GIORNATA MONDIALE DEGLI OCEANI 2025
Introduzione di Carlo Gatti
“L’8 Giugno celebriamo la Giornata Mondiale degli Oceani, un evento cruciale per ricordare l’importanza vitale degli oceani per l’umanità e il pianeta. Gli oceani, veri e propri polmoni blu del nostro pianeta, producono il 50% dell’ossigeno che respiriamo, regolano il clima e ospitano una biodiversità straordinaria.
Tuttavia, sono sottoposti a una crescente pressione antropica: inquinamento da plastica, surriscaldamento, acidificazione delle acque e perdita di biodiversità minacciano seriamente questo ecosistema fondamentale.
La Giornata Mondiale degli Oceani ci ricorda l’urgenza di agire per proteggere gli oceani, non solo per la loro intrinseca bellezza, ma per la nostra stessa sopravvivenza.
Il loro valore economico è immenso – dal turismo alla pesca, all’assorbimento di CO2 – ma è a rischio. Dobbiamo promuovere politiche di gestione sostenibile delle risorse marine e contrastare gli impatti negativi dell’attività umana, per garantire un futuro sano per gli oceani e per le generazioni a venire.”
Riteniamo che l’argomento “OCEANI” sia troppo importante per essere sottovalutato o addirittura ignorato. Questo è il motivo per cui riportiamo interamente il testo ufficiale che è stato diffuso in tutto il mondo!
Giornata Mondiale degli Oceani 2025: il valore del mare tra ambiente, economia e futuro. La Giornata Mondiale degli Oceani si celebra l’8 giugno.
LA GRANDE BELLEZZA
Promossa dalle Nazioni Unite, l’edizione di quest’anno ha come tema Wonder: Sustaining What Sustains Us (Meravigliarsi di ciò che ci sostiene, per imparare a proteggerlo). L’iniziativa vuole richiamare l’attenzione sull’importanza vitale degli oceani per il nostro pianeta: regolano il clima, producono oltre la metà dell’ossigeno che respiriamo, assorbono anidride carbonica, proteggono le coste e offrono cibo e lavoro a più di tre miliardi di persone nel mondo.
L’edizione 2025 della Giornata Mondiale degli Oceani vuole proporre un cambio di prospettiva: nessun allarme, ma un invito a riconoscere il valore reale dell’ecosistema oceano. Se gli avvertimenti non servono a invertire la rotta, la consapevolezza del ruolo che l’oceano svolge per la vita sul pianeta può essere invece il punto di partenza per un impegno più concreto. E quindi per un cambiamento reale.
Sicurezza alimentare e biodiversità sotto pressione
La tutela degli oceani è strettamente legata alla disponibilità di risorse alimentari e alla conservazione della biodiversità marina. Gli ecosistemi oceanici forniscono cibo a miliardi di persone e ospitano una parte significativa delle specie viventi del pianeta. Il loro degrado, causato da inquinamento, pesca eccessiva e riscaldamento delle acque, mette a rischio sia la capacità degli oceani di sostenere la produzione alimentare sia l’equilibrio degli habitat naturali da cui dipende la varietà delle forme di vita marine.
Secondo il rapporto State of World Fisheries and Aquaculture 2024 della Fao, 3,2 miliardi di persone nel mondo dipendono in modo diretto dal pesce come fonte primaria di proteine animali. I prodotti ittici rappresentano il 17% delle proteine animali consumate nel mondo con punte molto più alte in alcune regioni dell’Asia e dell’Africa. Il Living Planet Report 2024pubblicato dal Wwf documenta una riduzione media del 73% delle popolazioni di vertebrati marini negli ultimi cinquant’anni. Inquinamento, sovrasfruttamento delle risorse e aumento delle temperature oceaniche sono le principali cause di un degrado che colpisce non solo gli equilibri ecologici, ma anche le catene di approvvigionamento alimentare.
Ad essere compromessa non è soltanto la varietà biologica, ma anche la capacità degli ecosistemi di rigenerarsi e mantenere funzioni essenziali. Dati Fao indicano che il 35,4% degli stock ittici globali è oggi sfruttato oltre livelli sostenibili, una quota più che raddoppiata rispetto al 1974, quando era pari al 10%. Il Mediterraneo è una delle aree più critiche: qui oltre il 60% degli stock è sovrasfruttato. In assenza di misure efficaci le conseguenze saranno irreparabili non solo per l’ambiente, ma anche per l’occupazione e la sicurezza alimentare di intere fasce di popolazione.
Composizione della plastica negli oceani per area geografica
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Oceano Pacifico
→46% della plastica totale
→ Principali rifiuti: bottiglie, reti da pesca
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Oceano Atlantico
→24% della plastica totale
→ Principali rifiuti: microplastiche, sacchetti
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Oceano Indiano
→15% della plastica totale
→ Principali rifiuti: contenitori, frammenti
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Oceano Artico
→8% della plastica totale
→ Principali rifiuti: microplastiche
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Oceano Antartico
→ 7% della plastica totale
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La Blue Economy continua a crescere
La protezione degli oceani riguarda anche la tenuta economica di settori strategici per numerosi Paesi. Secondo l’EU Blue Economy Report 2024, nel 2023 l’economia legata al mare (Blue Economy) dell’Unione Europea ha impiegato 3,6 milioni di persone, registrando una crescita del 17% rispetto al 2020. Il valore complessivo generato ha raggiunto i 623,6 miliardi di euro, con un incremento del 21% nello stesso periodo. Le attività principali comprendono pesca, acquacoltura, cantieristica navale, turismo costiero e produzione di energia rinnovabile da fonti marine.
