LA STORIA DI MARY ANN
LA STORIA DI MARY ANN
Image: National Portrait Gallery, Mary Ann Brown Patten 1857
Due anni fa è stata celebrata negli Stai Uniti il mese della storia delle donne, e vale oggi la pena di riportare in Italia, con un ritardo inspiegabile, la tragica storia di Mary Patten, che comandò un clipper di 216 piedi (66 metri) attorno a Capo Horn fino a San Francisco.
Il clipper Flying Cloud al largo dell’isola di Wight
Dipinto di James E. Buttersworth
La rotta compiuta da Mary Ann al comando del clipper Neptune's Car
LA PROPAGANDA DELL'EPOCA
Solo 105 giorni da New York a San Francisco via Capo Horn
SULLA ROTTA DELL'ORO
In basso a sinistra il famigerato CAPO HORN
Durante una traversata da New York a San Francisco nel 1856, il capitano del clipper Neptune's Car si ammalò. Poi, nei pressi di Capo Horn, il capitano Joshua Patten cadde in coma. Il primo ufficiale cercò di convincere l'equipaggio a fare scalo in Argentina o a tornare a New York.
La moglie del capitano, Mary (l'unica altra persona a bordo che sapeva navigare), assicurò loro di poterli portare a San Francisco.
Ottenuto il loro unanime appoggio, la Neptune's Car doppiò Capo Horn sotto il suo comando e arrivò sana e salva a San Francisco.
All'epoca, Mary Patten aveva 19 anni ed era incinta di otto mesi. Oggi è considerata la prima comandante donna di una nave mercantile americana.
L'ospedale presso la Merchant Marine Academy di Kings Point, NY, porta il suo nome.
MASSACHUSSETS
TERRA DI MARINAI D’ALTOMARE
Mary Ann Patten nacque nel 1837 a Chelsea, Massachusetts, cuore pulsante di una fiorente tradizione marinara. La zona era famosa per i suoi abili costruttori navali e per le sue audaci spedizioni, in particolare la caccia alle balene, che aveva plasmato una cultura marinara unica, in cui intere famiglie erano coinvolte nella vita a bordo.
Le donne, spesso trascurate dalla narrazione storica, svolgevano ruoli importanti, dal cucito e le riparazioni alle attività domestiche, contribuendo al buon funzionamento delle navi e al benessere dell'equipaggio.
Questa immersione familiare nel mondo marittimo fornì a Mary Ann una base unica di conoscenze e competenze, che le sarebbero state preziose in seguito. La sua familiarità con le navi, le carte nautiche e i principi della navigazione non era insolita, ma piuttosto un'eredità della sua stessa famiglia e della cultura marinara del Massachusetts, una cultura che, seppur valorizzando innanzitutto l'abilità maschile, non negava mai il contributo determinante delle donne.
Mary Ann Patten, appena diciannovenne e incinta, si trovò a fronteggiare una situazione disperata. Il viaggio da New York a San Francisco sulla Neptune's Car, iniziato con il marito Joshua, capitano, si trasformò in un incubo. Joshua, colpito da tubercolosi, era costretto a letto, inabile al comando.
Il primo ufficiale era stato allontanato, e il secondo risultava troppo inesperto per guidare la nave attraverso l'Oceano Pacifico.
La responsabilità, improvvisamente e inesorabilmente, ricadde sulle spalle di Mary Ann.
Nonostante la sua giovane età e la delicata situazione fisica, lei, grazie alla sua profonda conoscenza della navigazione, acquisita con passione e impegno, si fece carico del comando.
Per 56 giorni, si trovò ad affrontare le dure prove della navigazione. Tempeste violente scuotevano la Neptune's Car, mettendo a dura prova l'equipaggio e la stessa struttura della nave. Mary Ann, con fredda determinazione, diede prova di grandi capacità di leadership, gestendo l'equipaggio, prendendo decisioni difficili, mantenendo la rotta nonostante le avversità. Navigò tra le onde, lottando contro la disperazione e la minaccia di un possibile ammutinamento. Di giorno comandava la nave, di notte si occupava del marito morente.
La sua tenacia, unita alla sua conoscenza tecnica, furono decisive per portare la Neptune's Car a destinazione.
Arrivarono a San Francisco, dopo due mesi di viaggio infernale. Ma, pur avendo salvato la nave e l'equipaggio, Mary Ann ebbe l'amaro in bocca della perdita del suo amato marito, che morì poco prima di raggiungere il porto. La giovane, sola e distrutta dal dolore, contrasse la stessa malattia e morì nel 1861 a soli 25 anni.
Il silenzio che avvolge la storia di Mary Ann Patten è un silenzio assordante, una lacuna inspiegabile nella narrazione della storia marittima. Un'eroina dimenticata, un'impresa straordinaria relegata all'oblio. Le pagine bianche che seguono rappresentano quell'assenza, quel vuoto che la storia ufficiale ha lasciato, un vuoto che oggi, finalmente, possiamo iniziare a colmare, raccontando la sua storia, rendendole finalmente giustizia."
Il classico shape del CLIPPER
“Smashing her way through enormous cross seas and howling winds the Neptune’s Car began to run her easting down. She passed a battered barque bearing Hamburg markings vainly attempting to make westing against a thundering south-westerly gale.” Those with an interest in American maritime history would know of the story of Mary Patten and the clipper ship Neptune’s Car. However few would be aware of the cursed nature of the ship. The Patten’s fateful voyage was just one in the career of a clipper whose travels spanned the globe. Built at the yard of Page & Allen in Gosport, Virginia in the spring of 1853, the Neptune’s Car quickly established her reputation for speed. However murder, mutiny, mayhem, plague, disaster, war, death and financial ruin haunted any who know her. The fickle hand of fate was always at the helm and like the oceans upon which the clipper sailed, she spared none who showed weakness! Volume One of the Virginia Clippers.
