L’Importanza delle CATENE per le ANCORE

Premessa

Tutti i natanti possiedono almeno un’ancora. Dalle più piccole imbarcazioni alle più grandi navi. L’ancora è stata inventata in pratica insieme alla barca.

Quelle più grandi ne possiedono più di una; i vascelli antichi ne avevano a disposizione un numero impressionante, considerate con gli standard moderni.

Le navi di una certa dimensione ne posseggono un paio, a prua, ma generalmente ne hanno una terza di scorta (o di “rispetto”).


Ancoraggio

Ovviamente l’ancora serve ad “ancorare” la nave, in altre parole a mantenerla ferma in una data posizione.

Generalmente una nave all’ancora è mantenuta in posizione da una sola ancora.

L’ancora è “filata” in mare in un punto parecchio distante dalla nave stessa e l’arco sottomarino che la catena forma, unendo nave ed ancora è molto ampio. Una nave all’ancora nasconde pertanto un ostacolo sommerso nella parte anteriore, nonché rappresenta un ostacolo fisso per la navigazione degli altri natanti presenti in zona.

Per questo motivo ogniqualvolta un natante è ormeggiato all’ancora, esso deve obbligatoriamente issare a riva il “palloncino” – segnale sferico (nero) – che indica chiaramente, anche da lontano, tale sua condizione di potenziale pericolo.

Di notte il “palloncino” è sostituito da uno o due fari bianchi omnidirezionali, (per natanti con lunghezza fino a 50mt)

L’ancora è usata quando la nave è ormeggiata in rada (spazio di mare libero), con fondo adatto per l’ormeggio stesso, mentre in porto, alla banchina, la nave è usualmente fissata con svariate gomene legate ai bittoni del molo, senza utilizzo dell’ancora.

Generalmente i punti adatti all’ancoraggio sono segnati sulle carte nautiche.

In mare esistono le correnti, grandi e piccole ed una nave ormeggiata al largo è soggetta ad esse, così come è soggetta alla azione del vento. Questo fa sì che in un intervallo significativo, comunque durante un giorno, lo scafo possa ruotare anche più di una volta intorno al punto in cui l’ancora giace sul fondo.

Per questo motivo si usa una sola ancora, se fossero due, le catene finirebbero con l’intrecciarsi con problemi facilmente intuibili.

Il sistema catena-ancora

Tralasciando di descrivere i vari tipi di ancora vorrei descrivere come il complesso catena-ancora lavora.

In primo luogo la nostra ancora non lavora da sola: per svolgere correttamente il suo compito essa deve essere accompagnata da un buon tratto di catena.

Le navi grandi sono unite all’ancora con una lunga catena, le piccole imbarcazioni hanno un sistema composito: una gomena, un tratto di catena, l’ancora.

L’ancora, infatti, funziona solo se è trascinata in senso orizzontale, in questo modo i suoi bracci (“marre”) si conficcano sul fondo e l’ancora stessa risulta saldamente bloccata.

Nessuna ancora (che non sia rimasta incastrata, per esempio in qualche roccia) è in grado di resistere ad una trazione verticale, tanto è vero che l’operazione di salpaggio dell’ancora si svolge in questo modo: mentre i marinai a prua iniziano a recuperare catena, la nave si sposta lentamente fino a portarsi sopra al punto in cui l’ancora è affondata ed allora l’argano la solleva, senza particolari difficoltà se non quelle legate al suo peso. Un fenomeno da tenere presente è che (lontano da riva) l’acqua si muove, magari di parecchio, in su ed in giù e pochissimo in senso longitudinale, nonostante le apparenze ci suggeriscano il contrario.

Anche in presenza di onde molto forti, una determinata particella d’acqua si muove quasi solo in senso verticale.

Le onde rappresentano una perturbazione della superficie dovuta all’azione del vento, ma proprio in quanto “onde” trasmettono il moto alla superficie che si alza e si abbassa, ma l’acqua si muove in senso orizzontale solo in modo trascurabile.

Le particelle liquide più vicine alla superficie (in presenza di vento) si muovono in modo significativo, ma appena al di sotto di essa la situazione è quella descritta prima. E’ un fenomeno facile da verificare: provate a lanciare un sasso sulla superficie speculare di uno stagno. Sapete perfettamente che dal punto di entrata in acqua del sasso, si formano eleganti cerchi concentrici che si “allontanano” verso l’esterno. Sembra che l’acqua si muova in tutte le direzioni.

Ma se per caso una leggerissima foglia secca che galleggia nei pressi è investita da tali onde, invece di muoversi con esse (come ci si aspetterebbe visto il moto apparente dell’acqua) altro non fa che salire e scendere (leggermente) ma si sposta di poco.

Una nave al largo fa lo stesso: va su e giù. Il fatto che, con mare forte, rolli e beccheggi deriva dalla differenza dimensionale tra la frequenza (dimensione) delle onde, la loro direzione e le dimensioni fisiche della nave stessa.

Per intenderci: se un dato treno di onde avesse una frequenza tale da coincidere con la lunghezza della nave e la direzione fosse longitudinale alla nave, vedremmo la nave salire e scendere senza rollio o beccheggio; oppure: se la frequenza delle onde fosse esattamente la metà della lunghezza della nave, vedremmo tale natante effettuare un balletto in cui la prua e la poppa si alzano e si abbassano in moto alternato e che, apparentemente il centro nave non sale e non scende.

Ora: tutti questi movimenti della nave, in particolare della prua, devono essere ammortizzati dall’ancora ed ecco che entra in gioco la lunghezza dell’elemento di unione (che per semplicità definirò “catena”).

Ciò che tiene la nave al suo posto è il peso della catena, l’ancora è solo l’elemento finale che fissa il punto-perno.

