LA STORIA DEL CATTARO

IL CATTARO AUTOAFFONDATO L’8 SETTEMBRE A SANTA MARGHERITA NON ERA L’ EX DALMACIJA, MA L’INCROCIATORE AUSILIARIO EX JUGOSLAVIJA


L’Incrociatore ausiliario Cattaro – D36 é ormeggiato di punta a Santa Margherita Ligure. La nave appare staccata dalla banchina a causa del basso fondale.

(foto di Giuliano Gotuzzo, per gentile concessione della signora Nuccia Gotuzzo)

Una ricostruzione storica finalmente “attendibile” dell’autoaffondamento dell’Incrociatore Ausiliario CATTARO D-36, caduta nell’oblio per molti decenni, é stata possibile grazie al materiale fotografico e alle testimonianze messe a disposizione da Nuccia Gottuzzo, vedova di Giuliano Gotuzzo, appassionato di storia locale ed esperto fotografo, mancato nel 2007, e per la consulenza del Comitato scientifico di “STORIA MILITARE”. Tuttavia, per capire a fondo lo “strano” dilemma, diamo subito la parola a Giuliano Gotuzzo:

“Nel primo dopo guerra la marina cominciò la stampa di libri, sempre più precisi. In uno di questi fu fatto un elenco delle navi perdute, con cause e luogo della perdita. Nel 1943 un’altra nave Cattaro italiana, ma completamente diversa, era l’ex jugoslava Dalmacjia, ex incrociatore leggero tedesco Niobe, catturata dai tedeschi ed affondò nel 1943 in Adriatico. Ed io mi sentii in dovere di comunicare che a S. Margherita era affondata un’altra Cattaro.

La lettera che segue é dello Stato Maggiore della Marina, é datata 6 Agosto 1951, ed é la risposta all’istanza di chiarezza posta da Giuliano Gotuzzo. Purtroppo, da quanto si legge al punto n. 4 della stessa, si evince la totale disinformazione e conoscenza dei fatti.

“Su dei fogli trovati in mare c’e timbrato in modo chiaro R. Cannoniera Cattaro. Fui un po’ ingenuo: credevo che avrebbero capito che si trattava di un’altra nave. Mi risposero che loro conoscevano una sola Cattaro affondata in Adriatico e che più o meno dovevo aver preso un abbaglio. Sono passati tanti anni e, prima su una pubblicazione dell’Ufficio Storico risultarono le due Cattaro, elencate come giusto in due categorie diverse. In un numero recente della Rivista Marittima, organo dell’ufficio Storico, c’e un articolo che parla delle due Cattaro e mi rende giustizia. Ciò non vuol dire niente, mi basta sapere che anche il Cattaro che ho visto affondare è esistito e che non ho sognato. Non fu affatto un sogno, se mai un incubo. La nave inclinata in porto coperta dal mare, una grande nuvola nera la sovrastava e un certo momento si mescolò ad altra nuvola bianca. Stavano facendo scaricare il vapore dalle caldaie e fu un bene perchè a contatto del mare avrebbero potuto esplodere”.

 

(Documentazione di Giuliano Gotuzzo. Per gentile concessione della Signora  Nuccia Gotuzzo)

 

L’incrociatore ausiliario CATTARO si é autoaffondato nel porto di Santa Margherita Ligure per non cadere nelle mani dei tedeschi. In questa importante istantanea che certifica l’avvenimento, l’unità appare già abbandonata dall’equipaggio.

(Foto di Giuliano Gotuzzo. Per gentile concessione della signora Nuccia Gotuzzo)

 

Storia della Nave

 

Ordinata come piroscafo passeggeri con il nome di Hunyad dalla Società per Azioni Ungaro-Croata di Navigazione Marittima a Vapore (Magyar Horvát Tengeri Gőzhajózási RT, con sede a Fiume), la nave venne impostata nei cantieri fiumani Ganz &Comp. Danubius Maschinen, Waggon un Schiffbau A.G. (Fiume faceva all’epoca parte dell’Impero Austro-Ungarico) nel 1916, con numero di scafo 68, ma la costruzione venne sospesa a causa della Prima guerra mondiale.

Nel 1920 la nave, ancora incompleta, venne varata al solo scopo di liberare lo scalo. Nello stesso anno l’incompleto Hunyad (identificato solo come scafo numero 68, non avendo mai ricevuto il proprio nome) passò sotto bandiera jugoslava , ma rimase incompiuto ed inutilizzato per oltre un decennio, in quanto la compagnia proprietaria – divenuta frattanto, a seguito della dissoluzione dell’Impero Austro-Ungarico, Società per Azioni Croata di Navigazione Marittima a Vapore (Hrvatsko Dioničko Pomorsko Parobrodarsko Društvo) – non necessitava di piroscafi postali per il servizio costiero della Dalmazia.

