L’AFFONDAMENTO DELL’ANDREA SGARALLINO

PORTOFERRAIO – ISOLA D’ELBA

La nave trasportava civili e militari che tornavano all’Isola d’Elba dopo l’8 settembre 1943. Fu la più grave sciagura nelle acque italiane durante la guerra, con oltre 300 morti.


Il piroscafo ANDREA SGARALLINO fu costruito dai cantieri Orlando di Livorno nel 1930 e portava il nome di un garibaldino della Spedizione dei Mille. Stazzava 731 tonnellate e poteva trasportare 330 passeggeri alla velocità massima di 14 nodi (26 Km/h).

La nave prese servizio nella flotta della Società Anonima di Navigazione Toscana, passata in seguito sotto il controllo della Terni ed infine ceduto ad un armatore privato. Fu assegnato al servizio di collegamento tra Piombino e Portoferraio.

Allo scoppio della guerra, il 10 giugno 1940, il piroscafo fu requisito dalla Regia Marina e venne armato. In versione bellica con livrea mimetica, L’Andrea Sgarallino fu riclassificato Nave Ausiliaria F-123 e cominciò ad operare nel teatro del Mediterraneo.

La Vedetta Foranea Sgarallino (nave adibita al controllo delle zone portuali) entrerà nella storia dopo la resa dell’Italia l8 settembre 1943.

Una settimana dopo il proclama Badoglio le forze germaniche attaccarono le guarnigioni italiane sull’Isola d’Elba e, per costringerle rapidamente alla resa, il 16 settembre bombardarono Portoferraio con 10 Stukas. L’Andrea Sgarallino fu requisito in porto e nuovamente posto in servizio di collegamento con il continente il 21 settembre.


Con questa livrea mimetizzata, il piroscafo Andrea Sgarallino fu silurato a poche miglia a Nord Est dell’isola d’Elba dal sommergibile inglese H.M.S UPROAR. Era il 22 settembre 1943.



H.M.S UPROAR P31 – IL KILLER DEL PIROSCAFO ANDREA SGARALLINO

L’ULTIMO VIAGGIO

SULLA ROTTA

Piombino-Portoferraio.

Ore 8:30 del 22 settembre 1943.


Il giorno successivo il piroscafo, che indossava ancora la livrea mimetica e batteva bandiera tedesca, salpò da Piombino poco dopo le 8:30 del mattino e fece rotta come sempre verso l’Isola d’Elba. Aveva caricato circa 330 passeggeri, molti dei quali erano militari italiani sbandati che rientravano presso le loro famiglie sull’isola dell’Arcipelago toscano. Il tratto di mare Piombino-Portoferraio, 14 miglia nautiche, un’ora di navigazione per quella nave, come qualcuno aveva sospettato, era il più pericoloso per gli agguati tesi dai sottomarini britannici. Nell’ambiente si sapeva e qualcuno suggeriva che sarebbe stato meglio procedere per la Corsica che era già stata occupata dagli Alleati che avrebbero sicuramente offerto la protezione aerea.

Prevalsero gli ottimisti imprudenti e, quel giorno, ogni famiglia elbana pianse un figlio, un marito, un congiunto, un parente, un amico.

La nave militarizzata italiana, partita dalla vicina Piombino, era ormai vicina al suo porto di destinazione Portoferraio per sbarcare civili e militari che tornavano a casa dopo l’8 settembre. Quei poveri ragazzi, dopo mille vicissitudini, trovarono la morte nell’ultimo braccio di mare, quando vedevano già le proprie case e le proprie famiglie nell’attesa di poterli riabbracciare.

Il loro KILLER, il smg. H.M.S UPROAR P31, era in agguato proprio davanti alle porte di casa, in attesa di colpirlo a tradimento con un siluro molto preciso nel fianco.

Riprendiamo come FONTE attendibile un accurato servizio di PANORAMA sul siluramento e rapido affondamento del piroscafo ANDREA SGARALLINO.

“Dai racconti di uno dei pochissimi superstiti, Stefano Campodonico, durante il viaggio l’equipaggio discusse a lungo riguardo all’opportunità di attraccare sulle coste della Corsica già occupata dagli Alleati. Verso la fine della rotta, l’Andrea Sgarallino superò la località Nisportino (Rio nell’Elba) nella zona Nord-orientale dell’isola dove giungeva a vista del Forte Stella di Portoferraio. Alle 9:49 circa una terribile esplosione udita distintamente nell’abitato di Portoferraio squarciò lo scafo nella nave. L’Andrea Sgarallino era stato colpito dal siluro lanciato dal sommergibile britannico “HMS Uproar” (che aveva partecipato all’affondamento della Bismarck). Comandato dal Tenente di Vascello Laurence Edward Herrick, L’Uproar aveva inquadrato la livrea nemica e non aveva avuto dubbi sul siluramento, che in pochi minuti causò la tragedia. L’Andrea Sgarallino, ferito a morte, affondò in fiamme in pochi minuti dopo essersi spezzato in due tronconi. Quel giorno piovigginava sull’Elba e molti dei passeggeri non ebbero scampo perché si erano stipati sottocoperta per ripararsi dalle intemperie.

Molti di loro furono storditi dalla forza dell’esplosione o scaraventati contro le pareti in ferro della nave per lo spostamento d’aria ed affogarono risucchiati dal vortice della nave che si inabissava. Soltanto quattro di loro si salveranno, aggrappati ai resti dell’imbarcazione che avrebbe dovuto riportarli alle loro case: oltre al citato Stefano Campodonico (che perderà una gamba a causa delle ferite) solo altri tre furono i superstiti. Saranno salvati da pescherecci dopo alcune ore tra i flutti poiché si temeva che il sommergibile inglese potesse colpire ancora. Alla fine della giornata, saranno recuperati solamente 11 degli oltre 300 corpi tra cui quello del Comandante dello Sgarallino, Il Sottotenente di Vascello Carmelo Ghersi”.

IL RELITTO

ALBUM FOTOGRAFICO

DELL’ANDREA SGARALLINO IN PIENA ATTIVITA’

E DEL SUO RELITTO SUL FONDO



Sopra e sotto – Il piroscafo ANDREA SGARALLINO in una foto scattata quando era ancora una nave passeggeri civile che mostrava sulla ciminiera il logo della Società Anonima di Navigazione Toscana. Come abbiamo già visto, la nave fu requisita dalla Regia Marina il 10 giugno 1940 quando L’Italia entrò nella Seconda guerra mondiale.

Le foto che seguono mostrano il relitto riverso sul fianco sinistro alla profondità di 66 metri.






Carlo GATTI

Rapallo, 20 agosto 2019