Chiunque conosca la storia marittima americana saprà della storia di Mary Patten e del clipper Neptune's Car. Tuttavia, pochi sarebbero a conoscenza della natura maledetta della nave. Il fatale viaggio dei Patten fu solo uno nella carriera di un clipper i cui viaggi attraversarono il globo.
Costruita nel cantiere di Page & Allen a Gosport, Virginia, nella primavera del 1853, la Neptune's Car si guadagnò rapidamente la reputazione di nave velocissima. Tuttavia, omicidio, ammutinamento, caos, peste, disastro, guerra, morte e rovina finanziaria perseguitarono chiunque la conoscesse.
La mano capricciosa del destino era sempre al timone e, come gli oceani su cui navigava il clipper, non risparmiava nessuno che mostrava debolezza! "Fracassandosi attraverso enormi mari incrociati e venti ululanti, la Neptune's Car iniziò a diminuire la sua rotta verso est. Passò una goletta malconcia con marcature di Amburgo che tentava invano di dirigersi verso ovest contro una tempesta di sud-ovest fragorosa.
Volume Uno dei Virginia Clippers.
ALBUM FOTOGRAFICO
Clipper a Capo Horn
Il SESTANTE DEI PATTEN
Image: Sextant, ca 1825-1850, The Mariners’ Museum and Park 1998.0050.000001
New York - San Francisco: La rotta seguita dal clipper Neptune's Car
Image: Boston-San Francisco route taken by Dashing Wave in 1860, from Cruise of the Dashing Wave, Peabody Essex Museum.
Certificato di morte del Comandante Joshua Patten
Image: Captain Joshua Patten Obituary July 25, 1857
Image: Mary Patten Obituary March 18, 1861
Le tombe dei coniugi PATTEN
I CLIPPERS
le “FERRARI” dell’800
https://www.marenostrumrapallo.it/i-clippers-le-qferrariq-dell800/
Carlo GATTI
CUTTY SARK
UN CLIPPER NELLA LEGGENDA
https://www.marenostrumrapallo.it/cutty-sark-un-clipper-nella-leggenda/
Carlo GATTI
LA BALENIERA CHARLES W.MORGAN
https://www.marenostrumrapallo.it/charles/
Carlo GATTI
Carlo GATTI
Rapallo, Lunedì 21 Aprile 2025
RICORDI PASQUALI ...
RICORDI PASQUALI ...
Foto di Marco FIGARI
Quest'anno, mentre ci prepariamo a celebrare la Pasqua, il mio pensiero vola indietro nel tempo, a un'epoca in cui la semplicità e le ristrettezze del dopoguerra plasmavano le nostre tavole e i nostri cuori. Ricordo la frenetica attività dei miei genitori, giorni e giorni prima della Pasqua, intenti a preparare con cura gli ingredienti per il nostro pranzo di festa.
L'acquisto di uova di cioccolato era un lusso impensabile, ma la ricchezza della nostra tradizione culinaria compensava ampiamente la sua assenza.
Fave, salame e pecorino: un antipasto rustico e saporito, preludio a un banchetto di sapori genuini. Le panissette e i gattafin, fritti dorati e fragranti, deliziosamente croccanti. La torta pasqualina, con la sua farcitura di erbette profumate e la sua pasta sottile e friabile. E poi, i ravioli e i pansotti, simboli di una tradizione che si tramanda di generazione in generazione, seguiti dall'agnello in fricassea, il cui profumo inebriava la casa.
E per finire, la sacripantina e i canestrelli pasquali con l'uovo, dolcetti che portavano con sé il gusto della festa.
Più che un semplice pranzo, era una celebrazione della vita, dell'amore famigliare, della fede. Un'epoca in cui le gioie erano semplici, condivise nell'intimità del focolare domestico, radicate in una profonda spiritualità che ci guidava dalla sofferenza della Passione alla gioia della Risurrezione. Quest'anno, mentre gustiamo i sapori della nostra tradizione, portiamo nel cuore la memoria dei nostri genitori, e la dolce nostalgia di quei tempi, in cui la semplicità e la fede erano i nostri doni più preziosi.
BUONA PASQUA
PASQUA DI RISURREZIONE
Nella teologia dei cristiani, la Risurrezione di Gesù è
"il mistero fondamentale della fede"
Galleria degli Arazzi, Città del Vaticano
“La risurrezione di Gesù è l'evento culminante della narrazione dei Vangeli e degli altri testi del Nuovo Testamento: secondo questi testi, il terzo giorno dalla sua morte in croce, GESU’ risorse, ad alcune discepole e quindi anche ad altri apostoli e discepoli in forma corporea. Per il CRISTIANESIMO l'evento è il principio e fondamento della FEDE, ricordato annualmente nella Pasqua, la più importante festività cristiana”.
I NAVIGANTI E LA FEDE
LINEA DI FEDE
Sul mortaio (che è vincolato alla barca) è tracciata la linea di fede, una linea che indica sempre l'asse longitudinale della nave che corre esattamente da poppa a prora).
La linea di fede, rappresenta quindi la direzione della prora ed indica sulla bussola i gradi della rotta che sta seguendo.
Nave AMERIGO VESPUCCI
Interno plancia prodiera
Giornale di chiesuola, Registro sul quale, nella marina militare, l’ufficiale in comando di guardia o il comandante, quando assume direttamente la direzione della nave, annotano tutti gli elementi relativi alla navigazione.