All’inizio deglianni trenta, tuttavia, la situazione cambiò: stante la crescente popolarità deiviaggi di vacanza lungo le coste.adriatiche, la società di navigazione jugoslava Jadranska Plovidba Dioničko Parobrodarsko Društvo di Sussak (ovvero l’ex Società per Azioni Croata, che aveva nuovamente cambiato nome a seguito della nascita del Regno di Jugoslavia), attiva sulle rotte costiere dalmate, stipulò con i Cantieri del Quarnaro (Cantieri Danubius erano infatti divenuti Cantieri del Quarnaro a seguito dell’ annessione di Fiume all’Italia) un contratto per la ricostruzione e completamento dello scafo incompiuto dell’Hunyad.

 

Rinumerato come scafo numero 139, lo scafo incompleto venne quindi riportato in cantiere e tra il 1932 ed il 1933 i lavori ripresero: nel febbraio 1933 il piroscafo, ribattezzato Jugoslavija ed iscritto con matricola 9 presso il Compartimento marittimo di Spalato. Entrò in servizio sulle linee della Dalmazia.

Lo Jugoslavija, una volta completato, risultò essere un piccolo piroscafo per trasporto di merci e passeggeri da 1275 tonnellate di stazza lorda e 628 tonnellate di stazza netta. Grazie a due macchine a vapore  a quadruplice espansione ed a quattro cilindri prodotte dalla Harland & Wolff  di Belfast,  la nave poteva raggiungere la buona velocità  di 15,5 nodi.

Caratteristiche:

 

Incrociatore Ausiliario CATTARO D-36 ex Jugoslavia – ex Hunyad

 

Dislocamento: 1280 t. – Stazza lorda: 1275 tsl – Lunghezza: 78,50 (76,50) m. Larghezza: 10,45 (10,50) m. – Pescaggio: 4,11 m. – Propulsione: 2 macchine a vapore a quattro cilindri a quadruplice espansione Harland & Wolf – 2 eliche – Velocità: 15,5 nodi Tipo: Piroscafo passeggeri dal 1933 al 1942 – Incrociatore Ausiliario 1942 – 1943– Armatore: Jadranska Plovidba D.D. 1932 – 1934 – Requisito dalla Regia Marina 1942 – 1943Identificazione: D 36 (come unità militare) – Costruttori: Cantiere Danubius, Fiume del Quarnaro, Fiume (completamento). Impostata: 1916 – Varata: 1920 – Entrata in Servizio: Febbraio 1933 come nave civile, 13 marzo 1942 come unità militare. Destino finale: autoaffondato, poi catturato da truppe tedesche il 9 settembre 1943, affondato nel 1944, recuperato e demolito nel 1947. Armamento: 2 pezzi da 100/47 mm (??), 2 pezzi da 76/40, 4 mitragliere da 20/65, 2 scaricabombe di profondità (??)

 

RICERCHE-TESTIMONIANZE

 

Il Comitato scientifico della rivista “Storia Militare”, di cui fa parte lo storico Maurizio Brescia, ha dedicato insieme al suo Direttore, il comandante Erminio Bagnasco, un’approfondita ricerca sull’autoaffondamento del CATTARO nel porto di Santa Margherita Ligure. Come vedremo, la questione era  tutt’altro che chiara, dal momento che navi con quel nome ce ne furono due o forse altre, ognuna delle quali ebbe un epilogo non sempre chiaro a causa delle vicissitudini patite dalla nostra nazione a partire da quella fatidica data che fu l’8 settembre 1943.

 

Dal sito ufficiale della Marina Militare. Catturata, passata sotto bandiera italiana e ribattezzata Cattaro in seguito all’invasione italo-tedesca della Jugoslavia, l’8 gennaio 1942 la nave venne requisita a Fiume dalla Regia Marina ed iscritta nel ruolo del Naviglio ausiliario dello Stato come Incrociatore Ausiliario, con caratteristica D 36. Armata con due cannoni da 100/47 mm, uno da 76/40 mm, quattro mitragliere da 20/65 mm e due scaricabombe antisommergibile per bombe di profondità, l’unità venne destinata a compiti di scorta convogli. Le fonti sono piuttosto contraddittorie circa la sorte del Cattaro dopo l’Armistizio dell’8 settembre 1943. Secondo alcune fonti, il 9 settembre 1943, all’indomani dell’annuncio, l’incrociatore ausiliario si autoaffondò a Santa Margherita Ligure; recuperato dalle truppe tedesche,  venne da queste nuovamente autoaffondato il 22 marzo 1944, per ostruire l’ingresso delporto di Livorno. Il 14 giugno 1944 (ma più probabilmente il 13, quando la città venne effettivamente bombardata da aerei della 12th USAAF con obiettivo il porto.

