Cresce sempre il numero delle persone che ogni giorno pone domande tecniche sulla manovra delle navi.
L’argomento è molto vasto e, disquisendo, è facile uscire dai binari della pratica per ritrovarsi immersi in passaggi teorici più interessanti per gli ingegneri che per la gente di mare.
Questo articolo, dove i concetti presenti sono appena accennati, è aiutato nella sua comprensione da un esempio pratico.
Buona lettura.
P.S.:
Mi è stato detto che molti non sanno dell’esistenza di un sito che, oltre a proporre video interessanti, raccoglie gli articoli che inviamo. Quindi, se volete approfondire gli argomenti, potete visitare:
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L’ABC DELLE MANOVRE PARTE DALLE ELICHE
di John GATTI
Tornando con il pensiero indietro negli anni, mi rendo conto che, trovandomi a dover sostenere esami di manovra, il primo argomento trattato ha sempre riguardato le eliche.
Niente di complicato, anche se, per trasferire la teoria dei libri ai pensieri e alle azioni, il passo non è proprio dei più corti…
Per far capire meglio cosa intendo, accennerò brevemente alle differenti caratteristiche tra le eliche a passo fisso e quelle a passo variabile, per poi – con un esempio – incastrare queste poche informazioni tra i ragionamenti sviluppati per portare una nave in banchina.
Cominciamo.
La particolare forma dell’elica, collegata a un albero motore, fa sì che la rotazione di quest’ultimo si trasformi in movimento della nave.
Abbiamo quindi l’elica che, spingendo una certa quantità d’acqua, genera un movimento che viene trasmesso alla nave.
Cerchiamo di capire meglio come funziona il processo.
Prima di tutto dobbiamo sapere che il passo dell’elica è la distanza teoricamente percorsa non considerando la cedevolezza del fluido, perciò corrisponde alla distanza che l’elica percorrerebbe se si muovesse all’interno di un corpo solido.
Solitamente, per rendere meglio l’idea, si suggerisce di immaginare il movimento di una vite che penetra in un pezzo di legno.
Siccome in realtà l’elica si muove in una sostanza cedevole, avremo che lo spostamento della nave, dopo un giro di elica, non sarà uguale al passo ma a una frazione di esso detta avanzo. La differenza tra passo e avanzo è detta regresso.
Quindi, il regresso è uguale alla velocità della massa d’acqua spinta dall’elica in senso contrario al moto. Se il regresso fosse nullo, non ci sarebbe la corrente respinta dall’elica.
Le eliche a passo fisso sono quelle a cui non può essere cambiato il passo. In questo caso le pale sono fissate al mozzo e non è possibile agire sul loro orientamento. In pratica, per invertire il senso di moto della nave, dobbiamo disaccoppiare l’asse dal motore, fermare quest’ultimo, riavviarlo al contrario e riaccoppiare l’asse. Non intendendo addentrarmi ulteriormente nella teoria, possiamo dire che questo sistema ha, rispetto all’elica a passo variabile, alcuni difetti e alcuni pregi, tra i primi possiamo citare: a) essendo l’elica legata agli avviamenti del motore, c’è sempre la possibilità che questi falliscano; b) quando si perde il governo è necessario intervenire con un nuovo avviamento; c) alcune navi sono dotate di un “Molto Adagio” piuttosto potente e, quindi, difficile da controllare quando servono piccoli spostamenti della nave o quando si vuole utilizzare lo spring, per esempio in partenza, per allargare la poppa dalla banchina. Per quanto riguarda invece i difetti: a) quando si ferma la macchina, l’elica non gira, eliminando così un grande pericolo per i cavi in acqua che altrimenti potrebbero venire risucchiati e per l’incolumità degli ormeggiatori che operano con la barca nei pressi della poppa; b) a marcia indietro è più efficace rispetto al passo variabile; c) ad ogni avviamento sviluppa subito una buona potenza.
- Quando possiamo cambiare l’orientamento delle pale per mezzo di servomeccanismi, abbiamo le eliche a passo variabile.
