L’Ammutinamento dei Coolies cinesi

trasforma in un rogo il Brigantino di Zoagli Napoleone Canevaro

il più bel veliero del Pacifico

Zoagli è una perla preziosa nota per la sua scogliera ed altre splendide attrazioni naturali e turistiche, ma quanti sanno, per esempio, che per tutto l’800, la ridente cittadina rivierasca era ancora immersa nella sua antica attività marinara che vantava un cospicuo patrimonio di velieri, valenti capitani ed equipaggi? Del resto, soltanto un paese dalla consumata tradizione sui sette mari poteva ricordare i suoi figli chiamando Passeggiata dei Naviganti un tratto del suo splendido lungomare. Ma si rimane ancora più sorpresi quando, nel vicoletto che porta alle incantevoli spiagge del ponente cittadino, si sfiora una bacheca poco visibile, direi riservata, proprio come il cuore dei marinai cui è dedicata nel simbolo della Madonna del Mare. Vi si legge: Tanti gli zoagliesi che soprattutto nell’Ottocento erano un tempo, comandanti e armatori. I Chichizola, i Merello, i Vicini, i Raggio, i Peirano ed i Canevaro hanno battuto i mari dell’America Meridionale doppiando Capo Horn per raggiungere il Cile e il Perù dove molti conterranei si erano trasferiti per lavoro…….Tra le tante navi a vela zoagliesi ricordiamo il Marinin un veloce brigantino che tante cavalleresche sfide ha consumato con i Clipper inglesi sulle rotte del riso e del teak a Rangoon. La famiglia più celebre quella dei Canevaro, oltre che per i traffici commerciali, si distinse per il ruolo svolto nella storia dell’Italia Risorgimentale….

Sarebbe arduo, nel breve spazio di quest’articolo, introdurci nei lunghi elenchi navali ricostruiti fedelmente dagli storici Giò Bono Ferrari e Tomaso Groppallo e poter raccontare di quell’attività caduta – purtroppo – nell’oblio. Ma prima di addentrarci nel racconto del tragico epilogo del Napoleone Canevaro, per maggior comprensione dell’avvenimento, proietteremo brevemente un po’ di luce su quell’inquieto periodo storico dell’ Epopea della vela.

Sin dal 1841 le grandi potenze: Inghilterra, Francia, Austria, Russia e Prussia, stipularono un trattato che parificava la tratta degli schiavi neri alla pirateria. Da allora cominciò a scemare quell’orrendo traffico umano dal continente africano, ma iniziò quello dei cinesi, con metodi, a dire il vero, non sempre trasparenti, che passò alla storia con il nome di “migrazione dei coolies”, che erano lavoratori cinesi reclutati con il sistema che oggi potremmo chiamare del caporalato. I coolies lavoravano essenzialmente nei campi per la coltivazione del cotone, nella raccolta del guano o nei cantieri edili e per la costruzione delle ferrovie.
Le condizioni di lavoro erano durissime, tanto che spesso scoppiavano rivolte.

Questi esodi iniziarono, pare, nel 1847 lungo le rotte battute dai velieri che trasportavano guano peruviano in Oriente e che si assicuravano il nolo di ritorno imbarcando coolies, prima a Macao e poi a Canton. Si sospetta, in realtà, che erano in gran parte reclutati dalla mafia cinese, che spesso li “stivava” in numero esagerato sui brigantini dell’epoca. Le statistiche parlano chiaro: nel solo quinquennio tra il 1870 ed il 1874 arrivarono in Perù più di cinquantamila coolies.

Colonie di Pellicani, cormorani ed altri uccelli acquatici sulle coste peruviane

I coolies venivano trasportati a Cuba, oppure lungo la costa sud-occidentale del Pacifico, soprattutto in Perú, da cui una parte cospicua ripartiva per le Islas de Chinchas, tre isolotti nella baia del Pisco sotto al Callao, tra i 14 e 13 gradi sud di latitudine. Non vi erano approdi e risorse alimentari ed erano percorsi continuamente dalla risacca; sembravano innevate e popolate solo da immensi stormi di pellicani, cormorani e albatross che avevano scelto da secoli la loro residenza su quegli scogli solitari. Nel tempo, si era formato uno strato di sterco biancastro che variava dai 18 ai 30 metri e che li aveva ricoperti completamente. Questo prezioso quanto acre tesoro chiamato guano, impediva lo sviluppo della vita biologica ad eccezione di zanzare, lucertole e naturalmente i coolies trapiantati, che si dedicavano al suo raccolto che era richiesto in tutto il mondo come fertilizzante agricolo. Una cosa è certa, la quasi totalità dei cinesi non era composta di uomini di mare, bensì di gruppi reclutati nelle sperdute campagne della Cina e tra loro non mancavano “sventurati reietti della vita, quali debitori insolventi, contadini rovinati dalla siccità o dalle inondazioni, criminali liberati dal carcere e così via”.

I veri problemi giungevano, infatti, con le prime burrasche oceaniche quando gli emigranti cedevano al panico e presto innescavano turbolenze ed agitazione che spesso volgevano in rivolta. In altri casi, invece, sobillati da pirati di professione, i Coolies si appropriavano del veliero per esercitare agguati e atti di pirateria ai bastimenti carichi di merce preziosa. Tra i tanti fatti di mare che hanno testimoniato la leggendaria presenza di marinai zoagliesi sugli Oceani, uno in particolare, ci è rimasto impresso nella memoria fin dai primi anni di scuola, quando spesso e volentieri sprofondavamo nei racconti degli scrittori di mare che ambientavano i loro viaggi avventurosi nel Mar della Cina e nelle Isole del lontano Oriente.