 

Bombardamenti aerei sulle città italiane nel 1944. Durante un bombardamento aereo su Livorno, il relitto venne colpito ed ulteriormente danneggiato per altra fonte i tedeschi recuperarono la nave e si prepararono ad autoaffondarla il 29 marzo 1944, ma l’unità venne in realtà affondata da un bombardamento aereo il 14 giugno 1944.. Riportato a galla nel 1945, il relitto venne nuovamente ribattezzato Jugoslavija e formalmente restituito alla Jugoslavia: giudicato tuttavia troppo danneggiato per una sua riparazione, venne rimorchiato  a Spalato nel 1947 e quindi demolito. Per altre fonti, il 9 settembre 1943

 

Navypedia, in seguito alla proclamazione dell’armistizio, il Cattaro venne catturato dalle truppe tedesche, e nel febbraio 1944 si trovava in efficienza ed impiegato nei collegamenti con la Dalmazia, ma nel corso dello stesso anno venne gravemente danneggiato da aerei Alleati. Sempre secondo tali fonti, il Cattaro affondò nelle acque della città da cui aveva preso il proprio nome, CATTARO , successivamente al febbraio 1944, per cause non precisate.

 

Il dott. Maurizio Brescia così sintetizza la vicenda del CATTARO:

 

“Il mistero dei due Cattaro è stato risolto, le risultanze delle nostre ricerche sono le seguenti: partiamo dal fatto che, durante la Seconda guerra mondiale, la Regia Marina ha avuto in servizio due unità con il nome di Cattaro. La prima era la grossa cannoniera ex-jugoslava Dalmacija (già incrociatore tedesco Niobe della prima guerra mondiale), incorporata nella Regia Marina ad aprile del 1941 con il nome di Cattaro, dopo la caduta della Jugoslavia. Caduta in mano tedesca a Pola dopo l’8 settembre, andò perduta in Adriatico il 22 dicembre 1943, nel corso di un combattimento con motosiluranti inglesi. Questa unità NON è quella presente a Santa M.L. La seconda era il piccolo piroscafo passeggeri jugoslavo Jugoslavija (1.275 tsl, costruito nel 1933) anch’esso di preda bellica, immesso in servizio nell’estate del 1941 come incrociatore ausiliario D.36 Cattaro.

Ed eccoci allo “scoop”

 

L’Ufficio Storico della Marina (USMM), nel suo volume “Navi mercantili perdute” (gli incrociatori ausiliari erano considerati navi mercantili, ancorché requisite dalla Marina, ecco il perché di un nome già assegnato ad un’unità effettivamente militare [la cannoniera Cattaro]) riporta testualmente che “… Dopo l’8 settembre [l’incrociatore ausiliario Cattaro] rimase in territorio controllato dai tedeschi. Notizie non documentate lo davano, nel febbraio 1944, efficiente e adibito al traffico con la Dalmazia; altre, invece, lo davano per affondato nelle acque di Cattaro in epoca imprecisata, ma probabilmente dopo il febbraio 1944″.

 

Come si può notare, si tratta di notizie vaghe e imprecise, riprese peraltro anche in un articolo dello storico Tullio Marcon sugli incrociatori ausiliari italiani, pubblicato qualche anno fa su “Storia militare”.

 

Le due fotografie appartenenti all’archivio di Giuliano Gotuzzo raffigurano invece proprio l’incrociatore ausiliario Cattaro prima in galleggiamento e poi parzialmente affondato a Santa Margherita e NON in Adriatico. Tra l’altro, il Cattaro (incrociatore ausiliario) avrebbe potuto trasferirsi in Adriatico solo entro il giugno 1943, poi – una volta effettuati gli sbarchi alleati in Sicilia – le navi del Tirreno restavano nel Tirreno, e quelle dell’Adriatico in Adriatico…

 

Quindi, la fotografia – confermandosene la datazione attorno all’8 settembre 1943 (poco prima la foto con la nave in galleggiamento, poco dopo quella con la nave parzialmente affondata), dimostra che il Cattaro non fu perduto in Adriatico come riportato dal volume dell’USMM, ma venne autoaffondato nel Tigullio poco dopo l’8 settembre. Poiché, comunque, del relitto si persero le tracce nel dopoguerra, è più che verosimile che la nave sia stata demolita in Liguria prima della fine del conflitto o – più facilmente ancora – subito dopo. L’identificazione del Cattaro è certa, sulla base della corrispondenza tra le foto del G. Gotuzzo e alcune immagini facenti parte della collezione del com.te Bagnasco. Confermo – quindi – che la nave della foto è l’incrociatore ausiliario Cattaro (ex piroscafo Jugoslavija) e non la cannoniera Cattaro (ex-Dalmacija, ex-Niobe).

 

Ho esaminato attentamente la foto ad alta definizione del Cattaro e confermo che il pezzo di artiglieria visibile a poppa è un cannone da 76/23 mod. Armstrong 1914; la mitragliera sul cielo della tuga più verso proravia, installata nella piazzola circolare, è una Breda 8 mm mod. 1937. La colorazione mimetica della nave è quella “standard” su due toni di grigio chiaro e scuro, adottata già nel 1942; lo schema del lato dritto è il cosiddetto “2B” per navi mercantili.

