PARTE PRIMA

La leggendaria storia del generale UMBERTO NOBILE

UMBERTO NOBILE

 

Da HISTORIA REGNI riportiamo:

Umberto Nobile è il protagonista di una delle più grandi imprese del Novecento: la prima trasvolata del Polo Nord.

Generale del Genio aeronautico, ideatore, progettista e pilota di dirigibili semirigidi, esploratore polare, docente di Costruzioni Aeronautiche dell’Università di Napoli, scrittore, Umberto Nobile nacque a Lauro, provincia di Avellino, da Vincenzo e Maria La Torraca. Suo padre discendeva da un ramo cadetto della nobile famiglia delle Piane, che, avendo rifiutato l’omaggio ai Savoia in segno di fedeltà ai Borbone, era stata privata del titolo nobiliare e aveva assunto il cognome di Nobile a memoria dell’antica condizione sociale.

La sua storia si illumina il 10 aprile del 1926, il dirigibile Norge della missione decollò da Ciampino per arrivare alla base artica della Baia del Re, sulle isole norvegesi Svalbard, il 7 maggio e puntare poi al Polo Nord.

Dopo un volo di circa 5.300 km, durato tre giorni, il 12 maggio del 1926 “si prende l’altezza del sole. Siamo al Polo; rallento i motori. Si piantano le bandiere (la norvegese, l’americana e quella italiana)…”. Così Umberto Nobile annotava, sul Brogliaccio del Norge, il successo della prima spedizione aerea transpolare della storia, l’obbiettivo era stato raggiunto, fu toccato quel punto singolare della superficie terrestre dove i quattro punti cardinali si confondono in uno solo, il Polo Nord. Con l’allora colonnello Nobile c’erano Roald Amundsen e Lincoln Ellswotrh. In “In volo alla conquista del segreto polare”, così Umberto Nobile ricordò quei momenti:

 “La nebbia, che era durata fittissima per un’ora e dieci minuti, verso le 22,30 cominciò a diradare, lasciando intravedere il ghiaccio. Poco più tardi dileguò del tutto.

Intanto il cielo si era andato annuvolando. Il paesaggio aveva assunto di colpo un aspetto triste e solenne. Non c’è di meglio del sole per vivificare anche le cose morte, ma ora il sole erasi nascosto dietro le nuvole alte, e la sua assenza faceva sentire il silenzio mortale che avvolgeva tutto. L’immenso piano ghiacciato cessava di essere monotono: qua e là fiocchi di nebbia radi vi producevano delle macchie bigiastre.

Tutto l’ambiente aveva assunto una tonalità di color grigio perla.
La quota era di 780 metri. Ci andavamo gradualmente abbassando, quasi senza accorgercene, come per un’attrazione lenta verso il suolo. All’una eravamo a 350 metri e, pochi minuti dopo, a 250. Oramai eravamo a poca distanza dal Polo. Larsen era curvo ad un finestrino col sestante fra le mani, pronto a cogliere l’istante in cui il sole avesse fatto capolino tra le nubi.
Man mano che ci andavamo avvicinando, l’eccitazione a bordo cresceva. Nessuno parlava, ma si leggeva nei volti la contentezza. Io ero un po’ nervoso; mi riempiva il cuore una grande gioia che a stento riuscivo a contenere. Pensavo alla nostra bandiera che finalmente avrei fatta sventolare ancora una volta. Avevo solennemente promesso di farla sventolare su ghiacci del Polo, e detto a me stesso che ciò sarebbe stato fatto a qualunque costo: finalmente l’attimo sospirato, in cui si sarebbe adempiuta la promessa, stava per giungere. Non era che un gesto assai semplice da compiere, ma rappresentava come un rito sacro; non vi era che buttare giù un pezzo di stoffa, ma quel pezzo di stoffa era l’Italia lontana.

Una grande gioia che a stento riuscivo a contenere mi riempiva il cuore.
Chiamai impaziente Alessandrini:
– Prepara la banidera.

La norvegese e l’americana erano piccole e fissate a delle aste come stendardi: avevano perciò potuto – senza ingombrare – tenersi sempre pronte nella carena. La nostra no, era grande; bisognava estrarla dal cofano, spiegarla e fissarla all’asta che i miei ufficiali avevano preparato allo Spitzberg.

 Alessandrini andò, e com’egli si attardava a compiere accuratamente, amorosamente, l’operazione, io lo sollecitai impaziente. Stavamo per giungere.

– Fa’ presto. Vieni. Portala.

Finalmente era lì, accanto a me.

