UN FIOCCO DI NEVE SUL MARE D’AGOSTO

 

L’autrice Marinella Gagliardi Santi

«Finalmente un’acqua con una temperatura gradevole!»
È il commento di mio marito mentre nuotiamo all’inizio di agosto, per raggiungere la nostra barca ormeggiata nella rada di Bosa in Sardegna. Mi godo la piacevolezza di questo bagno, quando all’improvviso mi prende alla pancia un dolore acuto: sensazione di morso e forte bruciore, non posso sbagliarmi, ho incrociato una medusa! Prima o poi doveva succedere, quest’anno ce n’è una vera invasione, non ci si può distrarre un attimo.

Mentre salgo rapidamente in barca alla ricerca della pomata giusta, rifletto a quant’era cretino il nome della barca a vela presso la quale ho fatto lo spiacevole incontro, “Fiocco di neve”, si chiamava. Che nome assurdo, mi mette freddo solo a pensarci, evoca boline gelide, per carità! Per me mena anche gramo.

E infatti… mentre più tardi dormiamo, avverto due colpi secchi, che mi fanno balzare in piedi.

Esco rapidamente dalla tuga e vedo che proprio Fiocco di neve sta picchiando contro la nostra prua.

Mi viene un accidente. Devo spingerla via, è un po’ più piccola della nostra, ci riesco a fatica. Cerco come posso, di tenerla a bada, perché, naturalmente, tende a riaccostarsi, venendo a picchiare di continuo sulla fiancata.

«Dado, Dado, vieni fuori!» Lo chiamo più volte a gran voce, ma è immerso in un sonno pesantissimo, questa notte. Picchio sulla tuga con i piedi e urlo con tutte le mie forze. Sente, mi risponde! Ma mi pare che ci metta un secolo a uscire, tanta è la fatica che devo fare per tenere a bada l’altra barca.

Che stress, sono in camicia da notte, ho freddo, soprattutto alle estremità, sono tutta proiettata in fuori per cercare di controllare Fiocco di neve, che ballonzola di qua e di là sull’acqua, venendo a sbatterci contro. Avevo proprio ragione, ha un nome che mena gramo.

Finalmente che – sollievo ! ecco Rinaldo armato di parabordi. Con uno di questi in mano seguo la vela nei suoi tentativi di speronarci, ma anche così non è poi tanto facile cercare di evitare il contatto tra le due barche.

A bordo, ovviamente, non c’è nessuno. Il ragazzo che abbiamo visto ormeggiare Fiocco di neve nel pomeriggio deve essere a godersi il carnevale che si festeggia a Bosa. Il mio previdente skipper l’aveva ben detto che si era messo troppo vicino a noi, sarebbe stato meglio dirglielo subito, litigarci magari, ma costringerlo a spostarsi. E invece…

«Cribbio, se è nottambulo come nostro figlio, chissà a che ora arriva!» Osservo piuttosto inquieta.

«Accidenti, e noi che eravamo andati a dormire presto per partire all’alba domani mattina! Adesso provo a dare un po’ di catena all’ancora, ma non posso darne tanta, ho un’altra barca dietro. Non so se nemmeno se è una buona idea, se questa davanti sta arando, ci seguirà…»

In ogni caso siamo costretti a stare fuori per tenerla sott’occhio. E a prestare attenzione anche alla barca dietro, alla quale ci siamo avvicinati, dopo aver lasciato andare un po’ di catena.

Bella prospettiva, ma altro non si può fare. Vado a vestirmi visto che devo rimanere in attesa sotto le stelle.

Rimaniamo seduti vicini sulla tuga, al buio, Rinaldo e io, pronti a entrare in azione. Passa un’ora… ne passano due.

Ogni gommone che si muove dal porto, speriamo sia quello giusto. Ne passano tre, ma niente da fare. A parte questi spostamenti, per il resto tutto tace sulle barche nella rada, non si vede una luce, sono tutti al carnevale a divertirsi. Mentre noi due…

Grazie al cielo, però, che siamo qui, meno male, perché il primo impatto ci ha danneggiato le luci di navigazione, dopo di che, il nostro intervento ha evitato altri danni. Ora Fiocco di neve brandeggia di qua e di là davanti alla nostra prua e le passa vicinissima, quasi sfiorandola.