In questo scenario è facile capire perché siano così diffusi i blue bond, strumenti obbligazionari emessi per finanziare progetti legati alla conservazione degli oceani e all’uso sostenibile delle risorse marine. Nel 2024, le emissioni di blue bond sono aumentate del 10,6% rispetto all’anno precedente, e oggi rappresentano lo 0,24% del totale delle obbligazioni sostenibili globali, secondo i dati dell’Intercontinental Exchange (Ice).
Innovazione e tecnologie al servizio della sostenibilità
L’integrazione tra innovazione tecnologica e sostenibilità ambientale risponde sempre più ai criteri Esg (Environmental, Social, Governance) e diventano un fattore distintivo per investitori istituzionali e soggetti pubblici. La disponibilità di dati accurati e tempestivi consente di migliorare la gestione delle risorse oceaniche e di definire politiche più efficaci in materia di conservazione. Inoltre, tecnologie meno invasive riducono l’impatto delle attività di ricerca sull’ambiente marino e contribuiscono concretamente alla tutela della biodiversità.
L’applicazione dei criteri Esg in ambito “oceanico” si traduce in un vantaggio competitivo per le imprese perché riduce i rischi ambientali e reputazionali, migliora l’accesso a capitali e finanziamenti, favorisce l’innovazione sostenibile e rafforza il posizionamento sul mercato, rispondendo alla crescente domanda di responsabilità ambientale nel settore marittimo.
L’impegno di Etica Sgr per la tutela degli oceani
In occasione della Giornata Mondiale degli Oceani 2025, Etica Sgr riafferma il proprio impegno nella salvaguardia degli oceani, con particolare attenzione alla lotta contro l’inquinamento da plastica, che rappresenta una delle minacce più gravi per la salute degli ecosistemi marini. Non a caso Etica Sgr ha aderito all’iniziativa globale A Line in the Sand – The New Plastics Economy, promossa dalla Ellen MacArthur Foundation, sostenendo la transizione da un modello economico lineare a uno circolare, in cui i prodotti siano progettati per essere riutilizzati, riparati e riciclati, con l’obiettivo di ridurre la produzione di rifiuti e l’impatto sull’ambiente marino.
Etica Sgr è anche tra i firmatari della Plastic Pollution Financial Declaration, sottoscritta da 160 istituzioni finanziarie a livello internazionale. La dichiarazione chiede ai governi l’adozione di un trattato globale e vincolante sull’inquinamento da plastica e promuove misure per affrontare l’intero ciclo di vita dei materiali plastici.
Attraverso il proprio impegno in ambito Esg, Etica Sgr punta a favorire politiche pubbliche e investimenti orientati alla tutela degli oceani, sostenendo la definizione di obiettivi comuni e strumenti finanziari capaci di contribuire concretamente alla riduzione dell’inquinamento e alla protezione della biodiversità marina.
Inquinamento nel Mediterraneo, un “mare di plastica” – Inquinamento da plastica nel mar Mediterraneo: le causa e le soluzioni
L’inquinamento del mare da plastica è una delle emergenze ambientali più gravi dell’epoca moderna. Mari e oceani sono invasi dalla plastica, al punto che si sono formate delle vere e proprie isole: le cosiddette Plastic island o il Great Garbage Patch. Ne esistono cinque: due fluttuano nel Pacifico, due nell’Atlantico e una nell’Oceano Indiano. Enormi piattaforme di inquinamento che galleggiano tra le onde in un’area più estesa di quella di Stati Uniti e India.
L’inquinamento da plastica è un problema globale, tanto che le Nazioni Unite hanno inserito la tutela dei mari tra gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile: è il Goal 14 – Vita sott’acqua. Nell’Agenda 2030 si legge che occorre “conservare e utilizzare in modo durevole gli oceani, i mari e le risorse marine per uno sviluppo sostenibile”.
Inquinamento del mare da plastica nel Mediterraneo
Nel Mediterraneo non esistono vere e proprie isole di plastica, ma la situazione non è affatto rosea. Il nostro mare è la sesta grande zona per inquinamento da plastica al mondo. I numeri descrivono una vera emergenza: la plastica rappresenta il 95% dei rifiuti nel Mediterraneo e proviene principalmente da Turchia, Spagna, Italia, Egitto e Francia. Nel complesso l’Europa, secondo maggiore produttore di plastica al mondo dopo la Cina, riversa in mare ogni anno tra le 150 e le 500 mila tonnellate di macroplastiche e tra le 70 e 130 mila tonnellate di microplastiche. Il Mar Mediterraneo rappresenta l’1% delle acque ma contiene il 7% delle microplastiche marine a livello mondiale.
Gli effetti negativi dell’inquinamento si vedono anche sulla fauna. La maggior parte delle specie marine ingeriscono plastiche o microplastiche. Non c’è una sola specie di tartaruga marina che nuoti nel Mediterraneo senza plastica nello stomaco. Ogni anno un milione e mezzo di animali marini sono vittime della plastica scaricata nei mari.
