CONSIGLI PER IL CONCORSO DA PILOTA DEL PORTO

di JOHN GATTI

 


 

In tanti mi hanno chiesto consigli per affrontare nella maniera migliore l’esame per diventare Pilota del Porto e, in questo articolo, vi scrivo quello che penso.

Innanzitutto, tengo a sottolineare il fatto che Pilota si diventa dopo aver vinto un concorso e aver passato un anno da allievo a imparare sul campo; è quindi assurdo pretendere dagli esaminati conoscenze che potranno maturare solo con l’esperienza diretta.

Partendo da questo punto, arriviamo ai due principali scopi dell’esame:

  • Il primo, e più palese, è quello di verificare il livello di preparazione teorico per le diverse materie previste dal programma.

Come vi ho già detto, nessuno si aspetta che l’esaminato abbia già le conoscenze e l’esperienza di un Pilota effettivo, ma deve sicuramente avere le fondamenta – giuridiche, linguistiche e di manovra – su cui costruire l’impianto tecnico e pratico che poi applicherà durante il lavoro.

È quindi importante studiare bene gli articoli del Codice della Navigazione che si riferiscono al pilotaggio e, per fare questo, è sicuramente utile giocare d’anticipo cominciando a memorizzarli parecchio tempo prima dell’esame.

Con l’inglese le cose si complicano… È una materia che, purtroppo, ha bisogno di tempo e costanza per essere digerita bene.

Personalmente ho provato in tanti modi a migliorare il mio livello: ho studiato cercando di progredire guardando film in lingua originale, leggendo libri in inglese, dialogando più volte alla settimana con professori madrelingua. Ho seguito anche corsi online per molto tempo ma, a essere sincero, il rapporto sforzo/risultato non mi ha mai soddisfatto.

Se uno vuole dare una vera svolta alla conoscenza di questa materia, il modo più efficace è quello di andare direttamente in Inghilterra per un paio di mesi, trovare alloggio presso una famiglia, iscriversi a una scuola e vivere l’esperienza in completa immersione, scordandosi l’italiano e gli italiani. Certo, capisco che organizzare questa avventura nel periodo estivo tra un anno e l’altro di scuola è senz’altro più semplice (non ci sono problemi di lavoro, famiglia, corsi obbligatori da fare) ma in ogni caso, decidere di affrontare di petto lo scoglio dell’inglese nella maniera più efficace, garantisce sicuramente il risultato ed elimina un problema ricorrente nella vita.

Dal punto di vista pratico, basta andare su internet per trovare agenzie che si occupano dell’organizzazione di ogni singolo aspetto. Il sistema ha un costo e richiede sacrifici, ma sicuramente funziona.


La preparazione all’esame di manovra merita qualche riflessione e, in questo caso più che mai, può essere utile cercare di entrare nei panni di chi sta dall’altra parte del tavolo:

Sarete esaminati da due Capi Pilota, uno della corporazione di cui volete fare parte e l’altro di un altro porto; persone che avranno sicuramente migliaia di manovre alle spalle. Questo significa principalmente due cose: primo, che il loro esame sarà “inquinato” da una visione molto pratica; secondo, che la parte teorica, da voi studiata, verrà filtrata e modificata spontaneamente da chi è abituato a mescolarla con l’esperienza diretta. Questo vuol dire che – probabilmente – non sarà un esame puro di teoria della manovra, almeno non completamente.

Entro nello specifico.

Ogni porto ha le sue peculiarità: spazi più o meno ristretti, vento, corrente, nebbia; non tutti i rimorchiatori hanno le stesse caratteristiche o lavorano allo stesso modo; la scuola di pilotaggio di ogni porto è differente, come pure il linguaggio che viene usato.

Quindi, il consiglio che vi dò, è quello di studiare il porto per cui sosterrete l’esame: la sua orografia, le sue caratteristiche, la tipologia di navi che lo frequentano, i venti dominanti. Se ci sono canali dovete scoprire le insidie che nascondono, il linguaggio usato nelle manovre, e così via. Questo per condire le risposte alle domande con elementi famigliari agli esaminatori e per cercare di prevedere quali saranno gli argomenti su cui batteranno di più.