LA CHIESUOLA DELLA BUSSOLA
Bussola per Lancia di Salvataggio
Custodia e colonna, di metallo diamagnetico, che protegge e sostiene la bussola magnetica navale; viene munita di dispositivi atti a compensare l’influenza dello scafo metallico sull’ago magnetico, a illuminare la bussola, a prendere rilevamenti (➔ bussola).
Bussola per Lancia di Salvataggio
Perché la bussola si chiama così?
Deve il suo nome alla scatola in legno di bosso che originariamente conteneva tale strumento. Negli antichi velieri la bussola si custodiva nella chiesuola, alloggio posto a prua della ruota del timone.
Cosa simboleggia la bussola?
La bussola è associata al concetto di guida e protezione, simile a un faro nella notte che indica il cammino da seguire quando ci si sente smarriti.
Qual è la frase d'uso di bussola?
Perdere la bussola, per la gente di mare, è fonte di pericolo; all’impossibilità di conoscere la propria posizione sono legati altri detti come “perdere la tramontana”, cioè il Nord, o “perdere l’orientamento”.
Cosa significa la bussola nei tatuaggi?
Tatuaggio bussola: significato con esempi e foto
Questa combinazione di simboli per il tatuaggio della bussola sta a significare il viaggio in una nuova direzione (fisica, mentale o spirituale) oppure indicare un nuovo capitolo della propria vita in cui si vuole viaggiare nella giusta direzione.
Gli antichi termini tecnici navali che sopravvivono a bordo delle navi:
- Linea di fede
- Chiesuola della bussola
- Crocetta degli alberi
- S.O.S (save our soul, salvate le nostre anime)
Fateci caso:
- Ci sono chiese che hanno la volta a carena di nave rovesciata
- Ci sono fari che somigliano a Santuari Mariani
Bussola sulla Bibbia
MARINAI E FEDE
https://www.marenostrumrapallo.it/cri/
di Carlo GATTI
Alla scuola del Vangelo
A conclusione di queste considerazioni del legame della FEDE legata al mare e ai marinai, si vorrebbe che l’ago che orienta la bussola fosse lo stesso Cristo che con la sua testimonianza si è rivelato come la via, la verità e la vita.
La bussola offre la direzione: intende illuminare il percorso di chi si è smarrito per trovare la rotta/la strada. La vita umana è un itinerario verso la meta che è il Dio vivente:
«Ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in Te», canta sant’Agostino nelle prime righe delle sue Confessioni (1,1.5).
Musei di Genova
Guarigione del cieco nato
del pittore genovese Orazio De Ferrari
La figura di sinistra è la terza più illuminata ed è stata identificata dai critici non in uno dei farisei, ma in Pietro, l’uomo di mare per eccellenza! Egli, dunque, è innanzitutto un discepolo che impara da Gesù quello che egli stesso è chiamato a realizzare per perpetuare l’opera redentrice. Nella scena è presente proprio l’allegoria della Chiesa che è madre che e genera alla fede i figli di Dio attraverso il Battesimo.
Orazio De Ferrari nacque a Voltri nel 1606 da genitori di umili estrazione. Fu un pittore italiano tra i maggiori esponenti del barocco genovese. Fu allievo del pittore voltrese Giovanni Andrea Ansaldo, fra i principali esponenti del manierismo genovese.
Ci piace rileggere il racconto del cieco nato di Gv 9 alla luce di un’opera pittorica di Orazio de Ferrari, Guarigione del cieco nato, olio su tela della prima metà del XVII secolo, Genova, Palazzo Bianco (è quella che troviamo in copertina).
L’opera appartiene ad uno dei maggiori esponenti del manierismo genovese, e riporta visivamente il momento centrale dell’opera di Gesù:
«“Finché io sono nel mondo, sono la luce del mondo”.
Detto questo, sputò per terra, fece del fango con la saliva, spalmò il fango sugli occhi del cieco e gli disse: “Va' a lavarti nella piscina di Siloe”, che significa "Inviato".
Quegli andò̀, si lavò e tornò che ci vedeva» (Gv 9, 5-7).
Al centro della rappresentazione, infatti, campeggia la figura di Gesù che spalma il fango sull’occhio destro del cieco. Gesù indossa una tunica rossa e un mantello blu, colori che rimandano alla sua duplice natura umana e divina; il cieco invece è raffigurato con un corpo visibilmente molto vigoroso e muscoloso, non da mendicante.
Si può pertanto affermare che il cieco si presenta come un iniziato alla vita nuova della FEDE, che raggiungerà la pienezza dopo che egli avrà aperto gli occhi del suo cuore, per riconoscere colui che lo ha guarito come il Figlio di Dio.
GENOVA E LA FEDE
Quella di Santa Fede, nell'antico Sestiere di Prè, appena fuori dalle mura di porta di Vacca, è una delle zone più interessanti della città di Genova a livello archeologico. Santa Fede fu una martire gallica originaria di Agen, conosciutissima e venerata in epoca medievale anche fuori dalla nostra penisola. Una giovinetta di dodici anni resa martire durante la persecuzione di Diocleziano e Adone prima posta sopra una graticola arroventata e poi decapitata. Ancora oggi le basi di questa chiesa ci riservano ad ogni scavo nuove sorprese. Un pavimento a vetri all'interno consente di rendersi conto della preziosità in termini di antichità del complesso, periodicamente posto a manutenzione a causa dello scorrere sotto a via Fontane del Rio Carbonara. Sotto quello che resta della chiesa si trova un insediamento paleocristiano dello stesso periodo della necropoli rinvenuta nella vicinissima Santa Sabina la cui abside è attualmente inglobata nella sede di una banca. Negli scavi sono state rinvenute ossa, ceramiche di epoca tardo - romana. La chiesa, a suo tempo restaurata in epoca rinascimentale aveva la sua abside originariamente rivolta verso levante, così come avvenne in San Giovanni di Prè. Di queste mutazioni dal medioevo ad oggi è difficile spiegare le ragioni.