In Italia cattiva depurazione delle acque e troppa pesca
Nel nostro Paese la situazione è statica da anni: non si vede alcun cambiamento né dal punto di vista legislativo né degli indicatori. La denuncia arriva dal Rapporto ASviS 2018 (Alleanza italiana per lo sviluppo sostenibile). In cima alla lista delle cause dell’inquinamento dei nostri mari c’è la cattiva depurazione delle acque e lo scarico illecito di rifiuti sulle nostre spiagge, che riguarda un abitante su quattro.
Ma il Mediterraneo è impoverito anche dalla pesca eccessiva che, sottolinea ASviS, “ha ridotto la produzione in campo alimentare, danneggiato gli ecosistemi e colpito la biodiversità”. Anche in Italia il sovra sfruttamento degli stock ittici ha raggiunto una quota dell’88% secondo i dati 2014. In altre parole, il pesce nel Mediterraneo è in diminuzione.
Nota positiva: le aree protette
In Italia, fortunatamente, non mancano le aree protette. ASviS rileva la notevole ampiezza: oltre 3 mila chilometri di cui il 75% si trova in Sardegna, Sicilia e Toscana. Diversi studi dimostrano che le aree protette sono l’unico modo per rallentare la bio-invasione, che si lega al fenomeno del cambiamento climatico e in particolare all’innalzamento della temperatura delle acque.
Etica Sgr, protagonista nella lotta all’inquinamento da plastica
Anche il sistema finanziario può fare qualcosa per ridurre l’inquinamento da plastica. In Etica Sgr abbiamo deciso di fare la nostra parte promuovendo la blue economy e il progetto “A line in the sand – The New Plastic Economy“. Un accordo globale per eliminare il problema della plastica e salvaguardare la vita negli oceani. Come? Sostenendo il passaggio dalla cosiddetta economia lineare – produco, uso e getto – all’economia circolare, dove ogni prodotto viene prodotto per essere usato, riutilizzato e riciclato, riducendo così al minimo i rifiuti.
Nello specifico le aziende che aderiscono alla campagna si impegnano a eliminare gli imballaggi in plastica problematici o non strettamente necessari attraverso l’innovazione, la riprogettazione e lo studio di nuovi modelli di consegna. Si impegnano inoltre ad applicare modelli di riutilizzo, laddove possibile, per eliminare la necessità di imballaggi monouso. Tra i firmatari dell’accordo, ricordiamo, ci sono numerose aziende multinazionali che producono il 20% di tutti gli imballaggi di plastica prodotti nel mondo.
Giornata mondiale degli Oceani 2024: il polmone blu della Terra
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Giornata mondiale degli Oceani 2024, gli oceani rappresentano il polmone del nostro Pianeta. Producono il 50% dell’ossigeno presente sulla Terra e hanno contribuito ad arginare, fino a ora, i cambiamenti climatici estremi, fungendo da equilibratore naturale. Negli ultimi vent’anni hanno assorbito enormi quantità di anidride carbonica, pari a circa il 25% di quella prodotta, e il 90% del calore immesso in atmosfera.
Che cos’è la Giornata mondiale degli Oceani?
La Giornata mondiale degli Oceani si celebra l’8 giugno ed è un evento che vuole portare all’attenzione di cittadini, enti e istituzioni l’importanza degli oceani e il ruolo fondamentale che svolgono negli equilibri della vita sulla Terra. Gli oceani sono infatti ecosistemi straordinariamente ricchi e ancora parzialmente inesplorati, soggetti tuttavia a una forte pressione antropica che rischia di metterne a repentaglio la biodiversità.
Gli oceani sono fonte di cibo, energia e lavoro per gli esseri umani. Coprono tre quarti della superficie terrestre dando ospitalità alla più grande biodiversità di specie animali e vegetali. Regolano anche la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i cambiamenti climatici sono indissolubilmente legati alle grandi distese marine: per questo occorre salvaguardarle.
Come nasce
L’8 giugno del 1992 il vertice sull’ambiente di Rio de Janeiro decise di istituire questa giornata come monito sui rischi legati allo sfruttamento dell’ambiente marino e come auspicio per interventi mirati sul medio e lungo periodo. Dal 2008 la Giornata è riconosciuta anche dalle Nazioni Unite. Vi partecipano oltre 140 Paesi che si impegnano a considerare l’importanza degli oceani e a studiare opportune iniziative a loro tutela.
Perché è importante
Il 70% della superficie terrestre è costituita da acqua. Sono migliaia le specie di animali e di piante che vivono in ambienti marini e che richiedono tutela, alla stregua delle specie terricole. Non solo, gli oceani regolano la temperatura terrestre rendendo possibile la vita sulla Terra. La nostra salute e i fenomeni climatici sono quindi legati alle grandi distese marine, che oggi soffrono dei danni causati dall’inquinamento e dalla dispersione di plastiche e microplastiche.
Il tema del 2024 | Awaken New Depths (Risvegliare nuove profondità)
L’oceano sostiene l’umanità e tutta la vita sulla Terra. Anche se sappiamo poco dell’oceano rispetto alla sua immensa vastità – abbiamo esplorato solo circa il 10% delle sue profondità – conosciamo le conseguenze delle azioni antropiche sulla salute dei mari. Ogni anno l’umanità continua a prendere decisioni rischiose e miopi che aumentano il rischio di rovina per l’oceano (abbiamo visto la campagna di Etica contro l’estrazione dai fondali marini, per fare un esempio) e, di conseguenza, per noi stessi. Per dare vita ad un ampio movimento a favore dell’oceano, la Giornata vuole risvegliare nuove profondità di consapevolezza e azione.
