LE NAVI ROMANE DI PISA


Vent’anni fa, nel dicembre 1998, durante i lavori di un nuovo centro delle Ferrovie dello Stato presso la stazione di Pisa – San Rossore, venne alla luce un eccezionale sito archeologico, a cinquecento metri dalla Torre pendente di PISA, cioè in pieno centro storico.

Dopo alcuni anni di scavi il tesoro arrivò a contare ben 31 navi romane di ogni tipo e misura, appartenente a differenti epoche storiche.

All’epoca in cui queste navi solcavano i mari, tra il II a.C. e il VII d.CPisa era un insediamento di media importanza nel Mediterraneo occidentale e si trovava in una zona cosiddetta di “porto diffuso”. L’area era solcata da canali navigabili e ricca di vie d’acqua simili a quelle che oggi si trovano ad Anversa e in altre siti del Nord Europa. Non c’era alcun porto a San Rossore, ma solo una estesa rada, un punto intermedio in cui le barche sostavano o partivano verso l’interno navigando in un dedalo di canali. Proprio per muoversi lungo questi corsi erano necessari piccoli barchini, ben tre sono oggi esposti nel Museo. Parliamo di un lontano periodo in cui Pisa era un porto militare distribuito su di un esteso porto fluviale canalizzato.

Già dopo i primi scavi promossi da Soprintendenza, gli archeologi si trovarono dinanzi a strutture banchinate, un pontile e una grande quantità di oggetti mobili, tra cui anfore, coperchi, ceramiche, manufatti, lucerne e attrezzature per la pesca. Gli esperti spiegarono che l’arretramento del mare aveva fatto sì che già nel Medioevo il porto di Pisa (che a quel tempo era una delle quattro Repubbliche marinare) fosse costruito più lontano dalla città, ma il trasporto dei detriti è proseguito, soprattutto per opera dell’Arno, e anche quel porto è stato inglobato dalla terraferma.

Pisa ha dunque perso nel tempo il suo forte legame col mare, ma il passato ogni tanto riaffiora dalla terra e rende testimonianza dei fatti che hanno scandito la storia di questa Repubblica marinara. Questo ritrovamento presentò fin dall’inizio caratteristiche di assoluta eccezionalità non solo per il gran numero di materiali finora individuati, ma per le stesse condizioni di conservazione delle imbarcazioni, alcune delle quali praticamente intatte, che restituiscono lo spettro di varie tipologie navali: dalle navi da carico alle barche fluviali, dai barconi a remi ai navicelli lagunari.

Le guide ci hanno spiegato che si tratta di relitti, rinvenuti in ottimo stato di conservazione in un’area dove un tempo un canale confluiva nel Serchio (Auser) e dove nel corso dei secoli affondarono numerose imbarcazioni a seguito di alluvioni.  La denominazione “Navi Romane” è un po’ impropria in quanto nel sito sono stati rinvenuti relitti non solo di epoca romana ma anche di quella ellenistica e medioevale e nello scavo sono stati portati alla luce reperti che risalgono fin dall’epoca etrusca (VII secolo A.C.)”.

IL MUSEO DELLE NAVI ROMANE

Dopo 18 anni d’attesa, dal 25 novembre scorso è aperto al pubblico il “Museo delle Navi Antiche” di Pisa, un primo nucleo di quella che sarà una delle più importanti e grandi esposizioni archeologiche sulla marineria antica, la cosiddetta “Pompei del mare”, con 30 imbarcazioni di epoca romana e altomedievale (di cui 13 integre), risalenti ad un periodo che va dal I secolo d.C. e il VII d.C.

 

 

Nel disegno le varie navi in base alla loro posizione di ritrovamento contrassegnate dalla lettera corrispondente. I relitti rinvenuti permetteranno agli studiosi di ricostruire, grazie al ricco reperimento di “materiali”, una pagina di storia non solo pisana con le tecniche di allestimento delle imbarcazioni, il tipo di navigazione, nonché gli usi e le abitudini degli uomini che su tali mezzi si muovevano e vivevano insieme ai rapporti commerciali che intrattenevano lungo le rotte nel Mediterraneo.

 

GLI ARSENALI MEDICEI

 

Gli Arsenali medicei che accolgono le antiche navi di Pisa.

 




MASCHERA APOTROPAICA (primo piano)

I locali degli antichi Arsenali medicei voluti da Cosimo I Medici, per la costruzione delle galere dei Cavalieri dell’Ordine di Santo Stefano da lui istituito, e affidati all’opera dell’architetto Bernardo Buontalenti, accolgono quattro delle imbarcazioni ritrovate a pochi passi dalla Torre pendente, nell’area ferroviaria di Pisa-San Rossore, nel 1998.

Museo navi romane Pisa – Interno

 


Il traghetto I durante l’allestimento del Museo.


Nave contrassegnata con la lettera C

 

Museo – la nave C


Museo di Pisa – la nave C

 

Il pezzo più affascinante è sicuramente la ricostruzione a grandezza naturale della nave contrassegnata con la lettera C datata degli inizi del I secolo d.C. e affondata mentre era ancora ormeggiata in banchina. Notevole il suo ritrovamento per l’eccellente stato di conservazione. Splendida ancora con i suoi colori originali di cui conservava notevole traccia: bianco con rifiniture in rosso e il simbolo, in nero, dell’occhio, il portafortuna di chi andava per mare. La chiglia di leccio, il fasciame, ovvero il rivestimento esterno, di pino, ma anche fico, frassino, leccio, olmo e ontano per le ordinate o costole, le parti che si incastrano trasversalmente sulla chiglia.