CONCLUSIONE:
Vorremmo che l’ago che orienta la bussola fosse lo stesso CRISTO che con la sua testimonianza e pedagogia si è rivelato come la via, la verità e la vita.
La bussola offre la direzione: intende illuminare il percorso di chi si è smarrito per trovare la rotta/la strada. La vita umana è un itinerario verso la meta che è il Dio vivente: «Ci hai fatti per Te, o Signore, e il nostro cuore è inquieto finché non trova pace in Te».
Canta sant’Agostino nelle prime righe delle sue Confessioni (1,1.5).
Sant'Agostino, con questa sua celebre frase esprime perfettamente questa tensione interiore.
L'analogia con la bussola, che guida il navigante, sottolinea l'importanza di una guida spirituale che ci aiuta a orientarci nel labirinto della vita per giungere alla meta finale, che è proprio Dio.
I pericoli che corre il navigante sono molteplici e penso che la Fede del marinaio abbia molto a che fare con i pericoli del Mare. Anche nella modernità di oggi, ogni anno affondano circa 360 navi. Questa realtà secondo me ha molto a che fare con la Fede, con la preghiera e con l'eterna incertezza di partire e ritornare a casa...
La Fede del marinaio, storicamente, è stata strettamente legata ai pericoli del mare.
I naufragi e le tempeste hanno sempre avuto un profondo impatto sulla spiritualità dei marinai, che spesso affidavano la loro vita alla protezione divina.
La consapevolezza del rischio di perdere la vita, l'incertezza del viaggio e della possibilità di non tornare a casa sono tutti elementi che hanno alimentato la preghiera e la fede.
Gli ex voto, testimonianze concrete di questo legame, sono un modo per ricordare la dipendenza dal divino e la gratitudine per la protezione ricevuta. La cifra di 360 navi che affondano ogni anno, anche nell'era moderna, sottolinea la perenne sfida che il mare rappresenta, evidenziando ulteriormente il ruolo della fede nella vita di chi si affida alle acque.
Carlo GATTI
Rapallo, Mercoledì 16 Aprile 2025
L'affondamento dell'ARMENIA - Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime
L'AFFONDAMNENTO DELL'ARMENIA
Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime
La nave Ospedale ARMENIA in navigazione (Wikipedia)
Descrizione generale |
|
Tipo |
nave ospedale |
Classe |
Adzharija |
Armatore |
Sovtorgflot |
Porto di registrazione |
Odessa |
Costruttori |
Baltijskiji zavod |
Cantiere |
di Leningrado, URSS |
Destino finale |
affondata da aerei tedeschi il 7 novembre 1941 |
Stato |
relitto, giace a -472 m |
Caratteristiche generali |
|
Dislocamento |
(a pieno carico) 5.770 t |
Stazza lorda |
4.727 tsl |
Stazza netta |
2.566 tsn |
Portata lorda |
1.600 tpl |
Lunghezza |
(fuori tutto) 112,15 m
|
Larghezza |
15,54 m |
Pescaggio |
(max.) 5,95 m |
Propulsione |
Russkiy Dizel 2 × 1472 |
Velocità |
(max.) 15 nodi |
Passeggeri |
518 in 3 classi
|
Nave Ospedale ARMENIA
Fonte: https://it.topwar.ru/
Il 7 novembre 1941, nel Mar Nero, la nave ospedale sovietica Armenia affondò a seguito di un attacco di un aerosilurante tedesco Heinkel He 111. A bordo si trovavano oltre 5.000 persone, tra soldati feriti, civili e rifugiati, rendendo questo evento la più grande tragedia marittima della Seconda Guerra Mondiale. L'alto numero di vittime fu mantenuto segreto dall'URSS per decenni.
E’ doveroso segnalare a questo proposito che alcune fonti sostengono/sospettano che il numero delle vittime sia il doppio di quello ipotizzato e mai stabilito.
La nave, pur essendo designata come Nave Ospedale, trasportava anche munizioni e truppe, un fatto che potrebbe aver contribuito all'attacco nazista.
L'equipaggio, inoltre, seguì ordini controversi che li portarono in acque pericolose vicino a Yalta, già minacciata dai tedeschi. L'insufficiente scorta e il cielo nuvoloso impedirono l'intervento efficace di aerei e motovedette sovietiche.
Il siluro tedesco colpì la Armenia, provocando l'affondamento in pochi minuti. La maggior parte dei passeggeri, intrappolati sottocoperta, non ebbe alcuna possibilità di salvarsi. Solo un piccolo numero di persone sopravvisse. Il silenzio imposto dall'Unione Sovietica contribuì a relegare questa tragedia nell'oblio, a differenza del più noto affondamento del Titanic. Ogni anno, a Yalta, si ricorda il sacrificio delle 5.000 vittime.
Quadro Storico dell'Affondamento dell'Armenia
L'affondamento dell'Armenia avvenne il 7 novembre 1941, durante la fase cruciale dell'invasione tedesca dell'Unione Sovietica. La 11ª Armata tedesca, guidata dal generale Erich von Manstein, stava per sferrare l'assedio a Sebastopoli, importante base navale sovietica in Crimea. A Mosca, nello stesso giorno, si celebrava la parata militare per il 24º anniversario della Rivoluzione d'Ottobre, un atto di propaganda che mascherava la gravità della situazione militare a pochi chilometri dalla capitale.
La situazione in Crimea era critica: l'esercito sovietico stava subendo pesanti perdite e si stava ritirando verso Sebastopoli. L'evacuazione di civili e feriti dai porti della Crimea, tra cui Yalta e Sebastopoli, era diventata una necessità disperata. Questa situazione di emergenza contribuì al sovraffollamento e alla confusione che caratterizzarono l'ultima missione dell'Armenia.