Promossa da un Consiglio consultivo dei giovani composto da 25 leader giovanili provenienti da 21 paesi, la Giornata mondiale degli oceani 2024 unisce il mondo per celebrare il ‘Pianeta blu’ e intraprendere azioni collettive per un oceano sano e un clima stabile. Sono previste decine di migliaia di attività, celebrazioni e altri eventi. Insieme, queste azioni coinvolgeranno milioni di persone in oltre 150 paesi.
La leadership giovanile è una caratteristica fondante di questa giornata. “Come giovani sostenitori del clima, possediamo la chiave per la sua protezione. Attraverso la nostra azione collettiva, passione e dedizione, possiamo proteggere i nostri oceani e combattere il cambiamento climatico per un futuro più sostenibile. Abbiamo il potere di potenziare e amplificare le nostre voci come giovani in tutto il mondo per influenzare e creare un impatto per la risorsa più preziosa del nostro pianeta blu: il nostro oceano! ” – ha affermato Leena Joshi(India), durante il lancio della giornata di quest’anno.
Ha aggiunto Maria Jose Rodriguez Palomeque (Messico): “i giovani, soprattutto quelli provenienti da comunità vulnerabili, sono voci essenziali nella creazione di soluzioni climatiche per proteggere l’oceano. Ignorare le loro voci significa ignorare il nostro futuro. I giovani meritano di essere riconosciuti come soggetti politici”.
Per la Giornata Mondiale degli Oceani 2024 in Italia si svolgeranno conferenze, dibattiti, proiezioni cinematografiche, mostre fotografiche, eventi sportivi, pulizie delle spiagge e delle coste, laboratori educativi per tutte le età e molto altro ancora.
L’importanza degli oceani
Gli oceani producono metà dell’ossigeno che respiriamo e sono una fonte diretta di cibo per un miliardo di persone, oltre a rappresentare anche un’importante fonte di energia e di lavoro. Ma i vantaggi per l’uomo non si fermano qui. Il legame è così stretto che stupisce non sia mai stato messo abbastanza in rilievo: se il mare è vivo vive anche l’uomo, se il mare è in sofferenza lo siamo anche noi.
Il valore economico degli oceani
Come tutte le risorse anche gli oceani hanno un “valore economico”. Secondo un report del WWF (Reviving the Ocean Economy: The case for action – 2015) gli oceani – con la pesca, il turismo, le rotte di navigazione e le attività costiere – sono un soggetto economico da 24 mila miliardi di dollari, al settimo posto tra le principali economie mondiali.
Nel 2010, il prodotto economico delle industrie marittime e oceaniche era di circa 1,5 miliardi di dollari, rappresentando il 2,5% del valore aggiunto lordo mondiale e impiegando circa 31 milioni di persone. Entro il 2030, si prevede che questo valore potrebbe raddoppiare, con un aumento significativo nei settori dell’acquacoltura marina, dell’energia eolica offshore e della cantieristica navale.
Nel 2016 gli scienziati del NOAA, ente governativo statunitense per le risorse oceaniche e atmosferiche, si sono spinti a calcolare il valore di alcune aree marine. Quella, immensa, compresa tra la costa occidentale degli Stati Uniti, le isole Hawaii e il Perù, è stimata in 17 miliardi di dollari. E gli introiti da pesca commerciale rappresentano solo una quota marginale, dovendosi conteggiare nel valore complessivo anche le altre attività e, soprattutto, il naturale assorbimento di carbonio da parte delle acque, che da solo vale circa 13 miliardi di dollari.
La “Blue Economy” offre anche opportunità di investimento sostenibile, come i Blue Bond, strumenti finanziari che raccolgono capitale per progetti marini e oceanici, mirati a migliorare la salute degli oceani e a promuovere pratiche ecologiche.
Perché gli Oceani sono a rischio
Insomma, una ricchezza enorme. Che però viene messa sempre più a rischio dallo sfruttamento intensivo e dai cambiamenti climatici. L’inquinamento, il riscaldamento dei mari e l’acidificazione delle acque, insieme alla perdita di biodiversità (crollata del 39% tra 1970 e 2010) sono i principali rischi a cui è sottoposto il grande involucro liquido che ricopre gran parte della Terra.
Plastica e inquinamento
È stato calcolato che ogni anno in tutto il mondo vengono riversati in mare dai 4 ai 12 milioni di tonnellate di plastica. Come segnala l’Unione Mondiale per la Conservazione della Natura, nel solo mare Mediterraneo vengono gettati più di 200.000 tonnellate di plastica all’anno, cioè il contenuto di oltre 500 container. Il risultato è che a livello mondiale la plastica rappresenta l’80% dei rifiuti presenti negli oceani, dalle acque superficiali giù giù fino ai fondali marini. Tra le fonti di inquinamento non mancano gli scarichi urbani e industriali, che immettono nell’ambiente sia sostanze organiche sia materiali non degradabili come metalli pesanti e particelle radioattive. Si stima che entro il 2040 ci saranno circa 700 milioni di tonnellate di plastica negli oceani.
Surriscaldamento
Per il settimo anno consecutivo nel 2022 il riscaldamento degli oceani ha registrato temperature in costante aumento, con il Mediterraneo a fare da capofila tra i bacini in cui il fenomeno è più evidente. Incrementi che, uniti a livelli sempre più elevati di salinità e a una maggiore separazione dell’acqua in strati, possono compromettere il naturale scambio tra la superficie e le zone più profonde, alterando così gli spostamenti delle specie ittiche.