 

Relativamente all’armamento, il sito ufficiale della MM riporta il seguente:

 

2 cannoni da 100/47 mm

 

1 cannone da 76/40 mm

 

4 mtg da 20/65 mm

 

2 scaricabombe

 

Tuttavia, i dati sono sbagliati: il pezzo poppiero è un 76/23 (esisteva il 76/30, ma il 76/40 per impiego navale non esiste…) e due cannoni da 100 mm (per forza di cose installati a prora) mi sembrano troppi per una nave così piccola… Ritorneremo sull’argomento “Armamento” in un secondo tempo, dopo aver consultato presso l’Ufficio Storico della MM a Roma il faldone relativo alla trasformazione del Cattaro in incrociatore ausiliario. I dati soprariportati vanno verificati.

 

Una doverosa precisazione:

 

IL CATTARO presente a Santa Margherita Ligure non era una “nave civetta”. Nessuna nave italiana fu impiegata durante la Seconda guerra mondiale come “nave civetta”: in questa categoria vanno ricomprese soprattutto piccole unità britanniche definite “Q-ships” che – particolarmente tra il 1914 e il 1918 – erano attrezzate per apparire innocui pescherecci ma che, dotate di cannoni celati da paratie abbattibili, conseguirono alcuni successi affondando alcuni sommergibili tedeschi che le attaccavano in superficie per affondarle a cannonate (le piccole dimensioni di queste unità non giustificavano l’uso di costosi siluri). Durante la seconda guerra mondiale non furono utilizzate “navi civetta” da pressoché nessuna marina belligerante. Un discorso a parte merita l’impiego degli incrociatori corsari della Kriegsmarine, ma qui si trattava di grosse unità adattate per il contrasto alla navigazione mercantile d’altura avversaria, ed è tutta un’altra storia. Tra il 1941 e il 1943, l’incrociatore ausiliario Cattaro – in ragione delle ridotte dimensioni – fu utilizzato soprattutto per la vigilanza foranea e la scorta a piccoli convogli in acque nazionali.”

Una testimonianza significativa

Un giovane testimone di allora, all’epoca diciassettenne, così ricorda il Cattaro:

 

L’imbarcazione Cattaro era apparentemente civile, ma era armata. Ricordo un pezzo unico a poppa, neanche tanto mascherato. Un cannone navale (non pareva prolungato 90), poco più di 40 mm, come erano a terra le mitragliere. Non ricordo se avesse una base circolare da brandeggio. L’unità era un ibrido, tanto che l’avevamo definito “nave civetta”, ma  era palesemente difensiva, per quello che poteva. Pareva non antiarea. Credo che l’equipaggio fosse militarizzato, non marinai effettivi della Regia Marina. O forse sì. Non lo so. Chiederò ai pochi vecchissimi. Amnesici come me. Un giorno un aereo vagante ‘esploratore inglese’ passava a media altezza, e  dal molo le bettoline lo bersagliarono. Si allontanò verso il largo, poi tornò silenzioso dal monte, provò la mitragliera contro di me  e un mio compagno di classe, e mitragliò il molo ben bene e se ne andò.


 

Il Cattaro, come mostra questa immagine, ha raggiunto il massimo sbandamento e si é adagiato sul fondo. E’ sparito lo scafo mimetizzato ed emergono solo le soprastrutture e le armi rese ormai inoffensive.

 

(Foto di Giuliano Gotuzzo. Per gentile concessione della signora Nuccia Gotuzzo)

 

Il Cattaro era fuori gioco, inclinato, per me di più di quanto non sia nella fotografia. Da lei non venne reazione.

 

Però, vedersi arrivare i colpi vicini, uno a destra e due a sinistra sul muretto, e udire il rumore della mitraglia é un fatto che si ricorda…. Ma avevo diciassette anni e tutto era esperienza.

 

Penso che il ‘fondo fotografico’ Gotuzzo non abbia perso l’occasione di documentare quell’argomento. Il mite, silenzioso Gotuzzo da ragazzo usciva in barca a fotografare TUTTE le navi che capitavano in rada, insieme al suo coetaneo Pettinati. Sopratutto navi militari.

 

Il Cattaro era, come si può vedere, una carretta o anche meno. Nel 1943 il Cattaro era lì, attraccato al molo sotto la casa grande, tranquilla.

Tra ragazzi si diceva: “é una nave civetta”. Era lì, marrone e nera, tranquilla. Sembrava una vecchia carretta a vapore.

 

L’8 settembre, alle sette di sera ricordo due marinai, di corsa, in via Favale, con una macchina da scrivere da dare a chi la volesse, a nostra meraviglia, perchè? Forse in cambio di vestiti civili, avevano premura, erano pressati. Il Cattaro si era autoaffondato, loro si disperdevano.

 

Si diceva che uno, Ciro Roggero, si fermasse dalla stiratrice, la Lea, che poi sposò. Alle otto di sera, dal poggiolo alto di casa, ho visto in fondo di via Favale, sulla strada del porto, passare due tedeschi accucciati col fucile imbracciato, erano diretti a Portofino. L’indomani sul muro c’era il manifesto della “Kommandantur” che imponeva il coprifuoco, il divieto di assembramento e la consegna delle armi tenute in casa. Mettemmo di notte la pistola di ordinanza di papà in un  muro della strada e la ricuperammo a guerra finita.