Questo fa parte delle gioie degli ormeggi nelle rade… Dov’è l’incanto della notte stellata sui promontori e sul mare? E la luna che spezza la sua luce in mille riverberi sulla superficie dell’acqua?

Questa notte non possiamo davvero goderceli, la noia dell’attesa e l’attenzione costante che dobbiamo prestare alle due barche prevalgono su ogni possibile attrattiva.

Parte un altro gommone da riva, avanza… ci supera? No, si ferma! Evviva, l’attesa è finita, vediamo arrivare il proprietario della vela con due ragazze a bordo.

Lo chiamiamo: ha poca voglia di ascoltarci, anzi tenta di liquidarci rimandando tutto al mattino seguente.

Quando afferma: «Perché non potete essere voi ad aver ormeggiato troppo vicino a me?» ce lo mangeremmo vivo, visto che noi siamo arrivati alle undici del mattino e lui alle cinque del pomeriggio…

Mi domando se ha capito che siamo stati a sorvegliare la sua barca per ore, dopo essere stati svegliati dai primi colpi della sua poppa contro la nostra prua. Glielo spieghiamo con decisione e con estrema chiarezza…

Solo in questo modo lo convinciamo a salire a bordo per darci i dati dell’assicurazione, caso mai di giorno rilevassimo danni che non si vedono col buio.

Lo squadro mentre sale su Vizcaya: tipo sportivo, biondo, occhi verdi, fare deciso, piede “marino”, aria da navigatore. Sembra sveglio e spigliato, non ha niente dell’imbranato, come ha fatto a lasciare Fiocco di neve ormeggiata così male? Se non altro, alla buon’ora, ha realizzato e si scusa del disturbo che ci ha arrecato.

Mi sbolle un po’ di rabbia, tutti possono sbagliare, peccato solo che non mi ricordo di domandargli perché mai abbia scelto un nome così del cavolo per la sua barca.

Ma Fiocco di neve doveva crearci ancora dei problemi all’alba del mattino seguente, quando siamo pronti alla partenza. È leggera e ha parecchia cima, oltre alla catena, perciò continua a brandeggiare davanti alla nostra prua, coprendo una vasta superficie d’acqua, e correndo senza sosta da sinistra a destra e da destra a sinistra. Come faranno quei tre a sopportare questo moto perpetuo?

«E noi come facciamo a uscire, con questo pendolino impazzito che ci ondeggia davanti?» Si sente l’ansia nella mia voce.

«Tu devi dirmi quando è tutta di qua o tutta di là, in quel momento io recupererò al volo l’ancora per avanzare il più in fretta possibile, se no ce la portiamo via con noi!»

«Va bene, ma lasciami studiare un attimo come si muove!»

La osservo bene nel suo movimento, si ferma un istante alla fine della corsa e poi riparte a palla… ecco, ora è tutta a sinistra, è il momento, ma, ce la faremo a passare?

«Adesso, Dado, vai con l’ancora!»

L’adrenalina è già a mille alle sei del mattino.

Sono pronta a schizzare via dal timone, caso mai ci fosse qualche intoppo nel recuperare la catena, ma questa volta la barca è lanciata e ha anche tre persone a bordo, pesa di più, cosa penso di poter fermare con le mie scarse energie?

Per fortuna Vizcaya risucchia velocemente la catena e noi scappiamo giusto in tempo mentre Fiocco di neve passa al filo sfiorando la nostra poppa.

È andata, addio a mai più, spero. È già abbastanza fredda la stagione, quest’anno, inutile evocare immagini di gelo!

E infatti come al solito siamo tutti imbacuccati per ripararci da un venticello al traverso un po’ tagliente, ma, se non altro, la barca avanza a vele spiegate con un passo davvero soddisfacente…

 

 

Brano tratto dal libro di Marinella GAGLIARDI SANTI

 

“NON COMPRATE QUELLA BARCA”

 

 

 

Rapallo, venerdì 12 Aprile 2019