Il brigantino a palo “Napoleone Canevaro” – dell’armamento di Zoagli – era noto per essere il più bel bastimento del Pacifico. Della sua tragica fine ci è rimasta una relazione consegnata al Console italiano di Macao dal Capitano d’armamento Giuseppe Chiappara: Fine della nave “Napoleone Canevaro” di Zoagli. “Detta nave era partita dal Macao nel giugno del 1875 al comando del cap. Venturini con 650 emigranti cinesi diretti al Perù. Aveva 34 uomini d’equipaggio, quasi tutti liguri. Dopo dieci giorni di navigazione i cinesi si ribellarono all’equipaggio, nell’intento d’impossessarsi della nave. L’equipaggio si difese disperatamente. I cinesi, visto che non potevano domare quel pugno di uomini, diedero fuoco al corridoio nella speranza di asfissiarli. Il Capitano e pochi marinai superstiti poterono da poppa, calare in mare una scialuppa, nella quale presero imbarco, mentre i cinesi, vistisi padroni del campo, emettevano grida di giubilo. Ma l’incendio che essi avevano provocato, sicuri di poterlo circoscrivere, progredì invece, anche a causa del forte vento. La nave divenne così un enorme falò. Fu vista bruciare in pieno Oceano per vari giorni. E dei quasi settecento cinesi ammutinati, non uno trovò scampo. L’equipaggio zoagliese, che da lontano vide l’immane braciere, dopo d’aver vagato per molti giorni sull’Oceano, fu raccolto da un veliero amburghese (?) e portato a Saigon”.

Altre fonti storiche ci dicono che il Napoleone Canevaro imbarcò a Macao una partita di ottomila pacchi di razzi. I cinesi, ignorando la presenza a bordo di un carico così pericoloso, usarono per ribellarsi l’arma più sbagliata: il fuoco, che appena innescato, distrusse il bel brigantino di Zoagli.

Il fumo circonda l’agonia del brigantino che sta per essere inghiottito dall’Oceano

Si raccontò inoltre che la prima ribellione avvenne nel Mar delle Filippine, ma il complotto fu sventato dal Capitano Venturini e dal suo equipaggio che riuscì a mettere ai ferri un cospicuo numero di cinesi. Alcuni giorni dopo, altri cinesi insorsero e trucidarono di sorpresa alcuni marinai e respinsero il resto dell’equipaggio a poppa e dettero fuoco al gavone di prora. Fu a questo punto che il Capitano diede l’ordine di mettere la lancia in mare e non mancò, tra l’altro, il tentativo di salvare la nave con un atto d’eroismo: il Capitan d’Arme, il Medico e l’Interprete vollero tornare a bordo per cercare di allagare il deposito dei razzi, ma non fecero in tempo. L’esplosione avvenne quasi subito. A bordo morirono tutti. I superstiti dell’equipaggio stipati sulla lancia di salvataggio videro piovere rottami incandescenti e membra umane. Poi arrivarono branchi di squali famelici a cancellare le tracce di quell’immane tragedia del Pacifico. Dopo tre settimane di stenti, Venturini ed i suoi zoaglini, vennero raccolti, forse da un clipper americano e non tedesco come riportato in precedenza.

Nel trasporto dei coolies fu coinvolto anche l’Eroe dei due Mondi Giuseppe Garibaldi che scrisse nelle sue memorie: “Il 10 gennaio 1852 salpai dal Callao per Canton. Impiegai circa 93 giorni sempre con vento favorevole, passando alla vista delle Isole Sandwich ed entrando nel Mar della Cina, fra Luzon e Formosa; giunto a Canton il mio consegnatario mi mandò ad Amoy non trovandosi a vendere il carico di guano nella prima piazza. Da Amoy tornai a Canton ove si cambiarono gli alberi della Carmen trovati guasti, ed il rame. Pronto il carico, lasciammo Canton per Lima.” Garibaldi non spiega il tipo di carico della Carmen, ma si sa che era formato da qualche centinaia di coolies. Nel 1853 la “tratta di questi operai cinesi” era ancora molto intensa.

Fu soltanto intorno al 1858 che il reclutamento dei coolies cominciò a scemare per effetto di un accordo tra le grandi Potenze di allora, lasciando un ricordo quasi romanzesco. In seguito, quel tipo d’emigrazione ricevette il suo colpo di grazia con l’inizio dell’esportazione dei nitrati del Gran Deserto Salato di Tarapaca che sostituì il guano come fertilizzante; solo allora (1884) la campana suonò a morte sulle attività alle guaneras. Secondo il Lubbock, Garibaldi fu presente ad alcune sanguinose schermaglie, ma le navi italiane o quelle peruviane armate da nostri antenati rivieraschi non si macchiarono mai di inutili crudeltà. Lo stesso armatore chiavarese Denegri ebbe a dire su Garibaldi: “M’ha sempre portato cinesi nel numero imbarcato, e tutti grassi e in buona salute, perché li trattava come uomini e non come bestie.”

Il Napoleone Canevaro scomparve negli abissi trascinando con sé molti cinesi e una parte dell’equipaggio zoaglino. Dispiace doverlo affermare, ma soltanto i nostri marinai furono le vittime innocenti di quel disastro, e ci sembra giusto non dimenticarli mai. Anche la perdita del brigantino a palo più bello dell’Oceano Pacifico fu dura da digerire, ma gli armatori nostrani dell’ottocento avevano lo “scafo” di quercia, robusto come quello dei loro velieri e presto ne vararono altri ancora più forti, più belli e più grandi.

Carlo GATTI

Rapallo, 25.03.12