 

Poco dopo, in inverno, per prendere l’acqua di mare pulitissima per fare il sale in casa, uscivo con un fiasco spagliato sotto il cappotto pesante e andavo nel porto, davanti  al Cattaro inclinato, vuoto come il molo e le strade, con le alghe sulla chiglia. Restò lì fino a fine guerra.

 

Nel porto riparavano le bettoline dei tedeschi che  nottetempo, con i ponti stradali e ferroviari bombardati e distrutti, trasportavano materiale via mare. Nel silenzio del buio della notte si sentiva pot pot pot … e s’immaginava la processione di bettoline in fila. Per questo passava l’aereo isolato, l’ubiquitario Pippeto, che lanciava nel cielo un bengala. Quando poi il porto fu pieno di corvette inglesi (tra cui la H.M.S. Circe , sfidata e  battuta dalla Waterpolo Paraggi 5 a 2 il 26 luglio 1945) il Cattaro sembrava una cosa melanconica, ingombrante ed inutile.

 

Un giorno non fu più lì. Scomparve. I giorni di guerra andavano via.

 

Per me la nave si autoaffondò la sera dell’8 settembre, verso le sei-sette di sera.

 

Di effetto personale le barche a vela lì vicine, perchè fino a quel giorno avevamo fatto l’estate balneare normale e  noi ragazzi  vivevamo una vita di paese usuale, nei limiti degli episodi bellici, localmente rari. I passaggi di aerei alti prendevano come punto di riferimento il Monte di Portofino per poi divergere per andare a bombardare Torino, Milano  o Verona. Da Genova si sentivano le esplosioni. San Benigno fece un rumore enorme. Tutto passa.”

Altri CETI provenienti dalla calata di Santa: “Tutti sapevano che la CATTARO era stata una nave passeggeri, ma la gente non cercava le porcellane, i servizi di posate, bicchieri e piatti, ma piuttosto ciò che era rimasto in cambusa.  E tra gli anziani pescatori qualcuno ricorda ancora che nottetempo la nave veniva ‘visitata’ dai pescatori che cercavano di recuperare le attrezzature che gli servivano per lavorare: cavi, catene, maniglioni, grilli, redance, cime di ogni calibro…”

 

COME E’ NATO IL MIO SOGNO

di Giuliano Gotuzzo

 

Era estate del 1943. Tutto sembrava procedere come al solito. Giornate piene di sole, il mare tranquillo, i primi bagni, qualche giro con una piccola barca a remi.

 

L’incrociatore ausiliario CATTARO si trova alla fonda nel porto di  Santa Margherita Ligure. L’unità é sullo sfondo a sinistra. La sua posizione vista in sezione longitudinale,  ci consente di notare chiaramente sia la mimetizzazione che i due pezzi da 76 mm dislocati a prua e a poppa. Sulla destra, in primo piano, si vedono due Torpediniere (o avvisi scorta) ormeggiate di punta, entrambe appartenenti alla classe “Ciclone”. La nave a sinistra é della classe “Ciclone”. L’unità più a destra é l’Impavido. (la cui presenza nel Mar Ligure / Alto Tirreno per l’estate 1943 è ben documentata. La foto è molto scura e non ci consente di vedere lo schema mimetico, in base al quale sarebbe possibile identificare con maggior precisione la nave “di sinistra” e darle un nome. Si potrebbe datare la foto intorno al giugno/luglio 1943, anche perché da agosto in poi l’unità operò prima nella zona di Livorno e poi in quella di Salerno.

(Foto di Giuliano Gotuzzo. Per gentile concessione della signora Nuccia Gotuzzo)

 

Arrivarono alcune torpediniere e si ormeggiarono nel porto. Erano mimetizzate e quando entravano o uscivano i marinai, che erano su quelle barche, avevano sempre indosso dei salvagente rossi. Non erano i soliti salvagente che eravamo abituati a vedere, ma quasi casacche senza maniche. Noi ragazzi correvamo a vedere le navi quando uscivano o entravano e si ormeggiavano scostate dalla banchina, ma in posizione parallela ad essa. lo quasi per caso incominciai un piccolo traffico. Andavo con la barchetta nel punto dove la catena dell’ancora, che scendeva da prua, spariva nell’acqua. Abbarbicati alla catena scendevano un paio di marinai, che si stendevano dentro la barca per farsi notare il meno possibile. Io remando li portavo a prendere terra dall’altra parte del porto. Ricevevo in cambio tanti ringraziamenti e spesso una o due sigarette. A volte cercavo di rifiutarle, ma spesso finivo per accettarle, vista l’insistenza con cui mi venivano offerte. Ripensandoci ora provo quasi rimorso per averlo fatto, perchè capisco che si privavano di qualcosa allora molto preziosa. Non era ancora partita la campagna antifumo e quegli uomini correvano rischi ben maggiori di quelli che potevano venire dal fumo. Poi arrivò una certa data, l’8 settembre 1943, e a chi era sulle navi, ed anche a terra, parve una giornata di gran festa. Dicevano che era finita la guerra; si sentiva anche il suono di una fisarmonica. Ma la guerra purtroppo non era finita. Anzi stava iniziando il periodo peggiore, che coinvolgeva tutti, anche chi fino allora era rimasto a leggere i giornali o ad ascoltare i bollettini.