 

Museo delle navi antiche di Pisa, la nave C

Nello scafo sei banchi di voga su uno dei quali in caratteri greci la scritta “alkedo”, probabilmente la trascrizione della parola latina alcedo, gabbiano.


la nave C

Una delle navi restaurate ed esposte nella Sala V

 

La sala IV è dedicata alla tecnica di costruzioni delle navi

 

LE ANFORE GRECO-ROMANE


L’anfora è un vaso di terracotta a due manici, definiti anse, di forma affusolata o globulare utilizzato nell’antichità per il trasporto di derrate alimentari liquide o semiliquide, come vino, olio, salse di pesce (garu) conserve di frutta, miele, ecc. Le anfore si possono classificare in fenicie o puniche, greche, etrusche, della Magna Grecia  (greco-italiche antiche) e romane.

Dall’anfora greco arcaica si giunge alla romana di età repubblicana, attraverso una serie di passaggi ben descritti dall’archeologo francese Jean Pierre Joncheray. L’anfora greco arcaica del VII secolo a.C. si evolve nelle sue forme nella greco recente (V-IV secolo) e poi nella greco italica (III secolo a.C.) usata in età ellenistica dai coloni greci in Italia e adottata in seguito dai Romani; mi è capitato di vedere delle greco italiche con bolli romani. Il passaggio continua con la greco italica di transizione (II secolo a.C.) e arriva alla romana di età repubblicana 18).


L’orlo dapprima a ciambella circolare o piatto e orizzontale della greco arcaica, si sviluppa e si inclina progressivamente nell’anfora greco italica, greco italica di transizione, fino diventare verticale nella forma romana. Il collo si allunga: dai 15 centimetri si passa ai 40 nei più recenti, le anse si allungano seguendo il collo. La pancia a forma di trottola, nei tipi più antichi, diventa un’ogiva sempre più affusolata. La lunghezza totale arriva a 120 centimetri: e’ forma tipica dell’anfora romana di età repubblicana varietà Dressel lA (II Sec. a.C.), lB (I secolo a.C.) e 1C (I secolo a.C.), conosciute come anfora di Marsiglia, anfora di Albenga, anfora di Capo Mele, dal nome dei luoghi dove sono state principalmente rinvenute. Questo tipo è detta vinaria, per distinguerla da quella di forma più panciuta, chiamata olearia (Dressel 6).

Comunque le anfore vinarie, come è stato constatato dai residui del contenuto, portavano olio e, viceversa, molte olearie contenevano vino.

LE ANFORE DEL MUSEO DELLE NAVI ROMANE DI PISA



UNA LUCERNA perfettamente conservata

 

La nave D in fase di allestimento

È una grande imbarcazione fluviale utilizzata per il trasporto della sabbia che veniva trainata da riva con due cavalli. Gli archeologi collocano il suo affondamento in età tardo gotica quando, travolta dall’ennesima alluvione, affondò nei pressi della sponda su fondali bassi, capovolgendosi.

 

Museo delle navi antiche di Pisa, il barchino F

 

Diversa non solo per dimensioni la nave indicata con la lettera F e con il numero 46. È stata datata II secolo d.C. ed appartiene alla categoria delle piccole imbarcazioni fluviali. Ripropone nella forma e nel tipo di pilotaggio la struttura di una gondola, facendoci intuire meglio quanto l’ambiente naturale e l’apparato portuale pisano assomigliassero a quelli della laguna veneta. Lo scafo, realizzato con legno di ontano e quercia, appare infatti deformato su di un lato proprio per la manovra di un solo rematore. Lo studio dei legnami utilizzati per la costruzione delle varie parti delle imbarcazioni ha confermato le antiche fonti che tramandano l’uso della quercia per le parti strutturali, come la chiglia, che devono essere più resistenti, ma anche frassino, olmo, leccio; per il fasciame invece prevale l’abete o il pino, più leggeri.

LA NAVE 1

Museo delle navi antiche di Pisa

il traghetto, la nave I

 

(Sopra e sotto)

Interamente in quercia il traghetto a fondo piatto per il trasporto del bestiame, contrassegnato dalla lettera I e dal numero 45. Datato IV-V secolo d.C., era rivestito da fasce chiodate in ferro in modo da proteggere lo scafo dai bassi fondali in cui manovrava, mossa dalla riva per mezzo di un argano.

 

Il traghetto per i bassi fondali, nave I

 

LA NAVE A

Museo delle navi antiche di Pisa

La nave A nella ricostruzione della Sala IV

Ultima sorpresa del nostro viaggio la grande Sala IV, con la prima nave, enorme, anche se ne manca una buona metà rimasta sotto i fabbricati della ferrovia, contrassegnata dalla lettera A, quella che ha dato il via a tutta la ricerca. Giace con i suoi grandi legni su un mare di sabbia che riproduce il cantiere di ritrovamento.

 

IMPERO ROMANO – CARTA STORICA


BIREME ROMANA – LIBURNA


 

TERMINOLOGIA TECNICO – NAVALE

NAVE ONERARIA


 

MODELLINO DEL TIPO NAVE – C (Museo Navi Romane Pisa)

Carlo GATTI

Rapallo, 6 Marzo 2019