in giro fino a che, due settimane dopo, il 14 ottobre del 1944, due commilitoni sfondarono la porta della casa e lo trovarono senza vita ai piedi della polena. In un biglietto aveva scritto “poiché nessuna donna all’infuori di te può darmi la vita che sogno, io sacrifico a te, o Atalanta, la mia vita”.

Ritornando al tema con un minimo di razionalità, si deve pur dire che questa successione di tragici eventi non sono stati suffragati da prove documentali scaturite da indagini governative nazionali o internazionali e come dice lo stesso Cacciapuoti:

“Grazie anche alla collaborazione del Direttore del Museo, si poté accertare che tutta la tragica e suggestiva vicenda sarebbe nata dalla fantasia di un giornalista che, molti anni prima, intrecciò il filo conduttore di tutta la storia, innestandovi dei fatti realmente accaduti, arricchiti ed interpretati molto liberamente. Scrisse così un articolo che ebbe un successo strepitoso e diede adito allo straordinario mito della polena Atalanta”.

Carlo GATTI

Rapallo, 17 Aprile 2019