LE NAVI OSPEDALE ITALIANE

LE ORIGINI …

La Fondazione del “Comitato Milanese della Associazione Medica Italiana per il soccorso ai malati e ai feriti in guerra”

Al dott. Cesare Castiglioni si deve la costituzione del “Comitato Milanese della Associazione Medica Italiana per il soccorso ai malati e ai feriti in guerra” di cui ne divenne il Presidente il 15 giugno 1864.

Il suo intento fu quello di creare un’Associazione per fornire aiuti medici ai militari feriti (in accordo con le numerose associazioni sorte in Europa grazie all’opera di Henry Dunant).

Tale comitato, presupposto per l’istituzione della Croce Rossa Italiana, andò ad occupare il settimo posto in ordine di fondazione fra le società nazionali, quinto per adesione alla Convenzione di Ginevra.

Nell’agosto 1864 il dott. Castiglioni venne chiamato a Ginevra per esporre quanto fatto a Milano, partecipando quindi alla stessa conferenza dalla quale nacque la Convenzione di Ginevra del 1864, dove si proclamò:

“DOVERSI NON CONSIDERARE NEMICO IL NEMICO FERITO E BISOGNOSO DI ASSISTENZA” – Assumendo quindi il principio d’uguaglianza di alleati e nemici davanti alla necessità di assistenza.

D’intesa con il Comitato Internazionale della CROCE ROSSA di Ginevra fu poi stabilito che la bandiera della Croce Rossa potesse essere usata solo in caso di guerra. L’Associazione fu approvata dal Ministero dell’Interno e della guerra, e il 1º giugno 1866 il Ministero della guerra disciplinò l’organizzazione, ponendo regole militari ai componenti delle squadriglie; il personale superiore doveva perciò indossare una divisa formata da: un berretto di panno verde scuro con la legenda “soccorso ai feriti” ricamata in oro; una cravatta nera; una giacchetta alla cacciatora di panno verde scuro e pantaloni di panno grigio, come usava la Guardia Nazionale.

Il 22 giugno 1866 l’Italia dichiarò guerra all’Austria e dieci giorni dopo partirono le prime squadriglie di volontari, che soccorsero i combattenti in Trentino e i feriti dell’Armata di Mare. Il comitato milanese trovò inoltre appoggio e aiuto nella Francia e nella Svizzera per la sua opera di soccorso: per la prima volta le nazioni non belligeranti si adoperarono apertamente per soccorrere le avversità di Paesi limitrofi in guerra. L’Italia nel panorama internazionale fece inoltre da tramite ai soccorsi destinati ai feriti nella Guerra franco-prussiana del 1870-71.

IN MARE CI SI MOSSE DUE SECOLI PRIMA

Le prime navi ospedale, dette “pulmonare”, vennero approntate nel XVII secolo utilizzando vecchie galee in disarmo, non più in grado di navigare. La pulmonara restava fissamente attraccata nel porti, funzionando come INFERMERIA per i marinai in attesa della pratica, ai quali era vietato lo sbarco sulla terraferma.

L’8 dicembre 1798, non ritenuta più idonea al servizio come nave da guerra, la britannica HMS VICTORY fu convertita in nave ospedale per curare prigionieri francesi e spagnoli feriti di guerra.

L’ispettore Luigi Verde fu il primo capo del Corpo sanitario della regia Marina a dare vita nel 1866 alla prima nave ospedale italiana: la WASHINGTON.

Luigi Verde morì poco dopo nell’affondamento del RE D’ITALIA durante la Battaglia di Lissa.

Il concetto moderno di nave ospedale protetta e denunciata presso apposite istituzioni internazionali doveva sorgere solo con la CONVENZIONE DELL’AJA DEL 1907.

CONVENZIONE DELL’AJA

Le navi ospedali vennero definite nel 1907 dalla Convenzione dell’Aia. In particolare l’articolo 4 definiva le limitazioni affinché una nave potesse essere considerata “nave ospedale”.

La nave ospedale spagnola Esperanza del Mar, impiegata come supporto ai pescherecci al largo delle Canarie

· La nave deve avere segni di riconoscimento e illuminazione che la classifichino come tale.

· La nave dovrà fornire assistenza medica a feriti di tutte le nazionalità.

· La nave non dovrà essere impiegata per alcun scopo militare.

· La nave non dovrà interferire né ostacolare le navi militari.

· Le forze belligeranti, come designate dalla convenzione dell’Aia, potranno ispezionare le navi ospedale per verificare eventuale violazioni dei punti precedenti.

