PREMESSA:

Ogni pietra di Camogli ci racconta una pagina della sua luminosa storia, grazie soprattutto alla sua gente che oggi, pur distratta dalla modernità, riesce a mantenere viva la sua antica tradizione marinara scolpita di ricordi legati ai suoi celebri Comandanti di velieri ed ai suoi valentissimi Armatori.

Sul nostro sito: MARE NOSTRUM RAPALLO abbiamo raccolto nel tempo tante pagine della sua gloria indiscussa, ma quella che  oggi vi proponiamo fotografa l’apice raggiunto dalla potenza marittima di Camogli durante la Guerra di Crimea. Il conflitto fu combattuto, dal 4 ottobre 1853 al 1º febbraio 1856, fra l’Impero russo da un lato e un’alleanza composta da: Impero ottomano, Francia, Gran Bretagna e Regno di Sardegna dall’altro. La guerra ebbe origine da una disputa fra Russia e Francia sul controllo dei luoghi santi della cristianità in territorio ottomano.

Vi lascio ora alla dotta esposizione dell’avv. G. B. Roberto Figari, rappresentante della Società Capitani & Macchinisti Navali, al convegno “Il contributo dei liguri all’unità d’Italia” promosso dalla Consulta Ligure e tenutosi nella fortezza del Priamar a Savona lo scorso 19 giugno 2011.

Carlo Gatti

LA MARINERIA DI CAMOGLI DALLA GUERRA DI CRIMEA ALL’UNITA’ D’ITALIA



La vicenda plurisecolare della marineria mercantile di Camogli – come del resto quella della marineria di ogni paese – si interseca fisiologicamente nel suo sviluppo con momenti di tensione politica, con crisi congiunturali e talora con vere e proprie vicende belliche. 

Già ai tempi della spedizione d’Egitto del Buonaparte i camogliesi avevano messo a disposizione del Commissario del Governo di Francia numerose loro imbarcazioni per quell’impresa, che si risolse peraltro – almeno per alcuni di loro – come un vero disastro economico.  Ed ancora ai tempi della campagna d’Algeria di Carlo X i camogliesi – frequentatori abituali delle coste provenzali e buoni conoscitori di quelle nordafricane – non si erano tirati indietro, noleggiando al nuovo Governo francese molti bastimenti per il trasporto di materiali e di truppe, tanto che non mancò il caso di interi nuclei familiari trasferitisi definitivamente prima da Camogli a Marsiglia e poi da Marsiglia addirittura ad Algeri.  Si trattava di ghiotte occasioni di guadagno, colte con accortezza e tempismo dai camogliesi, i quali – avvezzi alla pratica del contrabbando fin dai tempi del blocco navale britannico – non si preoccupavano più di tanto di allinearsi con il proprio Governo, quanto di approfittare al meglio della congiuntura sul mercato internazionale dei noli. Non è questa la sede per soffermarci sulle origini di quel conflitto; basti ricordare che la contesa scoppiò tra Russia e Turchia e che Gran Bretagna e Francia, volendo tenere lo zar fuori dal Vicino Oriente, si allearono col sultano.
L’intervento sardo-piemontese fu poi un raffinato espediente di Cavour per inserire al meglio il piccolo regno nel gioco delle grandi potenze. Lo  stesso Cavour, durante la discussione alla Camera sulle convenzioni con l’Inghilterra  per l’intervento in Crimea, a chi gli faceva presente – per dissuaderlo  dall’entrare in guerra con la Russia – che i negozianti liguri avevano già  investito milioni per accaparrarsi il prossimo raccolto di grano russo,  rispose malizioso che “i capitani mercantili genovesi già da lungo tempo  hanno dichiarato la guerra alla Russia, poiché in gran numero hanno  noleggiato le loro navi alle potenze occidentali belligeranti e stanno da  più mesi nei porti del Mar Nero”. E se è vero che la partecipazione del regno di Sardegna alla guerra di Crimea pose utili premesse all’unificazione d’Italia, è ancor più vero che l’impegno degli armatori camogliesi nel supporto logistico a quella spedizione risultò determinante, così come lo stesso Cavour ebbe a riconoscere.  Alcuni capitani ed armatori camogliesi si fregiarono infatti – alla fine della guerra – di decorazioni inglesi e francesi, oltre che sabaude, ma il più bel riconoscimento lo ebbero forse proprio tutti insieme da Cavour che, rivolgendosi all’industriale senatore Bombrini, pare abbia detto: “Se i servizi per le truppe di Crimea sono andati così bene, il merito è di quei diavoli di camogliesi che hanno saputo donare al Piemonte una vera marina mercantile”.