 

Nel suggestivo sfondo di Santa Margherita Ligure s’intravedono dei Leudi Rivani. In primo piano, due sommergibili tipo “H” (costruzione 1916-1918, su piani costr.ne inglesi). La terza unità non è facilmente identificabile, ma potrebbe essere un “X” (del 1918) oppure un “Micca” (“classe” costruita tra il 1919 e il 1921).

 

(Foto di Giuliano Gotuzzo. Per gentile concessione della signora Nuccia Gotuzzo)

 

La mattina del 9 le navi partirono e con esse anche la nave Cattaro, piccolo incrociatore ausiliario. La festa era già finita. Combinazione volle che l’incrociatore si mettesse in moto prima di aver recuperato del tutto l’ancora, che rimase impigliata negli ormeggi dei due panfili più grandi e più belli che di solito sostavano nel porto: il Quadrifoglio” e Annabella”. I due panfili ebbero gli ormeggi di poppa rovinati con danni anche a bordo. Erano ormeggiati alla banchina davanti alla pescheria. Poi tutte le navi presero il largo. Inaspettatamente dopo un po’ di tempo il Cattaro tornò indietro, si ormeggiò dove di solito si ormeggiavano le torpediniere. L’equipaggio cominciò ad abbandonare la nave, che si autoaffondò. Prima che, appoggiata sul fondo ed inclinata, si fermasse, fu presa d’assalto dagli abitanti del luogo. Ci fu qualcuno che, più fortunato, trovò del caffé i più si accontentarono di un materasso.

 

C’é da dire che la popolazione fornì a quei marinai dei vestiti civili e molti furono accolti nelle case e ospitati. Col tempo non pochi finirono per sposarsi con ragazze del luogo: alcuni vivono ancora tra noi e sono tutte persone che hanno saputo farsi una posizione: sono stimati e benvoluti.

 

Poi arrivarono i tedeschi che spararono dei colpi contro la nave, ma tutto si concluse in modo incruento. Poi la nave, dopo lunghe fatiche, fu recuperata e rimorchiata verso Genova. Non l’ho mai saputo con certezza, ma si sparse la voce che durante il rimorchio sia di nuovo affondata.

 

Io non partecipai all’assalto alla nave, perché i miei non mi lasciavano uscire, e giustamente. Rimasi in casa e da dietro i vetri, emozionato, vidi morire quella povera nave. Sarò troppo sensibile ma quello spettacolo mi rattristò molto. Mentre affondava dal suo interno uscivano sibili e rumori che almeno alle mie orecchie sono parsi lamenti e grida di aiuto. Nessuno era a bordo, ma le grida e i lamenti venivano dalla nave che improvvisamente mi parve essere un cosa viva che moriva e che cercava di respingere da se quel destino che ormai l’attendeva.

 

Era tornata indietro perchè le sue caldaie andavano a carbone e avrebbe dovuto fare rifornimento a La Spezia, che era gia stata occupata”.

 

NOTE STORICHE

 

Dallo storico Maurizio Brescia riceviamo la segnalazione del sito olandese che riportiamo integralmente per gli appassionati di storia,  nonché  la breve nota qui di seguito:

 

”Ci sono notizie sulla fine del Cattaro che quadrano con la sua presenza nel Tigullio all’atto dell’armistizio. Tra l’altro, tra le fonti è citato l’autorevole sito “Miramar”, un’autentica fonte primaria per le navi mercantili e i mercantili militarizzati”.

 

Riportiamo integralmente quanto riportato nel seguente sito olandese:

 

http://fleetfilerotterdam.nl/jugo33_txt_eng.htm

 

ss Jugoslavija (1933)

 

Jadranska Plovidba d.d. Sušak, Yugoslavia

 

The Jugoslavija was one of the three ships in Jadranska’s fleet of which construction was suspended because of World War I. She was ordered in 1913 by Ungaro-Croata to become a sister to the Visegrád. In 1920 the shipyard launched the unfinished hull to free-up the slipway. Pursuant to the 1920 peace treaty the ship belonged to Yugoslavia, but Jadranska Plovidba didn’t need any express steamers at the time. This changed in the early thirties, when the company ordered a new flagship, the Prestolonaslednik Petar, and also remembered the rusting hull. As Jugoslavija she entered service in 1933. She was damaged beyond repair during an air raid on Livorno, Italy in 1944. Returned to post-war Yugoslavia, the wreck was sold for scrap in 1947.