In caso di violazione di una delle precedenti limitazioni la nave dovrà essere considerata come unità combattente e potrà essere legittimamente colpita e affondata. Comunque, l’aprire deliberatamente il fuoco o affondare una nave ospedale in rispetto alla convenzione dell’Aia, è da considerarsi crimine di guerra.

Seconda guerra mondiale

Nel corso della Seconda guerra mondiale la Regia Marina armò decine di navi ospedale, spesso mercantili o piroscafi trasformati, ma anche navi soccorso e navi ambulanza, che facevano in maggioranza la spola tra l’Italia e il Nord Africa.

Molte furono affondate dagli alleati:

Giuseppe Orlando, San Giusto, Città di Trapani, Arno, Po e Virgilio.

Complessivamente delle 18 unità ne furono affondate 12. L’Italia denunciò inutilmente gli affondamenti alle autorità di Ginevra.

Navi bianche

Le navi ospedale, dal colore con cui vengono tinteggiate, prendono il nome di navi bianche. Per antonomasia vennero chiamate navi bianche quelle impiegate nel 1942 (sotto l’egida della Croce Rossa) per rimpatriare 50.000 civili italiani, rimasti in Etiopia dopo la conquista inglese.

Navi ospedale italiane:

· Washington (1854 – 1904)

· Albaro (1890)

· Brasile (1905)

· Clodia (1905)

· Menfi (1911)

· Cordova (1906 – 1918)

· Ferdinando Palasciano (1899 – 1923)

· Italia (1905 – 1943)

· Marechiaro (1911-1916)

· Re d’Italia (1907 – 1929)

· Regina d’Italia (1907 – 1928)

· R 1 (1911)

· Santa Lucia (1912)

· Gargano

· Aquileia (1914 – 1943)

· Arno (1912 – 1942)

· California (1920 – 1941)

· Città di Trapani (1929 – 1942)

· Gradisca (1913 – 1950)

· Po (1911 – 1941)

· Principessa Giovanna (1923 – 1953)

· Ramb IV (1937 – 1941)

· Sicilia (1924 – 1943)

· Tevere (1912 – 1941)

· Toscana (1923-1961)

· Virgilio (1928-1944)

Navi soccorso italiane:

· Capri (1930 – 1943)

· Epomeo (1930 – 1943)

· Laurana (1940 – 1944)

· Meta (1930 – 1944)

LE NAVI BIANCHE CON LA CROCE ROSSA

Non vi fu molto rispetto da parte del nemico per le “navi bianche italiane”, come venivano chiamate le navi ospedale, nella seconda guerra mondiale.

Nave Ospedale: WASHINGTON

https://it.wikipedia.org/wiki/Washington_(pirotrasporto)

 

 

Nave Ospedale: ITALIA

https://it.wikipedia.org/wiki/Italia_(nave_ospedale)

– Nave Ospedale: FERDINANDO PALASCIANO

https://it.wikipedia.org/wiki/Ferdinando_Palasciano_(nave_ospedale)

 

Nave Ospedale: REGINA D’ITALIA

http://www.agenziabozzo.it/vecchie_navi/B-Vapor/Navi_1850-1950_B212_piroscafo_REGINA_D%27ITALIA_Clark_1907_Lloyd_Sabaudo_SARDINIAN_PRINCE.htm

 

 

Nave Ospedale: PO

https://it.wikipedia.org/wiki/Po_(nave_ospedale)

– Nave Ospedale: CALIFORNIA

https://it.wikipedia.org/wiki/California_(nave_ospedale)

– Nave Ospedale: ARNO

https://it.wikipedia.org/wiki/Arno_(nave_ospedale)

 

 

– Nave Ospedale: SICILIA

 

 

 

– Nave Ospedale: CITTA’ DI TRAPANI

https://it.wikipedia.org/wiki/Città_di_Trapani_(nave)


“Tevere “, “Orlando”, ” San Giusto “ ……perdute per bombe di aeroplani o per urto contro mine.

– Nave Ospedale: TEVERE

https://it.wikipedia.org/wiki/Tevere_(nave_ospedale)



Affondamento della nave TEVERE

– Nave Ospedale: ORLANDO

https://it.wikipedia.org/wiki/Giuseppe_Orlando_(nave_soccorso)

 


 

– Nave Ospedale: SAN GIUSTO

https://it.wikipedia.org/wiki/San_Giusto_(nave_soccorso)

 


 

” California “, “Arno”, ” Sicilia “, ” Città di Trapani “, …….affondate per siluramento.