È ovvio che prima di tutto dovrete avere una buona base di teoria della manovra, per cui armatevi di buona volontà, raccogliete un po’ di testi e studiatela bene.


  • Il secondo scopo dell’esame, che è anche il più importante, è quello di capire se avete le caratteristiche giuste per svolgere questo mestiere e per collaborare all’interno di un sistema dove il singolo ha un peso notevole.

Avrete un lasso di tempo a vostra disposizione per convincere gli esaminatori che siete preparati, sicuri di voi ma umili, rispettosi ma di carattere, educati e brillanti.

Non è una cosa semplice, e questo a prescindere dalle vostre vere qualità: perché avrete diverse persone davanti a voi che vi faranno delle domande e molta gente alle vostre spalle che ascolterà quello che direte.

È una situazione a cui pochi sono abituati e riuscire a vendersi al massimo del proprio potenziale senza cadere nella soggezione e senza subire le insidie portate dallo stress, non è da tutti, anzi, a dire il vero è proprio da pochi e saranno proprio quei pochi che faranno colpo sulla commissione.

Dovrete vendervi bene!

Questo è il segreto.

E, secondo la mia esperienza, uno dei modi più efficaci per imparare a farlo, è dato dalla frequentazione di un corso specifico di public speaking.

Cercate su internet quello recensito meglio; durano in media quattro giorni, durante i quali vi verranno insegnati i fondamentali sul verbale e il paraverbale, sulle tecniche di gestione dello stato emotivo, sulle cose da fare e su quelle che vanno assolutamente evitate.

Al termine del corso avrete un’arma in più che vi aiuterà ad alzare il valore percepito della vostra persona.

Ovviamente, come ho già accennato, una buona conoscenza della teoria della manovra è imprescindibile: àncora, sistemi di propulsione, di governo, utilizzo dei rimorchiatori, effetti e conseguenze, sono solo alcuni degli argomenti che dovrete approfondire molto bene anche se, per alzare il vostro livello, sarà di aiuto incrociare le conoscenze teoriche acquisite confrontandole con l’esperienza maturata da qualche professionista.

Aiuta sicuramente la visione e lo studio dei video di manovra e degli articoli proposti sul sito www.standbyengine.com

Inizialmente era mia intenzione chiudere l’articolo con queste osservazioni ma, volendo essere sincero fino in fondo, ho deciso di aggiungere ancora una considerazione non proprio “banale”.

Entrare a far parte del Corpo Piloti di un Porto, è paragonabile a sottoscrivere un “contratto di matrimonio”.

Una volta entrati si diventa soci, e questo stato dura per decine di anni.

È evidente che la scelta deve essere attentamente valutata, soprattutto sotto il profilo caratteriale.

Mettetevi nei panni dell’esaminatore, voi cosa fareste?

Tutto sommato l’ambiente dei marittimi è “piccolo” e, pertanto, un paio di telefonate a qualche Capitano d’Armamento, a qualche Comandante e a Piloti di altre corporazioni, aiutano a delineare i profili dei candidati, almeno inizialmente.

Il passaggio successivo prevede un giro sui social e sul web. Già, proprio così: oggigiorno il curriculum vitae è superato. FacebookInstagramLinkedin, ma anche eventuali siti web o ricerche su Google, contribuiscono a tracciare i contorni degli aspiranti. Curate maniacalmente anche questi aspetti e ricordatevi che la reputazione lavora per voi ventiquattr’ore su ventiquattro, come ho già scritto in questo articolo.

In genere i concorsi sono per pochissimi posti, contesi, il più delle volte, da molti candidati di altissimo livello.

Conta la preparazione, hanno un peso determinante le qualità soggettive, il peso specifico della carriera conquistata sul mare, ma anche la determinazione e un pizzico di fortuna.

Ne vale la pena? Leggete la risposta in questo articolo.

Ovviamente gli esami non sono tutti uguali, ci sono infatti anche commissioni molto tradizionali ma, in linea di massima, penso che questi suggerimenti saranno utili a molti di voi.



di JOHN GATTI


Rapallo, 20 Settembre 2019