Fase decisiva dell'attacco:
Dopo aver imbarcato un numero eccessivo di passeggeri a Yalta, l'Armenia, pur mostrando segni distintivi di nave ospedale (croci rosse, bandiera della Croce Rossa), salpò alle 7:00 del 7 novembre, scortata da due motovedette e due caccia. Intorno alle 10:00, un aereo da ricognizione tedesco individuò la nave. Alle 11:15, un Heinkel He 111 del 1./KG 28, pilotato dal tenente H.W. George, attaccò senza preavviso. Le motovedette di scorta e i caccia sovietici, a causa delle cattive condizioni meteorologiche e di una scarsa coordinazione, non riuscirono ad intervenire efficacemente. Il siluro lanciato dall’He 111 colpì la prua dell'Armenia, causando la rapida rottura dello scafo. La nave affondò in circa quattro minuti al largo di Gurzuf, a sud di Yalta. Il panico e la mancanza di tempo impedirono l'utilizzo delle scialuppe di salvataggio.
Heinkel He 111 – Bombardiere a medio raggio
Descrizione |
|
Tipo |
Bombardiere a medio raggio |
Equipaggio |
5 |
Costruttore |
Heinkel |
Data primo volo |
24 febbraio 1935 |
Data entrata in servizio |
1936 |
Utilizzatore principale |
Luftwaffe |
Esemplari |
circa 7.540 |
Dimensioni e pesi |
|
Tavole prospettiche |
|
Lunghezza |
16,40 m |
Apertura alare |
22,60 m |
Altezza |
4,01 m |
Superficie alare |
86,50 m² |
Peso a vuoto |
6,53 t |
Peso max al decollo |
14 000 kg |
Propulsione |
|
Motore |
2 Junkers Jumo 211 F sovralimentati, 12 cilindri a V rovesciato |
Potenza |
1 350 CV(993 kW) ciascuno |
Prestazioni |
|
Velocità max |
415 km/h |
Velocità di crociera |
350 km/h |
Autonomia |
1 950 km |
Tangenza |
8 500 m |
Armamento |
|
Mitragliatrici |
6 MG 15 calibro7,92 mm
|
Cannoni |
1 MG FF calibro 20 mm |
Bombe |
fino a 2 000 kg |
Note |
dati riferiti alla versione H-3 |
Precendenti:
L'attacco all'Armenia non fu un evento isolato. La flotta sovietica subì ripetuti attacchi nel Mar Nero, e diverse altre navi ospedale subirono danni o furono affondate, violando le convenzioni internazionali. L’Unione Sovietica si era rifiutata di riconoscere l’immunità delle navi ospedale tedesche, creando un clima di reciprocità nella violazione delle regole di guerra. A titolo di esempio, nel Giugno 1942, la nave ospedale Abkhazia, di stazza simile all'Armenia, era stata bombardata e affondata da un Heinkel He 111. Precedentemente, nel luglio 1941, le navi ospedale Kotovsky, Anton Čechov e Adjara erano state danneggiate o affondate da attacchi aerei tedeschi. Questi attacchi precedenti mostrano che la vulnerabilità delle Navi Ospedale nel Mar Nero era nota, ma non si presero misure efficaci per prevenire altre tragedie.
l segreto imposto dall'Unione Sovietica sulla tragedia dell'Armenia per quasi cinquant'anni è un comportamento che può essere giudicato in diversi modi, non solo dal punto di vista morale, ma anche in base al contesto storico e politico del regime stalinista e del periodo post-guerra.
Da un punto di vista morale:
il silenzio sulle migliaia di vittime è inaccettabile. Nascondere una simile tragedia, negando alle famiglie il diritto di sapere cosa era accaduto ai propri cari, rappresenta una violazione profonda della dignità umana e un atto di disprezzo per la memoria delle vittime. La mancanza di trasparenza e di responsabilità nei confronti dei cittadini è in sé un atto grave.
Dal punto di vista politico:
il regime sovietico probabilmente decise di mantenere il silenzio per diversi motivi.
Controllo della Narrazione:
Il regime stalinista aveva un rigido controllo sull'informazione. Una tragedia di tale portata, con possibili implicazioni sulla capacità militare e sulla gestione della guerra, avrebbe potuto minare la fiducia pubblica nel regime. Nascondere la verità era un modo per mantenere il controllo sulla narrazione e preservare l'immagine di invincibilità del regime.
Preservazione dell'immagine:
L'ammissione della tragedia avrebbe messo in evidenza le carenze strategiche, operative e organizzative dell'esercito sovietico, così come le scelte politiche che avevano portato al sovraffollamento della nave e alla sua permanenza in acque pericolose.
Protezione della reputazione dei vertici militari e politici:
Le decisioni che avevano portato all'affondamento avrebbero potuto incriminare alti ufficiali e figure politiche. Il segreto serviva anche a proteggere la reputazione del regime e a evitare possibili conseguenze interne.
Controllo delle risorse:
In un periodo di guerra e di scarsità, ogni aspetto riguardante la logistica bellica doveva essere rigorosamente sorvegliato. Avere accesso ad alcune informazioni e avrebbe potuto provocare malcontento o sollevazioni interne, compromettendo la stabilità del paese.
In conclusione:
il segreto sull'Armenia fu una scelta politica calcolata che rifletteva i metodi autoritari del regime sovietico: una scelta immorale ma perfettamente coerente con la sua natura totalitaria, desiderosa di controllo e di occultamento della verità a favore della sua propaganda. La rivelazione della verità, avvenuta solo dopo la fine del regime sovietico, rappresenta un momento di giustizia tardiva, ma fondamentale, per onorare la memoria delle migliaia di vittime dimenticate.