Acidificazione delle acque
L’acidità degli oceani è un fenomeno naturale dovuto all’assorbimento dell’anidride carbonica atmosferica. Ma se le concentrazioni di CO2 aumentano, anche l’acidificazione subisce un incremento, con conseguente riduzione di altre sostanze minerali necessarie alla sopravvivenza degli organismi marini.
L’acidità media superficiale, rimasta stabile per milioni di anni, ha subito un’accelerazione del 26% negli ultimi 150 anni. In assenza di interventi specifici, il dato potrebbe aumentare del 150% entro il 2100.
Le principali politiche per preservare gli oceani
Una gestione sostenibile delle risorse marine richiede un radicale cambiamento di approccio, che coinvolga le politiche dei Paesi rivieraschi e le numerose industrie di settore.
Nel febbraio 2022 il vertice One Ocean, tenutosi a Brest, è stato uno degli eventi più importanti nell’ambito del decennio ONU delle scienze oceaniche per lo sviluppo sostenibile. La Commissione Europea ha fornito il suo contributo presentando tre iniziative:
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una coalizione internazionale per proteggere la biodiversità marina nelle zone non soggette a giurisdizione nazionale;
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un progetto informatico che consenta ai ricercatori di creare simulazioni digitali degli oceani del mondo;
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una missione di ricerca UE per migliorare le condizioni degli oceani entro il 2030.
L’approccio è stato ribadito nel corso della successiva Conferenza delle Nazioni Unite sugli Oceani, tenutasi a Lisbona, che ha condotto nel marzo di quest’anno alla sottoscrizione del cosiddetto Trattato d’alto mare, un fondamentale accordo che prevede la creazione di aree marine protette in acque internazionali e l’obbligo di valutazione di impatto ambientale per le attività in alto mare.
Scopri l’impegno di Etica per la salvaguardia degli oceani
Per salvaguardare i nostri oceani dall’inquinamento da plasticaabbiamo sottoscritto, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, un accordo per invitare i governi di tutto il mondo a sostenere il settore finanziario nell’adozione di misure per combattere l’inquinamento da plastica e creare un trattato storico e ambizioso che tenga conto delle sfide e dei costi associati a questo problema globale. Il Finance Statement on Plastic Pollution sollecita i governi a concordare uno strumento internazionale giuridicamente vincolante (ILBI – International Legally Binding Instrument), supportato da regole vincolanti e obblighi per gli Stati per gestire l’intero ciclo di vita della plastica e porre, fine all’inquinamento derivante da questo materiale.
La Blue economy è decisiva per un futuro sostenibile
HOME APPROFONDIMENTI LA BLUE ECONOMY È DECISIVA PER UN FUTURO SOSTENIBILE
La Blue economy, l’economia che ruota intorno agli oceani, ai mari e ai fiumi, è decisiva per un Green Deal europeo all’insegna della sostenibilità. Il settore della finanza e l’economia blu a basso impatto ambientale sono indispensabili per raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo Sostenibile (SDG) dell’Agenda 2030 delle Nazioni Unite e per contrastare i cambiamenti climatici
È quanto emerge dall’ultimo rapporto della Commissione Europea, il quarto “Blue Economy Report” pubblicato nel mese di giugno.
Oceani e mari in salute sono la precondizione per la blue economy sostenibile
Preservare l’ambiente marino è indispensabile per la blue economy secondo Frans Timmermans, vicepresidente esecutivo per il Green Deal.
«L’inquinamento, la pesca eccessiva e la distruzione degli habitat, insieme agli effetti della crisi climatica, minacciano la ricca biodiversità marina da cui dipende la blue economy. Dobbiamo cambiare rotta e sviluppare un’economia sostenibile in cui la protezione dell’ambiente e le attività economiche vadano di pari passo».
Blue economy in Europa, 4,5 milioni di persone occupate e 650 miliardi di euro di fatturato
I dati pre-pandemia raccolti da Eurostat ed elaborati dalla Commissione Europea ci dicono che la blue economy impiega almeno 4,5 milioni di persone nella sola Europa. Il comparto genera ben 650 miliardi di euro di fatturato e 176 miliardi di euro di valore aggiunto lordo, con un utile lordo 68 miliardi di euro. In Italia, trainata dal turismo costiero, dà già lavoro a oltre 390.000 persone e genera circa 19,7 miliardi di euro di valore aggiunto al PIL nazionale.
I settori coinvolti nella blue economy, individuati dalla UE, riguardano la preservazione delle risorse marine viventi e non viventi, l’energia rinnovabile ricavata dal mare, le attività portuali. Ma anche tutto il comparto navale, dalla costruzione ai trasporto marittimo. Fino al turismo costiero, alla pesca e all’acquacoltura. Negli ultimi anni, all’interno dei vari settori industriali, secondo il report della Commissione UE, tutto ciò che è sviluppato all’insegna della totale sostenibilità ambientale, è in forte crescita. L’energia delle onde e delle maree, la produzione di alghe, lo sviluppo di attrezzi da pesca innovativi, il ripristino degli ecosistemi marini creeranno nuovi posti di lavoro e imprese verdi nell’economia blu.
Quali sono i settori produttivi della blue economy?