Alle 1,30 l’altezza del sole – che di tanto in tanto traluce fra le nubi – ci avverte che siamo al Polo. Discendiamo ancora di più, forse fino a 200 metri, perchè voglio accostarmi alla superfice dello sterminato mare di ghiaccio più vicino che sia possibile. Ora rallento i motori. Il loro ritmo si attenua, sicché il silenzio del deserto si sente più profondamente. In questo silenzio, religiosamente, si compie il rito.

Primo Amundsen lascia cadere la bandiera norvegese, poi Ellsworth l’americana. Sono di seta, piccole, graziose, fatte a posta per la circostanza. Ora viene la mia volta. Prendo la bandiera fra le mani. Essa contrasta con le altre due, è grande, vecchia, logora, una bandiera di combattimento: quella medesima che per due anni ha volato Italia sulla poppa dell’aeronave ITALIA: ha l’orlo sfilacciato dal vento, un po’ lacera, assai bella.

La prendo fra le mani e la sporgo fuori dalla cabina. Il vento l’investe gonfiandola: essa mi palpita fra le mani come un’ala viva. La lascio andare. La vedo scorrere lungo la parete della cabina ed impigliarsi nel derivometro. Corro a liberarla. Ecco ora che cade tutta aggrovigliata come una massa informe, poi si distende, si spiega tutta, discende solennemente. La vedo fluttuare: i bei colori attraverso l’aria fredda e trasparente vibrano contro il biancore immacolato dei ghiacci; il margine del drappo freme nell’immenso deserto come se partecipasse alla nostra emozione; il mio sguardo la segue come affascinato, né vale a distrarmi nemmeno la preoccupazione della condotta della nave. La bandiera raggiunge il ghiaccio, vi si abbatte, scompare. E’ realmente l’ala d’Italia che si posa sul Polo”.

 

IL COMUNE DI ROMA
L’AERONAUTICA MILITARE
NEL CENTENARIO DELLA NASCITA 1885-1985

UMBERTO NOBILE – Ingegnere aeronautico ed alto ufficiale dell’aeronautica militare, effettuò con i dirigibili spedizioni sopra il Polo nord. L’ultima ebbe esito tragico: la navicella si schiantò al suolo mentre il dirigibile riprendeva quota perdendo poi fra i ghiacci parte dell’equipaggio. I superstiti della navicella dovettero attendere 42 giorni (riparati alla meno peggio in una tenda, che dipinsero di rosso) prima di essere scoperti e salvati. Una commissione d’inchiesta esautorò Nobile dal suo grado. Dopo la guerra una seconda commissione lo riabilitò.

 

BREVE STORIA DELLA DRAMMATICA

“SECONDA SPEDIZIONE ARTICA”

DEL GENERALE UMBERTO NOBILE AL COMANDO

DEL DIRIGIBILE ITALIA

IN MEMORIA DEL
GENERALE PROF. ING.
UMBERTO NOBILE
ESPLORATORE-SCIENZIATO
PIONIERE DELL’AERONAUTICA ITALIANA
DUE VOLTE
CONQUISTATORE DEL POLO NORD
CON LE AERONAVI
“NORGE” (1926) E “ITALIA” (1928)
DA LUI PROGETTATE
COSTRUITE E COMANDATE
QUI VISSUTO
FINO ALLA SUA SCOMPARSA
IL 30 LUGLIO 1978

 

 

 

Il 15 aprile 1928 il dirigibile ITALIA partì da Milano (Aerodromo di Baggio), fece tappa a Stolp (Pomerania), a Vadsö (Norvegia) ed infine giunse alla Baia del Re il 6 maggio compiendo un volo di circa 6.000 km.

Il primo volo esplorativo a Nord Est delle isole Svalbard si concluse con il rientro alla base a causa di venti forti e guasti tecnici;

Il secondo volo durò tre giorni e diede alcuni risultati positivi: furono definiti gli estremi confini occidentali della Terra del Nord, fu dimostrata l’inesistenza della Terra di Gillis e vennero effettuati diversi rilevamenti sulla Terra di Nord-Est.

Il terzo volo fu disastroso: doveva esplorare la parte settentrionale della Groenlandia, alla ricerca di terre emerse, per dirigersi quindi sul Polo, dove erano previste misurazioni scientifiche sul pack. 