La catena semplicemente appoggiata sul fondo non è in grado di rimanere ferma al suo posto, se tirata con sufficiente forza, finirebbe con lo strisciare.

L’elemento finale, l’ancora, assolve al fondamentale compito di tenere la catena mantenga salda al suo posto.

Infatti, il primo tratto di catena dopo l’ancora è a sua volta adagiato sul fondo e la parte più vicina alla nave si solleva e ricade ritmicamente in base al movimento della prua.

La faccenda per la verità è un po’ più complicata e tira in ballo la fisica delle funi, ma per semplicità diremo che nel momento in cui la prua si solleva, essa tende a sollevare una certa parte di catena originariamente appoggiata al fondo: il peso della catena spostata trattiene la nave al suo posto in modo morbido, accompagnando ordinatamente il moto della nave.

Cessato l’effetto del sollevamento della cresta dell’onda se segue quello di abbassamento dovuto al conseguente cavo d’onda: in questo caso la prua si abbassa e altro non fa se non cedere catena che si appoggia sul fondo – tutto qui.

Pertanto la posizione della nave è mantenuta non tanto dall’ancora, quanto dal tratto di catena sospeso tra la nave ed il fondo.

Tra parentesi, quando una nave ruota per effetto del vento o delle correnti, ad un certo punto fa sì che l’ancora “ari” il fondo causando dei leggeri spostamenti di posizione, ma sono effetti che, nella pratica, il più delle volte sono trascurabili.

Per quanto grande sia la nave essa si “appoggia” sull’acqua ed è trattenuta solo da essa. Se consideriamo che in mare c’è sempre vento e che esso è via via più forte con il crescere del moto ondoso (in effetti è il contrario, visto che le onde sono frutto del vento, ma non necessariamente del vento localmente presente) dobbiamo ricordarci che l’effetto del vento su una fiancata di nave è significativo e pertanto tutti i discorsi sul moto ondoso etc. andrebbero ripetuti per il vento, ma il funzionamento del sistema catena-ancora rimane lo stesso.

E’ sufficiente una forza relativamente piccola per muoverla o, viceversa, trattenerla. Altrimenti non si capirebbe come possano dei piccoli rimorchiatori manovrare con apparente facilità anche le più grandi portaerei o le superpetroliere.

D’altro canto se il vento, anche modesto, riesce a muovere (lentamente) una petroliera, ciò è a riprova di quanto detto.

La maglia della catena d’ancora

Lo sforzo di trazione che agisce sulla catena, anche in condizioni di mare particolarmente grosso, non è estremamente elevato per cui la normale credenza per cui la maglia della catena d’ancora è dotata di traversino a motivo di sforzi meccanici non è corretta.

Come abbiamo visto la catena lavora per peso ed il traversino altro non fa che aumentare di circa il 20% il peso unitario della catena stessa; ma la ragione principale è che, dato che una catena per ancora è pesante, essa non è manovrata a mano, ma generalmente tramite mezzi meccanici.

Essa a bordo è conservata nel pozzo-catene – uno spazio ricavato nella parte bassa della prua.

Rivestito con spesse assi di legno duro e dove all’interno esiste un robusto maniglione a cui è fissata la testa della catena (affinché non vada persa in mare in caso di errata manovra di alaggio).

Ebbene, nel pozzo-catene (un locale piuttosto angusto e puzzolente, fornito di drenaggio per smaltire l’acqua tirata a bordo dalla catena salpata, più l’acqua dolce spruzzata per lavare via il salino) la catena stessa è messa alla rinfusa, così come cade al suo interno, gettata dall’argano del castello di prua. Tutte le catene “normali” se mantenute ammucchiate, possono “incattivirsi”, cioè formare nodi e groppi. Se avete delle catenelle da modellismo sapete bene a cosa mi riferisco. Provate ad immaginarvi cosa succederebbe se si incattivisse una catena d’ancora dentro il pozzo: chi ci va a sbrogliare la matassa?.

Il traversino è la risposta: esso impedisce proprio l’incattivimento delle maglie. Se avete un tratto di catena “alla marinara” (magari una collana della moglie) fate la prova: strapazzatela quanto volete, quando la tirerete per un capo essa si svolgerà senza problemi.

Costruzione della catena

E come si fa a costruire le catene?

Esse sono fornite in “lunghezze” di circa 25 mt. Essi poi sono collegati gli uni agli altri tramite particolari elementi scomponibili. In determinati punti della catena esistono altri elementi che permettono la rotazione assiale della catena per evitarne l’arricciamento ed in ultima analisi la rottura.

Sia che abbiano maglie grandi o piccole, queste lunghezze sono costituite da parti senza tagli o saldature, eppure sono elementi tutti liberi da vincoli gli uni dagli altri, tranne che per il fatto che sono collegate occhiello con occhiello.

Sembra un trucco da mago, ma ovviamente anche se non ci sono maghi (per lo meno nel caso delle catene) c’è il trucco. Le maglie sono fuse in forme di terra, usando modelli in legno scomponibili, con particolari accorgimenti tali per cui esse, una volta solidificato il metallo colato, risultano già collegate le une alle altre.

Siccome non esistono forme per colata lunghe 25mt., esiste la possibilità di eseguire colate successive inserendo da un lato una maglia già pronta in modo che la colata seguente si “infili” nell’ultimo anello già fatto.

In questo modo si può colare anche un anello alla volta, ma in questo caso la faccenda diventa piuttosto lunga. Il numero di anelli per colata dipende: dalla dimensione della maglia, dalla capacità del forno di colata, dagli spazi operativi di fonderia ed infine, ma non ultimo dal costo dei modelli di formatura.

Benedetto Albino