Tra i principali comparti emergenti e innovativi ci sono proprio quelli legati alla produzione di energia rinnovabile marina. Cioè l’energia ricavata in oceano. Dall’eolico offshore ai pannelli fotovoltaici galleggianti, il cosiddetto “solare flottante”. Tecnologie che permettono di raccogliere in modo pulito l’energia necessaria per gli elettrolizzatori, in grado di scindere le molecole di idrogeno e ossigeno e quindi produrre l’idrogeno verde, quello prodotto a partire da fonti esclusivamente rinnovabili. Rientrano nell’economia blu, di conseguenza, la ricerca e lo sviluppo delle infrastrutture marine legate alle comunicazioni e all’energia, come la posa dei cavi sottomarini che richiede, a sua volta, lo sviluppo della robotica. All’energia rinnovabile marina l’UE ha già dedicato una vera e propria strategia di sviluppo. Insieme a quella per l’energia rinnovabile offshore, che dovrebbe portare ad un aumento della capacità eolica offshore da 12 GW a 300 GW entro il 2050.
Altrettanto fondamentale resta la bioeconomia, legata soprattutto alle produzioni biologiche ittiche e algali, le biotecnologie. Solo il settore biologico ha ottenuto profitti lordi per 7,3 miliardi nel 2018, un aumento del 43% in più rispetto al 2009, con un fatturato che ha raggiunto i 117,4 miliardi di euro, il 26% in più rispetto al 2009. Da solo, il nuovo settore delle alghe marine si è rivelato davvero notevole. Anche se i dati socio-economici recenti sono disponibili solo per un numero limitato di Stati membri (Francia, Spagna e Portogallo), il fatturato registrato nel 2018 ammonta a 10,7 milioni di euro. Poiché il cambiamento climatico sta portando a estati più calde e secche, alcuni Paesi devono garantire l’approvvigionamento idrico e quindi hanno investito nella desalinizzazione. Attualmente ci sono 2.309 impianti di desalinizzazione operativi nell’UE che producono circa 9,2 milioni di metri cubi di acqua potabile al giorno.
L’energia degli oceani e la formazione indispensabili per la transizione ecologica
Ma non bastano solo le soluzioni tecnologiche. Per guidare il processo al cambiamento occorre investire in formazione. La blue economy richiede nuove competenze. A oggi già il 17-32% delle aziende sta registrando carenze di competenze e di personale tecnico adeguatamente formato, specie nell’ambito dell’energia rinnovabile offshore. Fattore che richiede l’intervento degli Stati membri e di investimenti sia in ricerca ma anche nella formazione dei futuri giovani lavoratori. O per riqualificare coloro che sono ancora impiegati nel comparto fossile.
Il valore del capitale naturale: i servizi ecosistemici
Per la Blue Economy è fondamentale quantificare i costi e l’impatto dell’inquinamento, che rischia di esaurire il capitale naturale blu, così come di calcolare i benefici economici, ambientali e di benessere derivanti dalla loro conservazione. Sono le aree naturali che presentano vantaggi per la qualità della vita dei cittadini, che assicurano, attraverso la cura dei residenti, la salvaguardia della natura nonché la tutela della terra, della costa, del mare e la conservazione del paesaggio. L’insieme di queste esternalità positive per l’ambiente, corrisponde ai cosiddetti “servizi ecosistemici“.
Il valore dei servizi ecosistemici in Europa è stimato pari a migliaia di miliardi di euro l’anno.
Un patrimonio inestimabile che va protetto e curato ma che, per esempio, con l’innalzamento del livello dei mari e l’erosione delle coste, comporta una perdita stimata di almeno 15 miliardi di euro ogni anno. Gli esperti della Commissione UE hanno calcolato che la perdita dell’1-1,3% di terra e acque interne sommerse porterebbe al declino del 4,3-5,4% del valore dei loro servizi ecosistemici. Dai 360 a 341-344 miliardi di euro all’anno.
Attualmente, però alcuni settori importanti non sono ancora a impatto zero. Vero è che le emissioni di CO2 provenienti dalle flotte pescherecce dell’UE sono diminuite del 18% dal 2009 e il 2018. E l’impatto del pesce e dei prodotti del mare in relazione al cambiamento climatico, rispetto alle altre fonti proteiche nella dieta dei cittadini europei, ha un impatto inferiore rispetto alla carne. Ma ciò non è ancora sufficiente.
Per la UE, l’economia blu è indispensabile per raggiungere gli obiettivi del Green Deal
La Commissione Europea, anche alla luce delle conclusioni del “Blue Economy Report”, ha condiviso un approccio ancora più radicale, aggiornando la road map pubblicata nel 2012 e ribadendo come lo sviluppo di “un’economia blu sostenibile è essenziale per raggiungere gli obiettivi del Green Deal europeo e garantire una ripresa verde e inclusiva dalla pandemia”.
Per raggiungere gli obiettivi di neutralità climatica, le linee di indirizzo della Commissione Europea indicano, oltre che sviluppare l’energia rinnovabile offshore, la decarbonizzazione del trasporto marittimo. Il mix di energia oceanica sostenibile che includa l’energia eolica, termica, quella prodotta dalle onde e dalle maree, potrebbe generare un quarto dell’elettricità dell’UE nel 2050. I porti, sottolineano gli esperti della UE, sono cruciali per la connettività e l’economia delle regioni e dei paesi europei e potrebbero essere utilizzati come hub energetici: porti più verdi, completamente slegati dall’economia fossile.