Alle 4.28 del 23 maggio 1928 l’ITALIA si alzò in volo con sedici persone a bordo e, nonostante una violenta perturbazione, raggiunse il Polo Nord alla  mezzanotte fra il 23 e il 24 maggio. Fu impossibile attuare la discesa sui ghiacci, a causa del forte vento. Alle 2.20 Nobile ordinò quindi che si prendesse la via del ritorno ma alle 10.30 il capo motorista Cecioni diede l’allarme: l’ITALIA stava perdendo rapidamente quota. Tre minuti più tardi, per cause che restano tuttora sconosciute, il dirigibile si schiantava sul pack, a quasi 100 km dalle isole Svalbard. Dieci uomini caddero dalla navicella di comando sui ghiacci. Il meccanico Pomella fu trovato morto dai superstiti subito dopo la caduta; Nobile e Cecioni subirono fratture agli arti. Sull’involucro privo di comandi restarono invece Alessandrini, Caratti, Ciocca, Arduino, Pontremoli e Lago, il giornalista.

 

Quando giunse la tragica notizia della perdita del dirigibile “ITALIA”, tutte le nazioni artiche offrirono il loro aiuto nella ricerca dei superstiti. L’Italia inviò due aerei, tra cui un Savoia 55, pilotato dall’italiano Umberto Maddalena.

 

Dal Sito della Marina Militare riportiamo:

“L’aeronave si risollevò lentamente scomparendo nella fitta nebbia: della sua sorte e di quella dei sei uomini rimasti a bordo non si ebbero più notizie. Fu rinvenuta una parte dei viveri e delle attrezzature, che l’impatto aveva disperso sui ghiacci ma soprattutto la tenda preparata per la discesa sul Polo e la radio di soccorso Ondina 33. La tenda, colorata di rosso con l’anilina per rilevazioni altimetriche, diventò un indispensabile rifugio per i naufraghi e un punto di riferimento per i soccorsi. Il radiotelegrafista Biagi montò subito l’antenna della radio e attivò l’apparecchio. Il 30 maggio, dopo cinque giorni di infruttuose trasmissioni Mariano, Zappi (da Mercato Saraceno, Forlì)) e Malmgren lasciarono la tenda per una marcia disperata verso la terraferma. Quattro giorni dopo, il 3 giugno, un radioamatore russo di nome Schmidt intercettò l’SOS dei naufraghi. Iniziarono cosi le operazioni di salvataggio che porteranno al recupero di Nobile. In Italia il governo fascista si limitò ad autorizzare la partenza di un idrovolante Siai S-55 pilotato dal maggiore Umberto Maddalena ma finanziato da privati.

La spedizione di soccorso che giunse a salvare gli uomini fu quella sovietica che impiegò due rompighiaccio, il Malyghin e il Krassin. La prima nave, partita da Arcangelo il 12 giugno, doveva raggiungere la parte orientale delle Svalbard e di qui dirigere verso nord. Il Krassin, comandato da Karl Eggi e con a bordo il professor Samoilovich, salpò da Leningrado il 16 giugno. Doveva raggiungere le Svalbard da ovest e perlustrare tutta la parte settentrionale dell’arcipelago verso l’isola di Foyn. La sera del 23 giugno due aerei svedesi raggiunsero nuovamente la Tenda Rossa: uno era il Fokker-31 di Lundborg, che riuscì ad atterrare sulla pista di neve e ghiaccio e a trarre in salvo il “solo” Nobile, che avrebbe dovuto dirigere dalla base svedese le successive operazioni di soccorso. Il comandante di un veliero è l’ultimo ad abbandonare la nave in procinto d’affondare e per questo fu anche lungamente criticato. Lundborg tornò poco dopo in aiuto degli altri naufraghi, ma in fase di atterraggio il suo Fokker si ribaltò e il pilota rimase a sua volta prigioniero dei ghiacci. Il 3 luglio, a nord delle Svalbard, il Krassin subì danni a un’elica; ulteriori avarie convinsero Samoilovich a ritornare per le riparazioni e per rifornirsi di carbone. Ma Nobile telegrafò al comandante della spedizione sovietica, pregandolo di non rinunciare alle ricerche, e riuscì a ottenere che dal rompighiaccio fosse calato il trimotore Junkers pilotato da Boris Ciuknowski. L’aereo decollò alle 16 del 10 luglio e riuscì ad avvistare il gruppo Mariano ma non a rientrare al Krassin. La nebbia lo costrinse infatti a un atterraggio di fortuna presso le Sette Isole, dove il velivolo restò bloccato dai danni subìti. Samoilovich, sostenuto da un equipaggio noncurante delle avarie e della scarsità di carbone, decise di proseguire. All’alba del 12 luglio vennero avvistati e tratti in salvo Mariano, che aveva un piede congelato, e Zappi. Malmgren, purtroppo, non aveva retto alla tremenda marcia sui ghiacci. Alle 20 dello stesso giorno fu avvistata la Tenda Rossa: mezz’ora dopo il rompighiaccio iniziava il salvataggio dei cinque naufraghi rimasti. La tenda fu smontata e trasferita sulla nave insieme all’Ondina 33. Erano trascorsi 48 giorni dal tragico impatto dell’ITALIA. La Tenda Rossa, riportata in Italia, è oggi al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnica. La radio Ondina 33 è conservata dal Museo della Marina militare italiana di La Spezia.”

