1346-LA PESTE A BORDO CON I GENOVESI IN VIAGGIO DA CAFFA (CRIMEA) ALL’ITALIA

 

La Peste Nera che colpì l’Europa fra il 1347 e il 1351 fu la più grande pandemia che la storia ricordi. Si calcola che, nel volgere degli anni, il terribile morbo uccise tra i 20 e i 25 milioni di persone, che corrispondevano a circa un terzo della popolazione europea del tempo.

«Tanti sum li Zenoeixi, e per lo mondo si desteixi, che dund eli van e stan un’aotra Zena ghe fan»

«Tanti sono i genovesi, per il mondo così dispersi, che dove vanno e stanno un’altra Genova fanno»

Genova, che nell’anno mille aveva solo 4000 anime ed era povera economicamente, cominciò a rendersi autonoma dal Sacro Romano Impero intorno al 1096, come Libero Comune, partecipando poi alle Crociate. Inizialmente chiamata “Compagna Communis”, la Repubblica di Genova si distinse nella Terrasanta, arricchendosi enormemente.

Durante la Prima Crociata (1097-1099) i crociati genovesi, guidati da Guglielmo Embriaco diedero un decisivo contributo nella conquista di varie città. Per il loro importante contributo vennero ricompensati dai Crociati con la terza parte di Gibelletto e la terza parte delle entrate fiscali della città e del contado (fino ad una lega di distanza) di Acri. Inoltre i mercanti genovesi costruirono fondaci o ebbero una strada tutta per loro in varie città del Levante: a Cesarea, a Tolemaide, a Giaffa, a Gerusalemme, a Famagosta, ad Antiochia, a Laiazzo, a Tortosa (oggi in Siria) a Tripoli del Libano ed a Beirut.

In seguito, a partire dalla seconda metà del XIII, ha inizio una colonizzazione genovese di diversa natura e dimensioni. piccole comunità si stabiliscono tutt’attorno al Mar Nero, città come Caffa, Pera e Chio conoscono uno sviluppo eccezionale, si dotano di successive cinte di mura e animano la vita economica regionale, resistono agli assalti dei Greci e dei Mongoli, e soltanto due secoli più tardi cadranno per lo strapotere degli Ottomani, superiori in numero, navi e potenza di fuoco. Queste esperienze di colonizzazione hanno una larga portata: esse costituiscono gli antecedenti medievali della colonizzazione moderna.

 


Secondo lo storico Heyd, nel 1266 é Mengu Temur discendente di Gengis Khan a vendere ai mercanti genovesi le terre e gli agglomerati urbani su cui si svilupperà la città di Caffa, accordando loro la licenza di potervi edificare case e magazzini per le merci. I Genovesi scelgono, non lontano dal sito dell’antica Teodosia, il villaggio di Kafà, insediamento di pescatori ottimo per posizione costiera.

 

Colonie genovesi in Crimea

· Caffa (l’odierna Feodosia) – 1266–1475 era il capoluogo delle colonie genovesi in Crimea

· Cherson (l’odierna Sebastopoli) – 1250–1320/1427

· Cembalo (l’odierna Balaklava) dal 1357

· Alupka

· Caulita (l’odierna Jalta)

· Lusta (l’odierna Alušta) – 1365–1434

· Soldaia (l’odierna Sudak) – 1266/87-1322, 1358/65–1475 nel periodo intermedio fu veneziana

· Solgat, o Solhat, Surcati (l’odierna Staryj Krym o Kirim)

· Sarsona

· Chimmero

· Vosporo (l’odierna Kerč) dal 13

Le norme per favorire il potenziamento di Caffa erano dettate dagli “Octo Sapientes super factis navigandi et maris majoris” costituiti nel 1314 e diventati nel 1341 l'”Officium Gazariae” che da Genova controllava e dirigeva tutta l’attività della colonia delegando ogni anno un console. I genovesi a Caffa batterono moneta tartara: aspri e follari di vari tipi, in un periodo di tempo limitato (1390-1453). Il 31 maggio 1475 una flotta turca, forte di 40000 uomini, si presentò davanti a Caffa: la resistenza fu brevissima (neppure una settimana) e i genovesi abbandonarono definitivamente la colonia.

“Dal punto di vista amministrativo Caffa dipendeva da Pera ed era governata da un console genovese facente le funzioni prima dei consoli, podestà e capitani del popolo della madrepatria, poi, nella sostanza, quelle dogali. Si può affermare senza timori che, tipologicamente, non vi fosse merce che non transitasse per il suo porto, non in ultimo gli schiavi (di cui Caffa divenne uno dei principali mercati). In quanto a investimento di capitali fu uno degli empori commerciali piú ricchi e vivaci del tardo medioevo europeo, con un declino che inizierà solo con la frammentazione politica dell’Asia Centrale e la conseguente crisi della sicurezza dei trasporti fra il Mar Nero e la Cina. In età genovese, come poi in seguito in quella turca ottomana, Caffa fu anche sede di zecca (fra crasellame)”.