- In altre parole, le pale delle eliche possono essere ruotate attorno al loro asse longitudinale modificandone il passo. Quindi, per variare la velocità, o per invertire il moto, è sufficiente cambiare l’orientamento delle pale rispetto al mozzo. Vantaggi: a) non avremo avviamenti del motore per l’inversione di marcia; b) potremo regolare la velocità facilmente (caratteristica particolarmente utile in manovra). Svantaggi: a) essendo l’elica sempre in movimento, il rischio che i cavi vengano risucchiati durante la manovra è elevato; b) l’effetto dovuto alla rotazione delle pale è solitamente accentuato; c) se si diminuisce troppo velocemente il passo si tende a perdere il governo; d) si riscontra una certa difficoltà a trovare il “passozero”, ovvero a individuare la posizione del passo esattamente neutra;
- e) la resa a marcia indietro è inferiore a quella offerta dal sistema a passo fisso.
Bene! Adesso vediamo, con un esempio, come dobbiamo trasferire queste importanti nozioni teoriche all’interno di una situazione pratica.
Immaginiamo di essere sul ponte di comando di una nave lunga cento metri, con un pescaggio di otto metri, elica a passo variabile con effetto destrorso, senza thrusters, assenza di vento e di corrente, ormeggio finale con la dritta in banchina.
Quali valutazioni devo fare, basandomi sulle mie conoscenze teoriche?
- una nave di queste dimensioni, in condizioni di tempo buono, solitamente si manovra senza l’ausilio di rimorchiatori;
- otto metri di pescaggio sono tanti: questo vuol dire “nave pesante” che, generalmente, conserva per molto tempo il suo movimento inerziale;
- elica a passo variabile con effetto destrorso: cosa ci fa pensare questa informazione in questa situazione? Innanzitutto che dobbiamo prestare particolare attenzione all’abbrivo, perché le eliche a passo variabile non esprimono la stessa potenza a marcia indietro delle eliche a passo fisso. È quindi una manovra che, nella fase finale, va impostata a una velocità minima di governo. Dobbiamo, inoltre, regolare la diminuzione di velocità per tempo, perché una variazione del passo troppo repentina mi farebbe perdere il governo.
- effetto destrorso e fianco di dritta in banchina: situazione molto delicata! Nella fase finale, quasi certamente, dovremo usare la macchina per fermare in posizione questa nave che – non dimentichiamolo – è molto pesante e difficile da controllare. Per riuscire ad arrestare la nave dovremo usare una generosa potenza di macchina che genererà un importante effetto destrorso. In poche parole, la prua della nave accosterà in maniera decisa verso la banchina e lo farà con un abbrivo residuo;
- uso dell’ancora: tutti i pericoli/problemi sopraesposti portano a cercare una soluzione che, escludendo l’uso del rimorchiatore, ci permetta di gestire la manovra in sicurezza. L’uso dell’ancora di sinistra a dragare può risolvere i nostri problemi.
Quali sarebbero state le differenze più importanti se la nave in questione fosse stata dotata di elica a passo fisso?
In questo esempio è tutto teso a massimizzare gli effetti: nave pesante, senza bow thruster e lato di ormeggio non favorevole all’effetto dell’elica. Premesso che in tutte e due le condizioni conviene mantenere una cauta velocità di sicurezza, avremo che con il passo fisso potremo permetterci una certa velocità per poi fermare la macchina contando di mantenere (generalmente) un buon governo. Correggeremo eventuali abbattute con il timone e opportuni “colpetti” di macchina. Con il passo variabile dovremo programmare per tempo la diminuzione della velocità perché, in caso contrario, per non perdere il governo arriveremmo troppo veloci a destinazione con una nave che diventerebbe difficile da manovrare e da fermare.
Dovremo avere l’accortezza di arrivare vicino all’ormeggio con il minimo avanti per mantenere la direzione e con l’ancora di sinistra a dragare per evitare l’inevitabile caduta della prora in banchina nel momento in cui daremo indietro la macchina.
Ci fermiamo qui.
Ovviamente questo articolo è volontariamente sintetico e poco approfondito. Sicuramente lo affronteremo nuovamente attaccandolo su aspetti differenti.
Rapallo, Martedì 11 Febbraio 2020