 

PARTE SECONDA

CITTA’ DI MILANO

Una Nave una Storia

Missione Artica di supporto al Dirigibile ITALIA

 

La nave posacavi CITTA’ DI MILANO aveva un dislocamento di 5.380 tonnellate. Lunghezza f.t. 97,72 mt. Varata il 21 ottobre 1905 nei Cantieri tedeschi Schichau di Danzica con il nome “Grossherzog Von Oldemburg” fu consegnata al governo italiano nel 1919 per “risarcimento danni di guerra”. Il 1° agosto 1921 entrò in servizio nella Regia Marina.

MISSIONE ARTICA: Scopo della missione era dare il necessario apporto logistico e organizzativo all’impresa pianificata e fortemente voluta dal generale Umberto Nobile. Fu rinforzato lo scafo mediante la ricopertura di lastre d’acciaio come protezione contro la morsa dei ghiacci polari.

Nel 1927 fu equipaggiata con le ultime novità scientifiche in materia di Radio e apparati meteorologici. Al normale equipaggio si aggiunsero alpini, studenti universitari e naturalmente scienziati.

20 marzo 1928 la Città di Milano“, al comando di Giuseppe Manoja, partì dal porto di La Spezia con la funzione di nave appoggio alla spedizione artica del dirigibile “Italia“. Prima meta erano le Isole Svalbard.

 

Rompighiaccio KRASSIN

Si attivarono soccorsi d’imbarcazioni e aeroplani provenienti dalla Norvegia, Svezia, Finlandia e Russia che inviò anche il rompighiaccio militare “Krassin” appartenente all’armata sovietica. Altre unità ebbero un ruolo fondamentale nel recupero dei superstiti come la Hobby, baleniera norvegese, e la Braganza.

La Città di Milano bloccata dai ghiacci

 

Dalla nave “Città di Milano” si attivarono le procedure di coordinamento, ricerca e soccorso che permisero il salvataggio dei superstiti, passati alla storia delle esplorazioni polari come i “naufraghi della Tenda Rossa”.

 Le operazioni di ricerca andarono avanti per giorni, fino a quando, avvistati dal pilota italiano Umberto Maddalena vennero recuperati e messi in salvo Cecioni Natale, Felice Troiani, Giuseppe Biagi, Viglieri Alfredo, Mariano Adalberto, Zappi Filippo e lo stesso Umberto Nobile a bordo della nave “Città di Milano”.

Intrapreso il lungo viaggio di ritorno, il “Città di Milano” attraccò nel porto di La Spezia il 20 ottobre 1928 concludendo così la spedizione.

 Il 10 giugno 1940 laCitta’ di Milano” interruppe i cavi telefonici di collegamento tra Gibilterra e Malta. Era la nostra prima missione nel primo giorno dell’entrata in guerra dell’Italia nella Seconda guerra mondiale.

Piano di costruzione

 

CARTOLINA COMMEMORATIVA DEL 90° ANNIVERSARIO DELLA SPEDIZIONE AL POLO NORD – 1928 – 2018

TELEGRAPH SUPPORT SHIP “CITTA DI MILANO”

 

Sulla fine della CITTA’ DI MILANO riportiamo una preziosa TESTIMONIANZA di Giorgio Andreino Mancini, che si rivolge a suo zio Pancrazio Ezio (storico)
in merito all’auto affondamento della regia nave Città di Milano, dicendo che ha avuto una confessione dal Marinaio genovese Di Maria imbarcato su quella nave, e adesso proverò a dirti cosa è successo tra l’8 e il 9 settembre del 1943 nel Porto di Savona da quello che mi ha raccontato Di Maria iscritto all’A.N.M.I.-di-Genova.