Le rovine di una Vecchia Fortezza Genovese in Crimea

 

IL CASTELLO DI TEODOSIA

IL VIAGGIO DELLA PESTE NERA – L’ASSEDIO DI KAFFA



Balestrieri genovesi

Si disse che alla foce del fiume Don era scoppiato un incidente tra gli stessi mongoli e i mercanti genovesi che avevano acquistato la città di Kaffa dal Gran Kahn nel 1266 per farne il centro amministrativo delle loro basi commerciali in tutta l’area. Le conseguenze di quell’incidente furono tragiche. Orde di guerrieri mongoli si portarono sotto le mura di Caffa (oggi Feodosiya in Ucraina) e diedero inizio.

Nel 1346, durante l’assedio di Caffa, avamposto commerciale genovese sulla via della Seta, i mongoli cominciarono però a morire a centinaia, ma non per la strenua difesa degli assediati, morivano a causa di un terribile morbo sconosciuto, del quale si diceva che fosse originato nella lontana Cina e che, percorrendo le piste carovaniere che solcavano il cuore dell’Asia – come la Via della seta – avesse sparso morte e desolazione nelle immense steppe orientali.

La malattia misteriosa era dunque giunta fino alle sponde del Mar Nero. I mongoli, devastati dall’epidemia e ormai incapaci di protrarre l’assedio, si decisero a levare le tende. Non prima però di un’ultima offesa: caricarono i cadaveri dei propri compagni sulle catapulte e li lanciarono dentro le mura di Kaffa, in quello che oggi è considerato il primo atto di guerra batteriologica della storia umana. Che fossero consapevoli o meno di trasmettere il contagio dentro Kaffa, così accadde.

Mesi dopo, le navi genovesi che tornano nei porti italiani sono piene di cadaveri o di malati. L’Europa, ignara di che cosa significhi “contagio” e di come proteggersi da un’epidemia, viene colpita da una delle più gravi pestilenze che la storia ricordi.

Nel 1347 colpì la nostra penisola dalla Sicilia fino al nord, risparmiando parzialmente Milano. Un anno dopo si allargò in Francia, Spagna, Inghilterra, Scozia e Irlanda. Nel 1353, dopo aver infettato tutta l’Europa, i focolai della malattia si ridussero fino a scomparire. Secondo studi moderni uccise almeno un terzo della popolazione del continente, provocando verosimilmente quasi 20 milioni di vittime. Alla fonte di tutto non c’era un virus (organismo non vivente che necessita di un ospite per propagarsi) ma bensì un batterio (organismo vivente in grado di autoriprodursi) che fu isolato solamente nel 1894. Il “Yersinia Pestis” si trasmetteva generalmente dai ratti agli uomini per mezzo delle pulci. La malattia, se non trattata adeguatamente, e nel 1347 non era di certo conosciuto alcun modo per farlo, era letale per quasi la totalità dei casi a seconda della forma con cui si era manifestata: bubbonica, setticemica o polmonare. La peste nera si diffuse nel Mediterraneo e in Europa, oltre che in Cina, con le carovane che percorrevano i diversi tratti della via della seta, a quel tempo straordinariamente attiva. La grande peste fu dunque un sottoprodotto non desiderato del grande sviluppo del commercio eurasiatico al principio del XIV secolo.

In occasione delle epidemie, in mancanza di conoscenze mediche e con una Medicina non ancora così evoluta da dare spiegazioni chiare e certe, si cercava di scampare a sofferenze e morte votandosi ai santi, con l’aiuto della fede e della preghiera. E quando il pericolo si allontanava, spesso si rispondeva alla grazia ottenuta della vita con un segno tangibile dell’intercessione divina.
A seconda della possibilità economica, si costruiva una cappella, una chiesa oppure una santella, ai margini delle campagne, del proprio luogo di lavoro e di residenza. Era il modo per testimoniare ai contemporanei ed ai posteri che il Divino aveva guardato benevolo ai propri figli, ed era la garanzia che, se in futuro fosse stato ancora necessario, si poteva continuare a chiedere l’intercessione.