Ma ne valse la pena, dal momento che certi noli, come quelli per il trasporto di munizioni, garantivano in un viaggio di andata e ritorno utili pari al totale valore del bastimento impiegato, con rendite del 65% sul capitale investito nelle carature.  Non furono infatti motivazioni patriottiche, o d’alta politica, a muovere i camogliesi, bensì l’esigenza di mettere comunque a profitto, al miglior profitto, la loro consolidata conoscenza delle rotte del Levante, l’esperienza secolare dei loro capitani, la versatilità d’uso e di manovra del loro naviglio.
In quegli anni Camogli aveva già raggiunto un notevole grado di prosperità, che venne consolidata dall’attuazione e dallo sviluppo di quell’importante iniziativa – inizialmente suggerita da un armatore della vicina Recco, ove peraltro l’idea non trovò seguito – che fu l’Associazione di mutua assicurazione marittima camogliese, fondata il 20 marzo 1853 e destinata ad operare fruttuosamente per oltre un trentennio. Riservata ai soli camogliesi, l’associazione, che nel 1855 assicurava ben centoquarantatre bastimenti, per più di ventitremila tonnellate complessive e per un valore totale di oltre tre milioni di lire, consentì per ben sette lustri un contenimento dei rischi reali d’esercizio dell’impresa marittima ed una maggiore disponibilità di capitale libero per gli armatori locali.

Si racconta che nel loro piccolo porto “si armava e si calafatava di giorno e di notte, …al chiarore… di due barili di pece, acceso uno sulla punta del molo e l’altro al centro della piazzetta della calata” per sfruttare al meglio il tempo disponibile. Gli armatori di Camogli trasportarono in Crimea di tutto: truppe, cavalli, ma soprattutto merci varie, munizioni, vettovaglie, artiglieria. Del resto gli inglesi avevano noleggiato solo delle grandi navi, il cui carico richiedeva molto più tempo che se la stessa quantità di materiale fosse distribuito su un maggior numero di bastimenti di minor   portata. 

Lo stesso Cavour aveva potuto rendersi conto dell’utilità del nostro naviglio, così come delle maggiori capacità ed operosità dei nostri   equipaggi rispetto a quelli britannici. La grande conoscenza delle rotte da parte dei capitani camogliesi consentiva poi che spesso un loro bastimento effettuasse l’andata e il ritorno nello stesso tempo in cui un altro bastimento effettuava la sola andata e la discarica. I loro viaggi venivano organizzati in convogli, squadre da dieci o quindici velieri, che si davano appuntamento all’inizio dell’Egeo e da lì proseguivano di conserva nell’arcipelago, infestato dai pirati, e quindi per gli stretti, dopo i quali era l’insidia delle navi russe. Astuzie, colpi di fortuna, sciagure e gesti di coraggio sono retaggio dei discendenti di quanti presero parte ai viaggi della Crimea, la cui memoria è stata in taluni casi perpetuata dagli scritti di Gio Bono Ferrari.
Dopo la discussa partecipazione alla guerra di Crimea, il generale sviluppo della marina mercantile del regno sardo-piemontese – il cui fulcro era nel porto di Genova – fu indubitabile. Ma a ben vedere la realtà economica che – durante e dopo quell’esperienza bellica – seppe conseguire i maggiori benefici fu proprio l’armamento mercantile di Camogli, che giunse all’unificazione nazionale con una flotta di tutto rispetto, dopo aver investito in nuove costruzioni buona parte dei profitti ottenuti proprio durante la campagna di Crimea, ponendo così le solide basi di quella che divenne la marina mercantile del regno d’Italia.

Avv. G.B. FIGARI

Rapallo, 21 Ottobre 2019