SAN FRANCESCO DA PAOLA

Paola, Cosenza, 27 marzo 1416 – Plessis-les-Tours, Francia, 2 aprile 1507

Nel 1943 papa Pio XII, in memoria della traversata dello Stretto, lo nominò

Protettore della Gente di Mare

 

La sua vita fu avvolta in un’aura di soprannaturale dalla nascita alla morte. Nacque a Paola (Cosenza) nel 1416 da genitori in età avanzata devoti di san Francesco, che proprio all’intercessione del santo di Assisi attribuirono la nascita del loro bambino. Di qui il nome e la decisione di indirizzarlo alla vita religiosa nell’ordine francescano. Dopo un anno di prova, tuttavia, il giovane lasciò il convento e proseguì la sua ricerca vocazionale con viaggi e pellegrinaggi. Scelse infine la vita eremitica e si ritirò a Paola in un territorio di proprietà della famiglia. Qui si dedicò alla contemplazione e alle mortificazioni corporali, suscitando stupore e ammirazione tra i concittadini. Ben presto iniziarono ad affluire al suo eremo molte persone desiderose di porsi sotto la sua guida spirituale. Seguirono la fondazione di numerosi eremi e la nascita della congregazione eremitica paolana detta anche Ordine dei Minimi. La sua approvazione fu agevolata dalla grande fama di taumaturgo di Francesco che operava prodigi a favore di tutti, in particolare dei poveri e degli oppressi. Lo stupore per i miracoli giunse fino in Francia, alla corte di Luigi XI, allora infermo. Il re chiese al papa Sisto IV di far arrivare l’eremita paolano al suo capezzale. L’obbedienza prestata dal solitario costretto ad abbandonare l’eremo per trasferirsi a corte fu gravosa ma feconda. Luigi XI non ottenne la guarigione, Francesco fu tuttavia ben voluto ed avviò un periodo di rapporti favorevoli tra il papato e la corte francese. Nei 25 anni che restò in Francia egli rimase un uomo di Dio, un riformatore della vita religiosa. Morì nei pressi di Tours il 2 aprile 1507.

Patronato: Calabria, Naviganti, pescatori.

 

Etimologia: Francesco = libero, dall’antico tedesco

 

Martirologio Romano: San Francesco da Paola, eremita: fondò l’Ordine dei Minimi in Calabria, prescrivendo ai suoi discepoli di vivere di elemosine, senza possedere nulla di proprio né mai toccare denaro, e di mangiare sempre soltanto cibi quaresimali; chiamato in Francia dal re Luigi XI, gli fu vicino nel momento della morte; morì a Plessy presso Tours, celebre per la sua austerità di vita.

Il MIRACOLO PIU’ IMPORTANTE DI

S. FRANCESCO DA PAOLA

San Francesco da Paola – CHARITAS

 

E’ il prodigio tanto famoso del passaggio dello stretto di Messina: prodigio, che, senza dubbio, non si riscontra se non raramente nella vita dei santi. Il nostro Taumaturgo meglio dell’apostolo Pietro, il quale per andare sulle acque incontro al Divino Maestro, dovette essere da lui sorretto, ci si presenta nel secolo XV quale figura dello stesso Cristo, quando incedeva sereno e maestoso sulle onde del lago di Tiberiade.  Lo stretto di Messina divide le sponde calabresi da quelle siciliane, discoste non più di sei chilometri, e nel tratto di minor distanza poco più di tre chilometri. Il servo di Dio era giunto con i suoi compagni a Catona, villaggio nella provincia di Reggio, a cinque chilometri da Villa San Giovanni, che sorge dirimpetto al faro di Messina, ed è il punto più prossimo per l’imbarco dal continente alla Sicilia. In quella spiaggia s’apriva un piccolo porto, dal quale partivano ogni giorno barche da trasporto e, Francesco sperava che lui ed i suoi frati, sebbene sprovvisti di denaro, per carità avrebbero trovato posto in qualcuna di esse. Difatti, come narrano i testi, appena giunto al porto, una barca carica di legname da costruzione era sul punto di far vela per Messina. Il sant’ Uomo si avvicinò al padrone, per nome Pietro Coloso e, dopo averlo salutato cortesemente, lo pregò, per amor di Gesù Cristo, ad accoglierlo nella barca con i due confratelli per la traversata dello stretto. – Volentieri, rispose seccamente il Coloso, purchè mi paghiate. – Ma noi, o buon fratello, ci siamo rivolti alla vostra carità, perché non abbiamo neppure un soldo. – E che importa a me? Replicò con malgarbo. – Se voi non avete denaro da pagarmi, io non ho barca per portarvi -. Questa brusca ripulsa non turbò l’Uomo di Dio, il quale visti fallire i mezzi umani, ricorse con maggior fiducia all’aiuto divino. Senza più insistere avvertì i compagni di attenderlo un momento, mentr’egli avanzandosi lungo la spiaggia quanto un tiro di pietra, si mise in ginocchio a pregare per pochi istanti Colui, che altra volta, attraverso le acque del Mar Rosso, aveva aperto al popolo sicuro passaggio. Il Signore ascolta la sua preghiera e gli ispira il da farsi. Francesco si alza, benedice il mare, e in quell’istante, quanti erano presenti – tra i quali i nove viandanti che l’avevano accompagnato – lo vedono distendere il suo mantello sulle onde , montarvi sopra risolutamente, e tenendone stretto un lembo alla estremità superiore del suo bastone, come a servirsene di vela, procedere rapido e sicuro (solo o accompagnato?) verso le coste siciliane. All’insolito spettacolo gli astanti prorompono in grida di ammirazione e di gioia, mentre il nostromo Coloso, non so se più attonito che confuso, per riparare in qualche modo al malfatto, si affretta a prendere sulla barca uno o tutti e due i frati rimasti sulla riva; chiama indarno il prodigioso navigante e parte… Ma è vano ogni suo sforzo per raggiungerlo! Il santo Taumaturgo, senza voltarsi mai indietro, tira diritto verso l’altra spiaggia. E già era vicino a toccare terra, quando s’avvide che anche dal porto di Messina molta gente l’aveva scorto! Fu perciò che, a schivare le loro acclamazioni, piegando un poco verso destra, andò ad approdare in un punto alquanto discosto e solitario. Questo sostanzialmente il prodigio tanto celebrato del passaggio dello stretto di Messina, che avvenne nella piena luce del giorno, sotto gli occhi di numerosi spettatori: prodigio che non ci è trasmesso soltanto dalla tradizione, ma ci viene attestato da deposizioni giurate nei processi. … Vogliono alcuni scrittori che il Santo abbia preso terra a Messina, in quel punto della Spiaggia detta del Santo Sepolcro, dove nel 1503 fu edificato il nostro convento; o poco lungi, dov’è la chiesa della Madonna della Grotta; altri invece, e tra essi il Lanovio, che sia approdato direttamente a Milazzo, e infine gli Atti municipali di Milazzo, notano espressamente che egli “passò il faro ed approdò sotto il Casale del Gesso”. Ma la maggioranza dei biografi che l’attestano, sia il fatto stesso che il Servo di Dio si spinse fino a Catona, donde ordinariamente le barche non fanno viaggio che per Messina, rendono insostenibile l’opinione di quei pochi, che lo fanno sbarcare presso Milazzo.  …. Parimenti nelle lezioni storiche del Breviario romano si legge che il Santo traversò quel tratto di mare sul suo mantello, in compagnia di un altro frate. Così pure nel citato documento dell’archivio municipale di Milazzo, vien detto ugualmente “ch’egli distese il suo mantello su l’acque assieme col p. Francesco Majorano, religioso milazzese, passò il Faro, ecc.“  Ricorderò i belli epigrammi con cui il Frugoni ha illustrato questo portentoso avvenimento:

 

Già sei anni dopo papa Leone X nel 1513, lo proclamò beato e nel 1519 lo canonizzò; la sua tomba diventò meta di pellegrinaggi, finché nel 1562 fu profanata dagli Ugonotti che bruciarono il corpo; rimasero solo le ceneri e qualche pezzo d’osso.
Queste reliquie subirono oltraggi anche durante la Rivoluzione Francese; nel 1803 fu ripristinato il culto. Dopo altre ripartizioni in varie chiese e conventi, esse furono riunite e dal 1935 e 1955 si trovano nel Santuario di Paola; dopo quasi cinque secoli il santo eremita ritornò nella sua Calabria di cui è patrono, come lo è di Paola e Cosenza.

 

Quasi subito dopo la sua canonizzazione, furono erette in suo onore basiliche reali a Parigi, Torino, Palermo e Napoli e il suo culto si diffuse rapidamente nell’Italia Meridionale, ne è testimonianza l’afflusso continuo di pellegrini al suo Santuario, eretto fra i monti della costa calabra che sovrastano Paola, sui primi angusti e suggestivi ambienti in cui visse e dove si sviluppò il suo Ordine dei ‘Minimi’.

 

 

San Francesco da Paola Santuario dei marinai (Genova). Il Santuario di San Francesco da Paola, posto nella zona Principe, sovrastante il porto, con vista a mare, retto dai Padri Minimi di S. Francesco da Paola, è stato annoverato tra i Santuari dopo che Papa Pio XII ha proclamato S. Francesco “Patrono della gente di Mare”, il 27 marzo 1943. Il Santo Paolano, grande taumaturgo, ha soccorso i suoi fedeli con grazie e miracoli nel corso dei 600 anni della sua azione nella Chiesa. Lo testimoniano numerosi “ex voto” esposti nell’atrio d’ingresso della Basilica. Una targa di bronzo che lo raffigura nell’attraversamento dello stretto di Messina viene posta sul ponte di comando delle navi. “La campana del mare” suona ogni sera in memoria dei defunti in mare. La festa del Santo con processione nel porto si celebra la prima settimana di maggio: la cerimonia prevede il lancio in mare della corona in memoria dei caduti.

 

Tradizionalmente, fissata sul ponte di comando di molte navi italiane (circa cinquecento di oltre 100 società marittime), viene posta una targa di bronzo, ideata e progettata a Genova da p. Nicolini e dal cap. P. Castello, per le navi e le Società Armatoriali, per onorare San Francesco di Paola, patrono della gente di mare.

 

Sempre a Genova la Campana del mare, voluta da p. Giacomo Tagliaferro, con i suoi rintocchi, ogni giorno ricorda ai vivi gli eroi vivi e morti del mare.

 

I genovesi usavano chiamare i frati minimi “i religiosi del principe di Oria”, perché alla costruzione del convento di Genova Caldetto contribuirono benefici patrizi e cittadini tra i quali gli antichi biografi hanno annoverato, come uno dei più insigni per devozione e generosità, il principe d’Oria.

 

 

CARLO GATTI

Rapallo, 13 Giugno 2015