“Come tu saprai dall’8 settembre del 1943 è successo di tutto e non solo a Savona, c’era molta confusione, per farla breve nel porto, oltre ai Marinai della Regia Marina, c’erano quelli tedeschi della Kriegsmarine, si conoscevano e c’era anche un sano cameratismo tra loro ed è per questo che non c’è stato nessun atto di forza da parte della Kriegsmarine per impossessarsi della nave (questo naturalmente l’8 settembre). Sempre dal racconto del Di Maria pare che gli stessi marinai della Kriegsmarine avevano avvisato che il giorno 9 reparti della Wermacht avrebbero fatto un colpo di mano per impossessarsi della nave, cosa che poi avvenne il giorno successivo. Mi raccontava che quel giorno successe di tutto nel Porto di Savona, fischiavano pallottole da tutte le parti, l’equipaggio della Città di Milano ha risposto al fuoco con le armi che aveva, ma la superiorità tedesca era nettamente superiore. E’ stato allora che il Di Maria insieme ad un altro Marinaio (che non ricordo il nome) sono scesi in sala macchine per aprire le valvole per l’auto affondamento, operazione avvenuta con successo.
I tedeschi della Wermacht erano molto arrabbiati, fortunatamente per i marinai della Città di Milano, quelli rimasti (parecchi avevano disertato, non so se tu voglia scriverlo), sono stati fatti prigionieri da quelli della Kriegsmarine che li hanno trattati bene, prima di internarli nei campi di prigionia.

 
Spero di essere stato d’aiuto nell’aggiungere un’altra pagina della storia dei Marinai di una volta, sicuramente il Marinaio Di Maria è stato l’artefice dell’auto affondamento della regia nave Città di Milano!
Vedi se riesci a correggere qualcosa, come ti ho già scritto non sono bravo a scrivere, ma ci ho messo tutte le emozioni che il Di Maria mi ha trasmesso raccontandomi questa storia! 
Ti auguro una serena serata e come dici sempre Tu:  
Un abbraccio grande come il mare della Misericordia”

Giorgio Andreino Mancini

PARTE TERZA

 Intervista del giornalista Gianni Bisiach al generale Umberto Nobile

DIRIGIBILE ITALIA di UMBERTO NOBILE AL POLO NORD

https://www.youtube.com/watch?v=HaVlSI_2D1Q

Ernani Andreatta

LA CONQUISTA DELL’ARTICO E DELL’ANTARTICO

https://www.youtube.com/watch?v=vlUOKAv3LFc

IQ3VE – Sezione ARI di Venezia

GIUSEPPE BIAGI – LA TENDA ROSSA

http://www.arivenezia.it/giuseppe-biagi-la-tenda-rossa/

mmta517 – Convegno sul dirigibile Italia – Versione ridotta

https://youtu.be/tWxPbc8BpfY

 

Venerdì 19  Ottobre 2018 si è tenuto il Convegno sul Dirigibile Italia a 90 anni dalla Tenda Rossa. I relatori hanno ricordato la tragedia che sconvolse  la vita del Generale Umberto Nobile. di membri del suo equipaggio che vi persero la vita  con  implicazioni politiche, sociali e  umane nello stesso  tempo. Ma il convegno, che si è rivelato di grande successo,  ha coinvolto personalità della scienza, della tecnica e della navigazione registrando così un evento  inaspettato con la presenza dell’Ammiraglio di Divisione Alberto Bianchi Comandante delle Scuole Militari Italiane. La manifestazione è stata organizzata e condotta dal Tenente Colonnello Guido Casano con la regia del Comandante della Scuola TLC di Chiavari C.V. Nicola Chiacchietta.  

mmta503 – Massimo Minella racconta il Campo 52 

https://youtu.be/Ecfkiq99B60

 

mmta504 – 1928 Dalla Spezia al Polo Nord

https://youtu.be/-Jm4-aHYWZ0

Museo della Memoria – Museo Marinaro Chiavari – Edizioni Giacche’ 

Michele Coviello Allievo nocchiere di La Spezia nel 1928 faceva parte dell’equipaggio della nave appoggio Città di Milano. Durante la permanenza alle isole Svalbard scatto’ una serie di fotografie che lasciò in eredità alla nipote Annalisa Coviello, giornalista e scrittrice. Attraverso l’editore “Giacchè” ne usci un interessante libro dal titolo “1928 da la Spezia al Polo Nord”

 

mmta505 –  Spedizione Nobile – Collegamento telefonico eredi Mariano

https://youtu.be/djzUF2cc1ro

mmta506 – 1928  DA LA SPEZIA AL POLO NORD

https://youtu.be/ffqx6X-VyuM

 

Carlo GATTI

Rapallo, 30 Marzo