Investire in natura: investire in economia sostenibile
Non ci può essere una vera blue economy senza un’economia circolare e una riduzione dell’inquinamento, ribadiscono gli esperti. Servono, quindi, standard rinnovati per la progettazione degli attrezzi da pesca, per il riciclaggio delle navi, per lo smantellamento delle piattaforme offshore. Azioni concrete per ridurre l’inquinamento da plastica e microplastica. Occorre “investire sulla natura”: preservare almeno il 30% della superficie marina dell’UE invertirà la perdita di biodiversità, aumenterà gli stock ittici, contribuirà alla mitigazione del clima e alla resilienza, e genererà significativi benefici finanziari e sociali.
L’innalzamento del livello del mare e degli oceani, il surriscaldamento particolarmente aspro per il continente europeo, pongono la sfida dell’adattamento climatico per tutte le aree costiere. Attività di tutela che passano attraverso la protezione dei litorali dal rischio di erosione e inondazioni attraverso infrastrutture verdi, indispensabili per tutelare turismo e l’economia costiera. Con l’adozione delle linee guida strategiche dell’UE per l’acquacoltura sostenibile, la Commissione si è anche impegnata a far crescere linee di produzione alimentari a minor impatto sull’ambiente. La tutela del mare passa, ricordano gli esperti europei, anche attraverso la gestione degli spazi marittimi, conseguenza dei piani nazionali di ciascun Stato membro. Un rapporto sull’attuazione della direttiva UE sulla pianificazione dello spazio marittimo sarà pubblicato nel 2022, rende noto la Commissione.
Con un valore economico annuale stimato in 2,5 trilioni di dollari, equivalente alla settima economia più grande del mondo, l’economia blu sta attraendo sempre più investitori, assicuratori, banche e politici come nuova fonte di prosperità.
Gli oceani, i mari, l’ambiente e gli uomini non si possono permettere altre perdite di capitale naturale che corrisponderebbero ad ingenti perdite anche economiche. Anche per questo il ruolo della comunità finanziaria è ancora più importante, oggi, ricorda ancora la Commissione Europea, individuando linee guida per la finanza blu, nel guidare gli investimenti davvero sostenibili.
Blue deal europeo, come l’Europa combatte la povertà idrica
L’acqua, risorsa indispensabile per la vita e per l’economia, rappresenta una delle sfide sul fronte della sostenibilità e della transizione green che maggiormente dovrebbe attrarre l’attenzione degli investitori. Per questo motivo, da tempo, si parla della realizzazione di un Blue Deal che, alla stregua del Green Deal e in stretta correlazione con esso, dovrebbe regolamentare e pianificare a livello europeo tutte le iniziative per la salvaguardia dell’oro blu.
I punti chiave del progetto Blue Deal fra etica ed economia
Alla fine del 2023 il CESE, Comitato economico e sociale europeo, ha redatto 15 principi guida e 21 azioni che sono contenute nella Dichiarazione per un Blue Deal europeo. L’attenzione è rivolta in particolare alle perdite d’acqua nelle reti e agli sprechi in agricoltura, industria e famiglie. L’obiettivo dichiarato è quello di anticipare i bisogni, di preservare e gestire adeguatamente le risorse idriche comuni nel breve, medio e lungo termine.
Il CESE invita le istituzioni europee e gli Stati membri a riconoscere l’acqua come una priorità strategica nel periodo di programmazione 2028-2034. Il documento, però, oltre a mettere nero su bianco la necessità della realizzazione di una vera e propria politica europea dell’acqua, pone l’accento sullo stretto legame fra risorse idriche e diritti sociali dimostrando una particolare attenzione per gli aspetti di sostenibilità sociale nel combattere la povertà idrica.
Inoltre, nella consapevolezza del valore economico di questa risorsa, il Blue Deal riconosce l’importanza che questo progetto sia accompagnato da un “piano di finanziamento altrettanto ambizioso”, attraverso un Blue Transition Fund che finanzi infrastrutture idriche resilienti e sostenibili, la ricerca e l’adozione di tecnologie innovative e iniziative che puntino a ridurre le disuguaglianze nell’accesso a servizi idrici e igienico-sanitari. È forte la necessità di trovare un “mirabile equilibrio”, esattamente come nel Green Deal, fra sostenibilità ambientale e interessi economici, “in quanto le diverse industrie hanno esigenze e opportunità diverse in materia di acqua”.
Questi i principi guida del “Patto Blu” dell’UE:
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Tutte le politiche dell’UE devono essere allineate con la nuova politica idrica europea, basandosi su dati idrici aggiornati, accurati e accessibili.
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La protezione e il ripristino degli ecosistemi, delle zone umide e della biodiversità devono essere parte essenziale del Patto Blu.
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L’UE deve adottare un approccio basato sull’acqua come diritto umano e combattere la povertà idrica, riconoscendo il diritto a un ambiente sano come diritto umano fondamentale.
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I servizi di acqua, igiene e sanificazionedevono essere sostenibili, equi, di alta qualità e accessibili a tutti, con priorità ai bisogni fondamentali in caso di crisi idrica.
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Tutti gli utenti devono essere incentivati ad adottare soluzioni sostenibiliper l’uso e il consumo dell’acqua.
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L’UE deve sostenere lo sviluppo di tecnologie per l’efficienza idrica, il riciclo e la riduzione dell’inquinamento.