Ci chiediamo: Era forse anche come ammettere che la Luftvaffe aveva dimostrato una superiorità in fatto di potenza e anche qualità operativa?
L'ammissione della tragedia dell'Armenia avrebbe implicato anche una certa ammissione di inferiorità, o perlomeno di una significativa fragilità, della marina e dell'aviazione sovietica di fronte alla Luftwaffe. Diversi aspetti avrebbero potuto essere interpretati in questo senso:
Superiorità tattica della Luftwaffe:
L'attacco riuscito dimostrava la capacità della Luftwaffe di individuare e colpire una nave obiettivo, anche in condizioni di mare mosso e scarsa visibilità, superando le difese aeree sovietiche. Questo evidenziava una superiorità tattica nell'utilizzo dell'aviazione in ambito marittimo.
Inefficacia della difesa aerea sovietica:
L'incapacità della scorta di aerei e delle motovedette di intercettare e respingere l'He 111 prima che colpisse l'Armenia metteva in luce gravi carenze nella difesa aerea sovietica. Questo aspetto avrebbe minato la fiducia nell’efficacia delle proprie strategie difensive, mostrando una potenziale superiorità tecnologica ed operativa tedesca.
Vulnerabilità delle navi ospedale:
L'affondamento, pur avvenuto in violazione delle convenzioni internazionali, evidenziava la vulnerabilità delle Navi Ospedale sovietiche di fronte all'aviazione nemica. Questa consapevolezza avrebbe potuto mettere in crisi la fiducia nel sistema di evacuazione e di protezione dei feriti e dei civili.
Problemi di comunicazione e coordinazione:
L'inefficacia della difesa sovietica era anche dovuta a problemi di comunicazione e coordinazione tra le diverse forze armate. Questo suggerisce una mancanza di efficienza ed organizzazione all’interno delle forze armate sovietiche, in contrasto con la presunta organizzazione efficientissima propinata dalla propaganda.
In sintesi:
Ammettere pubblicamente l’evento avrebbe significato riconoscere non solo una grave perdita di vite umane, ma anche un'inferiorità in termini di preparazione, efficacia operativa e forse tecnologia, in un momento in cui il regime cercava un’immagine di potenza e di superiorità militare. Il segreto, quindi, serviva anche a occultare una potenziale debolezza strategica e tecnologica di fronte al nemico.
Conclusione:
l paragone tra la tragedia dell'Armenia e quella del Titanic è inevitabile, ma evidenzia una profonda disparità nel modo in cui queste due catastrofi sono state raccontate e ricordate.
Entrambe rappresentano tragedie marittime di grandi proporzioni, ma le loro narrazioni sono profondamente diverse a causa di fattori storici e politici.
Il Titanic, affondato nel 1912, è stato oggetto di numerosissimi libri, film e documentari, diventando un vero e proprio mito culturale. La sua storia è stata raccontata in modo dettagliato, esplorando diverse prospettive, dalle classi sociali più elevate ai membri dell'equipaggio e ai passeggeri di terza classe. La tragedia ha ispirato riflessioni sul classismo, sulla sicurezza marittima e sulla natura della tragedia stessa.
L’Armenia, invece, è rimasta per decenni avvolta nel silenzio e nell'oblio, una tragedia seppellita dalla propaganda del regime sovietico. La sua storia, emersa solo dopo la caduta dell'URSS, è rimasta relativamente meno nota al pubblico internazionale, con una copertura mediatica e letteraria significativamente inferiore rispetto al Titanic. La maggiore diffusione a livello mondiale del racconto del Titanic, rispetto a quello dell'Armenia, influisce inevitabilmente su quale tragedia abbia una maggiore rilevanza e memorabilità nella cultura popolare.
La differenza principale sta nella disponibilità di informazioni e nel contesto politico. La storia del Titanic è stata documentata fin dall'inizio, con numerose testimonianze sopravvissute e accessibili. La tragedia dell'Armenia, al contrario, è stata attivamente censurata, rendendo difficile la ricostruzione dei fatti per decenni.
In sostanza, il paragone pone in evidenza non solo la portata umana di entrambe le tragedie, ma anche la politica della memoria e il ruolo che il potere può svolgere nel determinare cosa viene ricordato e come viene ricordato. L'Armenia rappresenta una tragedia meno celebrata, ma non meno significativa, offrendo una potente testimonianza del costo umano della guerra e della manipolazione storica.
Conclude lo storico Francesco MATTESINI:
“In ricordo di questa tragedia, ogni anno, il 9 maggio, i lavoratori del porto di Yalta prendono il mare per recarsi sul luogo dell'affondamento della motonave ARMENIA per onorare la memoria dei caduti nella tragedia e depongono corone di fiori, pregando:
"Ricorda, Signore, le anime dei perduti, perdona loro tutti i peccati, volontari e involontari, e concedi loro il Regno dei Cieli”.
FONTE principale:
https://www.aidmen.it/
AIDMEN – Associazione Italiana Documentazione Marittima e Navale
Articolo di riferimento:
L’Armenia, la nave della morte.
La più grande tragedia marittima del 20° secolo
Francesco Mattesini
Carlo GATTI
Rapallo, Giovedì 10 Aprile 2025
IL SEGRETO DI PORTOFINO: Maestranze del Tigullio e l'Invincibile Armada
IL SEGRETO DI PORTOFINO
MAESTRANZE DEL TIGULLIO E L'INVINCIBILE ARMADA
Filippo II di Spagna
Ritratto di Anthonis Mor
l'Invincibile Armada attorniata da navi inglesi nell'agosto del 1588
Dipinto di anonimo inglese
La storia dell'Invincibile Armada è ricca di intrighi e colpi di scena, e un capitolo meno noto ma affascinante riguarda il contributo segreto delle maestranze liguri, in particolare quelle di Portofino. Mentre la grande flotta spagnola si preparava a conquistare l'Inghilterra, artigiani e cantieri navali della Repubblica di Genova giocavano un ruolo fondamentale, a volte persino in segreto, fornendo navi e armamenti.