 

Yard Number 68 (Hunyad) (1916)

 

In 1913 Società in Azione Ungaro-Croata di Navigazione Marittima a Vapore at Fiume, Austro-Hungarian Empire orders a copy of the express liner Visegrád (1913) from Ganz & Comp. Danubius Maschinen-, Waggon- und Schiffbau-A.G., Fiume, to be called Hunyad. Hunyad is the name of a Hungarian comitat. 

1914 construction is suspended because of the war, 1916 resumed at a slow pace to free-up the slipway.

In 1920 the unfinished Yard Number 68 is launched without namegiving ceremony, while Ungaro-Croata is in liquidation at that time. The hull falls to the Kingdom Yugoslavia, pursuant to the Treaty of Trianon (1920). In this peace treaty Hungary ceded its merchant fleet, including ships under construction, to the Allied powers. The hull remains unused for over a decade, as no Yugoslavian company is in need of a large new passenger ship. 

In 1924 the shipyard, which is still Hungarian-owned, is re-established as Cantieri Navale del Quarnero.

 

Jugoslavija (1933)

 

In the early thirties Jadranska Plovidba d.d., Sušak, Kingdom Yugoslavia, in view of the growing popularity of leisure trips along the Adriatic coast, orders a new flagship from Swan, Hunter & Wigham Richardson in England, while Cantieri Navale del Quarnero is contracted to finish-off the hull of the Hunyad. Yard number 139 was assigned for this project, of which the design is revised on many points. 

February 1933 delivered, named Jugoslavija. Port of registry is Split. Put into service on the international and coastal express lines, where her running mates are the Prestolonaslednik Petar (1931), Karadjordje (1913), Ljubljana (1904) and Zagreb (1902).

 

Cattaro/D 36 (1941)

 

1941, after Germany and Italy invaded the Kingdom Yugoslavia, seized by the Italian armed forces. Renamed Cattaro.

18 January 1942 put under command of the Regia Marina. At Fiume rebuilt and armed as an auxiliary cruiser (name pennant D 36).

9 September 1943, the day after Italy’s surrender was announced, scuttled at Santa Margharita, Italy. Raised by the German armed forces.

22 March 1944 scuttled by the Germans to blockade the harbour entrance of Livorno, Italy (also known as Leghorn to English speakers).

14 June 1944 the wreck is heavily damaged during an air raid on Livorno.

 

After the war work begins on clearing the harbour entrance of Livorno. Ownership of the wreck of the Jugoslavija is formally returned to Yugoslavia.

 

1947 towed to Split, Yugoslavija, and broken up.

 

Giuliano Gotuzzo e sua moglie Nuccia

 

RINGRAZIAMENTO AL SIGNORE

di Giuliano Gotuzzo

 

Grazie Signore per tutte le cose belle che ho visto, per tutte le persone buone e cortesi che hai permesso di conoscere, per tutti i dolci ricordi che mi allieteranno la vita fine a che durerà.

 

Grazie per i sogni meravigliosi, rimasti tali, ma non importa. Grazie per avermi dato coraggio nei momenti tristi, e sono purtroppo molti. Ma la fede in te me li ha sempre resi sopportabili anche quando non lo sarebbero stati per niente. Grazie, o mio Signore, per la fede che mi hai donato e conservato.

 

Grazie per avermi fatto nascere in una meravigliosa famiglia che ho tentato di riprodurre a mia volta, ma con risultati decisamente scarsi. Grazie lo stesso, io ho sempre fatto come meglio ho potuto. Grazie per i meravigliosi suoni ai quali mi sono estasiato. Grazie per i superbi esempi di  dirittura morale e di amor di patria, di cui ho potuto venire a conoscenza.

 

Grazie per tutti i maestri e professori che insegnavano bene la loro materia, ma insegnavano anche a vivere. Grazie per avermi fatto nascere in questa Italia meravigliosa, ora un po’  in crisi, ma che, spero tanto, risorgerà più bella di prima.

 

Fatti coraggio Patria mia, il brutto passerà, ritornerai a risplendere come non mai. Signore accoratamente ti prego: mantieni sempre unita l’Italia e fa che gli Italiani si sentano un sol popolo e vivano in pace almeno tra loro. Quando morì mio padre molta gente che mi fermava per dirmi il suo dispiacere mi diceva: coraggio, cerca d’essere come era tuo padre e sarai sulla strada giusta. Cosi ho sempre cercato di fare ma eguagliare mio padre era impossibile. Ho fermamente tentato. Chissà se ci sono riuscito? Poi ci sono anche state tante cose negative. Ti ringrazio Signore di avermi sempre dato la pazienza ed il coraggio di sopportarle.

 

Spero un giomo di vederti per ringraziarti di tutto ciò. Per dirti tutto il mio amore, per ottenere il tuo perdono. Per godere finalmente della pace eterna.