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Le perdite d’acquadovute a perdite nelle reti e sprechi devono essere significativamente ridotte.
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L’agricoltura, essendo sia causa che vittima della scarsità d’acqua, deve avere accesso a risorse idriche di qualità e una gestione sostenibile per una produzione alimentare adeguata nell’UE
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Dato il legame tra energia, acqua e materie prime critiche, l’acqua deve essere considerata un elemento fondamentale della strategia industrialedell’UE.
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È necessario un approccio settoriale poiché le diverse industrie hanno esigenze idriche specifiche. Il principio di non danneggiamento (no-harm principle) deve essere combinato con il diritto delle attività economiche di consumare acqua.
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Deve essere garantita la disponibilità di lavoratori qualificatie specializzati, preservando la competitività delle aziende europee.
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Una politica idrica ambiziosa richiede un piano di finanziamentoaltrettanto ambizioso. Prezzi, costi e tasse dell’acqua devono essere equi e trasparenti, basati sul principio del recupero totale dei costi.
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L’UE deve intensificare gli sforzi in diplomazia blu e integrare l’acqua nella politica esterae nelle relazioni esterne, compresi vicinato, commercio e sviluppo. Uno degli obiettivi principali della diplomazia blu dovrebbe essere migliorare il quadro dei trattati ONU sulle questioni idriche e implementare rapidamente gli accordi internazionali.
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È essenziale sviluppare politiche internazionali per promuovere l’uso parsimonioso ed efficiente dell’acqua in tutti i settori, ridurre l’inquinamento delle acque sotterranee e superficiali e ripristinare le acque inquinate.
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Il Patto Blu dell’UE richiede una governance adeguatadelle risorse idriche dolci, comprese le acque sotterranee. Il CESE chiede un approccio di bacino idrografico che coinvolga tutti gli stakeholder rilevanti.
Il mare, una risorsa strategica per la transizione verde
Mentre si parla di come tutelare la risorsa “acqua dolce”, l’Europa sembra aver ben chiara l’importanza economica del suo mare. Il dato emerge dall’ultima edizione del Blue Economy Report, la ricerca che l’UE dedica alle attività economiche basate o collegate all’oceano, ai mari e alle coste. L’economia del mare in Europa impiega 3,6 milioni di persone (+17% rispetto al 2020), garantisce un fatturato di 624 miliardi di euro l’anno (+21% rispetto al 2020) e rappresenta 171 miliardi di euro di Val, ovvero di Valore aggiunto lordo (+35% rispetto al 2020)
Il report ha messo in evidenza che l’Europa si conferma una meta turistica marina per definizione tanto che proprio questa voce risulta la più importante e pesa per il 29% sul totale del valore aggiunto occupando il 54% dell’intera forza lavoro della blue economy. Al secondo posto si conferma il trasporto marittimo che in termini di fatturato genera quasi un quarto dell’intero valore del comparto. Spicca negli ultimi anni il settore delle energie rinnovabili marine con un trend di crescita costante e profitti lordi stimati nell’ordine dei 2,4 miliardi di euro.
Infine, ottime performance anche nel settore delle risorse biologiche marine (pesca, acquacoltura, lavorazione e distribuzione dei prodotti ittici), che ha registrato un incremento del 24% rispetto al 2020.
La blue economy alla ricerca di resilienza
La nuova edizione del rapporto illustra anche i potenziali impatti dei cambiamenti climaticisull’economia blu lungo le coste dell’UE. In particolare, emerge che se i livelli attuali di protezione costiera non verranno aumentati, i danni economici annuali derivanti dalle inondazioni costiere potrebbero essere compresi tra 137 e 814 miliardi di euro entro il 2100. Lo studio, inoltre, mette in evidenza il contributo che l’economia marina è in grado di offrire concretamente alla strategia di transizione energetica grazie ai passi avanti compiuti nello sviluppo dell’energia derivante dalle onde, dalle maree e dall’energia eolica offshore.
Notizie meno positive per la flotta peschereccia dell’UE poiché il rapporto mostra come, nonostante una diminuzione del 25% del consumo di carburante e delle emissioni di CO2 registrata tra il 2009 e il 2021, l’efficienza del carburante sia peggiorata negli ultimi anni a causa dell’aumento dei prezzi dei combustibili. Su questo fronte, però, si segnala il “varo” a fine 2023 del Regolamento marittimo FuelEU, parte integrante del pacchetto “Fit for 55” che punta a ridurre le emissioni di gas serra nell’Unione del 55% rispetto al 1990 entro il 2030.
Italia, il contributo allo sviluppo della blue economy
All’interno dell’Unione Europea, cinque Stati membri rappresentano il 70% del valore aggiunto lordo dell’intera economia blu della regione: Germania, Francia, Spagna, Italia e Paesi Bassi in questo ordine. In termini di occupazione, questi Paesi rappresentano un contributo combinato del 67% del totale dei posti di lavoro dell’economia blu dell’Unione.
Scopri l’impegno di Etica per la salvaguardia dei mari – Etica Sgr, insieme a 160 istituzioni finanziarie internazionali provenienti da 29 Paesi, ha sottoscritto un accordo globale per la creazione di uno strumento internazionale giuridicamente vincolante per porre fine all’inquinamento da plastica.
A cura di
Carlo GATTI
Rapallo, Mercoledì 4 Giugno 2025