Ma come iniziò tutto? Nella penisola di Crimea, Caffa ed altre cittadine vicine in mano alla Repubblica di Genova furono il punto di contatto tra il mondo mongolo-tartaro e quello dell’Europa occidentale. Per oltre due secoli e fino alla totale conquista ottomana dell’impero bizantino, le colonie genovesi del Mar Nero prosperarono ed arricchirono Genova. Nel corso dei quasi due secoli della sua vita, la colonia genovese di Caffa, vide complicarsi le sorti. Caffa fu assediata nel 1343 e nuovamente nel 1346-47. Fu in questo periodo che la peste si diffuse nei territori dell’Orda d’oro, finendo per raggiungere e decimare i tatari che stavano cercando di espugnare Caffa.

Il cronista piacentino Gabriele de Mussis racconta che nella primavera del 1347 gli assedianti si convinsero di non avere più forze sufficienti per conquistare la città. Ricorsero allora a una sorta di guerra batteriologica: «legarono i cadaveri su catapulte e li lanciarono all’interno della città, perché tutti morissero di quella peste insopportabile. I cadaveri lanciati si spargevano ovunque e i cristiani non avevano modo né di liberarsene né fuggire». L’epidemia si introdusse così anche fra i genovesi.
Il khan tataro Jani-Beg non fu comunque in grado di mantenere l’assedio e una flotta genovese riuscì a lasciare Caffa, ricominciando a portare i carichi di seta e spezie verso occidente e facendo scalo prima di tutto a Costantinopoli. Lo svolgimento dei fatti non può essere ricostruito in tutti i dettagli, ma fu voce allora corrente, raccolta anche dal cronista fiorentino Matteo Villani, che quell’unica flotta, nella quale si trovavano topi e marinai già contagiati, sia stata responsabile dell’introduzione della peste nel Mediterraneo e in Occidente.

Nel settembre del 1347 la peste comparve nella capitale bizantina, da dove si diffuse in Turchia e in Grecia. Poco dopo venne segnalata ad Alessandria e da qui si diffuse in Egitto, a Cipro e, nella primavera del 1348, in Siria. Uno dei primi giorni di ottobre del 1347, riferisce la cronaca del francescano Michele da Piazza, una flotta genovese composta di dodici navi raggiunse il porto di Messina. Erano sicuramente le stesse che avevano già portato la peste a Costantinopoli e che stavano proseguendo nel loro itinerario. Nelle due o tre settimane del viaggio verso la Sicilia l’epidemia era esplosa in tutta la sua virulenza. Bastarono pochi contatti fra gli equipaggi già decimati e i messinesi perché la Sicilia e la Calabria si aprissero al dilagare dell’epidemia. Dopo qualche giorno le navi furono scacciate da Messina e quel che restava della flotta proseguì verso Genova, ma si vide rifiutare l’ingresso nel porto. Dirottò allora su Marsiglia, che fu raggiunta il 1° novembre e immediatamente infettata, divenendo una nuova porta d’ingresso europea per l’epidemia.
Anche se non pienamente documentata, questa dovette essere la conclusione del fatale viaggio della flotta di Caffa: pochi giorni dopo nelle acque di Marsiglia, si narra: «le navi fantasma, cui nessuno osava avvicinarsi benché fossero piene di sete e derrate preziose, venivano sballottate dal vento con i loro equipaggi di cadaveri».
(J. Rouffié, J.C. Sournia, Les épidémies dans l’histoire de l’homme, Flammarion, Paris 1984, p. 94). Secondo alcune fonti dell’epoca, gli abitanti di Caffa avrebbero immediatamente gettato in mare i corpi malati lanciati all’interno delle mura dagli assedianti, ma la peste riuscì comunque a entrare in città in questo modo oppure, secondo altre fonti, per via dei ratti che passavano dalle schiere dei mongoli agli abitanti della città.


La prima foto, è una mappa dell’Italia del 1285 secondo le strategie dei Doria e degli Spinola, realizzata dal team di scenografi “Cri Eco” per il film “Mondi Paralleli, prigionieri del Tempo” in uscita in autunno 2020 nelle sale. L’ultima foto è un dipinto del porto di Genova nel Medioevo esposto al Museo Galata di Genova.

La Peste Nera che colpì l’Europa fra il 1347 e il 1351 fu la più grande pandemia che la storia ricordi. Si calcola che, nel volgere degli anni, il terribile morbo uccise tra i 20 e i 25 milioni di persone, che corrispondevano a circa un terzo della popolazione europea del tempo. Ben più lontano, tuttavia, si era originato il morbo virulento che avrebbe seminato morte e distruzione in due continenti. Nel 1331 infatti la peste comparve nell’Impero Cinese, a cavallo fra le regioni del Pamir e dell’Altaj, quando la penuria di cibo e la moria dei topi neri portarono le pulci ad attaccare l’uomo. Dalla Cina iniziò dunque il suo cammino verso l’Europa. Il cammino della peste nera.

CARLO GATTI

Rapallo, 16 Aprile 2021