L'archeologo genovese Gianni Ridella ha portato alla luce prove inconfutabili di questa collaborazione. Le sue ricerche, incentrate sull'artiglieria navale, hanno rivelato la presenza di cannoni prodotti da Dorino II Gioardi, un artigiano genovese con fonderia nel Porto Antico, su diverse navi dell'Armada.
Questi cannoni, identificabili dalla lettera "D" incisa sul focone, sono stati ritrovati sui relitti della Juliana (affondata al largo dell'Irlanda), della Rata Santa Maria Encoronada e della Trinitad de Scala.
La scoperta più sorprendente riguarda la San Giorgio e Sant'Elmo, costruita a Portofino e affondata da Sir Francis Drake nel 1587.
Costruita nel segreto della sua posizione geografica, raggiungibile solo via mare, Portofino offriva il riparo ideale per la costruzione di navi destinate a una potenza straniera come la Spagna. I cannoni della San Giorgio e Sant'Elmo, anch'essi marchiati con la "D" di Gioardi, confermano il coinvolgimento di Portofino nella fornitura di equipaggiamento navale all'Armada.
Questa operazione segreta evidenzia l'abilità e la discrezione delle maestranze liguri, capaci di operare in un contesto di relazioni internazionali complesse e spesso tese.
Il contributo genovese all'Armada non si limita alle forniture di Portofino. La Rata Santa Maria Encoronada e la Trinitad de Scala, entrambe di origine genovese, dimostrano la partecipazione più ampia di cantieri navali liguri alla costruzione della flotta spagnola. La loro partecipazione, unitamente alle forniture di artiglieria, sottolinea una stretta collaborazione tra Genova e la Spagna, nonostante le tensioni politiche dell'epoca.
Il contesto storico:
La Repubblica di Genova, potenza marittima di primo piano, intratteneva rapporti complessi con la Spagna nel contesto delle guerre di religione. La Spagna, impegnata nella lotta contro i protestanti, necessitava di una flotta potente. Genova, pur mantenendo una certa autonomia, beneficiava degli scambi commerciali con la Spagna e aveva interesse a mantenere buoni rapporti con una potenza così importante. Questa collaborazione, documentata dalle navi e dagli armamenti genovesi nell'Invincibile Armada, dimostra la complessità delle alleanze e delle dinamiche economiche e politiche del XVI secolo.
Portofino, per la sua posizione strategica e la sua discrezione, rappresenta un tassello significativo in questo intricato quadro storico.
Conclusione:
INVINCIBILE ARMADA: 130 navi con circa 30.000 uomini e più di 2000 pezzi di artiglieria allestita da Filippo II di Spagna per rendere possibile lo sbarco in Inghilterra del corpo di spedizione riunito nelle Fiandre da A. Farnese.
IL FALLIMENTO
L'Armada spagnola non era stata realmente battuta sul mare, pur avendo subito danni pesanti e perdite dolorose, aveva però perso la speranza di sconfiggere gli inglesi, manovrava ormai a fatica e avrebbe dovuto aprirsi la strada combattendo per raggiungere le coste dei Paesi Bassi. Decise quindi di desistere dall'impresa e cercò faticosamente di riorganizzarsi.
Ormai il tentativo di imbarcare le truppe con la conseguente invasione era fallito, così i galeoni spagnoli cercarono di ritornare in patria ma a causa dei venti contrari decisero di puntare verso nord, navigando tra gli arcipelaghi delle Orcadi e delle Shetland per poi dirigersi a sud veleggiando ad ovest dell’Irlanda.
Gli inglesi, che in un primo momento avevano inseguito il nemico, lo lasciarono poi andare tranquillamente, sebbene consapevoli che sarebbe tornato.
Il 10 agosto la flotta inglese si avvicinò per tentare un attacco alle navi spagnole rimaste attardate, ma Medina Sidonia riuscì a ricompattare le sue squadre e si preparò a dar nuovamente battaglia, cui gli inglesi tuttavia preferirono sottrarsi e quindi, dopo un fiacco scambio di cannonate, le due flotte si separarono definitivamente.
Tuttavia un'incredibile serie di tre violentissime tempeste si abbatté sugli spagnoli. La prima li sorprese il 12 agosto, al largo delle Isole Orcadi e presso le Isole Shetland; la seconda il 12 settembre al largo delle coste irlandesi; seguita dopo pochi giorni da una terza al largo delle coste del Connacht (sempre in Irlanda).
Delle 138 navi e dei circa 24.000 uomini salpati da Lisbona, 45 imbarcazioni e 10.000 uomini andarono perduti. La grande impresa di Filippo II sfumò, e lo stesso re cattolico pensò che DIO proteggesse i protestanti e punisse coloro che credevano in Lei.
La sconfitta dell'Invincibile Armada, 8 agosto 1588 di Philippe-Jacques de Loutherburg, dipinto nel 1796.
Il cosiddetto Ritratto dell'Armada (The Armada Portrait) è un dipinto allegato di artista ignoto, realizzato nel tardo XVI secolo ed eseguito con la tecnica dell’olio su tela. Vi è rappresentata Elisabetta I d’Inghilterra: l'opera celebra la vittoria della Marina Inglese sull’Invincibile Armada di Filippo II di Spagna avvenuta nel 1588. In passato è stato attribuito da diversi critici a George Gower. Si trova conservato presso la Woburn Abbey.