– Nave Ospedale: VIRGILIO (Mitragliata)

https://it.wikipedia.org/wiki/Virgilio_(nave_ospedale)


– Nave Ospedale: TOSCANA (Mitragliata)

https://it.wikipedia.org/wiki/Toscana_(transatlantico)#/media/File:Toscanapiroscafo.jpg

 

 


– Nave Ospedale: AQUILEIA (Mitragliata)

https://it.wikipedia.org/wiki/Aquileia_(nave_ospedale)

– Nave Ospedale (soccorso): CAPRI (Attaccata e mitragliata)

https://it.wikipedia.org/wiki/Capri_(nave_soccorso)

 

 

– Nave Ospedale: PRINCIPESSA GIOVANNA (Mitragliata)

https://it.wikipedia.org/wiki/Principessa_Giovanna_(nave_ospedale)

Violazione deliberata delle convenzioni internazionali? In parte, forse: ma gli inglesi rispondevano che spesso le nostre navi ospedale, invece dei feriti, caricavano truppe e munizioni per i fronti, per farli arrivare a destinazione sotto la copertura del la Croce Rossa. La verità è ancora da decifrare. Le navi ospedale erano mercantili requisiti e conservavano il proprio equipaggio, al quale si aggiungevano (dopo la trasformazione ospedaliera) i medici, gli infermieri e le crocerossine, agli ordini di un colonnello medico di Marina, il quale affiancava il comandante della unità. Molti piroscafi, divenuti nave ospedale al tempo della campagna d’Etiopia, erano stati successivamente riconvertiti al primitivo impiego.

Solo il “California” e l’ “Aquileia”, tra essi, erano stati conservati nei ruoli e tenuti in posizione di riserva fino al maggio 1940, quando erano stati rimessi entrambi in funzione. La prima missione del “California” era stata assai penosa. Aveva rimpatriato da Bengasi, oltre al previsto carico di ammalati e feriti, nel luglio 1940, anche i feriti dell’incrociatore “Giovanni dalle Bande Nere”, superstite del combattimento di Capo Spada, che aveva visto l’affondamento dei gemello “Colleoni”.

La “Po” fu una delle prime unità trasformate in nave ospedale allo scoppio della guerra. Era stato un piroscafo di 7.289 tonnellate, costruito nel 1911 e appartenente al Lloyd Triestino. Ebbe breve vita: entrato in servizio nel luglio 1940, il 14 marzo 1941 fu colato a picco da un attacco notturno di aerosiluranti, mentre si trovava nella rada di Valona per imbarcare feriti provenienti dal fronte greco. A bordo si trovava come crocerossina Edda Ciano, che si salvò.

L’ “Aquileia” era stata costruita nel 1914. Si trattava di un vecchio trabiccolo, ancora dotato di caldaie con forni alimentati a carbone, per cui frequentemente era soggetta ad avarie di macchina, pertanto doveva procedere a velocità ridottissima, oppure era costretta a lunghi periodi di inattività in cantiere, per riparazioni. Con tutto ciò riusci a navigare fino all’armistizio. Il 15 settembre 1943, dopo essere stata catturata dai tedeschi, fu affondata a Marsiglia.

Per tornare alla “California”, essa fu colpita a poppa da un siluro d’un aerosilurante inglese la notte del 10 agosto 1941, verso le 23, durante un attacco alla rada di Siracusa, dove la nave era all’ancora. A mezzogiorno dell’11, la “California”, parzialmente affondata, giaceva su un fondale con l’acqua fin quasi alla coperta. Fu deciso che l’equipaggio e il personale medico l’abbandonassero, nella speranza di poterla recuperare in seguito. Essendosi ciò rivelato impossibile, venne demolita sul posto, dopo che il materiale di bordo era stato portato a terra. Non si può far colpa agli inglesi della sua perdita: infatti, forse per evitare il riconoscimento del porto da parte dei ricognitori nemici, il “California” aveva quella sera tutte le luci di bordo spente, mentre la convenzione di Ginevra faceva obbligo alle navi ospedale di mantenerle sempre accese. Non venne quindi individuata e questo fatto segnò il suo destino. Era stata una delle nostre “navi bianche” più efficienti, con una trentina di missioni al suo attivo, effettuate specialmente nel Mediterraneo orientale.

– Nave Ospedale: GRADISCA

https://it.wikipedia.org/wiki/Gradisca_(nave_ospedale)


Segnalata l’opera della “Gradisca”, (un ex piroscafo fabbricato in Olanda), alla battaglia di Capo Matapan, conclusasi in modo funesto per la nostra flotta, con la più grave sconfitta navale subita dall’Italia nel corso dell’intera guerra. La battaglia avvenne, come é noto, nella notte del 29 marzo 1941. Furono colati a picco tre nostri incrociatori, il “Fiume”, lo ” Zara ” e il ” Pola “. Le perdite risultarono ingenti.