 

 

Biografia di Giuliano Gotuzzo

Giuliano Gotuzzo nacque a Genova il 31.7.1931, suo padre era genovese e sua madre triestina. I suoi nonni erano espatriati in Perù e suo padre nacque a Lima. I genitori di Giuliano ritornarono in Italia per la sua nascita, poi si trasferirono di nuovo a Lima e vi rimasero per altri cinque anni, dopo di che ritornarono definitivamente in Italia.

Giuliano frequentò la scuola dell’obbligo e le medie al collegio Larco di Santa Margherita Ligure. All’età di dodici anni vide affondare una nave militare in porto, si trattava del Cattaro. Complice quel tragico avvenimento dell’8 settembre 1943, cominciò a desiderare la carriera militare. Informati i genitori del suo intento, ebbe una risposta negativa e, a malincuore, finite le scuole medie frequentò la quarta e quinta ginnasio.

 

Era tempo di guerra e fu bombardata la loro casa e il negozio dove suo padre lavorava. Furono costretti a sfollare a S.Lorenzo della Costa, dove una famiglia di contadini del posto, i signori Dapelo gli affittarono una stanza vicino ad un mulino che lui amò e ricordò per tutta la sua esistenza. Da sfollato non poteva frequentare regolarmente la scuola ma, fortuna volle, che a San Lorenzo si trovasse per lo stesso motivo anche la professoressa Bima la quale, con un certo coraggio e senso civico, impartiva lezioni scolastiche ai ragazzi all’aperto, sotto un grande albero.

Arrivò la fine della guerra e finalmente, con immensi sacrifici finanziari e difficoltà per raggiungere Camogli, riuscì a frequentare l’Istituto Nautico. Il suo sogno sembrava finalmente avverarsi, ma ancora una volta il destino gli fu avverso: giunto ormai all’ultimo anno, suo padre si ammalò di tumore al cervello e mancò alcuni mesi dopo, proprio il giorno di Natale. Giuliano riuscì a terminare il regolare corso di studio ma, proprio alla vigilia degli esami di diploma, sua madre fu colpita da infarto e dovette rinunciare agli esami, al suo sogno esistenziale, al suo futuro di Capitano di mare.

 

Era figlio unico e da quel giorno pensò soltanto ad accudire la madre e a lavorare. Il destino gli sorrise quando, riversando tutto il suo amore per le navi, cominciò a collezionare fotografie di navi di ogni tipo privilegiando quelle militari. Le sue possibilità non erano floride, tuttavia decise di acquistare un manuale di Aldo Fraccaroli dal titolo: “Saper fotografare”.

 

Acquistò anche una modestissima macchina fotografica e cominciò a dare la caccia a tutte le navi militari che ormeggiavano nel porto di Santa Margherita. All’epoca approdavano rimorchiatori, cacciatorpediniere, dragamine e persino qualche portaerei in rada. Giuliano imparò a sviluppare i negativi, stampare le foto, per poi tagliarle con grande maestria. Frequentò altri collezionisti e diventò molto amico di uno tra i più noti fotografi navali a livello mondiale: il già citato: Aldo Fraccaroli. In questo settore ebbe molti contatti con altri personaggi famosi: Giorgio Ghiglione, Giorgio Giorgerini, Molinari, Martinelli, Avv. Barilli, Dott. Pradignac ecc….

 

Aldo Fraccaroli si complimentò più volte con mio marito per la qualità delle foto scattate. Giuliano riuscì inoltre a farsi accettare nel più grande circolo di “shipslovers” del mondo, ma nonostante i successi ottenuti nel mondo della fotografia navale, nel suo cuore rimase sempre la tristezza per la ‘mancata’ carriera militare. Ha sempre ricordato con affetto e gratitudine le persone che lo avevano aiutato. Ogni tanto saliva a S.Lorenzo della Costa per salutare la famiglia Dapelo e aveva  sempre parole di affetto per la prof. Bima di Santa Margherita. Ogni tanto sognava di essere Comandante di una nave e spesso ripeteva che non l’avrebbe mai abbandonata, neppure se il destino l’avesse trascinata verso gli abissi più profondi del mare.

 

RINGRAZIAMENTI

 

Si ringrazia la Signora Nuccia Gotuzzo per averci concesso il materiale fotografico e le note autobiografiche del marito Giuliano.

 

Si ringrazia il Com.te Ernani Andreatta, Fondatore e Curatore del Museo Marinaro Tommasino-Andreatta per le ricerche di materiale storico e fotografico effettuate in relazione all’argomento trattato.

 

Si ringrazia lo storico dott. Maurizio Brescia, Vicepresidente di Mare Nostrum, per la consulenza scientifica, l’identificazione di tutte le unità presenti nel porto di Santa Margherita e le ricerche effettuate in ambienti esclusivi della Marina Militare.

 

Si ringrazia infine “il giovane testimone di allora” … che ci ha deliziato con i suoi freschissimi ricordi che ci ha deliziato con i suoi freschissimi ricordi di fatti, amici e situazioni di quel tempo quando il “SILENZIO” era il segreto per sopravvivere…

Carlo GATTI

Rapallo, 29 ottobre 2013