Grazie a questo importantissimo successo, l'Inghilterra della regina anti-spagnola Elisabetta I affermò il proprio dominio sui mari del Nord e inflisse una battuta d'arresto al tentativo spagnolo di egemonia sullo scacchiere europeo. La Spagna continuò però la sua guerra navale, riuscendo anche a ottenere alcuni importanti successi (come quelli nelle campagne delle Isole Azzorre del 1583); altre flotte spagnole operarono ugualmente nella Manica nei decenni seguenti.
L'Invincibile Armada, benché sconfitta, rappresenta un momento cruciale nella storia marittima europea. Le ricerche di Ridella mettono in luce il ruolo spesso trascurato delle maestranze liguri, e in particolare quelle di Portofino. Le loro capacità tecniche e la loro discrezione sono state fondamentali per il progetto spagnolo. Questo ci offre l'opportunità di riscoprire e celebrare la perizia dei nostri antenati, la loro capacità di lavorare per importanti potenze, e l'importanza strategica di Portofino anche in un contesto storico di portata mondiale.
Analisi Geopolitica:
La Repubblica di Genova, nel XVI secolo, si trovava in una posizione delicata tra le grandi potenze europee. Mentre manteneva una formale indipendenza, cercava di bilanciare i rapporti con Francia e Spagna, evitando di alienarsi nessuna delle due. La collaborazione con la Spagna per l'Armada va vista in questo contesto: un modo per guadagnare favori e vantaggi commerciali senza compromettere eccessivamente le relazioni con la Francia (che in quel momento aveva altre priorità). Genova, abile nel gioco diplomatico e commerciale, si inserì nel conflitto tra Spagna e Inghilterra in modo pragmatico, sfruttando le proprie competenze navali per un profitto economico.
Cantieri Navali di Portofino:
Sebbene la documentazione sia scarsa, possiamo ipotizzare che i cantieri di Portofino, più piccoli di quelli genovesi ma ben equipaggiati, si focalizzassero su navi di dimensioni medie, adatte al trasporto di armi e rifornimenti. La loro posizione nascosta offriva un vantaggio strategico in termini di segretezza, rendendoli ideali per costruire navi per potenze straniere che volevano evitare di essere facilmente rintracciate.
Non era un mistero per nessuno che già nel 1287 maestri d’ascia del Tigullio avessero costruito delle Galee per i Savoia sul lago di Ginevra.
MAESTRI D'ASCIA RAPALLINI SUL LAGO DI GINEVRA
https://www.marenostrumrapallo.it/leman/
di Carlo GATTI
Dorino II Gioardi:
La storia di Dorino II Gioardi, oltre al dettaglio della lettera "D" sui cannoni, ci tramanda le cause della sua bancarotta. Possiamo ipotizzare che, fornendo cannoni a basso costo alla Repubblica, si sia indebitato gravemente, finendo in prigione. Questo fatto aggiunge un tocco umano alla narrazione, evidenziando le difficoltà economiche degli artigiani dell'epoca e il rischio connesso alla gestione di un'attività complessa come una fonderia di cannoni.
Aspetti Commerciali:
La collaborazione tra Genova e la Spagna sulla costruzione dell'Armada aveva una forte componente commerciale. La Repubblica di Genova si sarebbe garantita il pagamento per la costruzione delle navi e dei cannoni, acquisendo un vantaggio economico importante, da cui l'ipotesi che fossero coinvolti mercati diversi, creando una rete commerciale globale che vedeva come punto nodale le maestranze liguri.
FONTI
Fabio Pozzo - LA STAMPA
09 Maggio 2017
- Il segreto genovese dell’Invincibile Armada
Gianni Ridella, archeologo, ha scoperto che nella flotta di Filippo II c’erano due navi della Repubblica di Genova. E che una terza, varata a Portofino e affondata da Francis Drake, aveva qualcosa da nascondere.
Raffaele Gargiulo
- FRANCIS DRAKE – IL CORSARO DELLA REGINA
- I CANNONI DI LAVAGNA
Renato Gianni Ridella
https://www.academia.edu/22114794/I_CANNONI_DI_LAVAGNA
Il relitto della San Giorgio, veliero mercantile genovese costruito a Portofino e affondato a Cadice dal corsaro Francis Drake nel 1587
Presentazione dell’articolo pubblicato nella rivista Archeologia Postmedievale
Introduzione del Direttore dell’Archivio di Stato di Genova Annalisa Rossi
Presentazione del fondatore e Direttore della Rivista, Marco Milanese, Direttore Dipartimento di Storia, Scienze dell’Uomo e della Formazione, Università di Sassari.
Discussione tra il pubblico e gli autori dell’articolo.
I lavori per la costruzione del nuovo terminal container nel Porto di Cadice hanno portato alla scoperta di tre relitti. La ricerca documentale condotta su quello di essi denominato Delta II, congiuntamente alle informazioni tratte dai pezzi d’artiglieria rinvenuti e alle diverse merci del carico conservate, hanno permesso l’identificazione dei resti come quelli del veliero mercantile genovese San Giorgio e Sant’Elmo, affondato da Francis Drake durante la sua incursione contro il porto di Cadice nella primavera del 1587.
Si è anche capito che la nave stava allora trasportando armamenti per la flotta spagnola che, su ordine di Filippo II, si stava allora allestendo a Lisbona per attaccare l’Inghilterra.
...E LA STORIA CONTINUA FINO AI GIORNI NOSTRI ...
PORTOFINO
https://portofino.it/italy/i-carpentieri-i-costruttori-di-portofino/
Carlo GATTI
Rapallo, 1 Aprile 2025