Furono gli stessi inglesi a segnalare a Supermarina il punto esatto dove era avvenuto lo scontro, perché si potessero soccorrere quei naufraghi che essi non erano in grado di fermarsi a raccogliere, trovandosi sotto la minaccia di bombardamento da parte di aerei tedeschi: come fu scritto, “un gesto cavalleresco che dimostrò una volta di più lo spirito di solidarietà che da sempre accomuna i marinai di tutte le nazionalità”.

Nonostante lo stato di profonda prostrazione in cui erano caduti i nostri comandi a causa della disfatta, e lo stato d’animo ben comprensibile che ne era seguito, vi fu una tempestività ammirevole nell’eseguire l’ordine di soccorso suggeritoci dagli stessi inglesi. La “Gradisca” venne dunque dirottata sul posto e recuperò quanti più naufraghi le riuscì di imbarcare, pochi, purtroppo, rispetto agli oltre tremila marinai che perirono in quella drammatica notte. Dopo l’otto settembre la “Gradisca” fu catturata dai tedeschi a Patrasso, in Grecia.

– Nave Ospedale: RAMB IV

https://it.wikipedia.org/wiki/Ramb_IV


Quanto alla “Ramb IV”, (nella foto sopra), la bananiera trasformata in nave ospedale per l’AOI (Africa Orientale Italiana) di base a Massaua, essa fu catturata dagli inglesi nel 1940 quando presero la città. Successivamente venne affondata nel Mediterraneo.

Benemerita fu anche l’azione della “Toscana” sopravvissuta ai mitragliamenti di cui era stata fatta oggetto. Anch’essa era stata un piroscafo passeggeri del Lloyd Triestino, trasformata all’inizio del 1941 ed entrata in servizio sul finire dal 1942. Nonostante quindi questa sua data di ingresso in ruolo piuttosto tardiva, la “Toscana” fu una delle più attive unità ospedaliere italiane e  portò a termine ben 54 missioni, trasportando 4720 feriti e naufraghi, e 28.684 ammalati.

Complessivamente le 19 navi ospedale della nostra Marina effettuarono durante il secondo conflitto mondiale oltre 700 missioni per trasporto feriti e ammalati e soccorso naufraghi, con una percorrenza totale di oltre 310.000 miglia. Importanti furono in modo particolare le tre missioni con cui si ricondussero in patria altre trentamila civili italiani dall’ex impero, ossia dall’Africa orientale ormai caduta in mano degli inglesi. Esse si svolsero rispettivamente dal marzo al giugno 1942, dal settembre 1942 al gennaio 1943, dal maggio all’agosto 1943. Vi furono impiegati, sotto le insegne della Croce Rossa.

LE GRANDI NAVI BIANCHE DELL’ESODO D’AFRICA

– LA M/N VULCANIA, gemella della SATURNIA, in missione di rimpatrio dei Civili dalla AOI nel 1942

http://transatlanticera.blogspot.com/2013/03/i-transatlantici-saturnia-e-vulcania.html

Furono circa 28 mila i nostri connazionali che in tre viaggi diversi tra il 1942 e il 1943 lasciarono Etiopia, Eritrea e Somalia per rimpatriare. Le motonavi Saturnia e Vulcania e i transatlantici Caio Duilio e Giulio Cesare, definite per l’occasione «navi bianche» perché decorate con i colori della Croce Rossa e allestite come grandi dormitori — con ospedali per far fronte a serie emergenze sanitarie — furono il teatro di una delle missioni più interessanti di cui finora si è parlato molto poco.


La DUILIO, gemella della GIULIO CESARE, con la livrea di Nave ospedale

https://it.wikipedia.org/wiki/Giulio_Cesare_(transatlantico_1920)

 

I grandi piroscafi “Saturnia” e “Vulcania”, seguiti ad otto giorni di distanza dal “Cesare” e dal “Duilio”. La rotta era la seguente: Trieste, Genova, Gibilterra, Canarie, Isole dei Capo Verde, Capo di Buona Speranza, Port Elizabeth, Canale di Mozambico, Oceano Indiano, Berbera, Massaua. Ogni viaggio equivaleva, in miglia, al giro del mondo.

 

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Anche la nave passeggeri VIRGILIO (gemella dell’ORAZIO) operò come nave ospedale in Mediterraneo

https://it.wikipedia.org/wiki/Virgilio_(nave_ospedale)

CARLO GATTI

Rapallo, 24 Agosto 2020